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BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …
Edizione Giornale Anno 5° SETTIMANA 43 (20 Ottobre – 26 Ottobre 2014)
BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …
Lunedì, 20 Ottobre 2014
S. IRENE
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Settimana n. 43
Giorni dall'inizio dell'anno: 293/72
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A Roma il sole sorge alle 06:29 e tramonta alle 17:21 (ora solare)
A Milano il sole sorge alle 06:47 e tramonta alle 17:28 (ora solare)
Luna: 2.57 (lev.) 15.38 (tram.)
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Proverbio del giorno:
Ottobre, il vino è nelle doghe.
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Aforisma del giorno:
Chi accoglie un beneficio con animo grato paga la prima rata del suo debito.
(Seneca)
-Che il sogno cominci-
(Ulderico Gasparini)RIFLESSIONI
...KAMIKAZE DELL’IDEA…
.... Oggi una notizia mi ha colpito e fatto riflettere. Premetto, e ci tengo a specificarlo e dirlo a chiare note che ciò a cui mi riferisco è la simbologia e non la materiale azione e gesto. Sono un convinto pacifista, uno che non concepisce l’uso della forza mai proprio mai; una persona che antepone sempre il dialogo e l’uso della ragione e della parola a quello dei gesti e delle azioni forti. Quindi ciò che esporrò in questo mio pensiero è una provocazione dialettica che spero concorderete. Ho trovato la notizia che oggi ricorre il settantenario del primo kamikaze della storia. E’ una figura drammatica e legendaria assolutamente negativa e da considerare come una delle tante follie dell’uomo, che è entrato come terminologia nel nostro lessico alcune volte, indicando una persona che disposta al gesto estremo sicuro di perdere ma certo allo stesso tempo di dare segnali positivi al mondo. In un’epoca di confusione di ideologie, di moda, di comportamenti e di grande crisi, servirebbero dei “kamikaze dell’idea”. Si, kamikaze dell’idea che riescano a portare avanti idee nuove, che sappiano ribaltare modi di fare e di pensare dalle piccole alle grandi cose. Persone capaci di gettarsi, appunto come kamikaze, su questo piattume che oramai ci circonda e sappiano rompere con PAROLE e PENSIERI nuovi questa melassa di nulla che ci circonda. Speriamo di poter essere presto svegliati dal boato di UNA IDEA nuova, di UN PENSIERO nuovo e dirompente che regali a tutti noi una luce che ci faccia vedere la fine di questo tunnel nel quale ci troviamo da troppo troppo tempo.…Buongiorno amici miei, Buon risveglio; Buon Ottobre a tutti …
(Claudio)
Settanta anni fa il primo kamikaze della storia.
Il 'vento divino' degli aviatori giapponesi colpì le Filippine. Il 21 ottobre del 1944, nel pieno della battaglia di Leyte, nelle Filippine, comparve il primo attacco "kamikaze" degli aviatori giapponesi che sacrificarono la loro vita per "l'Imperatore e l'Impero". Era, nel significato letterale, il "vento divino" che avrebbe dovuto annientare i nemici come accadde con il tifone che nel 1281 spazzò via la flotta d'invasione mongola pronta a colpire da ovest il Giappone, dando il via al mito della inviolabilità del "sacro suolo" nipponico. Appena quattro giorni dopo, il 25 ottobre, nel golfo di Leyte ci fu la prima missione senza ritorno della 'Kamikaze special attack force', l'unità specializzata che fu emulata numerose volte nell'ultimo anno della Seconda guerra mondiale. E che colpì l'immaginario collettivo globale, tanto da fare della parola kamikaze, con un significato ampliato, il sinonimo dell'uomo che sceglie la morte per odio o per guerra come continua ad accadere, ad esempio, nello scacchiere mediorientale.
I raid contro le navi americane e alleate furono una mossa disperata con le sorti della battaglia del controllo del Pacifico indirizzate in modo inesorabile a favore degli Usa. Il fallimento degli scontri navali e aerei convenzionali per fermare l'offensiva e l'avanzata statunitense non lasciavano spazio che al sacrificio estremo. Il capitano Motoharu Okamura, un asso dei cieli e pilota di aerei sperimentali fin dagli anni '30, ne era convinto. "Credo fermamente che l'unico modo per portare la guerra a nostro favore sia ricorrere ad attacchi suicidi con i nostri aerei. Ci saranno più che sufficienti volontari per sfruttare l'occasione di salvare il nostro Paese".
La prima forza kamikaze era composta da 24 piloti volontari della 201/mo gruppo aereo della Marina imperiale. Gli obiettivi erano le portaerei di scorta statunitensi: una, la San Lo, fu colpita da un caccia A6M Zero e affondata in meno di un'ora, uccidendo 100 americani. Più di 5.000 piloti suicidi morirono nel golfo distruggendo 34 navi. Un trend destinato a ripetersi e a coinvolgere i piloti-ragazzini, appena diciottenni. Un sacrificio estremo che non impedì la conquista alleata delle Filippine, di Iwo Jima e Okinawa, fino alla capitale Tokyo.
Per le loro incursioni, i kamikaze impiegarono velivoli convenzionali e aerei imbottiti di esplosivo o benzina o appositamente progettati e chiamati Ohka ("fiori di ciliegio") dai giapponesi e Baka ("inganno") dagli americani, visto che erano dei velivoli-razzo sganciati dal bombardiere. La tradizione della morte invece della sconfitta, della cattura e della vergogna era profondamente percepita e radicata nella cultura militare giapponese. Fu alla base dei principi cardine della vita del samurai e del suo codice, il Bushido: lealtà e onore fino alla morte.
(Ansa)CAREZZE AL RISVEGLIO
... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
Le Poesie più belle di tutti I tempi
Poesie e racconti …
Segni d’Autunno
Il colore caldo delle frasi mormorate
nelle sere d’autunno.
Profumi che sempre l’anima vive
nel vento freddo d’autunno
che vuol sembrare inverno.
Consapevole del suo sembrare,
malinconico s’inchina
al generale inverno
che possa regnare sovrano.
Un pensiero lo sfiora
nell’orgoglio ferito.
Nel prossimo anno sarà lui
coi suoi colori ancor più forti,
con le sfuriate di neve e freddo
a sembrare inverno quello vero.
Sarà sempre e solo un sembrare,
sarà un apparire come non è,
mio povero autunno
che tutto trasforma in malinconia
del suo perenne sembrare.(Folletto)
Favole Dal Web … Carezze per l’Autunno …
I carretti a mano
Nelle regioni bagnate dallo Huang Ho
in tanti letti secchi di fiumi
i carretti a mano
con una sola ruota
mandano un suono acuto che fa spasimare il cielo
attraverso il gelo e il silenzio
dai piedi di quel monte
ai piedi di questo monte
risuona
il lamento delle genti del nord.
Nei giorni di neve e di gelo
nei poveri villaggi e tra un villaggio e l'altro
i carretti a mano
con un Unica ruota
incidono solchi profondi sulla distesa di polvere
attraverso la vastità e la desolazione
da quella strada
a questa strada
si intesse
il lamento delle genti del nord.
(AI CH'ING)
ATTUALITA’
Ebola, l'infermiera spagnola non ha più il virus. L'Oms ammette errori.
Intanto l'Oms ammette errori in Africa. Obama: 'No a isteria'. In Italia gli infermieri lanciano l'allarme: impreparati a far fronte all'emergenza. ROMA - L'infermiera spagnola Teresa Romero, colpita dall'Ebola, non mostra più presenza del virus nel sangue. Una buona notizia sul fronte della lotta alla malattia, che giunge nel giorno in cui l'Organizzazione mondiale della Sanità ha ammesso errori e miopia nell'affrontare l'emergenza. Secondo fonti dell'ospedale Carlos III di Madrid, un test volto a individuare il virus praticato oggi sulla donna, 44 anni, ricoverata dal 6 ottobre, è risultato negativo. "I tre esami fatti oggi, compreso quello di Teresa, sono negativi", ha affermato la fonte citata dalla France Presse. Tuttavia la cautela è d'obbligo. Se anche un secondo test darà risultato negativo, il caso potrà dichiararsi praticamente chiuso, ma non per questo la paziente potrà essere dichiarata guarita e dimessa. Romero ha infatti una grave infezione ai polmoni e solo tre giorni fa ha ricominciato a mangiare. La donna, dicono i sanitari citati da El Pais, dovrà restare in osservazione per altre tre settimane per esser certi che non si riprenda l'Ebola (il virus ha un'incubazione che dura 21 giorni) e solo se l'infezione non si riprodurrà potrà esser dichiarata guarita. Intanto, l'Oms si fa un duro esame di coscienza. Staff incompetente, nomine politiche in Africa e burocrazia.
Un mix 'fatale' che ha impedito all'Organizzazione di cogliere la ''tempesta perfetta che stava arrivando''. E' un documento interno all'Oms trapelato alla stampa a gettare ombre e alimentare dubbi sulla risposta a livello internazionale al virus dell'Ebola, che - denuncia la ong Oxfam - puo' diventare ''disastro umanitario della nostra generazione''. Una risposta non adeguata anche negli Stati Uniti, dove l'ospedale di Dallas del 'paziente zero' fa anch'esso mea culpa: in una lettera aperta chiede scusa, ammette carenze e si impegna a standard piu' rigidi. ''Nonostante le migliori intenzioni non siamo riusciti a rispettare gli elevati standard che sono il fulcro della storia dell'ospedale e della sua missione'' scrive Barclays Berdan, l'amministratore delegato di Texas Health Resources, la societa' no profit alla quale fa capo il Texas Health Presbyterian Hospital. E mentre il presidente americano Barack Obama si appresta a chiedere nuovi fondi al Congresso per combattere l'Ebola in Africa e i ministri degli esteri europei si apprestano a riunirsi lunedi', la nave da crociera 'Carnival Magic' rientra in Texas dopo essere stata rifiutata da Messico e Belize per avere a bordo un tecnico dell'ospedale di Dallas venuto a contatto con i test del 'paziente zero'.
I controlli effettuati sulla nave sono risultati negativi. E' pero' è la bozza del documento interno dell'Oms quella destinata a creare le maggiori polemiche. L'organizzazione cerca di smorzare i toni del documento invitando ad attendere la versione definitiva. Ma quanto trapelato non lascia adito a dubbi: ''quasi tutti quelli coinvolti non hanno visto che una tempesta perfetta si stava preparando, pronta a esplodere in tutta la sua forza''. E questo e' in parte colpa della burocrazia interna all'Oms: gli uffici in prima linea dell'organizzazione, quelli nell'Africa Occidentale, sono guidati da persone ''nominate per motivi politici'' dal direttore dell'Oms in Africa, Louis Sambo. D'accordo sugli errori commessi dall'Oms e' Peter Piot, uno dei virologi che ha scoperto il virus. ''L'ufficio dell'Oms in Africa era in prima linea. Non hanno fatto nulla. L'ufficio e' incompetente'' afferma Piot, ammettendo di non aver mai pensato che l'Ebola potesse divenire un'epidemia. La crisi era ''evitabile''. (Ansa)
Francesco proclama beato Paolo VI e chiude Sinodo: 'Non avere paura delle novità'.
Il Papa emerito Benedetto XVI concelebra con Francesco la messa di beatificazione di Paolo VI, che lo creò cardinale nel 1977. Migliaia i fedeli in piazza. Circa 70 mila le persone che hanno assistito alla messa celebrata in Piazza San Pietro da papa Francesco per la chiusura del Sinodo straordinario sulla famiglia e per la beatificazione di Paolo VI. La festa del nuovo beato sarà il 26 settembre di ogni anno, data di nascita di Giovanni Battista Montini. Dopo la rituale "domanda" di beatificazione formulata dal vescovo di Brescia mons. Luciano Monari, e dopo la biografia di Paolo VI letta dal postulatore della causa, padre Antonio Marrazzo, papa Francesco ha pronunciato la formula ufficiale, in latino: "Noi, accogliendo il desiderio del Nostro Fratello Luciano Monari, Vescovo di Brescia, di molti altri Fratelli nell'Episcopato e di molti fedeli, dopo aver avuto il parere della Congregazione delle Cause dei Santi, con la Nostra Autorità Apostolica concediamo che il Venerabile Servo di Dio Paolo VI, papa, d'ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa, nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni anno il 26 settembre. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".
"Non bisogna avere paura e delle novità, delle sorprese di Dio" ha affermato papa Francesco nell'omelia della messa con cui chiude il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia e celebra la beatificazione di Paolo VI. E bisogna riconoscere, "di fronte a qualunque tipo di potere", che "Dio solo è il signore dell'uomo, e non c'è alcun altro". Commentando "una delle frasi più celebri di tutto il Vangelo" - "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" - papa Francesco la definisce una "frase ironica e geniale" detta da Gesù ai farisei, "una risposta ad effetto che il Signore consegna a tutti coloro che si pongono problemi di coscienza, soprattutto quando entrano in gioco le loro convenienze, le loro ricchezze, il loro prestigio, il loro potere e la loro fama. E questo succede in ogni tempo, da sempre". Secondo Bergoglio, "l'accento di Gesù ricade certamente sulla seconda parte della frase: 'E (rendete) a Dio quello che è di Dio'. Questo significa riconoscere e professare - di fronte a qualunque tipo di potere - che Dio solo è il Signore dell'uomo, e non c'è alcun altro. Questa è la novità perenne da riscoprire ogni giorno, vincendo il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio". "Lui non ha paura delle novità! - ha proseguito - Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate. Lui ci rinnova, cioè ci fa 'nuovi' continuamente. Un cristiano che vive il Vangelo è 'la novità di Dio' nella Chiesa e nel Mondo. E Dio ama tanto questa 'novità'! 'Dare a Dio quello che è di Dio', significa aprirsi alla Sua volontà e dedicare a Lui la nostra vita e cooperare al suo Regno di misericordia, di amore e di pace". Per il Pontefice, "è per questo che il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita - con i piedi ben piantati sulla terra - e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide nuove".
Alla liturgia, nella prima fila a fianco dei cardinali, presente il Papa emerito Benedetto XVI, che Bergoglio è andato subito a salutare con una calorosa stretta di entrambe le mani. Fu proprio Paolo VI, nel 1977, a nominare Joseph Ratzinger arcivescovo di Monaco e Frisinga e a crearlo cardinale. Presenti in Piazza San Pietro anche gli altri due cardinali ancora viventi nominati da Paolo VI: il brasiliano Paulo Evaristo Arns e l'americano William Wakefield Baum. Concelebrano inoltre la liturgia con papa Francesco il card. Peter Erdo, relatore generale del Sinodo, mons. Luciano Monari, vescovo di Brescia, i cardinali Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, Angelo Scola, arcivescovo di Milano, Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente delegato al Sinodo, Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida e presidente delegato al Sinodo, Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e anch'egli presidente delegato al Sinodo, Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, e mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale del Sinodo. Insieme a loro concelebrano i cardinali, i vescovi e i sacerdoti presenti. La messa, presieduta dal Pontefice sul sagrato di San Pietro dinanzi a decine di migliaia di fedeli, è trasmessa in diretta a Milano, l'ex arcidiocesi di Montini, su un megaschermo nella Galleria. (Ansa)
Ad Alicudi la scuola più piccola, solo due alunni.
Frequentano la prima e la terza elementare con la maestra Zullo. Alicudi, isoletta delle Eolie con un centinaio di abitanti, ha la scuola più piccola d'Italia. Due soli alunni che frequentano la prima e la terza elementare. Con una maestra, Beatrice Zullo di Patti (Me). La scuola è stata "salvata" grazie alla caparbietà di Mirella Fanti, dirigente scolastico dell'Istituto "Lipari 1" da cui dipende il plesso di Alicudi, una tipica casa eoliana di propietà del Comune di Lipari.
Un terzo alunno ha preferito trasferirsi con la sua famiglia a Milazzo. Anche lo scorso anno vi erano pochi scolari, solo tre di cui uno frequentava il Cpe (Centro preparazioni esami della media). Commenta la professoressa Fanti: "Ce l'abbiamo fatta anche quest'anno a salvare la piccola scuola di Alicudi grazie alla buona volontà delle istituzioni e delle famiglie che hanno accolto le nostre sollecitazioni a non abbandonare il proprio territorio. In effetti Alicudi senza la scuola è ancora più isolata, perché tra un insegnamento e l'altro nelle ore pomeridiane si praticano anche tante attività rivolte a tutte la comunità''.
Una realtà, quella della scuola di Alicudi, tanto particolare e suggestiva da aver ispirato "L'ultimo giorno", un documentario prodotto da ZaLab e dal Museo del Cinema di Stromboli. L'autore e regista, Alberto Bougleux, ha dedicato il film alla scuola di Alicudi ma parla a tutte le realtà scolastiche italiane: "Un film documentario dedicato a tutti i maestri e le maestre che si battono quotidianamente per difendere il diritto dei bambini a una scuola moderna, creativa e democratica, reso possibile da un rapporto unico di collaborazione e fiducia con l'istituto Scolastico Lipari 1". (Ansa)ANDIAMO AL CINEMA
Il giovane favoloso
Un film di Mario Martone. Con Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco.
Un film erudito sulla sensibilità postmoderna che ha collocato Leopardi fuori del suo tempo.
Paola Casella
Il giovane favoloso inizia con la visione di tre bambini che giocano dietro una siepe, nel giardino di una casa austera. Sono i fratelli Leopardi, e la siepe è una di quelle oltre le quali Giacomo cercherà di gettare lo sguardo, trattenuto nel suo anelito di vita e di poesia da un padre severo e convinto che il destino dei figli fosse quello di dedicarsi allo "studio matto e disperatissimo" nella biblioteca di famiglia, senza mai confrontarsi con il mondo esterno.
Mario Martone comincia a raccontare il "suo" Leopardi proprio dalla giovinezza a Recanati, seguendo Giacomo nella ricerca costantemente osteggiata da Monaldo e da una madre bigotta e anaffettiva delineata in poche pennellate, lasciandoci intuire che sia stata altrettanto, e forse più, castrante del padre: sarà lei, più avanti, a prestare il volto a quella Natura ostile cui il poeta si rivolgerà per tutta la vita con profondo rancore e con la disperazione del figlio eternamente abbandonato.
La prima ora de Il giovane favoloso, dedicata interamente a Recanati, è chiaramente reminescente dell'Amadeus di Milos Forman, così come il rapporto fra Giacomo e Monaldo rimanda a quello fra Mozart e suo padre. Ma non c'è margine per lo sberleffo nell'adolescenza di Leopardi, incastonato nei corridoi della casa paterna e in quella libreria contemporaneamente accessibile e proibita. In queste prime scene prende il via il contrappunto musicale che è uno degli elementi più interessanti della narrazione filmica de Il giovane favoloso, e che accosta Rossini alla musica elettronica del tedesco Sasha Ring (alias Apparat)e al brano Outer del canadese Doug Van Nort.
Attraverso un salto temporale, ritroviamo Leopardi a Firenze, dove avvengono gli incontri con l'amata Fanny e con l'amico Antonio Ranieri, entrambi fondamentali nel costruire la geografia emotiva del poeta. È del periodo fiorentino anche il confronto con la società intellettuale dell'epoca, che invece di cogliere la capacità visionaria di Leopardi in termini di grandezza artistica ne intuiscono la pericolosità in termini "politici", in quanto potenziale sabotatrice di quelle "magnifiche sorti e progressive" che il secolo cominciava a decantare.
L'atto conclusivo, dopo una breve sosta a Roma, si svolge a Napoli, città per cui Martone prova un trasporto emotivo evidente nel rinnovato vigore delle immagini (ma il segmento potrebbe estendersi meno a lungo, nell'economia della narrazione). Alle pendici del Vesuvio si concluderà la parentesi di vita di Leopardi, strappandogli l'ultimo grido di disperazione con la poesia La ginestra, summa del suo pensiero esistenziale.
Martone racconta un Leopardi vulnerabile e struggente, dalla salute cagionevole e l'animo fragile, ma dalla grande lucidità intellettuale e l'infinita ironia. Elio Germano "triangola" brillantemente con le sensibilità di Leopardi e di Martone, prestando voce e corpo, sul quale si calcifica l'avventura umana e intellettuale del poeta, alla creazione di un personaggio che abbandona la dimensione letteraria, e la valenza di icona della cultura nazionale, per abbracciare a tutto tondo quella umana. La riscoperta dell'ironia leopardiana, intuibile nei suoi poemi, ben visibile nei suoi carteggi, è una potente chiave di rilettura moderna del poeta. "La mia patria è l'Italia, la sua lingua e letteratura", dice il giovane Giacomo. E Martone ci ricorda che nella lingua e letteratura di Leopardi si ritrovano le radici dell'Italia di oggi.
In questo modo Leopardi esce dai sussidiari ed entra nella contemporaneità, continuando quella missione divulgativa che il regista napoletano ha cominciato ad intraprendere con Noi credevamo. Martone fa parlare i suoi protagonisti in un italiano oggi obsoleto ma filologicamente rigoroso, e fa recitare in toto a Leopardi le sue poesie più memorabili, strappandole alle pareti scolastiche e ai polverosi programmi liceali. Germano interpreta quei versi senza declamarli, reintegrandoli nel contesto umano e storico in cui stati concepiti, e restituendo loro l'emozione della scoperta, per il poeta nel momento in cui le ha scritte, e per noi nel momento in cui le (ri)ascoltiamo. Nelle sue parole torna, straziante, la malinconia "che ci lima e ci divora", nei suoi dilemmi esistenziali ritroviamo i nostri.
Martone recupera anche la dimensione affettiva di Leopardi, raccontandolo con immensa tenerezza, e senza mai indulgere nella pietà per i tormenti fisici del poeta, che orgogliosamente rivendica la propria autonomia di pensiero intimando: "Non attribuite al mio stato quello che si deve al mio intelletto". E ne sottolinea la valenza politica, facendo dire al poeta: "Il mio cervello non concepisce masse felici fatte di individui infelici". Infine identifica nel poeta un precursore del Novecento nel collocare il dubbio al centro della conoscenza: "Chi dubita sa, e sa più che si possa". Quel che emerge sopra a tutto è una profonda affinità elettiva fra Martone e Leopardi, un allineamento di anime e di sensibilità artistiche: attraverso il poeta, il regista racconta quella condizione umana "non migliorabile", a lui ben nota e non "sempre cara", di sentirsi straniero ovunque e in ogni tempo. Il Leopardi di Martone si ricollega idealmente al Renato Caccioppoli di Morte di un matematico napoletano in quell'impossibilità per alcuni di essere nel mondo, oltre che del mondo.
Il giovane favoloso è un film erudito sulla sensibilità postmoderna che ha collocato Leopardi fuori del suo tempo, origine della sua immortalità e causa della sua umana dannazione. Martone costruisce una grammatica filmica fatta di scansioni teatrali, citazioni letterarie e immagini evocative ai limiti del delirio, come sanno esserlo le parole della poesia leopardiana. All'interno di una costruzione classica si permette intuizioni d'autore, come l'urlo silenzioso di Giacomo davanti alle intimidazioni del padre e dello zio, o le visioni del poeta nella parte finale della vita. Il giovane favoloso "centra" in pieno la parabola di un artista che sapeva guardare oltre il confine "che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude". E ci invita a riconoscerci nel suo desiderio di infinito.
Video
[/CENTER](Lussy)
... CURIOSANDO E RACCONTANDO …
Ti stagliavi in mille cupole azzurre
in un cielo di antico splendore in qull'Islam in esilio
in quella valle dei tartari nascosta alle ombre.
Ti offrivi allo sguardo
nelle mura di argilla e di paglia
in un deserto di sabbia spazzata dal vento feroce
dipinta nel sole.
Ti oscuravi al crepuscolo
al rumore di un destriero al galoppo
un cavaliere col mantello di stelle
che sfuggiva alla morte per cercare la vita.
Tu regina di ocra e di terra aspettavi il destino
nascondendo quella nera signora
che sorrideva in silenzio sotto un gelso di spine
alla sua preda e al suo sogno.
Qui a Samarcanda.
(Tiziana Monari)SAMARCANDA
La città di Samarcanda è situata in Uzbekistan ed è precisamente la terza città di questo Stato per dimensioni. La si può definire “leggendaria” in quanto risulta citata in numerosi romanzi o raccolte di racconti tra cui “Le mille e una notte” ed anche “Il Milione” di Marco Polo. Nel 2001 l'UNESCO ha inserito la città nella lista dei patrimoni dell'umanità sotto il titolo di “Samarcanda - Crocevia di culture”. Situata in un territorio completamente circondato da altre terre, fu la sede di un impero così lontano fra steppe e deserti che sfiorò appena l’Europa, pur terrorizzandola. Sprofondata in un oscuro sonno, brillò per secoli nell’immaginario collettivo. Ispirò la fantasia di Goethe e di Hàndel, di Marlowe e di Keats, tuttavia nella realtà rimase sempre irrangiugibile. Nessun nome richiama alla mente la Via della Seta più di quello di Samarcanda. Ciò che è rimasto dell'antica Samarcanda sotto i Timuridi, i successori di Tamerlano, rimanda ad un periodo storico unico ed irripetibile, un equilibrio perfetto che raggiunse la perfezione classica della forma nell'architettura occidentale, come il Partenone o il Tempietto di Bramante. Sotto i Timuridi la tecnica del mattone cotto rivestito di ceramica fu portata alla perfezione stilistica. I principali luoghi d'interesse della città sono in gran parte opera di Tamerlano, di suo nipote Ulughbek e degli Shaybanidi uzbeki, che insieme fecero di questa città l'epicentro economico e culturale dell'Asia centrale nei secoli XIV e XV.
La Piazza Registan - L'edificio di maggiore interesse di Samarcanda, considerato uno dei monumenti più straordinari dell'Asia centrale, è il Registan, un complesso di maestose e imponenti madrase (scuole coraniche), costruite in epoche successive con minareti posti agli angoli di ogni edificio, una profusione di maioliche, mosaici azzurri e ampi spazi perfettamente proporzionati. Registan significa “luogo di sabbia” e sembra che in tempi remoti qui scorresse un fiume che poi improvvisamente si prosciugò. Una curiosità, “Registan” è nome comune a molte piazze dell'Asia Centrale ma, quella di Samarcanda è la più grande e forse la più bella. E' limitata su tre lati da imponenti madrase. Nel XV secolo sorse la Madrassa Ulugh Bek, la più antica (1417-1420), chiamata così in onore del governatore di Samarcanda, Ulugbek, insigne cultore di matematica ed astronomia. Di fronte ad essa sorge la Madrassa Sher-Dhor (1619-1636 – la “Madrasa dei Leoni” o “Madrasa delle Tigri”), la più grande tra le tre madrase, interamente ricoperta da maioliche poste a mosaico in cui predomina l'azzurro. E' curioso osservare come sulla facciata sono riprodotte figure di animali, nonostante sia noto come la religione islamica proibisse la rappresentazione di esseri viventi. Tuttavia la vicinanza della Cina e l'influenza dell'arte orientale introdussero nell'iconografia islamica figure di animali favolosi, che per i musulmani non avevano significati simbolici, ma puramente decorativi. Di qualche anno successiva è la terza madrasa, quella di Tilla - Kori (1647-1660), costruita tra le due precedenti, ed è ricoperta d'oro.
Mausoleo di Gur Emir - Fatto costruire da Tamerlano nel 1404, quale luogo di sepoltura, conserva le spoglie dello stesso Tamerlano, due suoi figli, un nipote, un suo maestro spirituale, uno sceicco e il famoso astronomo Ulugh Beg. L'edificio si compone di un cortile interno attorno al quale ci sono sulla sinistra una madrasa e sulla destra un edificio con funzioni simili a quelle di un monastero. Il mausoleo al centro è a forma di torre conuna cupola ricoperta di ceramiche azzurre. L'interno, riccamente decorato con rilievi in oro, è a forma quadrata, con nicchie laterali: sul pavimento sono collocati i sarcofagi di Tamerlano in nefrite verde scura e quelli della famiglia reale. Le vere tombe che custodiscono le salme si trovano tuttavia nel sottosuolo del complesso.
La moschea di Bibi Khanym - Si tratta di un imponente complesso che compren-
deva una grande madrasa, otto minareti, due moschee tra cui un' imponente Moschea del Venerdì (1399-1404) costruita intorno a una corte centrale e riccamente decorata con marmi intarsiati e maioliche, eretta in onore della figlia dell'imperatore cinese e moglie preferita di Tamerlano (Bibi – Hanum). La sua edificazione è il frutto delle più avanzate tecniche costruttive del tempo; tuttavia nel corso dei secoli si sgretolò progressivamente per crollare, infine, del tutto durante il terremoto del 1897.
L'osservatorio di Ulugh Beg - Il grande sovrano della dinastia dei timuridi, Ulugh Beg (1393-1449), amico di poeti e artisti, scienziato e protettore delle scienze, fece costruire il più importante osservatorio astronomico del Medioevo (1428-1429) che si ergeva per 30 metri sopra una base di 46 metri di diametro, intagliata nella roccia.
Ulugbek, al cui governo è legata la grande fioritura culturale di Samarcanda, era un valente astronomo e i suoi lavori ci sono stati tramandati nelle cosiddette “tavole delle stelle di Ulugbek”, documenti di incredibile precisione ed importanza se consideriamo che tali “tavole” sono state scritte senza alcun uso di strumenti ottici. Ad esempio Ulugbek ha scritto che l'anno solare dura 365 giorni, 6 ore, 10 minuti ed 8 secondi. Ebbene con tutti gli strumenti moderni ed i supporti informatici è stato stabilito che l'anno solare dura 365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 9,6 secondi e quindi un errore di meno di un minuto. Purtroppo alla morte di Ulugbek l'osservatorio fu saccheggiato e distrutto. All'inizio del 1900 alcuni archeologi scoprirono quanto rimaneva di questo osservatorio, la base circolare ed una parte del sestante che stava sottoterra, e si procedette ad una parziale ristrutturazione. Gli interessi religiosi islamici prevalsero tuttavia sugli interessi scientifici e la collina, chiamata “delle 40 vergini”, fu dichiarata dagli “sceicchi” locali luogo sacro e vi fu costruito un mausoleo.
Il Bazar - Il frenetico mercato è uno spaccato genuino della vita della popolazione, soprattutto nella parte che riguarda i commerci e le contrattazioni. Vi si può trovare ogni genere di prodotti: dai vestiti, scialli, cappelli e turbanti di ogni gruppo etnico esistente nella regione alla frutta secca di incredibile varietà, tra gli odori pungenti delle spezie, tra il delicato e dolce sapore delle tipiche mele uzbeche e quello più forte dei melograni.
Sahai-Zinda - Nelle immediate vicinanze di Samarcanda si trova un notevole insieme di strutture architettoniche di impareggiabile bellezza. E' la necropoli conosciuta come Shakhi-Zinda che consiste in 11 mausolei eretti fra il XIV ed il XV secolo. Si entra da un portale dove campeggia una scritta che ricorda che l'edificio è stato costruito nell'anno dell'Egira 883 (corrisponde al nostro 1434) per ricordare i figli del grande Tamerlano. La necropoli Sah-Zinde, che significa del “re vivente” è probabilmente il complesso più importante del medioevo islamico a noi pervenuto.(tratto da www.sanpietroburgo.it/)"Samarcanda è una città nobile, dove bellissimi giardini, e una piena di tutti i frutti, che l'uomo può desiderare.
Gli abitanti, parte son Cristian, e parte Saraceni, e sono sottoposti al dominio d'un nepote del Gran Can."
(Marco Polo)...storia...
Samarcanda può essere parago-
nata a Roma o Babilonia ed è una delle più antiche città del mondo, situata lungo la Via della seta, la maggiore via commerciale di terra tra Cina ed Europa. Fondata circa nel 700 a.C., col nome di Marakanda era già capitale della Satrapia della Sogdiana sotto gli Achemenidi di Persia quando Alessandro Magno, conosciuto come Iskander Khan,la conquistò nel 329 a.c.. Sotto i Sasanidi, Samarcanda rifiorì e diventò una delle città maggiori dell'Impero. Tra il VII e XIII secolo la città conobbe l'invasione araba, che portò il suo alfabeto e convertì all'Islam la sua popolazione, quella dei Persiani e di diverse successive dinastie turche, che ne fecero una delle città più ricche di tutto il mondo islamico. Fu saccheggiata nell'anno 1220 dai Mongoli e sopravvisse solo una minima parte della popolazione, che dovette affrontare anche un sacco successivo, condotto da un altro condottiero mongolo: Barak Khan. La città impiegò decenni per ristabilirsi da quei disastri.
Nel 1370, Tamerlano -Timur lo zoppo - decise di rendere Samarcanda una città stupenda e usarla come capitale dell'impero che avrebbe costruito e che si sarebbe esteso dall'India alla Turchia. Per 35 anni la città fu ricostruita e fu piena di cantieri con artigiani e architetti provenienti dalle parti più disparate dell'Impero timuride. Tamerlano fece così sviluppare la città, che divenne il centro della regione chiamata in Occidente Transoxiana e, similmente, dagli Arabi, per i quali era Mā warāʾ al-Nahr, «Ciò che è al di là del fiume Oxus». Suo nipote Ulugh Beg governò il paese e la sua capitale per 40 anni. Creò varie scuole attente allo studio delle scienze e quello studio della matematica e dell'astronomia. Ordinò anche la costruzione di un grande osservatorio, di cui restano imponenti tracce.Samarcanda divenne il polo di attrazione di arti, usanze, poeti, scrittori, architetti, artisti che contribuirono a farla divenire praticamente la più bella città del mondo di quei tempi, ricca come era di tesori, mausolei, moschee e madrase.
Nel XVI secolo gli Uzbeki spostarono la capitale a Bukhara e Samarcanda iniziò un lento declino, accelerato dal ridimensionamento della Via della Seta come rotta commerciale delle spezie, dai frequenti terremoti e dallo spopolamento. Dopo l'assalto dei Persiani guidati da Nadir Shah, la città fu abbandonata nel XVIII secolo. L'emiro di Bukhara tentò di ripopolare la città alla fine di quel secolo. Nel 1868, la città entrò a far parte dell'Impero russo, essendo stata conquistata dal colonnello A.K. Abramov, divenendo successivamente capitale del Turkestan russo. Fu raggiunta dalla ferrovia trans-caspica nel 1888, che non poco contribuì al suo sviluppo economico. Divenne capitale dell'Uzbekistan sovietico dal 1925 fino al 1930.
"Samarcanda è un luogo della mente e dell´anima più che un posto reale con le sue moschee, le selve dei minareti, le scuole coraniche, i mausolei, l´azzurro scintillante delle sue maioliche e delle sue cupole, il blu cobalto degli archi, il turchese delle madrasse. Ma Samarcanda è anche traffico, confusione, rumore, clacson, torme di turisti organizzati, souvenir dozzinali.A Samarcanda bisogna andarci in macchina, sono quasi cinque ore da Tashkent, un viaggio nel medioevo più arcaico; carretti trainati da somari e carichi fino all´inverosimile vi corrono incontro contromano. Capre, pecore, qualche mucca, cavalli macilenti, biciclette arrugginite, sidecar. Sul ciglio della strada, spesso dissestata, i venditori ambulanti stanno sdraiati su letti di legno in attesa di chi gli compri i pomodori, il miele, le patate, i cachi, le uova. Ai bordi, lungo la piana immensa della steppa, frutteti ma soprattutto campi coltivati a cotone, con centinaia di ragazzi e bambini chini a raccogliere i batuffoli bianchi. E almeno cinque posti di blocco per lo straniero: in media uno ogni ora.
Samarcanda si annuncia come una visione, evocativa e onirica, punto di snodo della Via della Seta (oggi dell´energia), crocevia delle strade che portavano all´Oriente profondo, capitale di imperi, i turchi, gli arabi, i persiani, i mongoli, la furia di Gengis Khan e i fasti del feroce Tamerlano, che la elesse capitale del suo regno sterminato. Alessandro Magno e Marco Polo, il mito e la leggenda. Entriamo in città. La strada all´improvviso si fa larga e moderna e passa troppo vicino ai ventidue mausolei di Shah-I-Zinda, o "tomba del re vivente», li deturpa, li offende.
Si salgono gli erti gradini che portano alla sommità, su alla collina sacra, dove riposa un cugino di Maometto. I turisti scattano foto, senza interrogarsi su un restauro fin troppo fiammante, senza riuscire a distinguere ciò che è originale e ciò che è ricostruito con fin troppa disinvoltura, a trasformare questi ex ruderi una volta pieni di fascino in un set stile Disneyland dell´Islam. «Salvami, salvami, grande sovrano, fammi fuggire, fuggire di qua». C´è chi arriva a Samarcanda con le note e le parole di Vecchioni nel cuore. Le carovane, i mercanti, i viaggiatori della steppa, i cammelli.
Con un'idea, un sogno, un miraggio luccicante e ondulato che non potrà corrispondere a nessuna realtà. È l´italiano la lingua più parlata sotto questi minareti alti cinquanta metri. Le venditrici di scialli etnici (tutti made in India) e di amuleti locali circondano petulanti i nostri connazionali sul sagrato dell´imponente moschea intitolata a Bibi Khanym, una delle diciotto mogli di Tamerlano. Offrono le loro merci contrattando in italiano, incassando e dando il resto in euro, scoprendo denti di ferro o anche d´oro quando sorridono. A un passo c´è il celebre bazar Siob, sfondo di safari fotografici in technicolor, piramidi di spezie esotiche, frutti enormi e sconosciuti, cataste di torroni.
Si arriva a piedi nel sancta sanctorum cantato da James Elroy Flecker: «Per la bramosia di conoscere ciò che non dovrebbe essere conosciuto/ percorriamo la Strada Dorata che va a Samarcanda». Il Registan è un colpo al cuore di bellezza, geometria celeste, maestà imponente. È il motivo per cui si arriva fino a qui. È un'overdose di mosaici, smalti, arabeschi, il centro sociale e religioso della città medievale, con le sue tre scuole coraniche che nelle ex celle degli studenti oggi ospitano una schiera di botteghe di souvenir. È il monumento più importante di tutta l'Asia centrale, il più visitato, il più citato, il più rappresentato, il più spettacolare. Nella chaikhana di fronte, il padiglione per il tè "Lyabi Gor", i visitatori si ristorano avvicendandosi per assaporare il pesantissimo plov cotto nel grasso di montone e bere tè verde. Si fuma ovunque. A est il groviglio millenario di stradine e le vestigia archeologiche pluri-strato della città vecchia, Afrosiab, a ovest gli ampi e geometrici viali tracciati dai russi nel Diciannovesimo secolo, orlati di gelsi e di platani, due mondi che non sembrano comunicare. Una città-calamita sconosciuta ai più, proiezione di fiabe e leggende. Non soltanto una città d'arte dunque, ma anche una città universitaria, la prima, fra l´altro, in cui è stato aperto un dipartimento di italianistica, già capitale, anche se solo per sei anni a partire dal 1924, della Repubblica Socialista Sovietica dell'Uzbekistan. Stagione ormai remota, consegnata alla storia.
All´imbrunire, la visita al Mausoleo di Guri Amir, dove è sepolto Tamerlano sotto un unico blocco di giada, è d´obbligo. «La tigre zoppa» lo chiamava il suo popolo, una tigre morta non in battaglia ma per una banale polmonite. Le guide snocciolano i loro aneddoti accanto alle rovine dell´antico ostello dei dervisci, che ripetevano il nome di Allah mille e una volta, fino a cadere in trance, fino a farsi uscire il sangue dal naso" (Laura Laurenzi, repubblica.it) align="center">(Gabry)LA MUSICA NEL CUORE
Autunno in musica(Ivana)
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(Redazione)
L’ISOLA NELLO SPORT
CRONACA SPORTIVA
MotoGp, trionfo Valentino Rossi, disastro Honda in Australia. The Doctor: "Gara stupenda".
Cade Marquez, podio tutto Yamaha con Lorenzo e Smith. Un'altra domenica da incorniciare, quella di Phillip Island per Valentino Rossi. Il nove volte iridato dovrebbe essere ormai abituato alle emozioni ma l'invasione di pista degli appassionati australiani per salutare il 108/o successo in carriera del Dottore, secondo stagionale, fa comunque effetto. "Gara stupenda. E' stato bello vincere qui dove ho tanti tifosi. Quando la gente viene a festeggiarti c'è sempre una atmosfera speciale. La cosa più bella comunque è stata verso la fine della corsa, mentre ero in piega nell'ultimo curvone con il gomito a terra a 200 all'ora con un po' di sole che sbucava dalle nuvole, è stato bello".
Poesia da emozioni forti per uno dei più forti di sempre, come ha dimostrato anche il tracciato australiano, che con le sue insidie ha messo in difficoltà quasi tutti: Marc Marquez è scivolato fuori al 18/o giro quando era in testa, Jorge Lorenzo ha perso il duello con Rossi ed è giunto secondo solo perchè il ducatista Carl Crutchlow e' caduto a sua volta a due tornate dal possibile podio. Fuori gara anche Dani Pedrosa, "centrato" da Andrea Iannone, la Honda lascia l'Australia a testa bassa, mentre la Yamaha ha fatto en plein dato che dietro ai due piloti ufficiali si è piazzato Bradley Smith, al suo primo podio.
La Ducati recrimina per Crutchlow e si deve accontentare della quarta e quinta piazza con Andrea Dovizioso ed Hector Barbera. Ora in casa Yamaha la sfida è aperta per la conquista del secondo posto mondiale e Rossi, otto punti di vantaggio sul rivale, sembra pronto a gustarsela: "La soddisfazione più grande all'ultimo giro - ha detto ancora il campione di Tavullia - è stato vedere sulla tabella che avevo sette secondi su Lorenzo, quello mi ha dato anche gusto e la sensazione di avercela fatta. Qui ho fatto tanti podi, è una pista che mi piace, ma era dal 2005 che non vincevo. Dietro a questo c'è anche una questione tecnica perché le curve sono nella maggior parte a sinistra e io di solito vado meglio a destra.
Qui Lorenzo è sempre forte e averlo battuto con la stessa moto è stato fantastico". Se Rossi è raggiante, lo spagnolo è decisamente di altro umore. "Ho avuto problemi verso fine gara con la gomma davanti, credo di averne usato una fallata, anche se la Bridgestone nega. Non sono soddisfatto anche perché me la sarei potuta giocare con Valentino". Il calo del rendimento della gomma di Lorenzo in effetti è stato un invito a nozze per Rossi. "Sapevo di essere un pelo più veloce di Lorenzo, per quello sono riuscito a batterlo. Peccato solo che sia caduto Crutchlow, mi avrebbe aiutato a guadagnare 4 punti in classifica (ora ne ha 8 di vantaggio su Lorenzo, ndr)". Ora, oltre alla gara di Sepang - dove Rossi ha vinto più di un mondiale - arriverà a chiudere la stagione quella di Valencia, mai favorevole a Valentino.
"Quest'anno sono stato veloce e forte su tutte le piste - ha detto Rossi - il mio obiettivo è di esserlo anche lì". Da dimenticare la domenica dei piloti Honda ufficiali. Marc Marquez, arrivato in Australia già con l'alloro mondiale, non se la prende troppo: "Ho provato a spingere forte da subito per cercare di mettere un ampio gap sugli inseguitori e stavo facendo una buona gara, fino alla caduta. E' stato un peccato finire a terra in un momento in cui ero al limite ma mi servirà come esperienza per il prossimo anno". "Non siamo stati certo fortunati oggi - ha affermato invece Pedrosa, staccato di 25 punti da Rossi -, non ho fatto una gran partenza e mi sono ritrovato così in una posizione che mi metteva a rischio contatto, come poi è successo. Fortunatamente non sono caduto, ma la moto era danneggiata e non ho potuto continuare". (Ansa)
Champions League: Roma Bayern Monaco.
Argentino verso recupero: "Non vedo l'ora". Torna anche Gervinho. "Cercheremo l'exploit". Rudi Garcia lo disse il giorno del sorteggio dei gironi di Champions League, e adesso che all'Olimpico è atteso il Bayern Monaco, sogna l'impresa della sua Roma contro la corazzata bavarese. Il tecnico, che ai tempi del Lille ha rimediato in Europa due sconfitte dai tedeschi (1-0 in casa e 6-1 fuori), proverà ad abbattere il muro eretto da Guardiola (ultime otto gare senza subire reti) con le giocate di Totti (toccato duro col Chievo ma non in dubbio) e le incursioni di Gervinho e Iturbe.
L'ivoriano, dopo il turno di riposo col Chievo, riprenderà il suo posto nell'undici titolare, mentre l'argentino sta bruciando le tappe per farsi trovare pronto tra 48 ore. I colpi al ginocchio rimediati nella sfida di Torino con la Juventus lo hanno costretto a saltare l'anticipo di campionato, ma oggi alla ripresa degli allenamenti a Trigoria ha dato segnali di miglioramento lavorando in parte col resto del gruppo e in parte svolgendo differenziato. Decisiva sarà quindi la rifinitura, ma stando alla voglia del giocatore ("Domani torna la Champions League all'Olimpico: saremo in tanti! Non vedo l'ora...Forza Roma!" le sue parole su Facebook) il recupero non sembra in dubbio. Praticamente fatto poi il resto dell'undici titolare: De Sanctis tra i pali, De Rossi (domani in conferenza stampa con Garcia), Pjanic e Nainggolan a centrocampo, Maicon e Manolas sicuri del posto in difesa, dove Garcia dovrà scegliere l'altro centrale (ballottaggio tra Yanga-Mbiwa e Astori, con quest'ultimo in vantaggio) e l'esterno sinistro, con Cole e Holebas a giocarsi il posto
. La squadra dopo la rifinitura non resterà in ritiro nel centro sportivo, bensì si sposterà in un albergo vicino allo stadio (per una questione logistica) come accaduto già in passato alla vigilia di match particolarmente delicati. La scelta, nonostante il riserbo dalle parti di Trigoria, dovrebbe cadere sullo stesso hotel in zona Parioli in cui Totti e compagni hanno dormito la notte prima della sfida col Cska Mosca. Se così fosse, Garcia si troverà a dormire ad appena 700 metri di distanza da Guardiola, che col suo Bayern alloggerà a due passi da Villa Borghese.
Ad arbitrare la sfida dell'Olimpico (sugli spalti ci saranno 70mila spettatori, record d'incasso) sarà lo svedese Jonas Eriksson. Il direttore di gara ha già incrociato i giallorossi in Champions nel 2010-2011 in occasione della vittoria per 2-1 sul Cluj nella fase a gironi. Tre invece i precedenti col Bayern: il primo nel 2007 in Coppa Uefa in casa del Braga (1-1), il secondo nella Supercoppa Europea 2013 conquistata ai rigori contro il Chelsea, l'ultimo nel ritorno dei quarti di finale di Champions dello scorso anno (vittoria per 3-1 a Monaco di Baviera col Manchester City) (Ansa)
Murray vince il torneo Atp di Vienna.
Lo scozzese batte Ferrer e si avvicina al Masters di Londra. Andy Murray, n.11 del mondo, ha vinto il 30/o titolo in carriera battendo a Vienna 5-7, 6-2, 7-5 in due ore e 41', lo spagnolo David Ferrer (n.5). Con il secondo successo stagionale dopo il titolo conquistato a settembre a Shenzhen (Cina), il 27enne scozzese aumenta le chance di qualificarsi per il Masters di fine anno a Londra. Sei tennisti, tra cui Ferrer, si contendono gli ultimi tre posti disponibili, la cui assegnazione verrà decisa dai risultati dei tornei delle prossime due settimane. (Ansa)
Serie A, Honda lancia il Milan.
Pari Zeman-Mihajlovic, Atalanta e Palermo 3 punti nel recupero. Milan e Lazio bussano forte alla porta dell'alta classifica con successi pesanti in trasferta che li riportano a pensare in grande. Alle spalle della Juve che torna a sentire il fiato della Roma dopo i risultati degli anticipi, la situazione si fa fluida. La Sampdoria in vantaggio di due gol si fa rimontare e rischia in dieci il ko con il Cagliari di Zeman pur mantenendo il terzo posto grazie alla sconfitta dell'Udinese a Torino, mentre il Milan di super Honda strapazza un ingenuo Verona e arpiona il quarto posto; la Lazio con una gara caparbia e intelligente manda il tilt una Fiorentina inconcludente anche per le eterne assenze di Rossi e Gomez. I biancazzurri risalgono a 12 punti, danno uno schiaffone alle ambizione dei viola e si riportano in zona qualificazione europee.
Il match clou della giornata, Inter-Napoli finisce 2-2: succede tutto nella ripresa con i partenopei per due volte avanti grazie a Callejon (in testa alla classifica marcatori con 6 reti con Tevez e Honda) e subito raggiunti dai nerazzurri con Guarin prima e Hernanes poi praticamente allo scadere.
La squadra di Mazzarri interrompe la striscia negativa, quella di Benitez continua quella positiva ma per entrambi i tecnici c'è ancora molto da lavorare, soprattutto in difesa. In attesa del posticipo di lunedi Genoa-Empoli vittorie al fotofinish per Atalanta e Palermo nelle sfide combattute con Parma e Cesena.
Aveva ragione Mihajlovic, con Samp e Cagliari spettacolo assicurato. I liguri dimostrano di avere un andamento da grande squadra. Gabbiadini segna in acrobazia sulla solita ingenuita' dei sardi, poi tocca a Obiang siglare il raddoppio con una potente conclusione da fuori area. Nella ripresa zemaniani alla riscossa con attacchi furibondi, fuori Cacciatore e rigore che Avelar trasforma riportando in corsa il Cagliari. Poi Sau ottiene il pari con una bella girata dentro l'area. Alla fine sono i sardi a recriminare per le molte occasioni create in superiorita' numerica: ma la cena scommessa tra i due tecnici viene rimandata al girone di ritorno.
E' il Milan che torna prepotentemente in auge con un netto successo a Verona indirizzato da una svirgolata alla Ridolini del brasiliano Marques. Poi i rossoneri dilagano con gli spunti finalizzati da Honda che con una doppietta si porta alla ragguardevole cifra di sei gol in sette partite. Il Verona riduce le distanze con Lopez ma Mandorlini non puo' fare miracoli senza Jorginho, Iturbe e i giocatori ceduti per esigenze di mercato. Per i rossoneri un'iniezione di fiducia con Inzaghi che ricomincia a sperare in una stagione significativa.
La Lazio continua il suo trend positivo vincendo con perizia in casa di una Fiorentina bella ma sterile, che sente forse troppo l'atmosferta da derby (gli ex giallorossi Pizarro, Aquilani, Montella) e subisce la praticita' del gruppo di Pioli con il solito Candreva (due assist) decisivo.
Segna il quinto gol Djordjevic, incidono poco i baby Babacar e Bernardeschi, Aquilani e' sfortunato con un palo in acrobazia sullo 0-1, poi alla fine Lulic firma il raddoppio.
Quagliarella batte Di Natale 1-0: nella sfida tra ex compagni il granata di testa ottiene tre punti per un Torino che torna competitivo ma l'Udinese di Stramaccioni sfiora il pari e non esce ridimensionata dal confronto.
Tanto agonismo nelle sfide salvezza con l'Atalanta che trafigge il Parma nel recupero su un errore di Mirante e conclusione vincente di Boakye. Per i bergamaschi il primo gol in casa dall'anno scorso, per il Parma fanalino di coda della classifica la situazione (mentre il Chievo ha licenziato Corini) si fa pesante.
Vittoria in recupero anche per il Palermo con Gonzalez che confeziona tre punti vitali a spese del Cesena, ma la lotta per non retrocede si annuncia incandescente. (Ansa)(Gina)
VIAGGIANDO
... La nepitella ...
Viaggiando in cucina
... tra le erbe odorose ...È una pianta molto diffusa in Europa centro-meridionale dove cresce spontanea in terreni aridi fino ai 1500 m s.l.m.
Habitat
La nepitèlla (Clinopodium nepeta (L.) Kuntze) o nepetèlla o nipitèlla, chiamata anche mentuccia, è un'erba aromatica della famiglia delle Lamiacee, utilizzata in cucina e in erboristeria. Ha un leggero odore di menta.
La scheda
... Classificazione scientifica ...
• Dominio Eukaryota
• Regno Plantae
• Divisione Magnoliophyta
• Classe Magnoliopsida
• Ordine Lamiales
• Famiglia Lamiaceae
• Genere Clinopodium
• SpecieC. nepeta... Nomenclatura binomiale ...
• Clinopodium nepeta
(L.) Kuntze... Sinonimi ...
• Melissa nepeta
L.
• Calamintha nepeta
(L.) Savi
• Calamintha officinalis var. nepeta
(L.) Rchb. & Rchb.f.
• Satureja calamintha var. nepeta
(L.) Briq.
• Satureja calamintha subsp. nepeta
(L.) Briq.
• Satureja nepeta
(L.) Scheele... Nomi comuni...
• nepitella
• nepetella
• mentuccia
• nipitellaSpecie Simili
In alcune zone d'Italia al di fuori di Roma e Lazio, la Mentha pulegium (menta romana) viene talvolta confusa con la nepetella: le due specie si possono facilmente distinguere dall'infiorescenza: a sviluppo verticale con fiori singoli quella della nepetella, tondeggiante con fiori ravvicinati quella della M. pulegium, e dal sapore: quello della menta romana è molto più forte.
Usi
... In gastronomia ...
In Sicilia si usa per aromatizzazione le olive da tavola, per il gusto e l'odore che trasmette quando viene messa in salamoia con esse. Nel Lazio si usa per la preparazione dei carciofi alla romana; in Irpinia, a Quaglietta di Calabritto, con il nome di "Zenzifero", è unita alla ricotta per il ripieno di ravioli magri, o frittate. A Calabritto è anche usata per preparare un particolare liquore aromatico; in Toscana si usa per condire i funghi.
Carciofi in umido con la nepitella
Tagliatelle ai funghi e nepitella
Zucchine e funghi alla nepitella
Nell'uso culinario non deve essere confusa con la menta romana (Mentha pulegium), la quale ha un sapore molto più forte, ed a Roma viene usata per la preparazione dell'agnello e della trippa alla romana.... In erboristeria ...
Il suo nome proviene dalla città etrusca di Nepeti, dove veniva coltivata. La nepetella era usata comunemente come erba medicinale durante il medio evo, ma ora è poco usata dagli erboristi moderni. Tutte le parti della pianta hanno proprietà aromatiche, diaforetiche, espettoranti, febbrifughe, stomachiche. Gli infusi ottenuti con le foglie sono benefici in caso di flatulenza e debolezza di stomaco. È usata anche contro la depressione, l’insonnia e i dolori mestruali. Viene utilizzata molto in Toscana e a Roma si usa al posto della mentuccia per il suo sapore molto simile, in particolare nei carciofi, funghi e pesce.
Fiori di nepitellaLa nepitella, fresca menta isolana
Gli isolani dell'arcipelago delle Lipari
la chiamano neputedda, che sta per nepitella.Gli isolani dell’arcipelago delle Lipari la chiamano neputedda, che sta per nepitella. È un tipo particolare di menta selvatica, ha uno stelo sottile, foglie piccole e vellutate, e numerosi fiorellini bianchi e lillà. Cresce spontaneamente nei campi, o lungo i bordi dei sentieri e delle strade.
La si mangia cruda in insalata, con pomodori, olio, sale o origano, e la si utilizza come condimento per salse e primi piatti. Ottima in padella con la soia, e nella pizza vegetariana al posto del basilico.
La sua stagione è l’estate, ed è perciò facile dedicarsi alla raccolta di quest’erbetta quando si è in vacanza. A proposito di verdure spontanee e pietanze semplici, l’arciduca viaggiatore Luigi Salvatore d’Austria, quando visitò l’arcipelago delle Lipari scrisse: “l’alimentazione degli abitanti delle Lipari è sana e piuttosto sobria. Agiati e meno agiati si alimentano con brodi, minestre, verdure spontanee, legumi, e pasta”. L’arciduca scriveva questo due secoli addietro, ma quasi a da allora è cambiato…
La Calamintha nepeta è adatta a pietanze fresche. La pasta alla trapanese – spaghetti o rigatoni conditi con neputedda, pomodorini a ciliegina e aglio – è un piatto facile e veloce perché il condimento resta crudo. Se la Calamintha nepeta vuol farsi bere, la si può anche frullare per ricavarne ghiacciati drink dissetanti e disintossicanti. Commista ad acqua, se ne può ricavare un’ottima granita bio. È ricca di fibre, regolarizza l’intestino, e aiuta a mantenere il benessere di tutto l’organismo. Essiccata e protetta in barattoli, diventa essenza per tisane invernali riposanti e nutrienti.
La ricetta principale – per quattro persone – vede la neputedda come accompagnamento a uova di terra freschissime, spicchi d’aglio, pomodori maturi per salsa, olio e sale. Si mettono in una padella - dopo aver versato due cucchiai d’olio – la neputedda, l’aglio tritato a pezzettini, i pomodori pelati e tagliati a tocchetti, e si aggiusta il tutto con un pizzico di sale. Si strapazzano le uova in un tegame, e si versa su ogni porzione la salsa precedentemente preparata. Il piatto si serve ben caldo: a rinfrescarlo poi ci pensa la “neputedda”.(di © Francesca Colosi)
... Come coltivarla sul balcone ...
La nepitella è una tre le erbe aromatiche più profumate e non può certo mancare nel vostro orto in vaso: ecco i consigli di giardinaggio per avere un orto sul balcone sempre più verde!
Tra le erbe aromatiche che non possono mancare sul vostro balcone c’è la nepitella: detta anche mentuccia, la potrete utilizzare in cucina per condire carni e pesce e potrete preparare una frittata saporitissima!
Coltivarla sul balcone è semplice: innanzitutto dovrete pazientare fino all’arrivo della primavera per poter seminare la nepitella ma, se avete uno spazio luminoso in casa in cui farla crescere potete anticipare leggermente la semina.
Come molte erbe aromatiche la nepitella si adatta bene a tutti i tipi di terreno purché siano ben drenati e predilige zone luminose e soleggiate. La nepitella fiorirà nel periodo estivo ed è proprio in questo periodo in cui dovrete raccogliere le sue foglie.
Dopo la fioritura potrete recidere alcuni rametti per procedere alla riproduzione per tale. Annaffiate regolarmente soprattutto durante i periodi più caldi dell’estate: vedrete che crescerà con gran facilità senza richiedere grosse cure!
Fonte:
© http://it.wikipedia.org/wiki/Clinopodium_nepeta,
© www.emporiodellespezie.com/nepitella/,
© www.lifegate.it/persone/stile-di-vi...a_menta_isolana,
© www.leitv.it/giardinieri-in-affitto...la-sul-balcone/,
web,immagini:honestmaverick.blogspot.com,www.specialtyproduce.
com,www.emikodavies.com,www.wibo.it,www.librizziacolori.eu,ricette.
donnamoderna.com,honestmaverick.blogspot.com,www.lemiepiante.
it,www.lepetitherboriste.net,www.montagnemontanari.com,hemisscupcake.
com,www.cookaround.com,www.emikodavies.com(Giulia)
… TRA CURIOSITA’ E CULTURA …
Alla scoperta dell'arte e delle tradizoniVan Gogh. L'uomo e la terra”
Palazzo Reale di Milano
dal 18 ottobre 2014 all'8 marzo 2015
«Esaminare e disegnare tutto ciò che appartiene alla vita contadina». E' all'insegna di questa dichiarazione di poetica, così sentitamente attenta ai cicli della natura e alle fatiche dell'uomo, che si declina nelle sale di Palazzo Reale la raffinata mostra dedicata al grande maestro olandese “Van Gogh. L'uomo e la terra”. I campi, i celebri covoni dalle tonalità del giallo, la semina e il raccolto. E ancora le continuamente ricorrenti patate, le cipolle e i sempre cari all'occhio di ogni olandese, fiori in mazzo. Niente di “terragno” sfugge all'occhio attento dell'artista che con la sensibilità che lo contraddistingue sa rendere protagonisti gli ultimi fra i lavoratori, restituendo loro la dignità di uomini e di veri interpreti delle fatiche del quotidiano.
Il rapporto con la natura, come bene si evince dalle parole della curatrice della monografica, Kathleen Adler, fu d'altronde sempre al centro della sua ricerca artistica. Lo testimoniano in mostra i capolavori provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo (Paesi Bassi) quali “I Contadini che piantano patate” del 1884 e l'intenso “Pastore con un gregge di pecore”, sempre del 1884, dove sono ben forti gli echi del predecessore Jean-François Millet. E ancora le stanche e rozze fattezze della “Testa di Donna” del 1885, in grado di rendere al meglio la durezza di un mondo dove la fatica si sposa in maniera quanto mai chiara alle estreme necessità del pane quotidiano e della sopravvivenza.
E' invece nell'esplo-
sione dei caldi rossi e del più freddo blu di contrasto, che con l'auto-
ritratto olio su cartone, del 1887, Van Gogh rappresenta il tormento e il senso di isolamento che di li a poco lo avrebbero condotto al suicidio. All'inconfondibile sua cifra dalle dense pennellate nel tema del ritratto è dedicata la terza delle cinque sezioni dell'esposizione, con i ritratti di “Joseph Roulin” del 1889 e quello di “Joseph-Michel Ginoux” del 1888. Strano destino quello di Van Gogh, che spendendo pochi spiccioli per convincere amici e conoscenti a farsi rappresentare, consegnava per sempre alla grande storia dell'arte i loro volti, posti in risalto su piccole varianti monocrome e privati di contesto, traendone in cambio - e per consegnarli alla posterità - l'essenza quale fulcro espressivo della loro diversa umanità.
A curare l'allestimento è Kengo Kuma, architetto giapponese ma di fama internazionale, che per l'occasione ha scelto tutti materiali nelle tonalità dell'ecru, richiamando alle pareti le ondulazioni evocative dei campi di grano.
Per il presidente del Gruppo 24 ORE, che ha prodotto e organizzato la mostra, Benito Benedini, “quello della cultura è un filone che il Sole 24 ORE segue e intende seguire, un investimento vincente non solo dal punto di vista economico ma anche per quello - e penso alle mostre in corso su Giacometti e Chagall - che stiamo dando alla città di Milano e all'Italia”. Per il sindaco Giuliano Pisapia si tratta di “una mostra con quadri significativi. E per Milano è un vero onore ospitare Van Gogh a Palazzo Reale”.
La mostra, sotto l'altro patronato del Presidente della Repubblica, è promossa dal Comune di Milano – Cultura ed è prodotta e organizzata da Palazzo Reale di Milano, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group.(www.ilsole24ore.com)FESTE e SAGRE
INVESTIGATORI NELLA LETTERATURA
"Adesso la domanda è questa – disse. – Può sbagliarsi Hercule Poirot?
Nessuno può avere sempre ragione
– rispose la signora Lorrimer in tono gelido.
Io, invece, sì – disse Poirot – ho sempre ragione.
Succede tanto invariabilmente che me ne stupisco io stesso."HERCULE POIROT
"..era un tipo che a vederlo era difficile non ridergli in faccia.
Pareva una macchietta da teatro o da cinematografo.
Alto poco più di un metro e mezzo, grassoccio,
piuttosto anziano,
con un enorme paio di baffi e una testa simile a un uovo..."
Hercule Poirot è alto poco più di un metro e sessanta, grassoccio, piuttosto vecchio, ma non gli è mai stata attribuita un'età precisa. Le sue qualità positive sono molte ma le più evidenti sono: calma, riflessione, precisione e perspicacia.
La sua testa è a forma ovale, simile ad un uovo, e la tiene sempre leggermente inclinata verso destra. Ha le labbra incorniciate da baffi alla militare arricciati sulla punta, dei quali ha molta cura, tanto da portare in tasca uno specchietto per poterseli ritoccare. I pochi capelli rimasti sono neri e per ravvivarne il colore non usa una tintura, bensì un tonico. Un giorno, per via del suo aspetto curatissimo, qualcuno ha addirittura pensato che fosse un parrucchiere piuttosto che un poliziotto in pensione (ne "l'assassinio di Roger Ackroyd"). Il suo abbigliamento è sempre rigorosamente preciso e perfetto: una macchia, un granello di polvere gli darebbero fastidio più di una ferita."I miei migliori amici sostengono che sono pieno di me"
"Ebbene, conosco la mia abilità...
Ho sistemi tutti miei: ordine, metodo, celluline grige..."
Come dichiara lui stesso in più di un'occasione, prova una profonda repulsione verso le armi in quanto secondo lui l'uso della violenza sminuisce la grandezza umana che può essere espressa al meglio con il ragionamento e la deduzione proprie di un vero detective. Come investigatore ha un fiuto straordinario e riesce a risolvere i casi più intricati. Ha un sistema di indagine che rispecchia la sua personalità: ordine, metodo e "celluline grigie". Non è un sentimentale,anche se sembra essersi infatuato della contessa Vera Rossakoff, ma un logico, odia l'inspiegabile e finisce sempre per spiegarlo. Una delle sue frasi più famose, tratta dal romanzo Non c'è più scampo, è "L'omicidio è un'abitudine"....biografia...
Hercule Poirot si trasferisce come profugo di guerra nel 1914 in Inghilterra dal nativo Belgio dove era ispettore di polizia. Poco o nulla si sa della sua famiglia d'origine, ma nel romanzo Due mesi dopo si viene a sapere che sua nonna paterna aveva il nome di Marie e in Poirot e i Quattro viene citata sua madre Madame Poirot, dove si scopre che è morta. Nel romanzo Poirot e i Quattro si viene a sapere che trascorse la sua infanzia presso la città di Spa dove si trovava la casa della sua famiglia che, come descrive la stessa Christie in Tragedia in tre atti, era numerosa ma non ricca.« Gustave […] non è un poliziotto.
Io ho avuto a che fare con i poliziotti tutta la mia vita e io conosco il vero poliziotto.
Si può passare per detective ma non per poliziotto. »
(Hercule Poirot ne "Il cinghiale d'Erimanto" (1940)
Poirot aderì da adulto alle forze di polizia belga ricordando più tardi ne "Il leone Nemeo" (1939) di un caso risolto in Belgio nel quale "un ricco produttore di sapone […] avvelenò la moglie per sposare la sua segretaria".È l'ispettore Japp a fornirci alcuni indizi sulla carriera di Poirot nella polizia belga presentandolo ad un collega:« Mi ha mai sentito parlare di Poirot?
Fu nel 1904 che lavorammo per la prima volta insieme
per il caso Abercrombie mentre mi trovavo a Bruxelles.
Ah, quelli erano bei tempi Moosier.
E poi ti ricordi il "barone" Altara? Là era presente il signor Poirot. »
(Poirot a Styles Court, capitolo 7)
In Doppia colpa Poirot menziona il fatto che egli era capo della polizia di Bruxelles sino alla Grande Guerra. Poirot si ritirò dalla polizia belga all'epoca del suo incontro con Hastings nel 1916 quando, con Poirot a Styles Court diede inizio alla sua carriera come investigatore privato in Inghilterra."L'investigatore non è necessariamente un uomo che si appiccica ad una barba falsa e si nasconde negli angoli bui... Questa roba è vieux jeu, buona per gli infimi rappresentanti della mia classe... Non ci si può occupare del crimine senza tener conto della psicologia... Non è tanto il delitto in se stesso che mi interessa, quanto ciò che si nasconde dietro... si può arrivare alla soluzione stando seduti in poltrona con gli occhi chiusi, perché così si vede con gli occhi della mente... È rarissimo che qualcuno compia un'azione che non sia nel suo carattere, e questo diventa monotono, alla fine... La natura umana si ripete più di quanto si crede abitualmente... Chiudete le valvole di sicurezza del vostro contegno naturale e presto o tardi la caldaia scoppierà, provocando un disastro... Il lupo si traveste da agnello ma la tartaruga può battere la lepre e a me interessa arrivare alla verità, non importa quando... Se qui c'è un sentimentale, quello non sono io, io mi accontento di essere logico, non mi piace L'inspiegabile e finisco sempre per spiegarlo..."
Durante la prima guerra mondiale, Poirot lasciò il Belgio per dirigersi verso l'Inghilterra come rifugiato, divenne un libero professionista e iniziò anche ad occuparsi di casi propostigli direttamente dai suoi clienti. Prese casa al 56B Whitehaven Mansions, Charterhouse Square, Smithfield, London W1. Il 16 luglio 1916 riprenderà i contatti con quello che rimarrà il suo più fido amico, il capitano Arthur Hastings, e con lui risolverà il suo primo caso inglese noto col nome de "Il Misterioso Affare di Styles". Dopo questo caso Poirot diventerà noto anche in Inghilterra e risolverà anche alcuni casi per conto del governo britannico, tra i quali un tentativo di rapire il Primo Ministro.
Tra le due guerre, Poirot coglie l'occasione per viaggiare in Europa e nel Medioriente per investigare su crimini e omicidi. Gran parte dei suoi casi ha luogo in questo arco di tempo che sarà l'apice della sua carriera. Nel Medioriente risolve i casi di Assassinio sul Nilo, Non c'è più scampo e La domatrice. Per attraversare l'Europa nel viaggio di ritorno si serve del treno ove ha luogo Assassinio sull'Orient Express che sarà il suo ultimo viaggio all'estero. Non viaggia mai né in America né in Australia, probabilmente a causa del mal di mare di cui soffre.
« È questo maledetto mare che mi crea dei problemi! Il mal de mer – che orribile sofferenza! »
(Poirot, ne "Il rapimento del Primo Ministro" - 1923)
Tra i molti casi, la pietà umana di Poirot permette ad alcuni criminali di farla franca come la contessa Vera Rossakoff, ma mai protegge gli omicidi ad eccezione del dramma di Assassinio sull'Orient Express ove la particolare natura degli omicidio pone Poirot per la prima e unica volta in condizioni di dover insabbiare la causa.
C'è molta confusione circa l'evento del ritiro a vita privata di Poirot. Gran parte dei casi risolti da Poirot coprono un arco temporale precedente al suo ritiro dalle scene con L'assassinio di Roger Ackroyd. Ad ogni modo anche all'interno del racconto, ove lo stesso Poirot commenta che si è ritirato in campagna per coltivare zucche, lascia intendere che il suo ritiro fosse già avvenuto all'epoca. Poirot risulta essersi già ritirato all'epoca di Tragedia in tre atti ma ripetutamente viene coinvolto nella risoluzione di nuovi casi. Agatha Christie non ha voluto una cronologia dettagliata per aprire sempre nuovi casi nella vita di Poirot e per dare l'impressione che le sue capacità ad ogni modo non si siano esaurite con un banale pensionamento. Ciò che è certo è che dopo il suo ritiro dalle scene, la fama di Poirot inizia a declinare al punto che il suo nome inizia a non essere più riconosciuto dai personaggi nei racconti, in particolare tra i più giovani:
« - Dovrei, però, Madame, le dirò qualcosa in più su di me. Io sono Hercule Poirot.
- Questa rivelazione lasciò Mrs Summerhayes senza reazione. - "Che nome grazioso," disse quella gentilmente. "Greco, non è vero?" » (Fermate il boia, capitolo 4)
Poirot sul finire della sua carriera trascorre la maggior parte del suo tempo libero a riflettere su famosi casi irrisolti dalla polizia e a leggere racconti polizieschi. Coglie anche l'occasione per scrivere un libro nel quale cita altri scrittori come Edgar Allan Poe e Wilkie Collins.
Poirot muore a seguito di complicazioni cardiovascolari alla fine del racconto Sipario che ha appunto per sottotitolo L'ultimo caso di Poirot. Questa morte improvvisa è dovuta al fatto che Poirot commette un omicidio, ovvero uccide un potenziale serial killer ma, non è il suo primo e unico "omicidio" in quanto alla fine del libro Sipario nelle memorie che Poirot lascia a Hastings si scopre che quando costui era poliziotto in Belgio uccise accidentalmente un ladro colto in flagranza di reato. L'azione crea a Poirot ormai anziano e malato, un senso di colpa che lo conduce alla morte. Sempre in Sipario si rivela che Poirot soffre di artrite. Le sue ultime parole sono "Cher ami!" rivolte al capitano Hastings. Poirot viene sepolto a Styles Court dove tutto aveva avuto inizio e lo stesso suo funerale viene organizzato dal fedele amico Hastings.(Gabry)
BALLIAMO!!!
Danza sportiva
La danza sportiva rappresenta la trasposizione del ballo, generalmente di coppia, da disciplina artistica in disciplina sportiva, con proprie regole, competizioni e gare agonistiche, il cui livello varia dall'amatoriale al professionistico suddiviso in varie classi. La Federazione Italiana Danza Sportiva, denominata "FIDS", è stata riconosciuta dal CONI e organizza lo sport in Italia, definendone le normative. Anche altri enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, come ad esempio il Centro Sportivo Italiano o la UISP, organizzano competizioni e scuole di questo sport, con regole affini a quelle emanate dalla FIDS.
Storia
Prima del 1997, le federazioni che trattavano la danza erano molteplici, agivano come federazioni ma in realtà erano associazioni iscritte ad enti di promozione sportiva. Ognuna aveva un proprio regolamento e statuto che poteva essere anche difforme l'uno dall'altro. Per poter avvicinarsi direttamente alla Danza Sportiva ed essere riconosciuti come FSN dal CONI il cammino era molto lungo. La prima cosa da fare era avere un solo interlocutore. Con varie difficoltà, modifiche di statuto, regolamenti, accorpamento in un'unica federazione ecc., l'attuale FIDS nel 1997, esattamente il 28 febbraio con delibera numero 919, venne riconosciuta tra le Discipline Associate. A tutti gli effetti ora la Danza era stata riconosciuta come sport. Per poter avere gli stessi diritti di altre discipline olimpiche, il percorso non era ancora terminato. Si diede atto ad una nuova ristrutturazione interna, come d'altronde già presente in altri sport, necessaria al riconoscimento a FSN Federazione Sportiva Nazionale. L'ingresso nel novero delle FSN avvenne il 26 giugno 2007.
Le danze internazionali (WDSF World Dance Sport Federation)
Standard
Le danze standard fanno parte delle danze internazionali. A questa disciplina appartengono i seguenti balli: Valzer Inglese, Tango, Valzer Viennese, Slow Fox e Quick Step. Nella danza sportiva italiana (ma anche in quella di altre nazioni), viene divisa in livelli e classi a seconda dell'esperienza maturata dalla coppia negli anni. A lettera più bassa corrisponde un livello di preparazione maggiore (es. classe A > di classe B3 ). La più alta classe ballabile è quella Internazionale (attualmente detta AS).
Latino americane
Le danze Latino americane fanno parte delle danze internazionali. A questa disciplina appartengono i seguenti balli: Samba, Chachacha, Rumba, Paso Doble e Jive. Nella danza sportiva italiana (ma anche in quella di altre nazioni), viene divisa in livelli e classi a seconda dell'esperienza maturata dalla coppia negli anni. A lettera più bassa corrisponde un livello di preparazione maggiore (es. classe A > di classe B3 ). La più alta classe ballabile è quella Internazionale ovvero AS.
Rock ‘n’ Roll
L'attività agonistica federale è votata al favorire il raggiungimento dei massimi livelli di alto agonismo, in attuazione delle regole Internazionali emanate dalla WRRC (World Rock'n Roll Confederation), di cui la FIDS è l'unico membro in rappresentanza dell'Italia.
La specialità rock'n ‘roll, già inclusa nel programma dei World Games, insieme al boogie woogie, rappresenta al meglio lo stile e la valenza sportiva dei balli compresi in questo settore federale. Per analogia fa parte della specialità danze jazz anche la disciplina mixing blues che, a livello internazionale, fa capo alla IDO (International Dance Organization)
Combinate
Combinata 4 danze
Agonismo di base: le coppie iscritte nell'agonismo di base (classe B) possono eseguire programmi con figure scelte tra quelle approvate dal settore tecnico per ciascuna classe.
La specialità prevede competizioni su quattro danze, due di danze standard e due di danze latino americane nell'ordine: valzer lento, tango, cha cha cha e jive. Non è consentito l'abbigliamento differente per lo svolgimento delle due specialità in quanto le quattro danze vengono danzate in un'unica fase di gara.
Combinata 8 danze
Agonismo di base: le coppie iscritte nell'Agonismo di Base (classe B) possono eseguire programmi con figure scelte tra quelle approvate dal Settore Tecnico per ciascuna classe.
La specialità prevede competizioni sulle 8 danze, quattro di danze standard e quattro di danze latino americane nell'ordine: valzer lento, tango, valzer viennese, quickstep, samba, cha cha cha, rumba, jive. È consentito l'abbigliamento differente per lo svolgimento delle due specialità in quanto le otto danze vengono eseguite in due fasi distinte.
Agonismo di base: le coppie iscritte nell'Agonismo di Base (classe B) possono eseguire programmi con figure scelte tra quelle approvate dal Settore Tecnico per ciascuna classe. La specialità prevede competizioni sulle 10 danze, cinque di danze standard e cinque di danze latino americane nell'ordine Valzer Lento, Tango, Valzer Viennese, Slow Foxtrot, Quickstep, Samba, Cha Cha Cha, Rumba, Paso Doble, Jive. È consentito l'abbigliamento differente per lo svolgimento delle due specialità in quanto le dieci danze vengono eseguite in due fasi distinte.
Agonismo e master: i programmi per tutte le classi dell'agonismo (classe A) e Master sono liberi, non sono cioè vincolati da una quantità limitata di figurazioni, ma devono comunque essere composti nel rispetto delle tecniche fondamentali di ciascuna danza. È sempre proibita l'esecuzione di "lift" (fatta eccezione per il Classic e South American Show Dance) intesa come figura nel corso della quale uno dei due atleti tiene contemporaneamente staccati dal suolo entrambi i piedi per più di mezza battuta, grazie al supporto del partner.
La suddivisione della classe in A2, A1 e AS non ha differenziazioni in termini di quantità di figurazioni e movimenti bensì in livelli differenti di preparazione e qualità tecnica.
La specialità prevede competizioni sulle dieci danze, cinque di danze standard e cinque di danze latino americane nell'ordine Valzer Lento, Tango, Valzer Viennese, Slow Foxtrot, Quickstep, Samba, Cha Cha Cha, Rumba, Paso Doble, Jive. Per la sola classe Master l'ordine delle danze latino americane è il seguente: Cha Cha Cha, Samba, Rumba, Paso Doble, Jive.
È consentito l'abbigliamento differente per lo svolgimento delle due specialità.
fonte :wikipedia(Lussy)
SALUTE E BENESSERE
Levico Terme
LE TERME DI LEVICO E VETRIOLO
terme di Vetriolo
Classificate tra le arsenicali-ferruginose, le acque che sgorgano dal Monte Fronte, in Valsugana, incanalate verso gli stabilimenti termali di Levico e Vetriolo, sono particolarmente indicate nella cura dei disturbi del sistema nervoso, tra i quali gli stati di ansia ma anche le affezioni delle vie respiratorie, le malattie reumatiche, le affezioni della tiroide, della pelle e le malattie ginecologiche.
Un po’ di storia
La scoperta della prima delle due fonti di acque termali nei pressi della località di Levico si deve ad alcuni minatori che, in epoca medievale, scavarono una galleria all’interno del Monte Fronte (1500 m. sopra il livello del mare). La cosiddetta Caverna del Vetriolo fu utilizzata in un primo tempo per estrarre il vetriolo verde dall’acqua scaturita dalla polla “forte” e solo più tardi per uso terapeutico; nel frattempo era stata scoperta una seconda polla, detta “debole” per via del più basso tasso di mineralizzazione, in una caverna sottostante (circa 100 metri più in basso) che fu chiamata Caverna dell’Orca.
Una prima testimonianza delle proprietà medicamentose delle acque la si rintraccia in uno scritto di Michelangelo Mariani datato 1673 e intitolato “Storia del Concilio di Trento”, ma la loro composizione così come una precisa descrizione dell’efficacia terapeutica sono attestate solo nel XVIII secolo da alcune relazioni mediche.
Le prime cure termali con le acque estratte dal Monte Fronte furono effettuate nella località di Vetriolo, un piccolo paese montano che si trovava però di una posizione disagevole, tanto che in seguito venne deciso di stabilire il centro termale nella più accessibile Levico. Che è stata oggetto, nel XIX secolo, di alterne vicende: un primo stabilimento aperto nel 1814, infatti, fu chiuso appena due anni dopo, a seguito delle ricerche di uno studioso di Pavia che ammonì circa la presenza di arsenico nell’acqua, ritenuta quindi pericolosa per la salute. Quando però l’affermazione venne smentita dall’accertamento dell’utilità, in campo terapeutico, dell’acqua arsenicale-ferruginosa, venne dato nuovo impulso al suo sfruttamento. Nel 1860, alcuni cittadini di Levico fondarono la “Società Balneare” e qualche anno dopo, nel 1897, la gestione dell’organizzazione termale fu affidata alla “Società Berlinese” che promosse la costruzione dello Stabilimento Nuovo (ora Grand Hotel delle Terme) e dello stabilimento per l’imbottigliamento delle acque. Il centro termale conobbe quindi un momento di grande splendore fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale e una crisi nell’immediato dopoguerra, dalla quale si risollevò solo quando nel 1930 il complesso diventò di proprietà del Demanio dello Stato che fece costruire un nuovo stabilimento tra le pinete di Pinete di Vetriolo. Si arriva quindi agli anni Settanta, quando la Regione Trentino Alto Adige, divenuta proprietaria delle Terme di Levico e Vetriolo, promosse una ampia opera di ristrutturazione dei vecchi edifici e la costruzione di un nuovo e moderno stabilimento termale, oggi proprietà della Provincia di Trento. Più recentemente è stato inaugurato anche un nuovo Palazzo Termale a Levico, in prossimità delle sorgenti delle acque.
Le acque termali
Delle due acque termali che sgorgano in fondo alle caverne scavate nel Monte Fronte, solo la cosiddetta “forte”, o anche “da bagno” viene utilizzata a scopo terapeutico, poiché le sue caratteristiche compositive vengono conservate a lungo, al contrario di quella “debole” le cui sostanze sono instabili. In base alla loro composizione chimico-fisica, le acque del Vetriolo sono classificate tra le arsenicali-ferruginose. Molte acide per via del contenuto elevato di ione solforico, le acque presentano anche altri oligoelementi come il rame, il manganese, il nichel, il cobalto e lo zinco che nel loro complesso contribuiscono all’azione biologica specifica e aspecifica, generale e locale, della cura termale.
La forte presenza di arsenico e ferro, componenti che agiscono sul sistema nervoso attraverso un meccanismo antiossidante, la rendono particolarmente efficace nella cura degli stati ansiosi e più in generale per le malattie nervose, nella pratica della balneoterapia. Oltre a ciò, la significativa presenza di ione solforico e fosforico conferisce loro una azione antinfiammatoria e antibatterica, utile per la cura delle affezioni infiammatorie attraverso la cura inalatoria. La fangoterapia, quindi, risulta utile per il trattamento di malattie reumatiche dell’apparato locomotore: artrosi primarie e secondarie, reumatismi neurodistrofici e psicosomatici, artriti reumatiche e psoriasica in fase quiescente, esiti di malattia reumatica, postumi di fratture. Esiti positivi anche nella soluzione delle affezioni della tiroide, della pelle, delle malattie ginecologiche e le malattie dell’infanzia, in particolare la diatesi essudativo-catarrale.
Lo stabilimento termale
Il palazzo delle Terme di Vetriolo si trova al centro della cittadina e si presenta moderno sotto il profilo architettonico, con ampie vetrate, scalinate, giardini e fontane. Al suo interno, gli ambulatori e circa 100 stanze ove praticare la terapia termale delle sue varie forme: balneoterapia, inalazioni, aerosol, fanghi, bagni ed irrigazioni vaginali. Presente anche un Centro di rieducazione funzionale-palestra, per il recupero mediante fisiochinesiterapia delle patologie muscolari ed osteo-articolari. Le terapie termali vengono praticate anche nel vicino Grand Hotel Imperial, ricavato da una antica residenza estiva della famiglia imperiale austriaca, finemente restaurato e dotato, oltre che di due piscine e una palestra, di un Centro Benessere ove si praticano anche trattamenti di bellezza del viso e del corpo, Per la sua posizione, a 1.500 metri di altitudine, lo stabilimento termale di Vetriolo è considerato tra i più alti d’Europa. Oggi si presenta completamente rinnovato pur mantenendo all’esterno le forme signorili che da sempre lo hanno caratterizzato; all’ingresso vi è posta una reception con bar annesso, all’esterno c’è un anfiteatro al centro di un giardino e all’interno presenta ampi spazi e apparecchiature moderne e funzionali. Presso lo stabilimento termale di Levico si praticano i bagni termali, le terapie inalatorie e la fisioterapia; la piscina è stata rinnovata recentemente e il palazzo dispone di un ampio solarium per la elioterapia.
Turismo nei dintorni
Levico Terme si trova a circa 20 chilometri da Trento ed è incastonata all’interno della Valsugana, ciò che la rende particolarmente interessante, oltre che agli utenti dei centri termali, agli appassionati di turismo naturalistico. Da vedere, nella cittadina, ci sono la Chiesa parrocchiale del Redentore, la Chiesetta di San Biagio, la Tomba Romana, la Madonna del Pezo e i Forti austriaci della Grande Guerra ma un soggiorno nella località termale non può prescindere da una escursione verso i laghi di Levico - lungo e incassato tra il Colle di Tenna e la Canzana – e Caldonazzo, ove si possono anche praticare attività come la vela e la canoa. Per gli amanti delle alte quote, è impedibile una gita all’Altopiano di Vezzena, 1500 metri, coperto di prati e di foreste di conifere. Al Passo di Vezzena sono visitabili numerosi forti austriaci, parte di una linea difensiva costruita dagli Austroungarici sugli altipiani qualche anno prima della guerra con l’Italia; nei pressi si possono tra l’altro ammirare i resti del forte austriaco Busa di Verle. Più in alto si trova il Forte di Cima Vezzena mentre altri forti si trovano sugli altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna assieme a cimiteri militari e ai i resti dell’ospedale militare. In inverno l'altopiano di Vezzena offre agli appassionati dello sci di fondo decine di chilometri di piste, collegate al Centro Fondo Millegrobbe ma per coloro che preferiscono lo sci alpino ci sono i vicini impianti di Malga Rivetta.
Un po’ ovunque, tra i ristoranti e le trattorie della Valsugana, si può apprezzare la grande tradizione gastronomica del luogo, cui sono parte integrante prodotti tipici e genuini come il radicchio rosso, il formaggio di malga e soprattutto la polenta, preparata con la celebre Farina della Valsugana.
foto:- masoalice.it
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... PARLIAMO DI ...
Verso le sponde collinose del Reno,verso i campi fertilissimi,
i prati che si specchiano nel fiume, le pianure adorne di vigneti,
possiate, con le ali del pensiero, accompagnare il fedele amico.
(Johann Wolfgang von Goethe)IL RENO
Il Reno, in tedesco Rhein, in francese Rhin, in neder-
landese Rijn, in romancio Rain, è, con 1 326 km, uno dei fiumi più lunghi d'Europa. Il suo nome deriva da una radice celtica, ma ancor prima indo-
europea, che significa "scorrere". L'origine indoeuropea del termine trova conferma nel Greco antico, in cui il verbo ῥέω (traslitterato rheō) ha proprio il suddetto significato. Assieme al Danubio, il Reno formava la maggior parte del confine settentrionale dell'Impero romano. Interessa il territorio di sei Stati: Svizzera, Liechtenstein, Austria, Germania, Francia, Paesi Bassi. Il principale ramo si sorgente, il Reno Anteriore, nasce nelle Alpi svizzere, dal San Gottardo, e si dirige verso NordEst, ricevendo poi da sinistra il Reno Posteriore, proveniente dal massiccio dell’Adula. Il fiume prosegue in direzione Nord, dapprima integralmente in territorio svizzero, poi segnando il confine tra Svizzera e Liechtenstein e tra Svizzera e Austria; entrato nel Lago di Costanza, ne riesce e prosegue in direzione Est-Ovet, formando le cascate di Laufen, alte 20 m, presso Sciaffusa. Ricevuto da sinistra l’affluente Aare e toccata Basilea, si dirige nuovamente verso Nord, scorrendo nella Fossa Renana. Successivamente, completamente in territorio tedesco, percorre un’ampia zona pianeggiante nella quale il suo letto si allarga progressivamente e riceve da destra il Neckar e quindi il Meno, suo massimo tributario. Prosegue poi, sempre verso Nord, in una valle incassata attraverso il Massiccio Scistoso Renano, ricevendo, da destra, le acque del Lahn e della Ruhr e, da sinistra, quelle della Mosella.
Oltrepassato il confine olandese, il Reno raggiunge la sua massima ampiezza, ma si divide poi in tre rami principali: il IJssel, il Waal e il Basso Reno. Da qui la situazione diventa più complicata, in quanto il nome "Reno" non coincide più con il corso principale. Gran parte dell'acqua del Reno scorre ancor più a ovest attraverso il Waal, il Nieuwe Waterweg e, unendosi alla Mosa, l'Hollands Diep e l'Haringvliet, fino a sfociare nel Mare del Nord. Il ramo dell'IJssel porta la sua parte d'acqua a nord nell'IJsselmeer, mentre il Basso Reno scorre ad ovest, parallelo al Waal.
Oltre Wijk bij Duurstede questo corso d'acqua cambia nome per diventare il Lek e scorre ad ovest per riunirsi al ramo principale nel Nieuwe Waterweg. Il nome "Reno" da qui in avanti viene usato solo per fiumi più piccoli che scorrono verso nord e che un tempo formavano l'ultimo tratto del Reno dell'epoca romana. Anche se mantengono il nome, questi ruscelli non portano acqua del Reno, ma vengono usati per drenare le terre e i polder circostanti. Da Wijk bij Duurstede, questi sono il Kromme Rijn ("Reno storto") e dopo Utrecht l'Oude Rijn ("Vecchio reno") che scorre attraverso Leida ed in un complesso di chiuse dove le sue acque possono essere scaricate nel Mare del Nord.
"Arranca faticosamente controcorrente la Wendelin II sotto il peso di duemila tonnellate di carbone. Dalla Ruhr sta risalendo il fiume ed è arrivata al ponte di Andernach. Dietro di lei, seguono altre imbarcazioni. Ognuna delle chiatte, con due sole persone a bordo, trasporta spesso l’equivalente di due treni merci o di cinquanta Tir. Sul Reno il traffico procede lento, ma regolare, come su un’autostrada liquida.
È laborioso Vater Rhein, padre Reno, che per 867 chilometri attraversa la Germania, da sud a nord. Ma per chi progetta una vacanza sono altre le sfaccettature del suo carattere da tener presenti: nel tratto che va da Magonza a Colonia, padre Reno può essere un insegnante di storia (inizierebbe ricordando che ai tempi di Diocleziano, i territori occupati dai Romani erano organizzati in due province: quella a sud aveva per capitale Magonza, quella a nord, Colonia). Ma è soprattutto un compagno di viaggio allegro, culturalmente stimolante, con tanta memoria e una gran voglia di raccontare. A Magonza Vater Rhein vi parlerebbe delle opere della fede, additandovi prima il duomo romanico di colore rossastro, poi accanto alla cattedrale il Museo Gutenberg, dove si può vedere come lavorasse Giovanni (1400-1468), il primo tipografo della storia dell’umanità, e ammirare – in una stanza blindata – le sue Bibbie. Ma vi parlerebbe anche di Marc Chagall e delle nove vetrate che il pittore creò per la chiesa di Santo Stefano, gravemente danneggiata durante l’ultima guerra. Storie del Nuovo e dell’Antico Testamento, sullo sfondo di straordinarie variazioni azzurre, un luminoso sogno di pace per il grande artista ebreo di origine russa. Nel maggio del 1985, quando le vetrate vennero inaugurate, Marc Chagall non c’era più, era scomparso il 28 marzo, alla bella età di 98 anni.
Ha un carattere mutevole, dicevamo, Vater Rhein. A Rüdesheim, un paesino circondato da vigneti, è tutto allegria e voglia di vivere. Nella Drossel-
gasse, lo stretto vicolo in cui il Riesling scorre a fiumi, si odono qua e là i cori tradizionali della convivialità teutonica. Qui popoli del Nord e del Sud, sacro e profano, hanno trovato nei secoli un punto d’incontro. Furono i Romani a introdurre la coltivazione della vite, i monaci cistercensi a estenderla. È una Germania quasi mediterranea questa, che ha come insegna un calice di vino. «Ma birra ne vendete qui?», chiediamo con qualche esitazione a Heinrich Breuer, proprietario di un albergoristorante e di 22 ettari di vigneti. «Ai miei clienti offro una scelta tra 300 vini diversi, alcuni rari e preziosi, ma di birra ne tengo una sola marca. E la faccio pagare cara», risponde con un sorriso malizioso.
A Rüdesheim, anche la musica è "spumeggiante" e insolita. Alla fine della Drosselgasse c’è il museo Siegfrieds Mechanisches Musikkabinett ("Gabinetto di musica meccanica di Sigfrido"). Siegfried Wendel è infatti un eccentrico appassionato di strumenti di riproduzione musicale (nonni e bisnonni dei juke-box), che con la loro stupefacente tecnologia "antica" hanno rallegrato le feste popolari. Capita di incontrarlo il signor Siegfried, riconoscibile dalla lunga barba bianca, mentre tiene d’occhio le guide che, vestite in sobri abiti settecenteschi, accompagnano i visitatori, spiegando il funzionamento degli strumenti e facendoli poi suonare. Sorprese e divertimento sono assicurati.
Dopo Rüdesheim, il paesaggio è quello cantato da poeti come Heine e Goethe, quello che ispirò le saghe dei Nibelunghi musicate da Wagner. In mezzo ai vigneti, ecco apparire qui un castello, là una rocca, talora in riva al fiume o su un’isola, come il Mäuseturm o la Pfalz. Vater Rhein nei secoli passati era esoso: le torri sull’acqua servivano a bloccare le imbarcazioni e a far pagare un dazio per proseguire, le fortezze in posizione elevata erano postazioni di vedetta.
Castelli tanti, una trentina, ponti nessuno, fino a Coblenza. Ma ci sono i traghetti. Sul Reno i mezzi di trasporto sono tutti presenti e validi: su entrambe le sponde, strada e ferrovia, possibilità di muoversi in bicicletta oppure – su bei sentieri in collina, tra vigneti e boschi – a piedi. Vi è anche una seggiovia, l’impianto che da Boppard, sulla riva sinistra, sale fino a uno dei più celebrati punti panoramici, dove Vater Rhein appare come un serpente pigro e sinuoso adagiato nel verde dei boschi.
Non vale la pena, invece, nono-
stante le remini-
scenze letterarie della famosa poesia di Heine, andare in auto in vetta alla Loreley. La roccia precipita per 182 metri a strapiombo sul fiume, che qui è stretto e profondo, e quindi un tempo pericoloso per la navigazione. Narra la leggenda che la fanciulla Loreley, con la sua bellezza e il suo canto, da lassù incantasse i marinai, che si distraevano e finivano tra i flutti.
Prima di arrivare a Coblenza, dove la Mosella si unisce al Reno, vi sono due castelli, entrambi perfettamente conservati. Il primo è quello di Marksburg, sulla riva destra, sopra il paese di Braubach. Risale al 1200 ed è l’unica fortezza sul Reno che non fu mai attaccata o assediata. I ponti levatoi, le grandi cucine, le sale d’armi, le prigioni, tutto congiura a farla immaginare abitata da cavalieri medievali. Sulla sponda sinistra, invece, ecco il castello di Stolzenfels. Sulle rovine di una fortezza, nel secolo scorso, il re di Prussia Federico Guglielmo IV fece costruire per sé e per la moglie quella che è considerata la più romantica rocca sul Reno.
Coblenza, uscita semidistrutta dall’ultima guerra, ha ricostruito amorevolmente i suoi palazzi e le sue case più belle. Dalla fortezza di Ehrenbreitstein, sulla riva destra del Reno, il panorama è spettacolare: in primo piano il Deutsches Eck (l’angolo tedesco), la punta della penisola che divide il Reno dalla Mosella. Una piccola deviazione su un altro affluente del Reno, la Lahn, e siamo a Bad Ems, una stazione termale in puro stile Belle Epoque, ricca di eleganti edifici neoclassici. Si può credere di essere capitati in un film ambientato tra l’alta borghesia d’inizio secolo...
Un altro film, drammatico questo, torna alla mente a Remagen. Il ponte di Remagen, girato nel 1969, protagonisti George Segal, Ben Gazzara e Robert Vaughn, ricostruisce un tragico episodio dell’ultima guerra. Nel 1945, dopo che i tedeschi avevano per due volte tentato di far saltare il ponte sul Reno, lungo ben 325 metri, le truppe alleate se ne impadronirono. Ma dieci giorni dopo, il 17 marzo, la possente struttura crollò, trascinando con sé ventotto soldati americani che stavano lavorando al suo rafforzamento. Le superstiti torri annerite, che ospitano il museo della pace, appaiono davvero come un monito all’assurdità della guerra.
Poche decine di chilometri e siamo a Bonn, «il bel posto dove vidi per la prima volta la luce del giorno», come scriveva Ludwig van Beethoven nel 1791. La sua casa natale, poco lontana dalla piazza del mercato e dal Rathaus barocco, conserva commoventi ricordi personali del grande musicista.
E infine l’ultima tappa: Colonia. Fu il 12 agosto 1248 che l’arcivescovo di Colonia, Konrad von Hochstaden, pose la prima pietra del duomo gotico che è diventato il simbolo della città. [..] Nella chiesa di Santa Maria in Lyskirchen, una vecchia scritta sopra il portale d’ingresso indica il livello raggiunto dalle acque durante l’inondazione del 28 febbraio 1784. Di fronte, sulla banchina del porto, il nuovissimo museo della cioccolata: il salone centrale, con le sue vetrate a tutta altezza, è come la prua di una nave che fende le acque.
(tratto da un articolo di Liliana Mapelli)(Gabry)
STRISCIA FUMETTO
MUSICAL
GIAN BURRASCA
libero adattamento da "Il Giornalino di Gian Burrasca"
di Giovanni Bertelli detto Vamba
testo e direzione artistica di Marco Daverio
con
STEFANO SIMMACO
ANGELA DEMATTE'
UMBERTO NOTO
PAOLA PAPADIA
CARLOTTA GARGIULO
FRANCESCA BORRELLI
GIANCARLO CAPITO
UMBERTO TERRUSO
ANDREA BUTERA
regia
Bruno Fornasari
scene GIULIANO SPINELLI
costumi IRENE MONTI
coreografie STEFANO BONTEMPI
luci VINICIO CHELI
musiche NINO ROTA
testi delle canzoni LINA WERTMULLER
Gian Burrasca! Il musical è uno spettacolo con tanta musica, canto, ballo e soprattutto tanto divertimento per grandi e piccini. Finalmente in un musical la storia del celebre monello Giannino Stoppani con le canzoni della famosa edizione televisiva interpretata da Rita Pavone tra cui "Viva la pappa col pomodoro". Un cast di giovani attori scatenati vi trascinerà in un due ore di risate e di emozionanti balletti. I testi delle canzoni sono di Lina Wertmuller e la partitura musicale è stata scritta da uno dei più grandi compositori italiani: Nino Rota, premio Oscar per la colonna sonora del film "Il Padrino". Un grande livello artistico per uno spettacolo che ha già ottenuto in tutta Italia un vasto successo di critica e di pubblico. Nelle melodie scritte per il Gian Burrasca televisivo e riprese nel musical con gli arrangiamenti del maestro Roberto Negri si possono trovare accenni a Gershwin e Weill, stili che spaziano dall' americanissimo swing all'esotica rumba sino ai più orecchiabili tanghi e valzer. Lo spettacolo è prodotto da Lorenzo Vitali. La direzione artistica è affidata a Marco Daverio che è anche l'autore dell'adattamento teatrale. Al loro fianco un gruppo di brillanti e motivati professionisti che hanno già dimostrato in diverse occasioni il proprio talento: Bruno Fornasari per la regia, Giuliano Spinelli per le scene, Irene Monti per i costumi, Stefano Bontempi per le coreografie, Vinicio Cheli per le luci. La supervisione artistica dell'allestimento è firmata da due dei più grossi nomi del teatro internazionale: Ezio Frigerio e Franca Squarciapino.
Atto I “L’ingiustizia”
Primo quadro: la festa. (salotto di casa Stoppani)
A casa Stoppani fervono i preparativi della festa per il venticinquesimo compleanno di Virginia. Mentre gli orchestrali accordano gli strumenti alcuni camerieri dispongono il buffet, i fiori, e portano i pacchi con i regali mettendo a dura prova la cameriera Caterina. I signori Stoppani, Ada e Virginia sono in apprensione per l’arrivo degli ospiti tra cui vi sarà anche l’ avvocato Maralli, un amico di famiglia impegnato nella politica e possibile futuro deputato. La signora Stoppani tuttavia non sembra gradire le idee politiche progressiste. Il giovane Giannino approfitta della distrazione dei genitori e cerca di prendere caramelle e dolci in quantità ma viene scoperto. Suona il campanello ma non sono i tanto attesi invitati. Si tratta della zia Bettina che porta un regalo alla nipote: una coperta fatta con le sue stesse mani. Virginia è delusa perché si aspettava un regalo più prezioso. E mentre la zia si allontana sfoga la propria delusione. Mentre Giannino ascolta quei commenti una nuova scampanellata annuncia l’arrivo degli ospiti: l’avvocato Maralli con il suo collega Mario Marri e l’amico Carlo Nelli. Vengono fatte le debite presentazioni e anche Giannino viene presentato come il più piccolo della famiglia ma anche il suo elemento più famoso. Come ricorda infatti il Nelli tutta Firenze racconta le birichinate di questo “enfant terribile”. Ma Giannino si giustifica rispondendo che non si sente colpevole per quelli che sono solo equivoci e incomprensioni degli adulti. Non vuole essere etichettato con quel soprannome che tanto detesta “Gian Burrasca”. Gli ospiti ridono e sembrano prendere in simpatia il ragazzo. In particolare l’avvocato Marri interviene in suo favore offrendosi come “difensore d’ufficio”. Calandosi già nei panni del deputato socialista esprime la propria solidarietà a tutti gli oppressi di qualsiasi età. Anche gli altri ospiti fanno battute sulla politica ma ad interrompere la discussione interviene il Signor Stoppani che invita i giovani ad aprire le danze non prima però che il Maralli abbia ricordato a Giannino l’importanza di dire sempre la verità.
La festa prosegue tra le danze. Giannino riesce finalmente a rubacchiare dei dolci e per mangiarli senza essere visto si nasconde dietro un divano. Virginia e l’avvocato Maralli ritornano nel salotto e pensando di essere soli si scambiano parole d’amore rivelando di essere segretamente fidanzati . La relazione è tenuta nascosta perché Virginia teme che la madre, cattolica osservante, possa opporsi al fidanzamento con un uomo politico esponente del partito socialista.
Sopraggiunge Ada, al corrente di tutto, e li avvisa che i genitori si stanno insospettendo per la loro assenza. Temendo di essere sorpresi, i due tornano alle danze non prima di essersi dichiarati di nuovo eterno amore. Giannino, uscito dal nascondiglio all’improvviso, spaventa Ada che lo prega di non dire nulla per il bene di sua sorella. E’ l’amore che fa questi scherzi e quando sarà grande capirà anche lui. Ada spera che prima o poi anche a lei capiti questa fortuna perché non vuole restare zitella come la zia. Giannino è felice per il fidanzamento di Virginia e soprattutto per la possibilità di avere come cognato un avvocato che difende gli oppressi. “Che sia la volta buona che qualcuno prenda le mie difese in famiglia ?” Decide di aiutare la coppia di fidanzati e così quando sopraggiunge la zia Bettina le suggerisce, se vuole fare cosa gradita a Virginia, di riprendersi quella brutta coperta e regalarle invece un bel corredo di nozze così in casa smetteranno di dire che è una vecchia avara ed egoista. ”E’ questo che pensano di me le tue sorelle ?” Indignata la zia se ne và facendo una scenata. Il Signor Stoppani le chiede ragione di questo comportamento ma lei risponde che “Gli è la voce dell’innocenza che dice la verità in questa casa…!”. Già, “Innocenza ? Ma quale innocenza !”. Il signor Stoppani intuisce che è Giannino la causa di tutto e cerca di acchiapparlo per tirargli due scapaccioni ma è fermato dalla moglie e dagli ospiti, primo fra tutti l’avvocato Maralli che invita il ragazzo a spiegarsi: “Racconta Giannino… cosa hai detto alla zia ? … non aver paura… sarà stata l’ingenuità delle parole di un ragazzo… dì tutta la verità che penserò io a difenderti…”. Il ragazzo spaventato ammette di aver detto alla zia di riprendersi quel regalo tanto criticato e farne uno più gradito visto che presto ci sarebbero state delle nozze in famiglia. Il Maralli impallidisce. “Nozze in famiglia ? Ma quali nozze?”. Giannino rivela il fidanzamento segreto tra Virginia e il Maralli “Glielo dica avvocato che non sono un bugiardo, non mi sono inventato tutto… dica la verità … lei che è socialista difenda un povero ragazzo infelice..” Ma il Maralli è fuori di sé e cerca di zittire Giannino. Per mettere fine a questa scena imbarazzante Virginia ammette il fidanzamento. Tra lo sgomento generale la signora Stoppani sviene. La festa è finita. Gli invitati si congedano e così il Maralli che vorrebbe restare con Virginia ma è portato via dal Marri. Il signor Stoppani manda a letto Giannino che ha già fatto abbastanza guai e rimasto solo con la moglie e Virginia intavola un’ infervorata discussione familiare sul matrimonio, la chiesa e i socialisti.
Secondo quadro: la scuola. (l’interno di un’aula scolastica)
In classe Giannino e gli altri allievi attendono l’arrivo dell’insegnante ridendo, scherzando e tirandosi palle di carta. Gigi Balestra, compagno di classe di Giannino, fa uno scherzo ad un altro alunno scrivendogli sul colletto inamidato “Tutti fermi, tutti zitti che se vi vede Muscolo siete tutti fritti !”. Entra l’insegnante che viene appunto soprannominato Muscolo e si accorge della burla. Controllando le boccette d’inchiostro dei ragazzini scopre che è stato il Balestra a compiere il misfatto. “ Ma bravo Balestra, complimenti….questa è l’ultima che combina ! Ora il collegio non glielo leva nessuno…Lo sapeva che alla prossima sarebbe finito in collegio… così vuole suo padre…”. Il ragazzo piange e Giannino commosso decide di salvare l’amico assumendosi la colpa: “Sono stato io signor maestro… quel boccettino d’inchiostro è mio, non del Balestra…”. Muscolo gli crede: “Ah, lo Stoppani… figurarsi se non c’era lei dietro questa mascalzonata… C’è giusto suo padre qui fuori che è venuto a chiedere un permesso per il matrimonio di sua sorella… ora la vedremo come si mette…”. Esce. Balestra chiede a Giannino come mai l’ha fatto e lui gli risponde “ Per un amico questo e altro..” Rientra Muscolo con il sig. Stoppani che rimprovera severamente il figlio. L’insegnante suggerisce di chiudere Giannino in collegio fino alla fine dell’anno scolastico ma per il sig. Stoppani del collegio non se ne parla, almeno per ora, perché come spiega egli stesso “Domani la mi figlia Virginia la si sposa. E allora, che vvole, darei troppo dispiacere alla mi signora in questo giorno di festa.. E poi , vede, si tratta di un matrimonio moderno, in linea coi tempi e il progresso.. un matrimonio civile insomma ! Sa’, la sposa un politico… un futuro deputato… un socialista…”.
Terzo quadro: il matrimonio. (salotto di casa Stoppani)
Il giorno del matrimonio di Virginia a casa Stoppani ci si alza prestissimo. Infatti già alle prime luci dell’alba una stanchissima Caterina tra gli sbadigli comincia a preparare la casa. Con fare molto misterioso e preoccupatissimi che il vicinato non senta né veda nulla il signore e la signora Stoppani verificano che tutto sia preparato a dovere. Sono anche preoccupati per la condotta di Giannino e discutono sulla decisione di mandarlo in collegio. Arriva la sposa con la sorella Ada provocando la commozione dei genitori ed in particolare della mamma. Suona il campanello. Sarà lo sposo ? Macchè ! E sempre la solita zia Bettina che arriva in anticipo. Ha perdonato la nipote per quanto successo alla festa e le ha portato in dote i tanto sospirati gioielli. E’ solo preoccupata per questo strano modo di sposarsi all’alba. E’ Ada a svelare l’arcano spiegando che si è dovuto raggiungere un compromesso tra le ragioni politiche dello sposo e la fede religiosa della madre della sposa: alle 8 del mattino matrimonio rigorosamente segreto in chiesa; alle 12 invece funzione civile ufficiale in comune. Suonano di nuovo. Questa volta è Maralli con il Marri. L’ avvocato è tesissimo per paura che la questione del matrimonio religioso venga scoperta dai suoi avversari politici. Si sentono dei rumori. Maralli è sconvolto e sospetta si tratti di spie o giornalisti. Invece è Giannino che ha sentito dei rumori ed è sceso ad indagare. “Ci mancavo solo lui!” sbotta il Maralli. Ma Virginia lo tranquillizza ricordando che se non fosse stato per lui non si sarebbero mai dichiarati. Ma l’avvocato è duramente provato dalla campagna stampa del quotidiano l’Unione Nazionale (la lettura preferita dalla signora Stoppani) di fede politica opposta che lo ha definito “un uomo privo di timor d’Iddio” per screditarlo agli occhi dei suoi elettori. Per questo è così nervoso. Comunque tutti raccomandano a Giannino di fare il bravo nell’interesse della carriera del suo futuro cognato. Il padre promette come regalo una bicicletta se si saprà comportare da adulto. I familiari vanno in chiesa e lasciano solo Giannino che non vede l’ora di poter avere la tanto sospirata bicicletta. Per festeggiare il matrimonio aveva comprato dei fuochi artificiali ma forse è il caso di lasciare perdere e così li nasconde nel caminetto del salotto. Caterina fa entrare un signore che deve ritirare le partecipazioni del matrimonio per pubblicarle su di un giornale. Si tratta proprio dell’Unione Nazionale dove la signora Stoppani ha deciso di pubblicare un’inserzione per congratularsi con gli sposi. Giannino rimprovera duramente il giornalista, accusando il giornale di essere bugiardo e di pubblicare notizie sull’avvocato Maralli che non corrispondono a verità. “L’avvocato gli è un brav’uomo. E’ il vostro giornalaccio scrive che non gli è timorato d’iddio. Dovete pubblicare una rettifica… gli è tanto timorato d’iddio che stamane sposa mia sorella davanti all’altare di S. Francesco al monte…”. Al giornalista non pare vero di avere questa notizia e rassicura Giannino: “Non si preoccupi che la faremo subito la rettifica… oggi stesso !”. Giannino è convinto di aver reso un servizio al Maralli e va in camera a cambiarsi. Tornati dal matrimonio religioso gli Stoppani si apprestano a ricevere gli ospiti di quello civile ma nessuno si presenta nonostante siano quasi le dodici. Suonano alla porta ma è un fattorino. Tutti sono perplessi.. non capiscono. Suonano ancora e questa volta è il Carlo Nelli che arriva trafelato con la copia dell’edizione straordinaria dell’Unione Nazionale che intitola: “L’avvocato Maralli, libero pensatore in città e bigotto in campagna !”. Ecco perché non arriva nessuno, spiega il Nelli: sono ancora tutti in piazza a leggere il giornale e a ridere a crepapelle. “Sono rovinato !” Esclama il Maralli. “La mia carriera politica è finita !”Ma chi, chi può essere stato a dare la notizia ? Qualche spia, sicuramente, una congiura…”. Ma arriva Giannino che candidamente racconta di aver provveduto a smentire le falsità pubblicate da quel giornale per riparare un’ingiustizia e fare un favore alla carriera politica del cognato. E’ troppo. Arrivano finalmente gli invitati ridendo e sventolando una copia del giornale. Giannino questa volta l’ha fatta veramente grossa. Ormai il collegio non glielo leva nessuno
ATTO II “I ribelli”
Primo quadro: il collegio. (camerata del collegio Pierpaolo Pierpaoli)
Giannino è in collegio. Mentre tutti gli altri ragazzi dormono non riesce a prendere sonno perché sente nostalgia di casa. La sveglia viene data in modo brusco e autoritario dalla coppia che dirige l’istituto, il sig. Stanislao e la sig.ra Geltrude. Controvoglia i ragazzi si alzano e cominciano a sbrigare le incombenze quotidiane seguendo le ferree disposizioni della direttrice che presenta ai ragazzi un nuovo arrivato. E’ Gigi Balestra che ne ha combinata un’altra delle sue e questa volta è finito in collegio sul serio. Giannino lo accoglie calorosamente e appena i ragazzi restano soli lo presenta agli altri compagni e lo mette al corrente di come funzionano le cose nel collegio: “Sono qui per un’ingiustizia, perché ho voluto difendere mio cognato avvocato... Questo collegio e’ come un carcere…. Il signor Stanislao ha un’aria militare ma non conta nulla… chi comanda è la Signora Geltrude che per risparmiare ci dà da mangiare solo minestra di riso… Niente spaghetti con le acciughe o pappa col pomodoro…”. Giannino ricorda a Gigi quello che avevano letto a scuola sulla carboneria e Silvio Pellico, paragonando gli Austriaci alla coppia che dirige l’Istituto. Spiega anche che seguendo l’esempio dei grandi patrioti italiani i collegiali hanno costituito una società segreta “Tutti per uno, uno per tutti” capeggiata da Tito Barozzo. Gigi aderisce con entusiasmo alla società giurando di non tradire mai i suoi compagni e per dimostrare la sua sincerità tira fuori da uno scomparto nascosto del suo bagaglio due sigari toscani che aveva preso di nascosto al padre e li offre ai ragazzi più grandi. Questi li accettano e cominciano a fumare mentre Barozzo li lo mette al corrente del piano di versare petrolio sulla riserva di riso nella dispensa per costringere i cuochi a cucinare finalmente una nuova pietanza.
Entra improvvisamente il signor Stanislao e i fumatori scappano. Restano solo Giannino e Gigi. Interrogati non fanno i nomi dei compagni perché “Cosa vuole, con tutto quel fumo non siamo riusciti a vedere nulla…”. Per punizione dovranno restare in camerata a rifare i letti. A malavoglia Giannino e Gigi obbediscono ma decidono di fuggire dal collegio la sera stessa. Gigi ha notato dove il bidello ripone le chiavi dell’auto e si ripromette di sottrargliele. Giannino trova ottima l’idea. In auto potranno raggiungere Firenze più velocemente. Basta con i collegi, le regole, le punizioni ! Con un pezzo di carbone scrive sul muro “Abbasso i tiranni” . La direttrice e il direttore scoprono la scritta e i sospetti del sig. Stanislao cadono sul Barozzo mentre la sig.ra Geltrude intuisce le responsabilità dello Stoppani: “Tu sei un imbecille… non capisci nulla ! Gli è lo Stoppani la causa di tutto, non il Barozzo…”. All’ora di cena mentre i ragazzi preparano la tavola il Barozzo ringrazia Giannino e Balestra per non aver fatto la spia e li informa che la società segreta è riuscita a mettere a segno un nuovo colpo: i sacchi di riso nella dispensa sono stati innaffiati col petrolio simulando un incidente. In questo modo per cena non si avrà più l’odiata minestra di riso. La direttrice annuncia che il menù ha subito una variazione: pappa al pomodoro al posto di minestra di riso. I ragazzi sono entusiasti: “Viva la pappa col pomodoro, viva le società segrete, viva l’ Italia ! “.
La Signora Geltrude manda i ragazzi a letto e Gigi e Giannino si preparano alla fuga. Escono dalla camerata e si apprestano a raggiungere furtivamente l’automobile in giardino. Passando davanti all’ufficio della direzione però sentono dei rumori e temendo di essere scoperti si nascondono. Sono la Signora Geltrude, Stanislao e il bidello che con fare circospetto incedono tenendo un lume in mano verso il dipinto del fondatore del collegio, il defunto zio della sig.ra Geltrude, prof. Pierpaolo Pierpaoli. Gigi e Giannino scoprono con grande stupore che i tre sono segretamente dediti allo spiritismo e si accingono a fare un’ennesima seduta spiritica per evocare lo spirito del defunto. Giannino non sa resistere all’idea di fare una nuova burla e nascondendosi dietro il quadro camuffa la voce per trarre in inganno il terzetto facendogli credere di essersi messi in contatto medianico con lo zio. Gigi sveglia gli altri ragazzi che usando le lenzuola partecipano alla burla recitando la parte degli spiriti inviati dal fondatore del collegio per punire la nipote ed il marito per la cattiva conduzione dell’Istituto.
I collegiali si vendicano con questo scherzo dei torti subiti. Giannino e Gigi salutano il Barozzo e tutti i membri della società segreta giurandosi eterna amicizia. Escono e mentre i ragazzi tornano a letto si sente fuori scena il rumore di un’auto messa in moto che si allontana ma dopo pochi istanti frena e si schianta.
Secondo quadro: a casa. (salotto di casa Stoppani)
Giannino è coricato sul divano di casa. Nella stanza si muovono con agitazione la mamma, il papà, le sorelle ed il cognato. Sono tutti felici perché Giannino si è ripreso dall’incidente ed è il primo giorno che lascia la sua stanza dopo una lunga convalescenza. “Mai più in collegio… giuro che nessuno lo manderà più via da questa casa….” si ripromette la sig.ra Stoppani. I familiari riprendono le solite discussioni ma vengono interrotti da una visita per Giannino . Si tratta di Gigi Balestra che è stato meno fortunato: è rimasto zoppo a causa dell’incidente e dovrà portare le stampelle per tutta la vita. Giannino abbraccia l’amico piangendo. Tutti si commuovono con lui e poi escono per accompagnare il Balestra. Restato solo con la mamma Giannino le confida di aver provato una stretta al cuore vedendo il suo amico così ridotto. Ha capito a quali terribile conseguenze possono portare certe birichinate e che gli adulti se a volte sono così severi lo fanno per il suo bene. Ora non farà più tutti quegli scherzi e cercherà di essere più responsabile. Commosso abbraccia la madre con affetto. Tornano i familiari con altri visitatori. Sono i ragazzi del collegio giunti a far visita a Giannino. Barozzo racconta che dopo la storia della seduta spiritica le cose sono cambiate decisamente in meglio: “Pappa col pomodoro un giorno sì e uno no! E se ci provano a darci ancora riso in brodo basta dire … batti un colpo se ci sei… e la direttrice diventa tutta rossa e corre a nascondersi nell’ufficio…” Giannino ride e conviene che in fondo l’esperienza del collegio gli è servita: si è fatto nuovi amici e sente di essere cresciuto. Al signor Stoppani quelle parole non sembrano vere. Decide di immortalare il momento con una foto di gruppo e siccome fa freddo, preoccupato per la salute di Giannino accende il caminetto. Mentre tutti stanno posando in attesa dello scatto si odono degli scoppi. “Una bomba degli anarchici ? “ si chiede l’avvocato Maralli. No, sono solo i fuochi artificiali che Giannino aveva comprato per il matrimonio di Virginia e dimenticato nel caminetto. L’ennesimo burla anche se involontaria di Giannino Stoppani detto Gian Burrasca
Video !(Lussy)
... LA NATURA SULL'ISOLA ...
L'AGNOCASTO
L'Agnocasto è un arbusto della famiglia delle Verbenacee, diffuso nelle regioni umide mediter-
ranee. Vitex agnus castus L. è il nome latino della pianta. Nomi volgari della droga assai diffusi in Italia sono Pepe falso (poiché i frutti maturi ed essiccati sono simili al Pepe Nero) o Pepe dei monaci. La droga è anche conosciuta internazionalmente come Chasteberry, Chaste tree, Monk’s pepper. Il suo nome deriva dalla particolare flessibilità dei suoi rami con i quali si era soliti legare i tronchi tra di loro per la realizzazione di palizzate o per la fabbricazione di panieri e cestini in generale.
Altri sono legno casto, vitica, tremexie, malvavisco, peverar veteca, legani sbringhio marino, canapazzo, tramalice, ligara, laniu, lacanu, sammucu de arriu. In inglese lo chiamano chaste tree, in francese gattilier, in tedesco mullen, in spagnolo agnocasto. L’agnocasto spontaneo predilige zone come sterpeti o dune, ai margini delle strade, ma in special modo lungo i corsi d’acqua o dove il terreno rimane per la maggior parte del tempo fresco e umido.
È diffuso in tutta l’Europa, senza distinzione, dalla pianura alla montagna. Rustico e resistente alla salsedine. Viene utilizzato spesso nei progetti di riqualificazione dei terreni degradati, proprio perché cresce senza problemi in substrati poveri dal punto di vista nutritivo, ma sufficientemente drenati.
E' un piccolo albero o grande arbusto a foglie caduche, originario dell’Europa e dell’Asia. Gli esemplari adulti raggiungono anche i 3-4 metri di altezza. Ha fusti sottili, ben ramificati, spesso rivolti verso l’alto, talvolta arcuati; il fogliame ricorda la cannabis con foglioline lanceolate, rugose, di colore verde scuro o verde grigiastro; sono opposte e caduche, lungamente picciolate e fortemente palmate. In primavera inoltrata all’apice dei nuovi rami sbocciano numerosi piccoli fiori, riuniti in pannocchie, di colore blu cielo; la fioritura continua sporadicamente fino ai freddi autunnali. Ai fiori seguono piccoli frutti tondeggianti, leggermente carnosi, che contengono alcuni semi sferici, di colore scuro. Il frutto è una drupa globosa e carnosa, di colore nero a maturità. Il seme è un nocciolo quadriloculare.
Il fogliame dell’ agnocasto è molto aromatico, ed anche i fiori sono profumati ed attirano le farfalle e le api che producono un ottimo miele. Esistono varietà dai fiori di colore bianco, lilla o porpora, anche se generalmente le varietà più coltivate hanno fiori azzurri.
Questa pianta era conosciuta fin dall'antichità come pianta officinale e medicinale ed la si trova menzionata nelle opere scientifiche di Plinio il Vecchio, e ancora prima dai greci Dioscoride, Teofrasto ed Ippocrate. Quest'ultimo ne proponeva l'impiego per sanare infiammazioni ed ingrossamento della milza, mentre con un macerato di foglie curava emorragie e postumi del parto. Dioscoride invece riteneva aiutasse la guarigione dai morsi degli animali selvatici, dalle infiammazioni alla milza, dall'idropisia e dalle malattie dell'utero. Era la pianta delle sacerdotesse consacrate a Cerere, dea della fertilità. Per questo le donne del tempo era solite adornare la propria camera matrimoniale con i suoi frutti o fiori per propiziare una eventuale concepimento.
Gli inglesi ritenevano che l'assunzione di questa pianta sopprimesse gli ardori sessuali nelle donne che ne facessero uso, tanto da chiamare la pianta 'Chaste Tree' (albero casto). Il suo nome: agnus (agnello) e castus (casto)deriva dal fatto che veniva piantato intorno ai monasteri, ai conventi e ai luoghi di culto come simbolo di purezza. I frati preparavano con le sue foglie l’aqua castitatis. Si narra, infatti, che questa pianta fosse considerata dagli antichi greci “utile per quelli che fanno voto di castità”. Anche la Chiesa pensava che mettere parti di questa pianta nelle tasche dei monaci potesse diminuire i turbamenti sessuali legati al voto di castità. I fiori venivano legati al saio e i frutti erano usati come condimento delle insalate, da qui è nato il sopranome di pepe dei monaci.
Negli anni ’30, grazie agli studi scientifici moderni, si è scoperto che ha solamente effetti sulle donne, mentre non si riscontra alcuna azione specifica negli individui di sesso maschile.
(www.vecchiaerboristeria.it, www.giardinaggio.it)(Gabry)
POESIE DI STAGIONE
Ottobre
OTTOBRE
Sdraiato sulla terra, là presente.
l'infinito paese castigliano,
che l'autunno awolgeva nell'arcano
dorato del suo sole all'occidente.
Lento, l'aratro, parallelamente
la zolla apriva, e il seme con la mano
aperta nelle viscere il villano
gettava della terra, onestamente.
Pensai strapparmi il cuore, e là gettarlo,
pieno del suo soffrire alto e profondo,
del tenero terreno nel calore,
per vedere se, infranto, a seminarIo,
la primavera di svelasse al mondo
l'albero puro dell'etèrno amore.(Juan Ramòn Jiménez)
... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...
... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...
(La redazione)
Frozen Planet © Jason Roberts/BBC
Le lacrime sono lo sciogliersi del ghiaccio dell'anima.
E a chi piange, tutti gli angeli sono vicini.
(Hermann Hesse, Una sequenza di sogni, 1916). -
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grazie capitano!!! buon inizio settimana a tutti!!!!
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BUON LUNEDI' CLAUDIO
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Buon Martedì, un abbraccio a tutti.
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tomiva57.
User deleted
buon pomeriggio a tutti !!! . -
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Buon pomeriggio a tutti
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Buon Mercoledì, un abbraccio a tutti.
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zara67.
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Buona giornata e buon pranzo un abbraccio . -
tomiva57.
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gheagabry.
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BUONANOTTE
ill catia chien. -
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Buon Giovedì, un abbraccio a tutti.
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Ciao Claudio, grazie amico mio
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gheagabry.
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Buona serata!
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gheagabry.
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BUONANOTTE A TUTTI
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