DONNE...CONTROCORRENTE

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  1. gheagabry
     
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    CORNELIA
    madre dei GRACCHI




    A Roma le donne, intelligenti e brillanti, ricevevano una solida educazione poi, oltre a badare alle loro famiglie, erano in grado di sostenere interessanti conversazioni con coloro con cui venivano a contatto. Insomma le Romane non erano il genere di gentili sempliciotte che uno sposava per avere figli: esse invece vivevano alla pari con i loro mariti e furono per essi ottime socie.
    Così nella classe alta del mondo romano ci furono donne eccezionali e alcune furono delle vere e proprie intellettuali. Tra queste si cita Cornelia la madre dei Gracchi, figlia di Scipione l’Africano che lo sconfisse a Zama e suocera di Scipione l’Emiliano che distrusse Cartagine. Cornelia non era soltanto molto colta , ma anche estremamente intelligente ed affascinante. Sia Plutarco che Orosio e Velleio Patercolo sottolineano il suo grande amore per le belle lettere ed è da loro che apprendiamo che non soltanto ella aveva molto letto le opere greche, ma che parlava un latino perfetto e scriveva talmente bene che ancora all’epoca di Cicerone le sue epistole erano considerate modelli di composizione, e di lei Cicerone scrive
    “Leggiamo le lettere di Cornelia la madre dei Gracchi e da queste vediamo che i suoi figli non furono tanto creati dal grembo materno, quanto dalla sua dottrina”
    E certamente Cornelia fu una notevole e importante donna e, quando, dopo la morte dei figli si ritirò a Miseno, essa regolarmente si intratteneva con intellettuali e scrittori greci e spesso riceveva importanti doni dai re, alleati di Roma che con questi volevano dimostrarle la loro ammirazione. Uno di essi, Tolomeo Euergete, la chiese addirittura in sposa. Ella avrebbe potuto farlo e non soltanto sarebbe divenuta regina, ma, raffinata intellettuale, avrebbe potuto vivere ad Alessandria che allora era il centro di ogni cultura, comunque non lo fece e gentilmente rifiutò. Dopo la morte del marito, Tiberio Gracco, essa non aveva mai voluto risposarsi.
    Nel I secolo a,C. ci fu poi un’altra Cornelia, la quinta ed ultima moglie di Pompeo Magno, una donna molto più giovane di lui. Essa era figlia di Metello Scipione, console nel 52 e in prime nozze era stata sposata con Publio il figlio di Crasso che nel 53 morì in battaglia assieme al padre. Cornelia sposò Pompeo che nel 54, due anni prima, aveva perso la sua amatissima quarta moglie, Giulia figlia di Cesare. Di Cornelia Plutarco scrive:
    “ La sua giovinezza non era la sua sola attrattiva. Essa era molto colta e suonava perfettamente la cetra con la quale accompagnava il suo canto; era anche molto versata in matematica e poteva dibattere qualsiasi discussione filosofica. Nello stesso tempo in lei non vi era niente di antipatico o di presuntuoso come spesso capita con questo genere di donne sofisticate e intellettuali.”
    ( Eugenia Salza Prina Ricotti)




    La poca prudenza degli uomini comincia una cosa che,
    per sapere allora di buono,
    non si accorge del veleno che vi è sotto.
    (Niccolò Machiavelli, Il Principe, 1513)



    LOCUSTA


    Nel I secolo d. C. Roma era una città pericolosa in cui vivere: omicidi sono all’ordine del giorno. In questo clima di violenza, per quasi un ventennio, una donna uccide alla luce del sole con il tacito assenso dell’aristocrazia e delle più alte cariche pubbliche. Si chiama Locusta. Locusta nasce orfana nella Gallia romana, non si sa quando, dove o con quale nome reale. Allevata da dei contadini, emarginata dai coetanei a causa del suo essere sprovvista di genitori reali, passa le giornate nei boschi annoverando e assaggiando piante, bacche, funghi e frutti di ogni tipo, da cui il suo soprannome. Viene morsa e avvelenata da ogni genere di animale e pianta possibile, tanto da venire recuperata un paio di volte in fin di vita. Sopravvive sempre, spesso curandosi da sola con impacchi, unguenti e intrugli autoconfezionati, per cui si fa una fama di immortale. Per alcuni, di strega. Appena è più grande diventa ragazza di bottega dell’erborista. Per qualche anno va tutto bene, poi la gente inizia a notare che a differenza di tutte le altre fattorie, gli incidenti campestri in quella dei suoi tutori sono rarissimi. Le talpe e i cinghiali non gli mangiano l’orto, le volpi non attaccano il pollaio, i lupi lasciano stare le pecore.Si trasferì adolescente a Roma probabilmente durante il governo di Claudi A diciotto anni la botteghina di Locusta era una minuscola casetta sul colle Palatino. In facciata promette prodotti per la cura del corpo e rimedi per la salute. Sottobanco fornisce rimedi definitivi, vendeva veleni ed elisir di ogni tipo; aveva una buona conoscenza sulla farmacologia ed era molto popolare come un’avvelenatrice professionista. Il suo elemento naturale è l’arsenico e i suoi derivati, ma funghi velenosi, cicuta, gisquiamo e piante tossiche sono dominati con una tale maestria da rendere ogni decesso impeccabile. Un veleno di Locusta è invisibile, inodore, facilmente solubile, irrintracciabile e può agire subito come dopo 48 ore. Può essere doloroso o indolore, letale o inabilitante. Bastava chiedere.. e presto in città, la sua fama e il suo patrimonio crescono: parenti impazienti di accaparrarsi una cospicua eredità, uomini politici senza scrupoli, benestanti matrone desiderose di liberarsi dei propri mariti e persino dei membri della famiglia reale si avvalgono della sua mano. Più volte arrestata e condannata a morte, la donna riuscì sempre a salvarsi grazie al provvidenziale intervento dei suoi protettori. Tra questi vi era anche l’imperatrice Agrippina, quarta moglie di Claudio: assetata di potere, nel 54 la sovrana fece uscire di prigione la famigerata Locusta e le affida il delicato compito di togliere di mezzo il marito, così da garantire la successine del figlio Nerone. L’Imperatrice ebbe a incontrarsi segretamente con Locusta, dopo che un’amica le disse dell’esistenza di tale donna, per discutere il modo con cui uccidere Claudio. La donna, non batté ciglio, oramai, non aveva più niente da perdere. Il giorno dopo consegnò una scatola piena di polvere bianca all’Imperatrice. Le garantì che sarebbe stato sufficiente metterne una piccola dose nel cibo della persona che voleva uccidere, e che quest’ultima sarebbe spirata nell’arco di mezza giornata. Sapendo che la vittima era molto amante dei funghi, preparò un miscuglio simile ai miceti, ma mortale. Così l'imperatore ingerì il veleno per ben due volte. Infatti, come se non fosse abbastanza, Locusta le somministrò anche della coloquintide, un’erba, che accelera gli effetti del veleno, e impregnò con la stessa la piuma con la quale l'imperatore era solito farsi venire lo stimolo del vomito quando aveva mangiato troppo. Il 12 ottobre 54, dopo aver fatto bere molto vino al marito, Agrippina personalmente gli servì il piatto coi funghi. Mentre mangiavano, incoraggiò Claudio a testare quello più grande. Fiducioso si avventò su di esso. Dopo sei ore dall’ingestione iniziò ad agonizzare, andando in coma e morendo poco dopo. Per tutto il tempo Agrippina non smise un attimo di preoccuparsi del marito, interessandosi alle motivazioni dell’agonia di Claudio.

    Tornata alla sua attività di avvelenatrice per conto privati, Locusta viene di nuovo arrestata. E’ il giovane Nerone, questa volta a farla scagionare, assoldandola per eliminare un pericoloso pretendente alla corona, il fratellastro quattordicenne Britannico. Nell’anno 55, durante un banchetto, Britannico ingerisce una bevanda in cui Locusta ha aggiunto uno dei suoi filtri; eppure, il giovane principe non muore: la miscela letale non funzionò. Magnanimo Nerone le concesse un’altra possibilità. Locusta questa volta fa centro: mentre è a cena, Britannico beve un bicchiere di vino miscelato con acqua avvelenata e, colto da convulsioni, spira all’istante. Il suo corpo, fu bruciato e sotterrato a Campo di Marte, senza pompa magna e senza dissimulare la fretta di quell’azione. Dione e Tacito diranno nei loro scritti che “in quel momento una pioggia violenta cadde evidenziando la furia degli dei”.

    Dopo la morte fatta passare per un fatale attacco di epilessia, Nerone la riempie di regali, come scrive lo storico Sventonio ricordando che ”in premio per l’opera compiuta, concesse a Locusta l’impunità, dei vasti poderi e persino dei discepoli”. Accolta a corte, alla donna viene concesso di aprire una vera e propria scuola, nella quale insegnare come distinguere le erbe mortali e miscelare gli ingredienti per preparare una pozione. I veleni, prima di essere messi in commercio, vengono sperimentati su animale, schiavi e criminali. Questa macabra scuola, che forma silenziosi professionisti molto richiesti dalla classe dirigente, gode dell’incondizionato favore di Nerone. Tacito dirà che “l'imperatore era così affezionato a lei, che per paura di perderla, metterà vicino alla sua casa degli uomini che la sorveglieranno affinché non le succeda niente”. Quando però il sovrano si suicida nel 68, Locusta cade in disgrazia: arrestata per ordine di Galda, successore di Nerone, che l’accusò di 400 omicidi, venne condannata a morte. Nessuno, questa volta, accorre in suo soccorso. Il 9 gennaio del 69, durante la celebrazione degli Agonalia (festa dedicata agi dei), la celebre Locusta vie pubblicamente giustiziata.


    Edited by gheagabry - 6/6/2015, 14:36
     
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32 replies since 19/12/2011, 22:41   9706 views
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