ALBERI - CONIFERE, LATIFOGLIE..

..nei boschi, nella giungla insomma proprio tutti

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    Australia: distrutti alberi-simbolo degli aborigeni

    Due eucalipti fantasma, candidati a entrare nel patrimonio culturale nazionale, distrutti in un incendio doloso

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    Lo scintillio della loro liscia corteccia bianca illuminata dalla luce lunare è cantato nei racconti del Tempo del sogno, le storie della cultura e mitologia aborigena. Gli eucalipti fantasma (Corymbia aparrerinja o Eucalyptus aparrerinja), chiamati localmente Ghost Gum, sono alberi autoctoni considerati spiriti viventi dagli aborigeni. Due esemplari-icona, resi famosi dalla pittura dell’artista aborigeno Albert Namatjira, sono andati in fumo.
    I due maestosi alberi si ergevano nel cuore dell’outback australiano, a 16 chilometri dalla città di Alice Springs. Erano candidati a rientrare a breve nelle liste del Patrimonio culturale nazionale. Il fuoco che ha tolto la vita ai due sempreverdi, incenerendo così anche il simbolo che incarnavano, è divampato il 30 dicembre. Secondo quanto dichiarato dal funzionario che per primo se ne è accorto, Malcom Connolly, il fuoco deve essere andato avanti per 24 ore. Secondo le autorità, si tratterebbe di un incendio doloso. Alison Anderson, ministro del Territorio del Nord incaricato delle questioni indigene, ha spiegato che proprio recentemente il governo dello Stato aveva ultimato i lavori per proteggerli dalle fiamme e mantenerli nelle condizioni ambientali ottimali.

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    Fu Albert Namatjira, un artista aborigeno morto nel 1957 dopo aver conquistato notorietà nel mondo, a radicare gli eucalipti fantasma quale simbolo nella coscienza collettiva di un pubblico più vasto. Questi sempreverdi dal tronco latteo furono protagonisti dei suoi acquarelli che ritraevano i paesaggi desertici dell’outback australiano. I due esemplari bruciati si trovavano proprio sulla strada per Hermannsburg, dove Namatjira era nato nel 1902. «Namtjira ha fatto conoscere la bellezza del paesaggio dell’Australia centrale al mondo», ha dichiarato Anderson, «e ha contribuito a farne un simbolo dell’identità australiana».

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    Oltre a essere probabilmente il pittore aborigeno più conosciuto per le sue opere e il suo stile unico – nel 1953 ricevette un riconoscimento dalla regina Elisabetta II - fu anche noto per esser stato il primo indigeno australiano del Territorio del Nord a essere liberato dalle restrizioni legislative applicate ai nativi e ottenere i pieni diritti di cittadinanza. «È un atto orrendo e tragico di vandalismo culturale», ha dichiarato al Sydney Morning Herald Susan McCulloch, autrice dell’Enciclopedia dell’arte australiana, esprimendo l’indignazione profonda per una nuova ferita all’identità aborigena, ramo del patrimonio culturale dell’umanità, e per il destino di quegli alberi che adesso potranno solo essere cantati.

    Carola Traverso Saibante





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    Edited by gheagabry1 - 27/1/2023, 00:05
     
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    Acero saccarino, albero monumentale

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    L’Acero saccarino è una splendida pianta monumentale perenne, appartenente alla famiglia delle Aceracee ed originaria del continente americano. Si tratta di una pianta caratterizzata da fusti eretti che possono raggiungere i 30 metri di altezza. Le foglie sono palmate, di colore verde scuro o rosso-arancio, a seconda della stagione. Nel corso della stagione autunnale il fogliame tende a cadere, per poi tornare più bello che mai in primavera.


    I fiori sono di piccole dimensioni, di colore verde o giallo, e fanno la propria comparsa all’inizio della stagione primaverile. I frutti sono costituiti da samare con ali divaricate. L’Acero saccarino si adatta alla coltivazione in piena terra anche nelle zone con inverni rigidi, essendo una pianta resistente al freddo intenso. E’ perfetto come albero da ombra o come decorazione di viali e giardini.

    Acero saccarino (Acer saccharinum)
    Fioritura: nel corso della stagione primaverile
    Impianto: in primavera
    Tipo di pianta: arborea perenne
    Altezza max: 30 metri
    Esposizione
    L'Acero saccarino deve essere collocato in posizione luminosa, anche ai raggi diretti del sole, ma non nelle ore più calde della stagione estiva. Tollera il freddo intenso della stagione invernale ed è per questo che può essere allevata anche nelle zone con clima estremamente rigido.
    Terreno
    Cresce bene su qualunque terreno, pur preferendo quello sciolto, fresco e ben drenato. Si consiglia di non piantare l'Acero saccarino in prossimità di mura e fondamenta, poiché l'apparato radicale potrebbe subire gravi danni o compromettere la solidità della struttura.
    Innaffiatura
    Le irrigazioni si rendono necessarie solo nei periodi di estrema siccità o in presenza di esemplari giovani.
    Malattie e avversità
    Afidi ed acari possono compromettere la salute e la bellezza della pianta.
    Concimazione
    Nella fase della messa a dimora si consiglia di mescolare dello stallatico maturo al terriccio di coltivazione.
    Moltiplicazione
    La propagazione dell'Acero saccarino avviene per semina o per innesto nel corso della stagione primaverile.



    Edited by gheagabry1 - 27/1/2023, 00:01
     
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    Tu non sai: ci sono betulle che di notte

    levano le loro radici, e tu non crederesti mai

    che di notte gli alberi camminano o diventano

    sogni. Pensa che in un albero c'è un violino d'amore.

    Pensa che un albero canta e ride.

    Pensa che un albero sta in un crepaccio e poi

    diventa vita. Te l'ho già detto: i poeti non si redimono,

    vanno lasciati volare tra gli alberi

    come usignoli pronti a morire.


    Alda Merini



    Edited by gheagabry1 - 22/5/2020, 15:28
     
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    Più di tremila anni fa i monaci cinesi erano soliti attuare una pratica, che oggi si sta riscoprendo, abbracciare gli alberi. Questi monumenti della natura guardano il nostro passare, vivono per moltissimi anni, alcuni addirittura per secoli, e sono solo da scoprire, perché come ci insegna oggi Mauro Corona, ogni albero ha il suo carattere, la sua personalità, le sue proprietà e per tutte queste e altre mille ragioni va rispettato e amato.

    Mauro Corona ha imparato ad amarli a conoscerli uno per uno, a scoprire ciò che come uno scrigno essi nascondono, ma sono pronti a donare a chi mostra loro vero amore.

    Corona parla degli alberi come se stesse parlando delle persone, dei suoi amici incontrati ad una festa di paese, vive in mezzo alla natura a Erto, è uno scrittore, scultore di legno e alpinista. Amante dei boschi, fin da bambino li percorre, grazie ad un antico amore trasmesso direttamente da suo nonno, una fanciullezza passata nella natura, nei boschi, luoghi che oggi purtroppo non sono capiti come un tempo, la maggior parte delle persone non li conosce, non vi porta i bambini, invece sarebbero da riscoprire e rivalutare per delle gite alla scoperta di un mondo meraviglioso.
    Abbracciare un albero è un gesto, come anticipavo nell’introduzione, antico di millenni ma ancora oggi valido per captare tutta l’energia che un albero è capace di trasmettere a chi ha la sensibilità di coglierla e apprezzarla.
    Esistono molti tipi di alberi, e non sono tutti uguali, infatti, Mauro Corona descrive ogni albero in modo ben distinto, evidenziando di ciascuno la personalità, proprio come un buon educatore o maestro farebbe dei propri amati ragazzi.
    La cosa che più colpisce è che ciascuno di noi incammindandosi in un bosco, è capace di scegliersi il proprio albero da abbracciare, e il proprio albero preferito, insomma una sorta di sintonia che si dovrebbe venire a creare tra regno animale e regno vegetale.

    Ecco la descrizione dei vari alberi:
    Il faggio: è forte, affidabile, ispira immediata fiducia.

    Gli alberi da frutta: come il melo, il pero o il pesco, sono come gli amici che è bello incontrare sempre, magari ogni giorno, perché allegri, gioviali, profumati, pronti ad accogliere accanto al loro tronco per donare la fresca chioma e i saporiti frutti.

    Le betulle: sono anche per i celti degli alberi speciali, anzi unici, le vere regine del bosco, eleganti, ricche di linfa utile, solo apparentemente fragili, dentro forti e capaci di piegarsi ma non spezzarsi, secondo Mauro è l’albero indicato per chi sta per compiere un viaggio, abbracciarlo ci aiuta nel cammino scelto.

    Le querce: sono enormi e immensi alberi, assomigliano alle donne di un tempo, che oltre che accudire al focolare domestico, gestivano con energia e tenacia l’intera vita familiare, ma non hanno secondo Corona nulla di magico, sono belle nella loro umile e semplice forma.

    Sambuchi: su questi alberi già anticamente, i celti, attribuivano un significato ambivalente da una parte di rigenerazione dall’altra parte di morte, ad esempio si pensava che costruire una culla con questo legno potesse causare la morte del nascituro.

    Maggiociondolo: un albero umile, poco conosciuto, senza troppe pretese, se però si ha bisogno di lui, c’è! Come i veri amici, pochi ma buoni, ecco questa l’idea di Corona su questo albero.

    Di sicuro noi tutti dovremmo dimostrare più amore e riconoscenza verso gli alberi, basti pensare alla quiete e alla tranquillità che si ha passeggiando accanto a loro, accarezzando la loro corteccia, respirando la loro aria, il loro profumo. Non è possibile non dare ragione a Corona, quando consiglia di portare i bambini nei boschi a far conoscere loro la natura, imparare i nomi degli alberi, le loro caratteristiche e magari gli animali del bosco e quelli che proprio vivono sugli alberi.




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    UN TEMPO GLI ALBERI AVEVANO OCCHI

    Un tempo gli alberi avevano occhi,
    posso giurarlo,
    so di certo
    che vedevo quando ero albero,
    ricordo che mi stupivano
    le strane ali degli uccelli
    hemi sfrecciavano davanti,
    ma se gli uccelli sospettassero
    i miei occhi,
    questo non lo ricordo più.
    Invano ora cerco gli occhi degli alberi.
    Forse non li vedo
    perché albero non sono più,
    o forse sono scivolati lungo le radici
    nella terra,
    o forse,
    chissà,
    solo a me m'era parso
    e gli alberi sono ciechi da sempre...
    Ma allora perché
    quando mi avvicino
    sento che
    mi seguono con gli sguardi,
    in un modo che conosco,
    perché, quando stormiscono e occhieggiano
    con le loro mille palpebre,
    ho voglia di gridare -
    Cosa avete visto?...

    ANA BLANDIANA



    Edited by gheagabry1 - 22/5/2020, 15:29
     
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    Ecco cosa pensava Herman Hesse degli alberi. Una citazione presa dal libro di Herman Hesse “Il Canto degli alberi" , Le fenici tascabili, Guanda Editore (un libro fondamentale per ogni biblioteca e per ciò che riguarda la cultura dell'albero)

    "Per me gli alberi sono sempre stati i predicatori più persuasivi. Li venero quando vivono in popoli e famiglie, in selve e boschi. E li venero ancora di più quando se ne stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come gli eremiti, che se ne sono andati di soppiatto per sfuggire a una debolezza, ma come grandi uomini solitari, come Beethoven e Nietzsche. Tra le loro fronde stormisce il mondo, le loro radici affondano nell’infinito; tuttavia non si perdono in esso, ma perseguono con tutta la loro forza vitale un unico scopo : realizzare la legge che è insita in loro, portare alla perfezione la propria forma, rappresentare se stessi. Niente è più sacro e più esemplare di un albero bello e forte.
    Quando un albero è stato segato e porge al sole la sua nuda ferita mortale, sulla chiara sezione del suo tronco - una lapide sepolcrale – si può leggere tutta la sua storia: negli anelli e nelle con crescenze sono scritte fedelmente tutta la lotta, tutta la sofferenza, tutte le malattie, tutta la felicità e la prosperità, gli anni magri e gli anni floridi, gli assalti sostenuti e le tempeste superate. E ogni contadino sa che il legno più duro e più pregiato ha gli anelli più stretti, che i tronchi più indistruttibili, più robusti, più perfetti, crescono in cima alle montagne, nel perpetuo pericolo,
    Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi li sa ascoltare, conosce la verità. Essi non predicano dottrine e precetti, predicano, incuranti del singolo, la legge primigenia della vita.
    Così parla un albero : in me è celato un seme, una scintilla, un pensiero, io sono vita della vita eterna. Unico è l’esperimento che la madre perenne ha tentato con me, unica la mia forma e la venatura della mia pelle, unico il più piccolo gioco di foglie delle mie fronde e la più piccola cicatrice della mia corteccia. Il mio compito è quello di dar forma e rivelare l’eterno nella sua marcata unicità.
    Così parla un albero : la mia forza è la mia fede. Io non so nulla dei miei padri, non so nulla delle migliaia di figli che ogni anno nascono da me. Vivo il segreto del mio seme fino alla fine, non ho altra preoccupazione. Io ho fede che Dio è in me. Ho fede che il mio compito è sacro. Di questa fede io vivo.
    Quando siamo tristi e non riusciamo più a sopportare la vita, allora un albero può parlarci così : Sii calmo! Sii calmo! Guarda me! La vita non è facile, la vita non è difficile. Questi sono pensieri infantili. Lascia che Dio parli in te ed essi taceranno. Tu hai paura perché la tua strada ti allontana dalla madre e dalla patria. Ma ogni passo e ogni giorno ti riconducono di nuovo alla madre. La patria non è in questo o quel luogo. La patria è dentro di te, o in nessun posto.
    La nostalgia di vagare senza meta mi prende il cuore, quando a sera, sento gli alberi stormire nel vento. Se li si ascolta a lungo, in silenzio, anche la nostalgia di vagare rivela appieno il suo significato più profondo. Non è desiderio di scappare via dal dolore, come sembra. E’ nostalgia della propria patria, ricordo della propria madre, struggimento per nuovi simboli di vita. Conduce a casa. Ogni strada conduce a casa, ogni passo è nascita, ogni passo è morte, ogni tomba è madre.
    Così sussurra l’albero nella sera, quando abbiamo paura dei nostri pensieri infantili. Gli alberi hanno pensieri duraturi, di lungo respiro, tranquilli, come hanno una vita più lunga della nostra. Sono più saggi di noi finché non li ascoltiamo. Ma quando abbiamo imparato ad ascoltare gli alberi, allora proprio la brevità, la rapidità e la precipitazione infantile dei nostri pensieri acquistano una letizia incomparabile. Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi non desidera più essere un albero. Non desidera essere altro che quello che è. Questa è la patria. Questa è la felicità."

    (1919)



    Edited by gheagabry1 - 22/5/2020, 15:30
     
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    Chamaecyparis, pianta monumentale

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    La Chamaecyparis o Falso cipresso è una pianta monumentale originaria del continente americano ed appartenente alla famiglia delle Cupressacee. Si tratta di una pianta caratterizzata da un fusto eretto, che può raggiungere i 50 metri di altezza, anche se alle nostre latitudini difficilmente supera i 30 metri. Le foglie sono di piccole dimensioni, squamiformi, di colore verde intenso.


    Solitamente la Chamaecyparis si coltiva come pianta da giardino, sia come albero singolo che nella formazione di viali. Si adatta alla coltivazione in piena terra sia nelle zone con climi estremamente freddi che in quelle con estati particolarmente afose. Non richiede grandi accorgimenti e ben si adatta alle cure di giardinieri poco esperti o di coloro che hanno poco tempo da dedicare all’arte del giardinaggio. Per le cure culturali della Chamaecyparis vi rimandiamo alla scheda che segue.

    Chamaecyparis
    Fioritura: alla fine della stagione invernale o in primavera
    Impianto: nel corso della stagione primaverile
    Tipo di pianta: arborea sempreverde
    Altezza max: 50 metri
    Esposizione
    La Chamaecyparis deve essere collocata in posizione luminosa, in modo che possa ricevere il sole diretto per qualche ora nel corso della giornata. E' opportuno non posizione la pianta in zone eccessivamente ventilate. Tollera senza problemi sia il caldo intenso della stagione estiva che il freddo della stagione invernale, adattandosi perfettamente alla coltivazione in condizioni estreme.
    Terreno
    Il substrato deve essere sciolto, profondo e ben drenato, composto in prevalenza di torba, terriccio, sabbia e sostanza organica.
    Innaffiatura
    La Chamaecyparis si accontenta dell'acqua piovana, richiedendo l'intervento umano solo in presenza di esemplari giovani o nei periodi di eccessiva siccità.
    Malattie e avversità
    La clorosi ferrica può compromettere lo sviluppo della pianta. Un terreno troppo umido potrebbe provocare la formazione di malattie fungine e marciumi radicali.
    Concimazione
    In primavera o nel corso della stagione autunnale si può aiutare lo sviluppo della pianta fornendo del fertilizzante organico al terreno.
    Moltiplicazione
    La propagazione della Chamaecyparis avviene per semina in primavera o per talea in autunno o nel corso della stagione primaverile.



    Edited by gheagabry1 - 26/1/2023, 23:59
     
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    IL MAGGIOCIONDOLO


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    ll maggiociondolo (Laburnum anagyroides Medik., 1787) è un piccolo albero caducifoglio (alto dai 4 ai 6 metri), appartenente alla famiglia delle Fabaceae.
    Originario dell’Europa centro meridionale, diffusosi anche in Asia e in alcune zone dell’Europa centro settentrionale; ha fusto eretto, talvolta flessuoso, e raggiunge i 6-10 cm di altezza. La chioma è ovale, abbastanza disordinata, la corteccia del fusto è di colore marrone grigiastro, liscia e dall’aspetto sericeo, i rami sono di colore grigio, lisci. Il fogliame è pinnato, costituito da tre piccole foglie ovali, di colore verde chiaro, con la pagina inferiore grigia o biancastra. In primavera inoltrata, in genere nel mese di maggio come suggerisce il nome comune della pianta, produce lunghi grappoli di fiori giallo oro, di forma papilionacea, ricordano le infiorescenze del glicine. Ai fiori seguono i frutti, lunghi baccelli scuri che contengono i piccoli semi fertili, simili a piselli marroni. Questi alberelli molto eleganti possono trovare posto in giardino, anche se sono facilmente riscontrabili anche in natura, nelle zone alpine di media altitudine. Nei boschi alpini di media altitudine è presente anche L. alpinum , più resistente al freddo. I semi del maggiociondolo sono molo velenosi. Questa pianta causa il maggior numero di casi di avvelenamento e morte nell'uomo attualmente. I bambini mangiano i semi scambiandoli per piselli. Corteccia, foglie e fiori sono anche stati causa di avvelenamento. Pure gli animali restano avvelenati dal consumo dei baccelli caduti per terra, ma non si tratta di incidenti numerosi. Si dice che le foglie perdano un po' della loro tossicità quando maturano i frutti, ma il legno, la corteccia e le radici sono sempre tossici.

    Il legno è duro, di lunga durata e molto scuro.
    Viene impiegato in liuteria per la realizzazione di strumenti a fiato.Il Maggiociondolo può essere utilizzato negli interventi di recupero ambientale nelle zone montane con suoli non troppo acidi.
    Come specie ornamentale è apprezzata per la sua fioritura. Anche se di ridotte dimensioni il legno è utilizzato come combustibile.
    Da lui il vecchio ricavava le “cavezze” per le capre e le mucche. Per chi non lo sa le “cavezze” sono cerchi in legno, oggi sostituiti dal cuoio. Il nome scientifico Laburnum ricorda l'antico nome latino attribuito a queste piante. Comunemente il maggiociondolo è noto anche come "falso ebano", "avorno", "avorniello", "pioggia d'oro". Il legno degli esemplari più vecchi à molto pregiato e viene usato in sostituzione del'ebano.

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    ...curiosità...

    Il poeta inglese Francis Thompson descrisse il laburnum in una sua poesia:

    « Mark yonder, how the long laburnum drips
    Its jocund spilth of fire, its honey of wild flame! »
    (Francis Thompson, Sister Songs (1895)


    Lo scrittore J. R. R. Tolkien si ispirò al laburnum per la creazione di Laurelin, uno dei due alberi mitologici de "Il Silmarillion", e la descrizione che ne dà Tolkien è fortemente influenzata dai versi di Thompson.

    A causa della sua tossicità che ne fa un arbusto piuttosto pericoloso se ingerito incautamente, nel medioevo pare le streghe lo adoperassero per realizzare alcune bevande psicoattive che davano loro il senso dell' abbandono del peso corporeo.
    Questo fatto che si può interpretare come il così detto "volo della strega", in quanto durante i loro raduni estatici esse cercavano di trasferire la loro coscienza e consapevolezza in altri mondi, portava le streghe a farsi riconoscere tra di loro utilizzando una verga, che rappresentava l' emblema della loro arte, questi era di maggiociondolo, simbolo del volo e della vittoria sui vincoli del corpo e della materia. Ora forse da qui nasce il mito della strega che vola sulla scopa. Infatti durante l' inquisizione molte "verghe sospette" furono camuffate da scope infilate in mazzi di saggina e passarono così per normali utensili.


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    "Il maggiociondolo, utilizzato per fare le spine delle botti e i pali della vigna, è diventato, assieme al rovere, con i secoli, un intenditore di vini; ma, a differenza degli uomini, l’alcol non riesce a distruggerlo. (…) Il tronco del “Maggio” non è mai diritto né grosso ma si piega e vive di stenti, contento del poco di cui dispone. Da lui il vecchio ricavava le “cavezze” per le capre e le mucche. Per chi non lo sa le “cavezze” sono cerchi in legno, oggi sostituiti dal cuoio. Ho imparato che, se volevo fare una cosa ad uso “tenero”, non la potevo costruire con il maggiociondolo, buono per le cose resistenti, come i denti dei rastrelli, che dovevano durare un’eternità e grattare sui prati quel poco fieno di montagna, ispido e ricco di essenze benefiche. Nella concretezza risiede la nobiltà del maggiociondolo. E’ come l’amico fedele che rimane nell’ombra ma è pronto a intervenire in caso di bisogno. Di lui ti puoi fidare. Disponibile al sacrificio, è un legno speciale anche per la stufa, e produce un fuoco gagliardo, di un bianco incandescente che riscalda l’anima prima ancora del corpo.
    E’ generoso, e quando stai scivolando non si comporta come la muga traditrice, ma ti sostiene e ti incoraggia. Non ha bisogno di affetti né li vuole. Non dipende da nessuno e affronta la vita schivo e riservato. Non disprezza l’amore ma neppure lo cerca. (…) Confesso che voglio bene al maggiociondolo e mi sono affezionato, anche perché è un albero che sa invecchiare senza il patetico bisogno dei cosmetici antirughe. E’ sciocco cercare di mascherare il cammino degli anni. L’incedere del tempo cambia il colore alla pelle del maggiociondolo e la abbrutisce, ma lui non se ne rammarica.
    Appena tagliato, all’interno è verde chiaro con stupende venature gialle. Quando lo levighi ostenta un verde cupo con intense fiammature dorate. Poi, dopo due o tre anni, passa al marron scuro, quasi nero, della vecchiaia. Al termine della vita, il maggiociondolo, senza urlare, ma in dignitoso silenzio, come l’ulivo, entra nel buio della terra e scompare."
    (Brano tratto dal libro “Le voci del bosco” di Mauro Corona)


    Edited by gheagabry1 - 22/5/2020, 16:21
     
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    Leccio, albero monumentale

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    Il Leccio è una pianta monumentale molto diffusa alle nostre latitudini, sia come albero singolo che nella decorazione di giardini e viali. Si tratta di una pianta caratterizzata da un fusto eretto molto robusto, che può raggiungere i 30 metri di altezza. Le foglie sono ovali e lanceolate, con margine liscio o dentato, a seconda della specie. Il fogliame è di colore verde scuro sulla pagina superiore e verde chiaro su quella inferiore.

    I fiori del Leccio sono riuniti in amenti o in spighe, a seconda del sesso, e fanno la propria comparsa in primavera o nel corso della stagione estiva. I frutti sono costituiti da ghiande di colore verde o marrone. La coltivazione del Leccio è abbastanza semplice e non richiede accorgimenti particolari, se non nei primi mesi di vita. Il Leccio, inoltre, si adatta alla coltivazione anche nelle zone con clima estremamente freddo, essendo resistente alle temperature inferiori allo zero.

    Leccio (Quercus ilex)
    Fioritura: in primavera e nel corso della stagione estiva
    Impianto: in autunno
    Tipo di pianta: arborea perenne
    Altezza max: 30 metri
    Esposizione
    Il Leccio va collocato in posizione luminosa o semi-ombreggiata, in modo che possa ricevere il sole diretto per molte ore nel corso della giornata. Tollera il freddo ed è per questo che può essere coltivato anche in zone con inverni particolarmente rigidi.
    Terreno
    Cresce bene su qualunque tipo di terreno, purché sia profondo e ben drenato.
    Innaffiatura
    Generalmente di accontenta dell'acqua piovana, richiedendo l'intervento umano solo in presenza di esemplari giovani o nei periodi di elevata siccità.
    Malattie e avversità
    Gli esemplari più giovani possono essere attaccati da bruchi e larve. Attenzione anche agli eccessi di umidità nella fase della crescita, poiché c'è il rischio che la pianta venga rovinata da marciumi radicali o malattie fungine.
    Concimazione
    Nella fase della messa a dimora è possibile utilizzare un fertilizzante maturo da mescolare al terriccio di coltivazione.
    Moltiplicazione
    La propagazione del Leccio avviene per semina nel corso della stagione autunnale.



    Edited by gheagabry1 - 26/1/2023, 23:57
     
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    L’albero più colorato della terra

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    L’Eucalipto arcobaleno (Eucalyptus deglupta) è l’unica specie di eucalipto che cresce naturalmente nell’emisfero boreale. Può raggiungere i 70 m di altezza; la sua caratteristica principale, però, è la corteccia multicolore, che può assumere sfumature di giallo, verde, arancione e viola.
    Il fenomeno è determinato da pezzi di corteccia che si staccano in momenti diversi. I colori sono indicatori dell’età della corteccia: quella più interna è di un verde brillante, che si scurisce con il passare del tempo e assume toni di blu e viola fino a raggiungere quelli del marrone e dell’arancione.

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    Edited by gheagabry1 - 26/1/2023, 20:32
     
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    " Qualsiasi stupido può distruggere gli alberi. Essi non possono scappare, ed anche se potessero, sarebbero ugualmente distrutti, inseguiti e cacciati per divertimento o per ricavare un dollaro dalle loro pelli-cortecce, dai loro corni-rami, dalle loro spine dorsali-fusti. Pochi di coloro che tagliano gli alberi li piantano anche, e piantare alberi non riporta comunque la magnificenza delle nobili foreste originarie. Ci sono voluti più di tremila anni per far crescere alcuni degli alberi dell'Ovest, alberi che si ergono ancora in perfetta forma e bellezza, danzando e cantando nelle possenti foreste della Sierra. Lungo tutti i meravigliosi secoli che si sono succeduti dai tempi di Cristo, ed anche assai prima, Dio si è preso cura di questi alberi, salvandoli dalla siccità, dalle malattie, dalle valanghe, e da migliaia di tremende tempeste ed inondazioni. Ma Dio non può salvare gli alberi dagli stupidi "

    John Muir



    Edited by gheagabry1 - 17/7/2020, 17:52
     
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    L'albero di Caju più grande del mondo

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    Nella cittadina turistica di Pirangi do Norte a 12 km a sud di Natal (Brasile) si trova una meraviglia naturale che è entrata nel Guiness dei primati : l'albero di Caju più grande del mondo .

    Il cajueiro si estende su una superficie di circa 8.500 metri, con un perimetro di circa 500 metri e produce circa ottanta mila anacardi ( frutto dell'albero di caju ) all'anno . L'albero è stato piantato nel 1888 da un pescatore di nome Luiz Inacio de Oliveira, il pescatore è morto all'età di 93, sotto l'ombra del gigantesco albero .

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    La straordinaria crescita si spiega con la combinazione di due anomalie genetiche. In primo luogo, invece di crescere, i rami degli alberi crescono lateralmente, nel corso del tempo, a causa del suo peso, i rami tendono a piegarsi verso il basso per raggiungere il suolo. Si osserva, quindi la seconda anomalia : toccando il suolo, i rami cominciano a creare radici e poi iniziano a crescere di nuovo, come se fossero le radici di un altro albero.

    La ripetizione di questo processo dà l'impressione che ci siano alberi di caju diversi, ma in realtà si tratta di due cajueri . Il più grande, che soffre di alterazione genetica, copre circa il 95% del parco, c'è anche un altro, piantato pochi anni prima ma con un comportamento normale.

    Il tronco principale si divide in cinque rami, quattro di questi hanno subito una mutazione genetica, creando le radici e tronchi che hanno dato luogo al gigantismo della struttura. Solo uno dei rami aveva un comportamento normale, e ha smesso di crescere dopo aver toccato terra. La gente del posto ha soprannominato questo ramo del "salario minimo".

    Nel 1955, la storica rivista O Cruzeiro ha battezzato il Caju " Il polpo " e definito il fenomeno come una sinfonia "incompiuta" di "rami lanciati in progressione geometrica". Al momento, l'impianto ha 2 mila m2 di area. Nel 1994, il Cajueiro è entrato nel Guinness Book.

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    vivereinbrasile.com

    Edited by gheagabry1 - 17/7/2020, 17:56
     
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    Gli antichi Tassi della Britannia

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    La maggior parte degli alberi di tasso non hanno la fortuna di avere i poeti a elogiare, o predicatori per aiutarli nei libri di storia. Alcuni sono morti o sono stati abbattuti, e molti sono stati semplicemente dimenticati. Ora un nuovo gruppo, il gruppo Antico Tasso, è stato costituito per cercare e registrare i superstiti vecchi alberi di tasso di Gran Bretagna e Irlanda, per sottolineare la loro importanza e per incoraggiare la loro corretta protezione. Nel XVII secolo gli scrittori John Evelyn e John Aubrey aveva scritto molto sulle dimensioni e l'età dei tassi antichi, ed i viaggiatori come Pennant Thomas fecero lo stesso nel XVIII secolo. Nel IX secolo le società botaniche e botanici avevano già registrato i vecchi tassi. La prima persona a registrare le posizioni di quasi 200 antichi tassi, in tutta la Gran Bretagna, fu John Lowe, il cui "L'Albero Yew di Gran Bretagna e Irlanda del Nord" è stato pubblicato nel 1896, ma è nel 1980 che alberi di tasso ha iniziato a catturare l'attenzione del pubblico. Ciò è dovuto in gran parte al lavoro di un solo uomo, Allen Meredith, che affermava di aver ricevuto informazioni su tassi nei suoi sogni. Per 15 anni ha seguito i riferimenti e visitato e misurato centinaia di tassi.
    Meredith e David Bellamy nel 1987 hanno creato la Bellamy Conservation Foundation che lanciò una campagna - ancora in funzione oggi - per favorire la tutela dei tassi antichi. L'anno seguente la rivista Country Living chiese ai suoi lettori di segnalare tassi vecchi, e molti tassi precedentemente dimenticati sono stati ritrovati. Il lavoro di Meredith, ripreso dai media, è culminato nel 1994 con la pubblicazione di The Yew Sacro . Scritto da Chetan Anand e Diana Brueton, il libro riassume le scoperte fino ad oggi, e comprendevano un elenco di 404 siti antichi di tasso in Gran Bretagna dove gli alberi hanno più di 1.000 anni.

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    Nel 2003 un certo numero di appassionati del tasso, che aveva seguito e e aggiunto alberi alla lista di Meredith, decisero di unire i loro sforzi e formare il gruppo Antico Yew. Con il sostegno e il finanziamento del registro Albero delle isole britanniche, hanno creato un sito web, www.ancient-yew.org , che contiene informazioni su 837 'antichi, veterani o significativi Taxus baccata, finora identificati in Inghilterra e Galles.
    Tutti i tassi noti si pensa possano avere almeno 500 anni, sono descritti sul sito web, insieme ad alcuni alberi di tasso più giovani con significato storico o una data impianto noto. Il sito web contiene le misure degli alberi, informazioni sullo stato, informazioni storiche, i consigli di gestione e di una gran quantità di informazioni, insieme con tasso, grazie al sostegno della Fondazione Conservation, fotografie di 650 degli alberi. The Ancient Yew Gruppo Hills Tim, che ha visitato la maggior parte dei tassi sul sito stesso, dice che molti altri alberi sono ancora da riscoprire. Ha ancora una lista di 400 possibili siti vecchi tassi in Galles e dell'Inghilterra meridionale che hanno bisogno di indagini, con più di venire nel nord Inghilterra e Scozia.
    La distribuzione dei tassi vecchi in Gran Bretagna, tuttavia, è tutt'altro che uniforme. Dai 200 in Inghilterra e Galles a 79 sono in Galles. Powys ne ha solo 43, e ci sono altri 20 nelle contee di frontiera di Herefordshire e Shropshire. Tassi vecchi si possono trovare anche nella maggior parte delle contee dell'Inghilterra meridionale, ma sono particolarmente prolifici nel Kent e Hampshire. Stranamente, però, Cornovaglia e East Anglia si pensa che non ne abbiano. Nessuno è stato finora in grado di spiegare pienamente questa distribuzione curiosa, di come tassi crescono su quasi tutti i terreni, esclusi l'acido torba, e tollerare vento, freddo e inquinamento atmosferico. L'età di questi alberi venerabili è difficile da stimare con precisione, ma Hills Tim del gruppo Antica Tasso, ritiene che sia ragionevolmente presumibile un'età di 500-600 anni per i molti alberi che hanno cinque metri di circonferenza, e da 700 a 1.000 anni per sei metri di circonferenza...un certo numero di alberi che hanno una circonferenza di più di dieci metri - sono chiaramente molto più antichi. Ma i tassi diventano vuoti con l'età e molte volte diventa impossibile. Il tasso durante la crescita rallenta o addirittura si ferma con l'invecchiamento degli alberi, e gli alberi di montagna non crescono mai così grandi come quelli in climi più miti. Sia John Evelyn e John Aubrey hanno misurato il gigante Crowhurst tasso nel Surrey, e le registrazioni mostrano che è cresciuto a soli 18 cm di circonferenza in 354 anni. (Crowhurst Surrey tasso nel 1999 © Hills Tim)

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    Il più antico tasso in Gran Bretagna è considerato a Fortingall nel Perthshire che si presume abbia da 3.000 a 5.000 anni. ..tra molti contendenti per il titolo del più antico tasso in Inghilterra sono il tasso Crowhurst nel Surrey, il tasso Tisbury nel Wiltshire e il tasso Linton a Herefordshire, i quali sono stati stimati da alcune persone ad essere vecchio come 4000 anni. (© Fiona Anderson / Albero Notizie)

    Questo tasso si trova in Fortingall, Perthshire, all'ingresso per Glen Lyon, la più lunga e probabilmente la più spettacolare valle in Scozia. Quando il viaggiatore del VIII secolo e naturalista Pennant Thomas (1726 - 1798) ha visitato Fortingall, ha riferito che la circonferenza del tasso vecchio era 56 piedi e mezzo...In una terra permeata da antichi mito celtici relativi ai regni delle fate e altre entità si dice che un albero di tasso anziano sarebbe stato molto venerato durante le ere remote dell'antichità. Inoltre, questa antico tasso di 3000 anni fa, può aver visto la nascita di Ponzio Pilato. Secondo una tradizione orale locale, Ponzio Pilato nacque a Fortingall, che si traduce dal toponimo gaelico 'Feart-nan-Gall' come 'Fortezza degli Stranieri'. Il tasso è un albero primordiale e si ritiene che risalga ad almeno duecento milioni di anni, che precede nettamente l'era della razza umana. Non c'è da meravigliarsi che da tempo immemorabile l'eterno tasso sembra essere stato visto come l'albero della vita immortale e temuto con riverenza sacra attraverso i secoli. Secondo la tradizione antica sembrerebbe che il tasso sia stato visto come un depositario dell' arcano, cioè un albero della conoscenza. E 'stato anche osservato che alberi di tasso sono stati spesso associati con fortificazioni antiche e, fedele alla forma, in una posizione elevata vicino dal Yew Fortingall si trova i resti di un antico forte colle chiamato Dun Geal dal gaelico come 'il bianco forte'. Al tempo di Cristo, Dun Geal fu la residenza del Re Caledonian, Metallanus, cui tradizione locale sostiene che Ponzio Pilato fosse un parente.
    In una poesia di W. Cowan, si ha la seguente citazione..:

    'Ecco i sacerdoti druidi, i loro altari collocati, e sole e la luna adorato.
    ******* Un albero - il Yew sacro, simbolo di immortalità -
    Accanto a loro altare è cresciuto.'



    Un'altra leggenda è di particolare interesse in quanto collega il Tasso con la vita di Cristo, come la spina di Glastonbury è legata alla leggenda di Giuseppe d'Arimatea. Vicino Fortingall ci sono i resti di una stazione romana, dove la tradizione dice che "il padre di Ponzio Pilato fosse un legionario romano, e che qui nacque suo figlio, e che il bambino giocò con il Tasso, che era già di venerabile età."

    Una tradizione racconta che la croce di Cristo fosse fatta con un albero di tasso, probabilmente a causa del suo simbolismo di immortalità. Questo può spiegare la seguente osservazione: "Anche se il Tasso è stato piantato su templi, ed era una sopravvivenza del culto arborum (adorazione degli alberi), strano a dirsi, non è mai stato danneggiato, ma è stato adottato dai cristiani come un simbolo sacro. " (The Yew Chiesa e immortalità da Vaughan Cornish). Inoltre, il tasso figura anche nel folklore dei gitani che credono che la messa a dimora di un tasso vicino la propria casa fornisce una protezione. È interessante notare che circa un secolo fa zingari sono stati trovati a vivere nella cavità cimitero tasso di Leeds nella contea inglese del Kent.(© Copyright 2004 Barry Dunford)


    Edited by gheagabry1 - 26/1/2023, 22:25
     
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    CANANGA ODORATA
    YLANG-YLANG


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    La Cananga odorata, comunemente conosciuta come ylang-ylang è un albero della famiglia delle Annonaceae. È un albero a crescita rapida che raggiunge un'altezza media di 12 metri. diffuso anche in Australia e in parte dell'Asia, sempreverde o semisempreverde; ha fusto eretto, molto ramificato, che da origine ad una chioma ben equilibrata; le grandi foglie sono di colore verde scuro, lucide, di forma lanceolata e con margini ondulati; sulla pagina inferiore sono leggermente pubescenti. In primavera e in autunno produce numerosi fiori all'ascella fogliare, solitari o riuniti in piccoli grappoli; hanno 3-5 petali allungati, penduli, di colore giallo-verdastro; gli alberi adulti nelle zone d'origine fioriscono per tutto l'arco dell'anno. I fiori di cananga hanno un profumo intensissimo, molto penetrante e gradevole, che viene da tempo utilizzato nell'industria cosmetica, presente anche in profumi molto famosi; l'olio essenziale estratto dai fiori di ylang ylang viene utilizzato anche in erboristeria.

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    Il nome ylang-ylang di origine tagalog, potrebbe derivare dalla parola ilang, che significa regione selvaggia, o da ilang-ilan, ossia non comune, riferibile all'aroma molto particolare.

    I Polinesiani se lo mettono dietro l'orecchio con il Tiare.



    Edited by gheagabry1 - 26/1/2023, 22:16
     
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  15. gheagabry
     
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    “La strada ha molti alberi di grande età e dimensioni; sotto ognuno di essi può trovare riparo un’intera carovana. Alcuni di essi non hanno rami né foglie, ma il loro tronco fa da solo ombra sufficiente. Alcuni hanno delle cavità al loro interno, e vi viene raccolta l’acqua piovana, come fosse un pozzo, e le persone bevono quest’acqua. In altri alberi ci sono api e miele, che viene raccolto dalla gente del posto”.
    (Ibn Battuta)


    IL BAOBAB

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    I Baobab (Adansonia, L. 1758) sono un genere di piante appartenente alla famiglia delle Bombacaceae e comprendente otto specie: sette diffuse in Africa (di cui sei endemiche del Madagascar) e una in Australia.
    Il nome "baobab" verrebbe, secondo alcune fonti, dal senegalese "albero di mille anni" (riferito alla leggendaria longevità della pianta); secondo altri, sarebbe di derivazione araba, e significherebbe "frutto dai molti grani". Il nome scientifico è un omaggio a Michel Adanson, il naturalista ed esploratore francese che descrisse il baobab africano (Adansonia digitata).
    La stravaganza della chioma, costituita da rami corti e tozzi disposti pressoché tutti nella parte terminale del fusto, e spogli di foglie per gran parte dell’anno, tanto che, per l’appunto, la chioma assomiglia fortemente ad un apparato radicale. In effetti, il Baobab è una delle piante più fantastiche e bizzarre che Madre Natura abbia mai creato. Emerge solitario dalle piatte savane africane, unico tra gli alberi a sopportarne i torridi caldi estivi e le prolungate siccità, ed affonda talora le proprie radici nel granito vivo; signore incontrastato di una vegetazione povera, composta da erbe ed arbusti spinosi, raggiunge dimensioni incredibili, a dispetto delle condizioni ecologiche estreme in cui vive. Per resistere alla siccità, fa provvista della poca acqua piovana che cade nel proprio tronco poroso, arrivando a contenerne più di centomila litri, e perde molto presto le sue foglie, arrestando quasi completamente le proprie attività vitali nella stagione secca, come fosse un animale che va in letargo. Alla lunga assenza delle foglie, supplisce quindi con dei tessuti fotosintetici che si sviluppano curiosamente all’esterno della corteccia. Non si preoccupa neanche degli incendi, letali per il resto della vegetazione che l’accompagna, perché la sua corteccia è ignifuga, e lui continua a vivere anche se brucia la parte interna del tronco, rigenerando tessuti dalla corteccia superstite. Vive prospero e diviene immenso, laddove tutti gli altri, uomo compreso, stentano.


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    Il primo a rivelare al resto del mondo l’esistenza di questi fantastici alberi pare sia stato un tal Ibn Battuta, nato in quel di Tangeri, che nel 1353 vi si imbatté durante un viaggio nel Mali. Alberi dalle dimensioni straordinarie vengono osservati e descritti anche da altri esploratori del secolo successivo, in particolare portoghesi. Dagli scritti del medico veneziano Prospero Alpini, veniamo poi a sapere che alla fine del ‘500 i frutti del Baobab venivano venduti nei mercati del Cairo, con il nome di “bu hobab”, ovvero “frutto dai molti semi”, e da questo appellativo del frutto deriverebbe il nome della pianta. Bisognerà comunque aspettare fino al 18° secolo perché l’albero venga ufficialmente “scoperto”, descritto con tutti i crismi scientifici dell’epoca, e fatto conoscere al pubblico europeo e mondiale, ad opera di Michel Adanson. Adanson, naturalista francese di origine scozzese, incontrò il suo primo Baobab nel 1749 in Senegal, nelle vicinanze dell’attuale città di Dakar, e ne rimase letteralmente folgorato: “Mi portarono in un luogo isolato dove vidi un immenso branco di antilopi, ma le dimenticai subito, poiché la mia attenzione fu attirata da un albero di prodigiosa grandezza. Era un albero-zucca, chiamato goui dalle genti locali. Non aveva niente di straordinario in quanto all’altezza, non era più alto di diciotto metri, ma il suo tronco era di una grandezza prodigiosa. L’albero sembrava formare da solo un intera foresta” L’esemplare in questione aveva una circonferenza, da lui stesso accuratamente misurata, di 65 piedi (circa 20 metri); in seguito il naturalista ne troverà di ancora più grandi. Adanson rimarrà in Senegal per cinque anni, studiandone a fondo la flora e la fauna; nel frattempo invia un primo resoconto sul Baobab al suo mentore, il creatore dei Giardini Trianon di Luigi XV, Bernard Jussieu, che a sua volta fece pervenire il manoscritto a Carl Linnaeus, il botanico svedese all’epoca intento alla sua rivoluzionaria opera sulla classificazione delle specie viventi. Questi costituì un nuovo genere per il Baobab, chiamandolo Adansonia in onore del suo scopritore, e lo inserì nella edizione definitiva del “Systema Naturae”, pubblicato nel 1759, con il nome completo di Adansonia digitata, laddove l’indicazione della specie, “digitata”, ne ricorda la forma delle foglie pentalobate, simili ad una mano. Il fatto curioso è che Adanson non fu affatto contento dell’onore ricevuto, essendo fortemente contrario al sistema classificatorio elaborato da Linnaeus. Trascorrerà il resto della propria vita studiando e promuovendo una propria classificazione, che esporrà in una opera monumentale di 27 volumi, in cui ordinò oltre 40.000 specie secondo il proprio metodo. L’opera non venne mai pubblicata, ed il sistema ben presto dimenticato; Adanson morì povero in canna, chiedendo che la sua tomba venisse adornata con una ghirlanda fatta con i fiori delle 58 famiglie che aveva classificato.(alberiedintorni.blogspot.it)

    ....le leggende....

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    Un mito assai diffuso in Africa racconta che quando Dio creò la terra, assegnò una pianta ad ogni animale. Il Baobab toccò alla iena la quale, disgustata da quello che evidentemente le sembrava un albero senza alcuna utilità, lo gettò via. Ed il Baobab atterrò capovolto, con le radici verso il cielo. In un’altra leggenda, si narra che il Baobab fu uno dei primi alberi creati da Dio. Quando però vide la successiva pianta creata, una palma slanciata verso il cielo, il Baobab cominciò a brontolare, perché lui voleva essere alto come lei. Dio ascoltò le sue lamentele e lo fece crescere; ma questi aveva appena raggiunto l’altezza della palma, quando vide la spettacolare fioritura della Flamboyant, e si lamentò che lui non aveva fiori. Dio provvide un’altra volta, e dotò anche lui di fiori. Ma non era ancora abbastanza: si mise infatti a piagnucolare che lui, a differenza del fico, non aveva frutti. Questo fu troppo pure per la pazienza del Creatore che, in un accesso d’ira, sradicò il Baobab dalla terra e ce lo riscaraventò con la chioma in giù, e le radici per aria.

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    Un giorno, la lepre partì nella savana e si distese all’ombra di un grosso baobab. “L’ombra di questo albero è stupenda”, disse la lepre “ma chissà se saranno buoni anche i suoi frutti?” Il baobab ne fece cadere uno per terra, la lepre lo raccolse, lo mangiò e disse: “Il frutto è davvero buono, ma lo sarà anche il ventre dell’albero?” Il baobab aprì una fessura nel suo tronco e la lepre vide all’interno bellissime collane, magnifici gioielli e bellissimi vestiti. La lepre non perse tempo, si impossessò di alcuni preziosi e portò il bottino alla moglie che si vestì a festa. La moglie della iena, che era amica della moglie della lepre, andata a trovarla a casa, la vide stupendamente vestita ed ingioiellata. Tornata a casa, fece una scenata al marito: “La moglie della lepre ha gioielli e vestiti straordinari e tu non mi regali neanche il più miserabile vestito ed il più brutto dei gioielli”. La iena andò a trovare la lepre e le chiese dove avesse trovato tutto quel ben di dio. La lepre le mostrò il baobab e le raccontò come aveva ottenuto tutti quei tesori. La iena fece tutto quello che aveva detto la lepre. Una volta entrato nel ventre del baobab ebbe però il torto di gridare forte: “Caro baobab, porterò tutto a casa mia!” Spaventato, il baobab, che aveva sentito la iena, chiuse il tronco. La iena non poté più uscire e visse per sempre nella pancia del baobab. Una volta si trovavano grandi ricchezze nei baobab, ma da quando la iena volle prendersi tutto per sé, i baobab non aprono più il loro tronco agli uomini. Le ricchezze del baobab ora sono tutte per la iena. Ma che tristezza…non le può godere.

    Edited by gheagabry1 - 26/1/2023, 22:01
     
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