ALBERI - CONIFERE, LATIFOGLIE..

..nei boschi, nella giungla insomma proprio tutti

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  1. gheagabry
     
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    Eucalyptus deglupta



    L' Eucalipto Arcobaleno, chiamato così per il suo tronco dai colori dell’arcobaleno.
    Proprio così, il tronco di questo Eucalipto, che cresce nelle Filippine, nelle Hawaii e in Indonesia, si caratterizza per essere colorato esattamente come se fosse un arcobaleno, e in modo naturale: mano a mano che cresce, infatti, la corteccia di questo albero si sfalda naturalmente portando alla luce gli strati sottostanti del legno che, con il passare del tempo, dal verde originario assumono colorazioni particolari come il viola, l’arancio, il giallo e il blu.
    ad aggiungere fascino a questo albero, c’è il fatto che l’esfoliazione del tronco avviene in maniera graduale, per cui la pianta cambia sempre aspetto. L’Eucalipto Arcobaleno è un albero decisamente imponente, può arrivare fino a 70 metri di altezza con oltre due metri di diametro, ma nonostante la sua bellezza è ben poco valorizzato: nelle zone di origine viene utilizzato soprattutto per ricavare la polpa di legno, ovvero per fare la carta e non per le sue caratteristiche ornamentali.
    Dal punto di vista botanico, l’Eucalipto Arcobaleno è un tipico albero tropicale, che non sopporta il freddo intenso e che ama l’umidità delle foreste tropicali e, per questo, è facile trovarlo lungo le rive dei fiumi, differenziandosi, in questo caso, dalla maggior parte degli Eucalipti che invece non amano l’umidità.
    L’Eucalipto Arcobaleno ama le esposizioni soleggiate e necessita di avere a disposizione molto acqua, in modo da crescere velocemente e da mantenere la sua vegetazione tutto l’anno; in situazioni climatiche adatte, l’Eucalipto Arcobaleno è anche in grado di produrre dei vaporosi fiori bianchi; si riproduce per semina




    naturalgraffiti

    naturalgraffiti5



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    Edited by gheagabry - 31/5/2012, 00:38
     
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  2. gheagabry
     
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    Il LARICE


    Larici-120


    Il genere Larix annovera 10 specie di piante arboree con fusto legnoso, che vegetano spontaneamente su areali che corrispondono alle regioni fredde di pianura, di collina e di montagna dell’emisfero boreale. Alle cinque specie di origine asiatica ed alle tre di origine americana si affiancano le due europee: il Larix decidua Mill., conosciuto come Larice europeo o Larice comune ed il Larix russica Endlicher, conosciuto come Larice della Russia. Nella prima specie, il Larice dei nostri boschi, si possono distinguere 8 varietà principali.
    Il Larix decidua Mill. (la cui classificazione è dovuta a Philip Miller, botanico inglese che nel 1768 ne descrisse per primo le caratteristiche, seguendo lo schema classificatorio proposto da Linneo), è specie spontanea unicamente sui rilievi montuosi delle Alpi, il cui areale è il più esteso ed importante, dei Carpazi e dei Sudeti. La principale zona fitoclimatica popolata dal larice è quella del Picetum all’interno della quale tende ad occupare prevalentemente la sottozona del Picetum freddo, giungendo fino al limite superiore del bosco. Quando sconfina nella zona fitoclimatica superiore dell’Alpinetum, riesce a crescere solo in gruppi sparsi o come pianta isolata giungendo fino al limite degli alberi. Lo si rinviene con facilità anche a quote più basse nella zona del Fagetum di cui predilige la sottozona del Fagetum freddo.


    Il larice è una conifera decidua originaria delle zone montuose europee, molto longeva e a crescita abbastanza rapida, gli esemplari centenari possono raggiungere i 25-30 metri di altezza. Ha tronco dritto e chioma piramidale, con rami orizzontali; la corteccia è grigiastra negli esemplari giovani, con l'età tende a fessurarsi, mostrando la corteccia sottostante di colore bruno-rossastro. Gli aghi sono verde chiaro, lunghi 2-4 cm, riuniti in mazzetti di 15-20; in autunno, prima di cadere, assumono il caratteristico colore dorato. Produce infiorescenze maschili e femminili, di colore giallo-rossatro; in estate le infiorescenze femminili producono piccole pigne che maturano in settembre-ottobre.

    ....Albero del Sole.....


    Nessun essere vivente al mondo riesce ad ascoltarti come sa fare un larice. Quando la vita diventa confusa ed opaca, quando la mente ingrigisce e senti il bisogno di fermarti, per riflettere e “riprendere la giusta via”, la semplice compagnia di questa grande conifera infonde una serenità senza eguali. Un larice non può parlarti, ma ti sospinge verso le verità che covi dentro te stesso e che la tua paura non ti fa trovare, ti aiuta ad alzare la testa, a delineare i contorni dei tuoi dubbi, a diradare la nebbia delle incertezze. E lo fa creando con la sua chioma, attorno a te, un ambiente magico, uno spazio di aria e luce che riempie, con lenti respiri, la tua anima esausta, donandole nuovo vigore. Quando, coricato ai suoi piedi, guardi verso il cielo, i tuoi occhi restano incantati dai continui, ritmici e tuttavia fievoli bagliori di luce che filtrano fra i suoi rami penduli, coronati da mille ciuffetti di foglie.
    Così, quando il vento soffia, vedi ondeggiare il grosso ed elastico fusto, mentre i rametti lassù in alto danzano, creando una pioggia di stelle luccicanti che ti cadono dentro, scintille di luce che riverberano nella lanterna del tuo cuore. Quando poi ti alzi e te ne vai sommessamente, appena prima che sfugga alla tua vista, ti volgi verso il suo luminoso ed elegante profilo per un ultimo breve saluto, colmo di gratitudine, perché hai netta la percezione di essere migliore di prima. E’ questo che fa grande il Larice, è questa sua straordinaria capacità di infondere pace interiore e serenità.




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  3. gheagabry
     
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    L'abete del Colorado



    Il genere Abies raggruppa una quarantina di specie proprie delle regioni umide e montuose dell’emisfero boreale. Malgrado una certa somiglianza con i pini, gli abeti presentano numerosi caratteri generali tipici. Una volta seccati, i rami mantengono generalmente gli aghi, mentre nei pini si staccano. Infine negli abeti le pigne, giunte a maturazione, si disfano direttamente sui rami lasciando solo il supporto verticale, mentre nei pini cadono al suolo intere quando sono mature.
    L’abete del Colorado è un albero vigoroso, dal portamento superbo, slanciato e piramidale. Raggiunge i 1 2-15 metri di altezza nella sua regione d’origine, compresa fra il Nuovo Messico e l’Oregon, e soprattutto nelle Montagne Rocciose. Questo albero deve il suo nome specifico concolor, che significa “di colore uniforme”, al fatto che i suoi aghi hanno lo stesso colore grigio azzurrognolo sia sulla pagina superiore sia su quella inferiore. Gli aghi, che con la vecchiaia virano al verde grigiastro, sono leggermente più lunghi che negli altri abeti (fra i 5 e i 7 cm). Si tratta di una specie ben adattata ai climi marini purché la si ripari dal vento carico di salsedine con frangivento naturali, per esempio siepi di cipressi o collinette. Resiste bene all’aria fumosa delle città, ma perde un po’ del suo bel grigio azzurrato.


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  4. gheagabry
     
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    L'ALBERO DEI TULIPANI



    L’albero dei tulipani, denominato anche liriodendro, appartiene alla famiglia delle Magnoliacee, al genere Liriodendron ed alla specie tulipifera. È un albero di grosse dimensioni, alto oltre 30 m, con una velocità di crescita media, una chioma piramidale nelle piante giovani che tende a diventare ovale, compatta, irregolare e larga più di 10 m negli esemplari adulti; le radici sono fittonanti però, oltre che in profondità, si sviluppano parecchio anche lateralmente. Il fusto è eretto, ramificato e può raggiungere un diametro di 3 m, la corteccia nelle prime fasi di sviluppo è liscia e di un colore grigio tendente al verde, mentre negli alberi adulti diventa marrone e presenta delle evidenti fessurazioni longitudinali. Le foglie sono caduche, alterne, di una caratteristica forma quadrata, lunghe e larghe 10-13 cm, provviste di un lungo picciolo, lisce, di un color verde brillante sulla pagina superiore, più chiaro inferiormente; in autunno prima di cadere le foglie assumono una colorazione gialla dorata. La foglia nella parte apicale è suddivisa in 4 lobi palmati, appuntiti e poco profondi. I fiori sono ermafroditi, grossi, solitari, di un colore verde-giallo con sfumature arancioni, lunghi 4-5 cm, eretti, a forma di coppa, che ricorda quella dei tulipani, e localizzati nella parte terminale dei rametti; la fioritura si verifica ad inizio estate, l’impollinazione è entomofila. I frutti sono stretti, simili a delle pigne, lunghi fino a 7 cm, formati da numerose samare contenenti i semi che in autunno maturano cadendo al suolo. Il legno è differenziato, tenero, di colore giallastro, resistente ai tarli, impiegato in ebanisteria, per strumenti musicali, mobili, compensati ed imballaggi.



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  5. gheagabry
     
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    SEQUOIA


    Albero di dimensioni maestose originario dell'America settentrionale. Ha fusto eretto e chioma conica, che diventa quasi cilindrica con il passare dei secoli; esistono esemplari di altezze vicine ai 90 m e con un tronco di diametro prossimo ai 10 m. La corteccia è marrone-rossastra, profondamente fessurata, molto spessa; i rami sono orizzontali, o rivolti verso il basso, con la parte apicale rivolta verso l'alto; le foglie sono aghiformi, con sezione triangolare, di colore grigioverde. In tarda estate produce piccole pigne tondeggianti, contenenti numerosissimi semi scuri, che possono rimanere sull'albero anche per molti anni. Questi alberi vengono utilizzati soltanto nei parchi, poichè necessitano di grandi estensioni di terreno; sono molto longevi e possono sopravvivere per secoli, la crescita è abbastanza veloce, soprattutto per i primi decenni di vita della pianta.

    "C’erano una volta le foreste di sequoie giganti. Alberi millenari, alti come il cielo, che si nutrivano di fuoco. Anche quando una sequoia cadeva al suolo la sua vita continuava attraverso generazioni di uomini. Si propagava nel terreno attraverso i rami. Nella valle arrivò la civiltà, la conoscenza, l’economia dell’accumulo, gli europei. Le sequoie divennero un fenomeno da baraccone, bucate, trasformate in archi giganteschi sotto i quali transitavano le prime macchine. Qualche macchia degli immensi alberi si salvò. Furono istituiti i primi parchi nazionali. Moderni zoo in cui osservare le piante. Per tutelare i boschi di sequoie sopravvissuti furono combattuti i frequenti incendi causati dai fulmini. Ma le sequoie si diradarono, iniziarono a morire per cause sconosciute. Si capì in seguito che la causa era la mancanza di incendi. Gli incendi eliminavano la flora in concorrenza con le sequoie. Gli incendi, bruciando le piante morte, arricchivano il suolo che invece si inaridì. Le sequoie sono ignifughe e non temono il fuoco. Non bruciano. Chi appoggia le mani al tronco ne può assorbire il calore."

    La luce si fa strada tra le gigantesche sequoie californiane (Sequoia sempervirens). Alcuni individui hanno più di 2500 anni...Fino a che altezza può crescere un albero? Secondo un gruppo di ricercatori californiani gli alberi non possono - teoricamente - superare i 130 metri di altezza. Quanto un grattacielo di 35 piani circa.
    Per avere un dato così certo (finora infatti la questione era rimasta tendenzialmente aperta) gli intrepidi studiosi si sono arrampicati sulla cima di 5 degli 8 alberi più alti del mondo, tutte sequoie, che si trovano nel parco di Humboldt Redwoods in California (USA).
    Sua altezza. Studiando lo stato di salute delle foglie delle zone più alte hanno notato che soffrono di penuria d'acqua. Quest'ultima, infatti, a causa della forza di gravità e della frizione con i vasi in cui deve scorrere difficilmente riesce a raggiungere altezze elevate in quantità sufficienti per un'efficiente fotosintesi clorofilliana e per alimentare adeguatamente le cellule. In particolare, nella sequoia californiana (Sequoia sempervirens) l'acqua non può venir trasportata oltre i 122-130 metri. Considerando il clima favorevole del parco e la composizione del suolo, i ricercatori hanno concluso che la stessa regola dovrebbe valere per tutti gli alberi del mondo. E questa sarebbe dunque la massima altezza raggiungibile da ogni albero.
    Nonostante il limite teorico, il più alto organismo vivente è ben sotto la soglia. Si tratta di una sequoia ribattezzata “Gigante stratosferico” che raggiunge l'altezza di 112,7 metri. Può dunque crescere ancora. Ed è proprio quello che si aspettano i ricercatori che negli ultimi anni ne hanno misurato una crescita media di 25 centimetri all'anno.
    Pollicione verde. La ricerca ha inoltre confermato quanto altri studi sulle sequoie hanno già sottolineato. Per esempio che il flusso di acqua e linfa nello xilema (il sistema circolatorio degli alberi) è molto lento. L'acqua ci può mettere anche 24 giorni per raggiungere la cima. Nei periodi di siccità, le sequoie fanno fronte alla “”sete” utilizzando le riserve d'acqua che conservano nel alburno, una zona proprio sotto la corteccia. E di acqua ne hanno veramente bisogno in quantità industriali. Per esempio un sequoia californiana di 45 metri utilizza 600 kg di acqua al giorno. Una cifra che ovviamente cresce in modo considerevole con l'altezza.
    (dal web)



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  6. gheagabry
     
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    Favole sul noce




    Storia del noce e di Yunus lo zoppo



    Abbiamo qui un amico è del villaggio di Kareak nel Cerkesc. Vi sono cose nascoste in lui come nei grandi libri. Ha interesse per la gente istruita per le notizie della radio e per gli indovinelli. Il suo nome : Yunus. Accende il nostro fuoco e ci porta dell’acqua.Noi parliamo con lui degli alberi e dei giorni. “Verranno con certezza i giorni più belli da vivere”. Intanto nelle nostre chiacchiere c’è la tristezza di un noce tagliato e venduto. Lo conosciamo il suo noce stava nel cortile a sinistra della porta. Yunus aveva sei anni quando è caduto da un ramo del noce per questo ha una gamba zoppa. I buoi amano gli zoppi perché gli zoppi vanno sempre pensando hanno buon cuore perché camminano a rilento i buoi amano gli zoppi. I noci non amano gli zoppi: non possono saltare fino ai frutti non possono arrampicarsi sugli alberi e scuotere i rami i noci non amano gli zoppi. Buffa storia l’amore: quelli che non sono amati non si buttano tutti a fiume necessariamente. Gli uomini sono esseri ingegnosi.Gli uomini sanno amare senza essere amati. Buffa storia l’amore, buffa storia quella del noce e di Yunus lo Zoppo. Lasciava cadere le noci in settembre, le foglie restavano verdi fino a novembre. e quando sopra la strada di Cerkesc l’ora della preghiera del mattino arrivava scintillando i suoi rami si risvegliavano più presto delle donne. Al sole la sua ombra era famosa al vento parlava solo e Yunus tutte le mattine passava sotto i suoi rami. Pensare, per Yunus, non era una cosa sacra né un’infelicità né una felicità. E la morte era per Yunus un villaggio dal quale certo non si ritorna ma sul quale non c’è niente da pensare. Lasciava cadere le noci in settembre, le foglie restavano verdi fino a novembre le radici andavano lontano sotto la terra i rami guardavano Yunus dall’alto era talmente alto e largo che se ti sdraiavi la notte accanto al tronco non vedevi le stelle. Yunus non sapeva perché di giorno le stelle si spengono e nemmeno che la terra è tonda e gira attorno al sole. Di tutto questo siamo stati noi a parlarne e lui non è rimasto a bocca aperta. Lasciava cadere le noci in settembre, le foglie restavano verdi fino a novembre non si poteva abbracciarne il tronco tenendosi per mano in tre e Yunus tutte le mattine passava sotto i suoi rami.
    Dei musulmani della Cina , dei rinoceronti col corno sul naso, dei microbi che vivono in una goccia a migliaia
    Yunus non aveva idea. Il giorno che lo imparò da noi non restò a bocca aperta. Lasciava cadere le noci in settembre, al sole la sua ombra era famosa al vento, parlava solo, le foglie restavano verdi fino a novembre.
    Un giorno mentre Yunus accendeva il fuoco e ci dava l’acqua gli abbiamo detto: “Siamo i tuoi servitori, Yunus,tu sei il padrone”. Fu allora che Yunus restò a bocca aperta. Lasciava cadere le noci in settembre al vento parlava solo era talmente alto e largo che non si poteva abbracciare dandosi la mano in tre. Se ti sdraiavi la notte accanto al tronco non vedevi le stelle la notte scorreva su lui come l’acqua le radici andavano lontano sotto la terra i rami guardavano Yunus dall’alto. “E’ pesante il lavoro al villaggio, sicuro e il corpo, te lo schiaccia. Siediti per terra e guarda da tutte le parti : chi sa in quale tana la sciagura è in agguato ti colpirà certamente, sfuggire è impossibile…” La sciagura ha colpito Yunus. “In questo mondo non abbiamo vissuto ce ne andiamo come siamo venuti. Istanbul è bellissima, m’han detto il Destino non mi ha permesso di vederla ma chi sa perché trenta case su sessanta non hanno pecore…” Yunus non aveva pecore. “La pietra che lanci non colpisce l’uccello che vuoi. Il mondo ormai va in treno. Il mondo non s’appoggia più tra le corna di un bue. Ma il bue per noi è mani e piedi è duro vendere il bue e morire a metà,senza il bue sei capace di tutto…” Il bue di Yunus fu venduto. “La fine delle strade per certo è vicina tutto quello che succede oggi è al di là della ragione. La terra è un pezzo di sapone: scivola tra le mani. Ogni creatura ha casa in qualche posto il lupo non ha casa in nessun posto quando la terra ti scivola dalle mani diventi un lupo…” La terra di Yunus gli è scivolata dalle mani. Lasciava cadere le noci in settembre le foglie restavano verdi fino a novembre al sole la sua ombra era famosa era alto e largo quanto voleva. Yunus pensa a lui di continuo più affonda e più se ne ricorda le sue radici eran lontano sotto la terra non domandava niente non esigeva niente parlava al vento tutto solo. La solitudine ha messo a terra Yunus il suo sudore è colato sulla terra di altri per paura che il suo noce sparisse di notte lo vegliava fino all’alba senza dormire. Le sue radici andavano lontano sotto la terra i suoi rami guardavano dall’alto Yunus. Di un bel noce si fanno delle mensole che si può fare di Yunus lo Zoppo? Vengono i grandi freddi, riparati se puoi del noce si fanno mensole non potrai resistere
    vendi il noce, Yunus. I galantuomini non tessono il kilim per quelli che non hanno niente peggio per il noce, Yunus, peggio per te. Nei grandi freddi i lupi sono affamati del noce si fanno mensole. La ragione entra con ritardo nella testa di un turco vendi il tuo noce, Yunus. I galantuomini non tessono il kilim per quelli che non hanno niente peggio per il noce, Yunus peggio per te. Per il lupo senza capanna era una capanna del noce si fanno mensole era mezzo albero mezzo uomo vendi il tuo noce Yunus. Come un morto tutto nudo è steso sulla neve del noce si fanno mensole gli tagliarono braccia e rami vendi il tuo noce Yunus, i galantuomini non tessono il kilim per quelli che non hanno niente peggio per il noce, Yunus peggio per te. “Il mattino appartiene a qualcuno il sole non resta sempre dietro le nuvole, i giorni più belli da vivere con certezza verranno…” Intanto nelle nostre chiacchiere c’è la tristezza
    Di un noce tagliato e venduto.
    (Nazim Hikmet)






    Le due sorelle e il grande noce

    Martina e Giorgia erano sorelle e si volevano molto bene. Era estate, il sole splendeva caldo e a loro piaceva stare insieme all’aria aperta. La loro casa era in collina, circondata da grandi prati verdi. C’era, poco distante, un grande noce sotto al quale amavano andare a giocare ed anche quel giorno ci andarono. Ma, quando l’albero le vide avvicinarsi, notò che avevano un visetto imbronciato e camminavano distanti l’una dall’altra. Capitava infatti, talvolta, che le due sorelle litigassero.
    Senza dirsi nulla sedettero sulle sue radici, appoggiandosi al tronco e voltandosi le spalle.
    Tacquero a lungo finchè l’albero, stanco di vedere quei due musi lunghi, disse “Care fanciulle, vorreste gentilmente esternarmi la ragione del vostro silenzio?”
    Le due bimbe fecero un salto, spaventate e senza capire da dove provenisse quella voce inaspettata.
    “Ma son io che parlo, non temete!” disse l’albero cercando di rassicurarle.
    Martina, che era la più grande delle due, rispose “Io chi! Non vedo nessuno! E comunque, chiunque tu sia, come parli difficile!”
    “Qui! Sopra di voi! State appoggiando le vostre grazie al mio tronco! Suvvia, son io… il noce!
    Le due sorelle, che nel frattempo si erano alzate, si guardarono stupite. Giorgia, incuriosita, domandò “Come! Sei l’albero? E parli?”
    “Certo!” rispose il noce. “Parlo poco, è vero. Soltanto quando serve. Sapete, son vecchio e da tanti anni non favello, per questo risulto poco comprensibile. Ma cercherò di far meglio…”
    “Io non sapevo che gli alberi parlassero. Non ne avevo mai sentiti prima d’ora.” disse Martina evidentemente meravigliata della scoperta.
    “Beh, ora lo sai. E adesso vorreste rispondere alla mia domanda, di grazia? Perché stavate in silenzio e con quei musi lunghi?”
    “Si, certo. Scusa. Non ci parlavamo perché abbiamo litigato.” disse Martina.
    “E per quale ragione, se posso permettermi?”
    “Perché Martina non voleva darmi la sua nuova bambola. Flora, delle Winx! Ci voleva giocare soltanto lei!” disse Giorgia con fare accusatorio.
    “Non è vero! Tu me l’hai strappata dalle mani e volevi portarmela via!” si difese Martina.
    Le due sorelle ricominciarono a litigare.
    Intanto il noce rimuginava tra sé e sé “Winx!? Cosa sono queste Winx? Devo proprio aggiornarmi un po’…”
    Quando si riscosse dai suoi pensieri si accorse che stavano ancora gridando.
    “Santa Fronda! Calmatevi!” intervenne. Ma dovette dare una bella scrollatina ai suoi rami per riuscire finalmente a farle smettere.
    Quando si furono calmate, disse “Ora, se ho ben capito, avete bisticciato per il possesso di una bambola? Tale Flora… di cognome Winx mi pare… non potevate giocarci tutte e due?”
    “No, la voleva tutta per sé!” disse Giorgia.
    “Non è vero!” esclamò Martina.
    “Insomma, basta! Non ricominciate! Suvvia!”
    Ad un certo punto l’albero iniziò a ridere e rideva sempre più forte.
    “Cos’hai da ridere?” chiese Martina.
    “Ah! Ah! Eh! Eh! Scusate… so di non essere cortese… Oh! Oh!…” non riusciva a smettere di ridere.
    Quando si fu calmato, finalmente potè spiegarsi.
    “Ridevo perché non capisco davvero come si possa discutere per una ragione tanto inutile!” e riprese a ridere “Ah! Ah!… arrabbiarsi per simili cianciafruscole! Eh! Eh!”
    “Ciancia…. che?!” esclamò Giorgia con fare interrogativo.
    “Cianciafruscole! Come dire… sciocchezze, banalità!”
    “Già, hai un bel dire. Tu non hai una sorella!” esordì Martina.
    Il grande noce si fece subito serio.
    “Certo che ho una sorella! Ed è la terra” disse stupito che le bambine non lo sapessero.
    “Tua sorella sarebbe la terra?” chiese Giorgia.
    “Non sarebbe: è!” rispose l’albero. “Non vedete come l’abbraccio con le mie radici? Perché le voglio molto, molto bene.”
    “E non litigate mai, voi due?” chiese Martina.
    “Perché dovremmo? Siamo stati uniti dalla natura. E questo significa essere necessari l’uno all’altra, è facile da comprendere. Ma forse, per voi umani, non è tanto scontato. Son qui da tanti anni e ne ho viste di cose. E ho capito che siete, senza offesa, un po’ egoisti. Volete le cose per voi soli e non capite che non serve a nulla. Tutto va condiviso, perché possa nascere un miglioramento. Vi perdete in ragionamenti complessi e non vedete quanto tutto sia semplice. Siete… confusi!” Disse l’albero. E aggiunse “Vi faccio un esempio: provate a pensare se io e sorella terra litigassimo per l’acqua che scende dal cielo. Mettiamo il caso che io la volessi tutta per me. In un primo momento sarei magari anche contento, poi inevitabilmente marcirei. E la terra seccherebbe. E non nascerebbero le noci.”
    “Ma le noci le fai tu, mica la terra!” dissero le bambine all’unisono.
    “Oh, vi sbagliate! Senza la terra non avrei il mio nutrimento. Non potrei trarre l’acqua di cui ho bisogno per vivere. Insomma, non potrei fare proprio nulla!. Ma soprattutto non sarei mai capace di fare quello per cui sono nato: le noci. Che sono importanti, sapete.”
    “E perché sono importanti?” domandarono.
    “Perché sono il frutto di una condivisione. Una nuova vita. Una verità. Che può stare anche dentro ad un guscio, qualche volta. Proprio come quella che avete scoperto oggi…”
    Le due bambine si guardarono e sorrisero.
    “Facciamo la pace?” chiese Martina.
    Giorgia le si avvicinò e si abbracciarono.
    Il grande noce si commosse, una foglia gli cadde da un ramo.
    “Ora, bambine, promettetemi che non litigherete più. Perché siete sorelle ed è naturale che vi vogliate bene. Soltanto così porterete i vostri frutti nella vita.”
    “Grazie caro noce! Ci hai fatto scoprire una bellissima verità!” dissero le bambine.
    “Venite a trovarmi ancora. Vi ascolterò con gioia. In quanto al parlare… sapete che lo faccio soltanto in casi eccezionali! Ciao piccole.”
    Lo accarezzarono sulla sua ruvida corteccia prima di tornare a casa.
    Da allora ogni giorno, anche in inverno, Giorgia e Martina vanno sotto al grande noce a raccontargli gli avvenimenti delle loro giornate.
    E’ silenzioso, ma loro sanno che è contento.
    (madeleine, dal web)



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    Edited by gheagabry - 23/10/2011, 13:37
     
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  7. gheagabry
     
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    HICKORY BIANCO


    L’Hickory bianco (Carya ovata) è un albero latifoglie, parente stretto del Pecan, originario del Nord America, introdotto in Europa nel ‘600 e appartenente alla famiglia delle Juglandaceae. La chioma è espansa più in verticale che in orizzontale, il tronco è dritto con la corteccia grigia caratteristica negli esemplari di una certa età, molto ornamentale, sfaldata in placche che prima di cadere si sollevano dal fusto...Alla corteccia che si sfalda è dovuto il nome comune della specie, Carya, dalla corteccia irsuta.......Foglie pinnate, con in genere 5 foglioline affusolate e dentate all'apice, lunghe fino a 20 cm, giallo-verde scuro nella parte superiore, giallo-dorate e marroni in autunno...gemme invernali con squame scure, espanse all'apice...Fiori piccoli e senza petali, in amenti, maschili giallo-verdi, con 3 rami penduli lunghi fino a 13 cm; femminili insignificanti.
    Frutti a noce, con scorza spessa, dolci, commestibili, biancastri, chiusi in un guscio verde, lunghi 6 cm con 4 scanalature


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  8. gheagabry
     
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    La JACARANDA



    Il genere Jacaranda, sicuramente il più conosciuto e diffuso della famiglia delle Bignoniaceae comprende piante originarie dell'America centrale e meridionale in particolare del Brasile, Paraguay e dell'Argentina.
    Si tratta di piante che ricordano le minose, a foglie decidue (che vengono perse in determinati periodi dell'anno), a portamento arboreo o arbustivo, di aspetto molto elegante, caratterizzate da foglie molto grandi, opposte, bipennate, picciolate, costituite da numerose foglioline lanceolate e terminanti con una punta. Fiorisce a partire dalla tarda primavera e si può avere una seconda fioritura in autunno. Produce dei fiori di colore violetto, tubolari, lunghi 5 cm, ermafroditi, riuniti in infiorescenze a pannocchia che appaiono prima della comparsa delle foglie.
    I frutti sono delle capsule bivalve di colore marrone scuro e contengono al loro interno diversi semi alati.
    E' anche conosciuta con il nome di falso palissandro. Il suo legno viene usato in ebanisteria per la produzione di pianoforti e chitarre.
    In Andalusia è stato adottato come ornamento dei viali cittadini e si può trovare praticamente un po' ovunque.
    In considerazione del fatto che la Jacaranda è una pianta molto decorativa, a rapida crescita e che non ha grossi problemi di coltivazioni e resiste bene all'inquinamento in molti paesi è stata adottata come pianta per le alberazioni stradali. Però, secondo l'IMAC (Iniciativa Mexicana de Aprendizaje para la Conservacion) questa pianta ha il grosso svantaggio che, data l'abbondante fioritura e quindi l'abbondante produzione di semi, questi cadendo nel terreno, formano dei veri e propri tappeti erbosi, provocando seri problemi alle fognature ed inoltre essendo una pianta molto adattabile e a rapida crescita, soppianta molto rapidamente le altre popolazioni vegetali.
    (elicriso)



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  9. gheagabry
     
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    ACERO GRIGIO


    E'piccolo albero a foglie caduche, originario dell’Asia centrale; ha fusto corto e ben sviluppato, con corteccia decorativa, di colore bruno rossiccio, o aranciato, che tende con il tempo a sfogliarsi in sottili lamelle, sia sul fusto che sui rami di almeno 2-3anni. La chioma è ben sviluppata, tondeggiante o a vaso, non eccessivamente densa; le foglie sono profondamente incise in tre lobi ovali, appuntiti, leggermente seghettati, di colore verde scuro, leggermente rugose e con venature molto evidenti. Durante la stagione tardo autunnale l’acer griseum assume una colorazione molto vistosa, rosso arancio, che persiste per alcune settimane. In primavera produce piccoli fiori verdastri o gialli, riuniti in grappoli, poco appariscenti; in autunno maturano i frutti, le tipiche samare alate prodotte dagli aceri.

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  10. gheagabry
     
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    L'albero dei fazzoletti


    La Davidia Involucrata...(nome comune: Albero dei fazzoletti), è un albero appartenente alla famiglia delle Nyssaceae, originario delle regioni orientali cinesi. Si presenta con fusto eretto, gli esemplari adulti possono raggiungere i 20 metri di altezza.
    La chioma di forma piramidale negli esemplari giovani, tende ad arrotondarsi con il passare degli anni, rimanendo sempre molto densa e ramificata.
    Il tronco con corteccia marrone-arancio tende a tende a produrre ramificazioni fino in prossimità della base.
    In Europa e nel nostro paese si è diffusa a scopo ornamentale, grazie anche ai fiori con vistose brattee bianche.
    Foglie: decidue, lunghe fino a 15 cm. e larghe 12, cuoriformi con dentellatura appuntita, di colore verde lucido sopra e con peluria sottile nella pagina inferiore. L’apice è acuminato e la base tende quasi ad avvolgere il picciolo, lungo qualche centimetro.
    Corteccia: di colore marrone-arancio si sfalda verticalmente in piccole lamine.
    Fiori: unisessuali, piccoli, riuniti in piccole infiorescenze a capolino di forma rotonda, largo circa 2 cm. Di colore viola-porpora circondati da 2 brattee bianche diseguali, la più lunga fino a 20 cm. Fioriscono nel mese di Maggio.
    Frutti: rotondi, larghi 2,5 cm., di colore verdognolo con macchioline giallo-rossastre, diventano bruno-fulvo a maturazione..
    A fine primavera si copre di spettacolari “fiori” bianchi che si muovono al vento.Per questa caratteristica da alcuni può essere conosciuto come “albero dei fazzoletti” o "albero delle colombe".
     
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  11. gheagabry
     
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    L'albero dei cervi


    L’albero dei cervi appartiene alla famiglia delle Leguminose, al genere Gymnocladus ed alla specie dioica. È un albero di dimensioni medio grandi, alto fino a 20 m, caratterizzato da uno sviluppo abbastanza rapido, infatti un esemplare di 10 anni raggiunge i 4 m di altezza, e da una notevole longevità. Il tronco è eretto e può superare il diametro di 1 m, la corteccia è di color grigio scuro, squamosa e col passare degli anni si formano delle fessurazioni profonde; le radici sono fibrose.
    A partire dai 3 m d’altezza il fusto si ramifica in 3-4 branche robuste che formano una chioma piramidale, la quale può raggiungere una larghezza di 12 m; le gemme sono rivestite da una peluria marrone. L’albero dei cervi è una pianta dioica, per cui i fiori maschili e femminili si trovano su piante diverse. I fiori sono di color bianco verdastro, di piccole dimensioni e riuniti in infiorescenze, quelle femminili pendule, lunghe 30 cm e profumate, mentre quelle maschili sono erette, più dense e lunghe 10 cm; la fioritura si verifica nel mese di giugno. I frutti sono dei legumi di colore marrone scuro, lunghi 20-25 cm e larghi 3-4 cm, contenenti 6-10 grossi semi scuri, circondati da una polpa spessa e marrone; i semi giungono a maturazione nel mese di ottobre. Per la formazione dei frutti è necessaria la presenza di impollinatori maschili, visto che l’albero dei cervi è una pianta dioica.
    I semi se consumati crudi sono tossici sia per l’uomo che per gli animali, per cui devono essere sottoposti ad una tostatura ad una temperatura di 150 °C per 3-4 ore in modo da eliminare le sostanze tossiche. I semi tostati venivano utilizzati dagli indigeni americani per la preparazione del caffè del Kentucky, una bevanda molto amara, infatti negli Stati Uniti l’albero dei cervi è noto come Kentucky coffee tree. I semi tostati sono dolci, ricordano il sapore del caramello e possono essere un surrogato del caffè, con la differenza che non contengono caffeina.
     
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  12. gheagabry
     
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    L'AILANTO


    L’ailanto, denominato anche albero del paradiso, appartiene alla famiglia delle Simarubacee, al genere Ailanthus ed alla specie altissima. È un albero di grosse dimensioni, alto 20-30 m,
    caratterizzato da uno sviluppo molto rapido e da una longevità piuttosto breve, infatti sopravvive al massimo per 80 anni; ha una forte attitudine pollonifera. Le radici sono profonde,
    ramificate e molto espanse. Il tronco è eretto e ramificato, la corteccia è di color grigio chiaro, liscia e provvista di lenticelle sugli esemplari giovani, mentre diviene più scura e leggermente
    fessurata sugli alberi adulti; la chioma è ampia ed irregolare. L’ailanto è una pianta dioica, per cui i fiori maschili e femminili si trovano su piante diverse. I fiori sono di piccole dimensioni, profumati, di un colore bianco-giallastro e riuniti in infiorescenze a pannocchia, lunghe oltre 30 cm, localizzate all’apice dei germogli. La fioritura si verifica ad inizio estate, l’impollinazione è entomofila, operata dalle api o da altri insetti pronubi. Il frutto è una samara rosso scura costituita da un seme alato lungo complessivamente 3-4 cm e largo circa 1 cm. Per la formazione dei frutti è necessaria la presenza di impollinatori maschili, visto che l’ailanto è una pianta dioica.In Cina l'ailanto è simbolo dell'elevazione spirituale.
    In Europa, forse per lo stesso motivo, queste piante erano un tempo particolarmente diffuse nei piazali antistanti i conventi e nei giardini delle canoniche.
    Il nome ailanto ha due probabili origini; la prima dal francese "ail = aglio" e dal greco "anthòs = fiore" in riferimento allo sgradevole odore agliaceo emanato dalle foglie quando vengono stropicciate; la seconda dal vocabolo cinese "ailanto" che significa "albero del cielo", o "albero del paradiso".
     
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  13. gheagabry
     
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    L'ALBERO dei ROSARI


    L’albero dei rosari, denominato anche melia, appartiene alla famiglia delle Meliacee, al genere Melia ed alla specie azedarach. È un albero di medie dimensioni, alto 12-15 m, caratterizzato da una crescita piuttosto rapida e da una forte attitudine pollonifera; la chioma è compatta e tondeggiante. Il tronco è eretto o leggermente tortuoso, la corteccia è di colore grigio scuro e presenta delle fessurazioni longitudinali, i rami
    giovani sono pelosi e rossicci. Le foglie sono caduche, opposte, composte, provviste di un lungo picciolo e lunghe complessivamente fino a 50 cm; il picciolo principale si ramifica in piccioli più brevi sui quali si inseriscono 2-3 coppie di foglioline, più una apicale, lisce, con una pagina superiore di color verde scuro, mentre inferiormente sono più chiare. I fiori sono ermafroditi, di piccole dimensioni, gradevolmente profumati, di colore viola e riuniti in infiorescenze a grappolo; la fioritura inizia nel mese di maggio, protraendosi fino a luglio. I frutti sono delle drupe rotonde, aventi il diametro di 1 cm, che maturano a fine autunno assumendo una colorazione giallo dorata ed in seguito alla permanenza sulla pianta durante l’inverno divengono rugosi e biancastri. La melia preferisce i climi temperati, però si adatta bene anche a quelli caldi e secchi in quanto sopporta le temperature elevate; possiede anche una buona tolleranza al freddo.
    La melia è una pianta tossica per l’uomo in quanto in tutte le sue parti contiene delle potenti sostanze neurotossiche, concentrate maggiormente nei frutti, infatti basta ingerire poche drupe per provocare la morte nel giro di una giornata; i sintomi dopo qualche ora possono essere vomito, diarrea, attacchi cardiaci e dolori allo stomaco. Inoltre queste sostanze risultano repellenti nei confronti degli insetti, infatti l’impollinazione non è entomofila. Infusi a base di foglie e frutti sono utili per allontanare i parassiti dalle piante ed insetti come mosche e zanzare dalle case.
    Questa pianta è denominata albero dei rosari perché è provvista di semi forati centralmente, per cui si utilizzano per fabbricare le collane da rosario. Il legno resiste all’acqua ed è immune dai tarli, viene impiegato in ebanisteria e per la costruzione di attrezzi sportivi. Nella corteccia è contenuta una sostanza alcaloide detta margosina, caratterizzata da un’azione purgativa ed antielmintica.
     
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  14. gheagabry
     
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    LIQUIDAMBAR

    Alberi color dell'oro


    I Liquidambar sono alberi estremamente interessanti appartenenti alla famiglia delle Altingiaceae o Amamelidaceae a seconda della classificazione adottata, il cui nome significa “ambra liquida” dato che incidendone la corteccia lasciano fuoriuscire una resina detta storace che bruciata produce un profumo molto persistente. Le specie di Liquidambar sono quattro....Liquidambar acalycina proveniente dalla Cina e alto sino a 30 m, dalla crescita rapida e foglie trilobate che appena spuntate sono color porpora, poi virano al verde in estate, e infine diventano bruno porpora in autunno. Le gemme sono appuntite e pelose, la corteccia liscia...Liquidambar formosana proveniente dall’isola di Taiwan. Di difficile coltivazione rispetto agli altri congeneri. Vigoroso, a foglie rugose al tatto divise in 3-5 lobi dentati, con corteccia senza sughero ma ruvida. Colorazione autunnale basata sul giallo più o meno brillante con tocchi di rosso e arancio..... Liquidambar orientalis originario dell’Anatolia, dalla spettacolare colorazione. E’ alto solo fino a 7 m e caratterizzato dall’accrescimento particolarmente lento. Il fusto è molto suberificato. La foglia è a 5 lobi affusolati, più piccola che negli altri Liquidambar, di varie tonalità di verde in estate, e quando è esposta alla luce diretta del sole tende a imporporarsi a livello di nervature e pagina inferiore. La colorazione autunnale va dal giallo al rosso estremamente acceso in tante tonalità differenti, e le foglie tendono a restare a lungo sulla pianta..... Liquidambar styraciflua la più conosciuta e ibridata della quattro specie. Originario di Florida e Messico dove arriva a 40 m di altezza. Le foglie semplici e acuminate sono lunghe circa 15 cm, divise in 5-7 lobi, con il margine seghettato, di color verde in estate poi intensamente pigmentate in autunno (gialle, porpora, viola, arancio). La chioma è piramidale a maturità. La corteccia dapprima è grigia e liscia, poi col tempo diventa rugosa e brunastra. Il fusto è dritto e slanciato.

    "A inizio autunno, quasi all'improvviso, si vestono con i colori del tramonto: rosa, gialli, arancio, rossi. E il saluto che i Liquidambar rivolgono alla bella stagione dai viali di città come dai giardini di tutta Italia. Una sinfonia di sfumature estremamente variabile, non solo da pianta a pianta, ma anche su uno stesso esemplare. Le tinte infatti dipendono dalla temperatura (bruschi abbassamenti intensificano le tonalità rosse), dalle piogge, che ne smorzano l'intensità, dalla posizione sulla pianta, perché le foglie maggiormente esposte ai raggi solari si tingono di porpora, mentre quelle in penombra conservano sfumature giallo-verdi. Ma i Liquidambar in questa stagione si fanno notare anche per un profumo particolare, simile a quello della cannella, che avvolge chi li avvicina. Il responsabile è lo "storace", un succo balsamico e vischioso presente nella corteccia, che ha ispirato il nome scientifico del genere: da liquidus, liquido, e ambar, ambra. Utilizzato in farmacologia come antipiretico e antidolorifico, e nell'industria dolciaria come additivo del chewing-gum, rende il legno aromatico, tanto che i cinesi lo utilizzano per confezionare le scatole che contengono il tè.

    Apprezzati in tutto il mondo per la loro rusticità, oltre che per la bellezza, i Liquidambar furono citati per la prima volta agli inizi del Cinquecento dall'esploratore Bernal Dias del Castillo, compagno di Cortez in Messico. Lo spagnolo raccontò come le foglie fossero abitualmente mescolate al tabacco, forse per aromatizzarlo, e fumate in grosse pipe. E solo nel 1681, però, che la specie Liquidambar styraciflua fu introdotta in Europa, in un giardino nei pressi di Londra. Per lungo tempo comunque questi alberi furono spesso confusi con gli aceri, nonostante le foglie palmate dei primi siano alterne, mentre quelle dei secondi sono opposte. Attualmente, sgombrato ogni dubbio sistematico, il genere è suddiviso in quattro specie, dalle quali, grazie alla facilità di ibridazione, sono state ottenute numerose varietà."
    (Maria Cristina Zaza, Gardenia ottobre 2007)
     
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  15. gheagabry
     
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    L'ALBERO DEI SIGARI


    La Catalpa (o Albero dei sigari) e' una pianta originaria degli Stati Uniti centromeridionali e orientali, dove si trova in boschi di latifoglie in zone a clima temperato-caldo. Introdotta in Europa nella prima metà del Settecento a scopo ornamentale, si trova anche allo stato spontaneo. Albero a foglie caduche di media grandezza.. ha fusto corto, molto ramificato, e chioma generalmente larga ed arrotondata; la corteccia è verde-marrone, scura, rugosa; ha crescita abbastanza rapida, ed è molto longevo, gli esemplari molto vecchi possono raggiungere gli 8-10 m di altezza. Ha foglie molto grandi, 20-25 cm di diametro, di colore verde chiaro sulla pagina superiore, più chiare e leggermente pubescenti sulla pagina inferiore, cuoriformi, rugose, con un lungo picciolo. In tarda primavera produce numerose pannocchie erette, composte da fiori a forma di campana, bianchi, con puntini arancioni e striature rosse, intensamente profumati; alla fine dell'estate produce lunghi baccelli, contenenti numerosi semi, che rimangono sulla pianta per tutto l'autunno e per gran parte dell'inverno. C. b. aurea ha foglie verde-dorato, C. b. variegata purpurea produce foglie di color porpora-marrone, che divengono verdi con il passare delle settimane.
     
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161 replies since 15/2/2011, 19:38   42262 views
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