ALBERI e ARBUSTI DA FRUTTO e a volte ....

PESCO, CILIEGIO,PERO, ALBICOCCO ECC

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  1. gheagabry
     
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    MAQUI, il mirtillo della Patagonia

    Aristotelia_chilensis_-_VanDusen_BotanicaIl Maqui, nome scientifico Aristotelia chilensis, appartiene alla famiglia delle Eleocar-
    paceae, che conta 10 generi con circa 400 specie diffuse nei climi tropicali e temperati dell’Asia, Australasia, zona pacifica e Sudamerica, eccetto Africa.
    È un arbusto sempreverde dioico di 4-5 m, originario del Cile, endemico dei boschi subantartici. Cresce fino ai 2.500 m, nelle isole di Juan Fernández e in Argentina. E' una pianta eliofila e dioica dai fiori bianchi, pioniera delle zone disboscate o incendiate. Cresce in terreni umidi con abbondante humus. s. Il fusto può arrivare fino a 5 metri di altezza con una corteccia liscia; le foglie sono di colore verde brillante, variegate di giallo all’esterno, opposte e lanceolate. I fiori sonoraggruppati in grappoli e la fioritura avviene tra settembre e dicembre. I frutti sono delle bacche di colore rosso scuro o violaceo, dal sapore dolciastro, molto simili al mirtillo e maturano da dicembre a gennaio. Una pianta adulta di Maqui produce appena 10 kg di frutti ogni 7 anni, e questo nonostante sia un arbusto sempreverde, molto ramificato ed esteso. Ciò avviene a causa delle condizioni proibitive in cui si sviluppano tali frutti: temperature fredde, esposizione all'ozono, e venti violenti. Le bacche sono ricche di antocianine (cianidine e delfinidine), sostanze antiossidanti responsabili della loro colorazione purpurea e, con tutta probabilità, di molte delle proprietà medicinali che gli vengono attribuite.
    Bacche-di-maqui

    In Cile non si realizza una produzione industriale e la maggior delle bacche viene raccolta da piante selvatiche (90.000 kg all’anno). Il sapore del frutto è dolce e assomiglia al sambuco. Fu introdotta nella zona sud-est dell’ Inghilterra nel 1700 e all’inizio del ‘900 negli Stati Uniti, a Seattle, Washington nel 1952 e in California, dove la chiamano “Chilean wineberry”. Viene coltivata prima in vivaio, poi viene piantata in suoli acidi o leggermente alcalini al sole e a mezz’ombra. Può resistere a temperature minime fino -10. Si propaga per seme o per talea.

    Le sue innumerevoli qualità rendono le Bacche di Maqui il sovrano indiscusso della famiglia delle cosiddette "superbacche", sopra a goji, mirtili, cranberry, sambuco, ribes ed acai, nonchè il miglior alleato a tua disposizione per contrastare l'infiammazione cellulare, di ossa e articolazioni. Anche alle foglie sono riconosciute proprietà officinali per via degli alcaloidi. In Cile le bacche del Maqui vengono usate per preparare succhi di frutta, marmellata e gelati. Sono commercializzate sotto forma di succhi e infusi.
    E' una pianta usata abitualmente nella medicina popolare mapuche, popolo precolombino del sud del Cile. I frutti del Maqui, oltre a essere un alimento, sono l’ingrediente base di una bibita alcolica chicha, che in mapuche è chiamata teku e vengono usati per colorare il vino. Questa pianta è sacra per i mapuche e simbolizza le intenzioni pacifiche.
    Dai frutti si estrae un colorante naturale a partire delle antocianine, pigmenti rossi delle bacche. Recentemente si è scoperto che la bacca e le foglie del Maqui hanno un’importante attività antitumorale e antibatterico. Ricerche recenti hanno riscontrato una capacità antiossidante dell’infuso delle foglie.


    bacca-di-superfood-maqui-antiossidante-superfoods-mapuche-indi"Esiste un’isola montuosa al largo della costa della Patagonia cilena che preserva un tesoro. È un dono che viene direttamente dalla natura e l’isola è quella di Robinson Crusoe, celebre personaggio della letteratura ispirato alla storia di un naufrago vero, che appunto in questo isolotto soggiornò. Il tesoro è il maqui: un bacca ricchissima di polifenoli, potenti antiossidanti contro i radicali liberi e valido aiuto contro l’infiammazione cellulare.
    Stando all’atlante, l’isola in questione fa parte dell’arcipelago delle Isole Juan Fernandez: fino al 1966 si è chiamata Isla Mas a Tierra, in italiano “più verso terra”, poi in quella data il governo cileno le cambiò il nome in “Isla Robinson Crusoe” in onore del personaggio che l’ha resa celebre al mondo, mentre l’isola vicina, originariamente detta Isla Mas a Fuera, divenne “Isla Alejandro Selkirk”, dall’identità del naufrago, Alexander Selkirk.
    Selvaggia e impervia, l’Isola di Robinson Crusoe è lunga circa 20 chilometri. “Le coste, molto frastagliate e irregolari, sono per lo più alti dirupi a picco sul mare, disseminati di profonde spaccature e anguste insenature. [..]Di origine vulcanica, l’isola è caratterizzata da un continuo sovrapporsi di monti, picchi, creste e vette dalle pareti proibitive e strapiombanti, alternate a valli profondamente incise dall’erosione”.
    Così la descrive Alberto Zampetti nel suo libro “I Polifenoli del Maqui”, un volumetto edito da Sanihelp.it ...Grandi mangiatori di maqui sono gli indiani Mapuche, che abitano il Cile. I Mapuche sono gli unici indiani d'America mai sottomessi dai conquistatori europei, durante la grande colonizzazione delle Americhe. Si narra che sia stato proprio il maqui a fare di questi indiani degli instancabili e fortissimi guerrieri. Pare, infatti, che queste tribù facessero un grande uso non solo del frutto, ma anche delle foglie."


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    Edited by gheagabry1 - 13/10/2019, 17:04
     
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  2. gheagabry
     
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    “Clare percorre con lo sguardo il profilo della città incorniciato dalla finestra della sua camera d’albergo. … tiene una bottiglietta d’acqua in mano … sorseggia l’acqua, morde la melarosa che ha lavato dopo averla presa dal cestino della frutta e si gode il rumore secco che fanno i suoi denti penetrando nella polpa croccante e bianca come una perla. Il suo palato pizzica. Da anni non ne mangiava una. … Il nome thailandese del frutto riemerge dagli abissi della sua memoria: chompoo.” (Cortina di pioggia, Tew Bunnag, Editore Metropoli d’Asia)

    LA MELAROSA


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    La Melarosa è il frutto dell’albero di Syzygium jambos. Ha diversi nomi comuni, ciò riflette il gran numero di regioni in cui si cresce come albero giardino o frutta o come un invasore: ಪನ್ನೇರಳೆ , Malabar Plum , champakka , Chom pu o Chom-Phu . Termini come "prugna rose", "acqua di mele", "mela Malay", "jambrosade", e "Pomarrosa", o l'equivalente inglese, "rose apple". La pianta è originaria del sudest asiatico ed è molto diffusa in India, in particolare nello stato di Kerala può raggiungere i 15 metri d’altezza, con una tendenza a bassa ramificazione. Le sue foglie e rametti sono glabri e la corteccia, marrone scuro, è abbastanza liscia. Ha foglie simili a quelle dell’eucalipto, coriacee e a volte pendenti, e sviluppa caratteristici fiori bianchi o verdastri
    Le foglie giovani sono un rosso lucido quando cresce, ma diventano di colore verde scuro a maturità.I fiori sono piccoli grappoli terminali, bianco o bianco-verdastro.
    Il frutto commestibile somiglia ad una piccola pera o a un guava, ha colore che oscilla tra il giallo ed il rosso. La fragranza, il sapore e la consistenza sono differenti, e invece di contenere decine di piccoli semi duri, immersi in un tessuto gelatinosa, come i guava, frutto contiene di solito una o due grandi, semi non armati. Scuotendo il frutto, se i semi sembrano un sonaglio, indica che è maturo. La pelle è sottile e pruinosa. Il frutto maturo ha un forte, piacevole bouquet floreale.
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    Ci sono molte varietà di melarosa. In Thailandia la più comune varietà coltivata ha un frutto verde pallido. Le varietà malesi hanno generalmente pelli rosse. In molte regioni la frutta è una tonalità di giallo pallido, spesso con un leggero rossore. La pelle è sottile e cerosa, e il nucleo cavo contiene una piccola quantità di lanugine. La polpa è croccante ed acquosa, e il sapore è caratteristico ed ha descrizioni fantasiose come: "come un incrocio tra nashi e peperone, con un delicato profumo di rosa e un po con il retrogusto amaro.

    Ricco di vitamina C, il frutto può essere mangiato crudo o utilizzato in varie ricette regionali. Nei paesi del sud-est asiatico è spesso servito con zucchero speziato. Si realizzano marmellate o gelatine con succo di limone aggiunto, o più frequentemente è conservato in combinazione con altri frutti di sapore più pronunciato. Si usa fare uno sciroppo che serve come salsa o per aromatizzare bevande fredde.

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    In Giamaica, i frutti a fette vengono canditi con una stufatura con sciroppo di zucchero e cannella.

    L'albero è variamente ricco di tannini che sono di un certo interesse antimicrobica. Alcune parti della pianta sono utilizzate nella medicina tradizionale regionale.
    Il legno è denso e di conseguenza viene usato come fonte di carbone, oltre ad utilizzarlo per fare mobili, travi per costruzioni, telai per strumenti musicali.
    I fiori sono una ricca fonte di nettare per le api e il miele è di un bel colore ambrato. Molto proviene dalla valle del fiume San Cristobal a Cuba.
    Con semi rimossi, si può ottenere una "acqua di rose" uguale al migliore ottenuto da petali di rosa. I rami flessibili sono stati impiegati a Puerto Rico per fare i cerchi per le grandi botti, e si usano per confezionare cesti.
    La corteccia è utilizzata per la concia e produce un colorante marrone. Si produce un olio giallo essenziale, distillato dalle foglie, utilizzato nell'industria dei profumi.



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    Edited by gheagabry1 - 13/10/2019, 16:58
     
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    5 consigli per coltivare i mirtilli

    mirtilli

    5 consigli per coltivare i mirtilli da soli e godere dei loro benefici. Parliamo di una pianta da frutto che ha bisogno di specifiche cure per essere coltivate. E’ in grado di regalare mirtilli molto buoni ma deve essere gestita in modo ottimale.

    1. Terreno
    E’ la parte più importante da curare. E’ necessario che il PH della terra utilizzata sia compreso tra 4,5 e 5,5. E’ necessario quindi analizzare il suolo, lasciando perdere l’idea di coltivare questa pianta se il PH è superiore a 6,5: in questo caso è infatti difficile apportare correzioni tali da concedere una coltivazione di mirtilli di successo.

    2. Concimazione
    Come pianta il mirtillo necessita di una concimazione specifica di tipo organico e minare. E’ necessario impiegare del letame maturo accompagnato da fertilizzanti a base di fosforo e potassio per favorire la fioritura e la fruttificazione.



    3. Filare rialzato
    La particolarità del filare rialzato per i mirtilli è uno dei punti cardine poco conosciuti di questa coltivazione. Non è solo un fattore di comodità in caso di eventuali pacciamature: esso è principalmente pensato per evitare i ristagni di acqua, deleteri per le radici e di conseguenza per lo sviluppo della pianta stessa.

    4. Semina
    Il momento adatto alla coltivazione dei mirtilli cade in autunno ed in primavera. Più nello specifico nei mesi di novembre – dicembre e marzo-maggio. In questo modo si evitano di affrontare i periodi più critici.

    5. Torba
    Essa è importante per rendere coltivabile a mirtilli il terreno: è necessario averne una profonda conoscenza al fine di gestire correttamente la sistemazione del PH del suolo.

    fonte:http://www.pollicegreen.com/

     
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  4. gheagabry
     
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    I fiori di prugno quando su di essi fiocchi la neve.
    (Sei Shonagon)

    L'ALBERO DI UME

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    Prunus mume è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rosaceae. Il nome della pianta è Ume in giapponese; 梅; Maesil in coreano. Nonostante la pianta sia originaria della Cina, fu coltivata sin da tempi antichissimi in Corea ed in Giappone. Si può considerare una forma intermedia tra un pruno ed un albicocco. È un piccolo albero alto da 4 a 6 m con corteccia di colore grigio verdastro. Le foglie sono decidue, alterne, a lembo ovale acuminato con bordi finemente dentellati, lunghe da 5 a 8 cm.
    Il fiore è formato da 5 petali, numerosi stami ed ha diametro che varia da 1 a 3 cm. Sono solitamente bianchi, anche se possono essere rosa o rosso intenso; la fioritura precede la foliazione. I frutti sono delle drupe sferiche di circa 3 cm di diametro, con un solco dal picciolo alla punta, analoghe a quelle dell'albicocco. La buccia del frutto inizialmente verde, passa al giallo a maturità, a volte con delle sfumature rosse. La polpa è gialla.In Giappone, i frutti maturano all'inizio dell'estate. La maturazione dei frutti coincide in Giappone con la stagione delle piogge di Jiangnan, Tsuyu (梅雨).
    In Giappone, le piante di Ume da coltivazione sono divise in yabai (letteralmente, "Ume selvatico"), hibai ("Ume rosso"), e bungo ("provenienti dalla Provincia di Bungo"). Le piante bungo sono soprattutto coltivate per i frutti, si crede siano il risultato di una ibridazione tra l'Ume e l'albicocco. Le piante hibai hanno il durame rosso e per la maggior parte hanno anche fiori rossi. Le piante yabai (selvatiche) per la loro robustezza sono usate spesso come portainnesto.

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    La pianta ha fioritura, in Giappone, tra le più precoci (Gennaio o Febbraio); i fiori sono piccoli ma la fioritura è abbondante ed abbastanza vistosa; essa avviene, come detto, prima della foliazione (come quasi tutti gli altri fruttiferi delle rosacee). I frutti sono già grossi intorno a giugno quando vengono raccolti ancora acerbi per essere lavorati. L’usanza di raccoglierli acerbi si diffuse a causa dello tsuyu, un monsone che colpisce l’arcipelago nipponico a cavallo del solstizio d’estate. Per evitare che il raccolto andasse perduto a causa delle forti piogge, nacque l’abitudine di cogliere gli ume ancora acerbi e si svilupparono metodi per conservarli e poterli consumare. Altri raccontano che l’ume e le sue preparazioni furono introdotti dalla Cina assieme al buddhismo, agli ideogrammi.

    Questo albero produce una piccola susina che, salata, diviene un succulento componente della dieta nipponica, accompagnato al riso: quando è salato si chiama umeboshi e spesso è nel cuore dell' onigiri. In Giappone il succo dei frutti viene estratto tenendo i frutti sotto zucchero e serve come base per una bevanda rinfrescante, dal sapore agrodolce, spesso usata in estate. In Corea, il succo di Maesil', che è commercializzato come una bibita salutare,
    L'Umeshu (梅酒, a volte tradotto come "succo di pruno") è una dolce bevanda alcolica giapponese e coreana prodotta immergendo i frutti verdi in shochu (燒酎, un liquore). I frutti vengono anche utilizzati per aromatizzare l'aceto (umezu o umesu).

    ...storia, miti e leggende...

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    L'albero di Ume è coltivato in Cina da circa 3000 anni, per i suoi fiori e per i i suoi piccoli frutti ed è con questa pianta che gli abitanti dell'arcipelago giapponese iniziarono a fare "hanamii" che letteralmente vuol dire osservare i fiori; i nobili della corte imperiale, già nel VI-VIII secolo nel periodo Nara, durante i mesi invernali, iniziavano ad ammirare i fiori di Ume ed a questi dedicavano poesie.
    Nel Man'yōshū, la raccolta di poesia più antica della letteratura giapponese risalente al periodo Nara, si possono contare un numero maggiore di componimenti dedicato a questo fiore piuttosto che a quelli del ciliegio; fare, invece, hanami, ammirando i fiori di sakura, è un gusto che diviene preponderante uno o due secoli dopo, durante il periodo Heian, quando la capitale si trasferisce in modo stabile a Kyoto, come si deduce leggendo il Genji monogatari e la raccolta poetica Kokinwakashū dove il numero di poesie dedicate ai sakura è ben superiore a quello dedicato ai fiori di ume.

    Che questa pianta sia molto importante nella cultura Giapponese lo si vede anche dal suo inserimento in importanti giardini come quello del Kitano Tenman-gu a Kyoto che ne conta 1500 differenti tipi i quali fioriscono dai primi di febbraio alla fine di marzo. Altrettanto importante è il giardino limitrofo al castello di Osaka, dove 1300 alberi di ume fioriscono tra la metà di febbraio e la fine del mese di marzo per lasciare poi il campo al fiorire dei ciliegi.
    Altra testimonianza dell'importanza del fiore di ume per questo hanami anticipato è la storia di Sugawara no Michizane, poeta studioso ed uomo politico giapponese del X secolo che fu esiliato a Dazaifu nei pressi di Fukuoka dove scrisse una famosa poesia su quella fioritura, che campeggiava nello stemma della sua famiglia, nella quale implorava il vento dell'est di portagli il profumo di questa oltre che dell'amata Kyoto; alla morte di Sugawara no Michizane avvennero fatti nefasti imputati alla vendetta postuma del suo spirito e così fu divinizzato e venerato come dio della cultura col nome di Tenijin, protettore degli studenti che a lui chiedono la grazia prima di importanti esami.
    Nella cittadina di Dazaifu presso il tempio a lui dedicato si possono ammirare le fioriture di 6000 ume . Anche a Tokyo nel giardino Shinjuku Gyoen, parco sotto l'egida della famiglia imperiale, vi sono 350 esemplari di questa pianta, ma spettacolo maggiore lo si può vedere ad Hachiōji, nella zona di Takaobaigou, nei pressi della capitale nipponica dove un intero bosco con 10.000 ume fiorisce dalla fine di febbraio a quella di marzo.
    (http://viaggiappone.com/)


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    Edited by gheagabry1 - 13/10/2019, 16:49
     
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    La Solanum ovigerum, la pianta delle uova

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    La Solanum ovigerum è conosciuta come la pianta delle uova. Ad un primo impatto sembra che dai suoi rami nascano realmente delle uova , in realtà, questa pianta appartiene alla famiglia delle S. melongena, la stessa delle comuni melanzane. E'una pianta erbacea annuale, appartenente alla famiglia delle Solanaceae, molto utilizzata non solo per la sua coltivazione orticola, ma anche come pianta ornamentale in giardino, per la loro estetica e per i fiori abbondanti. Le piante ben cespugliate raggiungono un’altezza media di circa un metro e sono adatte a tutti i climi temperati.

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    Originaria delle zone dell'India e del Sud dell'Asia, la pianta delle uova è caratterizzata da frutti bianchi.
    Lo stelo, di colore verde, può essere debolmente venato di viola, e ha un paio di spine bianche. Le foglie sono ondulate ai bordi. I fiori lilla hanno stami giallo intenso e compaiono con il caldo di giugno e rimangono fino a fine agosto. Le drupe, piuttosto tondeggianti, inizialmente sono bianche e a maturazione compleata assumono un color giallo dorato.
    Hanno una polpa soda priva di sapore amaro ma simile a quello dei funghi. Per gustare appieno le qualità occorre raccogliere i frutti quando questi sono grossi come un uovo.

    La parola "melanzana" è stata registrata nel 1763, e deriva dalla somiglianza del frutto alle uova d'oca o di gallina.


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    Edited by gheagabry1 - 13/10/2019, 16:43
     
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  6. gheagabry
     
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    IL PECAN

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    Il pecan è un albero della famiglia delle Juglandaceae. Può raggiungere l’altezza di 50 metri con una circonferenza del tronco di 6 metri. Il nome scientifico è Carya illinoinensis, cugino del nostro noce è diffuso nel Nord America centro-meridionale dalle regioni messicane di Jalisco e Veracruz fino agli Stati Usa di Georgia, Alabama, Iowa, Illinois, Kansas, Missouri, Indiana, Tennessee, Kentucky, Mississippi, Louisiana, Texas, Oklahoma e Arkansas. . Le varietà coltivate in Italia sono: Kiowa, Wichita e Shoshoni.
    Le foglie sono lunghe da 35 a 60 cm ed i frutti sono drupe. La parola “pecan” proviene dalla lingua degli nativi americani algonchini, e indica una noce da rompere con una pietra. Simile a una grossa nocciola allungata, ma con la forma del gheriglio come le noci comuni, il frutto dal sapore dolce e delicato costituiva storicamente una delle basi della dieta degli indiani che vivevano lungo il Mississippi.
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    Apporta molte calorie, circa 750 calorie ogni 100 gr. Contiene il 67% di grassi di cui il 60% insaturi, mentre solo il 7% saturi. Le Pecan sono anche ricche di fibra alimentare. Dal punto di vista salino, abbondano in ferro e potassio, mentre per quel che concerne le vitamine (oltre ai tocoferoli) hanno un'altissima concentrazione di vitamina A che protegge i denti, gli occhi e ossa, come beneficio di salute generale. Gli oli sono ad alto contenuto di antiossidanti ed è così concentrato che se ci fosse un fiammifero acceso nelle vicinanze, prenderebbe fuoco consumando i propri oli tenuti all'interno.
    L'impollinazione è un fattore importante e semplice per gli alberi di pecan nella maggior parte del sud e nelle zone dove gli alberi sono nativi. La ragione è che usano il vento e il polline può impollinare un albero a dieci miglia di distanza se le correnti sono favorevoli. Alcuni alberi usano l' autofecondazione, altre cultivar hanno polline che matura troppo presto o troppo tardi per avere un efficace impollinazione dei fiori femminili. Le cultivar sono composte essenzialmente da "cloni", per questo provengano da alberi diversi, poiché,a differenza di quelli nati da seme, raramente sono in grado di autoimpollinarsi, richiedono esemplari geneticamente estranei per la fecondazione.
    La "Lazy Magnolia Brewing Company in Kiln, Mississippi", ha prodotto una birra aromatizzata alle noci Pecan invece che al luppolo.

    ..storia, miti e leggende..


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    Prima della colonizzazione europea, le noci pecan sono state ampiamente consumate e scambiate dai nativi americani. Come fonte di cibo, possono fornire due a cinque volte più calorie di un capo di selvaggina, e non richiedono alcuna preparazione. Come foraggio selvatico, la noce della precedente stagione di crescita è di solito ancora commestibile quando si trova a terra. I cacciatori indiani sapevano che durante l'autunno e l'inverno, quando le noci pecan cadevano a terra, erano fonte di cibo e attiravano la fauna selvatica, come l'anatra, il cervo, scoiattoli, e una miriade di altri animali che potevano essere i cacciati. Inoltre i tronchi d’albero cavi offrivano uno spazio ideale di riserva sia agli esseri umani Gli scavi archeologici nella Grotta di Baker, vicino a Val Verde County, in Texas, hanno rivelato che le noci e le foglie pecan sono stati scoperti in associazione con le reliquie umane che risalgono ad almeno al 3000 a.C., e forse ancora più vecchie. Il conquistador spagnolo Álvar Núñez Cabeza de Vaca nel ‘500 riferì di una tribù che si nutriva esclusivamente di noci pecan per almeno due mesi all’anno; all’inizio del ‘700 un altro esploratore, Isidro Félix de Espinosa, testimoniò di grandi riserve piene di noci sotterrate, a volte usate come monete. Venne introdotta in Europa nel XIX secolo, ma ebbe una scarsa diffusione. In Italia meridionale è coltivata in piccoli appezzamenti specializzati in Sicilia e in alcune aree della Puglia.
    Nel 1792 William Bartram, nel suo libro botanico, registrò un albero di noce, ‘Juglans exalata’ che alcuni botanici sostengono fosse l'albero di pecan americane, ma altri sostengono fosse hickory,‘ Carya ovata; questo è uno di quegli argomenti che non sarà mai risolto.
    fruit-trees-pecdesbGli alberi di noci pecan sono stati messi in vendita in un primo vivaio americano istituito a Flushing, New York, nel 1737, dal fondatore, Robert Prince; Ed è 'ben noto che il generale George Washington ha visitato questo vivaio.
    Thomas Jefferson piantò alberi di pecan, nel suo frutteto nella sua casa in Virginia, e George Washington ha riferito nel suo diario che Thomas Jefferson: ” Le noci pecan crebbero a Mount Vernon, e rimasero maestosi in altezza e si ammirano con orgoglio ancora oggi. Ho chiamato l’agricoltura “ la più nobile delle occupazioni.”
    Nel 1906, il Governatore del Texas, James Stephen Hogg, si interessò a questa pianta e nel 1919 il pecan venne dichiarato albero simbolo dello stato.

    Principale fonte di grasso vegetale degli indiani, la noce pecan rientrava nella ricetta del pemmican: una famosa preparazione a lunghissima conservazione, fino a sette anni, che gli indiani portavano con loro nei lunghi viaggi e che sarebbe stata ripresa dai pionieri del West e dagli esploratori polari, ispirando con molta probabilità, l’invenzione del dado da brodo e delle zuppe liofilizzate. Sintesi dei prodotti della caccia con quelli della raccolta, il pemmican si preparava tagliando a strisce la carne della selvaggina e mettendola a seccare. Nel frattempo il cacciatore frantumava le ossa della preda, ricavandone il midollo. E col midollo impastava la carne ulteriormente sbriciolata, assieme alle noci pecan, nocciole, semi di zucca e bacche. Le noci pecan cominciarono ad essere coltivate solo nel 1846.


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    Edited by gheagabry1 - 13/10/2019, 16:37
     
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  7. gheagabry
     
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    Con te, nel Deserto -
    Con te nell'arsura -
    Con te nel bosco di Tamarindo -
    Il leopardo respira - finalmente!
    (Emily Dickinson)


    IL TAMARINDO


    tamarindoIl Tamarindo (Tamarindus indica L.) appartiene alla Famiglia delle Papilionaceae. Questo gruppo botanico comprende specie tipiche delle zone tropicali, con fusti poco sviluppati, mentre i rami raggiungono anche i 25 metri di altezza.
    Il Tamarindus indica è una pianta originaria dell'India, a crescita lenta e longevo, può vivere fino a 15 anni; alto fino a 30 metri, con diametro alla base che raggiunge gli 80 cm. Ha una chioma folta con numerose branche. Il legno ha un cuore duro, rosso scuro, intorno è più tenero e giallastro. Le foglie, lunghe circa 2 cm, sono opposte, in numero di 10-12 paia, di colore verde-chiaro. Come accade in altre specie di Leguminose, le foglie si richiudono durante la notte. Le foglie sono caduche durante la stagione asciutta solo nei luoghi che hanno una stagione secca particolarmente prolungata.L'albero rimane invece un sempreverde nelle regioni dove i periodi siccitosi sono assenti. I fiori sono grandi e gradevolmente odorosi, giallo-verdastri, irregolari, riuniti in infiorescenze a racemo. L'albero produce un frutto che è un legume di colore nocciola, indeiscente, quasi cilindrico, lungo 10-15 cm, largo 2 cm; ha forma ricurva e contiene polpa e semi duri.

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    Il tamarindo ha molteplici utilizzi, è usato sia per l'alimentazione e per scopi ornamentali che per le sue proprietà medicinali. I frutti del tamarindo sono commestibili e viene impiegata la polpa del frutto. Viene purificata mediante dissoluzione in acqua bollente, quindi setacciata; il liquido ottenuto si concentra a bagnomaria e viene essiccato al sole; contiene saccarosio, acido tartarico, acido citrico, acido malico, tartrato di potassio, sostanze gommose e resinose, amido, ecc. I frutti del tamarindo sono molto amati anche dalle scimmie.
    La polpa di tamarindo può essere utilizzata per uso medico e per la preparazione di bevande e sciroppi (o come frutta essiccata). Nei frutti acerbi è molto aspra ed è quindi adatta a piatti di portata, mentre i frutti maturi sono più dolci e possono essere usati per dessert, bevande o spuntini. E' anche usata come spezia sia nella cucina asiatica che in quella latino-americana, ed è un importante ingrediente delle salse Worcester e HP. Il tamarindo è un componente fondamentale della dieta dell'India Meridionale, dove è usato per preparare il Sambhar, zuppa di lenticchie speziata con molte verdure, e il riso Pulihora. In Messico è consumato come dolce. È usato come ingrediente nel cocktail Poko Loko.

    In Italia è conosciuto soprattutto come sciroppo.Il Tamarindo Erba è stato un prodotto di grande diffusione e successo sin dal suo esordio nel 1898, quando in estate il consumatore voleva offrire agli ospiti un dissetante raffinato e squisito, che si prepara allungando lo sciroppo con acqua ghiacciata. Altrettanto famosa è la sua confezione: un’elegante bottiglia quadrata, con una etichetta che racconta, in rossi caratteri “d’altri tempi”, la storia e le virtù del prodotto, autografati con firma originale dell’autore: l’Ingegner Carlo Erba.

    effetti-benefici-tamarind

    I frutti hanno proprietà mediche e in Asia, le foglie sono utilizzate per contrastare le febbri malariche. In India è usato nella medicina Ayurvedica per problemi gastrici o digestivi e contro il mal di denti. In Italia le sue proprietà erano già note ai tempi della Scuola medica salernitana, Pietro Andrea Mattioli (1500) lo definiva utile "per far muovere il corpo". A basse dosi regola la funzione intestinale, mentre a dosi più alte ha un effetto lassativo. Recentemente sono state scoperte all'interno della sua polpa alcune sostanze ad azione antiossidante come l'acido ellagico, il clorogenico, il caffeico ed alcuni diversi flavoni.

    Grazie alla sua densità e durabilità, il cuore del legno del tamarindo può essere usato per fare mobili e soffitti. Le foglie vengono usate in India e in Africa per nutrire bachi da seta dei generi Anaphe o Hypsoides, che producono una seta considerata di qualità superiore. Foglie e fiori trovano applicazione anche come mordenti per stoffe e cappelli di paglia. L'estratto acquoso delle foglie viene utilizzato per combattere il parassita Schistosoma.


    ... storia, miti e leggende ...



    La parola "tamarindo" è derivata dal Arabo "tamar hindi" che significa "la data dell'India" - un riferimento al fatto che l'albero è stato coltivato per i suoi frutti, o per i gusci, fin dai periodi preistorici. Di là fu trasportato nella vicina Persia, nell'Arabia, nelle Isole di Java, Bima, Timor,
    Nella mitologia Hindu il tamarindo è associato con il matrimonio di Krishna che viene celebrato con una festa a novembre. Ai tempi della regina Vittoria, gli inglesi che vivevano a Goa in India, tenevano un baccello di tamarindo nell’orecchio quando si recavano nei quartieri dei nativi per tenerli lontano. Infatti essi pensavano che i baccelli fossero abitati da demoni. Da allora i coloni furono chiamati “ teste di tamarindo”.


    tamarindo-1-1



    Edited by gheagabry1 - 13/10/2019, 16:28
     
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    IL CAMU-CAMU



    camu-camu-peru
    Il Camu-camu è un arbusto della foresta pluviale peruviana e brasiliana. Cresce sponta-
    neamente sulle rive di fiumi, laghi e corsi d´acqua nell´Amazzonia. Questa piccola pianta appar-
    tenente agli arbusti semi-acquatici, può anche rimanere sette mesi sott'acqua nei lunghi periodi di inondazioni a una temperatura che va dai 20 ai 30 gradi senza cambiare le sue proprietà. La sua più grande concentrazione e diversità si trova nell’Amazzonia peruviana, lungo I fiumi Ucayali e Amazonia. Arriva fino a 4 m di altezza, che si dirama dalla base formando numerosi steli secondari. Il fusto cilindrico, liscio con la corteccia di colore marrone chiaro o rossastra, ha rami glabri. Le radici sono profonde e con molti "capelli". Le foglie sono lanceolate, la lloro lunghezza varia tra 4,5 e 12,0 cm e larghezza tra 1,5 e 4,5 cm, l'apice molto appuntito e arrotondato di base, spesso un po 'asimmetrica con il bordo liscio e le costole molto deboli. Il picciolo è cilindrico da 5 a 9 mm di lunghezza e da 1 a 2 mm di diametro. La fioritura inizia quando la pianta raggiunge un diametro basale di 2,0 cm, ma non è sincronizzata su ogni piano, come accade nei cicli durante l'anno. I boccioli appaiono prima nella parte distale dei rami superiori e poi una volta aperti e impollinati, altre gemme emergono dal più vicino posto sul ramo. La fioritura continua in questo modo da ramo in ramo, quindi, un individuo può contemporaneamente avere boccioli, fiori e frutti in vari stadi di sviluppo. La formazione di fiori avviene direttamente sul tronco e sui rami spessi.Il frutto è globoso, liscio e brillante, dal colore rosso scuro al nero violaceo a maturazione; possono avere 2 a 4 cm di diametro, con 1-4 semi per frutto.
    camu-camu-powder-organic
    I semi sono reniformi, appiattiti, vistosa-
    mente schiacciati, coperti di peli radi bianchi.
    Le piogge abbondanti alimentano la crescita dei piccoli frutti che vengono raccolti a mano dalle famiglie residenti lungo i fiumi, con le loro canoe.

    E' conosciuto per i suoi frutti commestibili ricchi di vitamina C, che gli esperti sottolineano esserne i più ricchi in natura.
    Il frutto è altamente acido e può essere apprezzato solamente in ricette dove venga diluito o venga aggiunto dello zucchero. Viene spesso preparato in spremute, gelati, dolci. Ma il frutto in polvere può essere anche preparato in capsule.
    Il Camu-camu è importante per il suo contenuto incredibilmente elevato di vitamina C, un antiossidante utile a prevenire non solo raffreddori e influenza, ma anche il danneggiamento del DNA cellulare ad opera dei radicali liberi responsabile di molti disturbi.
    Può avere una concentrazione di vitamina C pari a 50000ppm o 2g per 100g di frutto. Ciò significa che il frutto di camu camu fornisce 50 volte più vitamina C di un'arancia. Oltre alla vitamina C, contiene numerosi altri nutrienti, come gli aminoacidi valina, laucina e serina, e numerosi flavonoidi. Ha una vasta gamma di proprietà e si distingue per essere un ottimo astringente, antiossidante, antinfiammatorio, emolliente, nutritivo, antivirale, anti-emicrania, anti-depressivo e un dimagrante naturale.


    Edited by gheagabry1 - 13/10/2019, 15:44
     
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    “La macadamia è considerata una delle noci più squisite del mondo
    per il suo sapore unico e delicato,
    la sua croccantezza e l’intenso color crema”.
    (Chronica Horticulturae)


    LA MACADAMIA


    Macadamia-integrifolia
    La Macadamia è un genere di piante perenni della famiglia delle Proteaceae che comprende nove specie. Di queste sette sono native dell' Australia orientale, una della Nuova Caledonia ed una, la Macadamia hildebrandii dell'Indonesia.
    Il nome del genere Macadamia è un omaggio al famoso scienziato australiano John McAdam, collega del botanico britannico Ferdinand von Mueller che fu il primo, insieme a Walter Hill (direttore del giardino botanico di Birsbane) a descrivere questa pianta.
    I Sinonimi della piante sono: Noce australiana, Noce del Queensland , Noce di Baphal o del “bush”.
    Sono piante sempreverdi e maestose, può arrivare a 50 anni di vita, nel corso della quale la produzione di noci cresce di pari passo. In condizioni ottimali con la presenza di climi umidi e subtropicali , l’albero di macadamia raggiunge un’altezza di 15 metri. Le foglie sono unite in gruppi da 3-6, hanno una forma ellittica, sono lunghe da 6-30 cm ed hanno una larghezza tra i 2 e i 13 cm. I fiori sono prodotti in grappoli della lunghezza variabile tra i 5-30 cm, mentre i singoli fiori sono lunghi circa 10-15 mm, con una colorazione tra il bianco-rosa-porpora, con quattro tepali. In Australia la fioritura ha inizio nel corso della stagione fredda quando le giornate sono brevi, a mese di maggio.

    Macadamia-ternifolia
    La pianta della noce di macadamia cresce molto lentamente e mediamente e produce le noci solo una decina di anni dopo essere stata piantata, ma la fruttifica-
    zione può continuare per tutto l’arco della vita. La raccolta comincia a diventare interessante quando l’albero ha circa 7 anni e un albero di 15 anni riesce già a produrre 50 kg di noci ogni anno. La Macadamia è un genere di pianta che può autoimpollinarsi, ma all’interno della stessa specie ci sono cultivar autocompatibili e cultivar autosterili. Trascorse 5-8 settimane dall’inizio della fioritura le noci presentano le dimensioni di un pisello e molte di queste si distaccano e cadono al suolo, solo l’1% dei fiori procede nello sviluppo e diviene frutto maturo. La lignificazione del guscio comincia all’inizio di dicembre seguita da un rapido accumulo di olio fra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio. Le drupe (frutti con nocciolo) pendono dall’albero in lunghi grappoli che assomigliano a quelli dell’uva. Il frutto, sferico e commestibile, con un diametro va dai 2 ai 3 centimetri, è racchiuso in un guscio marrone, molto duro, che a sua volta è racchiuso in uno spesso involucro protettivo di colore verde. Le noci cadono al suolo quando sono mature contemporaneamente.
    Le noci sono vendute solamente seccate, bollite o arrostite (salate e non salate) dato che la noce fresca si deteriora facilmente e in poco tempo diventa rancida.
    I gusci delle noci di macadamia, duri come sassi, hanno un potere calorifico che si avvicina a quello della lignite. Una società elettrica australiana usa i gusci per produrre elettricità, impiegata sia dagli stabilimenti nei quali si lavorano le noci che dalla rete elettrica in generale. Si tratta del primo progetto waste-to-energy (energia dai rifiuti) realizzato in Australia; se più coltivatori forniranno il “combustibile”, la quantità di energia prodotta potrebbe aumentare considerevolmente.

    noce-del-queensland
    I Componenti dell’ olio di noce di macadamia: circa 80% di acidi grassi mono-insaturi, dei quali il 50% è acido oleico e il 20% acido palmi-toleico, vitamine A, B ed E , minerali. La noce: circa il 70% di grassi, vitamina B, calcio, ferro,. Fosforo. Secondo recenti studi, un consumo modesto di noci di macadamia può effettivamente ridurre le lipoproteine a bassa densità, o colesterolo cattivo, e i trigliceridi, nonché abbassare la pressione sanguigna. Il prezioso estratto di olio è facilmente assorbito dalla pelle alla quale dona un aspetto luminoso e una testura morbida, a effetto seta. E’ ricco di acido palmitoleico che è un antiossidante e rallenta così l’invecchiamento della pelle. L’olio fornisce anche una leggera protezione dai raggi solari. Per ottenere l’olio di noce di macadamia le noci vengono pressate e quindi l’olio viene delicatamente filtrato. Vengono raccolte solo le noci cadute dall’albero, che hanno il giusto punto di maturazione.
    Nella cosmesi, è usato per saponi, solari, lozioni, shampoo e creme.

    Le noci macadamia sono tossiche per i cani e anche per i gatti. La tossicità viene manifestata da debolezza, unita all'incapacità di stare sulle zampe fino a 12 ore dopo l'ingestione. Le condizioni si normalizzano generalmente entro le 48 ore dall'ingestione.

    ..storia, miti e leggende..



    Molto tempo prima la scoperta di questa noce per noi così preziosa, gli aborigeni australiani la usavano come fonte di proteine e grassi. Le noci vennero scoperte nelle foreste sud orientali dell' Australia, più precisa-
    mente sul Monte Bauple nel Queensland australiano. Per questo motivo i frutti sono noti fra la popolazione come “Bauple nuts” (noci di Bauple). Narra una leggenda della tribù Budjilla: un ragazzo chiamato Baphal portò per primo la noce alla sua gente. Questo avvenne subito dopo che il dio Yindingie aveva lasciato la Montagna e non c’era nessuno a tutelare la terra. Così Baphal partì per la Montagna per verificare che tutto fosse a posto. Durante il cammino cadde e si ferì un piede. Il suo animaletto da compagnia, una lucertola, si rivolse al wallaby e gli chiese che fare. Il saggio wallaby a sua volta cercò l’aiuto del canguro per portare acqua a Baphal. Poi si rivolsero al acatua che raccolse noci dall’albero di macadamia così da nutrire Baphal. Infine, crearono un falò con le foglie dell’albero. La tribù di Baphal vide il fumo e mandò i soccorsi. Da allora le noci sono state chiamate “noci di Baphal” .

    macadamia
    "Il Botanico Walter Hill guardava inorridito il suo giovane assistente. Il ragazzo aveva appena mangiato le noci di un albero, una specie scoperta di recente che cresceva nelle foreste pluviali subtropicali del Queensland sud-orientale, in Australia. Si diceva che quelle noci fossero velenose. Ma il ragazzo non dava alcun segno di malessere, anzi, trovava le noci deliziose. Così Hill ne assaggiò una e si disse d’accordo. Subito dopo cominciò a inviare piantine di macadamia ad amici e botanici di tutto il mondo."

    In Australia i primi tentativi di coltivazione della noce di macadamia risalgono al 1880; l’eccezionale resistenza del guscio comportò molte difficoltà e rallentamenti nell’automazione del processo di lavorazione. Si deve attendere fino alla metà del XX secolo perché in Australia si diffonda la coltivazione a scopo commerciale nei territori del New South Wales e del Queensland.

    Il guscio è coriaceo e difficile da schiacciare. Gli aborigeni usavano sassi. John Waldron, un pioniere nel settore della frutticoltura, si serviva di incudine e martello. Con questi semplici arnesi schiacciò circa otto milioni di noci nell’arco di cinquant’anni.


    Edited by gheagabry1 - 13/10/2019, 15:41
     
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    Come coltivare mirtilli con successo


    mirtilli

    Come coltivare mirtilli con successo? Per godere dei benefici di questa pianta è necessario prendersi cura di alcuni specifici aspetti: se si sarà in grado di farlo si potranno mangiare tantissimi frutti. Vediamo insieme come regolarci.

    La prima cosa da fare è curare bene il terreno nel quale la pianta dovrà svilupparsi. E’ importante che il PH della terra utilizzata sia compreso tra 4,5 e 5,5. Per questo motivo bisogna analizzare il suolo, lasciando totalmente perdere l’idea di coltivare questa pianta se il PH è superiore a 6,5: per quanto vi siano possibilità di correggere il substrato, difficilmente con questi livelli si ottengono buoni risultati. La torba è lo strumento principale con il quale rendere coltivabile a mirtilli un qualsiasi terreno: ed è per questo necessario averne una profonda conoscenza al fine di gestire correttamente la sistemazione del PH del suolo.

    Altro punto da non sottovalutare per coltivare i mirtilli con successo è la concimazione. Essa deve essere di tipo organico e minerale. E’ necessario quindi utilizzare del letame maturo accompagnato da fertilizzanti a base di fosforo e potassio per favorire la fioritura e la fruttificazione. Bisogna inoltre pensare di far sviluppare la pianta in un filare rialzato: rende possibili pacciamature comode ma soprattutto evita i ristagni di acqua, deleteri per le radici e di conseguenza per lo sviluppo della pianta stessa.

    Per ciò che concerne la semina, è importante ricordare che il momento adatto alla coltivazione dei mirtilli cade in autunno ed in primavera e più nello specifico nei mesi di novembre-dicembre e marzo-maggio. In questo modo si evitano di affrontare i periodi più critici dal punto di vista della manutenzione.


    www.comefaretutto.com

     
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    PIANTA DALLE DITA BLU

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    Decaisnea Fargesii è una latifoglie, che appartiene alla famiglia lardizabalaceae, noto comunemente come dita di un uomo morto , pianta di fagiolo blu o frutto di salsiccia blu.
    E' un genere di piante da fiore che comprende due tipi, Decaisnea insignis e Decaisnea fargesii Franchet; l'unica differenza tra i due tipi è che il primo produce frutta giallo-verde, e questo frutto blu.

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    La Pianta dalle Dita Blu è una specie originaria dell'Asia, in particolare in Nepal, Myanmar e Cina, e in Cile in Sud America. E' un arbusto a fusti multipli e tronchi sottili caratterizzato da un legno fragile che raggiunge mediamente altezze intorno ai 5 mt e si presenta con foglie pennate, caduche, dalla colorazione verde-grigio che vira in giallo-dorato durante la stagione autunnale prima della caduta. I fiori sono ermafroditi, sono in grado di auto-fecondarsi.

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    La fioritura avviene ad inizio estate dove compaiono le caratteristiche "pannocchie", simili a grappoli ricadenti, dal colore giallo-verdastro e della lunghezza di una ventina di centimetri. Durante l'autunno la pianta produce i classici bacelli penduli dalla colorazione bluastra, da qui il nome che gli è stato assegnato, contenenti numerosi semini nerastri disposti all'interno di una polpa gelatinosa trasparente, che conferisce all'arbusto un pregevole effetto ornamentale. La polpa è commestibile, viene generalmente consumato allo stato fresco e ha un caratteristico sapore con retrogusto di anguria-cetriolo. È ricca di pectina, una sostanza che viene usato per fare marmellate e gelatine.

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    Olivo Leucocarpa


    pianta_ulivo

    L’albero della leucolea è mediamente vigoroso, con portamento assurgente. La chioma è ampia ed espansa. Le foglie sono di dimensioni medio grandi, allungate, di colore verde scuro. Dopo circa cinque anni dalla messa a dimora, inizia a produrre le sue drupe.
    Le poche piante di leucolea sopravvissute sono presenti sporadicamente in soprassuoli di alcune regioni italiane come la Toscana e soprattutto la Calabria. Gli esemplari ritrovati, grazie ad illuminati olivicoltori e agronomi, sono stati salvati e riprodotti con nuovi innesti, riportando a nuova vita questa bellissima e antica specie.

    La varietà Leucocarpa, ha una particolarità diversa dalle altre, mentre le altre con il progredire della maturazione da verdi diventano nere con sfumature violacee, i frutti delicati, di forma ovale e polpa carnosa, sono inizialmente verdi diventando a maturità uniformemente bianchi, con una resa in olio del tutto simile a quella riscontabile in altre varietà. Le drupe non riescono a effettuare la sintesi antocianina perché privi di pigmenti antocianici e quindi assumono un colore simile all’avorio. Possono rimanere sulla pianta più a lungo di altre varietà, fino anche a primavera.

    leucocarpa

    Vengono anche chiamate Bianca, Cannellina, Leucolea, Chiarita. Costituisce una popolazione di antiche varietà di olivo presenti sporadicamente in coltivazioni in alcune regioni come Toscana e soprattutto Calabria, provenienti in origine dalla Grecia. A differenza delle comuni specie di oliva diffuse e coltivate in Italia, la specie Olea europaea varietà leucocarpa, anticamente chiamata “Leucolea” (che significa appunto “bianca oliva”), deriva da antiche varietà di oliva originarie dalla Grecia e importate in Italia, questo è quanto emerge dai reperti letterari.

    La varietà Leucocarpa produce un olio molto chiaro, con una produttività costante. Non viene impiegato nella alimentazione umana, ma per tradizione viene mescolato con gli estratti di radici e balsamo per ottenete l’olio del Crisma. L’unguento usato dalla Chiesa cattolica in molte cerimonie come battesimo e cresima. Viene anche usato come olio combustibile in luoghi di culto perché bruciando produce poco fumo.

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    Le fonti storiche narrano che all’epoca i monaco basiliani diedero impulso alle coltivazioni agli ulivi per utilizzarli per la produzione dell’”olio del Krisma” Nell’ Antico testamento il libro di Esodo ne fornisce la ricetta: “Il Signore parlò a Mose’, dicendo :”Prenditi anche i migliori aromi: di mirra vergine, cinquecento sicli (1 siclo=11,4 gr); di cinnamomo aromatico, la metà, cioè duecentocinquanta sicli; di canna aromatica, pure duecentocinquanta; di cassia cinquecento, secondo il siclo del santuario, e un hin ( 1 hin=3,67 l) di olio d’oliva. Ne farai un olio per l’unzione sacra, un profumo composto secondo l’arte del profumiere; sarà l’olio dell’unzione sacra” (Esodo 30:22-25)

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    Questo balsamo viene usato per ungere l’Arca dell’Alleanza, gli altari, la tavola ed suoi strumenti, il Gran Sacerdote e i suoi assistenti.

    Nel Medioevo, l'olio serviva anche per la consacrazione dei re o degli imperatori. Anche per i mussulmani l’olivo ha un carattere sacro. Nel Corano è scritto: “Dio è la luce del cielo e della terra. Egli illumina come una lampada accesa nel vetro ed lo sfavillio assomiglia a quello di una stella. La sua luce viene dall’albero benedetto, da questo olivo che non è né dell’Oriente, né dell’ Occidente, del quale l’olio si infiamma al minimo avvicinarsi del fuoco e produce dei raggi sempre rinnovati. Attraverso di essa Egli conduce chi a lui piace”. Il prezioso olio di leucolea serviva inoltre per alimentare le lampade nei luoghi di culto.


    L’olio del Crisma” veniva utilizzato:

    - ungere i designati alle alte cariche imperiali bizantine;
    - nelle cerimonie di incoronazione degli imperatori;
    - come olio sacro nelle funzioni religiose quali battesimo, cresima, unzione dei malati;
    - nell’ordinazione dei sacerdoti e vescovi;
    - per alimentare le lampade nei luoghi sacri, perché bruciando l’olio di oliva bianca produce poco fumo.
    Portata dagli antichi Greci nell’VIII secolo a.C. Le fonti storiche narrano che all’epoca i monaci basiliani diedero un forte impulso ad alcune coltivazioni e probabilmente curavano questi ulivi per utilizzarli nelle loro attività.

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    POUTERIA LUCUMA

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    Pouteria lucuma è un albero appartenente alla famiglia delle Sapotaceae, originaria delle valli andine peruviane. La maggior parte della coltivazione si concentra nelle zone di Lima, Ayacucho, La Libertad, Cajamarca y Huancavelica. Non si deve confondere con il Lucumo chileno (Pouteria splendens) originario delle valli andine cilene.

    La Pouteria lucuma presenta un fusto dritto e cilindrico, che raggiunge i 15 metri di altezza. L'albero preferisce temperature temperate, tra i 20 e i 22 C., non resiste ne alle gelate ne alle temperature molto alte, tollera bene terreno salino e alcalino. Il suo legno è leggero, di colore chiaro, di grana fine, resistente. La cima è di forma sferica, le sue foglie si concentrano all'apice dei rami giovani e sono di forma ellittica, con la base schiacciata. Sono lunghe da 12 a 25 cm, coriacee e di color verde scuro nella parte interna.
    I fiori sono singoli o in grappoli di due o tre, ascellati e di forma tubulare, piccoli, di colore giallo o verde con sepali pelosi, ermafroditi. Produce i frutti fino a 3000 m, ma le condizioni migliori sono a circa 500 m sul mare, che in condizioni favorevoli può produrre annualmente, a partire dal quarto o quinto anno, da 200 a 300 frutti.

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    Il frutto matura quasi nove mesi dopo la fertilizzazione dei fiori. E’ oblungo, simile ad un avocado, di solito con un apice conico arrotondato, ricoperto con una pelle delicata, di colore verde brillante nella maturazione, che cambia quando è maturo; è lungo circa 15 cm e pesa circa 200gr. Durante la maturazione è pieno di lattice, una volta pronto per il consumo la polpa è di colore giallo-arancio, inusualmente secca, con amido, e molto dolce. Contiene da due a cinque semi ovali e schiacciati, di colore marrone scuro, con un bordo biancastro a un lato.

    Si consuma molto maturo, alcuni giorni dopo la raccolta, nell'intervallo dovrebbe essere conservata avvolta in paglia. Per sapore e consistenza, può essere associato ad un incrocio fra lo sciroppo d’acero e la patata dolce. Se maturo, la parte interna, asciutta e farinosa è simile al tuorlo dell’uovo mentre la parte esterna ricorda l’albume, proprio queste caratteristiche, le han fatto guadagnare il nomignolo di “uovo frutta”. Si usa cotta in torte, paste e gelati, frullati, budini e altri modi. L'uso nei dolci risale al tempo precolombiano in Perù. Per l'alto contenuto di amido, la polpa si secca per la conservazione, dà una farina molto dolce e nutritiva.

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    La lucuma, vanta numerose proprietà medicinali, la polvere che si ricava dal frutto essiccato, viene definita l’“oro degli Inca”. E’ una polvere ricca di betacarotene, di vitamine B1, B2, B3 e B5,di sali minerali come potassio, ferro, calcio e fosforo, niacina, fibre e carboidrati. Gli studi condotti dall’ Università del New Jersey, hanno inoltre evidenziato nell’estratto di lucuma un potente effetto antiossidante e antinfiammatorio. La polvere di lucuma viene utilizzarla come dolcificante; ha un indice glicemico basso, è priva di glutine ed è ricca di fibre e carboidrati. La niacina di cui è ricca aiuta a tenere a bada i livelli di colesterolo e trigliceridi.

    Il legno è leggero ma compatto, e si utilizza per usi industriali e nelle costruzioni.

    Lucuma-polvere

    ..storia..

    L'albero, originario della Cordigliera centrale Andina del Sudamerica, da ricerche archeologiche, risulta coltivato nelle valli interne della Ande da parte dei popoli preincaici, il consumo del frutto e l'uso del legname sono molto documentati nelle rappresentazioni pittoriche dei nativi Amerindi. Le più antiche vengono datate all’VIII millennio a.C., nella regione chiamata Callejón de Huaylas in lingua Ancash. L’apice della sua coltivazione è evidente nell'epoca della cultura Moche, nel VII secolo d.C., la quale utilizzò tecniche di irrigazione e di coltivazione intensive per produrre quantità senza precedenti del frutto. Durante l'epoca pre-ispanica la Lucuma era uno dei principali ingredienti della dieta degli aborigeni delle valli, congiunta al mais, ai legumi e alla Guayaba, così come alla quina e alla kiwicha nelle zone più elevate. All'arrivo degli europei si coltivava nell'altopiano Andino e nel Sud dell'Ecuador. In Perù, veniva impiegata dagli Inca nelle celebrazioni sacre come simbolo di fertilità e creazione.

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    Il suo legno fu usato nella costruzione del Santuario di Pachacàmac, dove si trovò nel 1938 un tronco di singolari dimensioni, rappresentante una figura totemica. Gli Europei conobbero la Lucuma in Quito, nel 1531.

     
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    YUZU, citrus junos

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    Citrus junos Siebold ex Tanaka (giapponese ユズ, 柚, 柚子 (yuzu); coreano 유자 (yuja); entrambi derivati dal cinese 柚子, yòuzi) è un albero da frutto distribuito nell'Asia orientale del genere Citrus. Si pensa che sia un ibrido tra il mandarino e il papeda. Sebbene la coltivazione dello yuzu sia originaria della Cina con una tradizione di oltre 2000 anni fa, questo frutto viene ora prevalentemente coltivato in Giappone, nell’isola di Shikoku, sul mare interno di Seto, considerata l’isola più pura dal punto di vista naturalistico e spirituale fra quelle dell’arcipelago giapponese. E’presente in Giappone sin dall’antichità, nei periodi Nara ed Heian, dal 710 al 1185. Ad importarlo in Europa è stato lo chef francese Jerome Banctel. Attualmente è coltivato solo in Spagna.
    La pianta è molto robusta, predilige la vicinanza a corsi d’acqua e può sopportare temperature molto rigide. Cresce nelle aree Doinokubi e Sotome di Nagasaki, ma qualche albero è stato trovato anche in altre aree vicino a Doinokubi e in Mandarjima, nel distretto Saga, nella città di Karatsushi. A causa del nome, lo yūkō può essere confuso con una varietà derivata dallo yuzu coltivata nel distretto Tokushima. Tuttavia Nesumi Hirohisa (dell’Organizzazione Nazionale per le Ricerche sul Cibo e l’Agricoltura, Istituto nazionale per lo studio degli alberi da frutto) ha sottolineato come le due varietà siano profondamente differenti per l’aspetto esterno, la buccia, la polpa e la forma dei semi. Le piante diventano abbastanza alte e il tronco può avere una circonferenza di 1,2 m. Sui rami ci sono piccole spine, i fiori sono bianchi e hanno 5 petali. . I suoi frutti, che raggiungono piena maturazione da ottobre a dicembre inoltrato, hanno una buccia irregolare di colore giallo tendente al verde.

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    ..storia..

    Nel periodo Edo, a Doinokubi, lo yūkō era coltivato insieme al pomelo e al mandarino estivo nei giardini privati ed era impiegato per uso privato; inoltre, il fatto che si trovasse accanto alle strade lascia pensare che i semi fossero trasportati dagli uccelli. C’è chi sostiene che lo yūkō sia stato diffuso da padre De Rotz (1840-1914), che non poteva sopportare la povertà della popolazione locale.
    Sfortunatamente, a partire dagli anni Sessanta, l’introduzione della coltivazione del mandarino Wenzhou, la diffusione del condimento a base di aceto, più facile da reperire, il bisogno di spazio per l’espansione dei campi da coltivare, la forza crescente degli alberi che diventano talmente alti da rendere difficile la raccolta dei frutti, hanno causato una rapida estinzione dello yūkō dal paesaggio locale. Un tendenza accelerata dall’urbanizzazione e dalla trasformazione in area residenziale di Doinokubi

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