MITOLOGIA ITALICA

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  1. gheagabry
     
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    LUPERCO


    Lupercus Faunus non è che uno dei volti del Fauno, un Dio della natura selvaggia e degli istinti, prima figlio e poi consorte di Fauna , Dea della natura che fece, come tutte le Dee Vergini, un figlio senza il concorso del marito, e che in seguito con lui si accoppiò. Veniva rappresentato col flauto, la cornucopia, abbigliato con pelli di capra e armato da una clava da pastore. La sua sposa dunque era Fauna, chiamata anche Fatua e in versioni più tarde fu associato al Dio greco Pan, oltre che al Satiro.
    Il nume di Luperco gli deriva dalla qualità di difensore delle greggi dagli assalti dei lupi e lupo egli stesso (Lupercus = lupus + hircus). Il Dio aveva doti profetiche e per questo era soprannominato Fatuus. Ma era anche nume ispiratore e invasante, che cacciava per possedere le sue prede, le Ninfe delle fonti e delle sorgenti, le quali, di conseguenza, divenivano simili alle Sibille nel loro profetare. A lui si attribuisce anche l’invenzione degli antichissimi versi saturnii su cui si fonda la poesia latina. E' dunque dio d’ispirazione profetica e poetica, come Pan e come le Ninfe a cui è connesso, anche associato al timor panico, con apparizioni spaventose e voci soprannaturali.
    Fauno nei secoli assunse significati diversi, da Dio dell’abbondanza, dipinto sulle pareti di quasi tutte le abitazioni latine, simbolo di prosperità e della bella vita, cui si rivolgevano continuamente tutte le preghiere dei pastori e dei contadini, loro protettore e “lupercolo” benigno per i loro greggi.... fino ad essere considerato infimo demone dei campi che non dava consigli utili agli uomini ma li esortava solo al divertimento sfrenato.

    .....i Lupercali......


    Pare che i lupercali si tenessero nei dintorni della grotta sacra a Luperco, ai piedi del Palatino, grotta in cui secondo la leggenda la famosa lupa trovò ed allattò i gemelli Romolo e Remo, fondatori di Roma.
    Qui i sacerdoti offrivano alla dea-lupa la mola salsa (tritello di farro misto con il sale) preparata dalle vergini Vestali, sacrificavano una capra (simbolo di fertilità) e un cane (simbolo di purificazione) e con il sangue degli animali battezzavano due fanciulli: il sacerdote ungeva le loro fronti con la lama insaguinata usata per i sacrifici per poi ripulirle con bende di lana bagnate nel latte mentre i pargoli ridevano fragorosamente, come prescritto dalla liturgia.
    I sacerdoti provvedevano infine a scuoiare gli animali sacrificati, indossarne le pelli e mangiarne le carni, per poi uscire dalla grotta seminudi, con i soli fianchi coperti da una pelle di capra, le membra spalmate di grasso e una maschera di fango sulla faccia, correndo per la Via Sacra armati di februa (lunghe fruste di cuoio ricavate dalla pelle di capro da cui deriva il nome del mese di febbraio) in cerca di giovani donne da “fecondare”. Tutti coloro che erano colpiti dalla februa venivano “purificati” e resi fertili, sia la terra che gli individui.
    In particolare le donne, per ottenere la fecondità, offrivano volontariamente il ventre (in seguito, al tempo di Giovenale ai colpi di frusta tendevano semplicemente le palme delle mani).
    I luperci erano essi stessi contemporaneamente capri e lupi: erano capri quando infondevano la fertilità dell'animale (considerato sessualmente potente) alla terra e alle donne attraverso la frusta, mentre erano lupi nel loro percorso intorno al Palatino. La festa prevedeva oltre alla rappresentazione nel lupercale anche una simpatica lotteria a sfondo amoroso e sessuale dove i nomi delle giovani vergini e quelli dei giovani aspiranti uomo-lupo erano posti in bigliettini dentro due appositi contenitori. Due fanciulli battezzati con il latte durante il rito lupercale pescavano un bigliettino formando così le coppie, che avevano a disposizione un anno per provvedere alla fertilitè di tutta la comunità, con la benedizione di tutti gli dei (marte, romolo, pan, fauno luperco) e delle grandi madri romane (ruma, rea silvia, fauna, acca laurentia) incarnatesi nel modello mitico universale noto come la lupa.
    Il culto di Luperco era molto sentito ed i Lupercali rimasero una ricorrenza significativa per i Romani , anche dopo l'avvento del Cristianesimo. L'antico rito pagano infatti fu celebrato fino al V° secolo dopo Cristo, quando subentrò la nuova festa cristiana nota come San Valentino, o Festa degli innamorati.
    (ilcerchiodellaluna.it)

    I FAUNI


    Bellissimi, allegri e gioviali, i Fauni insegnano molto all’istinto dell’uomo ed in questo sono dei veri formatori, una razza mediatrice nei rapporti tra l’uomo e gli animali. Il Fauno è una figura della mitologia romana, una divinità protettrice della natura, in particolare della campagna e dei boschi. Era quindi un Dio buono e pacifico. Esso rappresenta un simbolo erotico e selvaggio, amante della natura e della bella vita, quella semplice. Il suo aspetto è dalle forma umane, ma con i piedi di capra e con le corna sulla fronte, è ovvero una creatura per metà capra (le zampe) e metà uomo, dal viso ispido e barbuto, colmo di una precoce saggezza, ma anche di un’allegria indiavolata. I suoi passatempi preferiti erano cacciare e corteggiare le belle ninfe, anche se non disdegnava spaventare gli uomini che incautamente passavano nei pressi dei suoi boschi. Amava suonare il flauto, specie negli assolati meriggi estivi, o puntava le ninfe per accoppiarvisi, e questi non era a loro in genere sgradito, in quanto portatore di istinti sessuali e fertilità. Sia a Roma che nell’antica Grecia, Fauno era diventato così popolare tra la gente, tanto da essere adorato come una delle divinità più importanti. A lui infatti venivano rivolte un gran numero di preghiere e le sue profezie venivano tenute in gran considerazione. Fauno era anche venerato come il genio dei boschi che spaventa, di notte, gli uomini con sogni ed apparizioni paurose (onde il nome di Incubus), e che fa conoscere l’avvenire per mezzo dei rumori del bosco, del volo degli uccelli o coi sogni.
    “Ogni tipo di saggezza umana è vana” risponde il Fauno a chi lo interroga. Forse perché il Fauno è portatore dell’istinto che coglie direttamente se stesso e il mondo, senza elucubrazioni mentali. Questa scoperta non dà disperazione ma provoca solo riso, danza e voglia di vivere. Il Fauno sa come tutto sia solo un gioco; egli è il dio dell’anello, il dio della gioia che ritorna su di sé e diventa circolare, si piega in un cerchio perfetto, simbolo dell’eterno ritorno, immagine stessa dell’eternità diffusa su tutta la terra. Per alcuni il Fauno sarebbe stato il terzo re preistorico dell’Italia, ed avrebbe introdotto nella penisola il culto della divinità e l’agricoltura; dopo la morte gli vennero dedicati molti onori e venne venerato come dio dei boschi, protettore delle greggi e degli armenti. Secondo altre fonti, i Fauni sarebbero stati antichi pastori, abitanti, ai primordi del mondo, nel territorio sul quale verrà fondata Roma. È una delle più antiche divinità italiche, nonché l’istitutore dei Salii e dei Luperci, le due solidalitates dedicate al culto iniziatico di Marte.
    Nel culto Fauno decadde presto d’importanza, soprattutto in seguito alla parte sempre maggiore data ad un dio di umile origine, Silvano. Identificato col greco Pan, divenne un semplice semidio mortale e si confuse con la folla dei Pani, dei Satiri, e delle Ninfe.(dalweb)

    ....DAI FAUNI A SAN VALENTINO....


    Sin dai primi secoli dell'era cristiana, molte divinità pagane vennero demonizzate e in particolare i Fauni, associati ai Satiri e ai Silvani, si trasformarono in orribili diavoli, precisamente con le corna, gli zoccoletti e la coda. Nel medioevo infatti, tutte queste divinità attirarono l’astio dei cristiani per il loro aspetto animalesco, per i loro doni profetici, ma soprattutto per il loro carattere istintivo ed erotico, connesso ai culti della fertilità.
    Infatti Agostino, in un celebre passo de «La città di Dio», scrisse che secondo testimoni degni di fede, Silvani e Fauni eran volgarmente chiamati «incubi» e avevano rapporti erotici con le donne umane. Successivamente, Marziano Capella aggiunse che le foreste inaccessibili agli umani, i boschi sacri, i laghi, le fonti e i fiumi erano popolati di Fauni, di Satiri, di Silvani e di Ninfe, di Fatui e di Fatue, esseri dotati di poteri profetici e talmente longevi da apparire agli umani immortali, sebbene tali non fossero. Naturalmente erano pericolosi per i cristiani, di cui risulta evidente, da questa descrizione, il terrore e l’orrore nutrito nei confronti della Natura selvaggia, viva, numinosa, e dunque, ai loro occhi, diabolica: la stessa Natura con cui la Strega era in armonia, e destinata, per questo, ad essere perseguitata.
    Fu così che la festa di Fauno fu gradualmente sostituita con la festa di S. Valentino, dedicata agli innamorati, ma senza connotazioni sessuali.

    Tra le foglie, verde scrigno macchiato d'oro,
    tra le incerte foglie fiorite
    di splendidi fiori dove dorme un bacio,
    vivo, strappando il lieve ricamo,
    un fauno spaurito mostra i suoi occhi
    e morde i fiori rossi con denti bianchissimi.
    Scuro e sanguigno come vino invecchiato
    il suo labbro esplode in risa tra le fronde.
    ..
    E quando s'è dileguato - come uno scoiattolo -
    il riso suo ancor trema tra le foglie;
    lo vedi spaventarsi d'un fringuello
    quel bacio aureo del bosco, e rannicchiarsi.
    (Arthur Rimbaud)

     
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10 replies since 30/1/2011, 14:29   3329 views
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