Tu sei seduto nel buio, io lavoro nella luce Tu sei seduto in silenzio, io vivo con la mia voce. Tu sei seduto comunque, dovunque, qualunque cosa fai. Tu sei un ragazzo pulito, hai le orecchie piene di sapone. Sarà per questo che non distingui più la regola dall'eccezione. Quando ritocchi la punteggiatura del tuo ultimo capolavoro, e ti rivolti nella malafede e poi firmi con la tua penna d'oro. Dimmi come ti va, come ti senti, dimmi come ti va e come ti addormenti. Dimmi come si sta, come ti senti, se c'è qualcuno di cui ti penti o se va bene tutto così com'è. Tu sei da tutte le parti, io sempre da una parte sola, non ho consigli da darti, la tua politica ha fatto scuola. Ciambellano del nulla, avanzo di segreteria. Ma ti ricordi com'eri quando cercavi una sistemazione? Professionista dell'amicizia e della compassione? Ma sempre meglio di adesso che vai girando come una sciantosa, e non sei niente ma fai di tutto per sembrare qualcosa. Dimmi come ti va, come ti senti, dimmi come ti va e come ti addormenti. Dimmi come si sta, come ti senti, se c'è qualcuno di cui ti penti o se va bene tutto così com'è.
Il cantautore romano mercoledì 11 alla festa Pd di Modena per presentare le canzoni del nuovo "Sulla strada"
MODENA – È uno dei concerti più attesi di tutta la festa, quello in cui la kermesse ricorda il golpe cileno del 1973 e la deposizione di Salvador Allende – vedrà salire sul palco di Ponte Alto Francesco De Gregori, uno dei nomi più celebri e apprezzati della musica italiana. Da tempo in tour per presentare le canzoni del suo nuovo album, “Sulla strada”, il cantautore romano è in un vero e proprio stato di grazia, e ha regalato ai suoi numerosissimi fan nuovi capolavori come “La ragazza del ‘95” e “Showtime”. Accanto a questi nuovi lavori, dalla scaletta del concerto di Modena non potranno mancare i successi più noti, pilastri di una carriera lunga oltre 40 anni e costellata di moltissime canzoni straordinarie.
fonte: modenaonline.info
Prendere e lasciare
Prendere e lasciare è un album del 1996 di Francesco De Gregori.
Il disco
Arrangiato e prodotto da Corrado Rustici, l'album è stato registrato negli Studi Fantasy di Berkeley dal 2 giugno al 24 luglio 1996; i tecnici del suono sono Matt Rohr e Frank Rinella. Tra i musicisti è da ricordare la presenza dell'organettista Ambrogio Sparagna, unico italiano di tutto il cast, in Fine di un killer. Sparagna parteciperà alla successiva tournée di De Gregori, il quale a sua volta interverrà come cantante in diversi suoi progetti. L'album ha segnato una decisiva svolta nella musica di De Gregori che si è diretto definitivamente verso una direzione più rock. La copertina, opera dallo studio Achilli-Ghizzardi Associati, trae spunto dalla canzone Rosa rosae, che in origine doveva dare il titolo al disco, e raffigura appunto due rose; le foto dell'interno sono state scattate da Francesca Gobbi e da Jack McDonald. Nei crediti viene ringraziato l'artista Max Klinger, poiché, come spiega De Gregori stesso, "La canzone Un guanto mi è stata ispirata da una serie di incisioni del pittore tedesco Max Klinger. Un guanto perduto su una pista di pattinaggio si trasforma in un simbolo della femminilità e si moltiplica all'infinito finché finisce su un tavolo accanto a una statuetta di Cupido".
Francesco De Gregori, zio del cantautore, ricordato con Stelutis alpinis Una delle canzoni del disco, Stelutis alpinis, è la traduzione in italiano, dall'originale friulano, del celebre canto alpino friulano scritto da Arturo Zardini: nel racconto di un soldato che muore in montagna e lì viene seppellito si ritrovano evidenti rimandi alla storia di Bolla, nome di battaglia di Francesco De Gregori "senior", omonimo zio del cantautore, ucciso nell'eccidio di Porzûs. In Baci da Pompei, invece, De Gregori si ispira, per il testo, ai ricordi di una sua gita scolastica. L'agnello di Dio è stata invece la canzone scelta per la promozione dell'album. Una particolarità del disco è costituita dalla presenza, di seguito all'undicesima traccia (Battere e levare, ultima canzone dell'album), di ben diciassette tracce di solo silenzio, della durata di 56 secondi ciascuna, al termine delle quali, come ventinovesimo pezzo, si ascolta una versione in diretta del medesimo brano (qui eseguito solo voce e chitarra acustica, in pennata e non con il finger style della prima versione), seguita da un'improvvisazione strumentale che in origine faceva da coda al brano Jazz sfumando rapidamente, mentre qui è proposta in registrazione integrale. Il video della canzone L'agnello di Dio è stato girato sul set di un film di Gabriele Salvatores ed evoca efficacemente un'atmosfera di inquietudine e desolazione creata dal testo. A riguardo, lo stesso De Gregori afferma: « In questo scenario di archeologia industriale del Portello (un’area dismessa dall’Alfa Romeo), e in altre riprese come quella nel letto del fiume Tagliamento in secca, un set costituito da una nuda pietraia nella quale io mi aggiro, “L’agnello di Dio” viene proiettato in un futuro di desolazione, di solitudine, di alienazione, di pazzia. » (Francesco De Gregori)
Il caso "Zingara"
Il brano Prendi questa mano, zingara è stato al centro di una lunga battaglia legale tra Enrico Riccardi, Luigi Albertelli e la BMG Ricordi da un lato, e De Gregori e la Sony dall'altro. I primi in quanto autori della nota Zingara interpretata da Iva Zanicchi e Bobby Solo e vincitrice del Festival di Sanremo 1969, contestavano limitatamente l'incipit del testo degregoriano «Prendi questa mano zingara/dimmi pure che futuro avrò», simile al vecchio «Prendi questa mano zingara/dimmi che destino avrò». Il 7 gennaio 1997, circa quattro mesi l'uscita del disco, il giudice Mario Rosario Ciancio della 1ª Sezione Civile del Tribunale di Roma emise cautelativamente un'ordinanza con la quale si inibiva al cantautore romano di eseguire il brano in pubblico e si imponeva alla Sony Music editrice dell'opera di ritirare dal commercio i dischi e i nastri contenenti il brano incriminato. Fu pertanto messa in commercio una nuova versione di Prendere e lasciare senza il brano condannato e con una copertina che in evidenza avvertiva che il disco «non contiene Prendi questa mano, zingara per ordinanza del Tribunale di Roma RG AC 38472/96». De Gregori reagì con stupore facendo notare che «la musica, al pari di altre forme d'arte, è un continuo gioco di citazioni e recuperi. Mi sembra che l'ordinanza contraddica una linea di tendenza culturale significativa di questi ultimi decenni. Sarebbe come se Naomi Campbell avesse impedito ad Andy Warhol di riprodurre la famosa lattina della minestra nelle sue celebri e straordinarie opere». Per la stessa Iva Zanicchi l'operazione degregoriana era da ritenersi «una cosa carina: De Gregori, prendendo spunto da una canzone degli anni sessanta di grande successo, l'aveva volutamente citata; ogni volta che sentivo la sua canzone, onestamente, mi faceva piacere, mi ricordava la mia 'Zingara'. Dal mio punto di vista, ero contenta di sapere che il poeta De Gregori avesse preso spunto da una canzone popolare come 'Zingara'. Insomma, per me sotto sotto poteva essere un omaggio ad una grande canzone italiana». A sostegno di De Gregori si mossero Beniamino Placido, Maurizio Costanzo e il docente di filologia Gianni Spallone, i quali redassero tre memorie comprovanti l'assoluta legittimità dell'operato del cantautore. Analoga memoria fu presentata nel marzo 1997 da Fabrizio De André. Il 21 febbraio il tribunale assolse De Gregori sostenendo che «la utilizzazione dei due versi non costituisce un plagio, ma rappresenta semplicemente la citazione di una parte di una famosa opera dell'ingegno che deve essere valutata come manifestazione della notorietà raggiunta dall'opera dalla quale è tratta. Conseguentemente è da escludere qualsiasi confondibilità tra il testo scritto da Luigi Albertelli e quello scritto da Francesco De Gregori». Il 31 maggio 2002 una nuova sentenza ingiunse a Francesco De Gregori il pagamento dei danni morali agli autori di Zingara. Venne nuovamente immessa sul mercato una ristampa dell'album "purgata" della traccia del brano contestata con un'apposita nota in evidenza sulla copertina avvisante l'acquirente che «Non contiene Prendi questa mano, zingara per sentenza del Tribunale di Roma n. 22118/2002, pubblicata il 31/5/2002». Il 27 luglio 2007, la Corte d'appello assolse definitivamente De Gregori da ogni accusa.
Le polemiche su L'agnello di Dio
Una polemica investì il brano L'agnello di Dio che suscitò critiche dal mondo cattolico. Alla sua pubblicazione, infatti, un articolo dell'Osservatore Romano accusò De Gregori e altri cantautori come Lucio Dalla, Antonello Venditti, Fabrizio De André, Franco Battiato e Luciano Ligabue di assecondare solamente strategie di mercato (“nuova moda religiosa pilotata dai padroni del disco”) citando Dio nei loro testi nonostante gli autori fossero dichiaratamente atei. De Gregori ribatté alle critiche affermando che «Gesù patì non in compagnia di sant'uomini, ma di due ladroni che portò con sé in Paradiso. Al posto dei ladroni in questa canzone ci sono puttane, spacciatori, il soldato che decapita il nemico… Non è certamente una canzone pacificatoria. Ma dov’è lo scandalo?». Le critiche del Vaticano furono risolte in un duro ma sincero faccia a faccia tra De Gregori e il cardinale Ersilio Tonini, annunciato dai giornali come una sorta di resa dei conti tra la musica dei giovani e la Chiesa, avvenuto il 21 ottobre 1996 nella trasmissione televisiva Roxy Bar, condotta da Red Ronnie. “Può un ateo usare il nome di Dio senza passare per blasfemo?”, ha chiesto il cantante a Tonini, mentre il cardinale tentava di spiegare al cantautore che “la voce poetica” e “le mani che scrivono canzoni” sono un dono. Un punto di vista non compreso da chi “non ha fede”, ha osservato De Gregori. E mentre Ronnie e l’autore di Rimmel lo incalzavano, Tonini ha affermato: “Posso ringraziare Dio di avere fatto uno come te”, frase alla quale ha fatto seguito un abbraccio tra i due. Qualche anno dopo, ricordando quell'incontro, De Gregori dedicò in un concerto L'agnello di Dio al cardinal Tonini: “Mi disse che l’aveva trovata carina e a lui voglio dedicarla. Non credo sia presente in teatro ma se lo incontrate, fateglielo sapere”.
Tracce
Compagni di viaggio – 5:38 (Francesco De Gregori) Rosa rosae – 3:26 (Francesco De Gregori) Tutti hanno un cuore – 5:57 (Francesco De Gregori) Un guanto – 6:19 (Francesco De Gregori) Jazz – 5:09 (Francesco De Gregori) L'Agnello di Dio – 4:04 (Francesco De Gregori) Stelutis alpinis – 4:24 (Testo originale in friulano e musica di Arturo Zardini, traduzione in italiano di Francesco De Gregori) Baci da Pompei – 4:28 (Francesco De Gregori) Prendi questa mano, zingara – 4:24 (Francesco De Gregori) Fine di un killer – 6:01 (Francesco De Gregori) Battere e levare – 3:03 (Francesco De Gregori) Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Traccia di silenzio – 0:56 Battere e levare – 5:52 (Francesco De Gregori) – Contiene la ghost track strumentale Jazz
Avevano parlato a lungo di passione e spiritualità E avevano toccato il fondo della loro provvisorietà Lei disse " Sta arrivando giorno chiudi la finestra o il mattino ci scoprirà " E lui sentì crollare il mondo sentì che il tempo gli remava contro schiacciò la testa sul cuscino per non sentire il rumore di fondo della città Una tempesta d'estate lascia sabbia e calore E pezzi di conversazione nell'aria e ancora voglia d'amore Lei chiese la parola d'ordine, il codice d'ingresso al suo dolore Lui disse " Non adesso, ne abbiamo già discusso troppo spesso, aiutami piuttosto a far presto, il mio volo lo sai partirà tra poco più di due ore " Sentì suonare il telefono nella stanza gelata e si svegliò di colpo e capì di averla solo sognata Si domandò con chi fosse e pensò "E' acqua passata" E smise di cercare risposte, sentì che arrivava la tosse, si alzò per aprire le imposte, ma fuori la notte sembrava appena iniziata Due buoni compagni di Viaggio non dovrebbero lasciarsi mai Potranno scegliere imbarchi diversi, saranno sempre due marinai Lei disse misteriosamente "Sarà sempre tardi per me quando ritornerai.." E lui buttò un soldino nel mare, lei lo guardò galleggiare, si dissero "Ciao!" per le scale e la luce dell'alba da fuori sembrò evaporare ...
Rosa che rosa non sei, rosa che spine non hai. Rosa che spine non temi, che piangi e che tremi, che vivi e che sai. Rosa che non mi appartieni, che sfiori, che vieni, che vieni, che vai. Rosa che rose non vuoi, rosa che sonno non hai. Rosa di tutta la notte, che tutta la notte non basterà mai. Rosa che non mi convieni, che prendi e che tieni, che prendi e che dai. Rosa che dormi al mattino e venirti vicino non oso. Rosa che insegni il cammino alla sposa e allo sposo. Rosa d'amore padrona, punisci e perdona, non chiuderti mai. Rosa d'amore signora, digiuna e divora, non perdermi mai.
Video Tutti hanno un cuore
Vivono di vera luce come stelle, come angeli in preghiera, sono le giovani sentinelle di questa lunga sera. Hanno lo sguardo feroce e innocente, l'aria dura dei criminali, vivono in questo estremo Occidente, sogni marginali. Oppure chiusi dentro un'automobile, fanno buchi nella notte, fino a vederla passare e scoppiare nelle braccia rotte. Alcuni hanno una musica nella testa, ma non gli piacciono le parole, tutta la vita una musica in testa, in cerca d'autore.... E tutti hanno, tutti hanno, tutti hanno un cuore. Il coprifuoco comincia ogni sera più presto e le misure sono eccezionali. Riconosciamo gli amici in un verbale d'arresto o dalle impronte digitali. Ma non lo scrivono nei libri di testo e non lo mettono sui giornali. Questo presente ogni giorno lo stesso, queste notizie tutte uguali. E poi li vedi prima ancora dell'alba, gente che viene da fuori. Scavano tra la terra e i rifiuti, per chissà quali tesori. Nella spazzatura del mondo, uomini senza nome, cercano un pezzo di specchio da vendere o un riflesso del sole. E tutti hanno, tutti hanno, tutti hanno un cuore.
Video Un guanto Il guanto si era già posato in quel Cielo infinito dove Psiche e Cupido governano insieme dove Psiche e Cupido sorridono insieme. Un guanto precipitò da una mano desiderata a toccare il pavimento del mondo in una pista affollata. Un gentiluomo, un infedele lo seguì con lo sguardo. E stava quasi per raggiungerlo, ma già troppo in ritardo, stava quasi per raggiungerlo, ma troppo in ritardo. Era scomparsa quella mano e tutta la compagnia e chissà se era mai esistita. Era scomparsa quella mano e restava la nostalgia e il guanto e la sua padrona scivolavano via il guanto e la sua signora pattinavano via. Sotto un albero senza fiori si struggeva l'amore amato. Il guanto era a pochi passi, irraggiungibile e consumato. In quella grande tempesta d'erba, non era estate, nè primavera. E non sembrava nemmeno autunno e l'inverno non esisteva. Non sembrava nemmeno autunno e l'inverno non esisteva. E un uomo da una piccola barca con un mezzo marinaio vide qualcosa biancheggiare. Un uomo da una piccola barca, sporgendosi sul mare: era il guanto che rischiava di annegare, era il guanto che rischiava di affondare. Fu un trionfo di conchiglie, un omaggio di fiori per il guanto restituito alla banalità dei cuori, ad una spiaggia senza sabbia, a una passione intravista ad una gabbia senza chiave, ad una stanza senza vista, ad una gabbia senza chiave, ad una vita senza vista. E intanto milioni di rose rifluivano sul bagnasciuga. E chissà se si può capire Che milioni di rose non profumano mica se non sono i tuoi fiori a fiorire, e se i tuoi occhi non mi fanno più dormire. Era la notte di quel lungo giorno, i guanti erano sconfinati, come l'incubo di un assassino o i desideri dei condannati. Dietro al guanto maggiore la luna era crescente e piccoli guanti risalivano la corrente e piccoli guanti risalivano la corrente. Fino al Capo dei sogni e alla riva del letto dell'innocente che dormiva. Un mostro sconosciuto osservava non osservato sopra al tavolo un guanto incriminato sopra al tavolo un guanto scostumato. E il guanto fu rapito in una notte d'inchiostro da quel mistero chiamato Amore da quell'amore che sembrava un mostro. Inutilmente le due nude mani si protesero a trattenerlo. Il guanto era già nascosto dove nessuno può più vederlo, il guanto era già lontano quanto nessuno può più saperlo. Oltre la pista di pattinaggio e le passioni al dì di festa e le onde di tutti i mari. E il trionfo nella tempesta e le rose nella schiuma. Il guanto era volato più alto della Luna. Il guanto era lontano più leggero di una piuma. Oltre al luogo e all'azione e al tempo consentito, all'amore e alle sue pene. Il guanto si era già posato in quel cielo infinito dove Psiche e Cupido governano insieme dove Psiche e Cupido sorridono insieme.
Video
Jazz
Qualcuno avrebbe voluto occuparsi di jazz. Qualcuno l'avrebbe saputo perfino suonare quel jazz. Certamente non proprio benissimo ma quel tanto che basta e che fa. Che si dica "Ha vissuto la vita sotto l'ombra del jazz'. Che si dica 'Quell'uomo ha vissuto sotto i colpi del jazz'. Qualcuno avrebbe dovuto tuffarsi nel jazz. Lontano dagli occhi del mondo, volendo, in un'altra città. Altri portici ed altri portoni dove anche il buio è diverso da qua. E perfino l'amore è più bello, a livello di jazz. E la pioggia è più tiepida sotto l'ombrello del jazz. Fa che duri il tempo, fa che giri lento, fa che scorra il pianto. Fa che mi conosca, che mi riconosca quando mi vedrà. Cantando con gli occhi come solo lei sa. Cantando e ballando al ritmo del jazz. Qualcuno avrebbe potuto sparire nel jazz. Qualcuno l'avrebbe saputo perfino capire quel jazz. Decifrare la nota segreta di ogni singola tonalità. E buttarsi la vita alle spalle, a tempo di jazz. E buttarsi in un giro di valzer, a tempo di jazz. Fa che duri il tempo, fa che giri lento, fa che asciughi il pianto. Fa che mi conosca e mi riconosca quando mi vedrà. Cantando con gli occhi come solo lei sa. Cantando e ballando al ritmo del jazz.
Prendi questa mano, zingara dimmi pure che futuro avrò. Ora che il vento porta in giro le foglie e la pioggia fa fumare i falò. E c'è uno che dice Guarda! Uno che dice Dove?, uno che dice Chissà. E c'è acqua che è ferma, acqua che si muove, acqua che se ne va. Prendi questa mano zingara, leggila fin che vuoi. Leggila fino all'ultimo, leggila come puoi. Prendi questa mano zingara, dimmi ancora quanta vita ci va. Di quanti anni sarà fatto il tempo, e il tempo cosa sembrerà. Saranno macchine o fili d'erba? Saranno numeri da ricordare. Saranno barche da ridipingere, saranno alberi da piantare. Prendi questa mano, zingara. Raccontami il buio com'è. La notte è lunga da attraversare, fammi spazio vicino a te. I tuoi occhi risplendono nel buio. La tua bocca e le tue dita parlano. Il tuo anello rovesciato si illumina. Alla luce dell'insegna dell'albergo di fronte i tuoi denti e la tua schiena brillano mentre i tuoi sensi scintillano, nell'oscurità. Prendi questa mano, zingara. Fammi posto vicino a te. La notte è lunga da attraversare, fammi posto vicino a te. I tuoi occhi sorridono nell'ombra le tue carte si aprono le nostre mani si mischiano. E il presente e l'infinito nel buio si confondono, mentre i tuoi sensi rispondono, nell'immensità
Battere e levare Lo vedi tu com'è... bisogna fare e disfare. Continuamente e malamente e con amore, battere e levare. Stasera guardo questa strada e non lo so dove mi tocca andare. Lo vedi, siamo come cani. Senza collare. Lo vedi tu com'è... è prendere e lasciare. Inutilmente e crudelmente e per amore, battere e levare. Ma non lo vedi come passa il tempo? Come ci fa cambiare? E noi che siamo come cani. Senza padroni. So che tu lo sai perfettamente, come ti devi comportare. Abbiamo avuto tempo sufficiente per imparare. E poi lo sai che non vuol dire niente dimenticare. E tu lo sai che io lo so e quello che non so lo so cantare. Lo vedi tu com'è... come si deve fare. Precisamente e solamente, battere e levare. Vedo cadere questa stella e non so più cosa desiderare. Lo vedi, siamo come cani. Di fronte al mare.
Amore nel pomeriggio è un album di Francesco De Gregori pubblicato nel 2001 e prodotto da Guido Guglielminetti. Il disco ha vinto la Targa Tenco per il miglior album ed ha raggiunto la prima posizione in classifica in Italia.
Tracce
L'aggettivo "Mitico" - 6:31 Canzone per l'estate - 6:02 Deriva - 4:22 Spad VII S2489 - 6:01 Natale di seconda mano - 5:59 Quando e qui - 3:57 Condannato a morte - 7:25 Il cuoco di Salò - 3:55 Cartello alla porta - 3:51 Caldo e scuro - 5:00 Sempre e per sempre - 3:23
Il fischio del vapore è un album inciso da Francesco De Gregori e Giovanna Marini, pubblicato nel 2002. Il disco racchiude alcune canzoni popolari e altre scritte da cantautori come Gualtiero Bertelli o gli stessi De Gregori e Marini e che ricalcano lo stile della musica folk sia nei testi che nell'accompagnamento musicale.
Tracce
Sento il fischio del vapore O Venezia che sei la più bella L'attentato a Togliatti I treni per Reggio Calabria (testo e musica di Giovanna Marini) Nina ti te ricordi (testo e musica di Gualtiero Bertelli) Sacco e Vanzetti Donna lombarda di Gualtieri Il tragico naufragio della nave Sirio Il feroce monarchico Bava Lamento per la morte di Pasolini (testo e musica di Giovanna Marini) L'abbigliamento di un fuochista (testo e musica di Francesco De Gregori) Saluteremo il signor padrone Bella ciao O Venezia che sei la più bella (coro e banda)
Donna lombarda di Gualtieri Amami me che sono re non posso amarti tengo marì Tuo marito fallo morire t'insegnerò come devi far Vai nell'orto del tuo buon padre taglia la testa di un serpentin Prima la tagli e poi la schiacci e poi la metti dentro nel vin Ritorna a casa il marì dai campi Donna Lombarda oh che gran sé Bevilo bianco bevilo nero bevilo pure come vuoi tu Cos'è sto vino così giallino sarà l'avanzo di ieri ser Ma un bambino di pochi mesi sta nella culla e vuole parlar O caro padre non ber quel vino Donna Lombarda l'avvelenò Bevilo tu o Donna Lombarda tu lo berrai e poi morirai E per amore del Re di Spagna io lo berrò e poi morirò La prima goccia che lei beveva lei malediva il suo bambin Seconda goccia che lei beveva lei malediva il suo marì
Il disco è stato pubblicato sia in CD sia in 33 giri. Per promuoverlo, l'artista compare, per la prima volta nella sua carriera, al Festivalbar. Singoli estratti sono, in ordine di uscita, Vai in africa, Celestino!, Gambadilegno a Parigi e Passato remoto. In seguito all'uscita del disco è partito un tour, iniziato a Palermo. Il disco si è aggiudicato la Targa Tenco per il migliore album ed è considerato da molti come uno dei più vicini allo stile di Bob Dylan nella produzione di De Gregori, con melodia e molte ballate rock.
Tracce
Vai in Africa, Celestino! - 4:00 Numeri da scaricare - 4:40 Gambadilegno a Parigi - 5:24 Tempo reale - 5:15 Parole a memoria - 5:24 La testa nel secchio - 6:33 Passato remoto - 3:50 Il panorama di Betlemme - 5:46 Le lacrime di Nemo - L'esplosione - La fine - 4:17 Il vestito del violinista - 4:53
Le canzoni
Vai in Africa, Celestino!
Una ballata rock, che ricorda molto Everything is broken di Dylan, in cui tutto è a pezzi. Secondo alcuni, il "Celestino" del ritornello sarebbe Walter Veltroni, e la conferma di ciò potrebbe essere contenuta in una frase di De Gregori nella celebre intervista in cui dichiarò che non avrebbe votato per il suo amico Veltroni alle primarie del Partito Democratico del 2007: «Io lo prendevo un po' in giro per la storia dell'Africa: "Guarda Walter che non ci crede nessuno". Lui teneva il punto: "Ti dico che vado in Africa!". Almeno su questo, per ora ho avuto ragione io» Per altri, dietro l'immagine di Celestino V, colui che secondo Dante, "fece per viltade il gran rifiuto" del papato per viltà, c'è la tentazione dell'autore di disinteressarsi della politica. Probabilmente si tratta in realtà di un riferimento a "La profezia di Celestino", un romanzo di James Redfield del 1993, uno degli scritti più emblematici del movimento New Age. Uno dei capisaldi della filosofia New Age è infatti la possibilità che ciascuno avrebbe di costruire il proprio destino mediante il pensiero positivo; in quest'ottica, ogni evento negativo dipenderebbe dal soggetto stesso a cui accade, incapace di costruirsi con il potere della propria mente una vita felice. Nel ritornello, in modo semplice ma non per questo meno incisivo, il cantautore ridimensiona questa concezione, ricordando che non tutto può essere risolto con un atteggiamento positivo, come testimoniano in modo lampante le condizioni di vita nel quarto mondo.
Numeri da scaricare
Blues con vari riferimenti alla realtà dell'immigrazione e delle guerre.
Gambadilegno a Parigi
Presenta la figura di un reduce di guerra, "del Vietnam o della Corea", ha detto l'autore, che sogna di poter vincere la propria solitudine esistenziale, grazie all'amore e al sogno. L'uomo "sogna Atene" ("è la culla della nostra civiltà" secondo De Gregori), ma si trova sotto la neve, simbolo del gelo che ora avvolge il suo animo; lasciato l'ospedale militare dove gli hanno messo una protesi in legno al posto dell'arto perso in guerra, va a Parigi, dove cammina zoppicando lungo gli Champs-Élysées, incontro alla sconfitta definitiva, ma sempre in piedi. La vicenda si snoda per associazioni, proprio come in un sogno, su di una musica morbida e lenta. La canzone ha vinto il premio "Miglior canzone dell'anno" secondo i lettori del quotidiano La Stampa.
Tempo reale
Altro impietoso ritratto dell'Italia del 2000, che termina "se potessi rinascere ancora... Preferirei non rinascere qua".
Parole a memoria
Canzone della memoria e della poesia (Era solo per ricordare/l'ultimo verso dell'Infinito), in cui, per i riferimenti biografici (...una piccola città di mare... riferibile all'infanzia trascorsa dall'autore a Pescara), in molti hanno visto una dedica dell'autore alla figura del padre, Giorgio De Gregori, scomparso nel 2003. Il ritornello musicale ricorda molto Knockin' on Heaven's Door, di Bob Dylan
La testa nel secchio
La canzone riporta alcuni ricordi dell'autore.
Passato remoto
È ancora il tema dei ricordi, del passato, dell'amore. La canzone è Ispirata dalla scomparsa del padre.
Il panorama di Betlemme
Il protagonista è un uomo, colpito a morte, in Palestina (israeliano? palestinese?) che prega di poter respirare e riposare ancora, prima della fine, mentre una mosca, simbolo di morte, lo tormenta.
L'esplosione - la fine
Una ballata lenta e malinconica come una ninna nanna, suonata dal mandolino di Marco Rosini, fa da sfondo a un testo toccante, ispirato al Capitano Nemo di Jules Verne, inteso come simbolo dell'umanità intera.
Il vestito del violinista
È ispirata alla strage di Beslan in Russia. Il titolo potrebbe nascere da inquadrature di Schindler's list oppure da quadri come quelli di Marc Chagall.
Vai in Africa, Celestino! Pezzi di stella, pezzi di costellazione Pezzi d'amore eterno, pezzi di stagione Pezzi di ceramica, pezzi di vetro Pezzi di occhi che si guardano indietro Pezzi di carne, pezzi di carbone Pezzi di sorriso, pezzi di canzone Pezzi di parola, pezzi di Parlamento Pezzi di pioggia, pezzi di fuoco spento Ognuno è fabbro della sua sconfitta E ognuno merita il suo destino Chiudi gli occhi e vai in Africa, Celestino! Pezzi di strada, pezzi di bella città Pezzi di marciapiedi, pezzi di pubblicità Pezzi di cuori, pezzi di fedi Pezzi di chilometri e pezzi di metri Pezzi di come, pezzi di così Pezzi di plastica, pezzi di mtv Pezzi di scambio, pezzi sotto scacco Pezzi di gente che si tiene il pacco Ognuno è figlio del suo tempo Ognuno è complice del suo destino Chiudi la porta e vai in Africa, Celestino! Pezzi di storia, pezzi di divisione Pezzi di Resistenza, pezzi di Nazione Pezzi di Casa Savoia, pezzi di Borbone Pezzi di corda, pezzi di sapone Pezzi di bastone, pezzi di carota Pezzi di motore contro pezzi di ruota Pezzi di fame, pezzi di immigrazione Pezzi di lacrime e pezzi di persone Ognuno è figlio della sua sconfitta Ognuno è libero col suo destino Butta la chiave e vai in Africa, Celestino! Pezzi di pericolo, pezzi di coraggio Pezzi di vita che diventano viaggio Pezzi di Pasqua, pezzi di Natale Pezzi di bene dentro a pezzi di male Pezzi di mascalzone, pezzi che non sei altro Pezzi di velocità lungo pezzi d'asfalto Pezzi di briciole, pezzi di vetrina Pezzi di colla da annusare pezzi di diossina Ognuno porta la sua croce Ognuno inciampa sul suo cammino Apri gli occhi e vai in Africa, Celestino! Pezzi di emozione che non si interrompe Pezzi di Musica sotto le bombe Pezzi di maggioranza, pezzi di opposizione Pezzi di speranza e pezzi di informazione Pezzi di ferro, pezzi di cemento Pezzi di deserto, pezzi di frumento Pezzi di incenso, pezzi di petrolio Pezzi di kerosene, pezzi di gasolio Ognuno brucia come vuole Ognuno è vittima ed assassino Gira i tacchi e vai in Africa, Celestino!
Tempo reale Paese di terra terra di cani Paese di terra e di polvere Paese di pecore e pescecani E fuoco sotto la cenere Dentro le stanze del Potere l'Autorità va a tavola con l'anarchia Mentre il ritratto della Verità si sta squagliando e la vernice va via E il Pubblico spera che tutto ritorni com'era che sia solo un fatto di tecnologia E sotto gli occhi della Fraternità la Libertà con un chiodo tortura la Democrazia Paese di terra terra di fumo paese di figli di donne di strada E dove se rubi non muore nessuno E dove il crimine paga C'è un segno di gesso per terra e la gente che sta a guardare Qualcuno che accusa qualcuno Però lo ha visto solamente passare E nessuno ricorda la faccia del boia è un ricordo spiacevole E resta soltanto quel segno di gesso per terra Però non c'è nessun colpevole Paese di zucchero, terra di miele Paese di terra di acqua e di grano Paese di crescita in tempo reale E piani urbanistici sotto al vulcano Paese di ricchi e di esuberi e tasse pagate dai poveri E pane che cresce sugli alberi e macchine in fila nel sole Paese di banche, di treni di aerei di navi che esplodono Ancora in cerca d'autore Paese di uomini tutti d'un pezzo Che tutti hanno un prezzo e niente c'ha valore Paese di terra terra di sale e valle senza più lacrime Giardino d'Europa, stella e stivale Papaveri e vipere e papere dov'è finita la tua dolcezza famosa tanto tempo fa E' chiusa a chiave dentro la tristezza dei buchi neri delle tue città Chissà se davvero esisteva una volta o se era una favola o se tornerà E però se potessi rinascere ancora Preferirei non rinascere qua
Era solo per ricordare il primo verso di una poesia Una scusa per chiedere scusa un modo elegante per andarsene via O soltanto per averti pensato o aver pensato male Per averti dimenticati nei regali di natale E averti visto sanguinare le ossa e maledire domani E aver lasciato le tue rose bianche a un matrimonio albanese E per non darti un dispiacere per non farmi notare per guardarti dormire Era solo per ricordare un altro tipo di situazione Come una piccola città di mare e una stufa a carbone Che non tirava se tirava vento sul tuo cappotto rivoltato Ma sotto i portici sentivi già l'estate ed una birra d'un fiato Poi d'improvviso tutti gli anni per terra come i capelli dal barbiere Come la vita che non risponde e il tempo fa il suo dovere Ed il barbiere con la chitarra vuole sentirti suonare E per non darti un dispiacere per non farmi notare per guardarti dormire Era solo per chiacchierare versare il vino spezzare il pane Pagare pegno, ricominciare parlare al cane Era solo per ricordare l'ultimo verso dell'Infinito ed i tuoi occhi come lo stagno e una carezza sul tuo vestito che certamente non aveva senso o aveva senso trovarci allora? Se tutto quanto era già stato detto o c'erano cose da dire ancora? Ma non avevo tempo da perdere e tu tempo da dare E per non darti un dispiacere per non farmi notare per guardarti dormire
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La testa nel secchio
Ho messo la testa nel secchio e nel secchio c'è acqua e sale Ho messo la testa nel secchio e devo bere per non affogare Ho messo la testa nel secchio, dentro al secchio per guardare cosa c'era dentro al secchio e dentro al secchio c'era il mare E chissà quanto ho viaggiato quante volte sono stato quanti ponti ho attraversato quante scale che ho salito Quando tu indicavi il cielo mentre io guardavo il dito E chissà quanto ho viaggiato quante pagine ho strappato Quanto amore ho visto in giro quanto ne ho dimenticato Ma ho del sangue nei capelli e non so chi mi ha ferito E il treno sta partendo e non è ancora partito Ho messo la testa nel secchio come in un pozzo per afferrare un coltello dalla parte sbagliata o un riflesso lunare Una stella camaleonte o una corrente tropicale o la voce di una donna in fondo al secchio che ti chiede "Sai nuotare?" E chissà quanto ho viaggiato quante facce sono stato Quante volte ho chiuso gli occhi quanta polvere ho mangiato Quante volte ho chiesto scusa quante volte ho perdonato E chissà quanto ho viaggiato quanta gente ho conosciuto e se mi riconosceresti dopo il tempo che è passato Come sabbia dentro al vetro come vento sul vestito E il treno sta partendo ma non è ancora partito Ho messo la testa nel secchio come in un sogno da attraversare Come chilometri di luce nera con un bagaglio da recuperare nelle stazioni di mezzanotte senza volermi svegliare per qualcosa che non ha orario ma non può più aspettare E chissà quanto ho viaggiato quante carte ho rivoltato quante volte ho preso l'asso quante volte l'ho buttato quante volte ho visto il Sole quante volte l'ho guardato E chissà quanto ho viaggiato e se sono mai arrivato se ho scommesso se ho pagato se ho promesso ed ho tradito quante volte ho confessato senza essermi pentito E il treno sta partendo ma non è ancora partito....