FIORI E PIANTE VELENOSE o NOCIVE

TUTTO QUELLO CHE C'E DA SAPERE..

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  1. gheagabry
     
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    L’ingestione della Belladonna rende:
    "caldo come una lepre"
    "cieco come un pipistrello"
    "secco come un osso"
    "rosso come una barbabietola"
    "matto come una gallina"
    (filastrocca inglese)


    LA BELLADONNA


    Belladonna-copia

    La belladonna è una pianta a fiore (Angiosperme dicotiledoni) appartenente all'importante famiglia delle Solanaceae, come il pomodoro e la patata. Cresce sporadica nelle zone montane e submontane fino ad una altitudine di 1400 metri. Predilige i suoli calcarei e i margini di boschi freschi e ombrosi, come le faggete. Allo stato selvatico è presente in Europa centrale, Africa settentrionale e Asia occidentale fino al Pakistan. In Italia la si può trovare nei boschi delle Alpi e Appennini.
    E' un pianta erbacea e perenne, dotata di un grosso rizoma dal quale si sviluppa un fusto robusto, eretto e ramificato, di altezza compresa tra i 70–150 cm. Le foglie sono semplici, picciolate, di forma ovale-lanceolata, alternate nella zona superiore a foglie più piccole; come il fusto, sono ricoperte di peli ghiandolari responsabili dello sgradevole odore emanato dalla pianta. I fiori sono ermafroditi, ascellari e penduli; presentano un calice a 5 sepali ed una corolla a 5 petali di forma campanulata-tubulosa e di colore violaceo cupo; l'androceo è composto da 5 stami con antere molto sviluppate, il gineceo da un ovario biloculare con stilo unico e stigma bifido.
    La belladonna fiorisce nel periodo estivo e l'impollinazione è entomogama (tramite Insetti). I frutti sono lucide bacche nere, di piccole dimensioni, contornate dal calice che, durante la maturazione, si accresce aprendosi a stella.

    Nonostante l'aspetto invitante e il sapore gradevole, le bacche sono velenose per l'uomo.
    La Belladonna è una delle piante più tossiche nell’emisfero orientale. Tutte le parti contengono l’alcaloide tropano. Le bacche sono il pericolo più grande, soprattutto per i bambini. Hanno un aspetto molto attraente e un sapore dolciastro. Il consumo da due a cinque bacche può essere letale per un adulto. La parte più tossica in assoluto è la radice. Anche le foglie hanno una buona concentrazione e possono risultare fatali. Conigli, pecore, capre e maiali non hanno problemi nel nutrirsi della pianta e anche molti uccelli sono immuni e si cibano delle bacche e dei semi. I cani e i gatti invece sono sensibili.

    ..storia, miti e leggende..

    belladonna-foto-960x480


    Il suo nome latino utilizzato dai botanici e dai fito-
    terapeuti, venne ispirato da Atropo, una delle Moiere della mitologia greca, una delle tre dee del destino, figlie di Zeus e di Ananke, la dea della Legge. Delle tre “fate” greche del destino, Atropo, il cui nome significa “inflessibile”, era quella incaricata di recidere il filo della vita con un paio di cesoie d’oro; è un veleno, violento e implacabile, che dà la morte, dopo delirio e follia. Era una delle erbe coltivate nel giardino di Ecate, che insieme con il giusquiamo, lo stramonio e la mandragora, venivano usate dalle streghe.
    Il nome volgare deriva dall'usanza come espediente di bellezza dalle dame del Rinascimento, che usavano un macerato di foglie di belladonna per lucidare lo sguardo e dilatare la pupilla in modo da sembrare più seducenti: ciò derivava dall'effetto dell'atropina, un alcaloide di cui la belladonna è molto ricca, che provocava la midriasi delle pupille agendo sul sistema nervoso parasimpatico per aumentare la circolazione.
    In passato era considerata l'erba delle streghe per gli effetti allucinatori che derivavano dalla sua assunzione; le streghe ai tempi del sabba si spalmavano un unguento sul corpo permettendo alla sostanza di entrare in circolo velocemente e di volare: chiamato “il sussurro delle streghe”. E' da sempre associata a riti satanici. Circe, herbaria per eccellenza, era figlia della “dea dei crocicchi” Ecate (le sue statue venivano poste negli incroci -trivi -, a protezione dei viandanti) e Canidia, nella Roma di Augusto, mescolava per i propri intrugli piante funebri, piume di civetta, uova di rospo, erbe della Colchide e zampe di gallina, chiamando a testimoni del proprio rituale « Nox et Diana».
    Solamente l’angelica, soprannominata erba degli angeli dai medici del Rinascimento, poteva essere utilizzata come antidoto contro tutte le pozioni magiche e i temibili effetti della belladonna.
    In Sicilia, ove è conosciuta col nome di "sulatra" (almeno nella zona nord del siracusano), si trova facilmente anche negli agrumeti, in zona collinare attorno ai 400 metri di quota; il succo delle foglie viene usato come rimedio contro le punture di vespa.

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    L'utilizzo medicinale della belladonna è relativamente tardivo, a causa della sua velenosità e della difficoltà di dosaggio. La pianta è stata usata come anestetico chirurgico prima dell'avvento degli anestetici di sintesi. La belladonna è stata usata in passato come veleno per le frecce, e alla morte dell'Imperatore Augusto si diffuse la voce che la moglie Livia l'avesse avvelenato con la belladonna. Nell'undicesimo secolo, gli scozzesi respinsero l'attacco degli invasori danesi avvelenando con il succo delle bacche di belladonna la birra scura dei loro rivali. Il loro capo era Macbeth, immortalato poi nell'omonima tragedia di Shakespeare.
    Un tempo nelle campagne si sconsigliava di adornarsene perché sarebbe stato di cattivo augurio e si raccomandava, quando la si voleva eliminare dal giardino o dall’orto, di sradicarla evitando di tagliarla poiché le radici mozze avrebbero nuociuto alle altre piante. Divenne anche il simbolo del Silenzio, che è uno degli attributi della morte.
    Anticamente, la superstizione popolare sosteneva che, collocando due piantine di belladonna davanti alla porta di casa avrebbe respinto gli spiriti impuri. Lo stesso effetto avrebbero ottenuto i suoi fiori e steli posti all’interno della casa.

    belladonna-2


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    Edited by gheagabry1 - 7/2/2022, 17:00
     
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17 replies since 22/9/2010, 13:56   32269 views
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