FIORI E PIANTE VELENOSE o NOCIVE

TUTTO QUELLO CHE C'E DA SAPERE..

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  1. gheagabry
     
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    LA MANDRAGORA


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    La Mandragora L. è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Solanaceae comunemente note come Mandragola. E' una pianta erbacea, rustica; presenta foglie, grandi, ovali, ruvide, che diventano verde scuro man mano che cresce. I fiori sono di piccole dimensioni, campanulati, blu-bianchi e sbocciano in primavera. In estate, nelle regioni dal clima più caldo, compaiono dei frutti tondeggianti gialli. Le radici a fittone hanno una forma umanoide. Sia la pianta che i frutti, detti pomi, simili però a bacche rosse, emanano un odore sgradevole.
    I vecchi autori distinguevano la Mandragora in bianca (maschio) e nera (femmina), oggi dette vernalis e autumnatis. Le differenze tra le due specie sono unicamente di tipo morfologico. La prima presenta una con radice grossa, carnosa, bianca e corolla bianco-verdognola, che fiorisce a primavera, la seconda una corolla violacea e radice più piccola e nerastra, che fiorisce in autunno.
    Molti dei nomi con cui la mandragola è conosciuta dipendono dalle sue caratteristiche: la forma antropomorfa richiama il nome dato da Pitagora: antropomorfon, l’agronomo Lucio Comunella "semiuomo", Ippocrate su derivazione persiana "mehregiah" la nominò "erba dell’uomo", il popolo germanico la denominava Drachenpuppe, "pupazzo-dragone". Riferendosi alla leggenda intorno alla sua origine in tedesco è chiamata Galgenmännlein, "piccolo uomo delle forche", e in Islanda thjofarot, "radice dei ladri". Riferendosi invece alle sue proprietà nella medicina popolare dell’India, è nota come Lakshmana, "che possiede segni fortunati". Nel Medioevo richiamando la sua familiarità con il mondo dei morti e con il demonio "mela di Satana", "testicoli di Satana", "mela dello stolto" , "mela dell’amore" e "erba delle streghe". Ritenuta ingrediente magico nella coppa di vino (vino di mandragola) che Circe fece bere ai compagni di Ulisse deriva l’espressione mandragola circarea. Nella traduzione della Bibbia il termine mandragola è stato adottato in quanto il nome assomiglia all’ebraico amore.
    La mandragola costituì uno degli ingredienti principali per la maggior parte delle pozioni mitologiche e leggendarie. Nel Medioevo, gli venivanoattribuite qualità magiche con la preparazione di varie pozioni. È raffigurata in alcuni testi di alchimia con le sembianze di un uomo o un bambino.

    …storia, miti e leggende…

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    Sono state ritrovate Costantinopoli, Damasco, Antiochia e Marsina, delle radici di mandragola intagliate, tra cui una in cui è rappresentata una donna che tiene tra le braccia un bambino. Per la forma delle radici, grosse e spesso biforcate e accavallate, i nostri antenati l’associavano all’homunculus, una creatura, solitamente di forma umana, fabbricata artificialmente con un procedimento magico. A volte l’aspetto antropomorfo della radice veniva accentuato riproducendo, capelli e barba innestando granelli di orzo o miglio, che poi germogliavano. Questi "peli" venivano poi tritati e assunti principalmente come afrodisiaci o per curare la sterilità. La radice, trasformata in omuncolo, veniva accudita come un essere umano, poteva essere utilizzata come talismano contro i nemici, vincere il malocchio o gettarlo; fungeva da amuleto per avere o togliere fortuna, prosperità e ricchezza, proteggere la salute, favorire la fertilità, aiutare il parto, decidere il sesso, stimolare l’ amore, vincere le calamità e la morte. Si narrava che la radice potesse esaudire tre desideri, dopodiché doveva cambiare padrone, per evitare che agisse autonomamente, nel bene e nel male, come un essere pensante.
    Alcuni fanno nascere la mandragora nel Giardino dell’Eden: i primi Esseri umani non sarebbero stati che giganti mandragore sensitive; essi avrebbero poi mantenuto per sempre intimi rapporti con la Pianta Madre specie per quanto riguarda l’aspetto delle sue radici. E' presente nell'Antico Testamento (Genesi 30-14/15), dove mette in luce le gelosie dei vari clan e soprattutto negli harem. Rachele vedendo che non poteva partorire figli, spinse il marito Giacobbe a congiungersi con la sorella Lia. Dato il rifiuto, entrambe offrirono così a Giacobbe le proprie schiave, Bila e Zilpa, le quali concepirono un figlio ciascuna, ritenuto, secondo la prassi orientale, legittimo di Rachele e Giacobbe. Al tempo della mietitura del grano Ruben, trovò delle mandragole nella campagna e le portò a sua madre Lia. Gelosa del ritrovamento, Rachele offrì a Lia di giacere con il marito in cambio delle mandragole. Lia si recò da Giacobbe e disse "È da me che devi venire perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragole di mio figlio". E così quella notte l’uomo si coricò con essa. Lia concepì due figli da Giacobbe. Successivamente Rachele partorì un unico figlio: Giuseppe.
    In contrapposizione alla fertilità, la mandragola a causa della tossicità, era utilizzata per interrompere le gravidanze.
    I caldei, due millenni prima della nostra era, si servivano della mandragora per provocare l’estasi alle persone durante le cerimonie di iniziazione. Pindaro, Socrate, Xenofonte e Platone hanno fatto allusione alla sua virtù soporifera. Ippocrate ne ha lodato le proprietà antitetaniche, l’efficacia contro la febbre quartana e le emorroidi. Nell'epoca romana si credeva che la mandragora fosse abitata da un demone. Estratta dal terreno, il demone si sarebbe risvegliato e il suo urlo avrebbe ucciso l'incauto raccoglitore. Come raccomanda Teofrasto, il rituale suggeriva di disegnare tre cerchi con un ramo di salice, o una spada di ferro attorno alla pianta; smuovere la terra intorno alla radice, ammorbidirla con urina femminile e solo dopo, raccolta da una vergine che doveva guardare ad ovest, ponendo attenzione al vento poiché il suo profumo poteva ammutolire o creare allucinazioni tali da condurre alla pazzia.

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    Se si voleva evitare di estirpare direttamente la radice, un altro metodo collaudato testimoniato sempre da Teofrasto di Lesbo, poi ripreso da Plinio il Vecchio, era quello di ricorrere a un cane. Il rituale prevedeva di recarsi sul posto il venerdì al crepuscolo, con un cane nero affamato. Dopo essersi protette le orecchie, si facevano tre segni di croce sulla pianta, si scavava attorno e si poneva attorno alla radice una corda, poi annodata al collo o alla coda del cane. Poco lontano si poneva del cibo per l’animale, il quale gettandosi su di esso, strattonando la corda, staccava la radice che emetteva un grido il cui maleficio uccideva l’animale. Solo allora le radici potevano essere raccolte senza pericolo.
    Secondo la tradizione medioevale, la nascita della mandragora avveniva dalle gocce di sperma o urina di un impiccato. I soli, veri infallibili esperti nel raccoglierla, erano i maghi e le streghe in quanto oltre a raccoglierla nei cimiteri, ai margini dei patiboli o ai piedi degli impiccati, conoscevano anche tanti altri segreti per non farla soffrire e per non subire i suoi influssi negativi. Un commentatore tedesco del Talmud nel XII secolo descrisse la radice paragonandola a un animale chiamato Yadu’a per tutto simile all’uomo. Provvisto di una radice, corda simile a un ombelico questo doveva essere distrutta con una freccia per fa morire l’animale che altrimenti avrebbe distrutto tutto ciò che gli era vicino. Un altro timore legato alla raccolta era quello che la mandragora potesse trasformarsi in un essere umano animato, per questo doveva necessariamente essere estirpata prima che il settimo anno si compisse e nascesse dalla pianta un embrione umano. Successivamente la radice andava purificata, nutrita periodicamente, accudita e custodita in un luogo sicuro, fuori dalla vista dei curiosi, poiché era considerata una creatura a metà del regno vegetale e animale. Una pratica di purificazione era quella di lavarla in vino rosso, avvolgerla in seta bianca e rossa e riporla in un luogo appartato. Periodicamente si ripeteva l’operazione a ogni luna nuova.Poteva essere alimentata con sangue e sperma se si voleva esaltarne le proprietà curative alla sterilità o accentuarne l’effetto afrodisiaco, oppure se si voleva raddoppiare le proprie ricchezze bisognava porre un pezzo di oro al suo posto. Alla morte del possessore, la radice andava in eredità all’ultimogenito, che deponeva nella bara un pezzo di pane e una moneta d’oro.
    Linneo le diede il nome di Ătropa mandragora, per la sua potenziale velenosità; Ătropo era una delle tre Parche, che aveva il compito di “recidere la vita degli Esseri umani”.La mandragola era ritenuta la pianta di Ecate, intimamente legata ad Artèmide-Diana, la luna. Una divinità greca legata agli aspetti lunari e magici. Madre delle maghe Circe e Medea considerate dee delle streghe e degli spiriti notturni. Il legame con la notte spiega le proprietà curative, ritenuta capace di curare " il mal di luna" ovvero l’epilessia. In realtà tale effetto era dovuto principalmente al fatto che i fumi, avendo proprietà soporifere, agivano come calmante e anestetico. Legato alla figura di Ecate, e di conseguenza alla mandragola, è il cane. Sacro alla dea questo animale veniva sacrificato durante la raccolta.

    ..credenze.. medicina..


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    A Roma era usato come analgesico contro il mal di denti. Gli erbari medioevali attribuivano poteri prodigiosi a tutte le parti di questa pianta, non di rado vicini alla realtà, quali ad esempio la proprietà di anestetico. Verso la fine del XIII, secolo Arnaldo da Villanova, tra i rappresentanti più eminenti della famosa Scuola Medica di Montpellier, nella sua Opera omnia improntata alle dottrine della Medicina araba, riporta una “ricetta anestetica” consistente nell’applicare sul naso e sulla fronte del paziente un panno imbevuto di un miscuglio acquoso di oppio, mandragora e giusquìamo in parti eguali, che consentiva di far “cadere il paziente in un sonno così profondo da poterlo operare senza che sentisse dolore". Nei secoli, nella medicina popolare la mandragora ha continuato ad avere impieghi più diversi e fantasiosi: oltre che contro l’epilessia e la depressione, ad esempio, anche contro l’insonnia (commista a rosso d’uovo e latte di donna) e contro l’incontinenza urinaria, nonché (in piccole dosi) come antiveleno.
    Nel Rinascimento molte delle tante virtù medicinali ascritte furono contestate, talvolta derise, anche se le farmacie erano stracolme di preparati più disparati a base della pianta. La gente continuava a credere che bastasse possedere un po’ di mandragora, anche senza utilizzarla, per assicurarsi la felicità, la salute e la ricchezza, la richiesta era molto alta. E laddove per le condizioni climatiche e del terreno non la faceva crescere, abilissimi sofisticatori provvedevano a soddisfare le crescenti e lucrose richieste trasformando in “autentiche” piante che le assomigliavano solo vagamente.
    Alcuni affermavano che i demoni non vivevano vicino alla mandragola e la sua radice poteva essere bruciata come esorcismo. Il fumo generatosi veniva soffiato verso il corpo della persona malata per allontanare gli spiriti malvagi. Posta sul camino donava protezione alla casa, appesa alla testata del letto proteggeva durante il sonno, portata addosso attirava l’amore e allontanava le malattie. Posta in una recipiente con delle monete, ne decuplicava in un giorno il valore. Con la sua polvere o le foglie seccate durante la luna di maggio si preparavano talismani e amuleti per procurare amore e ricchezza. Inoltre ritenendo che potesse aprire qualsiasi serratura, i carcerati non potevano possedere radici di mandragola. Nel 1615, in alcuni trattati sulla licantropia, tra i quali quello di Njanaud, appariva l'informazione dell'uso di un magico unguento a base di mandragora che permetteva la trasformazione in animali.
    In passato l’elevato costo della mandragola, (nel 1690 una radice costava lo stipendio annuale di un artigiano) aveva generato la prassi di accusare persone, arricchitesi velocemente, di possedere una mandragora.
    La mandragora persistette nella farmacopea occidentale sino al XVI secolo per subire poi un declino verso la fine e soprattutto a partire dal XVIII. Nel suo celebre Trattato Universale delle droghe semplici, del 1738 Nicolas Lémery la raccomandava ancora da utilizzarsi con un olio allo scopo di far diminuire le infiammazioni e come antidolorifico. La moderna Scienza ne ha riconosciuto i reali effetti sul corpo umano nel suo contenuto in principi chimici attivi come la scopolamina, l’atropina e la josciamina, le cui proprietà vengono oggi utilizzate dalla farmacologia ufficiale in dosi ben determinate e non arbitrarie come un tempo. Questa pianta contiene potenti alcaloidi che possono far aumentare le pulsazioni cardiache, producono effetti di eccitazione psicomotoria e psichica, allucinazioni, manifestazioni di riso convulso e stati deliranti.

    …in letteratura e nel cinema…

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    Nella omonima commedia di Niccolò Machiavelli, l’infuso di mandragola è il mezzo utilizzato per ingannare il vecchio marito dell’onesta Lucrezia, affinché Callimaco, innamorato della bella donna, possa giacere con lei una notte. Viene infatti detto a Nicia che per curare la sterilità della giovane è necessario che questa beva un infuso di mandragola. La prima notte che trascorrerà col il marito rimarrà incinta, ma come effetto collaterale l’uomo morirà. Nicia cade nella trappola e spaventato si adopera affinché un avido frate e la suocera convincano Lucrezia a dormire con un mendicante, della cui fine si augura come garanzia del proprio onore. In realtà il disgraziato prescelto è Callimaco travestito, che si dichiara alla donna, svelando il piano. Lucrezia delusa dal marito e lusingata dalle attenzioni del giovane, lo sceglie come amante, certa che questi saprà donarle anche il figlio che il vecchio marito è impossibilitato a darle.

    Il film spagnolo del 2006, Il Labirinto del Fauno s’ispira alla credenza che la pianta favorisca i parti felici. La giovane Ofelia riceve in dono una radice di mandragola per aiutare la madre che soffre per una gravidanza difficile. La pratica rituale vede la bambina porre tale radice, simile a un neonato, in una scodella di latte e collocarla sotto il letto della madre, nutrendola ogni giorno con il proprio sangue. L’effetto benefico della mandragola è immediato.

    E' presente fra le piante magiche del romanzo fantasy Harry Potter e la camera dei segreti; nel nome di due personaggi dell'anime e manga I Cavalieri dello zodiaco. Viene descritta in Haunting Ground per le sue proprietà rivitalizzanti. Il videogioco Pokémon, Oddish è ispirato a lei. Nel romanzo di Luigi Santucci Il mandragolo il protagonista Demo,un essere deforme, ma dotato di straordinari poteri medianici, viene paragonato alla pianta magica.

    La Mandragora ...di Gianluca Toro

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    [..]Tra tutte le piante tradizionalmente considerate magiche, sicuramente la mandragora (Mandragora officinarum o Mandragora autumnalis) è una delle più importanti, con una storia lunga e complessa che ha lasciato testimonianze in differenti parti del mondo. La mandragora aveva (ed ha tutt’oggi) anche un impiego medicinale, afrodisiaco e psicoattivo. L’origine della parola “mandragora” è oscura. Secondo alcuni deriverebbe dal sanscrito mandros, “sonno”, e agora, “sostanza”, oppure mandara, “paradiso”. Altri commentatori propendono per un’origine sumerica, da nam-tar, “pianta del dio del castigo”, o tedesca medievale, da mann-dragen, “figura di uomo”, o ancora persiana, da mardumgià, “erba dell’uomo”. Dioscoride, nel De materia medica, la chiama antimelon, archinen e morion, mentre in latino è mandragoras. Claudio Eliano, nel De animalium natura, la chiama cynospastos, “estirpata per mezzo di un cane”, e dice che brilla di notte. La chiama anche aglaophotis, “risplendente”, termine poi ripreso poi da Plinio il Vecchio nella Historia Naturalis. In Oriente, è citata nel Vecchio Testamento in Genesi e nel Cantico dei Cantici con il nome di dudaim, “amore e paura”. [..] Flavio Giuseppe, nella Guerra Giudaica, menziona una pianta nota come baaras, “ardore”, probabilmente la mandragora, che “[…] verso sera emette una luce brillante, elude le persone che tentano di raccoglierla, a meno che non si pongano su essa certe secrezioni del corpo umano […]. Applicata al paziente, la radice fa espellere i demoni”. Un nome significativo è quello attribuito nell’Arabia preislamica, cioè abu ‘lruh, “signore del respiro vitale” o “signore dello spirito”, a indicare la carica spirituale della mandragora e probabilmente la sua identificazione con una divinità. Con l’avvento dell’Islam, ritroviamo Tufah al-jinn, “mele del demonio”, Baydal-jinn, “testicoli del demonio” e anche “candela del diavolo”. Questo valore negativo attribuito dagli Arabi alla mandragora si ritrova in una formula per la preparazione di un veleno a base di radici decomposte della pianta. In Persia, il nome è sag-kan, “scavata da un cane”. In Asia, nella medicina popolare dell’India, la mandragora è nota come Lakshmana, “che possiede segni fortunati”, ed è usata come afrodisiaco e nell’assistenza al parto. Nell’Europa medievale, alla mandragora furono attribuiti numerosi epiteti, per esempio “mela di Satana”, “testicoli di Satana”, “mela dello stolto” e “mela dell’amore”. Per i Germani era nota come Drachenpuppe, “pupazzo-dragone”, e Galgenmännlein, “piccolo uomo delle forche”, mentre in Islanda come thjofarot, “radice dei ladri”. Altre denominazioni ricordavano l’effetto narcotico e le streghe. Una della caratteristiche della mandragora che suscitò la fantasia degli antichi fu la somiglianza della sua radice con la figura umana. Sembra che sia stato Pitagora uno dei primi a descrivere la radice come antropomorfa. [..]
    Stando alle testimonianze archeologiche, questa pianta era già nota agli antichi Egizi a partire dal XIV secolo a.C. Ricordiamo la scena di raccolta di radici di mandragora rappresentata sul sarcofago di Tutankhamon e le scene nella tomba di Ramses II. In quest’ultimo caso, la mandragora è accompagnata dalla ninfea e dal papavero da oppio, anch’esse piante dotate di proprietà psicoattive. Sembra che queste tre piante fossero utilizzate in combinazione per preparare un unguento in grado di indurre stati ipnotici, di transe ed estatici. Nell’Europa medievale, la mandragora era un probabile ingrediente degli unguenti delle streghe. E’ stato infatti riportato da alcuni sperimentatori che i principi attivi contenuti nella pianta possono provocare la sensazione di volare e di viaggiare in posti differenti da quello in cui ci si trova, offrendo così una possibile interpretazione al volo delle streghe verso il sabba. Si credeva che il solo odorarla poteva indurre al sonno. Celso consigliava di porla sotto il cuscino per addormentarsi e anche Apuleio, Luciano e Plinio il Vecchio confermano questo fatto. Plutarco riporta che le più belle mandragore crescono ai piedi delle viti e che il vino ottenuto da queste vigne ha grandi proprietà ipnotiche. Anche Filostrato descrive la mandragora come soporifera. Inoltre, Demostene e Platone paragonano i quieti cittadini ateniesi a degli “ubriachi di mandragore”, fatto confermato da Pindaro e Senofonte. La pianta trova applicazione anche nell’arte militare delle imboscate. Infatti, Frontino scrive che Maharbal, mandato dai Cartaginesi contro i ribelli africani, sapendo che la popolazione era dedita al vino, lo miscelò con mandragore. In questo modo, Maharbal uccise i ribelli o li prese prigionieri mentre giacevano come fossero morti. In riferimento alle proprietà afrodisiache della mandragora, Afrodite, la dea dell’Amore, era chiamata Mandragoritis. In Egitto, con la pianta si preparavano filtri d’amore per le coppie che desideravano avere molti figli. I Beduini della regione del Negev in Israele la considerano sacra ed è vietato danneggiarla e le donne sterili ne mangiano i frutti immaturi dopo il periodo mestruale, recitando i versi del Corano.
    Dioscoride consigliava il vino di mandragora come anestetico in chirurgia, così come Isidoro di Siviglia. Il vino alla mandragora lo si somministrava ai condannati al rogo o alle più diverse torture, usanza forse ereditata dal mondo biblico. In questo modo, la sofferenza era in parte alleviata. Sembrerebbe, poi, che l’effetto narcotico sia stato sfruttato in Palestina per indurre una specie di trance narcotica nei condannati alla crocifissione e probabilmente la spugna che fu data a Cristo sulla croce era imbevuta di vino alla mandragora. L’uso del vino alla mandragora come anestetico in medicina è sopravvissuto in Europa fino all’inizio del XVIII secolo, sotto forma di una spugna bollita in una miscela di vino, corteccia di radice di mandragora, semi di una specie di lattuga con effetti soporiferi e foglie di gelso. Tali spugne erano molto utilizzate dai medici della Scuola Medica di Salerno.

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    La mandragora era trattata come un vero e proprio essere vivente [..] Usanza comune era di intagliare la radice in forma di essere umano, dando origine alle cosiddette imaguncula alrunica, da Alraune, nome tedesco della mandragora. La stessa Giovanna D’Arco fu accusata di possedere, come talismano magico, una mandragora in forma umana. In Francia, la mandragora era nota come main de gloire, “mano di gloria”, o mandragloire, forse dall’unione delle parole mandragora e Magloire, quest’ultimo nome di un elfo del folklore francese, personificato come una radice di mandragora lavorata. In Britannia, una leggenda narra di uno spirito notturno che compare con le dita della mano fiammeggianti. D’altra parte, “mano di gloria” è anche il nome dato alla mano amputata di un uomo morto e usata come torcia magica per commettere furti di notte. Si tratta di un tema popolare del folklore europeo, comparendo in trattati, manuali di stregoneria, resoconti di processi alle streghe e credenze popolari. Per esempio, nel Libro dei segreti di Alberto Magno, l’autore spiega come preparare una mano di gloria. Lo scopo della mano di gloria è “[…]meravigliare coloro ai quali è mostrata e renderli immobili, come fossero morti”. [..] Ad Antiochia, Costantinopoli e Damasco, sono state ritrovate radici di mandragora modellate in forma umana. Questo sembra dimostrare che non solo l’uso della pianta è antico, ma che lo è anche il desiderio di accrescerne il potere magico, modificandone la forma. Ancora nell’età moderna, in Armenia, si usa bruciare le radici di mandragora per scacciare gli spiriti maligni dalle case e inalarne il fumo è considerato una cura per la pazzia. Una specie di mandragora è usata, poi, in riti magici nel Sikkim, in Himalaya.
    In tempi moderni, le credenze e gli usi della mandragora sono rimasti ancora vivi. In Inghilterra, agli inizi del ‘900, era usata come anestetico e come rimedio omeopatico per la gotta. In alcune zone, i popoli alpini la usano come amuleto protettivo contro il tempo brutto. In Grecia, almeno fino agli anni ’60, le donne sterili portavano parte della pianta al collo per favorire la fecondità e ponevano il frutto o la radice sul proprio corpo durante l’atto sessuale sempre per favorire la fecondità. In Romania, la mandragora era parte di un rito per favorire l’incontro tra uomo e donna.
    [..] Nell’antica letteratura mitologica, è citata una pianta magica denominata moly, che alcuni studiosi hanno identificato con la mandragora, anche se l’individuazione è piuttosto discussa. Nell’Odissea, Omero riporta che il moly è il dono di Hermes a Ulisse affinchè potesse proteggersi dagli incantesimi della maga Circe. Eustazio riporta un mito di origine del moly. Il gigante Picoloo si era innamorato di Circe e voleva rapirla. Intervenne però il dio Helios, padre della maga, che uccise il gigante: “E dal sangue del gigante sparso sulla terra germogliò il moly, che prende il nome dalla “fatica della battaglia”. Ma il suo fiore, dal biancore abbagliante come quello del latte, proviene dall’abbagliante Helios, che vinse il combattimento; la nera radice spunta dal nero sangue del gigante, ovvero, se ne può spiegare la natura col fatto che Circe diviene spettralmente smorta per lo spavento”.
    In questo mito incontriamo due temi essenziali, quello della morte violenta e quello della nascita miracolosa, comuni ad altri racconti mitici. L’erica nasce intorno al cadavere di Osiride, la violetta dal sangue di Attis, la rosa e l’anemone dal sangue di Adonis, la melagrana e il timo rispettivamente dal sangue di Dioniso e dei Coribanti, mentre un’altra erba nasce dal sangue di Prometeo. Questo motivo pagano fu ripreso dal Cristianesimo. Infatti, secondo la leggenda, dal sangue del Cristo caduto ai piedi della croce crescerebbero diverse piante medicinali, ma anche il grano, la vite e la mirra. Nel Medioevo, soprattutto nei paesi germanici, in Francia e in Islanda, era diffusa una credenza secondo cui la mandragora cresceva dallo sperma o dall’urina caduta al suolo al momento della morte di un impiccato condannato ingiustamente. Il tema della nascita delle piante dallo sperma di un dio o di un essere umano dai poteri eccezionali lo si ritrova specialmente in Oriente. [..]Trattando delle virtù terapeutiche della mandragora, Ildegarda di Bingen, nella Physica, la definisce “un pezzo di terra che non ha mai peccato”. Secondo alcune interpretazioni di questa definizione, la guarigione avviene tramite una regressione simbolica e rituale alle origini, ai tempi di Adamo nel Paradiso Terreste. Chi ha bisogno di cure ritorna simbolicamente al tempo mitico, al momento della creazione dell’uomo e del mondo. In questo modo, si rinasce nuovamente e si è liberi dalla malattia. Secondo una certa tradizione mediorientale, forse antecedente al Cristianesimo, la mandragora dalla radice antropomorfa nasce nel Paradiso Terrestre, dove Dio ha creato il primo uomo. Crescerebbe ai piedi dell’Albero del Bene e del Male, con il quale a volte è identificata. In questo caso, la mandragora è associata a un luogo primordiale, dove ha luogo la creazione primigenia. Si tratta quindi di una pianta primordiale e quindi mitica. In differenti culture europee, arabe e asiatiche, si riporta che l’uomo originò dalla mandragora, in base all’aspetto antropomorfo della radice: “I primi uomini sarebbero stati una famiglia di gigantesche mandragore sensitive, che il sole avrebbe animato e che, da sole, si sarebbero distaccate dalla terra”.
    “L’uomo apparve originariamente sulla terra in forma di mostruose mandragore, animate da una vita istintiva, e che il soffio dell’Altissimo costrinse, trasmutò e sgrossò, e infine sradicò, per farne degli esseri dotati di pensiero e di movimento proprio”.
    In una leggenda della Siria si racconta: “Quando Dio creò il mondo, si riservò la creazione degli esseri viventi sulla terra, nelle acque e nell’aria; ma, nel suo contratto con Satana, aveva dimenticato il sottosuolo. Lo spirito del Male, geloso del Creatore, volle, anche lui, fabbricare degli uomini e delle donne viventi sotto terra. Il suo genio inventivo, ma incompleto, non portò che alla plasmazione informe delle mandragore. Dal momento che queste, strappate da terra, penetrano nel regno di Dio, cessano di vivere”.

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    I primi due racconti rimandano a un preesistente mito di origine dell’uomo, in cui la sua origine è successiva a quella della pianta. La pianta ha una sensibilità, propria di tutti gli esseri viventi, trasmessa poi all’uomo al momento della sua creazione. La leggenda siriana, invece, ricorda il tema della nascita miracolosa mediata da un intervento soprannaturale, in questo caso maligno.
    Per quanto riguarda i miti legati all’utilizzo della mandragora, ricordiamo un racconto dell’antica letteratura religiosa egiziana, noto come Distruzione e salvataggio del genere umano. Il dio del Sole Ra vuole punire gli uomini perché non lo venerano e allo scopo invia la dea Hathor a ucciderli. Però cambia idea e deve fermare Hathor: “Disse allora Ra: ‘Chiamatemi messaggeri che corrano rapidamente, che si affrettino come l’ombra di un corpo’.
    Furono portati allora questi messaggeri sull’istante. E disse quindi la Maestà di questo dio: ‘Recatevi a Elefantina, e portatemi didit in quantità’. Gli furono portate queste didit, e la Maestà di questo dio grande fece che il Chiomato che abita a Eliopoli macinasse queste didit, e che inoltre schiave spremessero l’orzo per farne birra. Quindi, furono poste queste didit in questa bevanda, ed essa fu come il sangue degli uomini. Si fecero 7000 brocche di birra. Venne quindi la Maestà del re della Valle e re del Delta Ra con questi dei per vedere questa birra. Ora, venne la mattina dell’uccisione degli uomini da parte della dea nel giorno in cui essi rientravano. Disse allora la Maestà di Ra: ‘Quanto è bello questo! Con questo io proteggerò gli uomini!’ Disse Ra: ‘Portatelo al luogo dove essa vuole uccidere gli uomini’. Si levò presto la Maestà del re della Valle e re del Delta Ra, al termine della notte, per fare che si versasse questa bevanda soporifera. Furono così sommersi i campi per tre palmi sotto l’acqua, per la potenza della Maestà di questo dio. Venne allora questa dea del mattino presto, e trovò questo sommerso. Bella ne fu la sua faccia, ed essa si mise a bere, e fu una cosa gradita al suo cuore, tanto che se ne venne ubriaca, e non riconobbe gli uomini. Disse allora la Maestà di Ra a questa dea: ‘Benvenuta in pace, o diletta!’ E questa fu l’origine delle Giovanette di Jamu. Disse allora la Maestà di Ra a questa dea: ‘Si facciano per lei bevande soporifere nella celebrazione della festa annuale, e si distribuiscano alle schiave’. Questa è l’origine del fare bevande soporifere in distribuzione alle schiave per la festa di Hathor da parte di tutti gli uomini fino al primo giorno”.
    Questo mito non rappresenta solo l’origine di un utilizzo cultuale della mandragora (didit), è qualcosa di più. E’ la storia di una seconda nascita dell’umanità, resa possibile attraverso il potere della mandragora.[..]


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    Edited by gheagabry1 - 7/2/2022, 16:42
     
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