FIORI E PIANTE VELENOSE o NOCIVE

TUTTO QUELLO CHE C'E DA SAPERE..

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  1. gheagabry
     
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    «Azzurre son l'ombre sul mare/come sparti fiori d'acònito.
    Il lor tremolio fa tremare
    l'Infinito al mio sguardo attonito»
    (Gabriele D'Annunzio)

    L'ACONICO NAPELLO

    aconito-napellus


    L'aconito napello (nome scientifico Aconitum napellus L., 1753) è una pianta erbacea della famiglia delle Ranunculaceae.
    Il nome del genere “Aconitum” deriva dal greco akòniton = pianta velenosa. La pianta risulta conosciuta per la sua alta tossicità fin dai tempi dell’antichità omerica. Con questo nome probabilmente venne indicata una pianta velenosa endemica che cresceva tra le rocce ripide di alcune zone della Grecia. Le radici sono due: akòne (= pietra) in riferimento al suo habitat e koné (= uccidere) in riferimento alla sua tossicità. Questo nome veniva anche usato come simbolo negativo (maleficio o di vendetta) nella mitologia dei popoli mediterranei.
    Il nome del genere sembra derivare dall'uso che se ne faceva in guerra: dardi e giavellotti con punte avvelenate. Plinio fa derivare il nome da "Aconae", una località legata alla discesa di Ercole agli inferi.
    Il nome della specie (napellus) deriva dal latino per rapa in riferimento alla particolare forma del rizoma. Il nome comune Strozzalupo deriva dal fatto che alcuni popoli antichi la usavano per avvelenare i lupi e le volpi.

    Sono piante erbacee, perenni la cui altezza può arrivare da 50 fino a 200 cm. Sono piante definite come geofita rizomatosa, ossia portano le gemme in posizione sotterranea, come rizomi, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei. Il rizoma tuberoso è di forma conica tipo fittone; inizialmente di colore pallido quindi col tempo acquista una pellicola marrone e si ramifica in molte radichette laterali. La parte aerea è eretta, robusta, verde con pochi rami. Le foglie basali sono di colore verde scuro nella pagina superiore e biancastre in quella inferiore, e con evidenti nervature, sono picciolate. Le sue dimensioni sono in larghezza di 8 cm e in lunghezza 12 cm.
    L'infiorescenza è una pannocchia terminale simile ad una spiga. I fiori sono peduncolati e il peduncolo è più lungo dell'elmo, mentre le brattee sono minori del peduncolo. L'altezza dell'infiorescenza è di 10 – 30 cm. Questi fiori sono considerati fiori arcaici, o perlomeno derivati da fiori più arcaici dalla struttura aciclica. La corolla è praticamente assente. I fiori sono di colore blu intenso – violetto cupo. La forma complessiva è quella di un fiore protetto e chiuso, ma adatto ad attirare le api. I fiori non sono profumati come del resto la maggioranza dei fiori delle specie della famiglia delle Ranunculaceae.


    aconito



    ..storia,miti e leggende..


    L’aconito è noto sin dall’antichità per la sua velenosità. L’aspetto particolare dei fiori associato alla tossicità della pianta ha generato miti e leggende che da sempre lo indicano come il fiore della vendetta e dell’amore colpevole. Il potente veleno, contenuto in maggior quantità nelle radici, era già noto ed usato dalle antiche popolazioni Cinesi e Indiane. Altrettanto facevano in tutta Asia, Europa e Nord America. Galli e Germani estraevano il succo dalla pianta intera mentre in India venivano usate solo le radici. Plinio la cita come "arsenico vegetale". Il succo della pianta serviva ad intingere e rendere mortali frecce, lance, spade e pugnali per affrontare le battaglie con i nemici. Nell'antica Grecia era usato come veleno giudiziario.
    La fama di questa piantaè tale da essere citata anche nella mitologia greca e latina. Ovidio narra che il custode degli inferi Cerbero, cane a tre teste di Ecate, regina dell’Ade, portasse nella bava i semi di aconito. Quando Eracle rapì la bestia dall’inferno per portarla sulla Terra, la rabbia del cane era tale che la saliva al contatto con il suolo, si trasformava in aconito. In questo modo dagli Inferi, arrivò sulla Terra.

    Ed ecco giungere Teseo, figlio ignoto al padre,
    dopo aver placato col suo valore l’istmo
    dai due mari bagnato.
    Per ucciderlo Medea prepara una pozione,
    l’aconito portato con sé dalla Scizia.
    Erba, narrano, nata dai denti del cane di Echidna.
    Una buia spelonca si apre dalla tenebrosa imboccatura:
    da qui, lungo una ripida via,l’eroe Tirinzio
    fuori trascinò, legato con catene di duro metallo,
    Cerbero che s’impuntava e gli occhi storceva
    Non sopportando la luce e gli scintillanti raggi.
    E il cane, divincolandosi infuriato, riempì il cielo
    Di tre latrati in una volta sola
    E i verdi campi spruzzò di bianchiccia bava.
    Questa, si pensa, si coagulò trovando alimento
    Nel suolo fertile e fecondo,
    ed erba divenne capace di avvelenare;
    un’erba che nasce e resiste sulla dura pietra,
    chiamata perciò aconito dai contadini.
    (Ovidio, Metamorfosi, VII, 404-419)


    L'aconito sarebbe una delle piante che Medea, capostipite delle streghe occidentali, avrebbe portato con sé dalla Scizia, dove era germogliata dalla bava di Cerbero, che trasformato in costel-
    lazione, ricadde dal cielo sulle pietre della Terra.
    Un altro mito greco racconta che la vittima più illustre del veleno dell’aconito fu il centauro Chirone, padre della medicina: venne raggiunto da una freccia avvelenata lanciata da Eracle durante la sua quarta fatica, il dardo si conficcò nel ginocchio del Centauro e nessun rimedio potè alleviare l’angoscia e il dolore, tanto che, essendo immortale, pregò Zeus di farlo morire. Anche Centauro divenne una costellazione.
    Un altro mito narra che l’aconito sarebbe nato dal sangue di Prometeo, che fuoriusciva dal fegato divorato ogni giorno da un aquila, seguendo la punizione che Zeus gli aveva inflitto per aver rubato e donato agli uomini di nascosto da lui. L’aconito rappresentò il simbolo del rimorso.
    Si racconta anche che nell'isola di Ceo, gli anziani ormai inutili venissero soppressi con tale veleno.

    Nel Medioevo, la forma ad elmo del fiore ispirò credenze e superstizioni in tutta Europa. I contadini lo soprannominarono “strozzalupo” perchè si gettava intorno agli ovili alcuni brandelli di carne mescolata con radici di aconito così i lupi e gli altri predatori, mangiando la carne, morivano avvelenati.
    La religione cristiana lo ritiene il cappuccio dei monaci mentre in Francia è popolarmente detto Carro di Venere perché l’apparato riproduttivo assomiglia a quello femminile. Soprannominato Elmo di Giove in Italia, Elmo di Troll in Danimarca, Cappello di Ferro in Inghilterra. In Germania fu chiamato l' Erba del Diavolo.
    Fu simbolo del cavaliere errante nella mitologia nordica, rappresentava l’Elmo di Odino che conferiva a chiunque lo indossasse il potere magico di rendersi invisibile agli uomini. Tale effetto si otteneva anche portando un ramo di aconito sul corpo. Oltre a rendere invisibili, aveva anche altre proprietà: si dice che riponendo qualche fiore di aconito in un sacchetto sotto il cuscino, venga stimolata l'intelligenza e la saggezza di chi avrà la fortuna di dormirci.

    Aconitum-Napellus-pianta-velenosa



    Era usato nel Medioevo da maghi e streghe. i maghi si mettevano intorno al collo una pelle di serpente in cui avevano introdotto segatura di radici di aconito per diventare imme-
    diatamente invisibili. Dai verbali dei processi di stregoneria, risulta impiegato dalle presunte streghe per la preparazione di filtri e unguenti di cui si sarebbero cosparse per rendersi invisibili e volare alle loro “riunioni” con il diavolo: le streghe si spogliavano e si cospargevano il corpo con gli unguenti magici, poi, a cavallo di una scopa, una panca, uno sgabello o un animale, anch’essi cosparsi di unguento, uscivano dalla porta o dal camino e volavano al Sabba dove incontravano le altre streghe. Questo volo immaginario era provocato dalle preparazioni erboristiche che le streghe usavano, infatti l’unguento delle streghe conteneva numerose droghe vegetali: la Solanaceae, in particolare l'Atropa belladonna, la Datura stramonium, l'Hyoscyamus niger, Mandragora officinalis, il colchico (Colchicum autumnalis) e numerose altre specie vegetali.
    Allo scopo di volare, l’aconito fu usato dai tempestari che ne estraevano l’olio con cui si spalmavano il corpo per salire sopra le nubi e scatenare grandinate e nubifragi sulle persone che li avevano contrariati.

    L'aconico contiene vari alcaloidi, il più importante è l’aconitina, tali sostanze agiscono sul sistema nervoso determinando la morte per paralisi cardiaca o respiratoria. Plinio il Vecchio scriveva che l’aconito poteva essere usato anche come farmaco, come insegnavano gli antenati secondo i quali “non esiste nessun male da cui non derivi qualcosa di buono: ha la caratteristica di provocare la morte dell’uomo se non trova qualcosa da distruggere all’interno dell’uomo stesso. Allora combatte con questa sola cosa, come sentendosi più forte di ciò che ha trovato ed è incredibile come i due veleni, i quali pure da soli sono entrambi mortali, si annientino reciprocamente all’interno dell’uomo, col risultato che l’uomo sopravvive.”Questa credenza, riferita anche dagli studiosi del 500, tra cui Castore Durante, sopravvisse fino a qualche secolo fa. Nel '500 era conosciuta per le sue presunte capacità contro la puntura di scorpioni ( "Herbal or General History of Plants" - Londra 1597).
    Oltre ad essere considerato un rimedio, il succo estratto dall’aconito veniva anche usato per avvelenamenti.
    Solo verso la fine del 1700 l’aconito fu introdotto come analgesico nella medicina scientifica utilizzando le cime fiorite e le foglie fresche o essiccate. La somministrazione terapeutica provoca rallentamento dei battiti cardiaci e del ritmo respiratorio, oltre a diminuzione della pressione arteriosa. L’uso terapeutico è oggi limitato: in omeopatia lo si prescrive per curare le malattie da raffreddamento, i disturbi cardiaci e le nevralgie.


    Edited by gheagabry1 - 3/6/2020, 15:43
     
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