Posts written by gheagabry1

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    A proposito di vento

    COME FUNZIONA UNA MANICA?


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    Le maniche sono degli strumenti che permettono di conoscere in tempo reale come si comporta il vento: dal grado di rigonfiamento del cono si può valutare la forza del vento, mentre la direzione di provenienza del vento è quella in cui la manica sta puntando.
    Le maniche non sono dipinte a strisce bianche/rossa per caso, ognuna di queste strisce da un valore molto importante: la velocità del vento.
    Ogni banda indica un aumento di 3 nodi di vento, quindi se vediamo la manica completamente orizzontale e tesa, possiamo stimare la velocità del vento ad almeno 15 nodi (circa 28 Km/h).
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    “Eppure noi esseri umani siamo tutti un po' così, non trovi?
    Buoni consigli e cattivi esempi e la storia, gira che ti rigira,
    si ripete sempre uguale, monotona no?
    Mai nessuno che resti senza dare l'altro per scontato. Ogni storia ha tre luci.
    La prima, abbagliante, copre persino i difetti; la seconda, bianca ma pallida,
    ogni tanto la vedi, ogni tanto no; la terza è fioca, flebile, poi d'improvviso si fulmina.
    Siamo tutti il palloncino gonfio d'amore sfuggito dalle mani di qualcuno.
    Non sai mai di cosa puoi fare a meno, fino a quando quella cosa non la perdi.”


    Massimo Bisotti, *Il quadro mai dipinto.
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    PAUL BALIKER

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    Paul Baliker è un'artista le cui sculture punteggiano Palm Coast, Florida e altri sei stati, e la cui galleria all'aperto circonda una proprietà che possiede nell'Hammock.

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    OLIVIER BERTRAND

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    Olivier Bertrand è nato a Marsiglia nel 1975, da padre francese e madre asiatica. Si è appassionato al disegno, alle arti visive e, più specificamente, agli origami in tenera età. “Da che ho memoria, sono sempre stato affascinato dalla metamorfosi di un semplice foglio di carta che, con poche pieghe intelligenti, prende vita e suscita emozione.”

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    Jason Johnston

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    "La figura umana è il mio veicolo di osservazione e comunicazione. Il mio mezzo è il bronzo. L'oggetto della mia scultura si è evoluto ed è cresciuto in diversi corpi di lavoro. [..] Man mano che i miei temi sono diventati più astratti e introspettivi, le mie figure sono diventate più gestuali che accademiche. Che si tratti di scolpire un ricordo della foresta o di considerare la progressione dell'umanità, scolpisco e costruisco ogni pezzo attraverso l'intero processo di fusione del bronzo. Ognuno di loro ha la sua storia da raccontare.

    Jason Johnston ha imparato l'arte della fusione del bronzo a cera persa con quasi vent'anni di esperienza nella fonderia, permettendogli di creare personalmente ciascuna delle sue sculture dalla concettualizzazione alla patina.

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  6. .

    “Tra gli addetti ai lavori lo chiamavamo ‘orso-lontra-gatto’”

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    Uno dei più antichi parenti dell’orso assomigliava più a un procione che a un grizzly ed era solito cibarsi di lumache, rompendone il guscio con i denti. Denominato Eoarctos vorax dai paleontologi, questo mammifero fossile aggiunge un tassello alla storia evolutiva del gruppo che comprende moffette, procioni, orsi e anche foche, comparsi sul pianeta circa 32 milioni di anni fa, nel pieno dell’era dei mammiferi.

    Sono stati necessari decenni di studi e ricerche per mettere insieme i pezzi e ricostruire l’identità dell’Eoarctos. Le spedizioni sul sito fossilifero di Fitterer Ranch nel Dakota del Nord iniziarono a portare alla luce frammenti di strane mandibole di una specie di mammifero carnivoro già negli anni ’40. Ogni volta che tornavano sul posto, i paleontologi speravano di trovare nell’antica formazione rocciosa qualcosa di più dell’animale. Poi, nel 1982, una squadra guidata dal paleontologo Robert Emry finalmente trovò uno scheletro quasi completo dello strano piccolo carnivoro.

    Al tempo, Emry e il paleontologo Richard Tedford, esperto di carnivori fossili, avevano tentato di descrivere lo scheletro. L’animale sembrava appartenere agli arctoidi, un ampio gruppo di mammiferi più strettamente imparentati ai cani che ai gatti.

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    L’immagine finalmente ricostruita ci mostra un animale diverso da tutti i mammiferi viventi. È il più antico tra questi che si nutriva di animali a guscio di cui si abbia notizia, aveva le dimensioni di un procione e artigli da gatto che, probabilmente, gli servivano per arrampicarsi sugli alberi delle antiche zone umide in cui viveva.

    Il paleontologo ricorda che l’Eoarctos aveva le proporzioni di un animale che si arrampica, piuttosto che correre. Questo carnivoro probabilmente si nutriva a terra, ma poteva rapidamente salire su un albero in caso di pericolo. Infatti, le proporzioni di questo mammifero assomigliano a quelle di un arctoide vivente: il procione, quindi è possibile che l’Eoarctos avesse un comportamento similare. Ma non tutte le caratteristiche dell’Eoarctos sono familiari: le mandibole dell’animale, ad esempio, rappresentano un enigma per gli scienziati.

    La mascella inferiore dello scheletro meglio conservato di Eoarctos è danneggiata: durante la vita dell’animale deve essere successo qualcosa che ha causato la perdita di diversi denti anteriori. E non si tratta di un caso isolato: altre mandibole dello stesso animale mostrano il medesimo tipo di danneggiamento, indicando che probabilmente facevano qualcosa che portava alla rottura dei denti anteriori e all’usura dei molari. La causa deve essere riconducibile a qualcosa che gli Eoarctos mangiavano.

    Secondo il paleontologo, “è possibile che stiamo osservando un’istantanea dell’evoluzione” che vede gli esemplari di Eoarctos con denti più resistenti probabilmente vivere più a lungo e subire meno infezioni. Se l’Eoarctos abbia dato o meno origine a una specie discendente con mandibole e denti più forti non è ancora noto, ma è possibile che da un momento all’altro venga trovato un fossile che lo dimostri.


    tratto da https://www.nationalgeographic.it/lo-stran...so-lontra-gatto?
  7. .

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    Indovina se ti riesce:
    la balena non è un pesce,
    il pipistrello non è un uccello;
    e certa gente, chissà perché,
    pare umana e non lo è.


    Gianni Rodari

  8. .

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    Ladro di “erre”

    C’è, chi dà la colpa
    alle piene di primavera,
    al peso di un grassone
    che viaggiava in autocorriera:
    io non mi meraviglio
    che il ponte sia crollato,
    perché l’avevano fatto
    di cemento “amato”.
    Invece doveva essere
    “armato”, s’intende,
    ma la erre c’è sempre
    qualcuno che se la prende.
    Il cemento senza erre
    (oppure con l’erre moscia)
    fa il pilone deboluccio
    e l’arcata troppo floscia.
    In conclusione, il ponte
    è colato a picco,
    e il ladro di “erre”
    è diventato ricco:
    passeggia per la città,
    va al mare d’estate,
    e in tasca gli tintinnano
    le “erre” rubate.
    Gianni Rodari - (1962)

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    Da una illustrazione di Nacho Sevilla lo spettro trofico
    di Gruccione, Ghiandaia marina, Martin pescatore ed Upupa

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    Spagna, per la prima volta nella storia identificata la composizione di un profumo romano


    di Redazione , scritto il 06/06/2023


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    Un gruppo di ricercatori spagnoli hanno scoperto quello che, stando alle loro conoscenze, è il primo profumo romano sopravvissuto dall’antichità. O comunque di sicuro è la prima volta che viene identificata la composizione di un profumo romano di 2000 anni fa.

    La scoperta risale al 2019 ma i risultati scientifici sono stati pubblicati soltanto quest’anno, in un articolo sulla rivista scientifica svizzera Heritage firmato dai quattro autori della scoperta (Daniel Cosano, Juan Manuel Román, Fernando Lafont e José Rafael Ruiz Arrebola). I resti del profumo si trovavano in un’urna rinvenuta in uno scavo archeologico presso il mausoleo di Carmona in Spagna (l’antica città romana di Carmo), e i ricercatori dell’Università di Cordova, guidati dal professore di Chimica Organica José Rafael Ruiz Arrebola, in collaborazione con il Comune di Carmona, sono riusciti a descrivere chimicamente i veri componenti di un profumo del primo secolo. I resti si presentavano solidificati all’interno di un contenitore di quarzo, ancora perfettamente sigillato. Come spiega Román, l’urna si trovava in una sepoltura collettiva. [..] In una delle urne, di vetro, sopra i resti del defunto, in questo caso una donna tra i 30 e i 40 anni, era stato depositato un sacchetto di stoffa (di cui si sono conservati resti) contenente tre grani di ambra e una bottiglietta (un unguentarium) di cristallo di rocca (quarzo ialino) scolpito a forma di anfora. Solitamente i contenitori dei profumi erano in vetro soffiato e, in pochissime occasioni, sono stati trovati esemplari realizzati in quarzo, materiale che, per le sue caratteristiche e la difficoltà di intaglio data la sua durezza, li rendeva molto ricercati ed estremamente costosi.

    Oltre alla singolarità del contenitore, il fatto veramente straordinario è stato che fosse perfettamente sigillato e che al suo interno si fossero conservati i residui solidi del profumo, aspetto che ha permesso di svolgere questa indagine. Ruiz Arrebola sottolinea che l’uso della dolomite (un tipo di carbonio) per il tappo e il bitume utilizzato per sigillarlo sono stati la chiave del magnifico stato di conservazione del pezzo e del suo contenuto.

    Secondo Ruiz, dalle analisi è stato possibile determinare che il piccolo tappo cilindrico era, come detto, di dolomite e che veniva utilizzato bitume per la sua perfetta aderenza e tenuta ermetica. Per quanto riguarda il profumo sono state individuate due componenti: una base o legante, che permetteva di conservare gli aromi, e l’essenza stessa. In questo caso la base era un olio vegetale, (forse, secondo alcune indicazioni riflesse nelle analisi, olio di oliva, anche se questo punto non può essere confermato al cento per cento). Quanto invece all’essenza, secondo i risultati delle analisi chimiche effettuate dall’Università di Cordova, Roma profumava di... patchouli. Questo olio essenziale è stato ottenuto da una pianta di origine indiana, il Pogostemon cablin, molto utilizzata anche nella profumeria odierna e del cui utilizzo non si ha traccia in epoca romana.

    “Secondo Plinio”, spiegano i ricercatori nell’articolo scientifico, “i profumi o unguenti dovrebbero contenere due ingredienti essenziali, ovvero una parte liquida e una solida. Occasionalmente veniva aggiunto un colorante per colorare i profumi. Gli oli più frequentemente usati per fare i profumi erano estratti dal sesamo, dal ravanello piccante, dalle mandorle o, soprattutto, dall’olio, che si otteneva facilmente in grandi quantità. L’olio d’oliva ricavato da olive acerbe ha resistito all’ossidazione meglio dell’olio di olive mature. Pertanto, i profumi realizzati dagli artigiani romani contenevano un fondotinta oleoso anziché alcool e di conseguenza richiedevano di essere tenuti in un recipiente. In ogni caso, le ricette reali compilate dagli autori classici erano molto vaghe o confuse per quanto riguarda le quantità di ingredienti e le procedure da utilizzare. I romani usavano i profumi non solo nella vita quotidiana ma anche in occasioni speciali come i funerali, dove l’incenso era obbligatorio. Inoltre, i profumi venivano applicati come unguenti o usati per imbalsamare i defunti. [..]


    https://www.finestresullarte.info/archeolo...qkul8kjU6RFavgI
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    Porpita porpita

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    Il bottone blu (Porpita porpita Linnaeus, 1758) è un idrozoo coloniale della famiglia Porpitidae. Ha un dischetto pieno di gas che gli permette il galleggiamento e somiglia all’iride di un occhio, ha tentacoli sottili e ben ramificati.

    In realtà è un idrozoo coloniale della famiglia Porpitidae : in pratica una colonia di polipi (zoidi) che si organizzano formando una struttura rotondeggiante, chitinosa, chiamata pneumatoforo, di pochi centimetri di diametro. La straordinarietà di questo organo è quella di esser fatto da piccolissime camere d’aria collegate tra di loro che incamerano e rilasciano aria in modo da poter far affondare o galleggiare l’animale.

    Intorno al disco, i tentacoli blu dei polipi, armati di nematocisti, piccole cellule che contengono dardi urticanti. P. porpita attacca le prede che stordisce con un veleno ben poco urticante per l’uomo ma sufficiente ad uccidere i piccoli animali planctonici di cui si nutre.

    Non sa nuotare contro corrente e per questo viene definita un organismo planctonico, facente parte del pleuston ovvero di quel gruppo di individui che hanno una parte del loro corpo galleggiante, in questo caso lo pneumatoforo ed una parte immersa, per P. porpita i tentacoli.

    Oltre ad essere un vagabondo del mare (questa è l’etimologia della parola plancton), questo idroide coloniale è un organismo cosmopolita; vive infatti tra la superficie fino ai 200 m di profondità nei mari tropicali ma avvistamenti di questa specie sono stati fatti anche nell’Atlantico, nell’Indopacifico e nel Mediterraneo

    Le dimensioni sono contenute, appena 2,5 cm di diametro. Il colore più diffuso è il blu.


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    John Brown

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    John Brown è un artista del Galles occidentale che crea delle magnifiche sculture di animali utilizzando metallo di scarto che ricicla accuratamente.
    Brown ama la natura e le passeggiate, e raccoglie i pezzi di metallo nelle campagne o sulla spiaggia, pazientemente unendoli tra loro per raffigurare diversi animali.

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    È il lillà un arboscello antico,
    ma più antico di lui
    è il lillà del firmamento
    sopra il colle, a sera.
    Il sole declinato lascia
    in retaggio quella estrema pianta
    alla contemplazione, non al tatto.
    Il fiore d’Occidente.
    Una sola corolla è l’ovest,
    il calice è la terra,
    le capsule, semi ardenti, le stelle.
    Lo scienziato della fede
    ha iniziato appena le ricerche.
    C’è al di sopra della sintesi
    la flora inattaccabile
    dall’analisi del tempo.
    “ Occhio non ha veduto “ è possibile
    sia norma per un cieco,
    ma la Rivelazione
    non sia di tesi prigioniera.


    The Lilac is an ancient shrub
    The Lilac is an ancient shrub
    But ancienter than that
    The Firmamental Lilac
    Upon the Hill tonight –
    The Sun subsiding on his Course
    Bequeaths this final Plant
    To Contemplation – not to Touch –
    The Flower of Occident.
    Of one Corolla is the West –
    The Calyx is the Earth –.
    The Capsules burnished Seeds the Stars
    The Scientist of Faith
    His research has just begun –
    Above his synthesis
    The Flora unimpeachable
    To Time’s Analysis –
    “Eye hath not seen” may possibly
    Be current with the Blind
    But let not Revelation
    By theses be detained –


    Emily Dickinson


    (trad. di Mario Luzi)
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    Helvella lacunosa

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    Cappello alto da 3 a 4 cm per 2 o 3 cm di larghezza, a forma di sella, con il bordo più o meno avvolto verso l’interno o ondulato. Normalmente composto da 2 o 3 lobi ben differenziati. Il colore della superficie non fertile è molto variabile all’interno dei toni del grigio, a volte tendente al bruno nerastro.
    Imenio composto dalla faccia esterna del cappello, che ha, come la parte interna, una grande variabilità di colore, potendo passare dal grigio chiaro al quasi nero.

    Questa specie come quasi tutte le specie di funghi appartenenti alla famiglia delle helvellaceae contiene tossine termolabili ed altre termoresistenti, per cui la cottura prolungata ne attenua il rischio di mortalità, ma attenzione, non viene scongiurata la pericolosità, specialmente se la si consuma poco cotta o peggio ancora cruda.

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    Stemonitis fusca è una specie di muffa melmosa. Fruttifica in grappoli su legno morto e presenta caratteristici sporangi marroni alti sostenuti da steli sottili con un'altezza totale di circa 6-20 mm di altezza.

    Formano gruppi di numerosi individui in cluster con crescita parallela ma individuale. All’interno delle masse sferiche si forma un piede dall’ipotalamo che viene gradualmente sollevato per elevare il protoplasto, che a sua volta alimenta la creazione di più piede. Durante questo processo si mantiene il colore bianco del plasmodio, ma quando inizia la maturazione si crea un peridio e al suo interno le fibre capillari. Con un processo chiamato meiosi il protoplasto genererà le spore che si depositano tra le fibre del capillare. Durante questo processo generale, il colore varia a seconda del grado di maturazione, e va dal grigio al nero, per finire con il marrone scuro.

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974 replies since 1/5/2014
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