I vini più costosi di sempre

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    I 10 vini più costosi di sempre

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    Che sapore hanno 300.000 dollari? Lo avrà sicuramente scoperto l’acquirente della bottiglia di vino più costosa di sempre, che è stata venduta qualche anno fa ad un’asta di Christie’s per la bellezza di 304,375 dollari.

    Un prezzo troppo alto per una sola bottiglia di vino? Forse sì, ma quando si tratta di un Château Cheval Blanc del 1947, non è più una questione di soldi.

    Gli estimatori del vino non badano certo a spese quando si tratta di entrare in possesso di una bottiglia particolarmente prestigiosa o rara. La preparazione del vino, così come il suo imbottigliamento e il processo di invecchiamento sono una forma d’arte e come tale va stimata: come se si trattasse di un quadro di un famoso pittore, una bottiglia di vino è una creazione unica e irripetibile, da collezionare o da gustare per un’occasione davvero speciale.

    Quanto si è disposti a spendere per questi liquidi capolavori? Scopriamolo con la lista dei dieci vini più costosi di sempre, che comprende vini di tutti i tipi e provenienti da tutti i paesi del mondo, dove troverete bottiglie perfette per accompagnare preziosi e rari formaggi, cibi particolarmente costosi e anche i loro lussuosi condimenti.

    I 10 vini più costosi di sempre

    10. Henri Jayer Vosne-Romanee – 2,630 dollari

    9. Joh. Jos. Prüm Riesling Wehlener Sonnenuhr Trockenbeerenauslese del 1959 – 11,537 dollari

    8. Henri Jayer Cros Parantoux, Vosne-Romanée Premier Cru del 1985 – 19,515 dollari

    7. Domaine Leroy Musigny Grand Cru del 1935 – 33.000 dollari

    6. Chateau Mouton-Rothschild del 1945 – 47,000 dollari

    5. Chateau Yquem del 1787 – 100,000 dollari

    4. Château Margaux del 2009 – 195.000 dollari

    3. Heidsieck del 1916 – 275,000 dollari

    2. Château Cheval Blanc del 1947 – 304,375 dollari

    1. Château Lafite del 1869 – 233,972
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    fonte:http://www.lussuosissimo.com

     
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    Vino francese da record,
    venduto a New York a 558mila dollari


    Un Romanée Conti del 1945 battuto all'asta dalla casa Sotheby's.
    Aggiudicato anche il Whisky più caro: oltre 843mila.


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    Sono state vendute a New York nella sede americana della casa d’asta Sotheby's le due due bottiglie di vino più care del mondo.
    Si tratta di due Romanée Conti del 1945 e hanno infranto il precedente record mondiale d'asta per una singola bottiglia di vino (incluse bottiglie di dimensioni maggiori): sono state vendute rispettivamente per 558.000 e 496.000 dollari.

    Il lotto di vini, proposti ai partecipanti in un "white-glove" del blasonato Domaine de la Romanée-Conti dalla cantina personale di Robert Drouhin, ha totalizzato 7,3 milioni di dollari. Cioè oltre cinque volte la sua stima iniziale nel complesso (e in particolare le due bottiglie sono state aggiudicate per 17 volte il valore stimato).
    Vino francese da record, venduto a New York a 558mila dollari

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    Le bottiglie hanno superato il precedente high-mark del mondo: uno Chateau Lafite Rothschild del 1869, che nel 2010 era andato a un compratore a Hong Kong per 232.800 dollari.
    Gli appassionati (e facoltosi) stravedono per il Romanée Conti considerato il miglior vino di Borgogna. Nel territorio d’origine, appena quattro ettari nella regione della Cote de Nuits, starebbe il segreto della sua superiorità organolettica. Il fatto se ne producano non più di 6000 bottiglie ogni anno ne fa chiaramente un prodotto raro e ambito.
    Vino francese da record, venduto a New York a 558mila dollari

    Inoltre, al termine della Personal Cellar di Robert Drouhin, un’altra preziosissima bottiglia è stata battuta. Si tratta del The Macallan Pure Highland Malt 1926 - 60 Years Old (Sir Peter Blake Label), che è stata acquistata per 843.200 dollari. Cifra che ne fa non solo il prezzo più alto nella storia di Sotheby’s per un singolo whisky, ma anche il prezzo d'asta più alto per qualsiasi superalcolico mai venduto in Nord America.



    (foto Sotheby's)

    www.repubblica.it

    Romanée Conti, il vino impossibile


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    Il più famoso ed ambito vino al mondo: Romanée-Conti, un nome favoloso che incute rispetto ma suscita anche irresistibile curiosità in ogni angolo del pianeta. Sogno possibile solo per pochissimi privilegiati, eccellenza tra le eccellenze, la Romanée-Conti nasce in poco più di un ettaro di terra nel cuore della Borgogna, a Vosne-Romanée nella Côte d’Or. Su un pendìo, a circa 270 mt di altitudine, baciati dal sole di sud-est, si trovano filari di Pinot Nero, allineati su un terreno calcareo in cui sono presenti percentuali di marmo, gesso, sabbia, breccia ed argilla. Viti altere la cui età media è di 53 anni.

    Qui la terra è profonda, ricca di minerali e ben drenata. Ma le terroir da solo non basta a fare un vino superlativo. All’elemento naturale si è aggiunto lo spirito sapiente, lungimirante, ma anche fiero e responsabile di coloro che hanno la fortuna di lavorare nel Domaine de la Romanée-Conti. In questo Domaine, esteso su poco più di 24 ettari, si producono Grand Cru di cui sei rossi e un bianco, il Montrachet. Dei primi, oltre alla Romanée-Conti, fanno parte La Tâche, Richebourg, Romanée-Saint-Vivant, Grands-Echézeaux ed Echézeaux. A seconda delle annate vede la luce anche il Vosne-Romanée-Conti, un Premier Cru. La storia delle vigne del Domaine risale addirittura al Medioevo. Molto si deve ai monaci dell’Abbazia di Saint Vivant, i quali nel 1232 acquistano quei 1,8 ettari di vigneto che, nel 1631, sotto la proprietà della famiglia de Croonembourg, è ribattezzato Romanée per il fatto che quel vigneto era appartenuto in passato al Prefetto di Roma.

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    Nonostante i numerosi proprietari avvicendatisi nel tempo, denominatore comune è sempre stato quello della non ostentazione, della semplicità dei modi e della concretezza. Ecco allora che, arrivando al Domaine, si scopre con sorpresa che non vi sono castelli, né fasti di alcun tipo. Al contrario, un semplice cancello sul quale troneggia la sigla RC, un citofono ed un cortiletto che immettono in quello che può essere definito un paradiso enologico. Tutto è incentrato sulla consapevolezza che per ottenere l’eccellenza non si deve mai perdere di vista il rispetto verso la natura, la terra dove tutto ha inizio. Al punto che nel 1986 avviene il passaggio totale al biologico. Nel 1992 si attua invece la totale abolizione della concimazione organica fino ad arrivare all’adozione del biodinamico nel 1996. Queste scelte sono state a lungo ponderate dal Domaine ed oggi sono considerate imprescindibili. Dunque rispetto delle tradizioni con un’attenzione particolare verso il futuro. Dice Aubert De Villaine, fin dal 1974 alla guida dell’azienda vinicola numero uno al mondo: “La biodinamica per noi non è affatto una moda bensì un mezzo per rispettare i suoli…” Rispetto esternato anche con la reintroduzione dei cavalli a sostituzione dei trattori che compattano il terreno. Terroir, rispetto della natura, gestione illuminata, tutti fattori che rendono questo vino una leggenda per la sua complessità, l’eleganza, la struttura, la persistenza. Il suo unico neo è rappresentato dal prezzo iperbolico.

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    I grappoli sono ancora lì, avvinghiati a quei tralci preziosi che già le cinquemilacinquecento bottiglie della Romanée-Conti, in media prodotte annualmente, sono vendute secondo rigide percentuali fissate dall’azienda stessa. A parte il continuo crescendo della domanda da parte dei paesi orientali, il 25% della produzione viene allocato negli USA mentre all’Italia vanno all’incirca 150 bottiglie assegnate singolarmente. In genere, dalla vendita al privato si arriva al battitore d’asta. I prezzi, già alti in partenza, arrivano a livelli fantascientifici soprattutto nel caso del formato grande, molto raro. Qualche cifra? Romanée Conti 1998, 10.670 euro, Romanée Conti 2004, 11.200 euro (Catalogo Peck). Prezzi così elevati sono dovuti proprio al continuo aumento della domanda globale rispetto ad un’offerta che non può di fatto aumentare. Si pensi che la resa media per ettaro è di circa 25 hl mentre in genere il rendimento di un Grand Cru è di 35 hl. Infine, per far sì che un vigneto arrivi a produrre vini di grande levatura occorrono anni e anni, proprio come nel caso del rosso Romanée-Conti, un nettare preziosissimo destinato a pochi eletti.



    www.romanee-conti.fr


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    Il Domaine de la Romanée Conti ha una storia tanto avvincente ed affascinate quanto preziosa e inarrivabile è la grandezza della fama di cui si fregia oggi. È ossigeno che ogni buon intenditore sente, naturalmente, la necessità di respirare, conservare gelosamente e regalare con infinito trasporto ed emozione a chi si accosta ora al meraviglioso mondo del vino. Camminare per le vigne di Vosne Romanée poi è una esperienza indimenticabile, calpestare ogni singolo centimetro quadrato di quella terra può sembrare un primo passo sulla luna.
    La storia comincia nel 1451, quando i monaci del convento di St. Vivant decidono di vendere alla famiglia Croonembourg la piccola vigna chiamata Cros de Clou, di appena 2 ettari. Mai avrebbero pensato di stare cedendo quella che poi sarebbe divenuta la vigna più ricercata, preziosa e costosa della terra! Nel 1760 compaiono sulla scena i Principi di Conti, che rilevano la proprietà e decidono che il nome del piccolo Domaine passi da Cros de Clou a La Romanée, dando vita a quello che è indiscutibilmente il più amato, ambito ed osannato vino del mondo. Da quel momento, nel corso dei secoli, il patrimonio di vigne, tutte grand cru, si è notevolmente arricchito e oggi ne conta due in Monopole, cioè di proprietà completa ed esclusiva del Domaine: la Romanée Conti (1,8 ha) e La Tâche (6 ha); poi Richebourg (3,5 ha), Romanée St.Vivant (5,3 ha), Grands Échezeaux (3,5 ha), Échezeaux (4,7 ha), Montrachet (0,7 ha).
    Dalla vendemmia 1999 è stata messa in commercio una nuova etichetta, il Vosne-Romanée Cuvée Duvault-Blochet elaborato da uve che hanno subito un leggero ritardo di maturazione durante il periodo della vendemmia e che vengono raccolte in un passaggio successivo. Questo Premier Cru non viene prodotto tutti gli anni, ma solo quando la vigna e il clima lo suggeriscono.
    Altri vigneti di proprietà sono i Premier Cru Suchots, Petits Monts, Reignots e Gaudichots (in totale 2,1 ha) nel comune di Vosne la cui produzione viene venduta in botte ai négociant.
    Destinata solo al consumo familiare è la piccola parcella (18 are) di Bâtard-Montrachet che produce appena 600 bottiglie ogni anno, ma mai messe in commercio. A proposito di questo vino, ci è stato riferito che si tratta di un "PNG": "pour notre gueule", un'espressione gergale per intendere che è destinato ai soli proprietari e dipendenti del Domaine.
    DRC è completamente biodinamico dal 2008, dopo che esperimenti su 8 ettari di vigneto hanno dimostrato che questo tipo di agricoltura ha reso i vini più espressivi e ridotto notevolmente le rese per ettaro: da 25-30 ettolitri si è passati a una media di 18 ettolitri.

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    Le Cantine del Domaine, che si trovano a due passi dalla chiesa di Vosne-Romanée, sono segnalate solo da lettere minuscole sotto il campanello. Puntuali come non mai, siamo stati accolti da Bernard Noblet, Master di cantina, un uomo molto alto con una andatura lenta e un modo di esprimersi chiaro e con un caldo accento borgognone (così ci riferisce il nostro interprete). Suo padre ha lavorato presso DRC prima di lui, e dire che conosce i vini intimamente sarebbe un eufemismo. La prima cosa che deve essere detta a proposito di DRC è che tutto l'onore viene dato al vino, piuttosto che ai simboli associati.
    I vini rossi subiscono 3-6 giorni di pre-macerazione a freddo per poi effettuare la macerazione classica senza aggiunta di lieviti selezionati e sempre in presenza dei raspi. Noblet si riferisce a loro come lo "scheletro" dei grappoli e dice che, se trattati delicatamente, la loro presenza è molto importante per rilasciare la giusta quantità di componenti desiderati ed aiutare l’ossigenazione durante la macerazione.
    Abbiamo assaggiato dalle pièce otto vini rossi dell'annata 2011: presto per dire se annata eccezionale o ottima ma sicuramente affiora uno stile inconfondibile, che accomuna tutti i vini, pur mantenendo una fortissima identità tra un Cru e l’altro: eleganza, eleganza, eleganza.

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    Vosne-Romanée Premier Cru Duvault Blochet: media profondità nel colore, naso fruttato e leggermente speziato. Equilibrato con vibrante acidità e tannini rotondi. Duvault-Blochet può essere considerato il secondo vino di La Romanée Conti, e non viene prodotto in tutte le annate.

    Échezeaux: Colore più scuro con un bouquet molto seducente con frutti rossi e neri maturi. Ha dimostrato potenza, freschezza, tessitura tannica fine e mineralità in evidenza.

    Grands-Échezeaux: colore altrettanto bello ma inizialmente chiuso al naso per poi aprirsi a bellissimi aromi di frutti rossi e note muschiate. Al palato dimostra grande struttura, tannino in evidenza, acidità e potenza con eleganza e lunghezza.

    Corton: frutto rosso pieno e potente con note vegetali in buona evidenza, garbato accenno di spezie. Potente e deciso con trama tannica a tratti esuberante, nota boisée e finale scandito da una piacevole scia alcolica.

    Romanée-Saint-Vivant: un naso soave di frutti rossi e neri ben maturi e note di spezie dolci, quercia e di terroir. Palato elegante, pieno, setoso, espressivo con naso e bocca che si intrecciano piacevolmente e una chiusura leggermente tannica. Noblet ha descritto questo finale con leggera durezza come "un coup de griffe".

    Richebourg: inizialmente molto riservato al naso, ha poi espresso frutto rosso, mineralità e sottili note balsamiche e di fiori di campo. Potenza, volume e profondità lo rendono sicuramente il vino più austero del Domaine. Aristocratico e maschile, l’opposto del Saint-Vivant, ha una componente fruttata molto presente. Ciò che stupisce è il modo in cui questo potere "si snoda verso il basso" e si evolve in un lungo retrogusto seducente.

    La Tâche: luminoso, quasi brillante. Bouquet molto fresco, con misteriose sfumature di frutta nera e spezie dolci. Splendido al palato: corpo potente, tannini vellutati, acidità e sapidità in evidenza ed un frutto, circondato da spezie, in ottima evidenza e sorprendentemente lungo.

    Romanée-Conti: inizialmente molto riservato al naso ha espresso poi una complessità ed una eleganza che abbraccia tutte le famiglie odorose. Al palato con una morbidezza indescrivibile, sferico, senza spigoli ma con una personalità unica che non è di questo mondo. Una freschezza leggera, tannini di pura seta su un corpo atletico e vibrante lo accompagnano verso uno sviluppo impeccabile, lunghissimo e con continua evoluzione.



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    Eravamo al settimo cielo, dopo una batteria come questa saremmo tornati a piedi ma, sciacquato il bicchiere nella fontanella esterna, Noblet ci invita a seguirlo nella vecchia cantina e qui abbiamo la sorpresa finale. Rigorosamente anonime vengono stappate quattro vecchie bottiglie.

    1) Il colore era abbastanza profondo ma con note aranciate, naso terroso, fiori secchi, spezie, cortecce e una nota animale. Bocca ricca e soddisfacente, ottimo corpo, tannini rotondi, aromi evoluti e corrispondenti al naso, di ottima lunghezza. Dovevamo indovinare Cru e annata. Niente da fare!

    2) Per il vino successivo una serie di ipotesi sbagliate. Rubino vivace e luminoso, vivo e giovane. Naso di frutti rossi e neri fresco, elegante e con note speziate e floreali. Impressionante e potente al palato, setoso, largo, con frutti e spezie in evidenza su un finale lunghissimo.

    3) Qui qualcuno si avvicina all’annata. Granato con riflessi aranciati e un naso evoluto su toni speziati, frutti in confettura, cortecce, polvere di caffè e cioccolato: tutto di estrema eleganza, finezza e armonia. In bocca è pieno, con tannini ben smussati, sapidità in evidenza ed un finale lungo declinato a frutti sotto spirito e spezie.

    4) L'ultimo vino, "l'arrivederci” di un bianco. Colore dorato e profondo, bouquet burroso con sentori di miele, frutti secchi, agrumi canditi, minerali. Grandioso il palato, un medley di caramello, nocciola, mandorla, miele di castagno, agrumi canditi, tutto sostenuto da bella acidità e sapidità. Finale lunghissimo ed emozionante. Nessuno si avvicina. Inarrivabile.

    La batteria fantasma:
    - La Tâche 1996 (probabilmente un tappo non perfetto ci ha regalato un vino molto più evoluto della sua potenzialità);
    – La Tâche 1993;
    – Échezeaux 1966;
    – Montrachet 1975.
    I vini di Borgogna sono l’eredità dei grandi ordini monastici antichi del Medioevo: Benedettini e Cistercensi. Si dice che per l’amatore, ogni bottiglia di Borgogna Grand Cru è un libro. Un vecchio libro di 1000 anni, che racconta la storia della cristianità in Occidente. È questa la ragione dell’ incredibile ricchezza, complessità ed eleganza di questi vini? Non saprei dirlo ma nei vini del DRC c’è tutta la letteratura mondiale.



    © Associazione Italiana Sommelier (ed altri contributi)
    www.aisitalia.it/un-sogno-chiamato-romanee-conti.aspx

    Edited by gheagabry1 - 29/10/2018, 12:28
     
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