IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 7° ... SETTIMANA 036 ...

LUNEDI' 05 SETTEMBRE- DOMENICA 11 SETTEMBRE 2016

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    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 036 (05 Settembre – 11
    Settembre 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON MARTEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 5 Settembre 2016
    S. VITTORINO VESCOVO

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 36
    Giorni dall'inizio dell'anno: 249/117
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    A Roma il sole sorge alle 05:41 e tramonta alle 18:36 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 05:50 e tramonta alle 18:52 (ora solare)
    Luna: 9.26 (lev.) 20.47 (tram.)
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Di settembre e d'agosto, bevi il vin vecchio e lascia stare il mosto.
    --------------------------------------------------
    Aforisma del giorno:
    Gli uomini non sono saggi in proporzione tanto all'esperienza,
    quanto alla loro capacità di fare esperienza.
    (George Bernard Shaw).








    RIFLESSIONI



    >


    ...Vedremo ...
    Aspetto davanti la stazione, chiudo gli occhi e lentamente la mia mente vola via …dalla rupe cade un sasso;suono leggero toccando l'acqua..cerchi concentrici,uno,dieci cento..mille..mi sono familiari, ricordano quegli occhi in quel giorno caldo in quella stazione..spirali concentriche in quegli occhi come calamita che attrae e non lascia che attira e non tocca che emoziona al solo pensiero. Treni che passano portando con se i pensieri di chi si lascia trasportare ..un nuovo sussulto, un suono carezza i pensieri..ancora un sasso nell'acqua cerchi concentrici,uno,dieci cento..mille che attraggono i sensi calamitano le emozioni. Una macchina sfreccia,capelli al vento occhi dal sapore buono,sguardi che si cercano trovando pace ed emozioni forti..un tuffo un altro e un altro ancora negli occhi di chi in silenzio non aspetta altro. Suona ancora un treno,freni stridono forte ..apro gli occhi desto dal sonno riavuto dal sogno..corro verso la vetrata; il naso contro il vetro segna aloni di tensione e il cuore batte forte nel petto e sale fino in gola. La sala è vuota, mi guardo intorno. Dal treno scendono tanti volti, li osservo..attendo, cerco il suo sguardo alla ricerca di ciò che gli manca come l'aria. Il treno riparte i miei occhi lentamente si chiudono tornando al sogno cercando emozioni. La mente vola via traccia traiettorie segna percorsi mentre un pensiero forte come una certezza, delicato come una carezza lo scuote, “attendo sospeso tra un pensiero ed un sogno. Vedremo ciò che domani accadrà, vedremo al prossimo treno, al prossimo sogno …vedremo al prossimo sasso che cade dalla rupe se i cerchi concentrici mi porteranno in quello sguardo a perdermi in quegli occhi respirando attimi che sanno di infinito…di eterno…vedremo…”

    (Claudio)





    ALLA STAZIONE IN UNA MATTINA D'AUTUNNO.
    Oh quei fanali come s'inseguono
    accidiosi là dietro gli alberi,
    tra i rami stillanti di pioggia
    sbadigliando la luce su 'l fango!
    Flebile, acuta, stridula fischia
    la vaporiera da presso. Plumbeo
    il cielo e il mattino d'autunno
    come un grande fantasma n'è intorno.
    Dove e a che move questa, che affrettasi
    a' carri foschi, ravvolta e tacita
    gente? a che ignoti dolori
    o tormenti di speme lontana?
    Tu pur pensosa, Lidia, la tessera
    al secco taglio dài de la guardia,
    e al tempo incalzante i begli anni
    dài, gl'istanti gioiti e i ricordi.

    Van lungo il nero convoglio e vengono
    incappucciati di nero i vigili
    com'ombre; una fioca lanterna
    hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei
    freni tentati rendono un lugubre
    rintocco lungo: di fondo a l'anima
    un'eco di tedio risponde
    doloroso, che spasimo pare.
    E gli sportelli sbattuti al chiudere
    paion oltraggi: scherno par l'ultimo
    appello che rapido suona:
    grossa scroscia su' vetri la pioggia.
    Già il mostro, conscio di sua metallica
    anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei
    occhi sbarra; immane pe 'l buio
    gitta il fischio che sfida lo spazio.
    Va l'empio mostro; con traino orribile
    sbattendo l'ale gli amor miei portasi.
    Ahi, la bianca faccia e 'l bel velo
    salutando scompar ne la tenebra.
    O viso dolce di pallor roseo,
    o stellanti occhi di pace, o candida
    tra' floridi ricci inchinata
    pura fronte con atto soave!
    Fremea la vita nel tepid'aere,
    fremea l'estate quando mi arrisero;
    e il giovine sole di giugno
    si piacea di baciar luminoso
    in tra i riflessi del crin castanei
    la molle guancia: come un'aureola
    piú belli del sole i miei sogni
    ricingean la persona gentile.
    Sotto la pioggia, tra la caligine
    torno ora, e ad esse vorrei confondermi;
    barcollo com'ebro, e mi tocco,
    non anch'io fossi dunque un fantasma.
    Oh qual caduta di foglie, gelida,
    continua, muta, greve, su l'anima!
    Io credo che solo, che eterno,
    che per tutto nel mondo è novembre.
    Meglio a chi 'l senso smarrì de l'essere,
    meglio quest'ombra, questa caligine:
    io voglio io voglio adagiarmi
    in un tedio che duri infinito..
    (G. Carducci)





    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    Le Poesie più belle di tutti I tempi

    Poesie e racconti aspettando l’Inverno … la stagione dei colori caldi …

    Il freddo

    Una lacrima dal cielo
    punge la terra,
    che coperta da un velo
    inizia una guerra

    gelide spade
    attaccano, feriscono,
    il sole lontano cade
    sotto nuvole che crescono.

    freddo violento
    che tutto cambia,
    in un movimento lento
    entra nella nebbia.

    raggiunge le luci,
    i fuochi ancora caldi,
    spariscono le voci,
    fuggono gli araldi,

    in quel freddo silenzio,
    tra piccole fiamme,
    muore il presente,
    abbandonato e fuggente.

    (poesieracconti.it - Andrea Pezzotta)



    Favole Dal Web … Carezze dall’Oriente …

    Jarty-gulok e la pioggia d’oro
    Jarty-gulok è un bambino alto come l’orecchio di un cammello:
    Jarty-gulok vuol dire “metà orecchio”.
    È il protagonista più amato delle favole popolari
    turkmene per le sue tante avventure.
    Corrisponde al nostro Pollicino.

    Jarty-gulok tornava dal villaggio vicino.
    La strada era lunga e il bambino si stancò.
    D’un tratto vide un cavallo, che brucava l’erba
    secca presso la strada, e un giovane cavaliere
    che stava aggiustando la sella allentatasi.
    «Andrà anche lui al villaggio» pensò il bambino.
    «Dove ci sta uno, ce ne possono stare due!»
    Il piccolo si arrampicò lungo la coda del cavallo
    e si sistemò sulla groppa del destriero.
    Il giovane non si accorse di nulla, saltò
    in sella e spronò il cavallo.
    Ma Jarty-gulok capì presto che il cavaliere
    stava galoppando non verso il suo villaggio,
    ma verso le sabbie del deserto.
    - Ehi, ehi! - gridò Jarty-gulok - Dove corri?
    Il cavaliere sulle prime si spaventò e fermò
    immediatamente il cavallo,
    ma vide il bambino e lo riconobbe:
    - Ah, sei tu, piccino! Scendi dal cavallo,
    non puoi venire con me.
    Ho dato la mia parola di evitare ogni uomo
    finché non avrò portato il mio dolore nelle sabbie.
    - E qual è la tua pena? – chiese Jarty-gulok.
    - Amo la bellissima Gul-Assal, serva del ricco
    avaro Kara-bek. Ma egli mi darà il consenso alle nozze
    soltanto se gli pago un riscatto di mille tangà.
    Io sono povero e non avrò mai tanto denaro!
    Jarty-gulok rimase pensieroso e poi disse:
    - Se nel villaggio c’è un ricco, le pene non sono solo tue.
    - Hai ragione, - disse il cavaliere.
    - Nel nostro villaggio, di dolore ce n’è abbastanza per tutti.
    - E allora volta indietro il cavallo,
    raccoglieremo tutto il dolore del villaggio
    e tu lo porterai nel deserto.
    Non avevano torto, gli abitanti del villaggio
    era molto poveri.
    Già vicino alla prima casa incontrarono una vecchia aggobbita:
    - È grande il mio dolore, - disse la vecchia.
    - Non sono riuscita a pagare il debito all’avaro Kara-bek
    e lui mi ha preso l’ultima pecora.
    Da un altro cortile uscì un bimbo vestito di stracci:
    - Lo strozzino Kara-bek ci ha portato via
    tutto quel che avevamo in casa.
    - Siate sereni, vedrete che faremo i conti con lui!
    - disse Jarty-gulok. E spiegò al cavaliere il suo piano.
    Tutti sapevano che ogni mattina Kara-bek scendeva
    in cantina, accendeva un lume e cominciava
    a contare le monete, svuotando e riempiendo
    i bauli dove sistemava l’oro.
    Come sempre, anche quella mattina si mise
    a contare le monete, ma appena rimise
    il sacchetto nel baule, sentì un rumore.
    Dalla sua tana uscì un topolino che squittì:
    - Ehi, Kara-bek! Da quando nel deserto
    c’è stata quella pioggia d’oro tutto questo
    metallo non ha più alcun valore!
    L’avaraccio gli tirò una scarpa per cacciarlo.
    Dal soffitto scese un ragno che gli sussurrò:
    - Nel deserto c’è stata una pioggia d’oro e tutti
    andranno nel deserto ad ammucchiare oro a palate.
    Non perdere tempo, corri al deserto del Karakum!
    Naturalmente era stato Jarty a parlare al posto
    del topolino e del ragno.
    - Allora, devo fare in fretta, prima degli altri,
    - si lamentò il riccone. - Ma chi mi porterà a Karakum?
    Infatti, l’avaro, per risparmiare, non possedeva
    cavalli, cammelli o somarelli.
    Kara-bek corse in strada e si imbatté nel nostro cavaliere
    (che stava lì ad aspettarlo).
    - Portami nel Karakum! - chiese imperioso il riccone.
    - Ti darò in sposa Gul-Assal, ma portami seduta stante nel deserto.
    Il riccone si arrampicò sulla groppa del cavallo e il cavaliere partì.
    Galopparono tutto il giorno e raggiunsero il Karakum
    quando il sole stava calando.
    La sabbia inondata dai raggi del sole al tramonto sembrava d’oro.
    - È mio! È tutto mio! - gridò lo strozzino.
    Rotolò giù dal cavallo e prese a riempire di sabbia
    i sacchi, ignorando il cavaliere che poté correre a sposare
    la sua bella Gus-Assal.
    Da allora nessuno ha più sentito parlare di Kara-bek.

    (larici.it - Turkmenistan)



    ATTUALITA’


    All'asta l'abito che Marilyn Monroe indossò per il compleanno di Jfk.

    La Monroe sfoggiò il vestito al Madison Square Garden di New York il 19 maggio del 1962.
    Andrà all'asta l'abito indossato da Marilyn Monroe durante il suo indimenticabile 'Happy Birthday' al presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy.

    La Monroe sfoggiò il vestito al Madison Square Garden di New York il 19 maggio del 1962 in occasione del 45/o compleanno di Jfk. La diva morirà tre mesi dopo per overdose all'età di 36 anni, mentre il presidente sarà ucciso a Dallas l'anno dopo. Aderente al punto che le fu letteralmente cucito addosso, il vestito era una creazione del designer francese Jean Louis.

    Fu realizzato in seta con migliaia di perline di diamanti sintetici e lustrini. Si stima che possa essere venduto per almeno due milioni di dollari. L'abito fu acquistato 17 anni fa ad un'asta di Christie's dal finanziare Martin Zweig, il quale lo aveva messo in mostra in un ambiente a clima controllato nella sua Penthouse al Pierre Hotel a Manhattan. Il vestito è solo uno degli oltre mille oggetti appartenuti alla Monroe che saranno messi all'asta il prossimo autunno in California.
    (Ansa)




    Denti di 8.600 anni fa spostano indietro l'origine dell'agricoltura.
    Nel tartaro i microfossili di grano e orzo coltivati.
    L'origine dell'agricoltura fa improvvisamente un balzo all'indietro di quasi mezzo millennio, da 8.200 a 8.600 anni fa, quando le ultime comunità di cacciatori-raccoglitori convivevano con i primi gruppi di agricoltori, al punto di mangiare anche i loro cibi a base di grano e orzo. Lo dimostrano i microfossili incastonati nel tartaro dei denti di un gruppo di cacciatori-raccoglitori vissuti 8.600 anni fa. Li ha descritti, sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, il gruppo dell'università di Cambridge diretto dall'italiana Emanuela Cristiani.

    "E' una scoperta unica, che fa slittare all'indietro l'epoca dei primi cibi domestici", ha detto Cristiani. Arrivata a Cambridge grazie al finanziamento di 1,5 milioni di euro assegnato ai giovani ricercatori nell'ambito del programma europeo Horizon 2020. In novembre tornerà in Italia per insegnare nell'università Sapienza di Roma come professore associato. L'obiettivo del suo progetto è ricostruire la dieta vegetariana dei cacciatori-raccoglitori che popolavano l'Europa 10.000 anni fa, nel Paleolitico e nel Mesolitico, e la sua speranza era di raccogliere dati che avrebbero potuto mettere in crisi vecchie idee.

    I denti analizzati provengono da una sepoltura nei Balcani centrali, nella zona delle Gole del Danubio, a Vlasac. "Abbiamo analizzato il tartaro a caccia di microfossili, capaci di fornire una vera e proprio biografia di quello che gli uomini mangiavano", ha spiegato Cristiani. Si è visto così che accanto alle tracce, prevedibili, di avena e piselli selvatici, c'erano quelle di grano e orzo chiaramente riconoscibili come coltivati. C'erano anche particelle di piume, forse respirate mentre si spennavano gli uccelli. Il quadro che emerge è che, circa un millennio prima di quanto si pensasse, i cacciatori-raccoglitori convivevano con i primi agricoltori e, insieme ad essi, mangiavano i cibi coltivati.
    (Ansa)





    Star Trek e Tarzan fanno 50 anni.

    Due serie televisive americane trasmesse per la prima volta nel 1996 diventate cult. Star Trek è una serie televisiva statunitense di fantascienza ideata da Gene Roddenberry nel 1964 e prodotta a partire dal 1966.

    Di Star Trek, sono state realizzate altre 5 serie televisive, 12 film e opere letterarie. La serie televisiva ha avuto un grande successo al punto da ricevere numerosi premi tra cui 33 Emmy.

    I viaggi dell'astronave Enterprise alla ricerca di nuovi mondi con il capitano Kirk, Mr Spock e Uhura la prima donna di colore a ricoprire un ruolo da protagonista.

    Tarzan è una serie televisiva statunitense in 59 episodi trasmessi per la prima volta nel corso di 2 stagioni dal 1966 al 1968. È basata sulle avventure del personaggio di fantasia Tarzan, creato da Edgar Rice Burroughs e interpretato dall'attore Ron Ely.

    Tarzan è un personaggio immaginario e rappresenta l'archetipo del bambino selvaggio allevato nella giungla dalle scimmie, che ritorna in seguito alla civilizzazione solo per rifiutarla in buona parte e tornare nella natura selvaggia nelle vesti di eroe ed avventuriero.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA




    Io prima di te




    locandina



    Un film di Thea Sharrock. Con Emilia Clarke, Sam Claflin, Charles Dance, Jenna Coleman, Matthew Lewis



    Un film privo di coraggio in cui gli interessanti spunti di riflessione vengono dispersi tra un volo e uno scenario esotico
    Giancarlo Zappoli



    Louisa Clarke è stata licenziata dopo anni di lavoro dal padrone del locale in cui era cameriera. A casa sua gli altri componenti della famiglia non se la passano meglio e il suo contributo era essenziale. Accetta così un'offerta di lavoro da parte di una ricca famiglia: deve fare compagnia a Will, il figlio trentenne divenuto quadriplegico dopo che era stato investito da una moto. Costui vorrebbe rimanere a crogiolarsi nel suo dolore e la presenza della ragazza, tanto goffa quanto sensibile e piena di buona volontà, lo infastidisce. Non sarà sempre così anche se il giovane ha in serbo per lei una sorpresa.
    Dopo Quasi amici ed il successo che ha ottenuto, è diventato molto difficile affrontare il tema del rapporto tra due personalità molto differenti, una delle quali sia affetta da disabilità grave. Ci prova Thea Sharrock, sostenuta nell'impresa dal successo che il romanzo di Jojo Moves ha avuto presso le lettrici di molti Paesi. Il problema è che la scrittrice è anche l'autrice della sceneggiatura e deve aver fatto una certa fatica a tagliare alcune situazioni che probabilmente funzionavano sulla carta ma che sullo schermo vanno a costituire quella patina di romanticismo prevedibile che finisce con lo sconfinare nello stereotipo. Perché 'lui' è bello, è ricco (ha un jet privato), vive in un castello e assomma in sé tutte le caratteristiche del principe azzurro su sedia a rotelle. La goffaggine e i capi di vestiario di lei sono funzionali all'alleggerimento della situazione e, a tratti, danno anche una connotazione di realismo al rapporto. In particolare dopo che Will le rivela una sorpresa (si suggerisce agli spettatori di non farsi attrarre da possibili spoiler perché finirebbero con il perdersi la scoperta di un elemento che offre una reale occasione di riflessione). Se si fosse avuto più coraggio si sarebbe potuto puntare di più su questo elemento senza finire con il disperderlo tra un volo e uno scenario esotico. Va inoltre notato che gli appassionati spettatori de Il trono di spade troveranno la loro Daenerys Targaryen (leggi Emilia Clarke) decisamente mutata anche sotto l'aspetto fisico e avranno la possibilità di riconoscere un altro interprete della serie impegnato su questo set.


    Video


    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …


    Era uno dei piatti preferiti da Cavour

    “Non è il brodo che fa il Bollito, ma è il Bollito che fa il brodo”



    ANTICO GRAN BOLLITO MISTO ALLA PIEMONTESE



    La ricetta del bollito ha origini controverse, ma secondo la tradizione ripresa da Giovanni Goria con l’Accademia Italiana della Cucina si possono stabilire gli elementi base

    Ha le sue origini nel povero lesso che sfruttava qualsiasi pezzo di carne di poco pregio e qualche osso per fare da base alle minestre. Il Gran Bollito Misto è la superversione nata nell’800, con regole e sottoregole.
    La principale è la regola del sette. Sette tagli di carne diversa, di bue o vitellone, da cuocere insieme.
    "Il Bollito si compone di 7 Tagli: groppa o capocollo o tenerone, gamba o stinco, pancia o scaramella o biancostato o grasso- magro, culatta, cappello da prete o «arrosto della vena» o sottopaletta, punta col suo fiocco, infine la Rolata «copertina di petto arrotolata e legata su un ripieno di lardo o prosciutto, salame cotto, due uova e una carota intere, erbe aromatiche e pepe, che viene poi tagliata a fette».
    Il segreto è proprio nei tagli diversi , che insieme assicurano il giusto equilibrio tra grasso e magro, tenerezza e consistenza, sapore tenue e deciso. Tuttavia, perché sia vero bollito misto, occorre anche il contributo della carne “povera” e allora ecco che servono 7 ammennicoli: la testina, lo zampino di vitello, la coda, la lingua, la gallina, il cotechino nostrano e la rollata che per alcuni è un rotolo di carne ripieno di salame, per altri una fetta sottile di lonza avvolta su aromi vari e cotta arrosto, per altri ancora è un pezzo di lonza intero scottato vivacemente, sempre arrosto e con gli aromi. "In pentole diverse si cuociono i 7 ammennicoli od ornamenti - che sono pure carne, anzi sono loro che fanno il vero Bollito tipico – vale a dire la Testina «completa di musetto, orecchio ed occhio, bocconi del buongustaio», la Lingua, lo Zampino, la Coda «è buonissima, inoltre fa il brodo gustoso e perfetto», la Gallina, il Cotechino e la Lonza «una copertina di petto grassa arrotolata sui suoi aromi, e arrostita a fuoco forte, unico pezzo arrosto che fa parte del Bollito!».Per ottenere un buon bollito, bisogna immergere la carne a liquido in bollitura, mai prima, così facendo le proteine della carne e i suoi nutrienti non verranno rilasciati nel liquido.Ora manca l’ultimo importantissimo capitolo della regola del 7: le salse. Il gran bollito misto deve essere servito con sette diverse salse: l’agliata, il bagnetto verde (salsa di prezzemolo), il bagnetto rosso (a base di pomodoro), il cren (salsa di rafano), la mostarda, il cugna (mostarda d’uva) e la salsa di miele. Alcuni aggiungono anche laSalsa pearà
    e la Salsa peverada, Per qualcuno, ma non per tutti, esiste anche il quarto capitolo della regola del 7 e riguarda le verdure di accompagnamento. Chi sostiene che siano l’elemento indispensabile al completamento del piatto elenca quali sono: patate lesse, rape lesse, foglie di verza lesse, carote lesse e poi cipolline, zucchine e finocchi stufati al burro.

    "Il commensale si presenti ben vuoto, riposato e ben disposto, non faccia calcoli di tempo e men che meno di calorie. Utilizzi un coltello affilatissimo e due piatti, 1 per le sole carni e 1 per i bagnetti e contorni di verdura.
    Non si mischino i bagnetti, non si beva acqua specie in principio, si morda piccolo nel pane e grosso nella carne, è un mangiare da signori!"
    I Vini Un bianco Arneis o un Favorita per l’aperitivo con stuzzichini di burro e acciuga, si prosegua con un Barbera giovane e vivace, poi Barbera fermo e forte di 2 o 3 anni per tutto il pasto.
    Sul tavolo pane, grosse “grisse” e pane di Re Carlo Alberto con le noci, olio e pepe, ciotole di sale grosso da spargere sulla carne togliendolo poi col coltello al momento di fare il boccone, piattino di burro da schiacciare con le patate bollenti, ampolle di olio extra vergine per condire le patate, per allungare i bagnetti e le salse, ampolle di aceto di vino rosso per correggere e ritoccare i bagnetti e le salse. Viene servito il gigantesco Bollito caldo e fumante, distribuito in 14 pezzi per ciascun commensale, si intende in due o tre riprese, e salvi i generosi bis.
    A fine pasto non deve mai mancare una tazza di brodo bollente per aiutare la digestione del pantagruelico piatto. Per ottenere un buon brodo bisogna immergere la carne, le verdure e gli aromi in acqua fredda a proseguire poi la cottura.
    "Una piccola tazza di brodo ristretto con un cucchiaio di Barbera oppure con formaggio grattugiato.
    Come dessert uno zabaglione caldo al Barbera con i biscotti di meliga della padrona, Pere Madernassa al vino, caffè, grappe, Malvasia o Moscato fermo.

    il “Gran Bollito Piemontese” detto anche “Bollito sette tagli”; piaceva molto a Vittorio Emanuele II, sin da quando era Principe di Savoia in attesa del trono, tanto che spesso scappava dalla Corte di Torino, “noiosa..” dove era costretto a portare “rigide uniformi dai colletti duri” e a mangiare male, cattivi brodetti magri e speziati, alla maniera della corte di Vienna e si recava a Moncalvo, per delle generose libagioni di bollito con gli amici.

    (Gabry)





    domina-musica

    Le canzoni dell'estate degli anni 78/84


    summer
    foto:ontheoffbeat.ca


    La musica del cuore




    hqdefault
    foto:mp3tunes.tk

    Comprami - Viola Valentino


    Comprami/California è il primo singolo di Viola Valentino pubblicato con quello che sarà il suo nome d'arte definitivo. Fu pubblicato nella primavera del 1979 per l'etichetta discografica Paradiso.

    Il singolo raggiunge la terza posizione della classifica italiana nell'ottobre 1979 e diventa il 26° singolo più venduto dell'anno in Italia.

    Il brano del Lato A, Comprami, scritto da Renato Brioschi e Cristiano Minellono e prodotto da Giancarlo Lucariello, esce quasi in sordina, ma ottiene successivamente un notevole successo grazie anche alla partecipazione a manifestazioni canore estive italiane, quali il Festivalbar ed il Cantagiro. Esso verrà poi inserito anche nell'album Cinema.

    Il brano fa scandalo e le femministe ne contestano il testo[senza fonte], che parla di una donna che si propone ad un uomo particolarmente sfortunato in amore. L'idea del produttore del pezzo Giancarlo Lucariello era quella di accostare l'immagine gradevole della cantante, in passato già fotomodella e indossatrice, alla musica, sfruttando una vocalità particolarmente calda e suadente nel pezzo e facendo risultare la voce della cantante come un sussurro.

    Il brano, primo successo di Viola Valentino, è anche il più conosciuto della cantante.


    fonte: wikipedia.org

    Video

    Comprami

    Se sei giù perchè ti ha lasciato
    Se per lei sei un uomo sbagliato
    Se non sei mai stato un artista...
    O non sai cos'è una conquista
    Se per lei sei stato un amico
    Se non hai lo sguardo da fico
    Se non vuoi restare da solo
    Vieni qui e fatti un regalo.
    Comprami,
    Io sono in vendita
    E non mi credere irraggiungibile
    Ma un po' d'amore, un attimo,
    Un uomo semplice
    Una parola, un gesto, una poesia,
    Mi basta per venir via
    Felicità
    E' una canzone pazza che cantare mi va
    Una musica che prende e che ballare mi fa
    Se non sai da un film a colori
    Portar via le frasi agli attori
    Se per te il sabato sera
    Non c'è mai una donna sicura
    Se non hai sulla tua rubrica
    Una che sia più di un'amica
    Se non sai andare lontano
    Dove non ti porta la mano
    Comprami,
    Io sono in vendita
    E non mi credere irraggiungibile
    Ma un po d'amore, un attimo,
    Un uomo semplice
    Una parola, un gesto, una poesia,
    Mi basta per venir via
    Felicità
    E' una canzone pazza che cantare mi va
    Una musica che prende e che ballare mi fa
    Felicità
    E' una canzone pazza che cantare mi va
    Una musica che prende e che ballare mi fa...


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





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    CRONACA SPORTIVA

    Paralimpiadi, Alex Zanardi: 'Sono preparato, andrò molto forte'.
    "La sfida più grande? Essere un buon padre". "Nella staffetta credo ci siano tutte le premesse per fare ancora di più. Ora mi sto già mordendo la lingua per quello che ho appena detto. Però, sulla carta siamo veramente i più forti". Così a Fiumicino Alex Zanardi prima di partire per Rio per le Paraolimpiadi. "So di poter ripetere lo stesso tipo di prestazioni che già in passato mi hanno regalato grandi soddisfazioni. E' logico che gli avversari, alcuni dei quali hanno la metà dei miei anni, sono carne che cresce; quindi non sai mai cosa ti puoi aspettare. Se gli altri andranno più forte bisognerà solo fargli i complimenti. Io mi sono preparato e l'ho fatto con grande coscienza, insieme con tutti i miei compagni della nazionale paraciclistica". Alla domanda su quale sia oggi la sua sfida più importante Zanardi ha risposto che "probabilmente è quella di cercare di essere un buon padre, per un figlio adolescente.
    Vorrei potergli 'regalare' esperienze che io ho già fatto, in modo che diventi una brava persona, un valore che oggi si è un po' perso". (Ansa)




    Lochte 10 mesi di stop e 100 mila dollari di multa.
    Comitato olimpico Usa conferma squalifica, sospesi altri tre. Il comitato olimpico statunitense ha confermato la squalifica di 10 mesi per il nuotatore Ryan Lochte, che dovra' anche pagare 100 mila dollari di multa.
    Sospensione di quattro mesi per gli altri nuotatori americani coinvolti nei fatti di Rio: Gunnar, Bentz e Feigen.

    Brutte notizie per il campione di nuoto americano Ryan Lochte. La bravata di Rio de Janeiro insieme a tre suoi compagni di squadra gli costera' molto cara. Il comitato olimpico e la federazione di nuoto statunitensi hanno deciso una sospensione di 10 mesi. Il vincitore di 12 medaglie olimpiche non potra' così partecipare ai mondiali di nuoto di Budapest 2017.

    Lochte, mentre si trovava a Rio per gli ultimi Giochi olimpici, aveva raccontato di essere stato aggredito di notte in una stazione di servizio da alcuni sconosciuti che gli avevano puntato la pistola chiedendogli denaro. Un racconto ripetuto piu' volte anche davanti alle telecamere delle emittenti americane. Ben presto pero' la polizia brasiliana ha scoperto - anche grazie all'aiuto delle immagini delle telecamere a circuito chiuso - che la storia era stata inventata per coprire alcuni danni che Lochte e i suoi compagni Gunnar Bentz, Jack Conger e Jimmy Feigen avevano provocato in un bagno della stazione di servizio, con l'intervento di alcune guardie della sicurezza. Il comitato olimpico Usa era stato quindi costretto, di fronte alla rabbia e all'indignazione delle autorita' brasiliane, a chiedere scusa per l'episodio.
    (Ansa)




    Apnea,nuovo record mondiale Chiara Obino.
    Primato ottenuto a Villasimius, 75 metri di profondità. Un tuffo nelle acque davanti a Villasimius e poi giù fino a 75 metri di profondità: è il nuovo record mondiale di apnea in assetto costante sulle due pinne.
    Protagonista ancora una volta Chiara Obino, apneista di Cagliari: il primato è stato battuto questa mattina nel corso della giornata inaugurale di Profondamente Sardegna–Memorial Fabrizio Accorte, organizzato dalla scuola di apnea di Cagliari, BlueWorld con prove riconosciute dalla Fipsas, Federazione italiana pesca sportiva ed attività subacquee, dal Coni e dalla Cmas, la confederazione mondiale per le attività subacquee.
    Obino, 40 anni, dentista, si è tuffata alle 11.30. E ha battuto se stessa: il suo record personale a 71 metri era anche il primato mondiale. "Sono molto contenta - spiega all'ANSA - dietro c'è una grande lavoro di preparazione. Fisica, innanzitutto, ma anche mentale". Soddisfatta, ma non paga: "Vorrei - annuncia - portare questo record ancora più in basso". (Ansa)

    (Gina)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …

    Alla scoperta dell'arte e delle tradizoni



    MOSTRE


    RENOIR
    Dalle Collezioni del Musée d’Orsay e dell’Orangerie



    Per la prima volta in Italia, questa mostra riunisce una sessantina di opere di Pierre-Auguste Renoir (1841-1919), eccezionalmente prestate dal Musée d’Orsay e dall’Orangerie.
    Frutto di una storia lunga, a volte movimentata, nella quale l’artista è in qualche occasione intervenuto direttamente, queste collezioni sono tra le più ricche al mondo, e permettono di ricostruire nella sua completezza il percorso artistico di uno dei maestri dell’Impressionismo. La mostra invita a seguire Renoir attraverso i grandi temi che hanno attraversato la sua opera, dagli inizi nella Parigi degli anni sessanta dell’Ottocento, quando incontra Monet, Bazille, Cézanne, Degas, Pissarro e Manet, fino ai grandi nudi femminili degli ultimi anni, passando per i ritratti delle grisettes, le sartine di Montmartre, quelli dei suoi amici e familiari, i paesaggi e i fiori che celebrano la vitalità della natura, o ancora l’evocazione gioiosa e lirica dei balli e delle feste popolari.
    I capolavori qui raccolti testimoniano quanto, al di là dello stereotipo che troppo frequentemente lo identifica solo come pittore della spensieratezza e della gioia di vivere, Renoir fu un artista in perenne ricerca, sempre pronto a misurarsi con il nuovo; al tempo stesso, un impressionista che sconvolge le regole della rappresentazione, e un classico che ama la bella tradizione.
    Nessun’altra collezione al mondo è in grado di offrire una dimostrazione più eclatante di questo percorso di quella che le opere del Musée d’Orsay e dell’Orangerie permettono di presentare oggi a Torino.(www.beniculturali.it)


    La mostra torinese si articola in nove sezioni.

    L’età della Bohème Dopo l’ammissione all’Ecole des Beaux-Arts nel 1862, Renoir conosce e frequenta Alfred Sisley, Frédéric Bazille e Claude Monet, con cui soprattutto condivide sessioni di pittura en plein air a Fontainebleau o alla Grenouillère nei dintorni di Parigi. Sono di questo periodo alcuni suoi ritratti di conoscenti e amici: William Sisley (1864), Frédéric Bazille (1867), Claude Monet (1875), esposti in questa sezione con due opere dello stesso Bazille, il suo studio (1870) e un ritratto dello stesso Renoir (1867), e uno di Monet, un paesaggio invernale di Honfleur (1867 circa). Qui anche due dei primi nudi di Renoir, tra i temi più cari all’artista, Il ragazzo con il gatto (1868) e Femme demi-nue couchée: la rose (1872 circa).

    “Nous adorons les femmes de Renoir” (Proust)
    Si entra nel cuore della mostra con una galleria di meravigliosi ritratti femminili, dove davvero risulta difficile scegliere tra Madame Darras (1868 circa), La liseuse (1874-1876), Giovane donna con veletta (1870 circa), Madame Georges Charpentier (1876-1877), Femme au jabot blanc (1880), Giovane donna seduta (1909), sino al ritratto di Colonna Romano (1913). Renoir sceglie le sue protagoniste da ogni estrazione sociale: borghesi, operaie, ballerine, tutte rivestite da una grazia speciale e da un’impalpabile bellezza che rievocano i modelli femminili dell’arte settecentesca. Si può dire che Renoir inventi la donna dell’Ottocento, tanto da far scrivere a Proust: “Des femmes passent dans la rue, […] ce sont des Renoir”.

    “Le métier de paysagiste” (Renoir)
    La collezione di opere di paesaggio di Renoir del Musée d’Orsay è probabilmente la più bella al mondo. Questa sezione ne presenta dieci, che ripercorrono un esteso arco cronologico, comprendente il viaggio ad Algeri effettuato dall’artista nel 1881. Relative a questo soggiorno nordafricano troviamo esposte: Campo di banani, Paesaggio algerino e La moschea, dove Renoir dipinge palme baciate dal sole, giardini privati e orti dal sapore esotico. Le altre tele rappresentano splendide vedute dove si percepisce la grande attrazione del maestro per l’acqua, il verde e i giardini, fonte continua di ispirazione, per la crescita perenne delle piante e quella che definiva la loro intrinseca “irregolarità”, che considerava sacrosanta rispetto alla natura domata dall’uomo: Chiatte sulla Senna (1869), Il Pero d’Inghilterra (1870 circa), La Senna ad Argenteuil (1873), Il sentiero nell’erba alta (1876-1877), La Senna a Champrosay (1876), Il ponte della ferrovia a Chatou (1881) sino a Paesaggio a Cagnes (1915 circa), dipinto dalla celebre tenuta “Les Collettes” in Costa Azzurra, dove Renoir si rifugiò alla fine della sua vita per trovare un clima mite che lo curasse dalla grave patologia reumatoide che lo affliggeva. “L’ambiente circostante esercita su di lui un’influenza enorme – diceva di Renoir il fratello Edmond – si lascia trascinare dal soggetto e soprattutto dal luogo in cui si trova.” L’artista stesso diceva di apprezzare i dipinti “che mi fanno venir voglia di passeggiarci dentro”.

    Infanzia
    I bambini, spesso i suoi figli o figli di amici, sono molto presenti nell’opera di Renoir. Queste nove opere esposte fanno a gara con i ritratti femminili nel regalarci istantanee di volti infantili carichi di poesia: dal bellissimo pastello su carta Ritratto di ragazza bruna seduta, con le mani incrociate (1879), al dipinto Fernand Halphen bambino (1880) in un serioso ritratto abbigliato da marinaretto, dalla deliziosa Julie Manet (1887) a una tenera Maternità (1885), dal Ritratto del figlio Pierre (1885), come si diceva dalla collezione della GAM, a un altro delicato pastello Portrait de petite fille coiffée d’une charlotte (1900 circa), al celeberrimo Il clown (Ritratto di Coco) (1909), di cui lo stesso Claude, il figlio effigiato, ricorderà la tormentata genesi, dalla romantica Ragazza con il cappello di paglia (1908 circa) alla incantevole Geneviève Bernheim de Villers (1910).

    La “recherche heureuse du côté moderne” (Zola)
    Qui troviamo cinque opere dedicate a uno spaccato della società moderna e ai nuovi divertimenti dei parigini, dai balli alle escursioni in campagna: inarrivabile è La balançoire (1876) ovvero L’altalena, dove le magnifiche figure della donna, del giardiniere e della bambina accanto all’altalena si stagliano in un giardino dai colori vivissimi. I tocchi di colore stesi per piccole macchie rendono l’effetto della luce solare filtrata attraverso le foglie, creando un’atmosfera di vibrazione cromatica e luminosa, che ne fa una delle massime espressioni della pittura impressionistica en plein air. Da questo capolavoro, il grande scrittore Emile Zola – che incontrava Renoir nel salotto di Madame Charpentier, moglie del suo editore – trasse ispirazione per un brano del romanzo Una pagina d’amore, ambientato in un giardino primaverile. Altro incantevole ritratto femminile esposto è Alphonsine Fournaise (1879), mentre i celebri Ballo in campagna e Ballo in città (1883) ritraggono mirabilmente due coppie in momenti spensierati del loro tempo libero. Le Jeunes filles au piano Il celeberrimo capolavoro Jeunes filles au piano (1892) è stato il primo dipinto di Renoir a entrare nelle collezioni di un museo francese. Accanto ad esso è esposta un’altra splendida tela: Yvonne e Christine Lerolle al piano (1897-1898 circa) e due soggetti legati alla musica: il famoso ritratto di Richard Wagner, ritratto a Palermo nel corso di un memorabile incontro tra Renoir e il compositore tedesco, e quello di Théodore de Banville (entrambi del 1882).

    “Beau comme un tableau de fleurs” (Renoir)
    Piccola sezione di opere straordinarie: i bouquet di Renoir sono magistrali nella tecnica e nei colori, è uno dei temi dove l’artista sperimenta maggiormente. “Quando dipingo fiori – dichiarava – sperimento audacemente tonalità e valori senza preoccuparmi di rovinare l’intera tela; non oserei fare lo stesso con una figura.” La varietà di sfumature nei colori è davvero impressionante: Renoir gioca con la tavolozza, con pennellate morbide e delicate, evocando i profumi dei fiori che a loro volta rimandano a sensazioni e ricordi.

    “Le nu, forme indispensable de l’art” (Renoir)
    È una sezione capitale della mostra, con opere fondamentali nella carriera di Renoir, che aveva sempre manifestato un profondo interesse per l’arte italiana rinascimentale, ammirando le opere di Raffaello, Tiziano, e il barocco nordico di Rubens, da cui assimila le forme morbide e languide e un cromatismo pieno, che fanno parte della sua cifra stilistica riguardo al modo di trattare la figura femminile. “Guardo un nudo e ci vedo miriadi di piccole tinte. Ho bisogno di scoprire quelle che faranno vivere e vibrare la carne sulla tela” – affermava il pittore. In mostra, cinque tele spettacolari, tutte dipinte nell’ultimo periodo della sua vita, tra il 1906 e il 1917: Femme nue couchée (Gabrielle) (1906), Grand nu (1907), La toilette (Donna che si pettina) (1907-1908), Nudo di donna visto di spalle (1909), Odalisque dormant (1915-1917). E una imponente scultura in bronzo, l’unica opera plastica in mostra, Eau (La Grande Laveuse accroupie) (1917).

    L’eredità delle Bagnanti
    All’ultimo fondamentale capolavoro di Renoir, Le bagnanti (1918-1919), è dedicata la “chiusura” della mostra. Il quadro è emblematico delle ricerche effettuate dall’artista alla fine della sua vita. Qui vi celebra una natura senza tempo, da cui ogni riferimento al contemporaneo è bandito. Le bagnanti sono da considerarsi il testamento pittorico di Renoir. È in questo spirito che i suoi tre figli hanno donato il quadro allo Stato francese nel 1923. Le due modelle sdraiate in primo piano e le tre bagnanti sullo sfondo della composizione hanno posato nel grande giardino di ulivi a “Les Collettes”, la tenuta del pittore a Cagnes-sur-Mer nel Sud della Francia. Il paesaggio mediterraneo riporta alla tradizione classica italiana e greca, quando “la Terra era il paradiso degli dei”. “Ecco quello che voglio dipingere”, diceva Renoir. Questa visione idilliaca è sottolineata dalla sensualità delle modelle, dala ricchezza dei colori e dala pienezza delle forme. Queste figure devono anch’esse molto ai nudi di Tiziano e Rubens, tanto ammirati da Renoir. Fanno trasparire un piacere di dipingere che la malattia e le sofferenze del pittore alla fine della sua vita non hanno sconfitto.

    In mostra sono esposti anche gli strumenti di lavoro dell’artista: tavolozza, scatola di colori, pennelli, inseparabili attrezzi del grande maestro. Sino all’ultimo aveva lavorato alle sue Bagnanti, facendosi legare i pennelli alle dita ormai deformate dall’artrite reumatoide. Renoir muore il 3 dicembre 1919, ucciso da un’infezione polmonare; la sera prima di morire pronuncia queste parole: “Forse adesso incomincio a capire qualcosa”. Dopo neppure due mesi muore anche Modigliani, che Renoir riceveva spesso nel suo studio. Il mondo dell’arte perde così due straordinari interpreti.
    Accompagna la mostra una pubblicazione edita da Skira
    (www.gamtorino.it)



    FESTE e SAGRE






    STORIE ...DI MARE


    "Una colonna di luce gialla si sollevò dalla coperta squarciando l’aria per 1500 metri. Per un istante turbinò come una tromba d’aria e poi l’intera colonna di fuoco si allargò e si innalzò nel cielo in una gigantesca nuvola viola a forma di fungo. Erano esplose oltre 4000 tonnellate di tritolo"


    HALIFAX e la nave Monte Bianco


    Durante la Prima guerra mondiale, il Canada in quanto membro del Commonwealth britannico, contribuiva allo sforzo bellico inviando truppe, materiali militari ed esplosivi alle forze alleate dislocate in Europa.
    La cittadina di Halifax, proprio grazie al fatto di trovarsi sulle sponde dell'Oceano Atlantico, aveva l'importante funzione di principale porto marittimo per il traffico militare da e per l'Europa.
    Questa situazione, sommata al fatto di essere il principale porto d'ingresso per i nuovi immigrati, aveva portato la città di Halifax a godere di un vero e proprio "boom economico", con conseguente rapida crescita della città.
    In breve tempo, dallo scoppiare delle ostilità, il porto (strutturato per sopportare un limitato traffico navale), divenne il maggior punto d'attracco per la flotta mercantile alleata, situazione che portò in pochi mesi ad un vero e proprio sovraffollamento navale nell'area portuale, con conseguenti problemi di manovra per le unità alleate. Questo sovraffollamento divenne ancora più critico da quando, a partire dal 1917, venne organizzato in modo stabile il sistema di raggruppare le navi in convogli per poter contrastare più efficacemente l'attacco dei sommergibili tedeschi, e Halifax divenne il principale punto di concentramento delle navi e creazione dei convogli.

    Il 6 dicembre 1917, in Nuova Scozia, la nave francese del Monte Bianco sotto il comando del capitano Aimé Le MEDEC con un carico di esplosivo per la I guerra mondiale, che era in in corso in Europa, partì il 1° dicembre da New York con destinazione Halifax per poi procedere in Francia. La nave, contravvenendo alla regolamentazione sul traffico navale militare, aveva ammainato la bandiera di identificazione (che avrebbe permesso di determinarne il carico estremamente pericoloso), per evitare di essere bersagliata dagli U-Boot tedeschi che mesi prima avevano affondato svariate navi mercantili alleate. Ad Halifax, tuttavia, arrivò troppo tardi perché alla porta del porto erano presenti due anti-sommergibile che impedivano l'entrata e l'uscita delle navi da prevenire attacchi. Ciò impedì l'ingresso del Monte Bianco. Nello stesso momento la nave Imo, sotto il comando del Capitano Di Hakron, era in procinto di partire per New York, ma con un ritardo a causa di un problema nella fornitura di carbone, dovette sostare in porto. La mattina del 6, dal Imo partiva da un canale sulla destra, ma una nave bloccava la strada. Il capitano Hakron tentò un altro passaggio attraverso il canale a sinistra, mentre il Monte Bianco stava entrando nel canale. Le due navi si rifiutarono di ritirarsi anzi Le MEDEC ordinato alla sua nave da procedere. Il capitano Hakron cercò di fermare l' Imo, ma l'azione del motore a poppa della nave la portò al centro del canale dove avvenne una collisione. L'Imo cercò di effettuare "il tutto indietro" ma la manovra generò scintille che portarono rapidamente alla combustione dei vapori di benzene, conservati sotto il ponte della nave francese. Rendendosi conto che il fuoco era ormai fuori controllo, MEDEC ordinò l'evacuazione della nave, che fu subito eseguito ed in breve la "Mont Blanc" si trasformò in una nave fantasma alla deriva con in atto un devastante incendio.. Alcune navi militari presenti nella rada tentarono svariate azioni di soccorso e spegnimento dell'incendio, ma nessuna di queste fu in grado di riportare la situazione sotto controllo e, nel frattempo, la corrente marina aveva fatto muovere la "Mont Blanc" in direzione dell'area portuale e centrale della città di Halifax.
    Dopo la collisione e l'incendio scoppiato il Monte Bianco, si arenò sul lungomare di Halifax, dove una folla si radunò per guardare la nave in fiamme. Circa 20 minuti dopo la collisione, l'esplosione è stata inevitabile, alle 9.04min, la nave esplose con le sue 2.925 tonnellate di esplosivo. È stato calcolato che la potenza dell'esplosione sia stata di circa 3 chilotoni. Per effetto dell'esplosione, la nave "Mont Blanc" venne letteralmente polverizzata. (La forza dell'esplosione è stata così grande che il fisico J. Robert Oppenheimer, indicato come "il padre della bomba atomica", successivamente ha studiò l'evento al fine di stimare il potenziale danno delle armi nucleari). Una palla di fuoco che ha raggiunto quasi 1,6 km di altezza, simile al "fungo" formato da bomba atomica. L'esplosione devastò la zona circostante, rovesciando edifici, causò uno tsunami che distrusse gran parte di Halifax. Ad aggravare la tragedia fu il fatto che una bufera di neve stava colpendo la regione, quella notte, ostacolando di salvataggio e di soccorso.
    La tragedia provocò la morte di 2.000 persone, di cui circa la metà è morto all'istante. 9000 altre persone sono rimaste ferite e il danno è stato stimato a $ 30 milioni - nel 2005 sarebbe pari a circa $ 500 milioni. Circa 1,3 km² della città fu completamente distrutta e 25.000 persone persero le loro case. L'esplosione fu sentita a Charlottetown, situata 175 km a nord. L'ancora della Mont Blanc fu ritrovata a 3,78 km, un cannone a 5,5 km.

    I GABBIANI DI HALIFAX


    Tutte le mattine il cielo del porto di Halifax, nella Nuova Scozia, era rallegrato dai voli di centinaia di gabbiani che di quando in quando si posavano a riva e, sebbene con qualche diffidenza, si lasciavano avvicinare dagli umani che portavano loro del cibo. E così voleva fare James Mac Lean, un pensionato statale che nella grigia mattinata del 6 dicembra 1917 si era recato al porto. Ma quel giorno i gabbiani erano inspiegabilmente spariti. Una decina di minuti più tardi entrava nel canale attraveso il quale si accedeva al porto la nave Mont Blanc, proveniente da New York, mentre la nave norvegese Imo, carica di frumento, ne stava uscendo... I due piroscafi entrarono in collisione: la prua dell’Imo si conficcò nella chiglia della Mont Blanc...La collisione tra il Mont Blanc e l’Imo avvenne verso le nove, mentre James Mc Lean e altre persone presenti avevano visto i gabbiani volare con aria disperata in direzione dell’entroterra alle sette del mattino; e l’ultimo gabbiano che stridendo passò rasentando il terreno fu visto alle 7,25. In quel momento il Mont Blanc navigava verso il porto e l’Imo doveva ancora iniziare le manovre per uscire: quindi i gabbiani avevavo presentito la catastrofe con circa due ore di anticipo. Ed in effetti proprio di catastrofe si trattò. Le cronache del tempo così si esprimono in merito alla disastrosa vicenda: “Una colonna di luce gialla si sollevò dalla coperta squarciando l’aria per 1500 metri. Per un istante turbinò come una tromba d’aria e poi l’intera colonna di fuoco si allargò e si innalzò nel cielo in una gigantesca nuvola viola a forma di fungo. Erano esplose oltre 4000 tonnellate di tritolo: la più grande detonazione mai avvenuta fino ad allora sulla terra! Il Mont Blanc scomparve completamente: un pezzo dell’ancora del peso di mezza tonnellata fece un volo di cinque chilometri. Frammenti di lamiere dello scafo piovvero sulle case come proiettili… poi la morte avanzò rombando: alcune navi saltarono in aria, altre si capovolsero. L’immensa pressione provocata dallo scoppio provocò dei danni enormi anche sulla terra: interi quartieri crollarono, divamparono incendi in diversi punti della città e i vetri delle finestre andarono completamente in frantumi…Poi la gente invase il porto lanciando disperate urla di dolore. Un’orda impazzita avanzò inciampando e strisciando, molti avevano il viso insanguinato… Nell’isola del Principe Edoardo, distante oltre 200 km, si videro oscillare i lampadari e muoversi gli oggetti sopra i mobili, come se si fosse trattato di un terremoto”.
    Solo a tarda sera sulle coste intorno alla città sconvolta dall’immane tragedia tornarono i gabbiani. Tornarono con volo lento e silenzioso e andarono a posarsi sulla banchina, come se volessero accertarsi che il pericolo fosse davvero cessato.
    (tratto da “I poteri psichiici degli animali e delle piante” di Renzo Baschera)

    (Gabry)





    combinazioni-alimentari-ok
    vitaesalute.org

    Salute e Benessere



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    foto:benesserenergia.it

    Limone


    I limoni sono i frutti dell'albero di limone (Citrus limon) una pianta della famiglia delle Rutaceae. Alleati del sistema immunitario, favoriscono la digestione e aiutano la pelle a mantenere benessere e lucentezza.

    Proprietà e benefici dei limoni

    Come sappiamo, i limoni sono una preziosa fonte di vitamina C, la principessa delle vitamine, che sull'organismo umano ha un effetto indiscutibilmente benefico.
    Per difendersi dagli attacchi di influenza e raffreddore è particolarmente indicata, perché abbassa i livelli di istamina, composto organico che fa arrossare gli occhi e colare il naso. Ha inoltre un forte effetto antiossidante e aiuta l'organismo anche nella produzione di collagene, ovvero la sostanza che tiene unite tra loro le cellule e che partecipa alla guarigione da ferite o tagli.

    Il limone, per la ricchezza di antiossidanti in essi contenuti, è uno degli alimenti anticolesterolo per eccellenza, utile anche come anti-cancro.

    I limoni contengono anche altre sostanze, come limonina e limonene, che limitano i danni cellulari da cui può derivare la formazione di tumori. L'acido citrico e i citrati (sali) in esso contenuti sono dei naturali regolatori di acidità. Il gruppo delle vitamine B è importante per l'equilibrio nervoso, per la nutrizione e per l'equilibrio della pelle. I limoni hanno proprietà antisettiche, toniche, fluidificanti, emostatiche, carminative, vermifughe, alcalinizzanti.

    Calorie e valori nutrizionali dei limoni

    100 g di limoni contengono 11 kcal / 46 kj, mentre il succo contiene 6 kcal / 25 kj ogni 100 g.

    La composizione chimica del limone, invece, è:

    Acqua 89,50g
    Carboidrati 2,30g
    Zuccheri solubili 2,30g
    Proteine 0,60g
    Grassi 0
    Colesterolo
    Fibra totale 1,90g
    Sodio 2mg
    Potassio 140mg
    Ferro 0,10mg
    Calcio 14mg
    Fosforo 11mg
    Vitamina B1 0,04mg
    Vitamina B2 0,01mg
    Vitamina B3 0,30mg
    Vitamina C 50mg


    Alleati di
    Sistema immunitario, sistema nervoso, pelle, occhi, fegato


    Dicono di loro

    Il 'Divin Poeta' associò ai limoni l'aspro e crudo sapore della sua satira:

    "E poscia per lo ciel, di lume in lume
    ho io appreso quel che s'io ridico,
    a molti fia sapor di forte agrume."


    (Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto XVII, vv. 115-117)


    Curiosità sui limoni

    - Lemon tree è il titolo di un film diretto dal regista israeliano Eran Riklis (Zohar, La sposa siriana) in cui viene raccontata la storia di Salma, vedova palestinese che vive in un villaggio della Cisgiordania. Accanto alla sua casa si trasferisce il ministro della difesa israeliano e, per ragioni di sicurezza, viene dato l'ordine di abbattere il giardino di limoni che rappresenta il suo unico sostentamento e le sue stesse radici; la donna decide di reagire.

    Alla prima del film al Torino Film Festival, il regista ha rilasciato questa dichiarazione:

    Non esistono molti film dedicati ai giardini e alle piante, anche se in quelli che raccontano della situazione tra Israele e Palestina si tratta spesso il tema della devastazione del territorio e dello sradicamento degli olivi. Io però volevo usare una pianta differente, sempre molto presente nella nostra terra, ma che non desse, con la sua presenza, una connotazione così forte e pesante. Il limone è una pianta semplice e leggiadra, dai frutti bellissimi ma che praticamente non si possono mangiare e soprattutto non è carica del significato morale e storico che ormai viene dato all’olivo;

    - Lemon tree è anche il titolo di una canzone pop del gruppo tedesco Fool's Garden: il singolo scalò le vette delle classifiche internazionali nel 1996.

    - Il colore giallo del limone dipende dai bioflavonoidi, che appartengono al gruppo dei flavonoidi e sono composti che contengono flavoni.
    Il flavone è un pigmento naturale organico che dà colore a piante, fiori e frutti e deriva dall’aggettivo latino flavo (flāvu, dalla radice indo-europea bhel-), aggettivo che significa: "di colore giallo dorato, biondo".



    Una ricetta nella manica

    Il merluzzo al limone e zenzero è un piatto speciale e abbastanza semplice da preparare.

    Per 4 persone vi occorrono: 4 tranci di merluzzo, 60 g di zenzero dolce, 3 limoni grandi, 1 rametto di rosmarino, tabasco, olio extravergine di oliva, sale.

    Lasciate a marinare il pesce per circa 1 ora in una marinata che preparerete con olio, succo di limone filtrato e alcune fettine di zenzero. Pulite i tranci di merluzzo e poi lasciateli riposare un'ora nella marinata. Ora dovrete preparare la salsa di limone e zenzero: grattugiate lo zenzero fino ad ottenerne un cucchiaio, tritate finemente il rosmarino fino ad ottenerne un cucchiaio.

    Emulsionate zenzero e rosmarino con il succo degli altri due limoni, due cucchiai circa di olio, qualche goccia di tabasco e un pizzico di sale. Togliete i tranci dalla marinata, scolateli e cuoceteli solo per pochissimi minuti sulla griglia. Serviteli caldi, irrorandoli con la salsa di limone e zenzero.


    fonte:cure-naturali.it

    (Ivana)





    BALLIAMO!!!




    Pizzica




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    La pizzica (detta nella sua forma più tradizionale pizzica pizzica, informalmente taranta) è una danza popolare attribuita oggi particolarmente al Salento, ma tutt'oggi diffusa anche in un'altra regione della Puglia, la Bassa Murgia. Viene ballata, inoltre, in Basilicata (nel Materano); nella bassa Campania, precisamente nel Cilento, e in alcune zone della Sicilia. Fino ai primi decenni del XX secolo presente in tutto il territorio pugliese, assumeva nomi differenti rispetto ai vari dialetti della regione confondendola spesso con le tarantelle.
    Fa parte della grande famiglia delle tarantelle (ma molto più antica di essa), come si usa chiamare quel variegato gruppo di danze diffuse dall'Età moderna nell'Italia meridionale.


    La pizzica nella storia

    La prima fonte scritta, che oggi si conosca, risale al 20 aprile 1797 e si riferisce alla serata da ballo che la nobiltà tarantina offrì al re Ferdinando IV di Borbone in occasione della sua visita diplomatica nella città. Il testo parla di "pizzica pizzica" come di una "nobbilitata tarantella". Già dal XIX secolo la pizzica si è legata alle pratiche terapeutiche coreomusicali del tarantismo, ma è accertato che dal XIV sec. in poi musici e tarantolati hanno adoperato per curare e curarsi dal veleno di tarantole e scorpioni le danze locali del periodo, che si sono alternate, succedute, o adattate, lungo il corso dei secoli. Alcune di queste danze (moresca, spallata, catena, pastorale, ecc.) hanno avuto un'ampia circolazione ben oltre l'area pugliese e lucana, si ritrovano presenti in altre regioni europee. La pizzica pizzica, dunque, era essenzialmente una danza ludica dei momenti di festa e di convivialità sociale, ma veniva praticata durante i rituali terapeutici dai morsicati (veri o presunti) dalla tarantola Lycosa tarantula.
    Nella stessa area della pizzica pizzica si è continuata a praticare anche la tarantella, tant'è che oggi è difficile anche da parte degli anziani percepire la differenza tra le due danze, sia sotto l'aspetto musicale che coreutico. La pizzica è stata eseguita da molti strumenti musicali: dalla zampogna sino ai primi decenni del XIX secolo (nel Materano ancora oggi), da vari aerofani agro-pastorali, da violino e mandolino. La fondamentale scansione ritmica del ballo era determinata dal tamburello, dal cupa cupa (tamburo a frizione), dal triangolo, castagnole (oggi scomparse nell'uso della coppia, una per ciascuna mano del/la ballerino/a)) e da altri idiofoni rurali. Dagli ultimi decenni dell'Ottocento in poi si sono poderosamente introdotti negli organici strumentali della pizzica l'organetto prima e la fisarmonica dopo.

    Video

    (Lussy)





    SUMMER
    foto:quotesideas.com



    Le più belle località balneari italiane... e non solo...



    spiaggia
    foto:lucianabartolini.net


    La_Maddalena_1
    foto:ondetour.net

    La Maddalena

    La cittadina si sviluppa sulla costa meridionale dell'isola di La Maddalena, la più estesa dell'arcipelago davanti alle coste galluresi. La Maddalena fu fondata nel 1770 nell'area occupata da un borgo di pescatori, e da quel momento attirò le attenzioni di celebri condottieri per via della sua posizione strategica fra la Sardegna e il continente italiano. Primo fra tutti Napoleone Bonaparte, che nel 1793 tentò inutilmente di sbarcare nell'isola, o l'ammiraglio Nelson, che stazionò con la flotta inglese nel 1804 prima della battaglia di Trafalgar. Collegata con Palau tramite linee di traghetti la cui traversata dura circa 15 minuti, La Maddalena è una ordinata e soleggiata cittadina che attrae ogni anno un alto numero di visitatori. Il centro abitato si sviluppa intorno a piazza Garibaldi, animata da caffè e locali. Da qui si può raggiungere il centro storico, in cui si alternano scalinate e vicoletti.

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    foto:mapio.net

    Vicino a via Vittorio Emanuele, dove svetta una colonna in granito dedicata a Giuseppe Garibaldi, si trova il porto peschereccio e turistico di Cala Gavetta, in cui si apre la piazza XXIII Febbraio 1793, che commemora l'eroica difesa dei maddalenini dagli attacchi napoleonici. Da piazza Umberto I, raggiungibile dal lungomare, si raggiunge il quartiere di Moneta, vivace borgo di pescatori servito dal ponte che si collega all'isola di Caprera.

    cala_gavetta
    foto:lamaddalena.it
    Il fascino del mare caratterizza ogni angolo della cittadina, fra palazzi ottocenteschi e vicoli lastricati. Il porto di Cala Gavetta chiude l'abitato a occidente regalando un affascinante scorcio urbano, mentre il museo archeologico navale Nino Lamboglia è dedicato all'archeologia subacquea.


    CalaLungaPortoMassimo
    foto:lamaddalenatour.it
    Percorrendo la strada panoramica che costeggia i litorali per circa 20 chilometri si possono attraversare zone panoramiche indimenticabili. Il centro si veste a festa in occasione della festa patronale di Santa Maria Maddalena fra il 20 e il 22 luglio, invasa dai profumi della frittura di pesce a Cala Gavetta. Da evidenziare inoltre, ogni anno, il vivacissimo Carnevale.


    lamaddalena
    foto:obiettivocasa.net

    La Maddalena è la maggiore delle isole che compongono l'omonimo arcipelago che si trova di fronte alle coste della Gallura: a questa, unica abitata stabilmente fin dalla fondazione avvenuta nel 1770, si uniscono Caprera, raggiungibile attraverso il ponte del Passo della Moneta, e Santo Stefano a sud, mentre Budelli, Razzoli, Spargi e Santa Maria sono situate a nord ovest. Dal 1996 l'arcipelago, per la bellezza delle coste e del mare nonché per l'integrità dell'ambiente naturale, è stato qualificato come Parco Nazionale. Le coste dell'Isola, lunghe circa 45 km, sono costituite prevalentemente da graniti e porfidi che delimitano tratti frastagliati e spesso difficilmente accessibili. Nell'articolata configurazione costiera risiede gran parte della sua bellezza: insenature e cale da cui è possibile ammirare panorami mozzafiato. Il paesaggio, davvero suggestivo, si può ammirare anche lungo la strada di Spalmatore, che in 20 km consente di percorrere il perimetro dell'Isola toccando punti da cui, a seconda della posizione, si può vedere il profilarsi delle coste dell'arcipelago, della Sardegna e della Corsica. L'entroterra dell'Isola è caratterizzato da dolci rilievi collinari che raggiungono la massima altezza con i 146 metri del Colle Guardia Vecchia.

    guardiavecchialuogo
    foto:guardiavecchia.net

    Il Forte ‘San Vittorio’, oggi conosciuto come ‘Guardiavecchia’, sito nella zona più alta di La Maddalena (159 mslm), fù costruito per proteggere tutte le altre batterie dell’isola. Era dotato di piccoli magazzini per viveri e polveri. Sin dalla fine del XVIII secolo fu utilizzato come prigione dove fu rinchiuso il notaio Vincenzo Sulis. Nel 1887 subì delle trasformazioni e sino al 2000 fù adibito a Centro Telecomunicazioni della Marina Militare.
    Attualmente è un presidio militare della Guardia Costiera che opera come Centro di Controllo V.T.S. (Vessel Traffic Service) in cui si monitorizza il traffico mercantile nelle Bocche di Bonifacio e gran parte dell’area del mediterraneo centrale. Il Servizio è collegato direttamente con il Comando Generale delle CC.PP. Guardia Costiera di Roma, al quale fornisce tutte le informazioni.

    Guardiavecchia, è anche una stazione meteorologica di riferimento per il servizio meteorologico dell’Aeronautica Militare e per l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia, relativa all’arcipelago della Maddalena. La stazione meteo è localizzata con le coordinate geografiche Lat. 41° 13′ 12″ Nord – Long. 009° 24′ 00″ Est.
    fonte:guardiavecchia.net



    A lungo base navale della Marina Militare Italiana, la popolazione ha convissuto con la presenza di militari italiani e americani. La strategica posizione nel Mediterraneo, comunque, attrasse l'attenzione anche di Napoleone Bonaparte e dell'Ammiraglio Nelson. Tutt'ora cattura l'attenzione di quanti apprezzano la sua straordinaria bellezza naturalistica e il suo pittoresco centro abitato. Qui ci si può inoltrare negli stretti vicoli lastricati su cui si affacciano palazzi del Settecento, o passeggiare nel suo centro storico dove si trova la parrocchiale di Santa Maria Maddalena. E'possibile anche visitare il porto turistico di Cala Gavetta, situato ad ovest, nei cui pressi si innalza una colonna granitica, realizzata agli inizi del Novecento che raffigura l'effigie di Giuseppe Garibaldi.

    12x3
    foto:sardegnahouse.com

    Come arrivare
    Al porto di Palau, in provincia di Olbia Tempio, ci si imbarca per La Maddalena; la traversata ha una durata di 20 minuti circa. Dal porto di Santa Teresa di Gallura, dove non esistono compagnie di navigazione che compiano la traversata, ma è possibile partire con imbarcazioni private.


    fonte:sardegnaturismo.it

    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...


    "Inspiegabili emozioni suscitano luoghi solitari
    e congiunti tra la salsedine del mare ed il freddo vento che spira ...."


    IL FARO DI CAPO GALLO



    Il Sentiero dei Cavaddari, a Barcarello, già noto nel 1600, negli anni è scomparso. Fu realizzato per esigenze
    militari per permettere ai cavaddari, guardie a cavallo, di controllare la zona e dare l'allarme con fani (segnali di fumo) e borgne (grosse conchiglie che emettevano suoni), le torri di avvistamento di Malopasso, nei pressi di Capo Gallo, e Sferracavallo. A Capo Gallo, in Sicilia, vi è un faro che anticamente veniva chiamato “lanterna”, il suo ruolo era quello di segnalare alle navi in arrivo la presenza dei due Golfi: Mondello e Sferracavallo. Costituito da una torre centrale addossata ad un edificio bianco, fu costruito nel 1854 e rappresentò per quasi un secolo un insostituibile riferimento per tutte le imbarcazioni che transitavano, essendo ben visibile ai naviganti fino ad una distanza di 23 km dalla costa. Il complesso del faro sorge su uno dei punti più strategici della costa settentrionale di Monte Gallo. Le stanze che circondano la torre centrale in passato servivano per ospitare i tecnici e gli ufficiali della Marina Militare che si alternavano alla vigilanza del mare. Esternamente è presente un cortile dove si trovava un profondo pozzo che serviva come approvvigionamento di acqua potabile. Alle spalle del complesso furono edificate delle spesse mura con lo scopo di proteggere il faro dai distaccamenti di roccia dalle pareti poco compatte del promontorio, che rotolano pericolosamente fino a raggiungere il mare sottostante.

    Oggi il faro è abbandonato al suo destino, corroso dalla salsedine, dai forti venti e dal passare incessante del tempo; questa struttura attende da troppo tempo il recupero e la creazione di una stazione di biologia marina, per poter osservare uno dei pochi tratti marini più integri della costa siciliana.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    GOSSIPPANDO!!!




    Cristian Gallella e Tara Gabrieletto di Uomini e Donne si sono sposati in comune




    tara-gabrieletto-e-cristian-gallella-di-uomini-e-donne


    Cristian Gallella e Tara Gabrieletto di Uomini e Donne si sono uniti in matrimonio mediante rito civile il 30 agosto! L’ex tronista e l’ex corteggiatrice della famosa e popolare trasmissione pomeridiana di Canale 5 sono da ieri ufficialmente marito e moglie! Il ricevimento nuziale si terrà il 2 settembre. La bellissima notizia è stata ufficializzata ieri dal forum di Tara Gabrieletto con un post su Facebook: “A volte è giusto che le parole lascino spazio ai fatti, alla concretezza… ed oggi accadrà proprio questo… Tara e Cristian porranno quel sigillo indelebile che fortificherà ancor di più il loro amore. Noi con voi sempre”.

    fonte:http://gossip.pourfemme.it/


    (Lussy)





    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...


    Calceolaria uniflora


    La Calceolaria appartiene alla famiglia delle Plantaginaceae e comprende piante perenni, annuali o biennali originarie delle foreste delle Ande dell'America meridionale.Esistono circa 400 specie di Calceolaria tra le quali vi è la Calceolaria crenatiflora, molto importante in quanto è la progenitrice della maggior parte degli ibridi. Charles Darwin le scoprì i durante un'esplorazione in Sud America tra il 1831 ed il 1836. Questa particolare specie perenne, cresce nella Terra del Fuoco si adatta ai climi freddi dell'area.
    Il nome Calceolaria deriva dal latino calceolus «pantofola» per la particolare forma del fiore. E' imparentato alla lontana con Foxglove e Gesneriads.
    Si presentano con foglie opposte di aspetto diverso a seconda delle specie, pelose e dentellate. La loro particolarità sono i fiori, composti da due petali uniti alla base, gonfi, a borsa, di colore giallo, rosa o rosso in varie tonalità e variamente punteggiati. I fiori sacchetto sono alti circa 2 cm, e sono sospesi a 4-5 pollici di altezza dagli steli. Hanno una banda bianca che attraversa la "bocca" aperta, con le marcature bordeaux sopra e sotto di esso. Questa piccola parte bianca serve all'impollinazione; a una specie locale di uccelli piace mangiare la parte bianca delle fioriture. Nel corso del tempo la pianta si moltiplica in una piccola colonia.

    (Gabry)

     
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