Paralimpiadi Rio 2016

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    Paralimpiadi Rio 2016


    La serata di cerimonia nello stadio Maracanà di Rio de Janeiro ha dato il via ai Giochi Paralimpici 2016. L’evento sportivo più importante al mondo per gli atleti con disabilità, dove parteciperanno anche 101 italiani, vedrà protagonisti 4.350 atleti provenienti da 176 nazionalità diverse che si sfideranno fino al 18 settembre in un totale di 528 gare di 23 discipline. “Questi atleti ci ispirano con la loro passione”, ha detto presidente del Comitato olimpico brasiliano Carlos Arthur Nuzman, durante la festa di apertura delle prime Paralimpiadi tenute in Sudamerica.


    Emozioni e spensieratezza alla cerimonia di apertura delle Paralimpiadi di Rio 2016. Tra samba e colori ha preso il via la 15esima edizione dei Giochi degli atleti disabili. Lo spettacolare show, presentato da oltre 2mila performer brasiliani, ha illuminato lo stadio del Maracanà con acrobazie e emozionanti coreografie. Come l'esibizione dell'atleta in sedia a rotelle Aaron Wheelz che si è lanciato in un incredibile salto in un anello infuocato, e la composizione-puzzle a forma di cuore che ha chiuso la cerimonia

    L’evento inaugurale, che si svolge 18 giorni dopo la chiusura dei Giochi Olimpici di Rio 2016, ha coinciso con la celebrazione dell’Indipendenza del Brasile. Nonostante i timori iniziali, i Giochi Paralimpici in questi ultimi giorni hanno generato un notevole interesse nel pubblico, in particolare quello brasiliano. Secondo gli organizzatori dell’evento, fino a pochi giorni fa, 1,5 milioni dei 2,5 milioni di biglietti disponibili sono stati venduti.

    L’ex campionessa Malsar caduta nel percorso con la torcia olimpica - La cerimonia ha celebrato le Paralimpiadi attraverso alcune storie di realizzazione e di successo di atleti con disabilità, in combinazione con motivi coreografici carioca, balli di artisti disabili e moderne tecnologie. La torcia olimpica è stata trasportata all’interno dello stadio da diversi atleti, come è tradizione, per accendere il tripode che simboleggia lo spirito olimpico. La ex campionessa brasiliana Marcia Malsar, la prima campionessa paralimpica del Brasile nel 1984, già con molti problemi per camminare per la sua età avanzata, è caduta durante il percorso con la torcia, forse anche a causa della pioggia che cadeva su Rio, ma si è rialzata con le sue forze per continuare a portare la torcia nel tripudio del pubblico presente. Simbolicamente, il gesto di accendere il braciere olimpico è toccato al nuotatore sulla sedia a rotelle Clodoaldo Silva con una grande scala, che si è aperta meccanicamente per creare una rampa. Uno spettacolo pirotecnico ha infine chiuso la cerimonia dopo quasi quattro ore. Solo il nuovo presidente del Brasile, Michel Temer, si è preso dei fischi dal Maracanà quando ha preso la parola per dichiarare ufficialmente aperte le Paralimpiadi. Il presidente brasiliano, da tempo al centro di una crisi politica, era già stato fischiato in occasione delle Olimpiadi un mese fa.

    Balli, colori e canti, per sancire l’inizio dell’avventura paralimpica, con un pizzico di polemica: la Bielorussia ha infatti sfilato con, in coda, la bandiera della Russia, esclusa per la vicenda del doping di Stato. Secondo i media russi, la persona che ha sventolato la bandiera russa è Andrei Fomochkin, direttore del centro bielorusso di preparazione olimpica per l’atletica. Per la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, Fomochkin è un eroe. “Ha dimostrato solidarietà con le persone vergognosamente trattate in modo disumana nel non poter competere alle Paralimpiadi”, ha detto all’agenzia di stampa Interfax.


    “Paralimpiadi? “Vetrina mondiale per abbattere i pregiudizi” – “I Giochi Olimpici non sono solo un grande momento di sport e di competizione ma anche, e soprattutto, una straordinaria occasione di riflessione per abbattere barriere e pregiudizi e creare un clima di amicizia e di rispetto dei diritti di tutti”. Così Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, in occasione dell’apertura delle Paralimpiadi a Rio. “Questo evento rappresenta – ha detto ancora – l’essenza stessa di fraternità e di solidarietà dove lo sport è occasione unica per superare se stessi, le proprie paure e i propri limiti. E’ una grande ispirazione quella che questi atleti ci donano. Un’ispirazione che ci dice che è con la volontà e con la forza di spirito che ciascuno ha dentro di sé che le difficoltà possono essere superate, ricordando sempre che non è importante non cadere ma è importante sapersi rialzare. Insegnamento che ogni giorno, nel fare il proprio lavoro, gli assistenti sociali verificano e mettono in pratica”.


    Paralimpiadi 2016, Vervoort choc: "Vinco l'oro, poi mi uccido"


    La bi-campionessa olimpica di Londra disputerà la sua ultima Paralimpiade a 37 anni, ma la malattia non la lascia in pace: “Penso all'eutanasia, non voglio vivere come un vegetale”

    Si può essere grandi atleti ma convivere con il dolore, non dormire la notte, non riuscire a fare quei piccoli gesti quotidiani che per i normo dotati sono la routine necessaria a vivere. Marieke Vervoort sta per disputare le sue ultime Paralimpiadi a 37 anni, dopo due medaglie – oro e argento a Londra su 100 e 200 metri – e 5 titoli mondiali. Una sprinter su carrozzina paragonabile a Usain Bolt, per intenderci. Che a Rio 2016 punta ancora alla medaglia. Ma questa è la dura realtà delle Paralimpiadi, di atleti diversamente abili, persone, uomini che hanno reagito alla sfortuna della vita non volendo arrendersi ad una malattia o ad un incidente. E’ un'esistenza particolare, difficile, diversa dalle altre. E poi i riflettori, su Bolt ci sono sempre, basta che corra o si faccia un selfie con una sconosciuta dopo una serata di festa, invece gli atleti paralimpici salgono agli onori della cronaca ogni 4 anni, un po’ come il curling o il tiro con l’arco alle Olimpiadi.

    Nessuno sa, però, che questi esseri umani non combattono solo sulla pista di atletica, ma anche nella vita, con le loro menomazioni, i loro problemi, ritagliandosi un modo di vivere basato sulle esigenze nate da una disabilità perenne. E così Marieke è giunta al suo ultimo atto, quella carrozzina, quella pista, due entità che riescono darle sollievo da una terribile malattia degenerativa che l’ha colpita alla tenera età di 14 anni. Un gonfiore al piede, poi i dolori alle ginocchia e a soli 20 anni la sedia a rotelle, la sua amica di una vita. Dopo 17 anni in cui anche per cambiarsi i vestiti è servito un assistente, dopo anni di aiuti medici e di cure 4 volte al giorno quando i dolori sono insopportabili, anche l’unica evasione per Marieke è giunta al termine. Farà i 100 e i 400 metri nella categoria T52, sogna di chiudere con un podio, perché anche fare l’atleta è difficile quando durante alcune notti "dormi solo 10 minuti". E una volta chiusa la carriera agonistica? C’è la vita, quella dura, quella afflitta da una malattia canaglia che riduce l’esistenza ad un immobilismo impossibile da digerire per chi sfreccia veloce come il vento assieme alla sua carozzina. Troppo per la Vervoort, troppo dolore, troppa sofferenza, e se il progredire della sua malattia dovesse portarla ad uno stato vegetativo Marieke ha deciso cosa fare: “Sto pensando all’eutanasia, non voglio vivere in uno stato vegetale”. Carte già firmate, e se dovesse prendere l’estrema decisione niente funerale, niente chiesa: “Solo una coppa di champagne e che il mondo dicesse: Marieke ha avuto una bella vita, ma adesso non soffre più”.
     
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