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BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …
Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 028 (11 Luglio – 17 Luglio 2016)
BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …
Lunedì, 11 Luglio 2016
S. BENEDETTO, S. OLGA, S. FABRIZIO
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Settimana n. 28
Giorni dall'inizio dell'anno: 193/173
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A Roma il sole sorge alle 04:46 e tramonta alle 19:45 (ora solare)
A Milano il sole sorge alle 04:46 e tramonta alle 20:11 (ora solare)
Luna: 11.55 (lev.) 23.46 (tram.)
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Proverbio del giorno:
Il giusto pecca sette volte al giorno
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Aforisma del giorno:
Io sono un uomo: non considero nulla
che sia umano estraneo a me
(Terenzio)RIFLESSIONI
... LA FIABA DEL TRENINO …
... C’era una volta un gruppo di farfalle che viveva vicino ad un fiume. Le farfalle avevano per amiche coccinelle e libellule. Tutte insieme sognavano che un giorno avrebbero fatto un bel viaggio tra i paesi della loro valle; desideravano scoprire le storie più belle degli abitanti dei borghi, sentire dalle loro voci i racconti e le fiabe che iniziavano sempre con: “C’era una volta…”.
Ma non avevano ancora trovato un modo per poterlo fare tutte insieme; le farfalle svolazzavano veloci, le libellule si lanciavano in cielo, ma le coccinelline non riuscivano mai a stare al loro passo. Un giorno, camminando vicino al fiume un ragazzo si mise ad ascoltare le loro storie e i viaggi che le farfalle, le libellule e le coccinelle speravano di fare. -Io ho un’idea per aiutarvi!, disse il ragazzo.
Potremmo prendere un carretto ed io potrei spingervi fin dove desiderate. Conosco molto bene questa valle, passeggio tutti i giorni per questi boschi insieme al mio cane San Bernardo, potrei portarvi a conoscere nuovi amici, nascosti tra gli alberi più fitti, e ad annusare gli odori e i profumi che solo il bosco può regalare. -Sarebbe meraviglioso! Ma con un carretto faresti troppa fatica. Potremmo invece pensare a qualcosa di diverso, di magico, che nessuno in queste valli ha ancora visto, disse la farfalla arcobaleno. -Certo, ribatté la falena viola, qualcosa di divertente, in modo che anche i bambini possano venire ad ascoltare storie fantastiche. - Sì, conosco la persona che potrebbe aiutarci, le piace tantissimo leggere e chissà quante fiabe è in grado di raccontarci, disse emozionato il ragazzo.
E fu così che il giovane raccontò a sua moglie dell’incontro che aveva avuto e dell’idea di poter viaggiare per la valle alla scoperta di tutto quello che così, con una prima occhiata fugace e frettolosa, non si riesce mai a vedere. Bisognava però risolvere il problema di come riuscire a spostare le amiche volatili tutte insieme e di come poter accompagnare i bambini al limitare del bosco per ascoltare le storie. Ci voleva il mezzo adatto, piccolo ma soprattutto abbastanza lento da poter consentire ai bambini di vedere tutto con una certa calma. I giorni passarono, arrivò il primo freddo invernale; ormai nessuno pensava che il giovane avrebbe trovato una soluzione quando invece ebbe un’idea tanto improvvisa quanto fantastica! Un treno! Anzi un trenino! Non stava pensando al classico trenino su rotaia, quello c’era già. Aveva in mente un trenino su gomma, piccolino, con solo due vagoncini.
Ma doveva essere colorato, dinamico, divertente, allegro, spiritoso, guidato da un autista altrettanto gioioso e sorridente. L’idea cominciò a delinearsi sempre più; la giovane moglie, prima scettica e poi sempre più convinta, parlò con le farfalle e le libellule. Le amiche, insieme anche alle piccole coccinelle, decisero che tutti nel bosco si sarebbero impegnati per regalare ai bambini della valle il più bel dono di Natale che avrebbero potuto desiderare. Non solo, sarebbe stato il più bel regalo mai ricevuto anche per gli animali stessi. E così i due giovani iniziarono a girare alla ricerca della locomotiva perfetta.
La trovarono e la chiamarono Dottolina, in onore della grande fabbrica che l’aveva costruita. Furono realizzati presto due vagoncini rossi e marroni come la locomotiva, piccoli ma abbastanza grandi da scarrozzare in giro tutti i bambini. Le coccinelle non potevano credere ai loro occhi quando gli abitanti dei borghi si meravigliarono a sentire il suono inconfondibile del trenino; le farfalle svolazzavano sopra la locomotiva sorridendo alle volpi e alle lepri, i conigli non vedevano l’ora di salire a bordo insieme ai bambini per sentire la loro storia preferita: “La fiaba del trenino”.
Da allora sono passati solo sei anni, Dottolina continua a girare per le valli e tanti bambini sono ancora felici di fare un giretto sul trenino, in compagnia di quel giovane sorridente che ha avuto un’idea magica e ha creato una storia fantastica perché ci ha messo tutto il suo cuore.
(dal web)
… Non parlo mai di tragedie, o meglio quando lo faccio poi mi pento perchè in questo luogo vorrei parlare di cose belle, di carezze; oggi uso questa fiaba per parlare di treni … la cronaca ci ha dato molto da parlare di treni e tregedia … questo è il mio modo di ricordare e dare una carezza ed un pensiero a ciò che è accaduto ieri … Buon Luglio amici miei … (Claudio)
Il treno
Il treno corre
dentro la valle.
Attraversa una giornata
splendida e duratura.
Al cellulare
mi racconti
dei tuoi piani
per noi due,
ed io ti ascolto
mentre guardo dal finestrino
il paesaggio:
i riflessi sul fiume,
i cipressi,
i casolari distanti.
Buio.
Un colpo.
Una galleria.
La tua voce scompare
dal palmo della mia mano.
Fuori dal vetro
il nero assoluto.
Il nulla.
Guardo dentro la carrozza
per la prima volta.
Sono solo.
Come mai?
Poco fa,
credo di ricordarmi,
c’erano altri.
Quando sono scesi?
Dove sono andati
tutti?
Cerco in fretta
di rifare il numero
ma ormai non c’è campo.
Quando tornerà?
Fuori dal treno
dalle tenebre
viene un rumore
assordante
di ferro che taglia l’aria,
di aria che taglia roccia.
Dentro il mio vagone
le luci balenano
e poi si spengono.
Ora ci sono io
e quel ruggito nel buio.
Dentro il mio corpo
gli organi faticano.
I treni
quando penetrano la montagna
spariscono per sempre.
I treni
quando perdono i freni
non si levano in volo.
(Dal web)CAREZZE AL RISVEGLIO
... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
POESIE A TEMA
Poesie e racconti sulla Estate …
Grano e pane
Il grano verde diventato giallo
ondeggia all'aria come un mare d'oro:
rossi, come rametti di corallo,
i papaveri adornano il tesoro.
O mietitori, all'opera! Ecco la messe
che deponeste nella terra scura
tra zolle arate, ricche di promesse.
Ecco la messe provvida e sicura!
Benedetta la terra ai grani amica
E benedette le fatiche umane
che accompagnano il crescer della spica
e benedetto il grano che dà pane.
(Edvige Pesce Gorini)
FAVOLE PER LA NINNA NANNA …
Miky, il cane pastore
C’era una volta un pastore che aveva un bellissimo ovile. In quell’ovile vivevano cento pecore pregiate, che ogni giorno si recavano al pascolo dirette dall’abilissima Lela, un cane eccezionale.
C’era però anche Miky, un cucciolone che seguiva sempre il gregge e imparava da Lela i preziosi trucchi del mestiere.
Ma un giorno Lela, stanca e demotivata, se ne andò improvvisamente, lasciando il pastore solo con le sue pecore.
“E adesso che cosa farò?” diceva quell’uomo preoccupato. “A chi affiderò gli agnelli che hanno bisogno di una guida per raggiungere il pascolo? Non basto io!”.
Un mattino all’alba, non avendo dormito tutta la notte perché tormentato da mille pensieri, il pastore raggiunse un punto della montagna, circondato da un panorama mozzafiato, in cui spesso si trovava solo a riflettere. E lì come per incanto si ricordò di un episodio che lo aiutò a risolvere quel problema apparentemente senza soluzione.
Rivide, in una magica sequenza di immagini, Miky alle prese con la pecorella più cocciuta del gregge, che non voleva mettersi in fila e si fermava continuamente a brucare l’erba del sentiero. Miky le si avvicinò, iniziò ad abbaiare con decisione e senza troppa fatica la ricondusse nel gruppo.
Il pastore si destò dal sogno ad occhi aperti e corse a casa colmo di entusiasmo. Raggiunse la cuccia di Miky, lo chiamò e abbracciandolo gli disse: “Caro Miky, sarai tu il nuovo conduttore del mio gregge, affiderò a te gli agnelli pregiati affinché tu possa insegnare loro come raggiungere al meglio i pascoli più lontani.”
Miky se stava senza parole… ehm, senza abbaiare…. era felicissimo perché il pastore si fidava di lui.
Arrivò il giorno tanto atteso e tanto temuto, Miky doveva mettere in fila il gregge da solo: le pecore adulte davanti, insieme al pastore, e gli agnelli inesperti dietro. Molte pecore però non erano contente e borbottavano: “È troppo giovane, non ha esperienza, non mi fido a lasciargli gli agnelli, ci sono troppi pericoli!”. Altre invece le rassicuravano: “Vedrete che saprà cavarsela molto bene!”.
E fu proprio così. Miky si impegnò moltissimo, aveva capito che per condurre al meglio le pecore non era sufficiente indicare soltanto il cammino, ma era importante condividere con loro fiducia, affetto e responsabilità.
Intanto gli agnellini crescevano, crescevano… e imparavano tanto!
(Mirko Montini)
ATTUALITA’
Scoperta una nuova specie di orchidea con 'cuore demoniaco'.
Il suo pistillo ricorda il volto del diavolo. E' rarissima. Scoperta una nuova e rarissima specie di orchidea in Colombia, il cui pistillo, circondato da petali screziati di venature violetto-rossastre, ricorda nella forma il volto del diavolo. Una somiglianza così spiccata che le ha fatto meritare il nome di Telipogon diabolicus.
A individuarla i ricercatori polacchi Marta Kolanowska e Dariusz Szlachetko, dell'università di Gdansk, il cui lavoro è pubblicato sulla rivista Phytokeys. Si tratta di un unico gruppo di 30 orchidee, che crescono solo su un piccolo fazzoletto di terra ai confini tra due province colombiane.
Visto l'habitat limitato ad una sola popolazione di fiori nelle foreste del sud del Paese, tra Putumayo e Narino, questa 'diabolica' orchidea è stata inserita tra le specie a rischio di estinzione nella lista rossa dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn). Il suo stelo misura dai 5,5 ai 9 centimetri di altezza.
Anche se può essere confusa con altre specie, ha alcune caratteristiche che la fanno risaltare facilmente: oltre al volto demoniaco nascosto in mezzo ai suoi colori, gli stessi petali sono dotati di artigli. Un tratto che finora non era stato riscontrata in nessun'altra specie colombiana del genere.
''Nel più recente catologo delle piante colombiane, sono presenti quasi 3600 specie di orchidee che rappresentano circa 250 generi - sottolineano gli autori - Tuttavia, non c'è dubbio che centinaia di specie presenti nel paese siano ancora da scoprire. Solo nel 2015 oltre 20 novità sono state individuate e pubblicate sulla base del materiale raccolto in Colombia''.
(Ansa)
Brexit: il gatto Larry restera' a Downing Street.
Incaricato di dar la caccia ai topi, è 'funzionario dello Stato'. Il gatto Larry resterà a Downing Street, malgrado i Cameron, la famiglia con cui vive dal 2011, si preparino domani a sbaraccare dal civico numero 10 per far posto a Theresa May e consorte.
La precisazione, ripresa dal Guardian, arriva direttamente dallo staff del governo: Larry, incaricato di dar la caccia ai topi nella residenza del primo ministro britannico, non è un animale privato di David e Samantha Cameron e dei loro figli, ma e' "un impiegato dello Stato", come ha tenuto a puntualizzare un portavoce.
Prelevato 5 anni fa nella casa per cani e gatti di Battersea, a Londra, Larry fu scelto per il ruolo grazie al suo "forte istinto predatorio". La sua nomina riprese una tradizione interrottasi nel 1997 con il gatto Humphrey, ultimo cacciatore ufficiale di topi a Downing Street.
In seguito il compito era stato affidato a Sybil, gatto privato del cancelliere dello Scacchiere pro tempore Alistair Darling. Ma Sybil non si era ambientato e nel 2007 era stato rispedito in Scozia, lasciando l'incarico vacante: fino, appunto, all'avvento di Larry.
(Ansa)
Minority Report, arriva serie Spielberg.
Su Fox, ambientata nel 2065, tra visioni e Lou Reed un classico. Visioni, un sistema di sicurezza alla Orwell, Lou Reed considerato sempre un classico anche nel 2065 e i Simpson arrivati alla 75/a stagione: il futuro secondo Steven Spielberg. Minority Report, la nuova serie tv firmata da Spielberg e Max Borenstein, adattamento e sequel televisivo dell'omonimo romanzo di Philip K. Dick e del film del 2002, arriva in Italia in prima visione assoluta dal 13 luglio, il mercoledì alle 21.00 su FOX (canale 112 di Sky).
La serie tv è ambientata a Washington nel 2065, a dieci anni di distanza dagli eventi narrati nel film e dalla chiusura dell'Unità Pre-Crimine: un'agenzia fondata sui precogs, tre fratelli adolescenti in grado di prevedere i crimini prima che vengano commessi. Dash (Stark Sands), uno dei precogs, decide di collaborare con la polizia e la detective Lara Vega (Meagan Good) per dare un senso alle sue visioni: la sua capacità precognitiva è infatti condivisa con gli altri due precogs, il fratello gemello Arthur e la sorella Agatha.
(Ansa)ANDIAMO AL CINEMA!!!!
La canzone del mare
Un film di Tomm Moore. Con David Rawle, Brendan Gleeson, Fionnula Flanagan, Lisa Hannigan, Lucy O'Connell.
Un film d'animazione per ragazzi che invita anche i più grandi a riflettere sui temi della solidarietà, della generosità e della purezza.
Francesco Giuseppe Trotta
Saoirse è una bambina particolare, a 6 anni ancora non riesce a parlare e prova una strana e fortissima attrazione per il mare. Vive nella casa sul faro con il papà e il fratello maggiore Ben, spesso imbronciato e antipatico con la sorellina che ritiene responsabile della scomparsa dell'amata madre. La casa sul faro nasconde tanti segreti e oggetti magici, e quando Saoirse scopre due di questi, una conchiglia regalata dalla mamma a Ben per sentire il suono del mare e un vecchio mantello della madre, innesca un magnifico viaggio negli abissi marini tra foche e personaggi fantastici. Scopriamo così che Saoirse è una delle "selkies", creature magiche che vivono a metà tra terra e mare e che con il proprio canto possono risvegliare le vittime della strega Macha, private di emozioni e trasformate in pietra. Saoirse è la prescelta e con questo suo compito inizia un immaginifico cammino in cui Ben metterà in gioco la propria vita per salvare quella della sorellina.
Song of The Sea è l'ultimo affascinante lavoro del regista nordirlandese Tomm Moore, già candidato all'Oscar per The Secret of Kells. Attraverso personaggi e mondi magici, Moore indaga l'aspetto strettamente umano delle emozioni e dei ricordi. La strega malvagia che svuota le creature dei sentimenti negativi crede di agire in buona fede aiutandole ad eliminare il dolore. Saranno due bambini a farle comprendere che non bisogna mai privarsi delle emozioni, siano esse positive o negative, perché la vita è la storia delle nostre esperienze che, collegandosi l'un l'altre come pezzi di un puzzle, restituiscono all'uomo la sua unicità ed essenza. Ed è proprio dal dolore che parte la rinascita, quella della famiglia di Ben e Saoirse che troverà nella sensibilità e nell'audacia dei suoi più giovani componenti la forza per ripartire e tornare a vivere serenamente.
Con un'incantevole alternanza di semplicità grafica nella pittura dei personaggi e uso raffinato della tecnica per scenografie e paesaggi, Moore dà vita ad un film d'animazione per ragazzi che invita anche i più grandi a riflettere sui temi e sulle virtù tipicamente fanciullesche della solidarietà, della generosità e della purezza delle azioni.
Video(Lussy)
... CURIOSANDO E RACCONTANDO …
"Io penzo ch’ar monno nun ce sia ‘na città più bella d’Orvieto mia! Chi vo’ a riposà la mente da tutte le penziere passeggi pe’ le su’ viuzze silenziose e austere. Je s’ariposarà ‘r pensiero, s’accorgiarà ch’è ‘n vero amore: da tutte le finestrelle je sorrideronno le fiore....Ntramezzo a ‘na piazza, ch’è ‘n tesoro, s’innarza, maestoso, verzo ‘r celo de le Cattedrale ‘r Gijo d’oro...."
ORVIETO
Orvieto sorge su una rupe di tufo, tra i 280 e i 325, che domina la valle del fiume Paglia, affluente di destra del Tevere e che proprio sotto la città riceve da sinistra il Chiani, la Chiana Romana proveniente dalla Valdichiana.
Si ritiene che la odierna rupe su cui oggi poggia la città di Orvieto sia proprio uno di questi grandi ammassi di rocca tufacea scagliato, secondo alcune ipotesi, dal grande cratere che oggi è "riempito" dal vicino Lago di Bolsena e con gli anni erosa e modellata dall'acqua. In effetti studi geologici hanno evidenziato che il materiale che compone la rupe della città è di origine vulcanica ed ha diversi tipi di consistenza, alcuni punti più solidi altri meno solidi. Ciò ha anche permesso all'uomo di "lavorare" e modificare questi materiali creando delle cavità, come testimoniano oggi la consistente presenza di antiche grotte, cunicoli e pozzi in passato utilizzati come luoghi per il riparo, "butti" e come luoghi per l'allevamento di volatili.
In base ad un decreto del 1928, lo stemma del Comune di Orvieto è costituito da uno scudo ripartito in quattro sormontato da una corona. Nelle quattro ripartizioni sono rappresentati quattro simboli: la Croce, l'Aquila, il Leone e l'Oca. La croce rossa in campo bianco simboleggia la fedeltà del Comune alla fazione dei Guelfi e fu riconosciuto al Comune di Orvieto dal papa Adriano IV nel 1157. L'aquila nera con una corona d'oro in campo rosso fa riferimento alla dominazione dei Romani. Il lambello d'oro con cinque pendenti fu posto al collo dell'aquila quando Carlo d'Angiò concesse ad Orvieto il titolo di “città”, dopo essere stato incoronato nella cattedrale di Orvieto re del Regno di Sicilia da parte del papa Clemente IV. Il lambello richiama quello rosso della casa d'Angiò.
Il leone in campo rosso tiene una spada d'argento con la zampa destra e le chiavi di San Pietro con la sinistra. Esso richiama il leone fiorentino, a ricordo della storica alleanza fra le due città. Le chiavi, con il motto fortis et fidelis, sono una concessione del papa Adriano IV come riconoscimento della lunga fedeltà di Orvieto al papato. L'oca, con una zampa sollevata sopra un sasso, rimanda alle leggendarie oche del Campidoglio che, con il loro schiamazzo, salvarono Roma dall'attacco dei nemici.
Andare ad Orvieto è come attraversare la storia, perché vi si ritrovano, stratificate e concentrate, le tracce di ogni epoca per quasi tre millenni. Orvieto è nota per essere costruita interamente su uno sperone di tufo, facilmente erodibile; al borgo in superficie se ne affianca un'altra città sotterranea interamente ricavata dalle cavità scavate dagli abitanti nel corso dei secoli....il magico Pozzo di San Patrizio, struttura architettonica unica al mondo, con le sue due scalate ellittiche che non si incontrano mai salendo e scendendo il pozzo, opera di ingegneria di Antonio da Sangallo, risalente alla prima metà del 1500 e voluto dal papa Clemente VII.....la Torre del Moro, che con i suoi 47 metri si erge dominando la città....Palazzo del Capitano del Popolo, dimora del Capitano del Popolo, importante figura medievale che si faceva portavoce e sostenitore delle ragioni del popolo non nobile.....la Chiesa di Sant'Andrea con la bella torre dodecagonale....il Duomo, la cui costruzione inizia nel 1290: gli affreschi della Cappella Nuova (eseguiti dal 1499 al 1504 da Luca Signorelli, che vi raffigurò Paradiso e Inferno, eletti e reprobi, scene con profeti, angeli e santi) lasciano senza parole per la loro bellezza e la luminosità dei loro colori; nellla cappella posta sul lato opposto della chiesa, si trova il Reliquiario del Corporale, un celebre capolavoro d'oreficeria eseguito nel 1337-1338 dal senese Ugolino di Vieri, che custodisce il Corporale che nel 1263 si macchiò di sangue allorché un prete boemo, celebrando la Messa senza fede, spezzò l'ostia consacrata, da cui fuoriuscì il sangue. A tal proposito si ricorda che nel 2013 ricorre il 750° anniversario di tale evento – conosciuto come Miracolo di Bolsena. La chiesa di San Franscesco, costruita nel 1240 sopra i resti di un tempio etrusco, nel punto più alto della rupe orvietana. Si tratta di una costruzione imponente che ebbe molta importanza in passato e dove nel 1297 si tenne la canonizzazione da parte del papa Bonifacio VIII di Luigi IX re di Francia. Tutto il centro cittadino è costellato da numerose chiese più o meno grandi costruite in epoche e con stili diversi fra loro. La più antica è quella di San Giovenale, la cui costruzione risale al 1004, situata in un quartiere medievale rimasto quasi inalterato nei secoli....la storia...
Orvieto fu città di grande lustro nelle diverse epoche storiche trascorse ed in particolare a partire dal IX secolo a.C. con la civiltà etrusca conobbe un periodo di grande splendore ed importanza tali da diventare il fulcro e l'abitato più importante del vasto territorio dell'Etruria. Difatti, la città che in epoca etrusca si chiamava Velzna conobbe un periodo unico ed irripetibile, di grande prosperità e sviluppo. A ulteriore testimonianza di questa sua centralità sarebbe, secondo il parere di alcuni importanti archeologi e storici, il ritrovamento, secondo alcuni studiosi, in una zona sottostante la rupe, del famoso "Fanum Voltumnae": l'antico santuario etrusco vero e proprio centro socio-spirituale e di ritrovo dei principali esponenti della dodecapoli etrusca. Orvieto rimase per lungo tempo terra degli Etruschi fin quando gli stessi non subirono l'invasione dei Romani e la città di Orvieto venne distrutta e saccheggiata perdendo molto del suo prestigio e mantenendo un ruolo territoriale più marginale.
Dopo una forte rivolta, i servi di Velzna (Orvieto) erano riusciti a prendere il potere. Gli aristocratici etruschi, allora, chiesero in segreto aiuto ai romani, che inviarono nella città un esercito guidato dal console Quinto Fabio Massimo. Gli scontri furono durissimi e portarono alla morte del console stesso, provocando così la più violenta repressione romana, che portò all'assedio della città per parecchi mesi, fino alla sua distruzione nel 264 a. C. I pochi superstiti, furono "esiliati" a Volsinii, l'odierna Bolsena, e riuscirono a ritornare sulla rupe dove ancora oggi sorge Orvieto solo dopo la fine dell'Impero Romano. La rupe si spopolò e fu lasciata all'abbandono mentre, i territori sottostanti, beneficiando della presenza di fiumi come il Paglia ed il Tevere, mantennero un ruolo più vitale e più legato a Roma stessa. Con la fine dell'impero romano e le invasioni barbariche, l'intero territorio orvietano fu lasciato all'abbandono con il susseguirsi di brevi dominazioni da parte di svariate popolazioni. Questo periodo perdurò fino all'alto medioevo finchè la città iniziò ad essere sempre più segnata dalla presenza del Papa e quindi tornò ad assumere nuovamente un ruolo storicamente più significativo. Così, mentre la città, seppur tra contrasti interni si stava consolidando come libero Comune, nel 1157 una delegazione papale firmò un trattato con Orvieto formalizzandone cosi l'investitura; nel 1199 il nobile romano Pietro Parenzo fu scelto dal Papa come rettore e podestà di Orvieto, evento questo che sanciva l'"assoggettamento" della città umbra al Papato. Se da una parte il legame con la chiesa dava nuovi impulsi allo sviluppo ed al prestigio della città, dall'altra alimentava i mai sopiti contrasti interni tra varie fazioni (in particolare anticlericale dei Patari). Lo stesso Parenzo fu vittima di una congiura e assassinato. Nonostante i contrasti interni il corso dello sviluppo e di crescita della città era però intrapreso e di fatti è in quest'epoca medievale (1200) che Orvieto come moderna città stato legata alla chiesa visse un periodo di grande benessere ed espansione arrivando ad assoggettare i territori circostanti fino alle coste del mar Tirreno, fino alle odierne città di Orbetello e Talamone. Ed è a questo periodo medievale in cui la città si chiamava Urbs-Vetus (città vecchia), che probabilmente si deve l'odierno nome di Orvieto. Tale periodo di benessere e prosperità durò fino al 1348 anno in cui l'epidemia di peste e le continue lotte politiche interne tra le grandi famiglie nobili (in particolare i guelfi Monaldeschi ed i ghibellini Filippeschi) posero fine all'esperienza di Orvieto come comune libero e città-stato. Così, in breve, Orvieto rimase comunque sotto l'egida dello Stato Pontificio. In questo periodo e fino agli anni 1600 -1700, Orvieto subì delle profonde trasformazioni dal punto di vista architettonico, di questo periodo sono la ricostruzione della Fortezza Albornoz (la cui prima edificazione risalirebbe al 1364), il Pozzo di San Patrizio (1527) e furono restaurati, modificati o costruiti molti dei bei palazzi rinascimentali che oggi fanno bella mostra lungo le strade della città. In questo periodo la città, ormai provincia pontificia, ritrova un certo benessere economico anche grazie alla sua alta considerazione da parte di papi e cardinali, come tranquilla e sicura località di soggiorno.
Al di fuori della rupe, invece, l'eredità di Orvieto come potente comune medievale è ben visibile in quello che in passato furono veri e propri presidi e avamposti assoggettati dalla città e cioè tutti quei borghi e castelli abitati da vecchie famiglie nobiliari che si ergevano nelle campagne intorno alla città. Oggi di essi restano intatti e visibili alcuni borghi e castelli come: il Castello di Tordimonte, il Castello di Corbara, il Castello di Prodo, il Castello di San Quirico, il borgo di Torre San Severo ed il Castello di Sugano. (orvietoviva.com)(Gabry)
Le canzoni dell'estate degli anni 78/84
La musica del cuore
foto:hitparade.ch
La Bionda - One for you, one for me
One for You, One for Me è un brano musicale di genere disco inciso tra il 1977 e il 1978 dai La Bionda e facente parte dell'album eponimo del duo (pubblicato anche con il titolo One for You, One for Me). Autori del brano Michelangelo La Bionda, Carmelo La Bionda e Richard W. Palmer-James.
Il singolo, uscito su etichetta discografica Baby Records, raggiunse il primo posto delle classifiche in Belgio, il secondo in Germania e il terzo in Svizzera e rappresenta il maggior successo discografico del duo
Il brano fu inserito anche come Lato B del singolo There for Me.
fonte: wikipedia.org(Ivana)
RUBRICHE
(Redazione)
L’ISOLA NELLO SPORT
CRONACA SPORTIVA
Moto, Rossi: "Assen gara sfortunata, riparto dal Sachsenring".
"A mio agio con moto e gomme, la pista tedesca mi piace". "Siamo veloci, mi sento a mio agio con la YZR-M1 e con le gomme Michelin". Gli ingredienti per fare bene, dunque, ci sarebbero tutti. Ma ad Assen, una delle sue piste preferite, Valentino Rossi non ha raccolto nemmeno un punto, cadendo mentre era in testa. "Ad Assen abbiamo lavorato bene per tutto il fine settimana e siamo stati veramente veloci - sottolinea il campione della Yamaha sul sito del team Movistar - sia in condizioni di asciutto che di bagnato, ma la gara non è stato molto fortunato per noi". Domenica si corre in Germania la nona prova del Mondiale. "Ora voglio ripartire - assicura Valentino - Sul circuito del Sachsenring dovremo lavorare bene come abbiamo fatto durante tutti i fine settimana in questa stagione. Mi piace questa pista e farò del mio meglio per disputare una buona gara".
(Ansa)
Ecco nuovo pallone della Serie A.
E' Nike Ordem 4, sarà utilizzato anche in Premier e Liga. Si chiama Nike Ordem 4 il nuovo pallone ufficiale della Serie A 2016-2017. Sarà utilizzato anche la Coppa Italia, la Supercoppa e le competizioni Primavera.
Nike Ordem 4 sarà il pallone anche della Premiere inglese e della Liga spagnola. Il nuovo pallone, migliorato e aggiornato, è stato rifinito lavorando su struttura, materiali e grafica. Un nuovo sistema di camera d'aria ricoperto - si legge in un comunicato - garantisce la superficie più liscia e consistente possibile, generando un tocco ottimale e stabilità in volo. La struttura geometrica composta da 12 pannelli saldati a caldo utilizza un nuovo inchiostro stampato a 3D per ottimizzare ulteriormente la presa tra scarpa e pallone. Infine, la grafica del pallone segue il principio di design "Flow Motion", applicando una luminosità che assicura un'eccellente visibilità quando la palla è in gioco. Nike Ordem 4 è disponibile su nike.com da oggi e presso alcuni rivenditori selezionati a partire dal 28 luglio.
(Ansa)
Nuoto: Europei fondo, argento Vanelli.
Secondo nella 5 km a cronometro dietro il russo Abrosimov. Terza medaglia per l'Italia ai campionati europei di nuoto in acque libere a Hoorn, in Olanda.
Nella seconda giornata di gare Federico Vanelli è secondo nella gara dei 5 km a cronometro in 54'54"4, con 11"7 di vantaggio sul britannico Caleb Hughes, terzo in 55'06"1 e 20"1 di ritardo dal russo Kirill Abrosimov che ha vinto in 54'34"3. Sesto Mario Sanzullo con 55'22"2 e nono Simone Ruffini, l'altro azzurro che, con Vanelli, parteciperà all'Olimpiade di Rio.
L'argento di Vanelli si aggiunge alle medaglie d'oro di Rachele Bruni e di bronzo di Arianna Bridi nella 10 km di domenica scorsa. La gara femminile sui 5 km. è stata vinta dalla britannica Danielle Huskisson in 59'46"1, seconda la tedesca Finnia Wunram con 59'52"4 e terza l'olandese Sharon Van Rouwendaal con 59'54"9. Le azzurre Aurora Ponselè, Giulia Gabbielleschi e Ilaria Raimindi si sono classificate rispettivamente 4/a, 5/a e 6/a.
(Ansa)(Gina)
GOSSIPPANDO!!!
Ilaria D'Amico: «Io sono qui per caso»
Dopo il figlio avuto da Buffon, torna in Tv e racconta gli Europei. Qui invece racconta, come mai aveva fatto prima, il suo passato. A partire dalla telefonata di quel dottore, 43 anni fa
Al Liceo Ruiz di Roma, Robin Williams si chiamava Gianni Barbarella: «Era il nostro professore di Lettere. Ci aiutò a essere curiosi, a non farci suggerire dagli altri che cosa pensare, e a chiederci sempre il perché. L’ultimo giorno di scuola salimmo tutti sui banchi per salutarlo come nella scena finale dell’Attimo fuggente. Per lui ho provato un’attrazione che spinse mia madre, preoccupata, ad andarci a parlare. Un invaghimento letterario che solo un galantuomo equilibrato come lui avrebbe potuto ignorare». E se non fosse diventata maestra del racconto calcistico e politico, trascorrendo nel recinto domenicale di Sky Calcio Show più di un terzo della sua vita, a Ilaria D’Amico sarebbe piaciuto insegnare: «Per stare in mezzo ai ragazzi nell’adolescenza, il periodo fondamentale della formazione di chiunque».
Dopo 6 mesi di assenza dal video, per la nascita di Leopoldo Mattia, D’Amico torna in Tv per raccontare su Sky gli Europei in cui il padre del suo secondo figlio reciterà da Capitano della Nazionale: «Non è un nuovo inizio e non sento alcuna pressione, ma solo l’emozione e la felicità di tornare a fare il mio lavoro dopo essermi presa il giusto tempo per essere madre e aver oliato quella macchina complessa che è la famiglia allargata». Fuma poco: «Sono molto più dipendente dagli spaghetti che dalle sigarette». Ride spesso. Ammette che eleggere Milano come città adottiva le abbia fatto benissimo: «Lavorare qui ti restituisce ordine. E in un gruppo ordinato interpretare la parte della disordinata è una sofferenza». Di quale Ilaria D’Amico parla? «Di quella vera. So che assurdamente, solo perché approfondisco ciò di cui parlo, vengo considerata una secchiona. Ma sono sempre stata una disordinata tremenda. All’Università affrontavo gli esami studiando solo negli ultimi 3 giorni. A distanza di 24 ore avevo dimenticato tutto».
Non studia maniacalmente i testi dei suoi programmi?
«I fogli me li fece buttare anni fa Massimo Corcione, attuale direttore di Sky Sport: “Strappali, non ne hai bisogno. Ti serve solo imparare ad ascoltare di più”».
Corcione aveva ragione?
«Totalmente. Ascoltare ti permette di gestire le tensioni e intervenire quando – e in Sky Calcio Show succede spesso – la calma apparente si trasforma in tempesta».
Nella sua vita di ieri c’è stata più calma o più tempesta?
«C’è stata calma, c’è stata tempesta, c’è stata gioia e c’è stata anche paura. Da bambina andavo a scuola dalle suore ed ero terrorizzata dalla madre superiora. A forza di vedermi rigettare ogni mattina, mia madre Antonia capì e mi cambiò di istituto».
Era irrequieta?
«L’altra sera ho incontrato Luca Carboni e gli ho confessato che scappai di casa per vedere un suo concerto. Non mi sono mai messa nei casini, ma ero un’adolescente affamata di vita. Volevo uscire e addentarla. Mia madre, per altri versi di vedute molto aperte, con me tenne la briglia stretta».
Perché?
«Ho una sorella maggiore. Una persona tranquilla, con tutte le doti che a me mancano. Una che tra le mura di casa stava benissimo. Più mia madre le diceva “Perché non esci?”, meno a lei veniva voglia. Ritrovarsi con me che desideravo tutto il contrario la mise a dura prova. Mia madre “Perché non esci?” a me non l’ha mai detto».
E lei usciva lo stesso?
«Mi piaceva stare in mezzo alla gente, alle feste in discoteca, e discoteca per mia madre significava una cosa sola: droga, aghi, cocaina, dissoluzione. La cocaina c’era, ma con me avrebbe potuto star tranquilla».
Perché?
«Sa come mi soprannominavano le amiche? Digos. Ero la rompipalle che finiva per controllare gli altri. Non so se sia stata paura che qualcuno potesse approfittarsene o timore di non essere più padrona di me stessa. Ma alle feste mi fermavo al secondo bicchiere di vino e non ho mai avuto voglia di andare oltre. Poi magari ballavo fino alle 6 del mattino, ma lucida. Senza veleni. Al massimo a dare la pozione sono stata io».
Scusi?
«Mia madre non voleva farmi andare in discoteca e così mi feci consigliare da un amico che studiava Farmacia il sonnifero giusto da mettere nel vino, una sera, per addormentare lei e il suo compagno. Dormirono fino a quando, sospettando di aver sbagliato il dosaggio e di averla combinata più grossa del previsto, non li svegliai io tornando a casa».
Ma lei non ha fatto altro che scappare?
«Non sempre andava bene. Una sera, al mare, dico a mia madre: “Dormo al piano di sopra”. Salgo, mi vesto di soppiatto, mi calo dalla finestra e mi preparo a scavalcare il cancello del giardino. Lei era dall’altra parte dell’inferriata».
Come definirebbe il vostro rapporto?
«Totale, pur nel rispetto delle nostre indipendenze. Fin da quando sono nata, nel 1973. Mia madre conduceva già da tempo un’aspra battaglia per separarsi dal marito e portare la prima figlia con sé. A quell’epoca la patria potestà era la regola e mio padre non lo avrebbe mai permesso. Dormivano separati quando all’improvviso morì mio nonno materno. Una notte, mentre lei elaborava il lutto, ci fu un momento di tenerezza».
Quel momento era lei.
«Si figuri la sua felicità per quella figlia arrivata per caso. Prigioniera di un matrimonio che non aveva mai trovato pace, col dubbio di poter perdere ogni libertà residua, si disse: “Non posso”. Tenne nascosta la gravidanza e decise di abortire. Contattò un medico che operava in clandestinità, si confidò con un’unica amica, tacque con la madre e con le sorelle, prese l’appuntamento con il dottore e fissò il giorno».
Poi che cosa accadde?
«Mia madre era cattolica, ma in chiesa non andava. Aveva fatto il ’68, ma era già inserita nel ciclo figli-lavoro-produzione. Non sentiva un conflitto morale. Per lei l’aborto era una scelta individuale che spettava alla donna. Però, certo, era un passo traumatico. Una cosa da cui non si tornava indietro. Una notte sognò suo padre e a quel sogno, qualche giorno dopo, seguì una telefonata. Era la segretaria del medico che si scusava. Il dottore si era dovuto trattenere a Firenze e avrebbe potuto operarla solo nel pomeriggio. “Non vengo più, grazie”, disse. Poi riagganciò. Era il segno che aspettava».
Se avesse scelto diversamente?
«Semplice. Non sarei qui». (...)
www.vanityfair.it/(Lussy)
… TRA CURIOSITA’ E CULTURA …
<i>Primo Conti, un enfant prodige all'alba del Novecento.
Dagli esordi agli anni TrentaDal 09 Luglio al 02 Ottobre 2016
I primi vent’anni di attività artistica di Primo Conti (Firenze 1900 - 1988), dal suo precoce esordio pittorico all’età di undici anni poi attraverso il Futurismo fino ai capolavori della prima maturità in cui al clima celebrativo del regime e al ritorno all’ordine oppose intime e poetiche visioni.
E’ questa la mostra “Primo Conti, un enfant prodige all’alba del Novecento. Dagli esordi agli anni Trenta”, curata da Nadia Marchioni che sarà esposta nelle sale del Palazzo Mediceo di Seravezza in Versilia, Patrimonio Mondiale Unesco, dal 9 luglio – inaugurazione ore 18 - al 2 ottobre 2016. Una esposizione che, attraverso varie sezioni, vuole rendere omaggio ad un artista che per tutta l’esistenza mantenne un forte legame con la Versilia, prendendo in esame un periodo della sua attività meno conosciuto ma forse più interessante, come quello che va dalla sua giovinezza fino ai primi anni Trenta, avendo come punto di arrivo la mostra retrospettiva realizzata a Palazzo Ferroni a Firenze nel 1932 insieme al grande scultore Arturo Martini. Un’artista che appena quindicenne, vero e proprio enfant prodige dell’arte italiana, frequentava a Viareggio il Caffè Margherita dove incontrava Moises Levy, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Enrico Pea, Alberto Magri, nello stesso tempo portava avanti una riflessione sull’opera di Cézanne e apriva la sua parentesi futurista grazie al contatto con Giacomo Balla dove la lezione cubista viene reinterpretata secondo la linea toscana di Soffici e Rosai.
(www.arte.it)
Lo stesso Conti è poi uno dei protagonisti della costituzione del gruppo futurista fiorentino nel 1917. Il suo percorso artistico nel 1919 accoglie poi le istanze della metafisica mentre l’incontro con De Pisis e De Chirico coincide con la maturazione di un suo personale ritorno all’ordine dove la figura viene reinterpretata nel solco della tradizione pittorica del Quattrocento e del Seicento. Una storia artistica raccontata grazie ad un percorso espositivo di oltre 100 dipinti tra cui 18 quadri ottenuti in prestito grazie alla collaborazione della Fondazione Primo Conti di Fiesole, ma anche materiale documentario inedito e fotografie d’epoca. Tra le opere in mostra più significative un autoritratto di Primo Conti appena undicenne, Dimostrazione interventista del 1915, la Cocomeraia del 1917 e il ritratto di Pirandello fissato con maestria in una tela a Viareggio nel 1928.
“Questa mostra è il frutto di un importante lavoro di ricerca – ha spiegato la curatrice Nadia Marchioni – in particolare intorno ai rapporti tra Primo Conti e i grandi personaggi della sua epoca tra Firenze e la Versilia, Un percorso che viene indagato mettendo a confronto le sue opere con quelle di Viani, Chini, Nomellini, Soffici, Rosai, Lega, Magnelli, De Chirico, Carrà ma anche attraverso la presentazione di fotografie e raro materiale documentario”. La mostra è organizzata dal Comune di Seravezza assessorato alla Cultura insieme alla Fondazione Terre Medicee, il comitato scientifico è presieduto da Carlo Sisi, uno dei massimi esperti dell'arte italiana e toscana dell'Ottocento e del Novecento.
La mostra sarà aperta dal 9 luglio al 2 ottobre 20 tutti i giorni dalle 17 alle ore 24, sabato e domenica 10.30-12.30 e 17-24.(Gabry)
foto:quotesideas.com
MARE MARE MARE!!!
Le più belle località balneari italiane... e non solo...
foto:lucianabartolini.net
foto:anit-it.it
Tropea
Tropea (Tropaea in latino e Τράπεια in greco antico) è una antica cittadina calabrese di 6 462 abitanti della provincia di Vibo Valentia.
La storia di Tropea inizia in epoca romana, quando lungo la costa Sesto Pompeo sconfisse Cesare Ottaviano. A sud di Tropea i Romani avevano costruito un porto commerciale, vicino l'attuale Santa Domenica, a Formicoli (toponimo derivato da una corruzione di Foro di Ercole), di cui parlano Plinio e Strabone.
La leggenda vuole che il fondatore sia stato Ercole quando, di ritorno dalla Spagna (Colonne d'Ercole), si fermò sulla Costa degli Dei. Nelle zone limitrofe sono state rinvenute tombe di origine magno-greca.
Per la sua caratteristica posizione di terrazzo sul mare, Tropea ebbe un ruolo importante, sia in epoca romana (attestato dalla cava di granito che sorge a circa 2 km dall'abitato, nell'attuale comune di Parghelia) sia in epoca bizantina; molti sono i resti lasciati dal bizantini, come la chiesa sul promontorio o le mura cittadine. Dopo un lungo assedio, la città fu strappata ai bizantini dai Normanni, sotto i quali prosperò. Tropea continuò a prosperare anche sotto il dominio degli Aragonesi.
Il 4 febbraio 2016 nasce il Club Unesco Tropea Costa degli Dei.
foto:eccellenzecalabresi.it
Nota località balneare sul mar Tirreno a sud-ovest di Vibo Valentia ed a nord di Capo Vaticano, ha un monastero di Francescani di notevole importanza e la Cattedrale Normanna del 1100.
foto:paesionline.it
Di notevole interesse il centro storico, con i palazzi nobiliari del '700 e dell''800 arroccati sulla rupe a strapiombo con la spiaggia sottostante. Interessanti sono i "portali" dei palazzi che rappresentavano le famiglie nobiliari; alcuni sono dotati di grosse cisterne scavate nella roccia, che servivano per accumulare il grano proveniente dal Monte Poro, che successivamente veniva caricato tramite condotte di terracotta sulle navi ormeggiate sotto la rupe di Tropea.
foto:tropeainforma.it
È presente un museo privato degli antichi mestieri di Calabria e una mostra permanente di modellismo ferroviario, inaugurata nel gennaio 2012 presso la biblioteca comunale "Albino Lorenzo.
L'economia tropeana si basa prevalentemente sul turismo estivo, (dagli inizi di giugno alla fine di settembre). La ricettività si caratterizza dalla presenza di molti b&b all'interno del centro storico (ricavati in palazzi d'epoca), hotel collocati principalmente nella zona nuova della città e qualche campeggio nella zona della marina (dove è possibile alloggiare in tende e/o camper quasi a ridosso delle famose spiagge bianche della città). Data la piccola estensione territoriale, molte sono le strutture ricettive (villaggi, case vacanze e residence) nei paesi limitrofi, un tempo facenti parte del sistema dei casali di Tropea (Santa Domenica, Capo Vaticano, oggi sotto il comune di Ricadi, Parghelia, Drapia e Zambrone.
Secondo la versione on line del Sunday Times (14 gennaio 2007), Tropea è tra le 20 spiagge più belle d'Europa.
foto:italiavai.com
Tropea è sede dell'omonimo premio letterario nazionale. Il Comitato tecnico-scientifico del Premio Letterario Tropea si riunisce per selezionare mediante votazione i libri che parteciperanno alla fase finale del Premio.
Nel mese di aprile si svolge la Mostra-Fiera di Modellismo Ferroviario città di Tropea a cura del Gruppo Fermodellistico Tropeano.
foto:poro.it
Chiesa di Santa Maria dell'Isola di notte
Nel mese di giugno si svolge la fase finale del Premio Letterario Nazionale città di Tropea, che richiama diversi autori da tutta l'Italia e che coinvolge una giuria composta da tutti i Sindaci calabresi.
foto:.ilgazzettinodicalabria.it
In luglio si svolge la Sagra del pesce azzurro e della cipolla rossa di Tropea. La sagra celebra la cipolla rossa e la cucina tradizionale del luogo, che usa il pesce azzurro e la cipolla rossa di Tropea (a cui è stato attribuito il marchio di qualità). La sagra viene organizzata su iniziativa dell'Associazione Turistica Pro Loco Tropea.
Nel mese di agosto si svolge la manifestazione cinematografica Tropea Film Festival, promossa dall'Associazione Culturale Tropeana. L'evento si tiene nel Teatro del Porto di Tropea, all'interno del porto turistico.
Nel mese di settembre nel centro storico di Tropea si svolge il Tropea Blues Festival, un Festival di musica Blues che per una settimana vede esibirsi decine di gruppi musicali. Il format dell'evento è caratterizzato dall'esibizione quasi in contemporanea, tra le vie della città vecchia, di numerose 'band', come nella tradizione della città natale di questo genere musicale (New Orleans).
fonte: wikipedia.org(Ivana)
BALLERINI FAMOSI!!!
Carlos Acosta
Carlos Yunior Acosta Quesada CBE (nato il 2 giugno 1973) è una cubana di balletto ballerino. Ha danzato con diverse aziende tra cui la English National Ballet , Balletto Nazionale di Cuba , Houston Ballet e dell'American Ballet Theatre . E 'stato membro permanente del The Royal Ballet , tra il 1998 e il 2015. Nel 2003, è stato promosso a Principal Guest Artist, un rango che ha ridotto il suo impegno, che gli permette di concentrarsi su un programma crescente di apparizioni internazionali e tour. Ha celebrato il suo addio dopo 17 anni presso il Royal Ballet , danzando la sua ultima performance nel mese di novembre 2015 a Carmen , che ha sia la coreografia e interpretato. E 'stato definito "il più grande ballerino della sua generazione"
Vita e formazione
Acosta è nato a L'Avana , Cuba, il 2 giugno del 1973, il bambino undicesima e ultima in una famiglia povera Avana. Pedro Acosta, suo padre era un autista di camion, e Dulce Maria Quesada, la madre, spesso sofferto di problemi di salute. Acosta è cresciuto senza giocattoli, a volte è andato senza scarpe, e non ha nemmeno avere una torta di compleanno fino all'età di 23. Le strade del suo quartiere fornito un sacco di divertimento, tuttavia, e ha trascorso il suo tempo a giocare a calcio, break-dance, e raid dintorni Mango boschetti con i suoi amici. Era un bambino eccessivamente energico, e suo padre, sentiva che il suo figlio più giovane sarebbe presto nei guai seri. formazione di danza in una delle scuole statali, suo padre decise, avrebbe insegnato la disciplina ragazzo e gli fornisce un pranzo libero tutti i giorni. Ha studiato danza classica presso la Cuban National Ballet School con molti insegnanti influenti tra cui Ramona de Sáa . Nel giugno 1991 ha conseguito il diploma con il massimo qualifiche ed una medaglia d'oro.
Carriera
Acosta, del patrimonio mista spagnola e africana, è venuto alla ribalta nei primi anni 1990, mentre era ancora un adolescente, e del Nord America e compagnie di danza europee ha iniziato ad offrire lo ruoli romantici di piombo nel prossimo decennio. Dopo cinque anni a Houston, Acosta si è unito Royal Ballet di Londra nel 1998. Con la sua grazia leggendaria e atletismo, ha guadagnato paragoni con Mikhail Baryshnikov e Rudolf Nureyev . Uno scrittore per il giornale Independent di Londra ha descritto Acosta come "una ballerina che riduce drasticamente attraverso lo spazio più velocemente di chiunque altro, che lacera l'aria con forme così chiare e nitide che sembrano gettare scintille".
Premi
1990: medaglia d'oro al Prix de Lausanne
1990: Gran Premio al 4 ° biennale Concours International de Danse de Paris
1990: Vignale Premio Danza in Italia
1990: Frédéric Chopin premio , assegnato dalla polacca artistico Corporation
1991: Premio al Merito del Concorso giovani talenti, Positano , Italia
1991: Premio Osimodanza , Italia
1991: Gran Premio di prestigio di Cuba dell'Unione degli Scrittori e Artisti (UNEAC) la concorrenza,
1995 Danza Fellowship dalla Fondazione Principessa Grace , Stati Uniti
2004: nominato per un Olivier Award
2008: Premio Benois de la Danse
2014: Comandante dell'Ordine dell'Impero Britannico per i servizi al balletto(Lussy)
foto:vitaesalute.org
Salute e Benessere
foto:greenme.it
MentaLa menta è una pianta erbacea aromatica appartenente alla famiglia delle Labiate. Presenta un alto contenuto di mentolo ed è tra le piante officinali più utilizzate grazie alle sue svariate proprietà benefiche. La pianta della menta cresce in forma eretta, con fiori di un bel colore rosato, disposti in verticilli. Il fusto è peloso con foglie di forma ovale molto profumate. La menta è nata in Europa e si è diffusa poi in tutto il mondo. Questa pianta riesce a crescere in zone che hanno un clima temperato mentre è assente in quelle zone caratterizzate da un clima tropicale. È una pianta da giardino che fiorisce sul finire della primavera e l’inizio dell’estate. Nei mesi di luglio ed agosto, i fiori e le foglie possono essere raccolte e lasciate ad essiccare all’aria aperta. Le proprietà di questa straordinaria pianta erano note già nell’antichità, quando gli egizi e i romani la utilizzavano soprattutto in cucina. Una leggenda, inoltre, narra che le foglie della pianta di menta vennero utilizzate per raccogliere l’acqua che servì a dissetare Gesù durante la fuga in Egitto.
Menta: le proprietà e i benefici per la salute
La menta ha una svariate proprietà terapeutiche ed è particolarmente utile per la nostra salute e il nostro benessere. Innanzitutto, questa straordinaria pianta svolge un’azione anestetica sulle mucose e sulla pelle. Ha effetti analgesici e riesce a ridurre significativamente il dolore: l’estratto della pianta di menta può infatti essere utilizzato come rimedio naturale da chi soffre di cefalee ed emicranie. Se applicata sulla fronte e sulle tempie, la menta riesce ad alleviare tutti i sintomi del mal di testa, come anche il senso di nausea, vomito e l’insofferenza alla luce e ai rumori. La menta, grazie al suo contenuto di polifenoli, è antisettica e, al contempo, può contrastare i calcoli alla cistifellea. Ha virtù decongestionanti e balsamiche, cioè riesce a generare una sensazione rinfrescante e fluidificante delle secrezioni dell’apparato respiratorio: a tal proposito, è usata efficacemente per curare il raffreddore, la febbre e la tosse.
La menta è molto utilizzata anche nel mondo della cosmetica dove è uno degli ingredienti naturali più in voga per la realizzazione di prodotti per il viso grazie alla sua azione tonificante, levigante e purificante. Valida panacea per ridurre la presenza di gas intestinali, la menta ha anche proprietà carminative. Per quanto riguarda, invece, l’uso esterno, le foglie della menta possono essere applicate sulle punture di zanzara, per alleviarne gonfiore e prurito. Questa pianta officinale è anche utilizzata come ingrediente naturale principale per la preparazione di shampoo specifici per capelli grassi o per risolvere problemi di forfora.
Grazie ai principi attivi contenuti nei fiori e nelle foglie, questa eccezionale pianta aromatica si presta a svariati utilizzi per il nostro benessere e la nostra salute. Ricordiamo, in primo luogo, l’olio essenziale di mentolo e mentone che viene spesso usato per effettuare massaggi energizzanti e per rinfrescare e profumare corpo e piedi. La menta è un vero e proprio toccasana per chi soffre di gastrite: può essere usata in caso di spasmi oppure per combattere il mal d’auto. E’ molto utile anche per prevenire la ritenzione idrica e, infine, è conosciuta anche per le sue funzioni depurative e per combattere l’alitosi.
Menta: gli utilizzi
Grazie alle sue molteplici proprietà, la menta può essere impiegata per garantire benessere e salute al nostro corpo, in maniera assolutamente naturale. Utilizzando l’infuso di menta, si possono realizzare degli ottimi impacchi ideali per ridurne l’acne e gli inestetismi tipici della pelle grassa. Facile è anche la preparazione fai da te della tisana con fiori e foglie di menta. Ci basterà mettere foglie e fiori della pianta in infusione in acqua bollente, aggiungere due cucchiaini di menta essiccata per ogni tazza. La tisana dovrà riposare per circa quindici minuti prima di essere filtrata e consumata. La tisana alla menta è ottima per le sue proprietà digestive e tonificanti: se ne sconsiglia, però, l’assunzione di sera poiché potrebbe disturbare il sonno e provocare insonnia.
Con questa pianta officinale è altrettanto semplice preparare in casa un collutorio per rinfrescare l’alito e per alleviare le infiammazioni del cavo orale. Ecco la ricetta: mettere in infusione in un pentolino d’acqua bollente, per circa dieci minuti, un cucchiaio di foglie di menta essiccate: l’infuso dovrà essere filtrato e lasciato raffreddare. Una volta che l’infuso sarà a temperatura ambiente, lo potremo utilizzare come collutorio. Ancora, con l’olio essenziale di menta possiamo combattere i sintomi di influenza e raffreddore, diluendone semplicemente qualche goccia in un litro d’acqua bollente e andando a respirarne i vapori che si sprigioneranno.
La menta è molto usata anche in cucina, soprattutto nella produzione di liquori e prodotti dolciari. In cucina, sia fresca che essiccata, può essere impiegata come erba aromatica per insaporire gustosi primi e secondi piatti oppure per condire le insalate, le verdure, i legumi ed i cereali. Con la menta si possono realizzare anche delle ottime bevande rinfrescanti: con le foglie essiccate mescolate al succo e alla scorza di limone, si può preparare in casa un’ottima bevanda da servire fredda e da gustare con qualche cubetto di ghiaccio. Inoltre, il Mojito, è proprio a base di menta pestata con l’aggiunta di rum, zucchero di canna, lime ed acqua tonica. Infine, ricordiamo che le foglie fresche della menta strofinate sulle mali possono anche essere usate per eliminare i cattivi odori dalle mani, come ad esempio, quello dell’aglio o della cipolla.
Menta: controindicazioni ed effetti collaterali
La menta è un ottimo rimedio naturale che, ovviamente, non può e non deve sostituirsi alle terapie mediche. Ed è per questo motivo che, prima di utilizzarla, consigliamo di consultarsi con il proprio medico. Quello che vi abbiamo appena fornito, è un consiglio particolarmente utile specialmente a chi soffre di patologie croniche o alle donne in gravidanza. In particolare, bisogna evitare il consumo di menta se si soffre di reflusso gastroesofageo ed in caso di ulcera. È inoltre, assolutamente vietato il consumo a chi è affetto da patologie a fegato e reni. Come sempre l’utilizzo eccessivo di questa pianta può provocare effetti collaterali sul sistema nervoso. Infine, si consiglia di non consumare la menta di sera, perché potrebbe arrecare problemi di insonnia.
fonte: salutebenessere.tv(Ivana)
STRISCIA FUMETTO
... LA NATURA SULL'ISOLA ...
L'AMARANTO
L'amaranto appartiene alla famiglia delle Amaran-
tacee che comprende più di 500 specie. Originario del centro America, fu l'alimento basilare per l'alimen-
tazione degli Aztechi e Inca. Per molto tempo fu dimenticato; attorno al 1960 è stato riscoperto negli USA, e viene coltivato anche in altre parti del mondo, anche a scopo ornamentale. Si riconosce dal colore rosso cupo (chiamato rosso amaranto). Non facendo parte delle Graminacee non è un cereale, come non lo sono grano saraceno, quinoa, sagù e manioca.
La coltivazione dell'amaranto è piuttosto complessa, non essendo molto diffuso, è di difficile reperibilità.
La pianta può crescere fino a 2 m di altezza e fiorisce in estate. Il colore rosso delle infiorescenze è dovuto ad un elevato contenuto di betacianine.Anche le foglie sono commestibili e sono usate come una fonte indispensabile di cibo in India e in Sud America. In Sudamerica viene coltivata una varietà andina di amaranto, conosciuta come kiwicha.
Le tre specie di amaranto coltivato per ricavare semi per l’alimentazione umana sono:
Amaranthus cruentus, Amaranthus hypochondriacus, A. e A. caudatus.
E' ricco di proteine, fino al 16%, con elevato valore biologico contenendo, rispetto ai cereali, il doppio di lisina, ammino-
acido essenziale di cui sono carenti quasi tutti i cereali. Ha un elevato contenuto di calcio, di fosforo, di magnesio e di ferro. Grazie all'elevato contenuto di fibre, ha un effetto positivo sulla digestione e sul ricambio. È usato spesso come base per le pappe dei bambini o come ingrediente pregiato di minestroni di verdura per convalescenti ed anziani.
Le foglie della pianta dell’amaranto hanno un sapore simile agli spinaci e vengono utilizzati nello stesso modo in cucina.
Attualmente vi sono coltivazioni a scopo commerciale in Messico, Sudamerica, Stati Uniti , Cina, India, Nepal, Russia, Polonia e Austria.
Proprietà caratterizzante il seme di amaranto è l’assenza di glutine (nello specificodella gliadina)....la storia, miti e leggende...
Era considerato pianta sacra, le sue origini etimologiche derivano dal greco amarantos che significa "che non appassisce". La pianta era nota alle civiltà classiche per la rossa bellezza e la lunga vita del suo fiore. Da qui il significato attribuito dai Greci di pianta dell'amicizia, della stima reciproca ed espressione di tutti i sentimenti veri immutabili nel tempo, poiché eterni e unici. Nella mitologia greca si narra che le Dee amassero essere festeggiate con ghirlande di amaranto; quindi l'amaranto era utilizzato per ottenere protezione e benevolenza. I romani attribuivano all'amaranto il potere di tenere lontana l'invidia e la sventura. Esopo gli dedicò una delle sue Favole a sfondo morale, “La rosa e l’amaranto”. Pare fosse tra le piante sacre alla dea Artemide. Anche ai romani era noto per bellezza e durevolezza. Plinio il Vecchio (23 a.c. – 79 a.c.) lo nomina nella sua “Naturalis historia” citandolo come pianta che non muore mai. I suoi fiori, infatti, una volta raccolti, e persino appassiti, riprendono vigore se immersi in acqua, durando molto a lungo. In realtà con la parola “amaranto” gli antichi greci indicavano una pianta simile al crisantemo, mentre l'amaranto che conosciamo oggi è originario delle Americhe dove era molto amato ed usato nelle cerimonie religiose dai Maya, dagli Aztechi e dagli Incas.
Tra il 1600 e 1800 veniva utilizzato come ornamento ai vestiti, perché si riteneva che donasse benessere fisico. L’amaranto affascinò anche John Milton (1608-1674), il celebre letterato inglese dell’epoca post-shaskspeariana, che nel suo capolavoro “Paradise Lost”, cita l’amaranto come simbolo di immortalità (Paradise Lost, Libro III).
L’amaranto vanta origini antichissime: le diverse specie di Amaranthus, pianta erbacea originaria dell’America centrale, erano coltivate già 5000-7000 anni fa nella zona di Tehuacàn, in Messico.Gli Aztechi lo utilizzarono come alimento base Termini come “il misterioso grano degli Aztechi” o “il grano d’oro degli Dei” erano utilizzati per descrivere questo seme, noto per le sue qualità nutrizionali e per il suo elevato apporto energetico, importante sostegno per le truppe durante i lunghi spostamenti. Che la coltivazione dell’amaranto fosse davvero importante lo dicono antichi documenti che attestano come fosse uno dei tributi più richiesti alle provincie dall’ultimo grande sovrano azteca, Moctezuma.
L’alimento era per loro talmente importante per la vigoria del corpo che, anche più del mais, divenne alimento sacro. Il huauhtli (amaranto) era centrale nelle cerimonie di ringraziamento degli dei che sovrintendevano al raccolto ed alle piogge. Dei che avevano nomi rotondi come chicchi di amaranto: Tlaloc, dio della pioggia; Ehécatl, dio del vento; Xochiquetzal, dea di fiori e fertilità; Xipe Tótec, dio della primavera e della germinazione dei semi; Xiuhtecuhtli, dio della continuità della vita e del cibo in tempi di carestia. Le donne ammorbidivano l’amaranto cuocendolo in acqua, lo trituravano con il metate e lo poi impastavano. A mano. Per fare tortillas o tamales. Nei giorni prestabiliti, con la pasta di amaranto, arricchita di miele, modellavano idoli di grandezza umana e con le sembianze degli dei, a cui venivano poi offerti. Le sculture di amaranto, durante le cerimonie venivano inneggiate e poi spezzettate e distribuite ai presenti in modo da condividere la forza che rappresentavano.
Con il grano di amaranto si preparava una bevanda molto nutriente dolcificata con miele, Atole di amaranto. Si ammollava e pestava per farne tortillas o tamales. Il suo utilizzo era sovrapposto e complementare al mais. Era fondamentale nella povera dieta di coloro che spesso vivevano in zone montuose, afflitte da siccità.
Agli inizi del sedicesimo secolo l’arrivo dei colonizzatori europei portò all’arresto, quasi definitivo, della sua diffusione: la coltivazione e l’utilizzo dell’amaranto vennero, infatti, banditi per diversi motivi. Il primo era dovuto all’interesse di non utilizzarlo come sostituzione dei cereali già conosciuti e provenienti dal Vecchio Mondo, oltre al probabile scarso apprezzamento del suo sapore; il secondo era dovuto alla pianta che necessitava di una maggiore attenzione nelle prime fasi di vita, a causa delle dimensioni molto ridotte del seme, rispetto ad altre coltivazioni con semi più grossi. Ma la ragione principale fu di carattere religioso-morale; il genocidio non fu solo sulle persone ma fu anche uno sterminio di simboli e pratiche. Quando Cortès vide che l’amaranto era la materia prima con cui si fabbricavano idoli religiosi poi distribuiti e mangiati gridò all’eresia: tutto questo gli pareva una parodia dell’Eucarestia cattolica. Cortès ordinò che tutto l’amaranto fosse sradicato, disperso. Fece bruciare centinaia di ettari di coltivazioni. A chi veniva trovato in possesso di piante e grano venivano all’istante tagliate le mani. Se recidivo, veniva ucciso. Fu così che l’amaranto in un paio di secoli sparì del tutto dal campo. Di amaranto sopravvissero poche piante, nelle zone più impervie, dove qualcuno si ostinava a consumarlo, forse perché da sempre lontano da ogni clamore politico o guerresco. L’amaranto continuò, quindi, ad essere coltivato solamente da piccole comunità messicane e andine che contribuirono a non farlo scomparire
In Europa, a partire dal 1700, l’amaranto, fu considerato come infestante dei campi; in Africa, nel 1800, veniva utilizzato come ortaggio; in Russia e Cina mantenne, invece, il suo ruolo di cereale.
Negli ultimi 30 anni l’amaranto è tornato ad essere oggetto di attenzione da parte della comunità scientifica internazionale, anche a seguito della pubblicazione del volume “Underexploited tropical plants with promising economic value” da parte della National Accademy of Sciences, nel 1975.(Gabry)
POESIE DI STAGIONE
LUGLIO
I mesi dell'estate
.... Giugno , Luglio, Agosto.
Sono nudi come l'aria
ma ciascuno porta un suo fregio,
l'uno un ramo di ciliegio
che di frutti ondeggia e svaria;
il secondo ghirlandette
di papaveri fiammanti,
spighe il terzo barbaglianti,
in manipolo costrette.
Bravi e validi figlioli,
rosolati al solleone;
saltan come in un trescone
di gagliardi campagnoli.
(Diego Valeri)
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Buon Giovedì, un abbraccio a tutti.
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Buon Venerdì, un abbraccio a tutti.
Una preghiera per tutte le vittime del terrorismo.
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Buon Sabato, un abbraccio a tutti.
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Buona Domenica, abbraccio a tutti.
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Buon Lunedì, buon inizio settimana, un abbraccio a tutti.
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Buon Martedì, un abbraccio a tutti.
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Buon Mercoledì, un abbraccio a tutti.
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