TRAFORI MONTANI

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  1. gheagabry
     
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    IL BUCO DI VISO, traforo alpino



    Il Buco di Viso o Buco delle Traversette, chiamato anche “Tunnel du sel”, è una galleria lunga circa 75 metri, scavata nella roccia, che collega l'Italia con la Francia, alle pendici del monte Granero, sotto il versante che separa la valle Po da quella francese del Queyras, ad un'altitudine di 2.882 m s.l.m. poco più in basso del colle delle Traversette a quota 2.950 m. È stato il primo traforo alpino della storia e rappresenta una delle più antiche opere di ingegneria civile realizzate in alta montagna. Il percorso per raggiungerlo parte dal Pian del Re, dove nasce il fiume Po, a circa 2.020 metri di altitudine, imboccando il sentiero che porta al colle delle Traversette. La galleria in origine misurava circa 100 metri di lunghezza mentre attualmente è lunga circa 75 a causa dell'erosione dei fianchi della montagna. Le cronache del tempo riportano che la galleria fu scavata con «ferro, fuoco, acqua bollente ed aceto», pertanto il tracciato è leggermente curvo e in pendenza verso la parte italiana, poiché nello scavo si sono seguite le zone di foliazione della roccia formata prevalentemente da scisti cloritici anfibolici.
    L'interno è privo di illuminazione e ha un'altezza media di 2,5 metri per circa 2 di larghezza, ovvero dimensioni appena sufficienti a far passare un mulo caricato da due some laterali. Il transito è libero e si può effettuare agevolmente solo nei mesi estivi. L'entrata sul versante italiano è più agevole di quella francese, che è più angusta poiché ostruita da rocce e dalla neve fino ad estate inoltrata.
    Le difficoltà tecniche di realizzazione dell'opera furono notevoli. A quell'epoca i mezzi esplosivi erano totalmente sconosciuti oltre alla non conoscenza delle tecniche di rilievo topografico, lo scavo del traforo fu portato avanti procedendo verosimilmente da una sola estremità, a grande discapito della velocità esecutiva. L'esiguità dell'unico cantiere, consentiva un utilizzo limitatissimo di manodopera, con un impiego di massimo due o tre uomini nel fronte di avanzamento. Il procedimento utilizzato fu quello antico descritto da Diodoro Siculo che consisteva nell'accatastare contro la parete rocciosa una pila di legname a cui si dava fuoco; la roccia, intaccata dalle fiamme, subiva un primo processo di calcinazione, a seguito del quale si screpolava e si fendeva frammentandosi gradualmente. I minatori, quindi, inondavano la roccia con grandi masse di una soluzione di acqua bollente e aceto gettata con forza al fine di disgregarla anche internamente. A quel punto la roccia diveniva sufficientemente friabile per essere attaccata con successo da martelli e picconi che venivano inseriti a forza e fatti agire nelle fessure che si erano venute a formare.

    …storia…



    Alla fine del 400, sotto la guida di Ludovico II, il Marchesato di Saluzzo si apprestava a toccare l’apice del suo splendore. Il piccolo regno esercitava da secoli un ruolo tutt’altro che secondario sul territorio cisalpino occidentale, e così pure sulla scena internazionale. La politica saluzzese aveva alternativamente seguito le linee dei Savoia e dei francesi e la strategica posizione territoriale rendeva il Marchesato particolarmente ambito dai due governi. Preso il potere nel 1475, Ludovico II invi¨° una richiesta ufficiale al Parlamento di Grenoble per realizzare una galleria che rendesse più agevole il passaggio tra le sue terre e il Delfinato. Poichè la risposta si faceva attendere, nel 1477 il marchese decise di scrivere al re di Francia Luigi XI e a Jean d’Aillon, governatore del Delfinato. Il passaggio individuato è strategico, in quanto consente di evitare le gabelle imposte, più a nord sui colli controllati dal Ducato di Savoia e, più a sud (Val Varaita e Val Maira), su colli già interamente situati nei territori del Delfinato. A rendere ancora più necessaria l’opera contribuì, probabilmente, l’avvento di una piccola era glaciale. Tale irrigidimento climatico creava condizioni avverse su tutti i valichi alpini principali e il Colle delle Travesette non faceva certo eccezione La realizzazione del traforo fu un'opera necessaria che metteva in comunicazione il piccolo territorio del Marchesato di Saluzzo con le regioni della Provenza e del Delfinato. Ludovico II ebbe un orientamento politico filofrancese e ostile ai Savoia, estipulò un accordo con il re di Napoli Renato d'Angiò, che ricopriva anche la carica di conte di Provenza e vassallo del re di Francia Luigi XI.
    Lo scopo del Buco di Viso fu quello di incremen-
    tare i traffici commerciali permet-
    tendo un passaggio più agevole alle carovane mercantili che necessi-
    tavano attraversare le Alpi. Fu un’ alternativa al pericoloso Colle delle Traversette, inoltre il transito, realizzato ad una quota più bassa del valico, avrebbe aumentato i giorni utili per i passaggi delle merci dato che già con le prime nevicate il Colle diveniva impraticabile. All’epoca non era impresa da poco forare le dure rocce della catena del Monviso, ma i vantaggi per entrambe le parti sarebbero stati notevoli. Il commercio del sale in arrivo dalla Provenza era fiorente, e sotto la galleria sarebbero potute passare anche le colonne di muli con le merci più disparate. C’è da supporre che furono i disegni espansionistici a convincere il re di Francia e il parlamento transalpino: con la nuova galleria, infatti, il percorso sarebbe stato più sicuro anche per l’eventuale passaggio degli eserciti. Il punto in cui realizzare l’opera, un po’ a nord del Monviso, fu individuato sotto il Colle delle Traversette. L'accordo per la sua realizzazione venne sancito ad Arles il 22 settembre, e la realizzazione dell’opera affidata agli impresari Baldassare di Alpiasco, oggi Piasco, e Martino di Albano.
    L’intero costo, calcolato in dodicimila fiorini, era da dividere in eguale misura tra il Delfinato e il Marchesato di Saluzzo. Si concluse un accordo che prevedeva la sistemazione delle strade di avvicinamento sul versante francese a cura del governo transalpino. Si considerò anche che dallo stagno di Berre, vicino Marsiglia, si sarebbero potute produrre 5300 olle l’anno di sale e si stabilì che la parte per il Marchesato avrebbe avuto un prezzo minore. Per evitare speculazioni, si stilarono precise regole che i mercanti dovevano rispettare.
    Dal completamento dei lavori, vi fu un aumento del traffico commerciale e il Buco di Viso divenne un percorso strategico per il transito delle merci. Le esportazioni del marchesato comprendevano vino, riso, canapa e olio di noce,]viceversa, le importazioni dalla Francia verso Saluzzo riguardavano prevalentemente stoffe, broccati e cavalli, Il piccolo marchesato non aveva sbocchi sul mare e il traforo permise l'importazione del sale dalle saline di Aigues-Mortes. Dal 1482 la gabella di Revello registrava un transito annuo di oltre 20.000 sacchi di sale, oltre a svariata altra merce.
    Il Buco di Viso fu utilizzato anche per ragioni militari e nel 1486 fu lo stesso marchese Lodovico II a servirsi del traforo per organizzare la sua fuga in Francia e, successi-
    vamente, se ne servirono anche i sovrani francesi. Nel 1494 transitò il re di Francia Carlo VIII con il suo esercito e l'artiglieria, accorrendo in sostegno alle truppe del marchesato nella Battaglia di Fornovo. Nel 1499 lo percorse Luigi XII e nel 1525 il successore Francesco I, che con il suo esercito si diresse in Italia per combattere contro l'imperatore Carlo V. In quest'occasione il traforo e il sentiero vennero anche ampliati per renderli più praticabili al passaggio dell'artiglieria.
    In seguito al Trattato di Lione del 1601 il Marchesato di Saluzzo, che aveva difeso la sua indipendenza per oltre tre secoli, venne annesso al Ducato di Savoia e pertanto il Buco di Viso perse la sua importanza strategica, vedendo alternare sporadiche aperture a lunghi periodi di chiusura. Successivamente il duca Carlo Emanuele I di Savoia, per non compromettere il flusso di traffico commerciale dei valichi del Moncenisio e del Monginevro, sui quali i Savoia esercitavano diritti daziali da lungo tempo, ne ordinò l'ostruzione; malgrado ciò dalla parte francese venne riaperto ma fu nuovamente richiuso su ordine dei Savoia.
    Nel corso degli anni successivi il Buco di Viso rimase chiuso; a questo contribuirono anche frane dovute agli eventi stagionali e al disgelo ma anche ragioni politico-militari come la guerra della Grande Alleanza e la Guerra di successione spagnola che contrappose il Ducato di Savoia al Regno di Francia. Tuttavia non mancarono richieste di riapertura come testimonia una delibera dell'attiguo comune di Crissolo del 1781 che recita:
    « [...] il passaggio nella galleria sarebbe di grandissimo vantaggio non solo a questo luogo
    oltre a tutto il Piemonte pel comodo commercio.»

    Ciò nonostante per tutto il XIX secolo il passaggio rimase impraticabile e si dovette attendere il 1837 quando, anche per via di un crescente flusso migratorio verso la Francia, vi fu un parziale e sommario ripristino su iniziativa volontaria degli abitanti della valle Po. Il traforo fu riaperto ma il transito risultava difficoltoso poiché in alcuni tratti si poteva procedere soltanto a carponi ed era economicamente sconveniente poiché era impossibile portare con sé gli animali da soma. Vide la riapertura definitiva il 25 agosto del 1907 grazie al finanziamento del governo italiano e al contributo della sezione di Torino del CAI presieduta da Ubaldo Valbusa.Nell'autunno del 1998 sono stati nuovamente effettuati alcuni lavori di rimozione dei detriti lapidei finanziati dalla sezione di Saluzzo del Rotary Club, grazie ai quali il transito all'interno della galleria è tornato ad essere praticabile.
     
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