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BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …
Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 021 (23 Maggio – 29 Maggio 2016)
BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …
Lunedì, 23 Maggio 2016
S. DESIDERIO VESCOVO
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Settimana n. 21
Giorni dall'inizio dell'anno: 144/222
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A Roma il sole sorge alle 04:43 e tramonta alle 19:31 (ora solare)
A Milano il sole sorge alle 04:43 e tramonta alle 19:56 (ora solare)
Luna: 6.05 (tram.) 20.52 (lev.)
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Proverbio del giorno:
Maggio asciutto ma non tutto, gran per tutto; maggio molle, lin per le donne.
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Aforisma del giorno:
Il successo degli altri mi disturba, ma molto meno che se fosse meritato
(Jules Renard)RIFLESSIONI
... YUSRA …
... "La nostra casa in Siria è stata distrutta. Non abbiamo più niente" ha detto Yusra Mardini che ora vive con tutta la famiglia a Berlino. Lasciata Damasco, le sorelle hanno fatto tappa in Libano e poi in Turchia, dove hanno pagato degli scafisti per portarle in Grecia. Il primo tentativo è stato sventato dalle guardie costiere turche, così hanno poi riprovato a bordo di un piccolo gommone una sera, al crepuscolo. C'erano 20 persone a bordo e quasi nessuno sapeva nuotare. Dopo mezz'ora, il gommone iniziò a imbarcare acqua, così tutti i bagagli dei passeggeri vennero gettati in mare. La situazione rimase molto pericolosa, per cui Yusra, la sorella maggiore Sarah e un altro abile nuotatore si gettarono in acqua per garantire all'imbarcazione maggior galleggiabilità. "È stato terribilem un'esperienza molto dura - ha detto la Mardini -, ma abbiamo pensato che non potevamo non aiutare le persone che erano con noi e non sapevano nuotare. Naturalmente poi ho odiato il mare". Per circa tre ore e mezza, le ragazze sono rimaste a mollo, aggrappandosi ai bordi del gommone fino all'approdo nell'isola greca di Lesbo. Da lì è iniziato un "trekking" di settimane attraverso la Macedonia, la Serbia e l'Ungheria, marciando nei campi e cercando di sfuggire alla polizia, fino all'approdo in Austria e poi in Germania.
Poco dopo il loro arrivo a Berlino, un traduttore egiziano che lavorava al campo profughi le ha messe in contatto con il Wasserfreunde Spandau 04, un club di nuoto locale, dove sono stati prese sotto l'ala di Sven Spannekrebs. "Negli ultimi cinque mesi, Yusra è progredita tanto - ha detto Spannekrebs -, meglio di quanto mi aspettassi". All'inizio il loro lavoro era finalizzato ai Giochi di Tokyo 2020, ma visti i progressi tutto è stato accelerato. "È l'occasione della vita, una bella possibilità e penso che devo lavorare duramente per non sprecarla - ha detto la Mardini. - Tutti gli atleti vogliono andare alle Olimpiadi. Non importa se si sfila dietro la bandiera siriana o quella olimpica. Io voglio solo poter essere un'atleta". (gazzetta.it)
A volte lo sport ci racconta storie belle ed incredibili. Una ragazza che fugge dal suo paese natale a bordo di un gommone, poi si getta in acqua insieme a pochi altri atleti come lei per garantire al gommone una maggiore affidabilità. Ora quella ragazza, arrivata in germania spera e si allena per poter gareggiare ai prossimi giochi olimpici. Mi commuovono queste storie perché in fondo in fondo ci danno il reale senso della vita e ci dicono che sognare e perseguire i propri obiettivi è sempre la scelta più bella .… Buon Maggio amici miei … (Claudio)
ORE 11: LEZIONE DI NUOTO
Lungo le spiagge di Punta Tombo, lungo le coste della Paragonia in Argentina, si affollano ogni anno milioni di pinguini di Magellano. I pinguini di Magellano sono degli uccelli alti circa 70 centimetri con il piumaggio di colore nero sulla schiena e bianco sulla pancia. Come tutti i pinguini anche quelli di Magellano sono degli ottimi nuotatori. In acqua sono veloci e scaltri mentre sulla terra ferma con il loro corpo un po’ tozzo e le loro zampette palmate hanno un andamento un po’ ciondolante e buffo, sembrano quasi dei mimi, mentre di volare non se ne parla proprio.
Ogni anno sul finire di agosto milioni di pinguini maschi si danno appuntamento sulle spiagge di Punta Tombo. Verso settembre arriveranno anche le loro compagne ma intanto in attesa delle femmine i maschi si preoccupano di preparare il nido, magari se sono fortunati lo stesso dello scorso anno.
In settembre iniziano ad arrivare le femmine dando così inizio alla stagione degli amori e dei corteggiamenti: le famiglie si riuniscono e le nuove coppie si formano. Oh se sono buffi i maschi con il loro camminare ciondolante mentre tentano di corteggiare la loro amata, ogni anno le coppie ormai formate si divertono a guardare le nuove coppiette di pinguini che si vanno formando scommettendo magari sulla loro composizione.
“Guarda la Sila con chi si è messa.” “E la Yupik?” “Ah ma lo sai che il figlio di Canetta si è messo con la figlia della Ilus, chi l’avrebbe mai detto”. E via dicendo.. i pettegolezzi e le voci corrono per la lunga spiaggia di Punta Tombo per tutta la primavera. Eh già, miei cari bambini, siamo dall’altra parte del mondo, nell’emisfero meridionale e da quelle parti le stagioni sono l’opposto di quelle a cui siamo abituati noi nell’emisfero settentrionale. Mentre da noi settembre annuncia l’arrivo dell’autunno in Patagonia annuncia l’arrivo della primavera.
Una volta che le coppie si sono formate tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre ciascuna femmina, mamma, deporrà uno o due uova nel nido che il pinguino maschio, il papà, ha preparato in precedenza per i loro piccolini.
L’uovo dovrà rimanere sempre al caldo per tutto il tempo fin quando il piccolo pinguino non sarà pronto per uscire dall’uovo. In tutto questo periodo il papà e la mamma si alterneranno alla cova dell’uovo mantenendolo sempre al caldo e al sicuro. Non lasceranno mai il nido incustodito, l’uovo va protetto dai predatori: i gabbiani, gli stercorari ed altri uccelli che vogliono mangiare l’uovo. Ma non ci sono solo gli uccelli da cui guardarsi anche i gatti e le volpi che di tanto in tanto tentando di rubare qualche uovo per farsi una bella frittata!
Se qualcuno di questi, uomo compreso, si avvicina troppo al nido mamma e papà pinguino difenderanno il loro uovo a colpi di becco facendo così scappare a gambe levate il loro aggressore.
A turno, mamma e papà, lasceranno il nido per tornare in mare a cercare il cibo con cui nutrirsi e quando il piccolo pinguino sarà nato con cui nutrire e crescere il loro piccino.
Dopo 40 giorni, verso la fine di ottobre le uova si schiuderanno dando vita a tanti adorabili pinguini, tutti rivestiti da un sottile piumaggio grigio. I nuovi nati lasceranno il nido per la prima volta verso dicembre, prima di allora saranno stati il papà e la mamma, alternandosi a vicenda, ad accudirlo e a portargli il cibo direttamente nel nido.
Con le prime uscite dal nido il giovane pinguino scoprirà tutto un mondo meraviglioso da scoprire, inizierà a vagare per Punta Tombo, a conoscere gli altri pinguini e a scoprire l’oceano, un’infinita distesa d’acqua dove i pinguini trascorrono la gran parte della loro vita.
Sul finire dell’estate i giovani pinguini cambieranno il piumaggio grigio per assumere il caratteristico piumaggio bianco e nero, molto più spesso, e robusto che permetterà loro di sopravvivere nel freddo dell’oceano. E a questo punto arriverà anche per i nuovi pinguini il momento di lasciare la terra ferma per l’oceano, ed è proprio a questo punto che si colloca la storia che vi voglio raccontare.
Come tutti gli anni è compito del signor Dunedin, l’istruttore di nuoto a Punta Tombo, insegnare a tutti i giovani pinguini a nuotare.
Tutte le mattine alle 11 ha inizio la sua lezione e dopo una serie di lezioni teoriche dove si insegnano ai giovani pinguini i rudimenti del nuoto e a sopravvivere nell’oceano con i suoi pericoli, arriva finalmente il momento di passare dalla teoria alla pratica. Solitamente i pinguini non vedono l’ora di entrare in acqua e anche se all’inizio sono un po’ timorosi poi sarà un problema per i genitori tenerli lontano dall’oceano in attesa della partenza. - Allora ragazzi siete pronti per entrare in mare? – domanda il signor Dunedin - Siiiii Siiii – urlano in coro i giovani pinguini.
Sono tutti scalpitanti sulla spiaggia pronti ad entrare in acqua. Tutti tranne uno. E si come tutti gli anni c’è sempre qualcuno che non è affatto coraggioso e non è per niente desideroso di entrare in mare. Zitto zitto se ne sta in un angolo della spiaggia facendo finta di nulla, sperando che il signor Dunedin non si accorga di lui e di scampare a questo primo tuffo in acqua. - Petrel, cosa fai nell’angolo? Come mai non sei ancora pronto come gli altri – Ahimè, al signor Dunedin non sfugge nulla e il nostro povero Petrel impaurito è stato scovato.
- Ehm io.. ehm.. ho dimenticato a casa il costume – risponde speranzoso Petrel
- Ma fammi il piacere! Il tuo piumaggio è perfetto, avanti preparati ad entrare in acqua con i tuoi compagni – Ahi ahi ahi… il signor Dunedin non si fa proprio fregare da nessuno. Beh.. sono anni che insegna ai giovani pinguini a nuotare ed ogni anno c’è qualcuno come Petrel che non è per niente desideroso di lasciare la terra ferma per cui trucchi e inganni di questi fifoni li conosce già a memoria.
Forniti gli ultimi consigli per la prima nuotatina il signor Dunedin da il via ai giovani pinguini per entrare in acqua. Tutti si ammassano sulla spiaggia desiderosi di entrare, qualcuno non aspettava altro e velocemente si butta in acqua, altri invece con una zampetta provano a vedere quant’è fredda l’acqua altri ancora si spalleggiano per entrare. Insomma.. c’è una gran confusione ma piano piano tutti i pinguini entrano in mare, di nuovo tutti tranne uno.
Sulla spiaggia fermo e immobile, con uno sguardo molto preoccupato, Petrel con un bel salvagente in vita se ne sta a debita distanza dall’acqua. Ma deve proprio entrare?
I suoi compagni sono in mare che si divertono e l’istruttore di nuoto dalla riva fornisce loro consigli ed istruzioni mentre Petrel, zitto zitto, in piedi sulla riva cerca di non farsi bagnare le zampe dalle onde.
- Petrel! Ma cosa fai con quel salvagente! – ahi ahi ahi.. il signor Dunedin lo ha di nuovo scovato.
- Ehm io.. … - povero Petrel proprio non sa come giustificarsi.
- Posa subito quel coso ed entra in mare con i tuoi compagni – lo incita il maestro.
- Dai Petrel .. vieni.. è bellissimo! – le urla una compagna dal mare
- E’ facilissimo.. non aver paura – urla un altro compagno
- Fifone fifone fifone!!! – si mettono a cantare in coro i soliti compagni spiritosoni che non perdono occasione di prendere in giro gli altri.
E questo però non è bello, il povero Petrel già non vuole entrare in acqua se ancora si sente deriso non troverà di certo il coraggio per provare.
Mamma mia che giornata difficile per Petrel, deve abbandonare anche il salvagente, questa proprio non ci voleva. Ma magari.. i braccioli.. così senza pensarci troppo rovista nell’armadio dell’attrezzatura e in mezzo a pinne, maschere, salvagenti e tavolette trova anche un bel paio di braccioli rossi e oltre tutto sono anche belli gonfi.
Senza pensarci troppo se li infila alle alette.. bene.. così almeno non affogherà e si avvia convinto ad entrare in acqua.
Già ma l’oceano è immenso… è facile dire con i braccioli non si corrono pericoli ma poi entrare in acqua e tutta un’altra cosa. Il nostro povero Petrel ora se ne sta li immobile sulla spiaggia in riva all’acqua con i suoi braccioli alle alette, ma il coraggio di entrare proprio non arriva. Insomma mettiamo il caso che improvvisamente i braccioli si sgonfiano? O che si rompono? O che per qualche motivo inspiegabile si sfilino dalle sue alette? E se per caso arriva un’onda troppo forte? Insomma.. di imprevisti ne possono capitare tanti, non è mica così semplice entrare in acqua!
- Petrel Petrel.. vieni.. è divertentissimo – gli urlano i compagni dall’acqua
- Avanti ragazzo.. è ora di entrare in acqua – il signor Dunedin si avvicina a Petrel e tenendolo per un aletta lentamente si avvicinano all’acqua – A togliere i braccioli ci pensiamo dopo. –
- Eh ma se si sgonfiano? Non possiamo rimandare? – domanda titubante Petrel.
- Non succederà niente di tutto questo. Entriamo in acqua insieme, su su forza e coraggio -
Appena un onda raggiunge le zampette di Petrel, lui subito cerca di tornare indietro ma il signor Dunedin, molto pazientemente, lo convince a riprovare. E così piano piano, Petrel entra in acqua ed inizia a nuotare con gli altri pinguini senza però allontanarsi dal signor Dunedin che è entrato in acqua per stare vicino ai suoi allievi e, diciamo la verità, per far sentire più sicuro e tranquillo Petrel.
- Hai visto che non è difficile? – chiede una compagna a Petrel
- No no… - risponde lui, ma non è troppo convinto, gli imprevisti possono sempre succedere.
Piano piano anche Petrel acquista familiarità con l’acqua, inizia a muoversi su e giù e a divertirsi, certo che, questi braccioli gli impediscono di tuffarsi ed immergersi come gli altri, beh.. non che lui lo voglia fare.. anzi.. però…
Convincere Petrel ad abbandonare i braccioli non è proprio possibile, appena il signor Dunedin o qualcuno dei suoi compagni gli prospetta questa prospettiva lui si oppone e scappa via. Che fare? Semplice… il signor Dunedin senza che Petrel se ne accorge lo avvicina e … pufh.. gli sgonfia i braccioli. Ovviamente uno scherzetto del genere lo può fare solamente un insegnante bravo e preparato come il signor Dunedin, sempre pronto a trarre in salvo i suoi allievi se qualcosa va storto. Petrel comunque non si accorge che i braccioli sono solo più un ammasso di plastica e continua a nuotare tranquillamente da solo senza problemi.
Nuota e nuota e finalmente il signor Dunedin decide che è arrivato il momento di comunicare a Petrel che i suoi braccioli sono sgonfi e che, nonostante le sue paure, sta nuotando da solo. Subito Petrel si spaventa, cerca di uscire dall’acqua, ma poi si tranquillizza e si rende conto che ce l’ha fatta, che anche lui sa nuotare come gli altri e che non c’è proprio nulla di cui aver paura! Che grande conquista la sua! Ha finalmente vinto la paura! Evviva! Ce l’ha fatta!!
Ma il signor Dunedin era sicuro che sarebbe stato così. Ogni anno gli capitano sempre dei pinguini paurosi, poco sicuri di se stessi e che hanno paura dell’acqua e di nuotare, il suo compito, il compito di un bravo istruttore di nuoto, è aiutarli ad acquistare fiducia in se stessi in modo che l’acqua diventi una loro amica e che possano così nuotare tranquilli come tutti gli altri pinguini, superando così tutte le loro paure.
E così è stato anche per Petrel, le sue paure e la sua poca fiducia in se stesso sono un problema superato, ora nuota con tutti gli altri pinguini e presto sarà pronto per lasciare questa baia per andare a solcare i mari degli oceani per poi, un giorno, tornare su questa spiaggia per cercare una compagna e mettere su famiglia. E chissà forse ci sarà ancora il signor Dunedin ad insegnare ai suoi figli a nuotare o chissà forse sarà lo stesso Petrel che accompagnerà i suoi figli in mare per la prima volta.
(Anna Marchisio)CAREZZE AL RISVEGLIO
... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
POESIE A TEMA
Poesie e racconti sulla Primavera …
Filastrocca della Primavera
Ecco ecco che è arrivata
Primavera scapigliata,
Primavera bella bella,
Primavera pazzerella.
con il sole
con le viole,
con i gridi,
con gli stridi
dentro i nidi.
Son fioriti i biancospini,
nasceranno i rondinini
dentro i nidi verdi e gialli;
danzaranno i loro balli
le farfalle
bianche e gialle.
(Lina Galli)
FAVOLE PER LA NINNA NANNA …
GATTO DI CASA VA IN BATTAGLIA
Mi chiamo Briciola ed ho esattamente 2 anni e 4 mesi e mezzo. Come vedi sono un gatto. Un gran bel gatto se me lo concedi.
So di essere un bel gatto perché i miei padroni, Viola, 7 anni, Mamma e Papà me lo dicono spesso: “Vieni qui micio-micio”,” Che bravo il nostro bel micione”, “ Ma che bel miciotto che sei” Eccetera, eccetera.
E poi lo dice anche la Signora Carla, anche se io non ricambierei il complimento. La signora Carla è amica della Mamma e quando viene prendere il thè porta sempre dei pasticcini per Viola e le fa un sacco di complimenti: “Come sei bella! Ma quanto sei cresciuta!”- Eccetera, eccetera.
La signora Carla ha un’abitudine orribile- quella di strapazzare le guance alle persone che giudica belle. Unica eccezione: il Papà. E questo soprattutto perché non si fa mai trovare quando passa la signora Carla. Quando arriva, prende una guancia di Viola tra il suo grosso pollice e l’indice, tira la pelle all’in fuori e la agita come una pazza. Con me é peggio. Non appena mi adocchia, rannicchiato sul davanzale a prendere il sole, mi solleva (spesso a testa in giù) e mi pianta in grembo. Le sue manone inanellate mi atterranno sulla testa come aeroplani e spingono pelle e pelo sopra fin sopra gli occhi. Poi, ritirando la mano, tira tutta la mia testa indietro così che mi spuntano gli occhi e le gengive, come se la mia testa fosse la pasta per la pizza. Per fortuna Viola, che é una brava bambina mi passa sempre un bignè alla fragola alla fine di questo strazio.
Dicevo, mi chiamo Briciola perché questo é il nome datomi dalla mia famiglia, da Violetta, in verità, perché Papà voleva chiamarmi “Maximus: il distruttore dei topi”. Non mi sarebbe dispiaciuto un nome così importante, ma la verità é che i topi mi fanno senso e se mi capita di vederne uno guardo subito dall’atra parte. Gli altri gatti mi chiamano Silver perché dicono che sono nato con un cucchiaio d’argento in bocca. All’inizio non capivo, dato che è un’espressione umana e nessun gatto si è mai volontariamente messo in bocca cucchiaio d’argento o di altro metallo. Poi, Fiocco di Neve mi ha spiegato che significa che sono nato fortunato perché non sono mai dovuto andare a caccia di topi e uccellini per guadagnarmi l’affetto dei padroni, perché non ho mia frugato nell’immondizia per riempirmi il pancino vuoto con degli avanzi e perché ho un posto caldo tra le braccia di una bambina (che non mi tira mai la coda) dove rifugiarmi quando piove.
Fiocco di Neve invece non é nata con un cucchiaio d’argento in bocca. E’ nata in una cascina abbandonata e la sua mamma é scomparsa dopo pochissimi giorni lasciando lei e i suoi fratellini senza latte e senza calore. Per fortuna Ma Yang, la grossa gatta a capo dei gatti del quartiere, li ha trovati e li ha allattati insieme alla sua cucciolata.
Fiocco di Neve non ha mai avuto una casa e, a volte, quando siamo soli nell’orto di sera accanto ai lamponi profumati mi dice che le piacerebbe avere una bambina come Violetta che le volesse bene. Io vorrei tanto condividere Violetta con lei. Ma Yang invece non mi parlerebbe mai, anzi, mi guarda con disdegno. Lei detesta gli esseri umani. Dice che i randagi sono i più fortunati tra i gatti perché hanno libertà illimitata e nessuno li costringe ad abbassarsi a vivere con dei cani, o a farsi tirare la coda o rientrare a casa entro la mezzanotte.
So che si riferisce a me in particolare con quel commento sulla mezzanotte perché mentre quasi tutti gli altri gatti del quartiere rimangono fuori casa le notti estive, io invece preferisco il comfort del lettino di Viola e del suo orsacchiotto di peluche.
Questa sera Ma Yang (che deriva il suo nome dalla grossa cicatrice sulla fronte procuratale dalla signora Yang del ristorante cinese quando la trovò che rubava una trota intera dalla cucina), propone una battuta di caccia a...tenetevi.. non al disgustoso topo ma addirittura al ratto!
Ficco di Neve vede che sono spaventato e avvicinandosi mi sussurra: “Non ti preoccupare. Ti starò vicina io. Quando Ma Yang si volta un attimo ne tramortisco uno anche per te. A te basterà solo dargli il colpo di grazia.” Mi viene il volta stomaco. Io non so come si da questo “colpo di grazia” e i ratti non li ho mai visti, so solo che non hanno paura dei gatti.
Ma Yang forma i battaglioni cinque gatti contro sette ratti. Perché sono un gatto di casa, e secondo lei il più rammollito dei gatti di casa, mi ha lasciato per ultimo. Prima di parlare mi guarda di sbieco. Poi posa lo sguardo su Fiocco di Neve. “Tu, Briciolina, vai nello squadrone di Schwartz.” Tutti i gatti tranne Fiocco di Neve ridono perché mi ha chiamato Briciolina. Schwatz, il gatto nero più indurito e cattivo è un gatto di officina. Per non passare per gatto di casa e quindi rammollito ha voluto diventare il più grande lottatore del quartiere. Nessuno si azzarderebbe mai a fargli uno sgarro.
Siamo appostati al buio per delle ore ad aspettare i ratti davanti ai cassonetti. Perche’ non siamo nello stesso battaglione, Fiocco di Neve non potrà aiutarmi. Sono tutto solo contro questi enormi toponi. E’ Schwartz che leva il miagolio di battaglia: ha intravisto la coda di un topolone dietro le rotelle del bidone. Travolto dalgli altri, anche io corro in avanti.
Un rattone si piazza davanti a me. I suoi denti aguzzi luccicano nella luce del lampione accecandomi. A due balzi dal ratto mi rendo conto che non so più come proseguire l’attacco e rallento. Lui ne approfitta lanciandosi contro di me e tutto diventa nero.
Mi risveglio ansimante sdraiato accanto al marciapiede. Fiocco di Neve mi sta sussurrando qualcosa nelle orecchie mentre mi lecca le ferite. “Povero Silver, ora è tutto passato. Sei davvero un gatto di casa.”
Richiudo gli occhi e penso a Violetta che mi avrà aspettato invano. Penso alla Mamma e al Papà che inutilmente avranno scosso la scatola delle crocchette chiamando: “Micio-Micio. Briciola? Dov’è il nostro bel Micione?” E mi addormento.
“Mamma, Mamma guarda!” Sento gridare “ E’ Briciola. E’ ferito.” E’ la voce di Violetta. Anche se sono stanco cerco di alzarmi su un lato. La mia Violetta è venuta a cercarmi! In un attimo sento le sue manine sul mio naso.
“Mamma respira ancora. Presto portiamolo dal dottore!”
“Ahi Ahi”- dice il Papa’-“il nostro Briciola ha fatto la lotta.”
“Poverino!”- dice la Mamma- “Portiamolo dal Veterinario! Il Veterinario Violetta e’ il dottore per gli animali.”
“E questo gatto qui?”-Chiede Papà- “Non mi dirai che gli ha fatto la guardia tutta la notte!”
Fiocco di Neve, ha paura degli umani, le hanno insegnato che sono cattivi e si appiattisce a terra vicino a me.
“Sembra una bella gatta sana” -dice la mamma- “Se si fa prendere potremmo portare dal veterinario anche lei.”
“Si! Si! Teniamola!” grida Violetta estatica.
“Vediamo…” dice sorridendo Papà mentre Mamma solleva delicatamente Fiocco Di Neve.
Di solito io odio andare dal veterinario, ma questa volta so che al mio ritorno tutto sarà perfetto.
(Alessandro Sorgetti)
ATTUALITA’
Trovato relitto sottomarino a Tavolara.
Ultime notizie risalivano al 1942, a bordo corpi 71 militari. Ritrovato a novanta metri di profondità al largo di Olbia, davanti all'isola di Tavolara, il relitto del sottomarino inglese P311. Non si avevano più notizie del sommergibile dal 1943: la scoperta è stata effettuata dal subacqueo genovese Massimo Domenico Bondone con il supporto tecnico dell'Orso diving di Corrado Azzali a Poltu Quatu. Lo svela il quotidiano La Nuova Sardegna.
Dai documenti di imbarco risultano a bordo del sottomarino settantuno militari: lo stato del mezzo, danneggiato da una probabile esplosione ma senza varchi, rivela che i corpi sono tuttora all'interno. L'ultima traccia del sommergibile risale alla partenza da Malta: era diretto a La Maddalena per una missione d'attacco a due incrociatori italiani durante la seconda guerra mondiale. Fatale per il sottomarino il passaggio in un campo minato di cui si ignorava l'esistenza.
(Ansa)
Copioni agli esami? I 4 metodi più incredibili contro il 'cheating'.
Secondo un sondaggio di Skuola.net durante la maturità dello scorso anno, ben 1 su 3 avrebbe copiato in seconda prova. In principio erano foglietti pieni di formule, stralci di traduzioni, riassunti nascosti nei luoghi più impensabili. Oggi, invece, la tecnologia ha facilitato il compito agli aspiranti "copioni". Basta avere uno smartphone e il gioco è fatto. I numeri lo dimostrano. Secondo un sondaggio condotto l’anno scorso da Skuola.net, infatti, durante la maturità 2015, circa uno studente su tre ha ammesso di aver copiato durante la prova più ostica e temuta: la seconda prova. Il mezzo prediletto? Naturalmente Internet, con il 14 % dei copioni (1 su 7) che ha confessato di essere riuscito ad usare il proprio smartphone. Segue la stessa tendenza la terza prova, il quizzone, dove gli studenti che hanno copiato durante l’esame di Stato 2015 sono stati uno su quattro. Nel 16% dei casi utilizzando la navigazione web del proprio smartphone.
LE CONTROMOSSE - In un quadro del genere, non si può che correre ai ripari. Qualche anno fa, per la Maturità 2013, addirittura l'associazione nazionale presidi lanciò una proposta che ha fatto molto discutere: installare dei rilevatori di telefonini nelle scuole. Un’idea subito accantonata vista la difficile realizzazione, per motivi sia organizzativi sia economici. Ma se in Italia si rimane al vecchio metodo della "passeggiata" dei commissari tra i banchi, altrove la lotta è decisamente più aspra, e le soluzioni per combattere i copioni professionisti possono rivelarsi particolarmente creative. Ecco i 4 metodi anti-cheating più incredibili riportati dalla stampa estera. Che siano di ispirazione per i professori italiani?
#1 PROFILI SOCIAL MONITORATI
Negli Stati Uniti, Pearson Education – tra le più importanti case editrici specializzate nel campo dell’istruzione - ha elaborato delle linee guida che permettano ai docenti di monitorare i profili social degli studenti che hanno sostenuto un determinato esame. Una soluzione che, però, ha lasciato perplessi ragazzi e genitori. Sollevando anche dubbi sul rispetto della privacy.
#2 TELECAMERE ANTI-COPIATURA
Sempre negli U.S.A., la Scuola di Business dell’Università della Florida centrale ha recentemente dotato l’aula riservata ai test di un sistema di monitoraggio anti-copiatura: telecamere ambientali per controllare movimenti strani, 228 computer a incasso che impediscono di fare fotografie agli schermi e un software che osserva da remoto gli schermi delle postazioni pc. E gli inventori giurano, nel tempo, si sono verificato solo 14 casi sospetti su 64mila esami svolti.
#3 COPRICAPI CONTRO LE SBIRCIATINE
Dalla Thailandia, invece, arriva la soluzione più a basso costo mai sentita: il copricapo creativo. Una sorta di “segnalatore anti-truffa”. Niente di più che una serie di fogli di carta applicati sulla testa degli studenti che impediscono le occhiate furtive a destra e sinistra. Una pratica diventata virale sul web grazie a un post Facebook. Sempre in Thailandia un’altra foto ha recentemente mostrato studenti con una scatola di cartone in testa. Segno che da quelle parti la fantasia non manca.
#4 DRONI VS COPIONI
Mentre in Cina il controllo arriva dal cielo; con un drone a sei eliche in grado di rilevare gli impulsi provenienti dai dispositivi mobile. Un esperimento testato durante gli esami di ammissione all’università in due centri della città di Luoyang.
(Ansa)
La missione su Alpha Centauri approda al Congresso Usa.
Proposto il lancio nel 2069, a un secolo dallo sbarco sulla Luna. Approda al Congresso degli Stati Uniti il progetto della flotta di vele solari da inviare a cercare forme di vita verso la stella più vicina, Alpha Centauri, proposto nell'aprile scorso dal miliardario russo Yuri Milner e dal fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, con il sostegno dell'astrofisico Stephen Hawking. La proposta, del deputato repubblicano John Culberson, dovrebbe essere discussa oggi e accompagna il documento relativo al budget della Nasa per l'anno fiscale 2017, che si apre il primo ottobre.
Il rapporto di Culberson, reso noto dalla rivista Science sul suo sito, propone inoltre di lanciare questa a missione ai limiti della fantascienza nel 2069, in occasione dei cento anni dallo sbarco sulla Luna. "E' molto positivo che anche la parte governativa si muova, ma bisognerà vedere che cosa dirà il comitato finanziatore", ha osservato Giancarlo Genta, del Politecnico di Torino, unico italiano a far parte del comitato esecutivo del progetto.
Il rapporto di Culberson "incoraggia la Nasa a studiare e sviluppare concetti di propulsione che possano permettere a una sonda interstellare di raggiungere una velocità di crociera pari a un decimo della velocità della luce". L'obiettivo proposto nel documento è di avere entro un anno una proposta articolata sulla fattibilità tecnologica.
Chiamato "Breakthrough Starshot", il progetto delle vele solari lanciate nello spazio interstellare in cerca di E.T prevede un viaggio di 20 anni di una flotta di veicoli delle dimensioni di pochi centimetri, equipaggiati con vele di circa un metro, spinti dalla Terra da una schiera di raggi laser.
(Ansa)ANDIAMO AL CINEMA!!!!
La sposa bambina
Un film di Khadija Al-Salami. Con Reham Mohammed Titolo originale I am Nojoom, Age 10 and Divorced
Un documento autentico nel rappresentare una pratica retrograda come il matrimonio infantile.
Paola Casella
Nojoom, che in yemenita significa "le stelle", ha un destino segnato fin dalla nascita: suo padre infatti cambia il suo nome in Nojoud, ovvero "nascosta", e pur amandola consegna sua figlia alle regole non scritte della convivenza nello Yemen, che comportano una totale sudditanza delle femmine rispetto ai maschi. Quando Njoud compie 10 anni il padre, in una negoziazione condotta solo fra uomini, la dà in sposa a un uomo che ha almeno trent'anni più di lei. Lo sposo promette al suocero di prendersi cura della bambina e di aspettarne la pubertà prima di consumare il matrimonio, ma appena sottratta alla casa del padre la violenta e la costringe a servire la suocera, picchiandola quando la bimba disobbedisce. Per fortuna Nojoom/Nojoud è uno spirito indomito e trova la via di fuga dal villaggio arcaico in cui l'ha segregata il marito per recarsi al tribunale di Sana'a, dove chiederà per sé il divorzio.
La sposa bambina è l'esordio al lungometraggio di finzione di Khadija Al Salami, regista e produttrice yemenita istruita in Francia e Stati Uniti, e si basa sul romanzo autobiografico di Nojoud Ali, scritto insieme alla giornalista Delphine Minoui. La storia che racconta è in qualche misura autobiografica anche per la regista, andata in sposa a 11 anni ad un uomo di oltre vent'anni più grande, dal quale Khadija ha trovato il coraggio di affrancarsi. La conoscenza profonda dei luoghi e della mentalità che Al Salami racconta rendono La sposa bambina un documento autentico nel rappresentare una pratica retrograda come il matrimonio infantile (oltre che combinato).
Ma la regista non commette l'errore di semplificare la storia, e rende giustizia sia alla complessità della società yemenita (la stessa che ha dato i natali all'attivista premio Nobel per la pace Tawakkol Karman) che alle oggettive difficoltà cui tentano di sopravvivere i suoi abitanti più poveri. A questo scopo Al Salami costruisce una sceneggiatura stratificata che inizia nel presente, ripercorre il passato e poi ci fa rivedere quello stesso passato dal punto di vista del padre, senza giustificarne le scelte ma contestualizzandone le motivazioni. Tutta la famiglia di Nojoom/Nojoud è vittima della miseria, dell'ignoranza e di imposizioni sociali che perpetuano nei più deboli e disinformati una situazione di iniquità. In quest'ottica anche il collaborazionismo femminile, che perpetua l'oppressione di madre in figlia, trova una sua cornice e una sua spiegazione.
Le figure maschili e femminili sono disegnate in maniera articolata e rappresentano livelli diversi di consapevolezza e di emancipazione. Al centro c'è Nojoom che, come Malala, fa la storia rifiutandosi di soccombere alle restrizioni che reprimono il suo genere e la sua giovane età. La conclusione è pesantemente didascalica, ma se anche solo uno spettatore o spettatrice appartenente a quel mondo avrà modo di ascoltarla troverà le armi concettuali e dialettiche per difendersi da chi ammanta di religiosità il proprio desiderio di supremazia e la propria brama di potere.
Video(Lussy)
... CURIOSANDO E RACCONTANDO …
"Crede lei che non ci sia altro che Mantova a questo mondo?"
(Conte Attilio ne "I Promessi Sposi")MANTOVA
“...talmente bella da rimanere storditi” è questo uno dei commenti che ci vengono in mente ad ascoltare uno dei tanti viaggiatori in visita a Mantova, città scelta come patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. Come le sue vicine città dell'Emilia e della Lombardia, anche Mantova deve la sua passata grandezza ed i suoi monumenti rinascimentali alle famiglie che l'hanno governata nei secoli, in particolare ad una, i Gonzaga, che da umili origini contadine riuscirono a conquistare la città nel 1328 ed a governarla per quasi quattro secoli, fino al 1707.
Il nome “Mantova” deriva da “Manto”, una divinità adorata dai primi abitanti della città, i quali appartenevano al popolo degli Etruschi.
PALAZZO DUCALE. Oltre 34.000 m² d'estensione per uno dei più vasti palazzi di corte in Europa, il Palazzo ducale di Mantova ha visto nascere e crescere il potere dei Gonzaga, lo stesso palazzo diventò in seguito anche residenza principale della regnante Maria Teresa d'Austria. In oltre 500 camere di valore inestimabile troviamo tesori artistici opere dei più importanti pittori del Rinascimento italiano... Andrea Mantegna, che fu pittore di corte e trascorse la maggior parte della sua vita lavorando a Mantova. Tutti gli artisti che passarono per Mantova hanno lasciato la loro firma nel grande palazzo: del Pisanello si ammira per esempio il ciclo di affreschi 'cavallereschi' arturiani (dipinti tra il 1436 ed il 1444) e riscoperto negli anni sessanta dello scorso secolo dietro un intonaco, non si perda inoltre la Sala degli Arcieri con la grande tela di Rubens raffigurante la famiglia Gonzaga. Alcune delle opere d'arte create per i Gonzaga furono nel tempo trasferite altrove in Europa, per esempio il famoso Parnaso (dipinto per lo Studiolo) è oggi custodito al museo del Louvre di Parigi, così come altre opere del Perugino, di Lorenzo Costa (tra cui il bel Isabella d'Este nel regno di Armonia) e del Correggio. Le tele vennero infatti donate al Cardinale Richelieu per le collezioni reali di Luigi XIV. All'interno del Palazzo si ammirino anche la statua funebre di Margherita Gonzaga Malatesta ed il busto di Francesco Gonzaga, così come il quadro di Domenico Marone, La cacciata dei Bonacolsi. La Sala degli Arazzi, che custodisce preziosi tessuti di provenienza fiamminga, creati su disegni preparati da Raffaello e dalla sua scuola, e la Galleria degli Specchi, con decorazioni pittoriche in stile neoclassico realizzate nei primi due decenni del Seicento e poi rivisitate nel 1779 da Giocondo Albertolli.
Castello di San Giorgio di Mantova. Dalle numerose camere labirinti, corridoi, scale, cortili e direzioni varie si raggiunge il Castello di San Giorgio, diventato nel tempo parte integrante del grande palazzo di Mantova. Il castello nacque come edificio difensivo nel 1395 e poi completato nel 1406. Al suo interno sono conservate importanti testimonianze storiche ed artistiche della Mantova di un tempo: l'Appartamento dei Nani, la Galleria dei Mesi e l'Appartamento Estivale, che si affaccia su un cortile a giardini pensili. La ben nota Camera degli Sposi, (Camera Picta) situata negli appartenenti che furono di Isabella d'Este (furono necessari ben nove anni al Mantegna per completare il ciclo di affreschi alle pareti e alle volte del soffitto), un affascinante testimonianza della vita di corte del Cinquecento.
Il Palazzo del Te è stato costruito tra il 1524 e il 1534 su commissione di Federico II Gonzaga per l'architetto e pittore Giulio Romano. Il nome ha origine da una delle isole una volta presenti nel grande canale di Mantova, il Rio, isola di Tejeto e abbreviata a 'Te'.... venne costruito come dimora 'di piacere e tranquillità' e si spiegano così le belle sale interne create dai grandi maestri pittorici dell'epoca. All'interno il grande patrimonio d'arte custodisce: opere di Tiziano, di Anselmo Guazzi e Agostino da Mozzanica, e poi ancora le sale affrescate, come la Camera del Sole e della Luna con le volte in stucco bianco e azzurro, la Sala dei Cavalli, con affreschi delle scuderie dei Gonzaga e soprattutto la famosa Camera dei Giganti, anch'essa del Romano, affrescata con scene classiche di gruppi di Titani e antiche divinità pagane. La Sala Tinelli e la Sala Fruttiere, che serviva da 'serra' invernale per la piante da frutto del palazzo.
Palazzo di San Sebastiano. Accanto ai due palazzi precedenti, troviamo anche il Palazzo San Sebastiano originario del XVI secolo e costruito per conto di Francesco II Gonzaga, dagli architetti Gerolamo Arcari e Bernardino Ghisolfo. Dopo varie destinazioni d'uso, deposito d'armi, caserma, lazzaretto, scuola, l'edificio fu ristrutturato al su antico splendore solo alla fine del XX secolo.....da notare la splendida Loggia dei Marmi e numerosi affreschi di quasi quattro secoli di storia della Mantova dei Gonzaga, sospesa tra Umanesimo e Rinascimento.
Cattedrale di San Pietro (Duomo di Mantova). Il campanile conserva lo stile romanico originario, mentre la facciata, graziosa e in marmo roseo, è decorata da rosoni e pinacoli in un tipico stile barocco.
Basilica di Sant'Andrea. La più grande chiesa di Mantova è anche una delle costruzioni rinascimentali più importanti della città. La sua edificazione venne commissionata a Leon Battista Alberti nel 1462 da Ludovico II Gonzaga, del quale si riconosce la splendida facciata del Quattrocento, mentre la cupola Settecentesca è del Juvarra; l'intero edificio venne infatti costruito in oltre tre secoli. Andrea Mantegna, pittore di corte dei Gonzaga, è sepolto nella prima cappella a sinistra. Nella cripta è ospitata una teca che secondo i fedeli contiene il Preziosissimo Sangue di Cristo (presumibilmente portato qui da Longino, il soldato romano che spinse la sua lancia nel costato di Gesù) ed è oggetto della festa patronale di Sant'Anselmo di Mantova, il 18 marzo.
Le origini del Palazzo d'Arco di Mantova sono recenti, se si considerano altri edifici storici della città. La sua costruzione risale infatti al 1784 e questo si può notare anche dallo stile neoclassico di chiara ispirazione palladiana. Il progetto è opera di Antonio Colonna, un celebre architetto dell'epoca. All'interno si ammirano diverse sale affrescate, tra cui la Sala dello Zodiaco.
La piazza delle Erbe è così chiamata per via del mercato dei prodotti alimentari che traspare da un lato. Già nel medioevo si testimoniava la presenza di un mercato, importante centro di vita cittadina. Si spiegano così anche la serie di palazzi tardo-medievali e rinascimentali inclusi il Palazzo della Ragione e il Palazzo del Podestà, dei secoli XII e XIII e la Torre dell'Orologio, così chiamata per l'orologio astronomico del XIV secolo. Al lato della piazza è situata la struttura religiosa più antica della città, la Rotonda di San Lorenzo, una chiesa in miniatura del XI secolo. Secondo la tradizione la sua costruzione venne commissionata da Matilde di Canossa, in onore al Santo Sepolcro di Gerusalemme e dedicata al martirio di San Lorenzo, uno dei sette diaconi di Roma. L'interno della chiesa, in stile romanico, è di grande effetto visivo e si compone di un abside semircircolare che espone affreschi d'arte di scuola bizantina. La chiesa venne sconsacrata nella seconda metà del XVI secolo per poi venire gradualmente lasciata in abbandono, andando a formare parte del quartiere ebraico di Mantova. Dal 1926 la chiesa è stata riaperta al culto cristiano.
(informagiovani-italia)...storia...
Il primo villaggio risale a circa il 2000 a.C.; in seguito, l'area venne abitata dal popolo degli Umbri. Nel VI secolo a.C. si sviluppò la città etrusca all'interno di un territorio dove numerosi sono i siti archeologici con tracce della civiltà etrusco-padana, il più importante dei quali è il Forcello, nel vicino comune di Bagnolo San Vito. Dopo la dominazione dei Galli Cenomani vi fu la conquista dei Romani avvenuta nel 214 a.C. Divenuta colonia, assurse al titolo di città libera dopo la promulgazione della Legge Giulia del 90 a.C. che estese la cittadinanza romana agli abitanti delle colonie e divenne "municipium" dal 47 a.C. Il 15 ottobre del 70 a.C. ad Andes, piccolo villaggio nei pressi di Mantova, nacque Virgilio (Publio Virgilio Marone). Nonostante questi importanti eventi, la Mantua romana rimase ai margine, secondaria rispetto a città vicine come Verona e Cremona. Come già nella capitale dell'Impero Romano anche a Mantova giunse il messaggio cristiano. Nel 37 d.C. fu martirizzato Longino, il centurione romano che ferì al costato Gesù e che divenne custode del suo sangue e alcuni anni dopo giunse a Mantova e vi predicò, Barnaba, autore del vangelo apocrifo Gli Atti di Barnaba.
Nel 452 a Governolo si svolse il celebre incontro nel quale Papa Leone I fermò l'avanzata verso Roma di Attila, ma il destino di decadenza era ormai segnato. Caduto l'Impero Romano per mano di Odoacre nel 476 d.C., Mantova fu invasa dai Goti di Teodorico e successivamente fu occupata dai Bizantini. All'inizio del VII secolo la città divenne longobarda sotto la guida del re Agilulfo che la riconquistò il 13 settembre 602 e dal 774 iniziò il dominio dei Franchi. Intorno all'anno mille, con Tebaldo di Canossa, Mantova entrò a far parte dei possedimenti Canossiani. Fu elevata a capitale da Bonifacio III senza averne in cambio la fedeltà sperata. All'assassinio di quest'ultimo e dopo la quasi immediata morte dei due figli maschi, ci fu la successione con la figlia, la contessa Matilde che a Mantova vi era nata nel 1046. Durante il periodo matildico a Mantova si tenne un Concilio nel 1064 che assolse il papa Alessandro II dall'accusa di simonia e scomunicò l'antipapa Onorio II. Alla morte di Matilde, avvenuta il 25 luglio 1115, la città, formalmente feudo imperiale, poté costituirsi in Libero Comune in seguito alle concessioni dell'imperatore che rinunciò alla nomina di un nuovo conte. Con Pinamonte Benacolsi nel 1273, Mantova divenne una Signoria, ma il suo fulgente momento iniziò sotto la Signoria dei Corrado di Gonzaga, una delle più celebri e longevi famiglie del Rinascimento italiano, che salì al potere dopo l’uccisione in una rivolta popolare il 6 Agosto 1328 di Rinaldo detto il Passerino. Ben presto questa Signoria fu identificata solo col nome del luogo di origine, infatti inizialmente erano Capitani del Popolo, solo dopo il matrimonio nel 1433 di Gianfrancesco Gonzaga, figlio di Ludovico, con Barbara di Brandeburgo nipote dell'Imperatore germanico Sigismondo, il Casato ricevette “Il Marchesato”. La politica dei Gonzaga era una tenace difesa di un continuo equilibrio tra le potenze confinanti: Repubblica di Venezia, Milano, Ferrara e i possedimenti pontifici. Nel 1459 Papa Pio II proclamò una crociata contro i Turchi, così per decenni la maggior parte delle entrate dei Gonzaga, erano le condotte militari, proventi derivanti dal capitanato degli eserciti di stati alleati. Il culmine del prestigio per i Gonzaga si ebbe con Federico II, figlio di Isabella d'Este, che dal 1530 divenne Duca di Mantova, titolo concesso dall'Imperatore Carlo V dopo aver ricevuto un ingente somma. Nel 1536 in seguito al matrimonio tra Federico II e Margherita Paleologo ci fu l'annessione del lontano Marchesato (poi Ducato) del Monferrato. Essendo esaurita la linea primogenita, nel 1627 un ramo cadetto della famiglia, i Gonzaga-Nevers, francesi, salirono al potere con grande contrarietà dell’Imperatore Germanico, che nel 1630 per decidere la successione del Moferrato inviò un esercito di 36.000 Lanzichenecchi, che presero la città d’assalto devastandola e propagarono la peste. La città contava ormai solo 6.000 cittadini e del prestigio del passato non era rimasto più nulla. L'ultimo dei Gonzaga-Nevers, Ferdinando Carlo, si dimostrò politicamente inetto e inadeguato al ruolo alleatosi con i francesi, al tempo della guerra di successione spagnola, per paura del castigo imperiale, si rifugiò a Venezia, portando con sé quadri, gioielli, monili e denaro. Alla sua morte, nel 1708, venne dichiarato decaduto per fellonia e la sua famiglia perse tutti i diritti sul Ducato di Mantova che passò alla casa d'Austria e nel 1745 la città fu unita allo Stato di Milano. Il “Periodo austriaco” andò dal 1707 al 1797, cominciato sotto l’Imperatrice d’Austria Maria Teresa, che s’impegnò di restituire alla città quell’antica dignità e terminò con l’avvento di Napoleone Bonaparte, dopo un lunghissimo assedio dal 4 giugno 1796 al 2 marzo 1797. Durante la dominazione francese il 20 febbraio 1810 Andreas Hofer, considerato eroe della lotta armata tirolese a favore degli austriaci e contro Napoleone ritenuto invasore (ricordato tuttora nell’Inno Tirolese) fu fucilato a Mantova....miti e leggende....
Manto è una maga immaginaria, personaggio letterario della mitologia greca. Figlia dell'indovino tebano Tiresia dal quale aveva ereditato le capacità magiche e divinatorie, è ricordata da Virgilio (Eneide X, 198-200), da Servio nel suo commento a Virgilio, da Ovidio (Metamorfosi VI, 157) e da Stazio (Thebais, IV 463-466 e VII 578)..A seconda degli autori essa ha diversi connotati. Fu consacrata sacerdotessa di Apollo a Delfo. Per Virgilio fu moglie di Tosco (il mago personificazione del fiume Tevere) e madre di Ocno, leggendario fondatore di Mantova che prese il nome proprio da Manto. Secondo altri autori greci generò Mopso. In Stazio, dopo la morte del padre durante l'assedio di Tebe, essa iniziò a vagare per molti paesi, prima di fermarsi lungo le rive del Mincio dove creò un lago con le sue lacrime, il lago che circonda Mantova appunto. Queste acque avevano il magico dono di conferire capacità profetiche a chi le beveva. Dante Alighieri la riprese per includerla tra i dannati all'Inferno, nella quarta bolgia del ottavo girone dei fraudolenti, tra altri indovini mitologici compreso il padre Tiresia (Inf. XX, 52-57). La sua presenza dà l'occasione al poeta di scrivere una lunga parentesi sulle origini di Mantova, che viene fatta pronunciare da Virgilio stesso. Smentendo sé stesso, Dante immagina che egli rettifichi la sua versione dei fatti, circoscrivendo la fondazione a fatti scevri da riti magici: Manto sarebbe morta nel sito dove poi altri uomini, "sanz'altra sorte" cioè senza sortilegi, fondarono la città, scegliendo il nome in onore della donna lì sepolta. In realtà l'Alighieri la cita anche (in Pg. XXII 113) come figlia di Tiresia ospitata invece nel Limbo, commettendo quindi una probabile svista.
Viveva al tempo della guerra tra i Greci e i Troiani una celebre indovina chiamata Manto.
Un giorno ella volle abbandonare la città nativa per recarsi in un luogo più tranquillo. Sbarcò nell’Italia Meridionale e camminando arrivò alle rive del Fiume Tevere. Qui incontrò un giovane dio che aveva il palazzo sotto l’acqua del fiume, ma che doveva cacciare e cavalcare. Il dio del fiume, forte e buono, la sposò. Da quelle nozze nacque un bambino a cui misero nome Ocno Bianoro. Col passare del tempo Ocno imparò molte cose: sapeva suonare la cetra e il flauto, sapeva cacciare i cinghiali per la foresta e costruire forti zattere. Durante una tempesta sul fiume il padre scomparve. Manto e Ocno, rimasti soli, pensarono di abbandonare quella terra piena di ricordi.
Dopo aver vagato qua e là per l’Italia, giunsero ad un fiume detto Mincio che scorreva nella pianura per poi allargarsi e formare una palude. Manto vide in mezzo all’acqua due isolette piene di canne e volle rifugiarsi in quel luogo tranquillo e silenzioso. Ocno, per accontentare la madre, costruì una zattera e con essa arrivarono alle isolette del Mincio. Si costruirono una capanna di canne su una palafitta e qui l’indovina Manto visse fino alla morte. Ocno le fece una tomba sull’isola più bella. Poi invitò i pastori dei dintorni ad abitare in quella isoletta e chiamò quel luogo “Manto” in onore della madre.
(Virgilio)(Gabry)
La Musica del Cuore
I Grandi Cantautori Italiani
foto:unita.it
Ivano Fossati
« È tutta musica leggera
ma come vedi la dobbiamo cantare,
è tutta musica leggera
ma la dobbiamo imparare »
(Ivano Fossati, Una notte in Italia)
David di Donatello David di Donatello per la migliore canzone originale 2008
Ivano Alberto Fossati (Genova, 21 settembre 1951) è un polistrumentista, cantautore e compositore italiano.
Polistrumentista dal percorso articolato ed eterogeneo è considerato uno degli autori più importanti di tutto il panorama cantautorale italiano. In oltre quarant'anni di carriera ha spaziato nei più diversi generi musicali, dagli esordi prog alla fase rock, fino alle introspezioni colte della maturità. I testi del suo canzoniere hanno spesso toccato argomenti di natura esistenziale, producendo finanche canzoni per alcune delle interpreti più significative della musica italiana. Vincitore più volte della Targa Tenco (quattro volte per il migliore album e due volte per la migliore canzone), nel 2005 ha conseguito il Premio Librex Montale nell'apposita sezione Poetry for Music, succedendo ad altri artisti e colleghi quali Paolo Conte, Francesco Guccini, Lucio Dalla, Franco Battiato, Bob Dylan e Fabrizio De André. Ritiratosi dalle scene musicali nel marzo del 2012, esordisce nel mondo della narrativa con il romanzo Tretrecinque, edito da Einaudi nel 2014
Nasce a Genova nel 1951. La madre, Germana, lavora come sarta al Teatro dell'Opera. Il padre, Aldo, abbandona la famiglia quando lui ha appena un anno. «L'unica cosa positiva di mio padre - ricorderà in seguito l'artista - è che è stato partigiano a diciassette anni». Viene accudito di conseguenza dalla madre e dal nonno Alberto Ricci, operaio presso una conceria della città. A tal proposito il musicista ricorda: «La figura perfetta che si vorrebbe avere come padre. Pienamente buono. Era capace di difendere la famiglia. Non avrebbe esitato a difendere i suoi affetti con tutta la forza. Il gran lavoratore che si sacrifica. Alla famiglia riservava solo i momenti buoni». Fossati cresce all'interno di un clima culturale incline alla musica: suo cugino è uno stimato direttore d'orchestra, mentre lo zio pratica lo strumento del clarinetto. A dodici anni sua madre, amante dell'Opera, lo iscrive a lezioni private di pianoforte ma quando si imbatte in due 45 giri dei Beatles (Please Please Me e Love me do), abbandona il piano per dedicarsi allo studio della chitarra. Tempo dopo il cantante dichiarerà: «Non sopportavo le canzoni: mi sembrava che le parole disturbassero la musica, ne intralciassero il cammino. Poi arrivarono i Beatles e per fortuna cambiai idea...» Il percorso musicale del giovane Fossati è assai eterogeneo: tra i quindici e i sedici anni suona l'organetto, passando poi alla chitarra elettrica, con cui ha rapporti discontinui, e a diciotto anni inizia a studiare flauto traverso. Nello stesso periodo in cui frequenta il Liceo ginnasio Andrea D'Oria si dà a svariati lavori come commesso in un negozio di elettricista, in una fabbrica di denti finti, e infine come dipendente presso un magazzino di cancelleria. Negli anni sessanta hanno inizio le prime esperienze nei vari complessi beat, all'epoca assai in voga. Nel 1967 a Genova, in piazza Galileo Ferraris, nasce il suo primo gruppo beat, "I poeti", formazione con Ivano alla chitarra, Pino Marinaro al Basso, Nicola Novielli alla batteria e Roberto Dicicco alla chitarra ritmica. Una rara foto del gruppo si trova nel libro di Fossati Tutto questo futuro, edito da Rizzoli nel 2011.
Dopo molte esperienze di jam session al locale "Revolution" di Genova, nel 1971 viene ingaggiato dal gruppo dei Sagittari, che successivamente diverranno i Delirium, mettendosi in luce con un interessante repertorio di progressive rock, incentrato sull'ampio uso di flauti, sintetizzatori e arrangiamenti sinfonici. Così facendo, la neonata band anticipa l'impronta prog di futuri gruppi di successo quali Le Orme, gli Area, il Banco del Mutuo Soccorso e la Premiata Forneria Marconi. Il complesso (formato da Mimmo Di Martino, Ettore Vigo, Marcello Reale, Peppino Di Santo e lo stesso Fossati) incide, sempre nel 1971, il primo 45 giri dal titolo Canto di Osanna, con cui partecipa al Festival Pop di Viareggio. Il successivo esordio su 33 giri con Dolce acqua mette in evidenza le qualità di Fossati come leader e cantante. L'occasione si presenta al Festival di Sanremo del 1972 dove il gruppo presenta il brano Jesahel che ottiene successo aprendo alla band le porte per partecipare a Un disco per l'estate presentando la canzone Haum.
L'anno seguente lascia il complesso dei Delirium per intraprendere la carriera solista. Subito dopo parte per il servizio militare, da cui è congedato dopo un anno e mezzo perché inadatto alla vita militare. Il debutto del Fossati cantante è un 45 giri dal titolo Beati i ricchi, tema dell'omonimo film di Salvatore Samperi con protagonista Paolo Villaggio. Fossati canta su musiche di Luis Bacalov, accompagnato dai Godfathers, uno dei molti gruppi r'n'b britannici dell'epoca.
L'esordio sulla lunga distanza avviene un anno dopo, con la pubblicazione dell'album Il grande mare che avremmo traversato. La tematica del viaggio - che diverrà uno dei temi principali del canzoniere di Fossati - è il leitmotiv di un disco che, per quanto acerbo, testimonia le prime qualità autoriali dell'artista. I riferimenti letterari si presentano già numerosi (eloquente quello a Edgar Allan Poe nel brano Il pozzo e il pendolo), così come i versi dedicati al mare nel singolo Vento caldo, altro elemento-cardine dell'intero lavoro del musicista. Tra l'altro con la medesima canzone tenta di partecipare nuovamente al Festival di Sanremo, venendo scartato durante la fase delle preselezioni. In questi anni Fossati conosce l'amico e musicista Oscar Prudente con il quale darà luogo ad una stretta collaborazione che porterà alla pubblicazione di altri due album dal titolo Poco prima dell'aurora, del 1974 e Good-Bye Indiana, del 1975. Sempre nel 1975 i due musicisti scrivono per Gianni Morandi l'intero LP Il mondo di frutta candita. Il sodalizio tra i due artisti prosegue con l'uscita del long playing Infinite fortune, terzo lavoro musicale di Oscar Prudente a cui Fossati partecipa come coautore in tutte le tracce del disco.
Le varie sperimentazioni del Fossati autore portano l'artista a toccare numerosi stilemi, che vanno dal pop classico alle influenze progressive, mostrandone il fermo tentativo di trovare una propria linea espressiva. Il primo momento di rottura avviene nel 1977. Approdato alla Rca e affidato alle cure del produttore Antonio Coggio (già ex collaboratore di Claudio Baglioni), il cantautore traccia un primo solco in direzione di quella evoluzione rock che si delineerà meglio negli anni successivi. In questa prospettiva nasce il quarto album in studio denominato La casa del serpente. Il disco si fa ricordare per il brano Anna di primavera, primo frutto di quella collaborazione con Mia Martini che si farà preponderante nel coevo LP Per amarti (ottavo album in studio della cantante), dove Fossati partecipa firmando i brani Sentimento e Se finisse qui, cover di una canzone americana di Roger Hodgson. Tale sodalizio artistico sfocerà in una duratura relazione sentimentale e vedrà una nuova collaborazione nei brani E non finisce mica il cielo (presentato dalla cantante al Festival di Sanremo del 1982) e Vola. Tale connubio porterà Fossati a divenire un prolifico autore di canzoni, spesso prestando le proprie composizioni alle qualità vocali di altri interpreti.
Se i primi album appaiono ancora istantanee sfocate, assai distanti dagli standard dei successivi decenni, la capacità di Fossati di comporre melodie si manifesta nella scrittura per altri artisti. In questo periodo la sua penna dà vita a numerose ballate portate al successo da alcune delle interpreti più conosciute e preparate. Basti pensare alle canzoni: Un'emozione da poco (scritta per Anna Oxa), Dedicato (per Loredana Bertè), Non può morire un'idea (per Mina) e Mi vuoi (per Marcella Bella). Da ultimo si menziona la trasgressiva Pensiero stupendo, uscita nel 1978, che la voce di Patty Pravo trasformerà in evergreen della canzone italiana. Anni dopo la stessa cantante ai microfoni del Corriere della Sera affermerà: «L'idea del triangolo non mi scandalizzava visto che all'epoca vivevo con due mariti. Lui ha saputo affrontare un tema scabroso con classe e intelligenza. L'ho ascoltata e registrata subito dopo. Praticamente è andato in vendita il provino».[7] Tale serie di brani varrà a Fossati il Telegatto come miglior autore dell'anno, segno di una prima vicinanza della critica musicale al cantautore genovese.
Tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta, Fossati mette a fuoco una scrittura peculiare, capace di dosare l'attitudine rock ad una vena propriamente intimista. Il risultato è l'uscita nel 1979 dell'album La mia banda suona il rock, dove l'impasto musicale è costituito da continui richiami alla musica rock (con preminenza di chitarre elettriche). L'ossatura del disco resta comunque a impianto pop, con richiami sonori di derivazione reggae. Registrato nei celebri Criteria Studios di Miami, con alcuni musicisti dell'entourage di Eric Clapton e Stephen Stills, La mia banda suona il rock alterna energici uptempo a ballate di stampo classico. Ne sono un esempio i brani Dedicato, E di nuovo cambio casa e Limonata e zanzare, quest'ultimo sorretto da influssi squisitamente reggae. L'album rivela l'artista al grande pubblico e gran parte del merito è da ritrovarsi nel successo dell'omonima title-track che lo stesso Fossati tenterà in vari modi di ripudiare. Per tale motivo, negli anni a venire (durante le varie tournée), proporrà il brano in maniera sempre più sporadica fino a farlo scomparire del tutto dalle relative scalette.
Il successivo Panama e dintorni continua il percorso già tracciato nell'album precedente, avvalendosi degli arrangiamenti del tastierista soul-jazz Steve Robbins, che collaborerà nei decenni successivi con altri artisti del calibro di Robert Palmer, Sting e Irene Cara. Il disco dà l'occasione all'artista di reinterpretare la lenta ballata La costruzione di un amore, già scritta nel 1978 per l'allora compagna Mia Martini. Oltre alla canzone di lancio Panama. continue venature rock si manifestano nei brani J'adore Venice (riproposto in versione jazz, nel live Carte da decifrare) e in La signora cantava il blues, titolo usato nella propria autobiografia dalla celebre interprete Billie Holiday, alla quale il brano è dedicato. Il disco, nel gennaio del 2012, occuperà la cinquantesima posizione nella speciale classifica dei 100 album italiani più belli di ogni tempo, stilata dall'autorevole rivista Rolling Stone.
Nel 1982 scrive e compone la hit Non sono una signora, contenuta nel disco Traslocando di Loredana Bertè, il primo di tre LP prodotti dall'artista per la cantante calabrese. Quando Fossati le fa ascoltare per la prima volta Non sono una signora, la Berté viene preventivamente addolcita da una mousse al cioccolato preparata per l'occasione dalla sorella Mia Martini, per il timore di un'eventuale reazione scomposta dell'artista. Il singolo si aggiudicherà la vittoria al Festivalbar, diventando uno dei maggiori successi commerciali della cantante, e trainando l'intero album al traguardo del disco di platino per oltre 200 mila copie vendute. Nel 2012, il mensile musicale specializzato Rolling Stone giudicherà Traslocando il miglior lavoro discografico interpretato da una cantante in Italia Il terzo capitolo del periodo rock giunge nel 1983 con la pubblicazione del nuovo LP Le città di frontiera, dedicato al musicista statunitense Randy Newman. L'opera contiene canzoni come La musica che gira intorno (sferzante apologo sulla vacuità dell'arte), Amore degli occhi, Traslocando (nuova ballata già interpretata dall'amica Loredana Bertè) e la giovanilista I ragazzi cattivi.
Con l'uscita dell'album Ventilazione, datato 1984, l'artista porta a termine la propria sperimentazione ritmica e musicale. Il disco, assai aspro nelle sonorità e piuttosto ermetico nei testi, annovera la rivisitazione in chiave rock del brano Boogie, scritto dal collega Paolo Conte. Altra cover è la traccia La locomotiva (da The Rail Song di Adrian Belew). Da ricordare Il singolo Viaggiatori d'Occidente e in particolar modo Il pilota, canzone antesignana di quella passione per il volo che l'autore concretizzerà nell'album Lindbergh - Lettere da sopra la pioggia. Un anno più tardi, nel 1985, collabora all'album Scacchi e tarocchi del collega Francesco De Gregori producendo due brani: l'omonima title-track e Miracolo a venezia. Di lui De Gregori affermerà: «Ho sempre ammirato Ivano per la musica che ha fatto, per le canzoni, per i testi che io giudico fra i più interessanti che si possano leggere in Italia. Ho lavorato con lui in condizioni psicologiche positive, perché con Ivano ho sempre avuto l'impressione che quello che stavo facendo fosse il meglio delle mie possibilità»
Nel 1986 il compositore genovese volta pagina. Abbandonate le sonorità rock e progressive degli anni precedenti, si cala con sicuro mestiere in una veste "cantautorale" a lui più congeniale. In tal modo, inizia a sfornare una serie di album ad alta introspezione storica e psicologica. La parte testuale, via via più colta e ricercata, viene corredata da costruzioni ritmiche ispirate alla musica sudafricana. Il primo risultato di questo nuovo corso è il disco 700 giorni. Prodotto da Allan Goldberg, l'opera è articolata da suoni e suggestioni di matrice squisitamente etnica. Basti pensare alla danza sudafricana di Buontempo, al folk celtico di Gli amanti d'Irlanda e al pastiche ritmico di Non è facile danzare. Queste tracce, assieme alla più nota Una notte in italia, testimoniano una spiccata ricerca verso quella world music che troverà definitivo compimento nei lavori successivi. Da non dimenticare il dittico antibellico Dieci soldati e Il passaggio dei partigiani, con testi che rievocano le pagine dello scrittore Beppe Fenoglio, nonché squarci del cinema neorealista. A suggellare tale svolta giunge, nello stesso anno, la conquista della sua prima Targa Tenco, nell'apposita sezione miglior album dell'anno. Durante la specifica rassegna condivide il palco con gli artisti Paolo Conte, Francesco De Gregori e Roberto Benigni, interpretando una canzone del musicista astigiano denominata Sudamerica. Nel frattempo collabora con Ornella Vanoni, per la quale produce assieme a Greg Walsh il disco O, uscito sul mercato nel 1987.
Il contiguo La pianta del tè, uscito nel 1988, ci consegna un artista all'apice dei propri mezzi espressivi. L'opera alterna ricercati spunti orientali a composizioni più classiche, il tutto sostenuto da un'inventiva testuale sempre più solida e matura. Di rilievo la notturna title track (divisa in due parti), dove emerge il contrasto tra i vellutati flauti di canna andini e le incessanti percussioni di matrice etnica. Un'analoga ambientazione si ritrova nel brano La volpe, cupa filastrocca d'amore dove al controcanto è presente la voce di Teresa De Sio. Da menzionare la malinconica L'uomo coi capelli da ragazzo e Questi posti davanti al mare, tutta costruita su una melodia pop, costantemente cesellata da una squillante fanfara. Il brano vede la partecipazione di Fabrizio De André e Francesco De Gregori che cantano gran parte del testo alternando la loro voce a quella dell'autore. Il singolo riceverà la prestigiosa Targa Tenco come miglior canzone dell'anno. L'album continua con la "francese" Le signore del Ponte-Lance (per soli pianoforte e voce), con l'elaborata Chi guarda Genova e infine con la traccia Terra dove andare, sostenuta da un ritmo reggae, ingentilito da un ardito contrappunto per fisarmonica.
All'inizio degli anni novanta, ispirato da un lungo viaggio in Portogallo, esce sul mercato discografico Discanto. Il terzo capitolo della "maturità" presenta uno stile linguistico ancor più colto ed elitario come dimostrano i versi delle canzoni Lunario di Settembre e Confessioni di Alonso Chisciano. La prima, tratta da una sentenza di condanna per stregoneria, è costruita su di un linguaggio volutamente burocratico e barocco; la seconda è una riflessione sui turbamenti del celebre personaggio di Don Chisciotte, mostrandone un'aura discorde da quella proposta nel romanzo. Dominante è l'uso della chitarra portoghese ("breguesa") nella traccia Lusitania, che apre il disco con elaborate sequenze ritmiche di batteria e percussioni. Inediti accostamenti strumentali si ritrovano in Passalento e nella canzone Italiani d'Argentina, mentre un recupero della fase rock è presente nell'omonima Discanto. A chiudere le canzoni Unica rosa (quasi un gioco lessicale sulle possibili rime in "osa") e il ritratto femminile di Albertina (per soli pianoforte e voce). Nella canzone Piumetta compare nel controcanto Fiorella Mannoia, artista con cui Fossati collaborerà numerose volte. Infatti, scriverà per la cantante romana molti brani tra cui: I treni a Vapore, Le notti di Maggio e 1991 L'amore per amore; il primo verrà riproposto dall'autore nel live Dal vivo, uscito nel 1993. Il nuovo LP verrà in seguito premiato al Club Tenco come miglior album dell'anno.
A completare questa nuova tetralogia, giunge nel 1992 Lindbergh - Lettere da sopra la pioggia. Il disco viene trainato dal fortunato singolo La canzone popolare, che per beneplacito dell'artista diverrà, anni più tardi, l'inno elettorale dell'allora coalizione di centrosinistra. In merito a questo fatto il musicista rivela: «Sono di sinistra, non della sinistra» e ancora: «Per un lungo periodo non l'ho più cantata. Sapeva di politica e io non ho mai fatto concerti politici. Pentito? No, però oggi consiglierei a un collega più giovane di non farlo. La politica oggi ha bisogno di buone idee e non di canzoni: rischi di farti fraintendere». Il disco è ispirato alle leggendarie imprese del pilota Charles Lindbergh, autore della prima trasvolata atlantica senza scalo della storia dell'aeronautica. Il musicista asciuga ulteriormente il suo songwriting creando un apposito clima intimista, mettendo spesso in rilievo gli strumenti celtici della tradizione new age. Ciò viene a esemplificarsi nel brano La barca di legno di rosa e soprattutto nella già citata La canzone popolare.
Anche in questo lavoro la componente world music non viene tralasciata ed è senz'altro ravvisabile nella canzone Mio fratello che guardi il mondo, rafforzata dalle percussioni di Trilok Gurtu, tutte impegnate in un "fitto dialogo" con una nitida e occidentale chitarra acustica. Atmosfere da popular music si ritrovano nella traccia Sigonella, mentre commistioni jazz si rilevano nella pianistica Notturno delle tre. Inoltre, c'è spazio per due canzoni antimilitariste. La prima, Il disertore, è la traduzione di una poesia di Boris Vian, accompagnata dalla sola chitarra acustica. La seconda, Poca voglia di fare il soldato, è strutturata su un morbido tappeto di pianoforte, ricamato da improvvisi assoli di flauto. In conclusione, l'intensa Lindbergh: breve riflessione esistenziale declamata da un piccolo e solitario aviatore. La conquista della terza Targa Tenco come miglior album dell'anno conferma le sue qualità di autore eclettico e originale.
Nel 1993 il musicista decide, di concerto con il produttore Beppe Quirici, di registrare i suoi primi album live, dal rispettivo titolo Dal vivo volume I - Buontempo e Dal vivo volume 2 - Carte da decifrare. Come lo stesso Fossati riporta nelle note di copertina del secondo disco, le registrazioni non vengono sottoposte a rielaborazioni posteriori. Esse risultano semplicemente «la fedele testimonianza di ciò che le nostre forze ci hanno consentito di fronte al pubblico del Teatro Ponchielli, nella città di Cremona, le sere del 2 e del 4 marzo 1993». Entrambi gli album ripercorrono gran parte della carriera dell'artista e alcune tracce come E di nuovo cambio casa, La volpe e J'adore venice vengono ad assumere vesti musicali nuove e inedite. L'unico brano originale è la canzone Carte da decifrare, presente come settima traccia nel secondo volume. Compare, inoltre, un'esecuzione del brano Naviganti, scritto l'anno precedente per il musicista Bruno Lauzi. Nel 1994 vede la luce il primo album-tributo dedicato all'artista ligure dal titolo I Disertori. Ivano Fossati riletto da .... Al progetto partecipano molti gruppi emergenti che, in seguito, troveranno spazio e successo come gli Afterhours, i Mau Mau, i La Crus, e i Modena City Ramblers.
Dopo una pausa di tre anni, Fossati torna in studio per registrare il suo quattordicesimo LP denominato Macramè e pubblicato nel 1996. Il suggestivo titolo è un vocabolo derivato dalla lingua araba mahramatun (fazzoletto) o da migramah (frangia per guarnizione), che come molte parole mediorientali, è entrato nel lessico ligure grazie agli approdi dei vari marinai al porto di Genova. Nel linguaggio comune il termine ha assunto il significato di ricamo o intreccio a cui il titolo allude per evidenziare le commistioni musicali di cui l'opera si nutre. Il nuovo Long playing rinnova il connubio tra elettronica e strumenti tradizionali, senza rinunciare ai consueti accenti etnici. L'album vede la partecipazione del bassista dei King Crimson Tony Levin, presente in due tracce delle quali è al tempo stesso coautore (L'abito della sposa e La stella benigna). Lo strumento utilizzato dal musicista americano è lo stick (presente anche nel brano Speakering), mentre nella canzone Bella speranza si esibisce al contrabbasso elettrico. I brani L' amante, L'angelo e la pazienza e L'orologio americano ricalcano bozzetti di vita su trame sonore volutamente scarne, irrobustite da sequenze di percussioni molto elaborate (in alcune tracce la sessione ritmica è formata da Walter Kaiser, Trilok Gurtu, Naco, Claudio Fossati e Beppe Quirici). Il musicista risulterà per la quarta volta vincitore della Targa Tenco nella sezione miglior album dell'anno, raggiungendo un primato condiviso ex aequo con l'amico e collega Francesco De Gregori.
Al giro di boa degli anni ottanta le strade musicali di Ivano Fossati e Fabrizio De André finiscono per incontrarsi. L'occasione arriva con la già citata partecipazione di De Andrè al disco La pianta del tè. Il rapporto tra i due artisti, anche per via delle comuni origini, si cementa due anni più tardi con la pubblicazione dell'album Le nuvole, dove Fossati partecipa al disco del collega in qualità di coautore dei brani Mégu megún e 'Â çímma. In merito a questa prima esperienza lo stesso Fossati chiarisce: «Per scrivere queste due canzoni ci abbiamo messo un sacco di tempo, vuoi per la lentezza che ci accomuna, vuoi per la nostra pigrizia e i nostri mugugni. Fabrizio in questo è rigorosissimo. Lui sa bene che dietro ogni parola c'è una responsabilità, bisogna dire le cose che si condividono, non le altre, e allora la scelta di un termine, di un aggettivo, poteva prendere anche tre giorni. È un tipo di approccio che anch'io condivido e cerco di applicare nei miei testi». Grazie a questo primo confronto nasce nei due musicisti una reciproca stima che sfocerà nella stesura a due mani dell'album Anime salve, uscito per la BMG Ricordi nell'autunno del 1996.
Così facendo, a Longiano, in Romagna, inizia nel 1995 l'atteso album di Ivano Fossati e Fabrizio De André. Ad accompagnarli sono Michele Ascolese alla chitarra, Naco alle percussioni, Stefano Melone alle tastiere, Elio Rivagli alla batteria e Beppe Quirici al basso. Il materiale che nei giorni a venire passa in preproduzione risulta gradito a tutti, soprattutto una composizione di Fossati per solo piano che in seguito assumerà le sembianze della title-track. Però, col passare del tempo, le impostazioni pianistiche adoperate dall'artista sui vari brani non convincono De André che vede il progetto sfociare verso uno stile più prossimo al collega. Ad un certo punto i due autori si chiariscono e il musicista decide di assecondare De André acconsentendo a che il progetto venga realizzato esclusivamente da quest'ultimo. In proposito Beppe Quirici affermerà: «Ivano è molto concentrato sul piano e tutte le sue composizioni sono orientate in tal senso. Fu questa la vera causa dell'interruzione del progetto. Ci siamo comunque lasciati bene, al di là dell'ovvia amarezza del momento». In tal modo viene a termine la collaborazione tra i due; questo non impedirà a Fossati di intervenire vocalmente in due canzoni del disco: Anime salve e  cúmba. Tra le altre cose, in qualità di coautore del brano Prinçesa il musicista vincerà la Targa Tenco per la miglior canzone dell'anno. A seguito della morte del cantautore di Pegli, avvenuta nel 1999, l'artista sentenzierà: «Ero stato un suo ammiratore molto prima che un suo amico. A poco più di vent'anni avevo letteralmente consumato sul piatto del giradischi Non al denaro, non all'amore né al cielo e Storia di un impiegato. Tenevo in considerazione quei due album al pari di quelli di Jimi Hendrix o dei Rolling Stones. Nessuna differenza. Come se la musica di Fabrizio fosse arrivata anch'essa dall'America, da Plutone o da un pianeta ancora più lontano, sul quale fosse lecito scrivere canzoni in italiano»
Tempo dopo dà alle stampe la sua prima antologia dal titolo Time and Silence - Canzoni a raccolta, uscita nel 1998. Oltre alla presenza di molti classici del suo repertorio compare l'inedito Il talento delle donne, pregno di richiami alla tradizione orientale. «In questa canzone - racconta l'autore - ho utilizzato le sillabe sacre 'Om mani padme hum', tratte da un noto mantra tibetano, affinché mi aiutassero a tracciare la linea d'ombra, il più possibile netta, fra l'idea ciclica del tempo orientale e quella lineare che è la nostra. Le parole 'tempo e silenzio', invece, sono espresse in inglese, perché più di ogni altra lingua sembra rappresentare oggi il modello occidentale». Nel frattempo, si dedica alla rielaborazione di evergreen del cantautore brasiliano Chico Buarque de Hollanda e di altri musicisti come Djavan e Supertramp. Nel merito, si ricorda l'interpretazione di Fiorella Mannoia nel brano dell'artista brasiliano O Que Será, tradotto in italiano dal cantautore genovese.
Parimenti si cimenta in un'intensa attività per il teatro e per il cinema, scrivendo musiche per diversi spettacoli e per due film del regista Carlo Mazzacurati, rispettivamente Il toro e L'estate di Davide, e per il quale firmerà in futuro altre pellicole come La lingua del santo e A cavallo della tigre. In ambito teatrale, le sue prime composizioni risalgono agli inizi degli anni Settanta. Nell'occasione collabora con lo scenografo Emanuele Luzzati, presso il Teatro della Tosse di Genova. Sempre nel 1998, nel corso del suo tour estivo, il cantante dedica cinque concerti al comitato "Per la bellezza", allo scopo di combattere il degrado ambientale di molte città italiane. Contemporaneamente, alcuni suoi dischi vengono pubblicati in Francia, a cura della casa di produzione Columbia Tristar. Nel febbraio del 1999 partecipa come super ospite al Festival di Sanremo cantando il brano Mio fratello che guardi il mondo; la performance ottiene uno share di dodici milioni di telespettatori.
A quattro anni di distanza dall'ultimo LP esce nel 2000 La disciplina della Terra. In termini musicali l'album vede un ritorno a sonorità elettriche, da tempo assenti in gran parte della sua produzione. Il disco si apre con il brano La mia giovinezza, strutturato da un mix di chitarra elettrica, fisarmonica, percussioni e flauto, con l'obbiettivo di riprendere consuete atmosfere world music. Treno di ferro (dedicata ai "ragazzi che partono in pace e in guerra"), è un'altra ballata antimilitarista, mentre la title track è incisa da Fossati in solitudine, con la sovraincisione dell'orchestra diretta da Gianfranco Lombardi. La satirica Iubilaeum bolero si avvale della presenza alla tromba e al flicorno di Enrico Rava e si chiude con un recitativo della cantante Mercedes Martini. Nel 2001 esce per Einaudi, Ivano Fossati - Carte da decifrare, un libro che ripercorre trent'anni di carriera dell'artista con allegato il CD Concerto in versi, parole e suoni, tratto dallo spettacolo ideato con l'attrice Elisabetta Pozzi. Canzoni come Mio fratello che guardi il mondo , Poca voglia di fare il soldato e Cow boys, dialogano con le improvvisazioni musicali e con la voce dell'attrice che recita versi di poeti quali Primo Levi, Thomas Stearns Eliot ed Edoardo Sanguineti.
Dopo aver inciso l'ambizioso strumentale Not One Word, nel 2003 esce sul mercato discografico Lampo viaggiatore. L'artista, in un'intervista a la Repubblica, mette a confronto quest'ultima fatica con quella precedente: « Not One Word - spiega - mi ha fatto capire che la musica è come lo scafo d'una barca, le parole come il timone. E avendo capito cosa vuol dire viaggiare senza timone, mi sono semplificato. C'è molto di quel disco anche qui: credo di averlo scritto pensando più ai juke box sulle spiagge d'estate, che al ponderoso concetto di canzone d'autore». Ciononostante, emergono scenari di forte denuncia civile presenti nel brano Pane e coraggio, con un testo incentrato sul tema sociale dell'immigrazione. Degne di nota la pianistica Il bacio sulla bocca e la melodica e intensa C'è tempo. Il musicista ripercorre finanche sonorità caraibiche che si fanno esplicite nelle canzoni La bellezza stravagante e Io sono un uomo libero, regalata in precedenza all'artista Adriano Celentano. La traccia è presente nel disco Esco di rado e parlo ancora meno, uscito il 10 novembre del 2000.
Il 15 ottobre 2004 incide un nuovo live denominato Dal vivo volume 3 - Tour acustico. Il disco costituisce, come suggerisce il titolo, la prosecuzione ideale dei due live precedenti, Dal vivo volume I - Buontempo e Dal vivo volume 2 - Carte da decifrare. La decisione di registrare le varie performance deriva dal tour acustico che l'artista ha tenuto nel novembre del 2003. Inizialmente la serie di concerti non prevede nessuna pubblicazione, ma una volta risentite alcune registrazioni, Fossati matura l'idea di un nuovo album dal vivo. Seppur nato con la definizione di Tour acustico, nel concerto non mancano strumentazioni elettriche. Acustica è però l'atmosfera, in quanto, a fianco degli strumenti convenzionali, ne vengono usati altri inusuali come i bicchieri suonati dal figlio Claudio Fossati (a mo' di vibrafono) o la ruota di una bicicletta con tanto di cartoncino inserito tra i raggi.
Alla fine del 2005 il cantante torna in studio per incidere il suo diciottesimo album dal titolo L'arcangelo, uscito all'inizio del 2006. Definito dalla critica come "il disco più politico di Fossati", il nuovo progetto segna un deciso ritorno al rock, diluito dall'usuale sensibilità per le ritmiche sudamericane. Il termine "politico", in realtà, non rimanda a nessuna ideologia o appartenenza di partito, piuttosto pone l'accento sulla vita di tutti i giorni, affrontando tematiche sociali quali la guerra, la democrazia, l'oriente e le libertà sessuali. Argomentazioni politiche affiorano di conseguenza nelle tracce Ho sognato una strada e Cara Democrazia, mentre tematiche di natura amorosa si aprono nei testi delle canzoni La Cinese (su musiche di Pietro Cantarelli) e L'Amore Fa. Nel settembre del 2006, in concomitanza con la scadenza del contratto con l'etichetta discografica Sony BMG ed il successivo passaggio alla EMI Italiana, esce uno speciale cofanetto in tre CD intitolato Ho sognato una strada che contiene alcuni tra i suoi brani più famosi, racchiusi nel periodo tra il 1977 ed il 2006. Nello stesso anno partecipa al nuovo lavoro musicale di Zucchero, scrivendo assieme al cantautore emiliano il singolo È delicato.
Nel 2008 partecipa alla colonna sonora del film Caos calmo, con protagonista l'attore e regista Nanni Moretti. Per l'occasione scrive il brano L'amore trasparente, che verrà successivamente premiato con il David di Donatello per la migliore canzone originale e il Nastro d'Argento alla migliore canzone L'anno seguente, lo stesso singolo farà parte del nuovo disco (uscito per l'etichetta discografica Capitol-Emi), intitolato Musica moderna. L'opera si apre con l'energica Rimedio. Segue la memorialistica Cantare a memoria, la relativa title-track, la ritmica Miss America e Last minute, interamente sostenuta dalla batteria del figlio Claudio. In precedenza, nel gennaio 2009, partecipa al tributo televisivo in onore di Fabrizio De André, interpretando la canzone Smisurata preghiera, seguito da quello dedicato a Giorgio Gaber durante il Festival teatro canzone di Viareggio, dove esegue L'illogica allegria. Mesi più tardi canta nell'ultimo disco di Claudio Baglioni Q.P.G.A., nella canzone Il rimpianto. A Luglio dello stesso anno, riceve ad Aulla il Premio Lunezia Rock d'Autore per il valore Musical-Letterario dell'album Musica moderna. Nel 2010 scrive per Anna Oxa Tutto l'amore intorno, singolo che segna il ritorno sulle scene musicali della cantante. Il brano, eseguito anche dallo stesso Fossati, esce nelle radio il 20 agosto 2010.
La sera del 2 ottobre 2011, durante la puntata del programma Che tempo che fa, il cantautore presenta la sua ultima raccolta di inediti dal titolo Decadancing, in uscita sul mercato il 4 ottobre successivo. A sorpresa, durante la presentazione del disco, annuncia il proprio ritiro dalle scene affermando di non voler più produrre dischi né programmare future tournée, eccezion fatta per quella legata al suo ultimo lavoro. Così l'artista ai microfoni della trasmissione: «Ho pensato, non in questi due giorni, ma in due o tre anni, che non farò altri dischi, altri concerti». «Fine della carriera?», ha chiesto Fabio Fazio al cantautore genovese. «Sì», ha risposto Fossati, il quale ha aggiunto: «si tratta di una decisione serena, presa in tanto tempo. Ho sempre pensato che, alla mia età, avrei voluto cambiare. Mi sono sempre chiesto se al prossimo disco avrei potuto garantire la stessa passione che mi ha portato fino a qui. Non credo che potrei ancora fare qualcosa che aggiunga altro rispetto a quello che ho fatto fino ad ora. Il prossimo sarà l'ultimo tour».
Giorni più tardi, al Piccolo Teatro di Milano, il musicista sottolinea: «Tirarsi fuori dai meccanismi discografici non equivale a dire addio alla musica. Non è la musica che abbandono, anzi voglio studiare, suonare molto, rimanere appassionato». Rispondendo ai numerosi giornalisti presenti chiarisce: «Come autore se dovessi scrivere qualche canzone che merita di uscire dal cassetto, magari telefonerò a qualche amico. Così come se tra cinque anni un artista mi chiedesse un assolo di chitarra gli direi di si, ma di esibirmi e cantare non se parla». In merito al disco l'autore invita a non considerarlo come un testamento in quanto il progetto non ha nulla di autobiografico. Allo stesso tempo evidenzia il carattere dell'opera, che a dispetto del titolo non vuole porsi nell'ottica di un giustificato pessimismo (come si evince nella traccia conclusiva Tutto questo futuro). L'artista, da ultimo, aggiunge:« Decadancing non nasce dal pessimismo, ma da ciò che ho visto e che va separato dalla volontà di esserci, di vedere questo futuro e di vederlo bene. E ai giovani che vogliono guardare lontano, consiglio di considerare la propria terra l'Europa intera. Non è un invito a scappare dal paese, ma a pensare che le frontiere non si devono nemmeno vedere, e questo non solo nella musica». Nell'ultimo LP si riduce sensibilmente il formato protest song che aveva caratterizzato opere come L'arcangelo, focalizzando l'attenzione al recupero di melodie per archi e pianoforte rinvenibile nelle tracce Settembre, Un natale borghese, Laura e l'avvenire e nel quadretto amoroso di Se non oggi.
A conferma di quanto affermato nelle varie interviste, sempre nel novembre 2011, scrive per Laura Pausini la canzone Troppo tempo inclusa nel disco Inedito. Nella canzone Fossati partecipa in brevi passaggi sia come cantante che come chitarrista. Allo stesso modo, Il 5 novembre 2013, viene pubblicato l'album Senza paura della cantautrice italiana Giorgia, contenente Oggi vendo tutto, scritto e musicato dall'artista genovese. La sua ultima esibizione televisiva è andata in onda in prima serata il 23 gennaio 2012, negli studi del programma Che tempo che fa, trasmesso sul terzo canale Rai. Durante la puntata il cantante ha proposto una galleria di canzoni tratta dal suo repertorio; in studio sono intervenuti gli amici Zucchero e Fiorella Mannoia.
Il 19 marzo del 2012 l'artista conclude la propria tournée, esibendosi per l'ultima volta al Piccolo teatro di Milano. Il giorno dopo, il 20 marzo 2012, viene pubblicato un album-tributo dove svariati artisti reinterpretano molti classici della sua produzione; il disco è intitolato Pensiero stupendo - Le canzoni di Ivano Fossati interpretate dai più grandi artisti italiani. Infine, dai concerti del Decadancing tour è stato estratto il DVD live Dopo tutto, uscito nei negozi il 4 dicembre 2012.
fonte: wikipedia.org(Ivana)
RUBRICHE
(Redazione)
L’ISOLA NELLO SPORT
CRONACA SPORTIVA
Giro: Nibali cede ancora, è ora quarto a 4'43".
Medico Astana, sottoporremo Squalo a esami clinici. Vincenzo Nibali, giunto al traguardo di Andalo con un ritardo di 1'46" dal vincitore Valverde e dalla maglia rosa Kruijswijk, scivola di una posizione in classifica e ora è quarto a 4'43" dal primo in classifica. Nibali ha perso contatto con i tre fuggitivi che si sono giocati la vittoria di tappa sulla salita del Fai della Paganella, a circa 16 chilometri dall'arrivo.
Medico Astana, sottoporremo Nibali a esami clinici - Vincenzo Nibali, oggi in crisi negli ultimi chilometri della 16/a tappa del Giro, sarà sottoposto nelle prossime ore a una serie di esami clinici per capire "se ci sono elementi di salute che giustifichino il rendimento attuale inferiore alle aspettative". Lo ha detto - intervistato dalla Rai - il medico dell'Astana Emilio Magni. "Mi sono già attivato - ha spiegato - domani non sarà possibile, penso dopodomani". Nibali, finita la gara, ha raggiunto direttamente l'albergo per sottoporsi a una seduta di massaggi.
(Ansa)
Moto, lo staff di Rossi accusa: fornitura motori non all'altezza.
Tra rammarico e polemiche, il ko di Vale al Mugello lascia strascichi. Valentino Rossi subito fuori al Mugello, forse è tutta colpa di una fornitura difettosa della Yamaha. A a far pensare che i motori in fumo del campione pesarese in gara domenica e di Jorge Lorenzo nel warm-up non siano frutto del caso è Silvano Galbusera, capo meccanico del Dottore, secondo cui, nonostante quanto accaduto all'inizio del corsa nell'autodromo toscano, il Mondiale piloti in MotoGp di non è chiuso ''perchè Vale andava più forte di tutti e nei prossimi due Gran Premi possiamo essere competitivi come domenica''. I motori Yamaha di Lorenzo e Rossi erano stati già tutti utilizzati nella gara precedente, per cui era il terzo motore di tutti e due e non avevano dato nessun problema. ''Anche perché - fa notare Galbusera - i motori che abbiamo tolto avevano quasi il doppio dei chilometri, senza problemi hanno girato per due giorni. Non siamo in grado di capire che cosa sia successo, dobbiamo analizzare tutte le parti del motore. Il motore di Valentino aveva molti meno km di quello di Lorenzo, sostituirlo preventivamente dopo quanto capitato allo spagnolo significava far correre Rossi con un motore mai utilizzato, troppo rischioso. Non abbiamo portato nulla di speciale al Mugello, i motori sono sigillati, chiusi. Niente di diverso è stato usato domenica. E' solo sfortuna - e prosegue il capo meccanico di Rossi - Valentino era molto competitivo sin da sabato, era li con Lorenzo e lo controllava, ne aveva di più dello spagnolo. Non abbiamo la controprova ma l'ha detto anche Lorenzo che Rossi ne aveva di più" sottolineando che "l'ultimo pensiero che avevamo era l'affidabilità, Valentino mi ha ricordato che l'ultimo motore rotto è stato Misano nel 2007. Certo - conclude - due motori rotti uno dietro l'altro mi fanno pensare che qualcosa nella fornitura non era all'altezza''.
(Ansa)
Coni: Valentina Vezzali nella "Walk of fame".
Oltre a schermitrice anche Braglia, Mazzinghi, Pigni e Fiorillo. La Giunta nazionale del Coni ha decretato l'inserimento di 5 nuovi atleti nella 'walk of fame'. Fra di loro spicca il nome della campionessa olimpica di scherma e portabandiera a Londra 2012, Valentina Vezzali. Con lei, gli altri prescelti sono Alberto Braglia, ginnasta portabandiera azzurro ai Giochi di Stoccolma 1912, il pugile Sandro Mazzinghi, campione del mondo nei pesi medi junior, la mezzofondista Paola Pigni, bronzo ai Giochi di Monaco 1972 e il pallanuotista Mario Fiorillo, capitano del Settebello ora a Barcellona 1992.
(Ansa)(Gina)
GOSSIPPANDO!!!
Mercedesz Henger: “Sono single, con Jonas sull’Isola solo un’amicizia”
La figlia di Eva Henger e Riccardo Schicchi, reduce dall'ultima edizione dell'Isola dei Famosi, ha chiesto scusa a tutti gli italiani per averli spaventati con la gara d'apnea e poi specifica il punto relativo alla sua situazione sentimentale.
Mercedesz Henger è stata ospite di Barabara D'Urso a Domenica Live, in compagnia di sua madre Eva Henger, dopo il ritorno dall'Isola dei Famosi, edizione chiusa la scorso lunedì con la vittoria di Fragomeni inaspettata. Il pugile è riuscito a superare la concorrenza di personaggi ben più noti di lui come Marco Carta, Jonas Berami, Paola Caruso e la stessa Mercedesz, per diverse settimane favorita assoluta della seconda edizione dell'Isola dei Famosi targata Mediaset e condotta da Alessia Marcuzzi.
Come noto, la figlia di Eva Henger e Riccardo Schicchi, morto alcuni anni fa, si è fatta notare soprattutto per un evento specifico accaduto all'Isola, ovvero lo spavento che ha fatto prendere ad Alessia Marcuzzi, tutti gli italiani e sua madre, svenuta in diretta, durante la prova apnea, nel corso della quale sembrava avesse qualche problema fisico e stesse annegando, praticamente in diretta televisiva. Anche Barbara D'Urso le ha fatto notare dello spavento che ha fatto prendere a tutti, lei compresa, così Mercedesz ha approfittato per chiedere scusa:
Mi fermano per strada dicendomi di avergli fatto venire un attacco di cuore. Quindi volevo scusarmi pubblicamente con tutti per quanto è accaduto.
Barbara D'Urso tenta di estorcere a Mercedesz un'informazione su cui tutti stanno tentando di indagare, riguardante la sua situazione sentimentale. Mercedesz è fidanzata oppure no? E con Jonas è scattato qualcosa sull'Isola? "Sono single e con Jonas è solo una bella amicizia", risponde lei, anche se il sorriso tende a far intuire come non sia proprio la verità e che qualcosa sotto possa esserci.
fonte:/http://gossip.fanpage.it/(Lussy)
… TRA CURIOSITA’ E CULTURA …
MUYBRIDGE RECALL
Dal 18 Maggio al 01 Ottobre 2016
Finalmente un grande mostra italiana su Eadweard Muybridge (1830; 1904), il fotografo che inventò il movimento, influenzando con le sue immagini Degas e gli artisti del suo tempo, anticipando la nascita del cinema. A proporla a Milano dal 19 maggio al 1 ottobre è la Galleria Gruppo Credito Valtellinese, con la curatela di Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio.
Muybridge, inglese emigrato negli States, ebbe il primo approccio professionale con la fotografia documentando la potente bellezza del Parco Nazionale di Yosemite. Poi la curiosità di un uomo d'affari lo spinse a verificare l'ipotesi se, nel galoppo, tutte e quattro le zampe del cavallo risultassero contemporaneamente alzate rispetto al suolo, come le aveva dipinte, per esempio, l'artista francese Théodore Géricault nel dipinto Il Derby a Epson (1821).
Utilizzando 24 fotocamere collegate ad altrettanti fili lungo il percorso, Muybridge ottenne una sequenza di immagini che documentavano con assoluta precisione il movimento dei cavalli, confermando che per alcuni istanti effettivamente nel galoppo l'intero loro corpo risulta sollevato dal suolo, ma indicando anche che l'estensione delle zampe risultava del tutto diversa da quella immaginata agli artisti.
Paul Valéry riconobbe come le fotografie di Muybridge rivelano chiaramente gli errori in cui sono incorsi tutti gli scultori e i pittori quando hanno voluto rappresentare le diverse andature del cavallo.
Queste immagini divennero celebri: molti artisti, e tra loro Degas, capirono l'importanza della fotografia come fonte di documentazione oltre la capacità visiva. Divenne comune trasporre dalle foto non solo il movimento invisibile all'occhio umano ma anche altri aspetti della realtà, giungendo ad dipingere direttamente sull'immagine fotografica.
Dopo i cavalli, gli uccelli in volo e il movimento degli animali dello Zoo di Philadelphia, il soggetto diventò l'uomo. Divennero presto celebri i suoi nudi in movimento, fotografati su uno sfondo con una griglia disegnata, mentre correvano, salivano le scale o portavano secchi d'acqua. Con la collaborazione dell'Università di Pennsylvania, Muybridge mise a punto lo Zoopraxiscopio, uno strumento simile allo Zoetropio, che consentiva di proiettare le immagini, rendendole così contemporaneamente visibili ad un piccolo pubblico. Come al cinema.
La mostra non si limita a presentare un focus sulla storica produzione di Muybridge. Verrà anche ricomposto, in chiave contemporanea, il set che egli usava per gli scatti in piano sequenza.
Il catalogo propone un saggio a carattere storico del prof. Italo Zannier, un testo di analisi della mostra a cura di Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra e una piccola sezione cinematografica firmata Paolo Gioli.FESTE e SAGRE
Chi l’ha inventata? Il signor Sacher o il signor Demel? E la marmellata va messa soltanto sotto la glassa di cioccolato o anche a metà della torta? Inettogativi che nella storia della gastronomia hanno a lungo accompagnato la vita di questa famosa e squisita torta. Il primo è stato risolto addirittura dai giudici di un tribunale. Il secondo, come vedremo, continua invece a far discutere....
La storia della SACHER TORTE
L’Europa si era appena lasciata alle spalle la rivoluzione francese e le successive vicende napoleoniche. Vienna è la capitale dell’impero austro-ungarico. Alla corte del principe cancelliere austriaco Klemenz Wenzel Lothar von Metternich Winnesburg, noto per la sua fama di goloso e gourmet raffinatissimo, nonché grande amante della cucina a base di cioccolato, lavora il giovane pasticcere Franz Sacher, un'apprendista pasticciere di 16 anni...Per soddisfare il palato goloso del suo datore di lavoro, il giovane Sacher era solito inventare ogni giorno una creazione diversa senza però riuscire a suscitare nel principe alcun tipo di emozione, cosicché un giorno decise di preparare una torta leggera, morbida, non stucchevole…nacque così la Sacher Torte, composta da farina, uova, zucchero e cioccolato con l’aggiunta di marmellata di albicocche. Era l’anno 1832 quando la torta venne servita per la prima volta alla tavola del principe di Metternich. Fu un successo. Nel 1866 Sacher inaugurò, insieme al figlio Edward, un negozio di delicatessen e negli anni successivi i due aprirono un albergo destinato a diventare uno tra i più ricercati alloggi di Vienna, anche grazie alla frequentazione assidua della nobiltà, degli ufficiali dell’esercito, nonché di noti artisti e teste coronate, i quali contribuirono a decantare ogni dove quella torta al cioccolato così gustosa e leggera.Il successo della Sacher Torte fu enorme e ben presto divenne famosissima in tutta l’Austria, ma con la popolarità ne nacque una disputa legale che durò ben sette anni: la guerra dei dolci sette anni. La contesa verteva su chi aveva il diritto di ornare questa torta col nome Sacher, l' albergo Sacher o il pasticciere Demel che aveva comprato da Eduard Sacher, nipote di Franz, il privilegio di mettere nella sua torta di cioccolato, leggermente modificata da quella di Franz, il sigillo. "Originale Sacher torte". Dopo ben sette anni l'albergo Sacher vinse la causa. La sentenza stabilì la verità, racchiusa in una lettera che viene custodita nell'Hotel Sacher. Datata maggio 1888, si scoprì in questa lettera che già allora la torta Sacher aveva 56 anni..Questa lettera racchiude una lagnanza: in un articolo giornalistico infatti, nell'elencare tutte le specialità gastronomiche viennesi, fu dimenticata proprio la "torta Sacher".
Per rimediare ad una tale svista, lo Chef di una "laboriosa casa" (Hotel Sacher, Wien) inserì in un successivo articolo la "storia della torta Sacher", nel quale è testualmente scritto: "La torta Sacher è una invenzione di mio padre, egli vive ancora. Egli stesso da giovane aveva messo insieme questo dolce e fatto apparire sulla tavola di Metternich già 56 anni fa, dove incontrò molto successo da parte dello stesso principe. Da allora questa torta fu allestita in tutti i posti dove mio padre ha lavorato, ma ora si può trovare 'solamente' nel mio albergo." Sebbene la ricetta originaria venga tenuta segreta gli addetti ai lavori sono riusciti a trarne ricette abbastanza simili, ecco spiegato il perché la ricetta si chiami “torta tipo Sacher”.
Quanto al secondo interrogativo sulla gelatina di albicocche da spalmare secondo alcuni solo sotto la glassa di cioccolato e secondo altri anche nel mezzo del dolce, la risposta è: nella Sacher la gelatina è sia sotto la glassa sia nel mezzo della torta. Questa torta la cui ricetta originale è segreta, viene sempre servita nell'albergo Sacher di Vienna.
«Cioè, lei non ha mai assaggiato la Sachertorte?»
«No.»
«Va beh. Continuiamo così. Facciamoci del male!» »
(Nanni Moretti, Bianca)
In Italia la torta Sacher è protagonista della scena del film Bianca di Nanni Moretti; in tale scena il protagonista, interpretato dallo stesso Moretti, si mostra visibilmente sorpreso del fatto che uno dei suoi interlocutori con cui si sta intrattenendo a pranzo non conosca la Sachertorte, sottolineando la gravità, a suo giudizio, di tale mancanza con la frase: «Continuiamo così. Facciamoci del male!». La scena divenne in breve tempo paradigmatica del cinema di Moretti, tanto che questi, quando nel 1987 fondò insieme ad Angelo Barbagallo la propria casa di distribuzione cinematografica, la chiamò Sacher Film, e nel 1989 istituì un riconoscimento per premiare il migliore film dell'anno, il Premio Sacher; infine, più tardi, nel 1991, acquisita la gestione del Nuovo Cinema, una vecchia sala di proiezione dei Monopoli di Stato a Roma nel rione di Trastevere, lo ribattezzò Nuovo Sacher.(Gabry)
BALLANDO!!!
Danze popolari e tradizionali in Italia
In Italia esistono diversi gruppi folkloristici, composti da ballerini non necessariamente professionisti, che portano avanti le tradizioni regionali, tra cui le danze popolari. Queste danze tradizionali appartengono al popolo stesso, e sono infatti legate a momenti di vita particolare di una specifica comunità. Accompagnate spesso da strumenti musicali tradizionali, si differenziano da regione a regione. Nella seguente guida elenchiamo le più comuni, conosciute dalla maggior parte delle persone.
Della tradizione settentrionale fanno parte i balli tirolesi, i balli delle valli occitane, ed i balli staccati della Romagna. I balli tirolesi sono molto presenti a Trento, Bolzano, Rovereto e Bressanone; sono balli conviviali: sono d'obbligo infatti, durante i banchetti tradizionali con dolci e vin brulè tipici. I balli delle valli occitane sono molto diffusi in Piemonte, in occasione delle feste di paese, accompagnate dal suono dell' armonica a bocca, del violino, del clarinetto, del più classico organetto. I balli staccati della Romagna (espressione dialettale dell'Appennino bolognese), precedenti al ballo liscio, prevedono tutta una serie di passi con il saltello e si ballano in coppia o gruppo.
Nel Centro Italia si distinguono il saltarello e il trescone. Il salterello, famoso a partire dal XVIII secolo, è diffuso principalmente nelle regioni del Lazio, Abruzzo, Molise, Marche ed Umbria, ed è essenzialmente un ballo di coppia. Il trescone, nato prettamente come danza maschile e poi femminile, è tipico della Toscana. Ha origini medievali, forse dall'anno mille fu introdotto in Germania.
Nell'Italia Meridionale le danze più caratteristiche sono rappresentate dalla tarantella, la tammurriata, la pizzica e i balli sardi. La tarantella si diffuse maggiormente in epoca borbonica, durante il Regno delle due Sicilie.
Il nome deriva da taranta, ossia tarantola, un ragno molto velenoso il cui morso, secondo le tradizioni popolari, provocava convulsioni, agitazione e sofferenza morale. Con il ballo il veleno veniva espulso tramite il sudore e gli umori. Alla tarantella si ricollega la pizzica, una variante con ritmi molto più accesi, da sempre usata come rituale per guarire le donne morse dal misterioso ragno. La tammurriata è tipica della Campania, ed è allietata dal suono delle tammorre, ossia i tamburelli. I balli sardi, invece, tipici della Sardegna dalle origini preistoriche, sono caratterizzati dalla presenza di grandi falò attorno ai quali i ballerini si tengono per mano, danzando in grandi cerchi.
http://nonsolocultura.studenti.it/(Lussy)
Salute e Benessere
Thermes Marins de Monte-Carlo
foto:terme.info
DESCRIZIONE
Nel cuore di una città mitica e sempre all'avanguardia, vi apriamo le porte a un nuova concezione del relax e alle più assortite e moderne cure termali :
Benvenuti nelle più prestigiose terme d'Europa!
Cullati in un'atmosfera lussuosa e serena, dove la scienza delle cure termali, così come ereditata dall'antichità, si coniuga con la saggezza orientale e la tecnologia d'avanguardia, potrete lasciarvi guidare in un indimenticabile viaggio interiore verso la più meravigliosa delle destinazioni: voi stessi.
Les Thermes Marins occupano una superficie di 6.600 mq e 4 piani, tutti dedicati al vostro benessere.Associando lo spirito umanista delle terme antiche e l'ultimo grido in materia di terapia marina, questo luminoso complesso dispensa al più alto livello i benefici effetti naturali del Mediterraneo e le tecniche più innovatrici (massaggi orientali energizzanti o agli olii essenziali, bagni di mare tonici o rilassanti). Da notare che le Terme Marine hanno ottenuto il marchio ""Qualicert"", che le classifica fra l'élite degli istituti di talassoterapia."
foto:welcometocostazzurra.com
Monte-Carlo Marine
Tutti gli effetti rimineralizzanti e rilassanti della talassoterapia, basati sulle terapie marine, e a cui si aggiungono le delizie della cucina mediterranea, leggera e gustosissima.
• 3 terapie marine a scelta:
- impacchi con alghe o fanghi,
- idromassaggio, bagno ai sali colorati o alle alghe,
- doccia idrogetto o doccia sottomarina,
- massaggio a 2 mani sotto affusione al burro di Karité
Gli aspetti migliori del mare, in pieno stile zen. Per voi, 2 terapie marine (escluso massaggio sotto affusione) associate all'effetto straordinario di un massaggio di un’ora.
Cocooning
Una giornata intera per ritrovare le sensazioni del «cooconing» e della serenità.
• 1 terapia marina a scelta:
- avviluppamento con alghe o fanghi
- idromassaggio, bagno agli oli o alle alghe
- doccia con idrogetto o doccia sottomarina
• 1 massaggio Monte-Carlo 60 min
• 1 peeling marino
• 1 cura del viso Kéraskin
• 1 pranzo (menù salute o menù prodotti del giorno)
Scoperta 3 terapie marine
Tutti gli effetti remineralizzanti e rilassanti della talassoterapia sulla base delle terapie marine.
Programma Belleza E Armonia
L’immagine che offriamo agli altri ha un valore fondamentale. Per continuare a «piacere» e a «piacersi», e affrontare gli anni a venire in tutta tranquillità, les Thermes Marins Monte-Carlo mettono al servizio della bellezza una tecnologia di nuova generazione (Endermolab), capace di incrementare il potenziale naturale della pelle, restituendole tutta la sua fermezza, la consistenza tipica di una pelle giovane, aiutandola a lottare contro i segni del tempo.
Per quanto riguarda la cosmetica, ci affidiamo a un partner di altissimo livello, La Prairie, che ottimizza le sue cure più tecniche, apportandovi un tocco di rilassamento attraverso protocolli terapeutici che riservano una parte prominente al massaggio. Il massaggio «su misura» all’olio di argan, 100% produzione biologica, completa alla perfezione questo programma dedicato a una bellezza armoniosa, in cui ci si prende cura del benessere generale. Le proprietà dell’olio di argan sono ormai ben note: è ricco di antiossidanti e il suo potere rigenerante per la pelle è straordinario. Natura, Cosmetologia e Tecnologia d’avanguardia, il tutto al servizio della vostra bellezza.
Monte-Carlo all’olio di Argan 100%
Scoprite in esclusiva alle Thermes Marins di Monte-Carlo il massaggio all’olio di Argan 100% puro e naturale, certificato Bio Ecocert. La sua ricchezza di acidi grassi essenziali Omega 6 e di Vitamina E gli conferisce virtù ristrutturanti e idratanti, mentre i principi attivi agiscono prevenendo l’invecchiamento cutaneo. Il terapista esercita un massaggio leggero, fatto di sfioramenti e pressioni, al fine di ottimizzare la penetrazione di questo elisir ancestrale. Questo massaggio costituisce una terapia anti-aging eccezionale ; l’olio di Argan utilizzato viene prodotto da una cooperativa di donne berbere di Tiout (Provincia di Taroudant, in Marocco) le cui attività sono sostenute dal Principato e sono state inaugurate proprio da S.A.S il Principe Alberto II, il 27 ottobre 2002. Ne consegue che, acquistando quest’olio, sosterrete le dinamiche del commercio equo-solidale.
Pacchetti benessere
Le Thermes Marins di Monte-Carlo vi garantiscono due giornate eccezionali dedicate esclusivamente al vostro benessere con trattamenti di talassoterapia e servizi di alta qualità
Una prima giornata di cure termali marine con due trattamenti a scelta : idromassaggio, bagno rilassante alle alghe oppure con sali marini colorati, applicazioni di alghe o fanghi ad effetti remineralizzanti e snellenti, doccia sottomarina tonificante con inoltre il massaggio di un ora “ Monte-Carlo sur Mesure”, molto apprezzato dalla clientela delle terme.
La seconda giornata inizierà con un nuovo massaggio « Monte-Carlo sur Mesure » ad effetti rilassanti immediati seguito da esclusive cure di bellezza con prodotti La Prairie.
Il programma include :
- 2 notti in camera categoria lusso con vista sulla città oppure sui giardini, prima colazione inclusa a l’Hotel Hermitage.
- Due giornate di cure benessere alle Thermes Marins di Monte-Carlo, incluso il pranzo al ristorante “l’Hirondelle”, con cucina dietetica.
Avvalendosi di un metodo innovatore e non invasivo, Re-Oxy ridà immediatamente e durevolmente splendore alla cute, cancellandone le imperfezioni su viso e corpo.
Il funzionamento di Re-Oxy, frutto della ricerca Re-age, si basa su una terapia anti-età che associa simultaneamente ossigeno puro concentrato e ozono, irrorando in parallelo una serie di principi attivi che penetrano in profondità nell'epidermide, senza bisogno di ricorrere a iniezioni!
Indolore, non lascia tracce, e i risultati sono visibili fin dalla prima seduta.
L'azione congiunta di molecole di ossigeno, ozono e di principi attivi procura una serie di benefici, attivando in particolar modo la circolazione sanguigna, svolgendo un'azione purificante, antinfiammatoria e cicatrizzante, e bruciando inoltre i lipidi.
Si innesca inoltre una stimolazione a livello delle cellule, rallentando l'invecchiamento cutaneo e rinvigorendo il sistema immunitario.
Dalla prima seduta i risultati sono spettacolari! Il viso è luminoso, la pelle più tonica, rivitalizzata. I tessuti si ossigenano e il corpo si libera da tossine, rimodellandosi. La circolazione sanguigna e linfatica ne trae grande beneficio. L'aromaterapia attivata dall'apparecchio procura un benessere globale portando via gli effetti nocivi dell'inquinamento, dello stress e dell'affaticamento, per una maggiore armonia.
Come trattamento anti-età oppure preventivo, questa cura si rivolge a donne e uomini.
fonte:welcometocostazzurra.com(Ivana)
... PARLIAMO DI ...
.... città fantasma ....
"...il deserto piano piano ha preso il sopravvento e si è insinuato
lentamente e subdolamente nelle case, negli orti, nelle baracche,
nelle finestre rotte, nelle porte ormai divelte,
si è insinuato proprio dove un tempo fervevano intense attività."KOLMANNSKUPPE, Namibia
Marsel van OostenJohn Coleman era solito fermarsi con la sua carovana su di una collinetta lungo la strada carrabile prima di entrare a Lüderitz, la sua meta. Trasportava merci dall’interno verso la costa atlantica della Namibia. A quei tempi, prima della costruzione della ferrovia, il mezzo di trasporto più diffuso erano i carri trainati dai buoi. Anche quella mattina del 1905, giunto in vista di Lüderitz, John si fermò sulla collina, ma questa volta venne sorpreso da un’improvvisa e violentissima tempesta di sabbia. Riuscì a salvarsi per miracolo ma perse tutto il carico e tutti i suoi animali. L’evento fu così memorabile per la città che la collina venne ribattezzata ‘Coleman’s hill’, Kolmannskuppe in tedesco, la lingua dei colonizzatori di quelle regioni.
Negli anni successivi i tedeschi iniziarono a costruire una ferrovia capace di collegare il porto di Lüderitz e nei pressi della "collina di Coleman" accadde qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la storia dell’area. Il 14 aprile 1908 Zacharias Lewala trovò una pietra lucente mentre lavorava alla manutenzione della linea ferroviaria. Quando la mostrò al suo supervisore, l’ispettore ferroviario tedesco August Stauch, questi, sospettando che si trattasse di un diamante, fece rapporto ai superiori. Ben presto il governo tedesco intuì la ricchezza della zona, tanto che dichiarò l'area Sperrgebiet ‘Zona proibita’, dando inizio allo sfruttamento del campo diamantifero. La ‘corsa ai diamanti’ aveva ufficialmente inizio.
A dispetto della linea ferroviaria, i 10 km che separavano Lüderitz dal campo diamantifero erano una distanza enorme per recarsi ogni giorno al lavoro. Nacque così Kolmannskuppe. Nel 1909 la città possedeva già un timbro e un ufficio postale autonomo. La ricchezza dei giacimenti di diamanti fece di Kolmannskuppe una delle città più ricche della terra. La città aveva una propria elettrica quando in Germania venivano ancora usate le luci a gas. Nell'ospedale che forniva assistenza medica a tutta la Sperrgebiet, vi era addirittura la prima macchina a raggi X di tutta l’Africa australe.
La città si sviluppò velocemente, divenendo un centro vivace e di accoglienza per i lavoratori provenienti dal difficile ambiente del deserto del Namib. Furono costruite case grandi ed eleganti per farla assomigliare a una città tedesca, e si pianificarono servizi importanti, tra cui un ospedale, una centrale elettrica, una sala da ballo, una scuola, un teatro dall’acustica perfetta costruito in Germania e poi trasportato e rimontato qui, una grande palestra, un casinò, una fabbrica del ghiaccio e svariate mense per i lavoratori. Le carni fresche potevano essere acquistate presso la macelleria, la città era dotata di un forno, di una fabbrica di mobili, di un parco giochi pubblico e persino una piscina alimentata con l’acqua dell’oceano.
Al momento del suo massimo splendore vivevano a Kolmannskuppe circa 300 adulti bianchi, 40 bambini e 800 lavoratori neri a contratto. Nonostante l'isolamento e la desolazione del deserto circostante, Kolmannskuppe divenne una vivace oasi di cultura tedesca, in grado di offrire intrattenimento e svago per le esigenze dei colonialisti ricchi. Poi nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale. Il 18 settembre l'ufficio postale venne chiuso. Il 19 settembre le truppe dell'unione sudafricana sbarcarono a Lüderitz. Le forze tedesche in ritirata chiusero la centrale elettrica e fecero esplodere parti della linea ferroviaria. Le forze sudafricane non esitarono a deportare la popolazione civile.
Quando nel dopoguerra riprese l’estrazione dei diamanti, i bei tempi erano ormai finiti. Il ritmo di estrazione rallentò e un nuovo più grande deposito fu rinvenuto alla foce del fiume Orange, dove la compagnia mineraria creò una nuova città: Oranjemund. Gli ultimi abitanti di Kolmannskuppe lasciarono la città nel 1956.
Nell’arco di 40 anni Kolmannskuppe visse, fiorì e morì. Oggi le fatiscenti rovine della città fantasma lasciano indovinare poco del suo antico splendore. Le case sono state quasi demolite dal vento e il deserto sta gradualmente riprendendosi quello che era suo, avvolgendo gli edifici e riempiendo le stanze un tempo piene di vita.
(Stefano Scolari. National Geographic)
"...Tutta la zona di Luderitz Bay fu invasa da impiegati, doganieri, magistrati,
oltre ai veri e propri cercatori che volevano delle concessioni.
Un nuovo Eldorado richiamava gli uomini, ma soprattutto fomentava speranze,
alimentava sogni impossibili!
Oggi la città fantasma è davanti a noi con il suo abbandono,
il suo triste squallore di incompiutezza, di qualcosa che è finito perché forse si era desiderato troppo.
E’ quasi bella a vedersi, stagliata tra il giallo ocra della sabbia
ed il cielo senza nubi, nitido, trasparente, di un blu intenso come possono esserlo solo i cieli africani.
Nel 1956 è stata definitivamente evacuata ed ora la natura ne ha reclamato il possesso.
E’ lei la vincitrice e l’uomo, il piccolo uomo presuntuoso non riesce a capirlo,
vive nel suo labirinto, rincorrendo il suo destino e gira in tondo, batte la
testa di qua e di là non imparando mai la lezione."
(inviaggioconrenata)(Gabry)
STRISCIA FUMETTO
... LA NATURA SULL'ISOLA ...
"Lega un albero di fico nel modo in cui dovrebbe crescere,
e quando sarai vecchio potrai sederti alla sua ombra."
Charles DickensIL FICO
Originario dell'Asia, il fico è una pianta tipica delle zone con clima subtropicale, e la sua diffusione è oggi estesa anche alla maggioranza dei paesi del bacino mediterraneo.
Il fico comune (Ficus Carica) appartiene alla famiglia delle Moraceae, è una pianta tipica dei climi subtropicali e da tempo immemorabile diffusasi anche nell'area mediterranea. L'appellativo “Carica” sembra far riferimento a una regione dell'Asia Minore - la Caria - che si trova in Anatolia, l'odierna Turchia. Apprezzato fin dai tempi biblici, le foglie di fico furono il primo “indumento” della storia. Si legge infatti nella Genesi 3,7 «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture». Il Fico è una pianta molto resistente alla siccità, vive nella stessa area della vite e dell'olivo, ma non sopporta temperature inferiori a -10° C, terreni argillosi ed eccessivamente umidi. Il fico ama climi caldi, terreni calcarei, sassosi e ben drenati. La pianta si presenta con un apparato radicale molto espanso e assai invasivo, particolarmente efficace nel ricercare l'acqua.
Il robusto tronco grigiastro può far arrivare la pianta fino a otto metri di altezza. Esistono due subspecie: ficus carica sativa (fico domestico) e ficus carica caprificus (caprifico o fico selvatico). Il fico domestico produce due tipi di frutti: i “fichi primaticci” che si formano in autunno e maturano in tarda primavera e i “fichi veri” quelli che si formano in primavera e maturano in estate. Le cultivar del caprifico sono limitate a qualche decina, mentre quelle del fico domestico qualche centinaia; molte di queste sono antichissime e si contano inoltre varietà locali e spesso poco note. La produttività di un albero dipende dal clima, dall'umidità e dal terreno su cui vegeta. Il fico inizia a produrre frutti dopo il quinto anno di vita e continua fino al sessantesimo, quando la pianta muore rapidamente.
La più importante monografia sul fico scritta da Condit nel 1955 descrive 720 varietà di fico comprendendo anche 129 varietà di caprifico in un lavoro monumentale che rappresenta tutto il panorama varietale di questa specie nel Mondo...In Italia, nel periodo rinascimentale, se ne conoscevano più di cinquecento varietà diverse.
Giorgio Gallesio, nella sua monumentale opera sulle varietà di piante da frutto: Pomona Italiana (1820), ne descrive quattrocentocinquanta e, per alcune di queste, ne fa ricavare delle stupende illustrazioni botaniche....nella storia....
La scoperta dei ricercatori Ofer Bar-Yosef dell'Università di Harvard, Mordechai E. Kislev e Anat Hartmann della Bar-Ilan University, sembra riscrivere le origini dell'agricoltura. La scoperta è stata fatta in Israele, in un sito archeologico situato nella bassa valle del fiume Giordano, pochi chilometri a nord di Gerico e denominato “Gigal I”, abitato circa 11.400 anni fa. Questi ricercatori hanno scoperto in questo luogo nove piccoli fichi e 313 piccole parti di frutto ormai carbonizzati dal tempo ma, secondo gli studiosi, questi erano in realtà preparati per essere consumati in seguito. La scoperta dimostra che i fichi erano coltivati circa cinquemila anni prima di quanto si pensasse e un migliaio d'anni prima di grano e orzo.
L'origine del fico sembra essere l'Asia Occidentale oppure, secondo altri, il Medio Oriente. È comunque una pianta dalle origini remote, molto apprezzata da tutte le popolazioni dell'antichità, non solo per il suo gusto particolare, ma anche per il suo valore simbolico. La storia è infatti ricca di testimonianze artistiche, religiose e letterarie riguardanti il fico. Nel vecchio Testamento viene citato spesso come simbolo di abbondanza. In India è un albero sacro, l'Asvattha (albero cosmico), tuttavia è bene ricordare che si tratta di un'altra pianta, il “Ficus Religiosa”. Esistono numerose varietà dell'albero di fico e non tutte producono frutti, come ad esempio il “Ficus Benjamin” (Ficus Benjamina), la nota pianta d'appartamento dalle grandi foglie lucide.
Nell'antica Grecia il fico era protagonista di molti miti, spesso a carattere erotico. Era considerato un albero sacro in quanto albero primordiale, pianta sacra al dio Dioniso, poiché i greci attribuirono a questo dio la nascita del fico. Nel V Secolo a.C. il medico greco Ippocrate cita nei suoi scritti il caglio animale come alternativa a quello di fichi. Lo stoico Zenone di Cizio era un grande estimatore di fichi, lo era anche Platone, tanto da vedersi attribuito il soprannome di “mangiatore di fichi”. Oltre ad esserne particolarmente ghiotto, Platone li raccomandava infatti anche ad amici e studenti per rinvigorire l'intelligenza. I Greci utilizzavano il lattice di fico per far cagliare il formaggio. Omero scrive che il ciclope Polifemo produceva formaggi nella sua grotta, probabilmente utilizzando anche succo di fico per far cagliare il latte. Aristotele documenta la tecnica della coagulazione del latte con il succo di fico e con caglio di origine animale.
La virtù e la gradevolezza del fico sedussero gli antichi Romani, anche per loro diviene pianta sacra così come l'ulivo e la vite. Publio Ovidio Nasone racconta che in occasione del capodanno era usanza offrire, ad amici e parenti, frutti di fico e del miele come augurio per il nuovo anno. Secondo Plinio mangiare fichi «aumenta la forza dei giovani, migliora la salute dei vecchi e riduce le rughe». I fichi erano un alimento amato da atleti e convalescenti, grazie all'apporto calorico e alla facile digeribilità. Fra le antiche popolazione che si nutrivano di fichi si ricordano inoltre Etruschi e Fenici.......nella mitologia......
Nella mitologia egizia, ci riferiamo al sicomoro (ficus sycomorus), pianta presente in particolare nell'Africa Orientale e, soprattutto, in Egitto. Con l'arrivo della primavera, l'Uovo cosmico (plasmato da Ptah e da lui deposto sulle rive del Nilo) si apriva e ne usciva Ra/Osiride, il Sole. Il fiume viveva in simbiosi col dio del sole. Recita infatti il "Libro dei Morti" (celebrando il perpetuo rigenerarsi della vita, la resurrezione di tutte le cose caduche): "Cresce, io cresco; vive, io vivo". Finalmente cessava il pianto di Iside (sempre alla ricerca del suo amato Osiride) e, per festeggiare la fine del suo dolore, si mettevano in scena gli episodi del mito di Osiride, culminanti nella resurrezione del dio, che avveniva quando dalle zolle alla base del sicomoro sacro iniziavano a spuntare i germogli di grano e orzo. Il fico sicomoro era insomma considerato un albero cosmico assimilato alla fenice. Era reputato quindi simbolo di immortalità, di vittoria sulla morte, di rinascita dalla distruzione. Era, in altre parole, l'Albero della Vita. Il suo succo, inoltre, era prezioso perché si riteneva donasse poteri occulti e il suo legno era usato per la fabbricazione dei sarcofagi: seppellire un morto in una cassa di sicomoro significava reintrodurre la persona nel grembo della dea madre dell'albero, facilitando così il viaggio nell'aldilà. Nel "Libro dei Morti", infine, il sicomoro è l'albero che sta fuori dalla porta del Cielo, da cui ogni giorno sorge il dio sole Ra. Esso inoltre era consacrato alla dea Hathor, chiamata anche la "dea del sicomoro". La dea Hathor appare sotto forme diverse. Dea madre, feconda e nutrice, Hathor abita gli alberi ed è la "signora del sicomoro del sud", a Menfi; ma è anche la "signora dell'occidente", ossia la signora del regno dei morti...Un ultimo accenno infine al fico sicomoro nella numerologia. Il sicomoro è legato al numero 9, il numero tre volte sacro (3x3=9), il numero dell'Amore Universale. Rappresenta l'immagine completa dei 3 mondi: materiale, psichico e animico ed è simbolo di verità totale e completa (il 9 moltiplicato per qualsiasi altro numero dà un prodotto le cui cifre sommate tra loro danno ancora 9).
In Grecia, il fico era sacro a Dionisio e, soprattutto, a Priapo, il dio lubrico della fecondità.
A Roma era sacro a Marte, vero fondatore della città eterna in quanto si sostiene che Romolo e Remo siano nati proprio dalla sua unione con Rea Silvia, dopo che il dio della guerra aveva posseduto con la forza la giovane vestale di Alba Longa. Essendo prole illegittima, i gemelli vennero quindi strappati alla madre per essere uccisi. Ma un servo pietoso li sottrasse a morte sicura adagiandoli in una cesta, che fu affidata alle acque del Tevere. Trasportata dallo straripamento del fiume, la cesta si fermò in una pozza sotto un fico selvatico, all'ombra del quale Romolo e Remo furono allattati dalla lupa. Secondo alcune fonti, il fico si ergeva alle pendici del colle Palatino, nei pressi della grotta chiamata Lupercale, mentre nell'iconografia è spesso rappresentato con un picchio appollaiato sui suoi rami. Esso fu chiamato "fico ruminale". L'etimologia dell'epiteto "ruminale" non è chiara e su di essa fin dall'antichità molti autori classici (tra cui Plinio il Vecchio, Tito Livio, Varrone, Plutarco e Dionigi di Alicarnasso) hanno formulato varie interpretazioni. Secondo alcuni deriverebbe dal latino "ruma" (mammella); secondo altri, al contrario, il fico prese il nome da Romolo, tant'è che gli stessi autori latini lo chiamavano talvolta "ficus Romularis". Altri, infine, ipotizzano un'etimologia etrusca. Ad ogni modo, fin dall'antichità, il fico fu collegato alla fondazione di Roma e considerato un albero fausto. Era venerato soprattutto dai pastori, che vi si recavano con offerte di latte. Più tardi vennero create due nuove divinità, Jupiter Ruminalis e Rumina, la dea dei poppanti presso i Romani. Essa veniva venerata in un tempio vicino al fico sotto cui (seconda la leggenda appunto) Romolo e Remo vennero allattati dalla lupa. Sebbene il fico ruminale fosse, in origine, solamente quello in riva al Tevere presso il quale si era fermata la cesta con i gemelli abbandonati, nel corso dei secoli successivi (e fino in epoca imperiale) altri alberi di fico furono oggetto di venerazione, talvolta con l'epiteto di "ruminale".
Tra questi il fico navio (Ficus navia), che (secondo la leggenda) sorse spontaneo in un luogo colpito da un fulmine (Plinio, Nat. Hist. 15.77). Oppure nacque da un virgulto del fico ruminale, ivi piantato da Romolo. Lo stesso albero sarebbe poi stato trasferito dal sito originario al Comitium.
La Repubblica Romana - giova ricordarlo - investiva i poteri formali di governo in quattro separate assemblee: i Comitia Curiata, i Comitia Centuriata, i Comitia Populi Tributa e il Concilium Plebis. E se Tito Livio afferma che nel 296 a.C. gli edili Gneo e Quinto Ogulnio avevano eretto "ad ficum ruminalem" un monumento che rappresentava i gemelli e la lupa, Ovidio racconta che alla sua epoca (43 a.C. - 18 a.C.) del fico non rimanevano che le vestigia. Plutarco e Plinio narrano invece che un fico fu piantato nel Foro Romano in quanto ritenuto di buon auspicio e che, ogni qual volta la pianta moriva, veniva prontamente rimpiazzata con una nuova. Tacito aggiunge che nel 58 d.C. l'albero "ruminale" iniziò a inaridire. Ciò fu visto come un cattivo presagio, ma la pianta risorse con gran sollievo della popolazione. Se la pianta infatti si seccava, ci si potevano aspettare le peggiori sciagure pubbliche (per questo i sacerdoti avevano cura di piantarne sempre una nuova).....una favola...
C'era una volta un fico che non aveva frutti. Tutti gli passavano accanto, ma nessuno lo guardava. A primavera spuntavano anche a lui le foglie, ma d'estate, quando gli altri alberi si caricavano di frutti, sui suoi rami non compariva nulla.
- Mi piacerebbe tanto esser lodato dagli uomini - sospirava i fico. - Basterebbe che riuscissi a fruttificare come le altre piante.
Prova e riprova, finalmente, un'estate, si trovò pieno di frutti anche lui. Il sole li fece crescere, li gonfiò, li riempì di dolce sapore.
Gli uomini se ne accorsero. Anzi, non avevano mai visto un fico così carico di frutti: e subito fecero a gara a chi ne coglieva di più. Si arrampicarono sul tronco, con i bastoni piegarono i rami più alti, col loro peso ne stroncarono parecchi: tutti volevano assaggiare quei fichi deliziosi, e il povero fico, ben presto, si ritrovò piegato e rotto.
(Leonardo da Vinci)(Gabry)
POESIE DI STAGIONE
MAGGIO
Mese di maggio
E l'uccelletto cominciò a cantare:
Dimmi, bel mese, che ci vuoi portare?
Rose fiorite ed altri fiori a mazzi,
ciocche rubizze di ciliegine nuove.
Le prime pesche rosate e vellutate,
da cogliere con mani delicate.
Fiori d'arpncio dai soavi odori,
e nidi pigolanti tra le foglie e i fiori.
E d'altro ancor, che ci potresti offrire?
La Madonnina cara sull'altare, che i bimbi
buoni vuole benedire.
Maggio è nell'aria; e l'uccelletto canta.
Brilla nel cielo un sole tutto d'oro.
(M. Comassi)
... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...
... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...
(La redazione)
dal web
La natura ha una sua perfezione sorprendente e
questo è il risultato di una somma di limiti.
La natura è perfetta perché non è infinita.
(Alessandro Baricco). -
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Buon Mercoledì, un abbraccio a tutti.
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Buon Giovedì, un abbraccio a tutti.
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Buon Venerdì, un abbraccio a tutti.
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Buon Sabato, un abbraccio a tutti.
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Buona Domenica, un abbraccio a tutti.
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Bok sorellone mio e a tutti isolani,pusaaa . -
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Buon Lunedì, buon inizio settimana, un abbraccio a tutti.
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Buona giornata, un abbraccio a tutti.
P.S. per qualche giorno non ci sarò, torno Venerdì.
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Bok sorellone mio e a tutti isolani,pusaaa .