SERGIO LEONE

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  1. gheagabry
     
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    "Il cinema deve essere spettacolo,
    è questo che il pubblico vuole.
    E per me lo spettacolo più bello è quello del mito.
    Il cinema è mito."


    SERGIO LEONE



    Leone nacque a Roma il 3 gennaio del 1929, figlio di Roberto Roberti (nome d'arte di Vincenzo Leone), un regista e attore originario di Torella dei Lombardi, considerato uno dei pionieri del cinema muto italiano, e di Bice Waleran (nome d'arte di Edvige Valcarenghi), un'attrice romana nata da una famiglia milanese di remote origini austriache. Leone iniziò a lavorare nell'ambiente cinematografico già a diciotto anni. Ebbe infatti una piccola parte, come comparsa, in Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Successivamente Leone inizierà ad interessarsi del genere peplum basato su azioni eroiche ed epiche di soldati e imperatori sia greci che romani.
    I primi lavori di un certo rilievo lo videro come assistente regista o direttore della seconda unità in alcune produzioni hollywoodiane di grande importanza, girate agli studi di Cinecittà a Roma, nel periodo della cosiddetta Hollywood sul Tevere: quelli degni di nota sono Quo vadis? (1951) e soprattutto il colossal Ben-Hur (1959). Nel 1959 subentra a Mario Bonnard, colpito da una malattia che lo costrinse ad abbandonare il set, alla regia di Gli ultimi giorni di Pompei, al quale aveva collaborato alla sceneggiatura.Tuttavia i titoli di apertura del film non riportano il suo nome ma solo quello di Bonnard. Quando finalmente ebbe la possibilità di debuttare da solo come regista con Il colosso di Rodi (1961), grazie alla lunga esperienza, Leone riuscì a produrre il film con un basso budget che sembrasse tanto spettacolare quanto un vero e proprio kolossal di Hollywood. La vicenda, ambientata nell'isola di Cipro, aveva come protagonisti due amanti: un viaggiatore e la figlia del re di Rodi, finanziere della costruzione di un enorme gigante di bronzo in grado di versare braci ardenti sui viaggiatori nemici che osavano avvicinarsi troppo all'isola.
    Nei primi anni sessanta, la richiesta di peplum si esaurì, e Leone fu fortunato a essere tra i primi pionieri del genere che prese il loro posto nelle preferenze del largo pubblico: il western, dando vita al genere spaghetti-western. Il primo fu "Per un pugno di dollari" del 1964, uno dei più famosi della storia del genere. Con questo film Leone fa rivivere l'epoca di questo genere che aveva successo soprattutto in America negli anni trenta e quaranta con i film di John Ford e John Wayne. Sergio Leone ha lanciato nel firmamento delle star Clint Eastwood, che fino ad allora era rimasto un modesto attore televisivo statunitense con pochi ruoli al suo attivo. Per la regia Leone si firmò Bob Robertson, un'anglofonizzazione del nome d'arte usato dal padre Vincenzo, Roberto Roberti.
    I due film seguenti, Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966), completano quella che è conosciuta come la "trilogia del dollaro". Tutti e tre i film si avvalsero delle notevoli colonne sonore di Ennio Morricone, compositore reso noto proprio grazie a queste opere, che accompagnerà Leone nella realizzazione di tutti i successivi film fino a C'era una volta in America (1984). Nel 1967 Leone dirige quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere il suo ultimo western: C'era una volta il West. Girato negli scenari della Monument Valley, in Italia e in Spagna, il film risultò come una lunga, violenta e quasi "onirica" meditazione sulla mitologia del West. Al soggetto collaborarono anche due altri grandi registi, Bernardo Bertolucci e Dario Argento. La sceneggiatura fu scritta da Sergio Donati, insieme a Leone.
    Prima dell'uscita nelle sale, tuttavia, il film fu ritoccato e modificato dai responsabili dello studio; infatti di esso esiste una versione più accorciata di circa 165 minuti. La pellicola è stata riscoperta e rivalutata solo anni dopo, con il montaggio del regista che dura complessivamente circa 175 minuti. Oggi la pellicola è considerata, insieme a Il buono, il brutto, il cattivo e C'era una volta in America, tra le migliori del regista, ed è uno dei capisaldi del genere western.

    Successivamente, Leone diresse "Giù la testa" nel 1971, un progetto messo su in poco tempo con un budget medio, interpretato da James Coburn e Rod Steiger. La pellicola è quella dove forse Leone manifesta maggiormente le sue riflessioni sull'umanità e la politica. Secondo alcuni si tratterebbe di un film scomodo, bombarolo, visto il messaggio politico prima dei titoli di apertura tratto dai pensieri di Mao Tse-tung ed anche il titolo statunitense: A Fistful of Dynamite, ovvero "un pugno di dinamite". Leone scrisse varie sceneggiature e soprattutto diresse varie sequenze del film di Tonino Valeri "Il mio nome è Nessuno" con Terence Hill e Henry Fonda ma, si fece accreditare solo come produttore esecutivo e soggettista. Sergio Leone collaborò, nello stesso periodo, con il regista Damiano Damiani nella pellicola "Un genio, due compari, un pollo", girandone le scene iniziali e diventandone assieme a Claudio Mancini il produttore esecutivo. Anche durante la lavorazione di questo film, il nome di Sergio Leone non fu accreditato nei titoli di apertura. Successivamente con la sua casa di produzione Rafran produsse anche Il gatto del (1977) di Luigi Comencini e Il giocattolo del (1979) di Giuliano Montaldo.

    Dopo aver rifiutato un'offerta per dirigere Il padrino, Leone produsse due film di Carlo Verdone: Un sacco bello (1980) e Bianco, rosso e Verdone (1981). Il regista era molto amico del padre di Carlo: Mario Verdone, noto critico romano di cinema, e come un padre Leone aiutò Carlo nella realizzazione dei suoi primi due film, consigliandolo nelle scelte di regista. Dalla seconda metà degli anni sessanta fino agli anni ottanta Sergio Leone lavorò per circa dieci anni a un proprio progetto epico, questa volta incentrato sull'amicizia di due gangster ebrei a New York: C'era una volta in America (1984): era un'idea nata prima ancora di C'era una volta il West. Il film ebbe grande successo di pubblico e critica in tutto il mondo, tranne che negli USA in cui fu proposta dalla produzione una versione ridotta nella durata (140 minuti anziché 220) e sconvolta nella struttura temporale. Il rimontaggio dell'opera causò dunque un flop sul mercato americano, anche se la versione originale proposta anni dopo sia in VHS che in DVD riscosse grande apprezzamento.
    Il film è considerato l'ultimo capolavoro del regista. Nel 2011 i figli di Sergio Leone hanno acquistato i diritti del film per l'Italia e hanno annunciato un'opera di restauro della pellicola. L'operazione ha previsto anche l'aggiunta di 25 minuti di scene eliminate, presenti nel primo montaggio realizzato dal regista, e il ripristino del doppiaggio originale. La pellicola, restaurata dalla Cineteca di Bologna, è stata proiettata il 18 maggio 2012 al 65º Festival di Cannes, con la presenza in sala di Robert De Niro, James Woods, Jennifer Connelly, Elizabeth McGovern ed Ennio Morricone. Il film in versione restaurata è stato proiettato al cinema dal 18 al 21 ottobre 2012 e dall'8 all'11 novembre 2012. È uscito in DVD e Blu-Ray il 4 dicembre 2012.
    Nel 1986 Sergio Leone si ritrova di nuovo a lavorare con l'amico Carlo Verdone, questa volta nella realizzazione del film Troppo forte con Verdone, Mario Brega e Alberto Sordi protagonisti. Leone ne scrisse il soggetto e la sceneggiatura assieme a Verdone e a Rodolfo Sonego.
    Quando morì il 30 aprile 1989 per un attacco di cuore, il regista era al lavoro su un progetto che avrebbe dovuto riguardare l'Assedio di Leningrado durante la Seconda guerra mondiale. Il film avrebbe dovuto raccontare oltre che le pagine più drammatiche della guerra in Russia, una storia d'amore tra un giornalista americano e una ragazza russa, in un ideale messaggio di pace fra le due superpotenze. L'URSS di Gorbaciov, in piena perestrojka, aveva già concesso alla casa di produzione del regista un'autorizzazione di massima per le riprese sul suolo sovietico ma la morte di Leone fece sfumare tutto.


    Protagonista indiscusso della cinematografia italiana e della sua storia. Un uomo, un regista, un narratore. Sergio Leone è stato, a suo tempo, ingiustamente accusato di aver troppo elogiato la violenza nella sua messa in scena. Tutto sbagliato. Il vero intento di Leone era quello di comprendere e far comprendere allo spettatore la vera cognizione del dolore, l'agonia che separa l'attesa dell'uomo da questo stato d'animo e l'accettazione di un destino non sempre intelligibile, ma conosciuto. Le sue storie erano fatte di campi lunghissimi, primissimi piani, di accelerazioni e rallentamenti, di dialoghi scarni e di quel rapporto contraddittorio fra suono e immagine del quale solo lui riusciva a carpirne i segreti. Un uso preordinato della musica e della fotografia, coadiuvavano la sua tecnica in grado di creare un universo autonomo e personale, all'interno del quale anche i silenzi colpiscono (e questa fu una delle prime lezioni che imparò un giovane Dario Argento dal grande maestro), all'interno del quale nulla si svela. Solo certi flashback gradualmente rendono accessibili allo spettatore quei fatali segreti che, sul piano narrativo, mescoleranno il genere nel quale Leone lavorava con le caratteristiche di altri generi, il tutto con una verosimiglianza necessaria. La verosimiglianza. Sergio Leone ne era ossessionato: «...sia pure inserita in una cornice fiabesca. [...]
    Molti mi hanno definito un autore barocco: ecco, se per barocco si intende una pienezza dei ritmi, di composizione, di emozioni, allora posso anche accettare la definizione». Una composizione, un ritmo e un'emozione che guardava costantemente verso il West, verso l'America, mostrandoci luoghi riconoscibili, ma simbolici. Brulle praterie popolate da eroi immaginari, ma che allo stesso tempo riuscivano a essere più veri del vero. Amati e conosciuti da tutti noi, proprio perché ammantati di quella misteriosa oscurità che Leone aveva infuso nelle loro vite inventate, consapevole del fatto che il cinema era solo una visione. Anzi, era una visione di una sua visione. Un racconto. Una storia che inizia con un antichissimo "C'era una volta...", ma riflette su un senso che fino ad allora era appartenuto solo alle grandi opere letterarie epiche. Colossali mezzi, colossali ambizioni, colossali brutalità, ma anche tutte le suggestioni estetiche di chi vuol fare "solo grande cinema". Da ammirare per la preparazione, la fatica, l'impegno profuso nel rendere la più cruda e realistica possibile la cronaca di stupefacenti viaggi nella memoria, con una vaga seduzione per il mondo onirico. Leone era proprio come i suoi personaggi, come quel Clint Eastwood con poncho e pistola sempre in mano, stretto in un'espressione di abbronzata rigidità facciale, che cavalcavano irruenti non tanto alla ricerca dei dollari, ma indagando sul senso del tempo che tutto "determina, smussa e muta". Dai pistoleri spietati ai gangster che vogliono il guadagno facile e illecito, è un passo brevissimo. Entrambi, del resto, rincorrono la mitologia della loro triste e sanguinaria, ma incredibile, vita. La filmografia di Leone è così: è poesia non facile da comprendere, una lirica sconsolata, amara, bollente che decanta la solitudine al posto di una salda e sincera amicizia, vero punto fermo di un altro grande regista del western: John Ford. Più duttile, più sognatore del collega americano, Leone affronta il mondo con durezza, avidità, concretezza, forgiando sub eroi e anti eroi da venerare. Personaggi che si muovono in un'America insolita e datata, fatta di scorci e colori di qualità, accompagnati dalle colonne sonore di Ennio Morricone. Ed è così che Sergio Leone è entrato nella Storia. In nome di quella sua nostalgia, in nome della memoria tenera e blandita dal rimpianto, fra Proust e lo sguardo di Charles Bronson.
    (Fabio Secchi Frau, www.mymovies.it/)
     
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    Sai niente di uno che gira soffiando in un'armonica?
    Se lo vedi te lo ricordi; invece di parlare,
    suona... e quando dovrebbe suonare, parla!
    (Cheyenne)


    C'ERA UNA VOLTA IL WEST


    Lingua originale italiano, inglese
    Paese di produzione Italia, USA
    Anno 1968
    Durata 165 min (versione cinematografica)
    175 min (director's cut)
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 2,35:1
    Genere western, avventura, epico
    Regia Sergio Leone
    Soggetto Dario Argento, Bernardo Bertolucci, Sergio Leone
    Sceneggiatura Sergio Donati, Sergio Leone
    Produttore Bino Cicogna
    Produttore esecutivo Fulvio Morsella
    Casa di produzione Paramount Pictures, Rafran Cinematografica, Finanzia San Marco
    Distribuzione (Italia) Euro International Film
    Fotografia Tonino Delli Colli
    Montaggio Nino Baragli
    Effetti speciali Eros Bacciucchi
    Musiche Ennio Morricone
    Tema musicale "C'era una volta il West"
    Scenografia Carlo Simi
    Costumi Carlo Simi
    Trucco Alberto De Rossi

    Interpreti e personaggi

    Claudia Cardinale: Jill McBain
    Henry Fonda: Frank
    Jason Robards: Cheyenne
    Charles Bronson: Armonica
    Gabriele Ferzetti: Morton
    Paolo Stoppa: Sam
    Woody Strode: Stony
    Jack Elam: Snaky
    Marco Zuanelli: Wobbles
    Benito Stefanelli: Tenente della banda di Frank
    Keenan Wynn: Sceriffo di Flagstone
    Frank Wolff: Brett McBain
    Lionel Stander: Barista



    C'era una volta il West è un film del 1968 diretto da Sergio Leone. È un western all'italiana di tonalità epica prodotto dalla Paramount Pictures. È il primo episodio della trilogia del tempo di Leone, che proseguirà con Giù la testa (1971) e C'era una volta in America (1984). La versione originale del regista era lunga 165 minuti quando il film uscì il 21 dicembre 1968. Questa versione venne proiettata nelle sale cinematografiche europee, e fu un successo al botteghino. Per l'uscita negli Stati Uniti il 28 maggio 1969, C'era una volta il West venne tagliato dalla Paramount fino a una durata di 145 minuti, ricevendo un'accoglienza critica per lo più negativa e fallendo finanziariamente. Il film è oggi considerato tra i migliori mai realizzati.
    Nel 2009 il film venne incluso nel National Film Registry dalla Biblioteca del Congresso per essere "culturalmente, storicamente o esteticamente" significativo.
    La musica è stata scritta dal compositore Ennio Morricone, collaboratore regolare di Leone, sotto la direzione del regista prima dell'inizio delle riprese. Come ne Il buono, il brutto, il cattivo, la musica ossessionante contribuisce alla grandezza del film e, come quella del suddetto film, è considerata una delle più grandi composizioni di Morricone.
    La colonna sonora del film venne pubblicata nel 1972, e includeva originariamente 10 tracce. Nel mondo vennero vendute circa 10 milioni di copie dell'album.

    TRAMA



    Jill, una ragazza dal passato burrascoso, giunta a Red Land, trova il marito, l'irlandese Bret McBain, assassinato dal bandito Frank, il quale ha agito su mandato di Morton, un individuo che, nonostante una grave infermità, continua a perseguire il suo scopo di costruire una ferrovia nel West dall' Atlantico al Pacifico. A proteggere Jill interviene un misterioso meticcio, "Armonica", il quale, deciso a vendicare l'uccisione di suo fratello compiuta da Frank, si allea con un fuorilegge, Cheyenne, sul quale pende una taglia di cinquemila dollari. Per l'intervento di costoro, non essendo riuscito Frank ad uccidere Jill - unica erede della fattoria McBain e del terreno sul quale dovrà passare la ferrovia -, il bandito rapisce la donna e cerca di costringerla a vendere ad una asta pubblica la sua proprietà ai propri accoliti. Ma "Armonica", che d'accordo con Cheyenne ha riscosso la taglia posta su questi, compra i beni di Jill facendo fallire così il piano del bandito. Frattanto Morton per liberarsi di Frank, diventato un incomodo socio, cerca di farlo uccidere dai suoi stessi uomini; ma interviene "Armonica" che gli salva la vita. Deciso a vendicarsi, il bandito cerca di raggiungere Morton ma trova che questo è già stato ucciso da Cheyenne, evaso dalla prigione. Frank raggiunge allora la fattoria di Jill dove già si trovano Cheyenne ed "Armonica" per conoscere da quest'ultimo i motivi dell'intervento in suo favore. Nel successivo duello, "Armonica", dopo aver ferito mortalmente Frank, gli svela di averlo salvato per potersi vendicare di lui. Salutata Jill, "Armonica" si allontana con Cheyenne; ma lungo la strada quest'ultimo, a suo tempo gravemente ferito da Morton, muore.

    ...recensione...


    Per "C'era una volta il west" Leone pretese e ottenne il massimo sfarzo. Non si dovevano vedere le brulle pianure d'Almeria ma le cime della Monument Valley (la cattedrale di Padre John Ford e i suoi confratelli; la sua sabbia rossa trasportata a Roma a tonnellate per legare gli interni girati a Cinecittà, come figure umane gli Statunitensi e non i messicani sombrerati). I set naturali furono Arizona e Utah, e una briciola di Sardegna. Vennero ricostriute intere città chiodo per chiodo uguali a quelle vere; per i costumi, Carlo Simi non dovette più rovistare tra i saldi della Western Costume ma farsi trovare il meglio che si poteva. Il treno su cui Morton si muove è di un decòr di precisione viscontiana. La musica di Enio Morricone tralascia le asprezze beat/contemporanee (a parte il tema di Armonica) e si apre in ouvertoures di stampo wagneriano. Questo film è un melodramma, infatti.
    E il cast. Tutte stelle di prima grandezza e un semisconosciuto dalla faccia giusta: Charles Buchinski, in arte Bronson che divenne una star proprio con questo film, interpretando Armonica, melanconica e pietrosa variante dello straniero eastwoodiano. Per ognuna di esse Leone fece realizzare una serie di flani a grandezza elefante con il loro volto.
    Le celebrità furono Claudia Cardinale, stupenda più che mai e incarnante Jill, la Puttana e la Matriarca; Jason Robards jr., grande attore versatile e misurato (vedetelo anche su Cable Hogue di Sam Pechinpah, un film che in maniera diversa racconta un po' la stessa storia) nel ruolo di Cheyenne, il Bandito; Gabriele Ferzetti, Morton è, l'Imprenditore, l'uomo che con le sue rotaie stese dall'Atlantico al Pacifico e con i suoi nuovi sistemi, sta uccidendo il West degli Uomini Veri.
    E soprattutto Henry Fonda, l'Attore Americano, il Buono, il Presidente democratico, a interpretare Frank, il freddo Killer al soldo di Morton, affascinato dai nuovi mezzi ma in conflitto con essi. La sua esuberante salute fisica lotta contro la tubercolosi ossea del magnate dei treni. Toccherà scoprire che c'è un potere più forte della propria carne e che, nonostante la morte di Morton, le cose non possono più fermarsi.

    Fonda, quando raggiunse il set, si presentò con barba e lenti a contatto nere (gli occhi azzurri di Fonda sono il simbolo dell' Onestà Americana); Leone, pian piano, gli fece scoprire il volto e l'attore capì che più che Frank era Fonda a dover choccare gli spettatori con la sua ferocia (uccide un bambino a inizio film...). Non era la prima volta che l'interprete ricopriva un ruolo ambiguo; vedi l'imbecille generale de "Il massacro di Fort Apache" o l'ambiguo pistolero dalle Colt d'oro dell'importante "Ultima notte a Warlock" ma nessuno aveva avuto il coraggio di presentare il Buono per eccellenza in una luce così perversa e irredimibile.
    Ciò appare evidente nella scena finale: Frank viene ucciso nel duello, poi Armonica se ne va, rifiutando il sorriso di Jill. Lui sa che nonostante il cattivo imprenditore e il suo braccio armato siano morti, non per questo la modernità si può fermare. Tocca ad una sana Jill il compito di portare avanti quelle rotaie, abbeverare gli operai, ricevere qualche pacca sul sedere (come suggerisce Cheyenne).
    Nella storia si sa che le cose non filarono così lisce; quanti saranno stati i Morton che, incuranti della trasformazione anche drammatica, irrimediabile di un Paese, hanno mietuto soldi e potere?

    Quest'epica antimoderna di Sergio Leone presenta, ingranditi, i pregi e i limiti dell'autore: abbiamo le scene madri realizzate con grandissima maestria (l'attesa alla stazione dei tre killers, Elam, Mulloch e Strode) la scena d'amore tra Frank e Jill, la caccia al killer nella città in costruzione, e soprattutto, il duello finale, magnifico, dove è intersecato il celebre flashback completo con lo showdown tra i due.
    I difetti sono nelle parti di raccordo: anche nella versione restaurata (grazie a clavie Salizzato) lo sviluppo della storia, scritta a quattro mani dai giovani Dario Argento e Bernardo Bertolucci, l'andamento è asmatico e farragginoso.

    Le facce degli attori secondari peraltro debilitano la pellicola che vorrebbe essere (e spesso è) di altissima classe ed elevata melodrammaticità. Aldo Sambrel che segue Cheyenne catturato dallo sceriffo (Keenan Wynn) o la scena del vecchietto a cui viene schiacciato il naso quando cerca di puntare per i terreni di Jill, per esempio, fanno di leone un vorrei ma non posso. Il suo vecchio maestro, Luchino Visconti al cui spirito "C'era una volta il west" si avvicina, non avrebbe mai commesso questi errori, curando il grande e il dettaglio allo stesso modo.

    La retorica messa in bocca agli Ultimi Uomini, se da un lato ha battute memorabili, per il resto è davvero ingenua e suona come una nenia alla Mark Knopfler (amante di questo film, non a caso).

    Ci sono tre finali, bellissimi presi uno ad uno ma troppi anche per un superfilm come questo (all'epoca uscì con 4 tempi e tre intervalli).

    Leone è un bambino che sogna alla grande, come si poteva sognare una volta, leggendo Sandokan e andando a vedere i cowboy al cinema parrocchiale. Nella foga di vivere con la fantasia grandi scene, si saltano a piè pari le incongriuenze. Ma: questa voglia di sognare, quest'idea di un cinema grande, più grande della vita, fanno passare in secondo piano le mie critiche.
    Sì, oggi non ci sono più tanti soldi ma neanche il desiderio di riempire gli occhi dello spettatore; ci si assesta sul minimalismo-maxibon e si crede di aver fatto un capolavoro. Siamo depressi e il titanismo leoniano ci manca tanto. Tornatore non ce l'ha fatta a rinverdirlo ma perlomeno ha fatto vedere che volendo i soldi si trovano.

    C'era una volta il cinema italiano?
    ( www.debaser.it/sergio-leone/cera-una-volta-il-west-1968/recensione)
     
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1 replies since 30/4/2016, 17:44   181 views
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