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BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …
Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 015 (11 Aprile - 17 Aprile 2016)
BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …
Lunedì, 11 Aprile 2016
S. STANISLAO VESCOVO
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Settimana n. 15
Giorni dall'inizio dell'anno: 102/264
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A Roma il sole sorge alle 05:35 e tramonta alle 18:47 (ora solare)
A Milano il sole sorge alle 05:43 e tramonta alle 19:04 (ora solare)
Luna: 8.46 (lev.) 23.32 (tram.)
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Proverbio del giorno:
D'aprile piove per gli uomini e di maggio per le bestie.
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Aforisma del giorno:
Noi vegliamo quando dormiamo e
dormiamo quando siamo svegli.
(M. de Montaigne)RIFLESSIONI
...CONFINI…
...Scorsi le righe con lo sguardo cercando un confine un limite alla sua corsa. Percorsi miglia a perdifiato insenguendo la linea di quell confine che ogni volta ostinatamente si allontanava e mi chiamava per essere raggiunto. Calamita per i miei occhi, mille passi per le mie gambe, eppure la linea di quel confine era ogni volta distante. Ascoltai discorsi raglionamenti che lambivano ogni volta i confini del buon senso, dell’amore, della follia di ogni tipo di limite che potesse definire quelle parole in un modo oppure nell’altro. Vidi due ragazzi, un uomo ed una donna, che sfiorando col la mano la bocca dell’altro assaporavano il confine tra i sensi e l’abbandono ad essi. Ho visto amori ne ho sentito parlare, che hanno sfidato il tempo, lo spazio, le umane debolezze, gelosie divenendo più forti della passione, più pazzi della pozzia, più pazienti del vecchio che gira la grande ruota del tempo. Quegli amori che hanno sfidato confini, li hanno azzeati, cancellati facendoli divenire molle per rendere ancora più unico e bello quel sentimento. Infine ho sentito persone parlare, arringare la folla, descrivendo ogni volta confini ad un pensiero, ad una idea e su quei confini costruire altre traiettorie che a loro volta generavano confini di comprensione, di sensibilità, di emozione. Viviamo ogni attimo della nostra vita sfiorando confini, cercando di raggiungerli, creandoli quando non ci sono, oppure descrivendoli; ci sentiamo liberi in un mondo fatto di mille confini e, come le tessere di un puzzle, cerchiamo incastri ai nostri personali confini per far si che essi non sembrino tali ma si confondano col mondo intorno a noi. Viviamo una vita fatta di confini, non abbiamo bisogno di frontiere, di barriere, di mura che ci impediscono di vedere quanto lontano sia il nostro prossimo confine da raggiungere… Buon Aprile amici miei … (Claudio)
Al CONFINI DEL TEMPO
Non è solo illusione, utopistico sogno:
forse esiste davvero quella bolla iridata
dove tutto è sospeso in colori sereni,
senza fine o principio in un soffice niente;
forse in questo non luogo ai confini del tempo
ti conobbi già prima d'imboccare la via
dell'amara esistenza ora avviata al tramonto.
Ma perché ho valicato la barriera del sogno
rinnegando l'eterea realtà immateriale?
Anche se tutto — quanto poteva essere eterno —
m'è svanito alle spalle, so che mi riconosci:
ed allora, ti prego, dammi ancora la mano
e riportami indietro ai confini del tempo;
poi — chissà! — troveremo il passaggio alla strada
che si perde nel nulla e regala l’oblio!
(Dal Web)CAREZZE AL RISVEGLIO
... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
POESIE A TEMA
Poesie e racconti sulla Primavera …
Mandorlo in fiore
Ohimè! che cosa è accaduto?
Il mandorlo è fiorito,
ed io nulla ho sentito,
nulla ho veduto!
S'è guernito e coronato
d'un diadema di stelle d'argento:
tutta la notte ha lavorato
e sull'alba splendeva contento.
Ed ora le sue stelle le dà al vento:
ma ghirlandetta fragile e superba
la sparpaglia sull'erba
del fresco prato!
Il miracolo è compiuto:
ma io nulla ho veduto,
nulla ho sentito!
Dov'era questo povero cuore assorto,
dov'era questo povero cuore muto,
se il mandorlo è fiorito
ed esso di nulla s'è accorto?
(Angiolo Silvio Novaro)
FAVOLE PER LA NINNA NANNA …
Il gufo dottore, la lumaca e il lumacone
C’era una volta un Gufo che viveva nel tronco di un albero con la sua famiglia. Gli animali del bosco ne avevano timore anche se ammiravano la sua cultura sconfinata. Era, infatti, il massimo esperto mondiale di gufologia applicata e nell’esercizio della professione medica aveva curato tantissimi animali delle specie più diverse.
Quando si verificava un’emergenza medica gli abitanti del bosco si rivolgevano a lui che bofonchiava un po’ ma poi accorreva e riusciva a risolvere le situazioni più ingarbugliate.
Il Gufo aveva una moglie, la Sig.ra Gufa e tre figli, i Gufotti, ma passava poco tempo a casa perché era sempre impegnato in convegni, visite mediche e attività di ricerca. Il suo studio era disseminato di libroni di gufologia e lui passava le giornate a studiare mentre la notte visitava i pazienti.
Mai una vacanza…mai una distrazione e di questo la Gufa si lamentava anche perché la conduzione della casa era tutta sulle sue spalle e la sera il Gufo rientrava a casa così tardi che i gufotti erano già a letto con i loro pigiamini colorati. Ma del resto Lei aveva sposato un Luminare e questi erano gli svantaggi di avere un marito così stimato e ammirato.
Per fortuna poteva sfogarsi con la lumaca Camilla che era stata la prima paziente del Gufo e era diventata un’amica di famiglia. Lei e il suo compagno, il Lumacone Luigi, quando avevano qualche malanno telefonavano al Gufo; lui si precipitava con qualsiasi condizione atmosferica e, dopo un’attenta visita, somministrava loro la medicina delle medicine: una notte di sonno.
Poi si intratteneva a chiacchiera e, fra una birra e uno sformato di vermicelli, si sfogava dicendo che era stressato e voleva cambiare lavoro ma il Lumacone e la Lumaca sapevano che non diceva sul serio perché non sarebbe stato capace di vivere senza la medicina e sognava di tramandare i suoi segreti ai Gufotti ai quali per Natale aveva regalato il Piccolo Chirurgo.
Le rare volte che stava a casa gongolava nel vederli giocare con il bisturi e indossare i suoi camici dismessi. In fondo era un padre affettuoso anche se un po’ assente e non faceva mancare niente alla sua famiglia. Per il 20°anniversario di matrimonio si era anche presentato a casa con un bellissimo anello di spini di riccio e la Gufa si era messa a piangere per la commozione. In tanti anni di sacrifici e fatiche per mandare avanti la famiglia non aveva mai ricevuto un regalo e solo il pensiero che il Gufo aveva dedicato qualche ora del suo preziosissimo tempo per andare dal Ghiro gioielliere le faceva venire le lacrime agli occhi.
Di questo regalo la Gufa non disse niente alla Lumaca Camilla perché sapeva che il Lumacone si rifiutava di regalare alla sua amica un anello e per giustificare la sua avversione per i gioielli andava dicendo che gli spini di riccio non andavano più di moda e ormai li portavano solo le serpentesse che avevano un certo gusto del pacchiano.
Sul punto il Gufo era sostanzialmente d’accordo ma fece presente al Lumacone che le femmine, per qualche recondito motivo,erano molto attratte dagli spini di riccio e , per il quieto vivere, conveniva assecondarle. Del resto il Gufo era un po’ maschilista e riconduceva tutte le manie delle femmine alla loro inferiorità intellettuale rispetto ai maschi.
Questo, insieme al carattere burbero, era il suo più grande difetto ma gli animalini del bosco ci passavano sopra perché era un grande medico e si faceva in quattro per soccorrere chi aveva bisogno delle sue cure.
(Barbara La Mastra)
ATTUALITA’
Vele solari verso Alpha centauri in cerca di E.T..
Progetto del miliardario Milner, sostegno di Hawking e Zuckerberg. Un viaggio di 20 anni nello spazio interstellare alla ricerca di E.T. con una flotta di astronavi a vele solari spinte da laser diretta alla stella più vicina, Alpha Centauri. Vorrà dire percorrere 4,37 anni luce (circa 41.000 miliardi di chilometri) viaggiando al 20% della velocità della luce. E' la proposta finanziata con 100 milioni di dollari dal miliardario russo Yuri Milner, e presentata con il sostegno dell'astrofisico Stephen Hawking e del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg.
"Quello che ci rende umani è la capacità di superare i nostri limiti. E come possiamo superarli? Con la nostra mente e le nostre macchine", ha detto Hawking nella conferenza stampa organizzata da Milner a New York.
Chiamato "Breakthrough Starshot", il programma si basa sull'idea della vela solare, nota da tempo e basata sulla possibilità di viaggiare nello spazio senza motori, ma utilizzando la luce come forma di propulsione. A guidarlo potrebbe essere Pete Worden, ex direttore del Centro di ricerca Ames della Nasa, andato in pensione nel 2015. L'idea del progetto è utilizzare un razzo convenzionale per lanciare in orbita una flotta di minuscole astronavi; una volta raggiunta la posizione voluta nell'orbita terrestre, le astronavi spiegherebbero le vele e a quel punto ognuna di esse, a turno, potrebbe ricevere una 'spinta' da un fascio di laser molto concentrato, sparato da Terra.
Piccole come telefonini, le astronavi sono leggerissime ed equipaggiate con micro-dispositivi elettronici e una piccola vela. Questi singolari veicoli spaziali sarebbero in grado di raggiungere i confini del Sistema Solare in soli tre giorni, contro i nove anni impiegati dalla sonda New Horizons della Nasa per raggiungere il pianeta nano Plutone, ai confini del nostro sistema planetario.
(Ansa)
Antartide, si rompe una piattaforma di ghiaccio.
Forma due grandi iceberg, è la terza volta in un secolo. Una gigantesca piattaforma di ghiaccio si è spaccata in Antartide, generando due grandi iceberg. E' la terza volta nell'ultimo secolo che accade un fenomeno simile dalla stessa piattaforma, chiamata Nansen. Con una superficie di circa 160 chilometri quadrati, poco più piccola della Tunisia, questa imponente massa di ghiaccio galleggiante si trova appena a Sud della base italiana per le ricerche in Antartide, la Stazione "Mario Zucchelli".
La formazione dei due iceberg è stata il punto di arrivo di un processo cominciato da tempo. "Negli ultimi anni in questa piattaforma si era formata una grande frattura, che nel tempo si era allarga ed estesa fino al punto di far presagire un distacco massivo", ha osservato Vito Vitale, dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isac-Cnr). Secondo il ricercatore "le piattaforme galleggianti che circondano le coste del continente Antartico sono soggette a un equilibrio molto più delicato e rispondono con maggiore sensibilità ai cambiamenti climatici rispetto al ghiaccio che si trova sulla terraferma".
Che la rottura della piattaforma Nansen fosse imminente era stato annunciato nel marzo scorso dalle immagini riprese dai satelliti Sentinel del programma Copernicus dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), e dalla costellazione italiana dei satelliti radar Cosmo SkyMed, dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi). La frattura, che in marzo si era estesa e aveva cominciato ad aprirsi, il primo aprile ha raggiunto la lunghezza massima di 40 chilometri, prima che avvenisse il distacco. Ha osservato il distacco anche uno degli strumenti a bordo del satellite Terra della Nasa.
Gli iceberg sono alla deriva in direzione Nord-Est e attualmente, secondo gli esperti, non costituirebbero una minaccia immediata per le attività delle basi ricerca che si affacciano sulla costa.
(Ansa)
Asta record per Aston Martin di Stirling Moss, valutata 10 mln dollari.
La DB3S del 1954 nacque come auto personale dell'allora patron della casa inglese. La casa d'aste Bonhams ha valutato fino a 10 milioni di dollari una rara Aston Martin DB3S del 1954 che verrà messa in vendita il 21 maggio. Cifra che la renderebbe una delle Aston Martin più care mai vendute all'asta superando la DB3S che nel 2014 Gooding & Company vendette per 5,5 milioni di dollari. Quinta di 31 esemplari costruiti, questa particolare DB3S fu in origine costruita per l'uso privato dell'allora proprietario dell'Aston Martin David Brown. Ma dopo che tre altri esemplari furono distrutti a Le Mans nel 1954 Brown consegnò la sua auto al reparto corse, dove la carrozzeria in fibra di vetro fu sostituita con una in alluminio, e la mise in gara. Piloti come Sir Stirling Moss, Peter Collins, e Roy Salvadori hanno guidato l'esemplare su circuiti come Nürburgring e alla Mille Miglia.
La roadster - ricorda Autoblog - negli anni '60 ha fatto anche la comparsa nella commedia britannica degli anni Sessanta 'School for Scoundrels' con Ian Carmichael, Terry-Thomas e Janette Scott. La casa d'aste prevede che venderà il modello per 6.000.000-7.000.000 di sterline - equivalente a 8,5-10.000.000 di dollari al cambio attuale.
(Ansa)ANDIAMO AL CINEMA!!!!
Veloce come il vento
Un film di Matteo Rovere. Con Stefano Accorsi, Matilda De Angelis, Roberta Mattei, Paolo Graziosi, Lorenzo Gioielli.
Con intelligenza, sensibilità e gusto Rovere si butta a rotta di collo lungo un tracciato pieno di curve pericolose tenendo ben saldo il volante.
Paola Casella
Giulia De Martino vive in una cascina nella campagna dell'Emilia Romagna con il fratellino Nico. Sua madre se ne è andata (più volte) di casa, e suo fratello maggiore Loris, una leggenda dell'automobilismo da rally, è diventato un "tossico di merda" parcheggiato in una roulotte. Quando anche il padre di Giulia, che aveva scommesso su di lei come futura campionessa di Gran Turismo usando come collaterale la cascina, la lascia sola, Giulia si trova a gestire lo sfratto incipiente, il fratellino spaesato e il fratellone avido dell'eredità paterna. Ma la vera eredità dei De Martino è quella benzina che scorre loro nelle vene insieme al sangue e quel talento di famiglia, ostinato e rabbioso, per le quattro ruote.
Dopo due regie da rampollo di buona famiglia - Un gioco da ragazze e Gli sfiorati - Matteo Rovere finalmente esce dai Parioli e riscopre le sue radici romagnole, con tanto di unghie sporche di terra e imprecazioni in quel dialetto sanguigno che domina il mondo del motor sport italiano. Con intelligenza, sensibilità e gusto Rovere si butta a rotta di collo lungo un tracciato pieno di curve pericolose tenendo ben saldo il volante, con il sostegno di una bella sceneggiatura scritta a sei mani, oltre che da lui, da Filippo Gravino e Francesca Manieri. Lo spunto è una storia vera raccontata al regista da un meccanico scomparso l'anno scorso, cui sul grande schermo dà il volto segnato e la recitazione misurata l'ottimo Paolo Graziosi. Lo stile è quello del film di genere, ma più che al motor movie stile Rush Rovere attinge all'underdog movie di matrice atletica alla Rocky o alla Flashdance, aggiungendo un pizzico della follia da race movie farsesco alla Quei temerari sulle macchine volanti.
Volano davvero, le auto da corsa di Veloce come il vento, così come sono davvero matti e disperatissimi i loro piloti (il che ispira la battuta migliore del film), giovani o vecchi, maschi o femmine. Perché uno dei (tanti) pregi del film di Rovere è che racconta (senza mai sottolinearlo con facile retorica e ancor più facile piaggeria nei confronti del pubblico femminile) un mondo dove le pari opportunità sono reali: Giulia gareggia da sempre insieme ai piloti uomini, e tutto ciò che conta è l'asfalto che brucia e la grinta che sa dimostrare al volante.
Matilda De Angelis, al suo esodio cinematografico, è perfetta nei panni di una 17enne che ha il motore nel dna ma anche responsabilità adulte e piedi ben piantati per terra. Il suo sguardo sotto il casco mescola terrore e adrenalina, il suo corpo acerbo comunica fragilità e determinazione. La sua recitazione sobria e autentica, che ben si sposa con quella di Grazioli e del piccolo Giulio Pugnaghi nei panni di Nico, fa da contraltare e da contenitore a quella sopra le righe di Stefano Accorsi, che sulle prime pare gigioneria e invece conquista gradualmente dignità e carisma, per diventare la brillante caratterizzazione di un uomo in equilibrio su un crinale scosceso, un perdente glorioso degno di quell'universo epico e spaccone che è il mondo delle corse, siano esse su circuito di Formula Uno o su strada sterrata. Passato il mezzo del cammin della sua vita Accorsi sciacqua saggiamente i panni nel Po e non solo rispolvera il suo accento (pre Maxibon) ma acquisisce anche una postura da contadino della Bassa, e attinge alla fame di vita del Vasco prima maniera e alla poesia anarchica del Liga (Antonio, più che Luciano). Le riprese di gara sono convincenti e si lasciano seguire anche da chi non le conosce né le apprezza, e non privilegiano mai l'abilità tecnologica rispetto alla dimensione umanistica del racconto. In questo senso Veloce come il vento è più analogico che digitale, e gli effetti speciali sono vintage come il codice d'onore di Loris De Martino.
Il film di Rovere fa parte di quella rinascita del cinema italiano che affronta il genere per trascenderlo, e affonda le radici nei localismi dopo aver appreso a fondo la lezione (cinematografica) della globalizzazione. Soprattutto, fa qualcosa di grande: mostra alle giovanissime generazioni, per bocca di un quarantenne che si è bruciato e che ha distrutto l'automobile con cui correva vent'anni fa (una datazione non casuale), che si debba, e si possa, correre dei rischi, che si possa, e si debba, aggiustare ciò che abbiamo (o è stato) fatto a pezzi, che è lecito farsi (del) male ma anche (auto)ripararsi. Dimostra che aver paura di tagliarle il cordolo (o il cordone ombelicale) allontana dal traguardo, e che le ragazze non sono condannate ad essere colibrì dalle ali azzurre, ma possono diventare contendenti.
Video(Lussy)
... CURIOSANDO E RACCONTANDO …
IL MONASTERO DI TORBA
Il monastero di Torba si trova a Gornate Olona, nella località di Torba, alle pendici di un’ altura su cui è situato il parco archeologico di Castelseprio. Comprende sette luoghi densi di testimonianze architettoniche, pittoriche e scultoree dell'arte longobarda, è stato iscritto alla Lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel giugno 2011....storia, miti e leggende...
Il primo nucleo, il castrum fu costruito dai romani nel III secolo d.C. per difendere l'Impero romano dalle invasioni barbariche che provenivano dalle Alpi. La zona del fiume Olona dove sorge Torba, detta Sibrium, in età romana costituiva un luogo di importanza strategica sia per l'approvvigionamento delle acque, sia per la posizione lungo un asse fondamentale di comunicazione transalpino.
Il castrum venne utilizzato nei secoli successivi anche da Goti, Bizantini e Longobardi. Fu proprio durante il lungo periodo della pax longobarda che il complesso di Torba, perdendo il suo scopo militare, acquisì una funzione civile e, in seguito, religiosa, grazie all'insediamento, nell'VIII secolo, di un gruppo di monache benedettine che fece costruire il monastero e che aggiunsero all'edificio originale i locali che ospitavano le celle, un refettorio e una sala di preghiera, oltre a un portico a tre arcate e, nell'XI secolo, una piccola chiesa intitolata alla Vergine. Durante l'epoca franca il Seprio divenne sede di un contado, acquisendo così anche una funzione agricolo-produttiva; nei secoli successivi il sito divenne terreno di scontro fra alcune delle più potenti famiglie milanesi, in particolare tra i Della Torre e i Visconti nel XIII secolo: nel 1287 Ottone Visconti, per eliminare ogni traccia dei rivali, ordinò l'abbattimento di tutto il castrum, ad eccezione degli edifici religiosi che all'interno dei quali era nel frattempo stata inglobata anche la torre romana.
Le prime testimonianze scritte risalgono al 1049, dai documenti conservati è possibile ricostruire la storia del monastero. Ristabilito l'ordine, molte famiglie nobili si avvicendarono per dar incarico di badessa a una persona della propria stirpe, La famiglia Pusterla trasferì le monache a Tradate, nel 1482, lasciando la cura della terra a massari. Iniziò quindi il cosiddetto "periodo agricolo" del complesso, finché, in epoca napoleonica, nel 1799, con le soppressioni degli ordini religiosi Torba perse definitivamente lo status di monastero. L'intera costruzione venne riadattata alle mansioni agricole: il portico venne murato, l'entrata della chiesa ampliata e trasformata in magazzino per carri e attrezzi e tutti gli affreschi vennero coperti da un nuovo intonaco.
I secoli successivi furono contrassegnati da numerosi passaggi di proprietà, fino al 1971. Dopo anni di incuria e abbandono, il complesso venne acquistato nel 1977 da Giulia Maria Mozzoni Crespi che lo donò al Fondo Ambiente Italiano, il quale ha provveduto a ristrutturarlo.
La chiesa di Santa Maria venne costruita in diverse fasi tra l'VIII e il XIII secolo, utilizzando pietre di origine fluviale, raccolte dalla vicina Olona e legate tra loro da sabbia e calce. Al proprio interno ingloba parti di un precedente edificio ecclesiastico: all'interno della chiesa sono infatti ben visibili i resti di un campanile a pianta quadrata presente antecedentemente alla costruzione. La muratura esterna dell'abside, a ciottoloni, è scandita da quattro lesene che delimitano cinque campiture entro cui sono state ricavate monofore strombate. Il perimetro superiore è decorato con archetti pensili in cotto, che creano un interessante gioco cromatico, caro al romanico lombardo. All'interno della chiesa sono poi state rinvenute alcune tombe e una cripta ad ambulacro, riferibile all'VIII secolo, cui si accede da due scale di pietra poste sulle pareti laterali. Di originale forma rettangolare venne in seguito ampliata durante i secoli XII e XIII tramite l'inserimento della parte absidale, eretta con tufo e mattoni. Per restituire il volume originario degli interni, sopra la cripta è stato posizionato un soppalco removibile in legno. I restauri del FAI hanno riportato alla luce anche i grandi archi del portico del corpo del monastero, impostato sulla spina romana della muratura di Castelseprio, è ancora visibile, all'interno del refettorio, il grande camino originario.
La torre, con funzione di avvista-
mento all'interno del sistema difensivo romano, fu la punta avanzata verso il fiume Olona, e rappresenta una delle poche testimo-
nianze rimaste nel nord Italia di architettura romana difensiva del V-VI secolo. Costruita con materiale tratto dalla demolizione di complessi cimiteriali romani, essa è caratterizzata da una struttura possente, ma slanciata. I muri perimetrali infatti si assottigliano progressivamenti dalla base, profondi circa 2 m fino alla copertura della torre, con lo spessore di circa 85 cm, creando una serie di gradini (detti "riseghe") visibili sia all'interno che all'esterno della struttura architettonica, alta più di 18 m. Gli angoli dei muri a valle sono inoltre rinforzati da contrafforti. Gli interni della torre rivelano in modo più evidente la complessa storia dell'edificio: al primo piano infatti, accanto alle finestre a feritoia di epoca militare, figura una finestra ogivale del XV secolo. Gli affreschi conservati sulle pareti e gli incavi ricavati nella muratura testimoniano come, in epoca longobarda, questa stanza fosse adibita a sepolcreto delle badesse della comunità. Sono ancora leggibili la figura di una monaca che riporta nell'iscrizione il nome tipicamente longobardo di Aliberga, e una croce con l'alfa e l'omega sui bracci orizzontali. Fra i materiali reimpiegati per la costruzione del piano spicca una lapide romana in marmo con il rilievo di un elmo crestato.
Tra l'VIII e l'XI secolo il secondo piano fu adibito a oratorio dalle monache, come testimonia la presenza dell'altare, oggi perduto, e delle raffigurazioni a carattere religioso delle pareti. Sulla parete est vi è una rara testimonianza di velario.
Pier Giuseppe Sironi, nel suo I Racconti di Torba (1994), riporta una leggenda per la quale, un tempo, un brigante si insediò a Torba, scacciando chi vi abitava e iniziando a depredare i paesi circostanti; a nulla valsero gli interventi di vari mercenari ingaggiati dalla popolazione, e lo stesso conte del Seprio perse la vita duellando contro l'invasore. Una giovane donna di nome Raffa escogitò allora uno stratagemma: si fece trovare dal brigante a fare il bagno nell'Olona e, quando questi la portò nel suo covo, lo accecò con del sale e prese a picchiarlo con un randello; l'uomo, tuttavia, resistette ai colpi e inseguì la ragazza fino in cima alla torre, ove lei lo avvinghiò e si buttò nel vuoto con lui. Il brigante perse la vita, mentre Raffa si salvò miracolosamente, e fece erigere presso la torre stessa una piccola cappella dedicata all'arcangelo Raffaele, ritenuto il proprio salvatore.
Il Sironi, nella notazione alla fine del racconto, dice che una chiesa dedicata a san Raffaele è segnalata per Castelseprio nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani (cioè alla fine del XIII secolo), della quale però non si è mai avuta altra notizia. Nella mappa del Catasto Teresiano (datata al 1722), tuttavia, una chiesa di San Raffaele è indicata esattamente nel luogo di Santa Maria di Torba, che nello stesso foglio è al contrario ignorata. Esiste dunque il dubbio che la vera dedica di quest'ultima sia stata in origine all'arcangelo, e che la stessa sia andata in quasi obsolescenza dietro l'uso corrente di denominare il luogo con il nome di Santa Maria, posseduto dal monastero cui la chiesetta finì per appartenere. In questo modo, dice sempre il Sironi, la leggenda di Raffa potrebbe essere in parte capita, con qualche incongruenza storica, dato che in quel periodo,forse le monache ancora non erano apparse a Torba.
Le monache senza volto. Nella parete ovest della Torre vi è l'affresco più bello, significativo e misterioso, un gruppo di otto monache in processione con sopra le loro teste otto sante, che si è sempre pensato fossero le protettrici delle stesse monache, oppure che fossero direttamente le stesse monache riportate nella visione celeste. C'è però un particolare che balza immediatamente all'occhio e cioè che tre di loro sono senza volto. Sono state fatte diverse supposizioni a riguardo, tra le quali, la più plausibile è stata quella in cui si ritiene che la scomparsa sia dovuta alla forte umidità del luogo che ha contribuito alla perdita dei lineamenti. Ma gli altri volti non sono scomparsi totalmente, e si presentano come un ovale perfetto, privo di qualsiasi traccia di pigmento. Una leggenda racconta che mentre veniva realizzato l'affresco, tre monache si allontanarono dal monastero per fatti ignoti, lasciando così incompleti i ritratti, vuoti, nell'attesa di essere completati con l'eventuale arrivo di nuove monache, ma ciò non accadde, perchè il luogo fu abbandonato. Le tre monache "senza identità" morirono nel corso degli anni e dato che non era stato completato l'affresco con le loro corrispettive immagini, si dice che i loro spiriti stiano vagando per i campi di Torba nel tentativo di rientrare nel dipinto. Il giorno in cui ci riusciranno, avranno un'identità e potranno finalmente accedere al Paradiso.
Nella torre campanaria, che un tempo si trovava all'esterno, resta una figura mefistofelica e un personaggio dal nome di Gioachino, per l'iscrizione Kim.
Al centro della cripta vi è una pietra molto particolare, quadrata con un inserto rotondo, la sua funzione è ignota e non si sa se è semplicemente una base di una colonna o se fosse stata utilizzata quale pietra sacrificale.(Gabry)
La Musica del Cuore
I Grandi Cantautori Italiani
Elisa
Elisa Toffoli, conosciuta semplicemente come Elisa (Trieste, 19 dicembre 1977), è una cantautrice, compositrice e musicista italiana. Nel corso della sua carriera ha avviato inoltre progetti in qualità di produttrice discografica, regista di videoclip, attrice teatrale, fotografa e scrittrice.
Nata a Trieste ma originaria di Monfalcone e residente a Gradisca d'Isonzo (provincia di Gorizia), Elisa è una delle poche cantautrici italiane a scrivere la quasi totalità dei suoi testi in inglese; ha cantato anche in spagnolo (nei brani Háblame e Sentir sin embargo), francese (Pour que l'amour me quitte), sloveno (Lintver main theme) e curdo (il brano Kuminist), oltre che in italiano.
Il successo in ambito discografico arrivò a 19 anni con l'album d'esordio Pipes & Flowers, ma la notorietà al grande pubblico giunse a 23 anni grazie alla vittoriosa partecipazione al Festival di Sanremo 2001 con la canzone Luce (tramonti a nord est).
Ha due figli, avuti da Andrea Rigonat, suo marito e componente della sua band: Emma Cecile, nata il 22 ottobre 2009, e Sebastian, nato il 20 maggio 2013
In 19 anni di carriera, dopo la realizzazione di 8 album in studio, 5 compilation, 2 album dal vivo, 5 album video, 51 singoli e altrettanti video musicali, ha venduto oltre 3,5 milioni di dischi certificati da M&D e FIMI, riscuotendo successo anche in Europa e in Nord America. Nelle classifiche di vendita italiana ed internazionali, ha raggiunto 9 volte la top-ten con i suoi album, conquistando 3 volte la prima posizione, mentre per quanto riguarda i singoli, ha raggiunto la top-ten 16 volte, con 6 numero uno, guadagnando complessivamente 1 disco di diamante, 1 disco multiplatino (come membro del gruppo Artisti Uniti per l'Abruzzo), 26 dischi di platino e 5 dischi d'oro.
In Italia ha ottenuto tutti i principali premi e riconoscimenti in ambito musicale: dal Festival di Sanremo nel 2001 con il brano Luce (Tramonti a nord est), grazie al quale conquistò sei premi, incluso il primo posto nella categoria Big, alla Targa Tenco, da due Premi Lunezia a 14 Italian, Wind & Music Awards, dal Festivalbar al Nastro d'argento, ed un Premio Regia Televisiva. Tra gli altri numerosi riconoscimenti ha inoltre vinto un MTV Europe Music Award. Nel 2013 il brano Ancora qui, colonna sonora del film di Quentin Tarantino Django Unchained, scritta da Elisa e composta da Ennio Morricone, ha fatto parte delle settantacinque canzoni tra cui sono state scelte quelle candidate all'Oscar alla miglior canzone originale. L'album della colonna sonora ha inoltre ricevuto una nomination ai Grammy Awards 2014 nella categoria Best Compilation Soundtrack for Visual Media.
Nonostante la sua musica sia principalmente descritta come pop e pop rock, nel suo repertorio ha anche attinto da generi quali alternative rock, trip hop e dance.
A sedici anni Elisa incontra ad un provino Caterina Caselli, la quale, positivamente impressionata dalla sua voce e dai suoi testi, un anno dopo le dà la possibilità di firmare il suo primo contratto discografico con la Sugar Music, etichetta da lei stessa gestita. Nel 1996, a diciotto anni, parte per Berkeley (California) dove, insieme a Corrado Rustici (produttore di Zucchero, Francesco De Gregori, Claudio Baglioni e collaboratore, in passato, di Whitney Houston ed Aretha Franklin), lavora alle canzoni dell'album d'esordio.
Vista dall'alto di Berkeley, città dove ha inciso Pipes & Flowers, il suo album d'esordio
L'album viene anticipato di alcuni mesi dal singolo Sleeping in Your Hand, pubblicato alla fine di maggio del 1997. Pipes & Flowers viene infine pubblicato il 22 settembre 1997 e in poco tempo conquista il quadruplo disco di platino in Italia. Elisa è autrice o coautrice di tutti i testi, scritti in inglese, e anche delle musiche. Per questo suo debutto nel 1998 vince la Targa Tenco e il PIM (Premio Italiano della Musica). Elisa comincia poi a farsi conoscere anche attraverso alcune esibizioni dal vivo: alla prima edizione dell'Heineken Jammin' Festival di Imola e in seguito come special guest durante il tour europeo di Eros Ramazzotti, aprendo i suoi concerti.
Dopo la pubblicazione dell'album in mezza Europa, comincia una serie di collaborazioni con produttori stranieri e italiani che porta alla realizzazione di varie canzoni. La prima ad essere pubblicata è Cure Me, prodotta da Darren Allison (Skunk Anansie, Spiritualized) e pubblicata come singolo alla fine del 1998. Per l'occasione Pipes & Flowers esce in una nuova edizione che comprende anche questa canzone. Le altre, dal sound prettamente elettronico paragonabile allo stile di Björk, verranno invece tenute in serbo per essere poi pubblicate nel secondo album.
Il 1998 è l'anno in cui comincia una lunga e talvolta fruttuosa simbiosi tra le canzoni di Elisa e il mondo del cinema: le canzoni A Feast for Me e So Delicate So Pure vengono inserite nella colonna sonora del film per la TV Amiche davvero!! di Marcello Cesena, mentre l'anno dopo Cure Me viene inclusa nella colonna sonora del film La prima volta di Massimo Martella.
Elisa ha dichiarato di aver chiamato il disco Pipes & Flowers data la sua passione per la Street Art e i graffiti, siccome era solita disegnare volti e fiori (flowers) che spuntavano da tubi (pipes) tridimensionali.
A tre anni di distanza dall'album di debutto, il 5 maggio 2000 esce Asile's World, il secondo album dell'artista. Come anticipato dal singolo Gift, l'album segna una netta quanto inattesa inversione di rotta rispetto alle sonorità di Pipes & Flowers. Asile's World, prodotto da quattro diversi produttori tra cui Howie B e Roberto Vernetti, è infatti un prodotto caratterizzato da arrangiamenti elettronici, composto tanto da semplice synth-pop quanto da pure sperimentazioni elettroniche che si discostano fortemente dal genere pop rock, predominante invece nell'album precedente.
Nonostante Elisa non apprezzi particolarmente le gare canore, nel 2001 Caterina Caselli le propone di partecipare alla 51ª edizione del Festival di Sanremo. La cantautrice si presenta sul palco del Teatro Ariston con la sua prima canzone in italiano, Luce (tramonti a nord est), brano non pensato per il Festival e scritto dalla stessa Elisa con la collaborazione di Zucchero e prodotto da Corrado Rustici. La cantautrice giuliana, accompagnata dagli archi del Solis String Quartet, arriva al primo posto della competizione e si aggiudica anche il premio della critica, mentre la giuria di qualità, presieduta da Gino Paoli, introduce un premio appositamente per lei, miglior interprete del Festival. Riguardo alla partecipazione al Festival, Elisa ha detto:
« Sono venuta perché è l'evento musicale italiano più seguito. E io volevo proporre non me, ma la canzone. In questo modo, in cinque minuti, 15 milioni di persone l'hanno ascoltata. Non mi sento in gara. »
A seguito della partecipazione al Festival esce una nuova edizione dell'album Asile's World contenente anche il brano sanremese. Elisa successivamente tornerà a Sanremo come ospite nel 2007 e successivamente nel 2010, nella serata del giovedì, dedicata a celebrare il sessantesimo anniversario della kermesse.
Nello stesso anno, in occasione dell'apertura del Futurshow, Elisa canta a Bologna davanti a ventimila persone, inserita in un cast internazionale comprendente Manu Chao e Tricky; si esibirà inoltre al concerto di Natale in Vaticano.
Anticipato dal singolo Heaven Out of Hell, il 9 novembre 2001 esce il terzo album di Elisa, Then Comes the Sun. L'album, prodotto da Corrado Rustici e caratterizzato da sonorità pop acustiche con alcune evasioni nel rock e nell'elettronica, musicalmente si rivela più semplice del precedente, ma dai testi più intimisti.
In questo periodo la cantante riceve svariati premi e riconoscimenti: nello stesso giorno del lancio del suo terzo album Elisa viene eletta miglior artista italiana agli MTV Europe Music Awards di Francoforte (tuttora risulta essere l'unica artista femminile ad aver ricevuto questo premio), il 26 novembre 2001 si aggiudica tre premi agli Italian Music Awards, viene poi premiata al Premio Italiano della Musica come miglior artista femminile e miglior singolo Luce (tramonti a nord est) e a dicembre 2002 ottiene tre nomination agli Italian Music Awards.
Nell'agosto 2002, mentre l'album Then Comes the Sun ottiene il triplo disco di platino in Italia, viene pubblicato un greatest hits della cantautrice per il mercato europeo, intitolato semplicemente Elisa, che contiene canzoni dai primi tre album, in prevalenza da Then Comes the Sun. L'album esce in più di venti nazioni fra cui Germania, Spagna e Paesi Bassi ed è anticipato dal singolo Come Speak to Me, versione inglese di Luce (tramonti a nord est).
Nel 2003 Elisa torna a cantare in italiano: interpreta una nuova versione di Almeno tu nell'universo, una delle più famose canzoni di Mia Martini, scomparsa nel 1995. La canzone, scritta da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio, è il tema principale del film Ricordati di me di Gabriele Muccino. Il videoclip è firmato dal regista Richard Lowenstein, noto per aver diretto in passato anche gli U2. Almeno tu nell'universo esce il 14 febbraio 2003 in contemporanea con il film e conquista subito il primo posto della classifica italiana.
Successivamente esce il singolo Nessuna certezza dei Tiromancino, dove Elisa canta con Federico Zampaglione e Meg dei 99 Posse. Sempre nel 2003 Elisa collabora al disco Poco mossi gli altri bacini degli Avion Travel.
Alla fine del 2003 esce Lotus, il primo album interamente acustico della cantautrice goriziana, anticipato dal singolo Broken. Il nuovo lavoro contiene alcuni dei successi di Elisa in versione acustica, tre cover (Femme Fatale dei Velvet Underground, Hallelujah di Leonard Cohen ed Almeno tu nell'universo, che in quest'occasione viene registrata in una nuova versione acustica) e sei brani inediti. L'album è seguito da un lungo tour acustico che porta Elisa per diversi teatri italiani. All'inizio del 2004 esce un omonimo DVD contenente lo showcase di presentazione dell'album e un documentario sulla sua realizzazione.
Pearl Days, il quinto album di Elisa uscito il 15 ottobre 2004, presenta sonorità rock più energiche rispetto ai suoi lavori precedenti e in netto contrasto col più intimista Lotus. Il CD, anticipato dal singolo Together il 17 settembre, è prodotto dall'americano Glen Ballard, già produttore di Alanis Morissette e Anastacia, che dà un sound molto internazionale all'album.
L'anno seguente viene pubblicato il secondo lavoro di Elisa in italiano, Una poesia anche per te, adattamento della canzone Life Goes On, dedicata alla sua famiglia e già contenuta in Pearl Days. Il nuovo singolo viene aggiunto alla nuova edizione del disco uscita lo stesso giorno, il 15 aprile 2005. Il singolo durante la prima settimana raggiunge la posizione numero 7 della classifica italiana e, pur arrivando al massimo in seconda posizione, sarà record di vendite. È il quarto singolo più venduto del 2005.
Nel 2005 esce l'album di Ron Ma quando dici amore, in cui il cantante dornese è accompagnato da Elisa nel brano da cui l'album prende il titolo. Collabora inoltre con il gruppo Jade incidendo il singolo Opera e con Simona Bencini, che presenta al 56º Festival di Sanremo il brano Tempesta, la cui musica fu scritta da Elisa.
Verso la fine del 2005 Elisa realizza Swan, il tema portante della colonna sonora del film Melissa P di Luca Guadagnino. La canzone viene prodotta da Michele Centonze (produttore anche di Almeno tu nell'universo) e il singolo, uscito il 25 novembre, rimane per dieci settimane nella Top 10 dei dischi più venduti in Italia.
Per festeggiare i primi dieci anni di carriera, il 17 novembre 2006 venne pubblicato il primo greatest hits italiano della cantautrice, intitolato Soundtrack '96-'06, contenente molti dei suoi successi dagli esordi di Sleeping in Your Hand alla recente Swan, e anche quattro brani inediti, tutti usciti in radio. L'album è anticipato dal brano Gli ostacoli del cuore, scritto da Luciano Ligabue, che sarà il brano più trasmesso dalle radio di tutta Italia per più di tre mesi consecutivi, secondo la classifica Music Control.
Nell'estate del 2007 esce Caterpillar, seconda raccolta internazionale di Elisa, che contiene una tracklist molto simile a Soundtrack '96-'06. L'album, anticipato dal singolo Stay, viene pubblicato tra agosto e settembre ed esce anche in Italia in edizione limitata.
Ai Wind Music Awards dell'anno viene premiata per le vendite del CD/DVD platino Soundtrack Live '96-'06, dove si esibisce live con Stay. Il 15 luglio 2008 viene pubblicato l'album Dancing, che il 25 agosto appare anche in Canada. L'uscita dell'album segue il successo della canzone Dancing, già in vendita su iTunes America sotto forma di EP, che aveva ottenuto un enorme riscontro per esser stata utilizzata in una coreografia del programma televisivo americano So You Think You Can Dance?. Secondo un sondaggio della rivista Billboard, l'album si è piazzato al 5º posto tra i migliori del 2008.
Tra aprile e giugno del 2009 Elisa partecipa a due iniziative a favore della ricostruzione dell'Aquila a seguito del terremoto. Il 21 aprile 2009 partecipa alla registrazione del singolo Domani 21/04.2009 voluto da Jovanotti e da Giuliano Sangiorgi. Successivamente, il 21 giugno allo Stadio Giuseppe Meazza di Milano, è stata una delle madrine del concerto Amiche per l'Abruzzo insieme a Laura Pausini, Gianna Nannini, Fiorella Mannoia e Giorgia, progetto nato da un'idea della stessa Laura Pausini; al cast, composto da sole donne, hanno aderito centododici artiste italiane, di cui quarantasei si sono esibite sul palco.. Del mega concerto è stato anche realizzato un DVD uscito il 22 giugno 2010 a un anno di distanza dall'evento
Il 13 novembre 2009 viene pubblicato Heart, sesto album di inediti di Elisa, anticipato dal singolo Ti vorrei sollevare cantato con Giuliano Sangiorgi, in radio dal 16 ottobre. L'album contiene quattordici tracce e unisce canzoni rock quali Your Manifesto e Lisert, a melodie più pop come il duetto con Antony Hegarty Forgiveness. Nell'album è presente anche una reinterpretazione di Mad World dei Tears for Fears, che Elisa aveva già eseguito live durante il Mechanical Dream Tour. L'album è prodotto da Elisa stessa e dal suo compagno Andrea Rigonat, chitarrista della band.
Il 30 novembre 2010 è stato pubblicato un nuovo album di Elisa, Ivy. Come Lotus, il disco si compone di diverse rivisitazioni di lavori precedenti della cantautrice, cover e brani inediti arrangiati in chiave acustica. Ivy comprende anche un film-documentario girato in Trentino in cui Elisa illustra il senso del disco ripercorrendo la sua carriera e il lavoro compiuto per la realizzazione del progetto. La pubblicazione dell'album è stata anticipata dal singolo inedito Nostalgia, in lingua inglese. La cover del brano di Camille Pour Que l'Amour Me Quitte è cantata con Giorgia Todrani ed è una bellissima ninna nanna dedicata alla figlia, cover che era già stata eseguita dal vivo nel Heart Alive Tour alcuni mesi prima. A supporto dell'album è stato intrapreso un nuovo tour tra marzo e maggio 2011.
A fine maggio 2011 Elisa è stata premiata nella nuova edizione dei Wind Music Awards per il disco di platino vinto da Ivy.
Il 15 ottobre 2013 viene pubblicato L'anima vola, ottavo album d'inediti di Elisa. Figurano un incontro vocale con Tiziano Ferro in E scopro cos'è la felicità, il cui testo è stato scritto dallo stesso Ferro, e la partecipazione in veste di autori di Ligabue in A modo tuo, di Giuliano Sangiorgi in Ecco che e di Ennio Morricone, compositore di Ancora qui, brano facente parte della colonna sonora del film di Quentin Tarantino Django Unchained, del cui testo Elisa è autrice. Il 24 ottobre alla prima settimana di uscita, l'album si piazza in testa alla Classifica FIMI Album; l'anno 2013 si chiude con la certificazione di disco di platino per L'anima vola.
Nel 2015 Elisa è il direttore artistico della squadra blu nel programma Amici di Maria De Filippi. Il 19 maggio dello stesso anno i The Kolors, band che fa parte della sua squadra e vincitrice della categoria canto(vincitori anche del premio della critica), pubblicano il loro nuovo album Out, contenente un duetto proprio con Elisa nel brano Realize. Inoltre la squadra di Elisa porta anche la vittoria della categoria ballo, vinto dalla ballerina Virginia Tomarchio. Il 7 ottobre dello stesso anno è stata ospite insieme ad Emma Marrone della seconda puntata dello show televisivo Capitani coraggiosi di Gianni Morandi e Claudio Baglioni esibendosi con questi ultimi nelle note finali di E tu e poi in Ma chi se ne importa e Si può dare di più.
l 15 gennaio 2016 viene pubblicato il singolo inedito No Hero, che anticipa il suo prossimo album. Il 12 febbraio, superospite della quarta serata del Festival di Sanremo, conferma che il suo nuovo album si intitolerà On e che uscirà il 25 marzo. Nello stesso anno duetta in E la luna bussò con Loredana Bertè, nel suo album Amici non ne ho... ma amiche sì!.
Fonte: wikipedia.org(Ivana)
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(Redazione)
L’ISOLA NELLO SPORT
CRONACA SPORTIVA
Champions League: Atletico Madrid Barcellona 2-0, Benfica Bayern Monaco 2-2.
Blaugrana sconfitti, decide la doppietta di Griezmann. I bavaresi all'andata in casa si erano imposti 1-0. Champions con eliminazione choc per il Barcellona. In semifinale vola l'Atletico Madrid di Simeone. Nell'altra sfida al Bayern basta il 2-2 in casa del Benfica per assicurarsi il passaggio in semifinale.
Atletico Madrid-Barcellona 2-0, al 36' Griezmann e ll'87 (CRONACA)
Benfica-Bayern 2-2 al 27' Jiménez, al 38' Vidal, al 52' Muller, Talisca al 76' (CRONACA)
L'impresa dell'Atletico, Barcellona ko. Passa anche il Bayern - Miracolo di Diego Simeone, il Barcellona esce dalla Champions, in semifinale vola l'Atletico Madrid. Al Vicente Calderon la squadra del Cholo fa l'impresa e batte 2-0 un Barcellona irriconoscibile (1-2 all'andata) con doppietta di Griezmann: passaggio di turno conquistato anche dal Bayern Monaco che pareggia 2-2 in casa del Benfica (battuto 1-0 in Germania). Meritatissima la qualificazione dell'Atletico, che domina nel primo tempo (chiuso sull'1-0) e contiene le sfuriate di un Barcellona rabbioso quanto disordinato nel secondo. Blaugrana leziosi ed evanescenti nei primi 45 minuti. Gli uomini di Luis Enrique fanno tanto possesso palla (oltre il 70%), ma poco redditizio. Mentre l'Atletico ottiene il massimo da quel che gli resta, sfruttando benissimo le corsie laterali con Gabi e Fernandez. Ter Stegen impegnato già al 4' dal tiro centrale di Carrasco ed all'8' dal colpo di testa di Griezmann. E proprio l'attaccante francese, al 36', porta l'Atletico in vantaggio: il bellissimo cross con l'esterno destro di Saul coglie libero in area Griezmann che di testa anticipa Piqué e batte ter Stegen. Oblak si vede solo al 42', parando l tiro da 30 metri di Neymar. Aggressività, pressing asfissiante e precisione del fraseggio sono le armi con cui l'Atletico ricomincia dopo l'intervallo. Mentre il Barcellona appare sempre in confusione. Al 6' Saul colpisce la traversa di testa. Ma i catalani non possono essere così brutti ed iniziano a rovesciarsi verso l'area avversaria. Lasciando il fianco scoperto alle ripartenze dei padroni di casa. Luis Enrique inserisce l'ex Arda Turan al posto di Rakitic. Il Barca spinge cercando il gol che lo porterebbe in semifinale, ma è un arrembaggio confuso, più di volontà che di testa. Messi e Neymar (molto nervoso ed ammonito da Rizzoli) si vedono pochissimo, Suarez combatte ma è solo contro tutti. I 20 minuti finali sono un arrembaggio del Barcellona. Pagato caro. Sull'ennesimo contropiede dell'Atletico, Iniesta intercetta la palla in area con la mano, dopo una discesa strepitosa di Felipe Luis e regala il calcio rigore all'Atletico Madrid. Griezmann realizza al 43' e sulla Champions del Barcellona cala il sipario. Nei minuti di recupero l'unica sbavatura dell'arbitraggio di Rizzoli, che giudica fuori area un mani di Gabi, che avrebbe meritato il rigore. Invece fischia solo una punizione dal limite, che lo spento Messi calcia alta.
A Lisbona Guardiola esclude a sorpresa Robert Lewandowski. Il tecnico del Bayern non dà punti di riferimento al Benfica, schierando come punta centrale Thomas Mueller e rinforzando il centrocampo con l'ingresso di Xabi Alonso. E' però Jimenez a sbloccarla, facendo sognare i propri. Ci pensa Vidal (a segno anche all'andata) a ristabilire la parità. Nella ripresa Mueller porta il Bayern in vantaggio, ma il Benfica non si arrende e trova con Talisca il 2-2.
(Ansa)
Nba: l'addio di Kobe Bryant.
In campo Lakers contro Utah Jazz. Fino 26 mila dollari per salutarlo. Quanto vale l'addio di Kobe Bryant al basket? Anche 26mila dollari. La cifra equivale infatti al prezzo più alto pagato per un biglietto al match di questa sera allo Staples Center di Los Angeles con in campo i padroni di casa dei Lakers contro gli Utah Jazz. Ma nella partita dell'Nba, il campionato di basket americano, l'attenzione sara' tutta per lo show della star Bryant, che a 37 anni ha deciso di appendere le sue sneaker al chiodo.
Il match di addio ha fatto schizzare i prezzi dei biglietti alle stelle e la cifra media pagata e' stata di oltre duemila dollari, ossia il 500% in più rispetto al prezzo medio per una partita dei Lakers. Il biglietto più' economico, si fa per dire, e' stato venduto a quasi 900 dollari. Ma la Kobemania non si ferma alla corsa ai biglietti, e' gara anche ai gadget, con il negozio online ufficiale dei Lakers che ha capitalizzato sull'evento vendendo un cappellino commemorativo decorato con ricamo in oro 18k per 38mila dollari e una giacca per seimila dollari.
(Ansa)
Parigi-Roubaix: vittoria di Hayman.
L'australiano batte in volata Boonen e Stannard. L'australiano Mathew Hayman (Orica-GreenEdge) ha vinto la 114/a edizione della Parigi-Roubaix, 'regina' delle classiche del ciclismo. Ha battuto in volata il belga Tom Boonen e il britannico Ian Stannard, suoi compagni nell'ultima e decisiva fuga a pochi chilometri dal traguardo insieme con Sep Vanmarcke e il norvegese Boasson-Hagen, I cinque sono entrati quasi insieme nel velodromo di Roubaix e Hayman, secondo australiano a vincere la corsa, è riuscito a precedere tutti chiudendo a braccia aperte.
Quanto ai due favoriti della vigilia, Peter Sagan è arrivato col gruppo a oltre due minuti, mentre Fabian Cancellara è stato vittima di una caduta ed è arrivato a oltre 7' dal vincitore.
Colpito da moto, Viviani in ospedale - A due settimane dalla tragedia del belga Demoitiè alla Gand-Wevelgem, un nuovo incidente ha visto protagonista una moto al seguito della corsa alla Parigi-Roubaix. Vittima questa volta, per fortuna senza gravi conseguenze, è l'italiano del Team Sky Elia Viviani. Coinvolto in una delle tante cadute di gruppo durante la corsa, Viviani è stato colpito dal mezzo che stava sopraggiungendo e che il conducente non è riuscito a fermare in tempo sul fondo viscido. Il Team Sky ha informato che Viviani ha subito alcune contusioni, in particolare una allo sterno, ed è stato condotto in ospedale a Valenciennes per accertamenti.
(Ansa)(Gina)
GOSSIPPANDO!!!
Michelle al parco con Sole e Celeste
WEEKEND DA MAMMA PER LA HUNZIKER
Da poco smentita la notizia di una nuova gravidanza, Michelle Hunziker dedica tutta se stessa alle figlie Sole e Celeste. Complici le giornate quasi primaverili di Milano, la showgirl si perde nei giochi al parco con la secondogenita Sole, mentre Celeste (di appena 10 mesi) dorme beata nel passeggino. All'appello manca solo papà Tomaso, evidentemente preso da impegni lavorativi, ma mamma Michelle si "difende" benissimo da sola. Tra scivoli, giostre e giochi con la palla la Hunziker sa come farsi adorare dalle sue splendide bambine...
fonte:http://www.msn.com/it-it(Lussy)
… TRA CURIOSITA’ E CULTURA …
LA VITA MODERNA. GIANNI CROCE.
FOTOGRAFIE 1920-1960Piacenza, Spazio Ex Enel
dal 9 Aprile al 29 Maggio 2016
Dal 9 aprile al 29 maggio 2016, lo spazio Ex Enel di Piacenza ospita l’antologica di Gianni Croce (1896-1981), un innovatore del linguaggio fotografico e un cantore del Novecento piacentino.
L’esposizione, curata da Donatella Ferrari, Roberto Dassoni, Maurizio Cavalloni, promossa dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, col patrocinio del Comune di Piacenza, in collaborazione con il Museo per la Fotografia e la Comunicazione visiva di Piacenza, presenta 100 fotografie, lastre originali e un video documentario, realizzate da Gianni Croce in oltre quarant’anni di lavoro, dal 1921, anno in cui apre lo studio in corso Vittorio Emanuele a Piacenza, fino alla prima metà degli anni sessanta.
Benché aderenti alla storia della sua città, le immagini di Gianni Croce guardano con attenzione alle sperimentazioni italiane ed europee del Novecento. Nei suoi scatti, Croce non restituisce la cronaca semplice e diretta del reale, ma usa gli sfondi urbani come la quinta dove rappresentare la realtà e le proprie storie, interpretate dai protagonisti della vita sociale, siano essi gli aristocratici che le persone umili, rendendo vive le piccole passioni, le storie, le memorie private e collettive.
Il percorso espositivo è suddiviso in sette sezioni e abbraccia tematiche come l’architettura, non colta nel nudo dato costruttivo, ma come sperimentazione su richiami a impressioni, atmosfere, astrazione del reale. Le principali opere architettoniche sorte a Piacenza tra le due guerre come il Liceo Gioia di Mario Bacciocchi, il Liceo Scientifico di Luigi Moretti, la Galleria Ricci Oddi non sono mai riprese nella loro interezza; l’attenzione è piuttosto per i giochi architettonici o, in altri casi, come per la cripta del Duomo o per il refettorio del Collegio Alberoni, per la pulizia metafisica richiamata da una serie ordinata di colonne.
E ancora i ritratti, databili tra gli anni venti e trenta del secolo scorso in cui, sullo sfondo creato dalla città, mette in posa e fa recitare personaggi veri, con il loro preciso ruolo sociale. Croce non cerca la realtà, quanto una sua personale interpretazione, quasi che i protagonisti delle sue fotografie fossero testimoni di un’epoca quasi idilliaca dove la bellezza rappresenta un grande valore. Non è un caso che Croce interveniva direttamente sulle lastre con la matita per nascondere le rughe sui visi e rendere i volti senza tempo e senza anima, lasciando ai soli abiti il compito di identificare l’epoca.
Particolarmente interessanti e curiose sono le sezioni dedicate al Sabato fascista, ovvero le manifestazioni ginniche del Ventennio, dove le pose ‘olimpiche’ dei ragazzi servivano al regime a rendere memorabile l’evento politico, o ancora quella della Città invisibile, con scorci privi di figure umane e con forti contrasti di luci e ombre, o dei Minimi sguardi, in cui si racconta la ripresa civile ed economica degli anni ‘50 e ‘60.
La mostra è accompagnata da installazioni video e da un documentario sulla figura umana e professionale di Croce realizzato dal regista Roberto Dassoni con interviste a Daniele Panciroli, Angela Madesani, Paolo Barbaro, Maurizio Cavalloni, William Xerra, Paolo Dalla Noce, Rossella Villani, e altri. Il catalogo, pubblicato dall’Archivio Fotografico Croce di Maurizio Cavalloni, presenta testi di Donatella Ferrari e Daniele Panciroli.
Nato a Lodi nel 1896, dopo studi tecnici, entra come collaboratore nello studio di Giuseppe Marchi noto esponente della fotografia liberty. Nel 1921, si trasferisce a Piacenza dove apre il proprio studio fotografico e si specializza in ritratti. Inizia in questo periodo anche la sua attività di pittore conoscendo e frequentando altri artisti piacentini e legandosi in particolare a Bot, Ricchetti, Arrigoni, Cavaglieri. L’attività del suo studio continua fino al 1976 ma egli proseguirà fino al 1980 a collaborare coi sui successori Maurizio Cavalloni, oggi curatore dell’Archivio Croce, e Franco Pantaleoni.
(www.arte.it)FESTE e SAGRE
Senti, io non voglio più parlare di ciò che è vero
e di ciò che illusione:
la vita è breve, non sprechiamo tempo
per pensare alla vita, viviamola e basta.
(Tom)LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO
Titolo originale The Purple Rose of Cairo
Paese di produzione Stati Uniti d'America
Anno 1985
Durata 82 min
Colore colore
Audio sonoro
Rapporto 1,85:1
Genere commedia, fantastico
Regia Woody Allen
Soggetto Woody Allen
Sceneggiatura Woody Allen
Produttore Robert Greenhut
Fotografia Gordon Willis
Montaggio Susan E. Morse
Musiche Dick Hyman
Interpreti e personaggi
Mia Farrow: Cecilia
Jeff Daniels: Tom Baxter / Gil Shepherd
Danny Aiello: Monk
Dianne Wiest: Emma
Irving Metzman: Hirsch, il produttore
Premi
1986 - Golden Globe
Migliore sceneggiatura a Woody Allen
1986 - Premio BAFTA
Miglior film
Migliore sceneggiatura originale a Woody Allen
1986 - Premio César
Miglior film straniero a Woody Allen
1985 - New York Film Critics Circle Awards
Migliore sceneggiatura originale a Woody AllenTrama
Cecilia, giovane tuttofare in una bettola popolare della periferia di New Jersey, deve sottoporsi a un pesante doppio lavoro di lavanderia a domicilio per far quadrare misera/
mente il bilancio familiare nei difficili anni della depressione economica americana del 1930, anche a causa del marito, disoccupato, bighellone e manesco, che la sfrutta, dissipando nel gioco i pochi soldi da lei tanto faticosamente guadagnati. Umiliata e frustrata dalla dura routine presso il locale e più ancora dal trattamento bestiale del marito, che non le risparmia scenate e percosse, Cecilia diviene frequentatrice di un modesto cinema a New Jersey, dove si rifugia nell'immaginario di un mondo diverso, di bellezza e tenerezza, champagne e poesia, con tale incantata assiduità da dimenticare la realtà fino a vivere una fantasiosa avventura col più affascinante dei personaggi del film "La rosa purpurea del Cairo", che, attirato dalla sua patetica fedeltà, lascia improvvisamente lo schermo, scende in sala, la prende per mano, tenero e cavalleresco, ed esce con lei nella notte romantica, scatenando le reazioni degli spettatori, del gestore del cinema, della produzione e dell'attore vero, preoccupato per la propria carriera. Rientrata fortunosamente nello squallido reale quotidiano, Cecilia continua a trovar rifugio nell'immaginario luminoso del cinema, che riesce a richiamarle sul volto dolente e intento un pallido sorriso...recensione..
"La rosa purpurea del Cairo" è il tredicesimo film di Woody Allen, il secondo senza Allen attore; il primo fu "Interiors".
Questo film, girato nel 1985, è ambientato negli anni '30 nella periferia del New Jersey. E' un'opera stilistica esemplare ed originale, una brillante formulazione per immagini del significato più segreto che anima il cinema in generale.
La sceneggiatura è un vero e proprio gioiello letterario, frutto di un lavoro di scrematura delle parole e delle immagini-simbolo avvenuto lungo un profondo impegno di riflessione autobiografica.
Il contenuto del film prende in considerazione sia i conflitti di identità che animano nel cinema la relazione tra il personaggio e l'attore che lo interpreta, sia il frequente desiderio del personaggio volto a conoscere lo spettatore che più lo ammira e in lui si identifica.
Il film pur divertendo non è di facile apprendimento: si presta, da un punto di vista critico, ad essere interpretato e vissuto in diversi modi. Ciò è dovuto alla natura stessa del suo argomento, che riguarda essenzialmente il sogno, un oggetto di studio da sempre di non facile comprensione e definizione.
In questo caso il sogno non può fare a meno di sfociare, per la complessità che prende l'analisi di Allen, in altri interessanti temi, tutti molto attuali; questi ruotano intorno al senso che il cinema può assumere rispetto a referenti quali lo spettatore, la critica, il produttore, la stampa e non ultime le scelte soggettive di programmazione che la sala cinematografica attua durante l'anno.
Tra le diverse possibilità di intendere questo film una sembra imporsi per importanza e vastità di collegamenti tematici, ed è quella riguardante il congegno narrativo e l'originalità con cui vengono messe in campo situazioni e tecniche narrative. Queste ultime assumono nel film la capacità di formulare con efficacia importanti aspetti psicologici, in particolare quelli riguardanti ciò che spinge in generale lo spettatore ad andare al cinema.
Con questo lavoro di indubbia qualità Woody Allen sembra volersi interrogare sul potere che il cinema ha, sulla sua forza di coinvolgere lo spettatore e di prolungare nella vita reale la suggestione di cui è portatore; il film ruota difatti intorno agli aspetti più introspettivi del cinema, quelli costituiti dai più gelosi segreti mediatici.
Woody Allen ha l'ardire di volere svelare questi segreti, mettendo in campo ciò che lui stesso ha appreso nel cinema con la sua esperienza.
Il regista americano prende di mira con stile e raffinata cautela il desiderio chiave che compone il cinema, quello che mette in moto nello spettatore e nell'attore i più semplici meccanismi di identificazione e proiezione.
Il racconto si sofferma su Cecilia, una cinefila accanita, spettatrice assidua in un cinema di provincia; la donna vive da anni un matrimonio non proprio felice. Allen analizza il suo desiderio e cerca di farci conoscere il segreto che lo racchiude; lo scompone nelle sue contraddizioni, con delicatezza, lungo una immaginaria articolazione. Lo fa a volte un po' superficialmente, a volte con profonda intelligenza narrativa: ricca di chiavi psicologiche importanti e comprensibili, ma sempre con raffinato pudore.
La genialità di questo film risiede nel fatto che, pur segnato da un'ambizione analitica, non rinuncia mai a divertire il pubblico, non viene meno agli obblighi di spettacolo che il cinema impone; il film non è mai appesantito dalla personale ricerca culturale che anima il regista.
"La rosa purpurea del Cairo" cerca di gettare luce su alcune dinamiche del godimento e della soddisfazione filmica, quelle tipiche che si possono incontrare nelle teorie cinematografiche.
Il regista americano si avvale di alcune chiavi di lettura di origine psicanalitica che tanto successo hanno avuto nell'interpretare la struttura del sogno, ma non disdice qua e là l'uso di tecniche letterarie: la narrazione ha una struttura a cerchio, nel senso che il finale tende a coincidere con l'inizio, seppur alla fine i personaggi e gli attori si ritrovino altri, modificati dalle nuove esperienze vissute.
E' un sogno partico-
lare quello che il regista fa vivere nel film. Esso ha delle logiche che non disde-
gnano di mostrare aspetti importanti della realtà rappresen-
tandola per quello che effettivamente è, non deformata, lontana perciò da come il sogno vero, quello notturno, la raffigura solitamente.
Il sogno del film non rinuncia a mostrare i principali conflitti che turbano l'attività dell'attore famoso, amante di Cecilia insieme al personaggio che incarna.
Egli è affetto da una crisi di identità, probabilmente dovuta alle difficoltà che incontra nel distaccarsi, nella vita reale, dal suo personaggio; sembra quasi che il sogno di Cecilia si intersechi con un sogno dell'attore.
Il racconto si svolge in una forma di commedia briosa, pur colma dell'atmosfera grigia che la crisi economica degli anni '30 rilasciava nelle città americane. Domina lo spirito di evasione e ne è un esempio l'immaginario archeologico sull'Egitto misterioso e magico che fa da sfondo al film.
Woody Allen con questa opera riesce a suscitare varie emozioni - passioni che coinvolgono attivamente lo spettatore. Quest'ultimo, inteso come soggetto ricercato e apprezzato dal cinema, in quanto oggetto di un investimento immaginifico, reagisce al film sentendosi anche lui protagonista, in azione dentro lo schermo, come accade a Cecilia in una fase del film.
Il titolo "La rosa purpurea del Cairo" si ispira ad una leggenda legata a un famoso faraone. Essa racconta come a seguito di un dipinto di rose fatto eseguire dal faraone per la regina nella stanza della sua tomba, un folto gruppo di rose siano effettivamente fiorite, misteriosamente, nei pressi del sarcofago.
Il film è anche un vero e proprio trattato sul fascino che il cinema esercita nei ceti più popolari; ceti nei confronti dei quali, sembra dire Woody Allen, lo schermo è portatore, grazie all'impressione di realtà che lo caratterizza, di un immaginario-sogno.
Il film con i suoi efficaci strumenti espressivi sembra in grado di cogliere i punti più sensibili dell'animo umano, quelli in relazione con la facoltà di fantasticare. Il cinema, secondo Woody Allen, ben si amalgama con le aspirazioni più remote dello spettatore perché è in grado, con il gioco della finzione e i primi piani degli sguardi, di potenziare le emozioni.
Lo schermo, secondo Woody Allen, crea anche modelli desideranti, progetti e proposte di piaceri immaginifici, emozioni che aprono le porte a quella struttura psichica più tenuta da parte dello spettatore, preconscia, inquieta, in cui possono realizzarsi soddisfazioni solo a lungo accarezzate. Il film perciò non può non richiamare per via associativa altri aspetti storici della memoria dello spettatore, portandolo a un sapere di sé di cui non sospettava la presenza.
Woody Allen sembra muoversi lungo un registro psichico più vicino all'ignoto che alla coscienza; ciò è testimoniato dal tempo paradossale che mette in gioco in questo film, un tempo che sembra dominare il racconto e che è caratterizzato da un sovvertimento delle attese; una dimensione da cui giungono numerosi doni sorpresa: scene spesso mai previste perché l'argomento del film, essendo insolito, impedisce di indovinarne le sequenze successive.
E' un film questo di Woody Allen che si propone per un dialogo più vero con lo spettatore. Il regista americano lascia, infatti, diverse situazioni sceniche e numerosi dialoghi opportunamente irrisolti adombrandoli di rebus: un appello all'intelligenza di chi osserva, contro la pigrizia mentale
Il meccanismo creato dal film sembra voler dare spazio al pensiero del pubblico che appare in grado di aggiungere o togliere significato alla sceneggiatura mettendo in campo, lungo un gioco di proiezioni personali, proprie raffigurazioni psichiche: frutto di un'attività dell'inconscio apertosi durante la proiezione del film.
Con questo film Allen dà la sensazione di voler mostrare, grazie all'efficacia dell'impressione di realtà che il cinema ha in generale, l'articolazione di un sogno frequente, creato dal cinema stesso. Un sogno visto come risorsa di vita, una sorta di forza progettuale che spinge al cinema lo spettatore. Quest'ultimo, finito il film, al risveglio del reale sente, nonostante la delusione che la realtà impone per essere altra, la sensazione che qualcosa di già accaduto può essere rivissuto in modo nuovo. In un presente, in un qui e ora magicamente sempre in vita.
Questo effetto è in realtà il prolungamento della suggestione filmica nella vita vera. Il fascino che il cinema esercita verso i ceti popolari ma anche verso gli artisti e i poeti.
La pellicola ha per oggetto quello che da sempre si suppone stia alla base di ogni influenza mediatica, e precisamente qualcosa che riguarda il desiderio impossibile, il suo oggetto causa. Un desiderio che si annida timido, impregnato di pudori, nella vita stessa dei protagonisti del film.
Con quest'opera il geniale regista americano è riuscito con lode ad attraversare alcune realtà importanti della struttura desiderante cinematografica. L'ha fatto con una concezione della settima arte ancora molto ingenua e sfuocata, quasi avvolta in un mistero impenetrabile.
Un senso del mistero che anziché deprimere la ricerca ha agevolato la creazione di formule interpretative nuove, aperte. Woody Allen ritiene il cinema un oggetto di studio di impossibile decifrazione, ma del quale si vuole e si può dire qualcosa di preciso, di provvisorio, di utile.
Il mistero in questo film è qualcosa che gioca con gli enigmi più difficili della conoscenza senza mai giungere a soluzioni certe, perpetuando però miracolosamente un interesse costante alla teoria cinematografica.
( Giordano Biagio - aggiornata al 31/07/2007, www.filmscoop.it/)(Gabry)
SALVIAMO LE FORME!!!!
Attività fisica e salute
Praticare regolarmente attività fisica fa bene a ogni età. Fare sport, ginnastica, ma anche solamente svolgere attività quotidiane come giocare, camminare, andare in bicicletta, aiuta a sentirsi meglio, riducendo lo stress, tonificando i muscoli e aiutando il sonno notturno.
Perché muoversi?
Molti e indiscutibili sono i benefici che può dare una vita fisicamente attiva. Muoversi è una delle chiavi per prendersi cura di sé, un modo per migliorare, sin da subito, la qualità della propria vita. L’esercizio è anche uno degli strumenti migliori per prevenire e curare molte patologie:
potenzia il funzionamento di cuore e polmoni
migliora l’agilità e l’equilibrio aiutando a sviluppare (nel caso dei bambini) o a rafforzare (nel caso di adulti e anziani) l’apparato osteoarticolare e muscolare
concorre al benessere psicologico, riducendo ansia, depressione e senso di solitudine
aiuta a prevenire e a trattare il sovrappeso perché regola l’appetito e aumenta il numero di calorie bruciate ogni giorno
contribuisce a prevenire malattie cardiovascolari, abbassando i valori della pressione arteriosa e quelli dell’ipercolesterolemia
riduce il rischio di malattie croniche come il diabete e osteoporosi
diminuisce il rischio di alcuni tipi di cancro, come per esempio quello al seno o al colon.
Quanto muoversi?
Nel 2010 l’Oms ha pubblicato un documento, le “Global recommendations on Physical activity for Health” (leggi l’approfondimento sul sito del progetto Azioni), in cui definisce i livelli raccomandati di attività fisica per tre gruppi di età:
bambini e ragazzi (5 – 17 anni): almeno 60 minuti al giorno di attività moderata–vigorosa, includendo almeno 3 volte alla settimana esercizi per la forza che possono consistere in giochi di movimento o attività prettamente sportive
adulti (18 – 64 anni): almeno 150 minuti alla settimana di attività moderata o 75 di attività vigorosa (o combinazioni equivalenti delle due), in sessioni di almeno 10 minuti per volta, con rafforzamento dei maggiori gruppi muscolari da svolgere almeno 2 volte alla settimana
anziani (dai 65 anni in poi): le indicazioni sono le stesse degli adulti, con l’avvertenza di svolgere anche attività orientate all’equilibrio per prevenire le cadute. Chi fosse impossibilitato a seguire in pieno le raccomandazioni, dovrebbe fare attività fisica almeno 3 volte alla settimana e adottare uno stile di vita attivo adeguato alle proprie condizioni.
I livelli raccomandati vanno intesi come un limite minimo; chi riesce a superarli ottiene ulteriori benefici per la propria salute.
Qualche esempio pratico
Anche se l’intensità degli esercizi fisici è definita in modo scientifico in base alla velocità con cui l’attività è eseguita o all’entità dello sforzo richiesto per svolgerla rispetto a uno stato di riposo (vedi per esempio la descrizione fatta dal Dors-Centro regionale di documentazione per la promozione della salute), è utile qualche esempio pratico per tradurre le raccomandazioni in qualche cosa di concreto nella pratica quotidiana.
Intensità Esempio di attività
bassa
camminare lentamente
lavare i piatti, stirare, fare la polvere
fare bricolage, fare la spesa, dedicarsi ai lavori manuali
innaffiare il giardino
giocare a bocce, biliardo, bowling, ping pong, ballare
moderata
camminare rapidamente (a passo svelto)
lavare la macchina o i vetri
passare l’aspirapolvere
fare giardinaggio, ramazzare le foglie
fare aerobica
andare in bicicletta o nuotare, fare acquagym, sciare, giocare a frisbee, andare in barca a vela, giocare a badminton, giocare a golf
intensa
camminare, fare una passeggiata in montagna
vangare, spostare i mobili
fare jogging, nuotare velocemente, saltare alla corda, giocare a calcio, giocare a pallavolo (e la maggior parte dei giochi di squadra con la palla), fare sport di combattimento, giocare a tennis, squash, fare scalate
Fonte: www.mangerbouger.fr
Un po’ di attenzione
Se non si è sicuri su come aumentare il proprio livello di attività fisica, per esempio perché si ha paura di farsi male, l’indicazione importante è di cominciare con cautela, considerando che un’attività aerobica di moderata intensità, come fare una passeggiata, è generalmente sicura per la maggior parte delle persone. Se comunque si ha intenzione di aumentare seriamente l’intensità o la quantità di esercizio o si hanno patologie, è utile consultare il proprio medico di famiglia, per avere indicazioni e un parere esperto.(Lussy)
Salute e Benessere
foto:sloveniaterme.com
Terme di Rogaška
Fonte di buon magnesio di fama mondiale
L’acqua minerale Donat Mg in un solo litro contiene oltre 1000 mg di magnesio, primato mondiale tra le acque di questo tipo. Il potere miracoloso dell’acqua minerale di Rogaška fu analizzato dagli alchimisti ormai nel 1572, ma rimane oggetto di interesse ancora oggi, in quanto contiene una serie di altri elementi che migliorano il funzionamento del corpo umano.
La leggenda dice che alle fonti di Rogaška, su ordine di Apollo, re del sole e dell’arte medica,
avrebbe bevuto il cavallo alato Pegaso. Cosi dice la mitologia poetica del XVII secolo. La vera fioritura di questo centro di cura avenne due secoli piu tardi, nella seconda meta del XIX secolo,
quando Rogaška visse i tempi d’oro sotto il conte Ferdinand Attems, quando qui si susseguirono
visite di dinastie regnanti e dell’alta nobilta. Il pubblico scelto venne intrattenuto da artisti di spicco, tra cui anche Franz Liszt.
Una bella localita per belle esperienze
Gli edifici con lo sfarzo della tradizione asburgica, la moderna riviera termale e il complesso di
piscine con acqua termominerale, i centri con programmi di benessere e bellezza, il Medical center di spicco sono la ragione piu importante, ma non unica per visitare Rogaška. La localita vanta una ricca storia di cure e propone una vasta gamma di attivita sportive e varie opportunita per il divertimento. Lasciatevi incantare dalla locale tradizione vetraria e dalla piacevole natura delle colline del Kozjansko.
foto:sloveniabenessere.it
Punto d'eccellenza
La scelta giusta per chi punta all’eccellenza conosciuta nel mondo intero
- donat mg
- tradizione splendida
- medical center eccellente
Godete l’acqua minerale di fama internazionale, ad altissimo contenuto di magnesio. Fidatevi delle convinzioni alchimistiche di quasi 500 anni fa, che le riconoscevano un potere speciale. Affidatevi alle conoscenze degli esperti e agli oltre cento servizi balneari e fisioterapici.
Fonti naturali, indicazioni, servizi :
Trattamenti sanitari
Fattori curativi
Acqua minerale salubre Donat Mg: altissimo contenuto di magnesio e di altri minerali, l’acqua ha un potere tale da essere usata nella medicina per alleviare numerosi problemi di salute. Donat Mg aiuta nel trattamento dei seguenti problemi:
- malattie dell’apparato digerente, del fegato, della colecisti, del pancreas, del sistema nervoso, malattie cardiovascolari
- ha effetti benefici nel caso di diabete, colesterolo, ipertensione
- e indispensabile per la cura di: stipsi, pirosi gastrica, eccessiva acidita di stomaco
- reintegra la carenza di magnesio dovuta a stress, sforzi mentali e fisici, eccessivo consumo di alcool o diete monoalimentari
foto:rogaska.com
L’acqua termominerale benefica: viene soprattutto raccomandata nei seguenti casi:
- problemi dell’apparato locomotore, spina dorsale e reumatismi
- muscoli, legamenti e articolazioni dolenti e stanchi
- problemi della circolazione sanguigna
foto:sloveniabenessere.it
Benessere
Massaggi ayurvedici, aromaterapia per il corpo, impacchi vari per il corpo, programmi anticellulite, cura del viso, del collo e del decollete, cura benessere per i piedi e le mani, bagno benessere royal, tecniche di rilassamento: scuola di meditazione e di relax psichico, auricoloterapia, programmi di benessere di piu giorni ...
Centro di tradizionali massaggi thailandesi sawan
complesso di piscine con acqua termominerale:
- whirlpool, percorso di Kneipp
- sauna finlandese, bagno turco e tepidarium
foto:slovenia.info
Medicina & Medical Wellness
Professionalita medica e programmi concepiti su misura: cure idropiniche con la salubre acqua minerale Donat Mg, bagni minerali, impacchi di fango e alle erbe medicinali, massaggi classici e speciali, programmi di ringiovanimento, visite specialistiche e diagnostica: gastroenterologia, cardiologia, ultrasuono, radioscopia, urologia, internistica, fisiatria, dermatologia, centro
per il proseguimento dei trattamenti e della riabilitazione di malattie gastroenterologiche e metaboliche, visite mediche preventive manageriali: gastroenterologia e cardiologia.
Indicazioni
malattie reumatiche, malattie del sistema digestivo, malattie della cavita orale e dei denti, malattie degli occhi, malattie cardiovascolari, malattie del metabolismo, lesioni del sistema locomotore, malattie della pelle, malattie renali e delle vie urinarie
foto:expopage.net
Tempo libero e svago :
- esercizi giornalieri di gruppo in albergo: yoga, pilates,ginnastica, aquagym
- centro fitness con attrezzatura all’avanguardia
- campi per vari sport: calcio, pallacanestro, tennis, squash, golf (a Olimje, distante 15 km, e a Slovenske Konjice – 30 km)
- attivita della natura: sentieri forestali ordinati, escursionismo, camminata nordica, ciclismo
- ricco programma di manifestazioni culturali, CONCERTI ALL’APERTO, nel cuore del parco delle terme (nei mesi estivi due volte al giorno)
- casino
- serate danzanti al Ristorante Kaiser e al Caffe Imperial
Segnavia per escursionisti : visitare la fabbrica di vetro Rogaška con possibilita di acquisti agevolati passeggiate lungo la strada del vino (degustazione di vino e sputino in una cantina vinicola) Olimje (visita dell'antica farmacia e della chiesa barocca) museo all'aperto (Skansen)[/color] a Rogatec Ptuj
foto:slovenia.info
Santuario di Ptujska gora Maribor
foto:webalice.it
Monastero di Olimje, Chiesa ad Olimje.
fonte: blogspot.com(Ivana)
... PARLIAMO DI ...
UN LIBRO.....UN AUTORE
Tutte le cose finite in mare da quando è cominciato il mondo, da quando c'erano i dinosauri fino a stamattina, nate nell'acqua o cadute dalle barche o strappate alla terra dai fiumi in piena, stanno sul fondo a ballare di qua e di là, ma una volta ogni tanto qualcuna prende una corrente, si aggrappa all'onda giusta ed ecco che arriva qui sulla sabbia, pronta a stupirmi.
CHI MANDA LE ONDE
di Fabio Genovesi
Ci sono onde che arrivano e travolgono per sempre la superficie calma della vita. Succede a Luna, bimba albina dagli occhi così chiari che per vedere ha bisogno dell'immaginazione, eppure ogni giorno sfida il sole della Versilia cercando le mille cose straordinarie che il mare porta a riva per lei. Succede a suo fratello Luca, che solca le onde con il surf rubando il cuore alle ragazze del paese. Succede a Serena, la loro mamma stupenda ma vestita come un soldato, che li ha cresciuti da sola perché la vita le ha insegnato che non è fatta per l'amore. E quando questo tsunami del destino li manda alla deriva, intorno a loro si raccolgono altri naufraghi, strambi e spersi e insieme pieni di vita: ecco Sandro, che ha quarant'anni ma vive ancora con i suoi, e insieme a Marino e Rambo vive di espedienti improvvisandosi supplente al liceo, cercando tesori in spiaggia col metal detector, raccogliendo funghi e pinoli da vendere ai ristoranti del centro. E poi c'è Zot, bimbo misterioso arrivato da Chernobyl con la sua fisarmonica stonata, che parla come un anziano e passa il tempo con Ferro, astioso bagnino in pensione sempre di guardia per respingere l'attacco dei miliardari russi che vogliono comprarsi la Versilia. Luna, Luca, Serena, Sandro, Ferro e Zot, da un lato il mare a perdita d'occhio, dall'altro li profilo aguzzo e boscoso delle Alpi Apuane....recensione...
Chi Manda le Onde di Fabio Genovesi non rispetta i canoni classici della scrittura. Li trasforma, partendo da un concetto spicciolo: i pensieri.
Il romanzo, vincitore del Premio Strega Giovani 2015, permette al lettore di entrare integralmente nelle menti dei protagonisti, non uscendone mai, per 389 pagine, in un susseguirsi di riflessioni, descrizioni pratiche ed emozioni viste con gli occhi di una bambina albina, una donna collezionista di disgrazie, un uomo decisamente sfigato e i suoi amici decisamente cazzoni.
È un flusso continuo, perché i pensieri non si arrestano mai nella vita, figuriamoci in un romanzo. È simile alle onde e non per la danza timida che l’acqua compie ogni volta che raggiunge la riva, ma per la capacità dell’autore di rendere il lettore complice di ognuno dei personaggi, per poi portarlo fuori dalla sua testa e farlo rientrare nella testa di un altro, magari totalmente avverso a quella del precedente.
Immaginate di guardare il mondo attraverso lo sguardo di una bambina albina, Luna, che il sole non può guardarlo, altrimenti si acceca – molto più di chiunque altro – e che non può manco stare troppo al contatto coi raggi solari altrimenti la sua pelle brucia come quella di un vampiro vecchio stampo. Però voi il sole lo amate e, ancor di più, amate il mare, la spiaggia, i regali che portano le onde sulla sabbia. Poi, immaginate di chiamarvi Serena e di essere la madre di questa bambina e di essere disillusi dalla vita, ma in un modo tanto profondo che è difficile da spiegare. Stringete le sopracciglia e sperate che quella bambina cresca bene, non si scotti al sole, vada a scuola e a catechismo. Poi a un certo punto, smettete di sperarlo. Ve ne dimenticate. Intanto, a scuola c’è Sandro, il nuovo supplente, che vive ancora con la mamma e ha una cotta stratosferica per la madre della bambina albina, che neanche lo sa. E neanche i suoi amici lo sanno, perché hanno problemi ben più grossi: Marino è il catechista della parrocchia, deve mantenere un certo decoro, e Rambo, beh, lui è un militare mancato.
Però non vi dimenticate di Zot, il bambino con l’infanzia più infelice del mondo e che parla e si veste come se stesse vivendo alla fine della Seconda guerra mondiale e di suo nonno Ferro, che poi nonno non è, che ha un problema con la Morte Secca e con i fucili, ma soprattutto con i russi, che non imbracciano i fucili e hanno una passione per le case al mare. E di Luca, il ragazzo più splendido che voi abbiate mai avuto l’onore di conoscere, che fa surf in Francia e ama il mare più di tutti gli altri messi insieme.
Queste sono le onde di Fabio Genovesi, che mandano il lettore, uno a uno, dentro gli abissi di queste vite disgregate, a cui sembra mancare un pezzo, frammentate dalle stesse possibilità che la vita ha offerto loro (o, in alcuni casi, dalla loro incapacità di coglierla, quella stessa vita). C’è il respiro della morte che aleggia su Forte dei Marmi, luogo in cui la storia si svolge e in cui lo scrittore è nato. C’è un linguaggio che scardina l’idea ordinaria di romanzo e ci sono tanti sentimenti che si mescolano insieme, contrastanti per età, sesso, spaccati di vita, generazioni a confronto.
Badate bene che se siete un bambino di dieci anni, credete a un sacco di storie che invece un adulto non crederà mai vere. Per voi il mondo serberà in sé delle meravigliose fantasie, delle possibilità sconosciute di cui ha deciso di regalarvi un pezzo, che per un adulto saranno solo un rifiuto di plastica e alghe. Pensate a essere entrambi, non è per niente facile e questo, alla penna di Fabio Genovesi, va riconosciuto, perché lui, uomo del ’74, c’è riuscito appieno.
C’è un finale che in alcuni punti è frettoloso, ha voglia di arrivare a tirare le somme di quelle vite frammentate, e c’è il mare, che ad ogni pagina raggiunge le vostre narici e, d’istinto, voi potrete soltanto chiudere gli occhi e ascoltare il rumore delle onde che s’infrangono sulla riva, scacciando la moltitudine di impronte solcate da tutte le vite che sono passate di lì. Ci sono così tante emozioni, poi, che a pensarci mi si stringe un po’ il petto.
Però ci sono anche i racconti di vita lasciati a metà, sospesi, senza soluzione. I pensieri che all’inizio sono ben definiti, perché ognuno non potrebbe essere associato se non a quel personaggio specifico, ma che, man mano che la storia prosegue, si fondono l’uno all’altro, fino a quando il linguaggio di Rambo non diventa simile a quello di Luna.
Chi Manda le Onde è un libro ambivalente, puoi restarne toccato e affascinato o deluso e rammaricato o anche tutte e due insieme. Da un lato, ti connette istantaneamente alle menti dei protagonisti, correndo come un treno lungo i dispiaceri delle loro quotidianità e le bizzarrie a cui la vita ha deciso di sottoporli. Sciorina realtà importanti con semplicità, che ti fanno fermare un attimo, durante la lettura, per sussurrare: “Wooow” e poi ricominciare a fiondarti nelle pagine. Ma, dall’altro, a un certo punto si perde, qualcosa si rompe nella struttura stessa della storia. Sembrava avesse ben chiaro il suo traguardo, poi sbanda un po’, come se per un secondo fosse rimasta accecata dalla luce, proprio come succede a Luna quando guarda il sole, e allora potresti addirittura dispiacerti per quelle vite, così belle, che non hanno continuato a mantenere il loro respiro regolare e faticano a ritrovarlo come dovrebbero.
(Alessandra Farro, http://fuoriposto.com/)(Gabry)
STRISCIA FUMETTO
... LA NATURA SULL'ISOLA ...
Se ci si fermasse ad ascoltare il lavoro delle radici,
chi riuscirebbe a dormire?
(Fabrizio Caramagna)LA CHINA
China è un termine generico botanico che indica le diverse specie di piante del genere Cinchona, appartenente alla famiglia delle Rubiacee. Si tratta generalmente di alberi che raggiungono un’altezza di circa 30 m; crescono tra i 1.000 e i 3.500 metri sul livello del mare. La china è diffusa soprattutto nelle zone dell’Ecuador e della Colombia e in alcune zone dell’Asia (Giava) e dell’Africa. Ha corteccia bruna, e le foglie opposte, ovato-lanceolate, verdi lucenti, più chiare sotto. I fiori rosa, disposti in infiorescenza a corimbo, hanno calice e corolla divisi in 5 lobi e muniti di 5 piccoli denti. Vive tra i 1400 e i 3000 m di altitudine, lungo il versante amazzonico delle Ande, dal Perù alla Bolivia, dove le piogge sono distribuite uniformemente nell'arco dell'anno.
La parte dell’albero di china che viene maggiormente sfruttata è la corteccia, in particolar modo quella dei rami più piccoli. Appena raccolta la corteccia dell’albero di china ha un colore biancastro, ma dopo un breve contatto con l’aria tende ad assumere un colore rosso-brunastro o giallo-bruno. Viene essiccata negli appositi essiccatoi dove viene esposta a temperature variabili fra i 70 e gli 80 °C.
La china e la droga, rappresentata dalla corteccia, è di grosso interesse dal punto di vista liquoristico ed erboristico. La sua importanza sta nel fatto che il fitocomplesso e i princìpi attivi che lo caratterizzano, hanno un sapore estremamente amaro. Essa è annoverabile tra le droghe “AD AMARI”, che vantano proprietà spiccatamente eupepticheche; la droga ha proprietà benefiche, salutistiche e digestive. La corteccia contiene i principi attivi: alcaloidi chininici (dai quali sono stati estratti chinina ed acido chinico), olio essenziale e resine.
I princìpi attivi chinina o chinidina hanno una loro attività in ambito farmaceutico e con un dosaggio adeguato, ha proprietà antimalariche e febbrifughe, mentre la seconda ha proprietà; entrambe agiscono in tal senso a concentrazioni molto elevate, si parla infatti di ambiti farmaceutici. In erboristeria è utilizzato per contrastare gli effetti negativi della pressione bassa.
In cosmetica si impiegano gli estratti per frizioni contro i capelli grassi... China gialla, china rossa e china grigia ..
In commercio sono disponibili tre qualità di china, la china gialla, la china rossa e la china grigia.
A causa di una ridotta produzione da piante spontanee, la china è stata introdotta a suo tempo in Camerun e in vari Paesi dell’Asia meridionale dove le condizioni climatiche sono ottimali per lo sviluppo di questo tipo di piante. Una varietà di china molto apprezzata, la Cinchona calisaya, fu introdotta massicciamente nel continente asiatico, ma in seguito la sua coltivazione è stata abbandonata in quanto era piuttosto povera di alcaloidi. Migliori risultati sono stati invece ottenuti con la Cinchona ledgeriana, la Cinchona succirubra e la Cinchona officinalis.
La Cinchona ledgeriana e la Cinchona calisaya forniscono la china gialla, particolarmente ricca di alcaloidi (circa il 12%), in particolar modo di chinina ed è infatti questa varietà che viene utilizzata soprattutto per l’estrazione di questo importante alcaloide.
La Cinchona succirubra fornisce la china rossa, povera di chinina, ma ricca di alcaloidi di altro tipo. È quella più utilizzata per i preparati galenici.
La Cinchona officinalis, infine, fornisce la china grigia; è ricca di chinina (anche se in misura minore della Cinchona ledgeriana e della Cinchona calisaya), ma piuttosto povera di altri alcaloidi. Viene utilizzata soprattutto per la preparazione di liquori, generalmente aperitivi o digestivi.
Grande estimatore della china fu anche il padre nobile della gastronomia italiana, Pellegrino Artusi, che nel suo classico La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene del 1891, quasi al termine del capitolo dedicato ai liquori, incluse l’elisir di china commentandolo con queste parole: “Non tutte le ricette che io provo le espongo al pubblico: molte ne scarto perocché non mi sembrano meritevoli; ma questo elisir che mi ha soddisfatto molto, ve lo descrivo.” Ed ecco, subito dopo, un elenco di ingredienti divenuto ormai tradizionale: china peruviana, corteccia secca di arancio amaro, spirito di vino, acqua, zucchero bianco. Mentre Artusi componeva il suo capolavoro, i mercanti olandesi provvidero a diffondere la coltivazione della china in molte regioni del mondo, come le Indie, Ceylon e Giava, fino ad estenderla anche all’Africa Centrale e al Caucaso. Con il crescere della sua diffusione, la corteccia aromatica e medicamentosa della china venne sempre più impiegata nella preparazione di un’innumerevole quantità di liquori e aperitivi. In Francia, ad esempio, si affermarono marche molto note come Ambassadeur, Byrrh, Dubonnet, Saint – Raphaël. Nel nostro Paese, oltre alla già ricordata China Martini, si imposero la China Massagli, il Ferrochina Bisleri e un gran numero di infusi a distribuzione regionale, in particolare in Emilia, in Toscana e in Campania. Per non parlare del vermouth chinato, eccellente aperitivo, e del barolo chinato, recentemente tornato alla ribalta come accompagnamento ideale per il cioccolato.….storia….
La storia affascinante della China inizia con la conquista spagnola, alla metà del 1500, del regno di Quito in Ecuador, mentre infuriava la guerra tra Atahualpa e Huàscar, due fratellastri Inca.
Il primo scritto che si riferisce all’uso della china appare in un libro pubblicato in Spagna nel 1639, dove, in un articolo del 1633,si parlava di un religioso, un frate agostiniano di Lima nel Perù, il quale scriveva:“nei pressi di Loxa cresce un albero, che chiamano albero della
febbre, la cui corteccia, del colore rosso del cinnamomo, viene fatta in
polvere, somministrandola nel peso di due piccole monete di argento,
data come bevanda, cura le febbri e la terzana; essa ha prodotto risultati
miracolosi a Lima.”
L’uso della China a scopo terapeutico era praticato già prima della venuta dei Conquistadores spagnoli nel 1526.
Il nome del genere deriva da Ana de Osorio, contessa di Chincon e moglie del viceré del Perù, che secondo la leggenda scoprì su se stessa le virtù della corteccia di china, guarendo da febbri malariche e decidendo l'importazione in Europa nel 1639. I primi ad introdurre la China in Spagna furono i Gesuiti,ricorda Francesco nel 1686 in “Esperienze intorno a diverse cose naturali”, e fu conosciuta come: “Polvere dei Gesuiti”. Il primo scritto medico sulla china è del 1642:“Vera praxis ad curationem tertianae” ad opera di Pietro Barba, medico curante del cardinale Ferdinando, governatore del Belgio e fratello del Re di spagna Filippo IV. Il cardinale Juan De Lugo, a Roma, ne aveva introdotto l’uso e la distribuiva gratuitamente ai poveri e, a carissimo prezzo, ai ricchi.“Questa corteccia si porta dal regno del Perù e si chiama China, ovvero china della Febre, la quale si adopera per la febre quartana e terzana, che venga con freddo: si adopera in questo modo, cioè se ne piglia dramme due e si pista fina, con passarla per setaccio; e tre ore prima in circa che debba venir la febre, si mette in infusione in un bicchiero di vino bianco gagliardissimo e quando il freddo comincia a venire, o si sente qualche minimo principio, si prende tutta la presa preparata e si mette il patiente in letto. Avertasi, si potrà dare detta corteccia nel modo su deto nella febbre terzana, quando quella sia fermata in stato di molti giorni. L’esperienza continua, ha liberata quasi tutti quelli che l’hanno presa, purgato prima bene il corpo, e per quattro giorni doppo non pigliar niuna sorte di medicamento, ma auvertasi di non darla se non con licenza delli signori medici, acciò giudicano se sia tempo a propositodi pigliarla”
Il nuovo farmaco, che guariva senza produrre nessuna evacuazione, quindi contro tutte le tradizionali teorie terapeutiche, fu al centro di una accanita polemica, mettendo a soqquadro tutto il mondo scientifico del ‘600.
La sostanziale ignoranza circa le caratteristiche merceologichee farmacologiche della china contribuì tra il 1660 e il 1680 al nascere di molti rimedi segreti per curare le febbri, spacciati per miracolosi, ed in cui erano presenti le più svariate droghe esotiche, comprese talvolta anche piccole quantità di Polvere della Contessa. Si trattava, nella maggioranza dei casi, di classiche misture di ciarlatani, ma ad una di esse: “Il rimedio di Talbor” si deve il merito di aver convinto la medicina ufficiale a riconoscere le proprietà terapeutiche della china. Colpito dagli indubbi successi che il Talbor otteneva con il suo rimedio edal suo fascino personale, lo stesso Re Sole trattò l’acquisto del suo segreto che gli fu ceduto dal medico inglese per l’enorme cifra di 2000 Luigi d’oro, una pensione a vita di 2000 lire annue, e con la condizione di non pubblicarlo fino alla sua morte. La pubblicazione del “Segreto di Talbor” avvenne nel 1682“Le remède anglois pour la guérison des fièvres, publié par ordre du Roy,
avec les observations de monsieur le priemier mèdicin de sa Majesté,
sur la composition, les vertus et l’usage de ce remède”
Era una infusione vinosa di : generose dosi di corteccia di china polverizzata, petali di rosa, succo di limone, radici di finocchio.
La pubblicazione dell’opuscolo consentì l’iscrizione della corteccia di china nella farmacopea e nella lista dei farmaci obbligatori. Seguì, così, l’ingresso ufficiale della China in terapia...la malaria…
E’ stato calcolato che, solamente negli ultimi 100 anni, la malaria nel mondo abbia ucciso almeno 300 milioni di individui. E’ stata responsabile della morte anche di illustri personaggi, quali Alessandro il Grande, nel 323 a.C.- l’Imperatore Tito, nell’81 d.C. - Sant’Agostino, nel 430 d.C.- Dante Alighieri, nel 1321 - Papa Gregorio V, nel 999 - Papa Damaso II, nel 1048 - Papa Leone X, nel1521 - Sisto v, nel 1590 -Urbano VII, nel 1590 - Oliver Cromwell, nel 1658 - Fausto Coppi, nel 1960.
Francesco I, terzo Granduca di Toscana, fu principe di scarsa intelligenza, ma ebbe la fortuna di potersi servire dell’opera di abili ministri, ai quali si deve il consolidamento del principato mediceo, l’ingrandimento della città di Livorno e l’incremento del commercio.
Francesco I fu sovrano poco costumato e l’unica cosa buona per cui operò fu che Livorno diventasse città fortificata; vedovo nel 1578 di Giovanna d’Austria, sorella di Massimiliano II, sposò l’avventuriera Bianca Capello. I due sposi morirono contemporaneamente di malaria e la loro morte originò la leggenda che fossero stati avvelenati dal fratello di Francesco, divenuto successore con il nome di Ferdinando I.
Negli anni che vanno dal 1690 al 1720 un grande merito agli studi sull’uso razionale della terapia della china va a due medici italiani :
Giovanni Maria Lancisi (1654-1720) e Francesco Torti (1658-1741). Il Lancisi fu un grande anatomista, medico personale dei Papi, ma anche intelligente fisiologo, patologo e botanico. Si occupò tra l’altro di malattie sociali determinate dall’ambiente, tra cui la malaria e ad essa dedicò uno studio:
“sui nocivi effluvi delle paludi e sui relativi rimedi” dove intelligentemente addita nelle zanzare la probabile causa del male, determinato, forse, dall’inoculo di un siero patogeno attraverso la puntura. Per quanto concerne i rimedi, il Lancisi fu decisamente proiettato verso la modernità, proponendo prosciugamento delle paludi, bonifica del terreno e, ove sia possibile, costituire una ricca vegetazione di piante ad alto fusto, validissime nella purificazione dell’aria.
Torti, nato e vissuto a Modena, fu famoso in tutta Europa per le sue ricerche sulla terapia della malaria. Nella sua opera sono esposte chiaramente e precisamente le modalità di somministrazione:“Le dosi devono essere;
Il farmaco va somministrato, non durante l’accesso febbrile,
ma nel momento di assenza di febbre;
continuare la terapia anche dopo la guarigione
per prevenire complicanze al fegato ed alla milza”
L’”albero delle febbri” con il quale Francesco Torti Illustra i diversi tipi di febbri in relazione alla possibilità di curarle con la “china-china”. Nel 1820, due chimici francesi, Pierre Joseph Pellettier e Joseph Benjamine Caventou, isolarono dalla corteccia della china il principio attivo in forma pura, un alcaloide che fu denominato: CHININO
“ E per secoli, nonostante i suoi effetti collaterali, il chinino è rimasto l’unico farmaco antimalarico “
Per circa 200 anni tutta la china che giungeva sul mercato era ricavata dalle piante che crescevano spontaneamente sui versanti orientali delle Ande. Gli Spagnoli avevano il monopolio di questo commercio ed il reddito che ne ricavava la Spagna era elevatissimo, superiore a quello ottenuto da tutte le miniere d’argento presenti nei suoi territori americani.
Due fatti importanti portarono all’indebolirsi, prima, e poi al crollo del monopolio spagnolo:
La scoperta, nel 1761, nelle foreste andine dell’Ecuador, Colombia e Venezuela di abbondanti piante della china e successivamente la lotta per l’indipendenza, che determinò la cacciata degli Spagnoli da tutta la costa del Pacifico.
Dalle foreste andine, la corteccia veniva inviata lungo il Rio Magdalena, sino a giungere ai porti di Cartagena e Santa Marta sul Mar dei Caraibi.
Il monopolio spagnolo crollò e molti imprenditori inglesi, americani, olandesi e francesi si interessarono direttamente alla raccolta ed al commercio della china.
I francesi furono i primi, nel1848, a tentare di coltivare da seme la Cinchona.
Le piantine nate furono inviate al Giardino Botanico di Buinterzorg di Giava, nelle allora Indie Olandesi. Gli Olandesi sfruttarono la scoperta del principio attivo puro del chinino, coltivando la Chinchona ledgeriana in grandi piantagioni nelle loro colonie in Indonesia. Questa specie era immensamente superiore a tutte le altre dal punto di vista commerciale, contenendo un eccezionale contenuto in alcaloidi : dall’8% al 15% di chinina rispetto al 2%-5% delle altre specie. 5% delle altre specie.
Il nome di G.B. Grassi è legato in modo particolare alla lotta antimalarica. Egli per primo individuò il parassita che, penetrando nel sangue, provoca la malattia, e la zanzara che ne è portatrice. La cartolina scritta da G.B. grassi alla figlia Ella, il 18 agosto 1898, da Bellano; con essa lo scienziato annuncia alla figlia di avere individuato la zanzara apportatrice della malaria. La sua scoperta, però, gli fu contrastata specialmente dall’inglese Ross, che venne ritenuto il vero scopritore dell’agente trasmettitore della malaria, e per questo ricevette anche il premio Nobel. Vennero tuttavia tributati a G.B.Grassi altri riconoscimenti, tra cui la laurea ad honorem da parte dell’Università di Lipsia... miti e leggende…
Esistono varie versioni, leggende, storielle popolari sulle proprietà della china.
Una prima si riferisce alla scoperta per caso da parte di un indio, affetto da febbri ricorrenti e tormentato dalla sete : bevve l’acqua di una palude dove maceravano alcuni alberi di china e guarì…
Gli Americani, secondo una antica leggenda, attribuivano la scoperta di questo rimedio ai Leoni, colpiti da una specie di febbre intermittente. Si dice che le genti del Paese, osservarono che quelle fiere mangiavano la corteccia della china-china, e se ne servirono nelle febbri di accesso, assai comuni in quelle contrade e ,da ciò, riconobbero la sua salutare virtù.(Gabry)
POESIE DI STAGIONE
APRILE
Stornelli di Aprile
Fiorin d'aprile,
fra l'erba nuova, la violetta ride
con la corolla timida e gentile.
Fiore di spina,
accanto le fiorisce, tutta trine
bianche e rosate, la margheritina.
Fior di giaggiolo,
le rondini s'inseguono nel cielo
i passeri cinguettano nel volo.
Fior fioretto,
salta nel prato, candido l'agnello
accanto alla sua mamma ed il capretto.
Fiore di rosa,
fiorisce la finestra d'ogni casa..
aprile rende la vita festosa. ....(Dal Web)
... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...
... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...
(La redazione)
"Kings in the Dark" by Stanley Leroux
Il mare è pieno di segreti, pieno di domande senza risposte,
pieno di risposte per le quali nessuno ha posto domande,
colmo di risate non ascoltate e lacrime non viste,
pieno di tesori che nessuno recupererà mai.
(Alessia S. Lorenzi). -
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Buon Giovedì, un abbraccio a tutti.
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Buon Venerdì, un abbraccio a tutti.
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barbarart.
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Augusto che ne dici di questo sorriso?
A me dà una carica pazzesca!
A tutti .....
Barbara. -
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Buon Sabato, un abbraccio a tutti.
Barbara, il sorriso dei bambini della savana in Kenia, è uno dei riscordi più belli della mia vita.
Così poveri e così felici, una grande lezione di vita.. -
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Buon Lunedì e buona settimana, un abbraccio a tutti.
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Buon Martedì, un abbraccio a tutti.
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Buon Mercoledì, un abbraccio a tutti.
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barbarart.
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Un saluto veloce...per dirvi che ci sono!
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