IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 7° ... SETTIMANA 014...

LUNEDI' 04 APRILE - DOMENICA 10 APRILE 2016

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    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 014 (04 Aprile - 10 Aprile 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 4 Aprile 2016
    S. ISIDORO VESCOVO

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    Settimana n. 14
    Giorni dall'inizio dell'anno: 95/271
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    A Roma il sole sorge alle 05:47 e tramonta alle 18:39 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 05:56 e tramonta alle 18:55 (ora solare)
    Luna: 3.55 (lev.) 15.11 (tram.)
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    Proverbio del giorno:
    Chi fila grosso, si vuol maritar tosto; chi fila sottile, si vuol maritar d'aprile.
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    Aforisma del giorno:
    Bisogna sempre andare avanti e mai indietreggiare nella vita spirituale;
    sennò succede come alla barca, la quale se invece di avanzare si ferma,
    il vento la rimanda indietro.
    (S. Pio da Pietrelcina)









    RIFLESSIONI



    ...“Ascoltami e sorridi per favore”…
    ... “Ascoltami e sorridi per favore”. Il soffio leggero del bambino lo carezzò e fece sentire di nuovo vivo. In quel grande libro chiuso da un tempo senza fine aveva iniziato a disperare di vedere di nuovo la luce. Una mattina una dolce manina sollevò quel grande libro e…fu luce forte, aria pura. Lontano da quel cassetto sentiva di nuovo quella sensazione oramai perduta nel tempo, quel sentirsi utile ammirato, in attesa di uno sguardo e di una carezza. Ricordava di essere stato creato per quello, di trovare soddisfazione e realizzazione negli sguardi ammirati di chi lo sceglieva, lo guardava. Era il solo mezzo che permettesse alle persone di ricevere messaggi da lontano. Da persone che legavano alla sua presenza un pensiero da trasmettere a chi lontano sentiva la mancanza. Sentiva un senso di nobiltò nel suo esistere e i tanti anni trascorsi in quel libro al buio lo avevano fatto riflettere sulla sua esistenza. Ricordi, leggende erano legati ai tanti compagni che aveva incrociato nella sua vita. Ammirati non solo per la bellezza delicata, ma soprattuto perché erano il lasciapassare verso il sogno, quello di mandare a distanza pensieri a persono che non aspettavano altro. “Ascoltami e sorridi per favore”, il bimbo sgranò gli occhi, “sai chi sono?”. Il bambino lo carezzò ancora una volta ed un'altra ancora. “Non so chi sei, ma vedo sei bellissimo”. “Hai mai scritto una lettera?”. Il bambino arriciò il naso e disse “Cosa è una lettera?”, “intendi quelle dell’alfabeto?”. Lui sorrise nel sentire quella bellissima e genuina ammissione di non sapere. “La lettera è quel foglio sul quale gli umani scrivono pensieri; poi dopo aver terminato di scrivere si mette il foglio in una busta e poi ci sono io…” Noi scriviamo sul computer, i tablet” rispose il bambino incuriosito. “E poi cosa vuol dire e poi ci sono io ?” Teneramente lui ascoltò il bambino e rispose: Amico mio dolce, io ero il via che permetteva alla lettera di viaggiarre. Cosa fai dopo aver finito di scrivere sul pc o sul tablet per inviare la lettera con quegli strumenti?”. Il bambino divertito: “Spigno il pulsante invio e spedisco.” “Tutto qui? Spingi un pulsante e hai finito. Io appartengo ad un’epoca in cui era poesia, in cui ogni cosa necessitava di tempo di attesa di ansia e di felicità nascosti in piccoli gesti, in delicati oggetti. Ai miei tempi gli umani scrivevano su un fogli bianco, che veniva poi chiuso in una busta. Poi prendevano uno dei miei simili e lo incollavano sulla busta. Immagina per incollarlo leccavano la parte posteriore. Gesti semplici, intrisi di umiltà e di poesia. Poi dovevano recarsi presso un ufficio postale o una buca della posta e lasciare lì la busta chiusa e con un mio simile in bella evidenza. Il postino avrebbe preso cura di quella busta e l’avrebbe portata a destinazione.” Era così tanto concentrato in quella spiegazione che non si accorse che il bambino lo aveva poggiato sul cuore. “ Come ti chiami?” disse il piccolo; “sono un francobollo, mi chiamo francobollo”. Senti inumidito il suo lato disegnato, aprì gli occhi e vide le labbra del piccolo allontanarso dopo averlo baciato. “la storia che mi hai raccontato è bellissima, me ne racconti ancora?”. “Quella non è una storia, è la verità, ciò che accadeva nel passato.” Il bimbo aprì un libro che aveva sul comodino vicino al suo letto e poggiò il francobollo al suo interno. “Ti tengo qui vicino a me, ogni sera prima di addormentarmi mi racconti delle storie?””Giovane amico mio, ti aspetterò ogni sera pronta a portarti nel mio mondo fatto di cose semplici, di gesti belli intrisi di umanità; un tempo in cui il tempo era un alleato un compagno di vita e non un nemico da battere o superare.” Buon Aprile amici miei … (Claudio)






    Invenzione dei francobolli.

    Non capisco perchè
    la colla dei francobolli
    la fanno sciapa,
    sapor di rapa.
    Avanti, chi inventa
    i francobolli al ribes
    e quelli alla menta?
    Oh, che passione
    i francobolli al limone…
    Che delizia, che rarità
    i francobolli al ratafià.
    (Gianni Rodari)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sulla Primavera …

    Nel giardino

    Nel bel giardino, sotto il sole d’oro,
    un ragno tesse la sua tela fina
    fra stelo e stelo; alla sua casettina
    porta un chicco di grano la formica.
    Un’ape succhia il nettare di un fiore
    e, con voli felici, il suo nidietto,
    fa un passero canoro sotto il tetto.
    Una gallina insegna ai suoi pulcini
    come si becca… Ognuno ha il suo lavoro
    nel bel giardino, sotto il sole d’oro..
    (Cesare Bettelloni)







    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Tutti a cena alla tana della talpina

    C’era una volta una piccola trattoria che si chiamava “La Tana della Talpina” ed era frequentata da strani personaggi. Fra gli avventori si annoverava il famoso Topolino che si dava un sacco di arie perché era l’idolo indiscusso dei più piccoli. Topolino, che era sempre circondato da bambini adoranti che gli chiedevano l’autografo, si presentava alla Tana della Talpina tutte le sere alle 20 con una puntualità che spaccava il secondo e ordinava un piatto di formaggi con confetture miste. Più tardi lo raggiungeva Eta Beta, il suo amico proveniente dal futuro, che essendo perennemente squattrinato, si faceva offrire la cena. La spesa per Topolino, che non era certo famoso per la sua generosità, era comunque contenuta perché la cena di Eta Beta era piuttosto frugale, consistendo in cinque palline di naftalina accompagnate con acqua distillata d’annata.
    Dopo circa mezz’ora si presentava Carletto, il camaleonte verde divoratore di sofficini, che si muoveva tutto traballante, essendo sempre in overdose da crema al formaggio. In realtà lui non era interessato a mangiare perché quando arrivava si era già rimpinzato del suo cibo preferito ma, essendo decisamente logorroico, aveva bisogno di una platea di strani personaggi cui raccontare le sue storie senza capo né coda. Raccontava di aver viaggiato per tutta l’Europa con lo zaino in spalla e di essere pieno di spasimanti e di amici ma, in realtà, il suo vizio di parlare troppo senza ascoltare mai gli aveva alienato tutte le amicizie e solo gli avventori della Tana della Talpina riuscivano a sopportarlo facendo finta di essere interessati ai suoi sproloqui sulla politica, sulle camaleontesse e su presunti detrattori del sofficino al formaggio. La categoria di individui che odiava di più e su cui si concentravano gran parte delle sue invettive era quella dei salutisti che propugnavano insalate e semini come panacea di tutti i mali.
    Certe sere al tavolo di Carletto si univa Filippo, un orsetto della nanna con il pelo marrone che era molto stressato perché l’avevano affidato ad una dormigliona tremenda che lo costringeva a ritmi di lavoro stressantissimi. In genere ordinava una camomilla e sorseggiandola pensava all’orsetta della sua vita, Margherita, che sognava di sposare quando si fosse liberato dalla sua padrona sempre in pigiama.
    Filippo, contrariamente a Topolino, odiava i bambini perché una volta era stato preso dal nipotino della sua padrona che gli aveva ciucciato il medaglione rosso che teneva sempre al collo come pegno del suo amore per Margherita.
    Il gruppo degli sciroccati era composto anche da Chopper, una renna parlante con velleità da pirata, che litigava puntualmente con tutti e aveva sempre da lamentarsi sul livello del locale che, a suo dire, proponeva ogni sera i soliti piatti.
    Di fronte alle lamentele di Chopper la cuoca, che era un donnone sulla sessantina con un bel paio di baffi neri sui quali spalmava un rossetto rosso fuoco, cominciava a dare in escandescenza e sparava invettive su tutti invitandoli a cambiare ristorante se non erano soddisfatti della sua cucina. Ma in realtà Teresa, così si chiamava la cuoca, sapeva che la sera successiva si sarebbero ripresentati tutti perché la Tana della Talpina, più che una trattoria, era una famiglia dove chiunque era accettato con i suoi pregi e le sue stranezze.
    Topolino, Eta Beta, Carletto, Filippo e Chopper si sarebbero sentiti persi senza Teresa e la sua Trattoria che oramai era diventata la loro seconda casa.

    (Barbara La Mastra)



    ATTUALITA’


    L'Istat: Italia un Paese di vecchi, non ci sposa e non si fanno figli. Pil al Sud è la metà che al Nord.

    Lo rivela un rapporto Istat. Non studiano e non lavorano 2,3 milioni di giovani. Povertà relativa il 10% delle famiglie. Scendono i consumi elettrici. Pochi matrimoni, ancor meno figli e tanti, tanti anziani. L'Italia è un Paese di vecchi, almeno a guardare le statistiche. Al 1 gennaio 2015 - secondo il rapporto Istat diffuso oggi - si registra un deciso sorpasso: ci sono 157,7 anziani ogni 100 giovani. E 55,1 persone in età non lavorativa ogni 100 in età lavorativa; valori in continua ascesa negli ultimi anni. A fronte di ciò, secondo le prime stime relative al 2015, per la prima volta negli ultimi 10 anni, la speranza di vita alla nascita arretra, con un decremento di 0,2 punti per gli uomini (80,1) e 0,3 per le donne (84,7). Nel Mezzogiorno i valori della speranza di vita si confermano al di sotto della media nazionale. Nel Belpaese hanno poi perso appeal i fiori d'arancio. Con 3,2 matrimoni ogni mille abitanti, l'Italia rimane uno dei paesi dell'Ue28 in cui si va meno a nozze. Nel corso del 2014 in tutte le regioni si é verificata una stasi o un calo, fatta eccezione per il Trentino-Alto Adige. Resiste la tradizione del Mezzogiorno con la nuzialità più alta mentre il Nord-ovest è l'area con meno matrimoni rispetto alla popolazione. Se si pronunciano pochi "sì" è pure vero che ci si dice addio meno che altrove. L'incidenza di divorzi è bassa: 8,6 ogni 10mila abitanti nel 2014; a livello europeo solo Irlanda e Malta registrano valori inferiori (anno 2013). Per le separazioni si sta verificando una convergenza tra le varie aree del Paese (14,8 e 14,6 ogni 10mila abitanti nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno) mentre il divario Nord-Sud per i divorzi resta ancora evidente (rispettivamente 9,8 e 6,6). La fotografia scattata dall'Istat mostra, infine, una scarsa propensione ad allagare la famiglia. Continua, infatti, a diminuire il numero medio di figli per donna: nel 2014 si attesta a 1,37 mentre occorrerebbero circa 2,1 figli per garantire il ricambio generazionale. Se si considera l'età della madre, le regioni del Mezzogiorno si confermano, mediamente, quelle con le mamme più giovani.

    Il Pil pro capite nel Mezzogiorno (16.761 euro) è quasi la metà di quello del Nord Ovest (30.821) e poco cambia se si guarda al Nord Est (29.734 euro). E' quanto emerge dalle tavole Istat, nel rapporto 'Noi Italia'. I dati sono del 2014, con una media nazionale che a 25.256 euro, la più bassa, stando alle serie riportate, almeno da 10 anni, ovvero dal 2004. I numeri sullo spaccato territoriale non vanno oltre il 2014, lasciando fuori il 2015, anno in cui, almeno a livello nazionale, il Pil è salito dello 0,8%. Facendo invece un passo indietro, l'Istat ricorda che "nel 2013, le famiglie residenti in Italia hanno percepito un reddito disponibile netto (esclusi i fitti imputati) pari, in media, a 29.473 euro, circa 2.456 euro al mese. Tuttavia, poiché la distribuzione dei redditi è asimmetrica (il valore medio è decisamente superiore a quello mediano), il 50% delle famiglie ha percepito un reddito non superiore a 24.310 euro, corrispondente a 2.026 euro al mese".

    Secondo il rapporto, sono oltre 2,3 milioni (il 25,7% del totale) i giovani 15-29enni che nel 2015 non sono inseriti in un percorso scolastico e/o formativo e non sono impegnati in un'attività lavorativa. L'incidenza è più elevata tra le donne (27,1%) e nel Mezzogiorno (in Sicilia e Calabria sfiora il 40%). Tuttavia la quota è in calo rispetto all'anno prima: nel 2014 i giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, erano il 26,5%. Il primo ribasso dall'inizio della crisi.
    Tra chi ha da poco varcato la soglia dei trenta anni risulta laureato uno su quattro. Nel 2015, rileva, "il 25,3% dei 30-34enni ha conseguito un titolo di studio universitario, un livello di poco inferiore al 26% stabilito come obiettivo per l'Italia ma lontano dal 40% fissato per la media europea".
    Quindi la quota di chi ha un titolo accademico sale, nel 2014 era al 23,9%, ma il target Ue, fissato nella Strategia Europa 2020, è distante.

    Sale al 14% l'incidenza del lavoro a termine nel 2015, più alta nelle regioni meridionali (18,4%) rispetto al Centro-Nord (12,5%). Si tratta del livello più alto dal 2004, guardando alle tabelle che fanno parte del dossier (nel dettaglio nel 2014 l'incidenza era pari al 13,6%). L'Istituto spiega come la quota dei dipendenti a termine si ottiene dal rapporto percentuale tra i dipendenti a tempo e il totale dei dipendenti. A scendere invece è il "Il tasso di mancata partecipazione:rallenta per la prima volta dal 2006. Sul fronte occupazione "Nel 2015 risultano occupate oltre 6 persone in età 20-64 anni su 10, ma è forte lo squilibrio di genere a sfavore delle donne (70,6% gli uomini occupati, 50,6% le donne) come il divario territoriale tra Centro-Nord e Mezzogiorno". "Nella graduatoria europea relativa al 2014, solamente Grecia, Croazia e Spagna presentano tassi di occupazione inferiori a quello italiano mentre la Svezia registra il valore più elevato (74%).

    Tra il 2013 e il 2014 l'incidenza della povertà, relativa e assoluta, è risultata sostanzialmente stabile. La povertà relativa coinvolge circa un decimo delle famiglie residenti, quella assoluta il 5,7%.
    Nel 2014 l'indicatore di grave deprivazione materiale, spia delle difficoltà economiche, segna una riduzione ma il problema riguarda ancora 4 milioni di persone. La quota delle persone colpite scende infatti all'11,6% (era del 12,3% nel 2013). Nel dettaglio, spiega l'Istituto, il valore del Mezzogiorno, 19,9%, equivalente ad oltre 4 milioni di individui, "per quanto in forte diminuzione, è più elevato di quello rilevato in tutto il Centro-Nord (7,2%, quasi 3 milioni di individui).

    Il tasso di motorizzazione, in flessione nel 2012 e 2013, segna un lieve aumento, con quasi 610 autovetture per mille abitanti. Nel confronto europeo l'Italia è di gran lunga uno dei paesi più motorizzati, preceduta solo da Lussemburgo e Lituania. Non a caso, viene evidenziato nel Rapporto, nel 2015 l'87,3% degli occupati e il 74,1% degli studenti utilizzano un mezzo di trasporto per recarsi al luogo di lavoro o studio, privilegiando l'automobile.
    (Ansa)





    Huawei P9, parte la sfida a Apple e Samsung.

    Smartphone con superfotocamera Leica. Un tempo era conosciuta come "la cinese dei telefonini economici", ma quell'epoca è ormai finita: Huawei punta in alto e, forte del terzo posto nella classifica mondiale delle vendite di smartphone, vuole accreditarsi come brand di fascia alta, sfidando a viso aperto Samsung e Apple che occupano i primi due posti della top five.

    Lo fa con un evento mondiale in grande stile al Battersea Evolution Londinese, portando sul palco il nuovo Superman, l'attore Henry Cavell, e ingaggiando come testimonial Scarlett Johansson per presentare i suoi nuovi smartphone con cui conquistare i mercati occidentali. Il P9 e il P9 Plus, questi i nomi dei dispositivi da 5,2 e 5,5 pollici, sono in aperta competizione con l'iPhone 6S e il Galaxy S7, di cui si dichiarano superiori per durata della batteria, spessore più sottile o soprattutto per qualità foto e video.

    Punto di forza degli smartphone sono infatti le due fotocamere posteriori frutto della collaborazione con l'azienda tedesca Leica, nome storico della fotografia. Una 'Rgb' che cattura il colore e l'altra monocromatica per catturare la luce. Risultato: 270% di luce in più rispetto all'iPhone 6S e il 96% in più rispetto al Galaxy S7, assicura Huawei. Insieme alla messa a fuoco selettiva e ai controlli manuali dei parametri per scattare, che "fissano il nuovo standard della fotografia su smartphone".

    Il P9 sarà prenotabile dal 7 aprile in Italia, che per Huawei è il secondo mercato mondiale dopo la Cina con oltre 2 milioni di smartphone venduti nel 2015.

    Obiettivo per l'anno in corso - spiega Daniele De Grandis, direttore esecutivo di Huawei Italia per la divisione consumer - è raddoppiare le vendite portandole a 4 milioni di unità nel 2016, e per questo ci sarà un investimento in pubblicità "significativamente superiore" ai 10 milioni di euro vociferati, intorno ai 15 milioni.

    Le risorse non mancano. Huawei ha chiuso il 2015 con oltre 100 milioni di smartphone venduti al mondo, quarto brand a riuscire storicamente nell'impresa dopo Nokia, Samsung e Apple. Il fatturato della compagnia è cresciuto del 37% a 60,8 miliardi di dollari, per un utile netto di 5,7 miliardi (+33%). ‬
    (Ansa)





    Scoperto un buco nero da record, a 200 milioni di anni luce dalla Terra.

    Scoperto da Università California, ha la massa di 17 miliardi di Soli. Scoperto un super buco nero da record a 200 milioni di anni luce dalla Terra: la sua massa supera di 17 miliardi di volte quella del Sole e la sua presenza è considerata un segno di come simili mostri cosmici potrebbero essere molto più comuni di quanto si possa immaginare. Pubblicato sulla rivista Nature, il risultato si deve al gruppo guidato dall'Università della California a Berkeley.

    Il record attuale è detenuto dal buco nero della massa di 21 miliardi di Soli scoperto nel 2011 nell'Ammasso della Chioma, che si è guadagnato un posto d'onore nel Libro dei Guinnes. Finora si riteneva che buchi neri di queste dimensioni fossero 'insediati' nel cuore delle grandi galassie in zone dell'universo molto 'affollate', ma il nuovo buco nero contraddice questa ipotesi. Si trova infatti nella galassia NGC 1600, che si trova nella parte di cielo opposta rispetto all'Ammasso della Chioma e in una zona relativamente deserta, ha osservato il coordinatore della ricerca, Chung-Pei Ma. E' stata individuata nell'ambito del progetto di ricerca Massive, il cui obiettivo è studiare grandi galassie e buchi neri per ricostruire il loro processo di crescita.

    La domanda che viene spontanea ai ricercatori è se l'aver trovato un buco nero in una zona dell'universo scarsamente popolata non possa essere la punta di un iceberg. Chung-Pei Ma non esclude che i 'mostri cosmici' possano essere molto più numerosi del previsto e disseminati anche nelle zone meno popolate dell'universo.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Heidi




    locandina


    Un film di Alain Gsponer. Con Anuk Steffen, Bruno Ganz, Isabelle Ottmann, Quirin Agrippi, Katharina Schüttler.


    Un adattamento curato e riuscito, che guarda al romanzo ottocentesco e all'esempio di Belle e Sebastien.

    Marianna Cappi


    La piccola Heidi, rimasta orfana, è stata cresciuta dalla sorella della madre, ma viene il giorno in cui la zia Dete trova lavoro a Francoforte e Heidi viene perciò affidata all'unico parente che possa occuparsi di lei, il padre di suo padre, un uomo solitario che vive in una baita di alta montagna. Nonostante un primo rifiuto, il vecchio si affeziona alla bambina e llei mostra di amare moltissimo la vita dura dei monti e il pascolo delle capre con l'unico amico, Peter. Il nonno, però, si rifiuta di mandarla a scuola e così Dete torna a prenderla e la porta a Francoforte perché faccia compagnia a Klara, la rampolla di casa Seseman costretta in sedia a rotelle, e venga istruita dal suo stesso precettore.
    La storia di Heidi, pubblicata nel 1880 e nata dalla penna della scrittrice svizzera Johanna Spyri, appartiene a quell'età del mondo, durata millenni, durante la quale i bambini non nascevano per vivere al centro della vita dei loro genitori, ma dovevano sperare di sedurre gli adulti per non finire troppo male. La Spyri, che aveva a cuore la loro condizione svantaggiata e quella delle giovani donne, crea con Heidi il personaggio di una bambina irresistibile, grata e coraggiosa, capace di sciogliere il cuore indurito del vecchio nonno, di arrivare a capire da sola l'importanza dell'alfabetizzazione, ma anche di non lasciarsi abbindolare dalle seduzioni della vita borghese e cittadina, dove il lusso e il calore rimano in realtà, rispetto ai bisogno di un bambino, con oscurità e prigionia.
    Il film di Gsponer, fedelissimo al romanzo, lavora su questa collocazione storica: sul peso delle dicerie (rispetto al vecchio dell'Alpe) e delle superstizioni (il sovrannaturale) che animano un mondo agli albori della rivoluzione industriale, così come sulla formalità delle relazioni umane e sull'esistenza, fortunatamente, di piccole sacche di resistenza, dentro la società classista (la nonna di Clara, che capisce la malattia dell'anima di Heidi) o fuori di essa (il nonno di Heidi, che ha scelto l'isolamento dal volgo). Sono note di contorno, che non distraggono rispetto al cuore del racconto, sulla carta più prettamente pedagogico e sullo schermo più indirizzato a valorizzare il rapporto con la natura.
    Alain Gsponer, già regista di Un fantasma per amico, guarda chiaramente al recente successo di Belle & Sebastien e, come in quel caso, indovina la scelta della giovane protagonista, mentre Bruno Ganz interpreta il nonno, in un riuscito incontro tra icone svizzere.



    Video


    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    Ho dei gusti semplicissimi;
    mi accontento sempre del meglio.
    (Oscar Wilde)


    LO ZABAJONE



    Lo zabajone (zabaione o zabaglione) è una crema dolce e spumosa a base di tuorli d'uova , zucchero e vino o vino liquoroso. Diede origine, in Italia, a noti liquori come il Vov e lo Zabov, due marchi registrati: il primo prodotto, Vov, è del 1845, lo Zabov è del secondo dopoguerra.
    Lo zabaione ha parecchi secoli di storia. La provenienza delle sue origini ed del suo nome sono incerte. Qualunque sia l'origine dello zabaione la ricetta si è diffusa ovunque, legata ai diversi vini liquorosi tradizionali Porto, Marsala, Xeres, Rivesaltes. La parola Zabaione potrebbe provenire, in assenza di altre etimologie, dal termine dell’antica Illiria sabaja, o zabaja, derivante da sabaium, che era una bevanda molto diffusa.

    Gli ateniesi la conobbero come zhytos e fu importata specialmente da Pelusio, in Egitto. Era la birra, molto simile alla bevanda sumera, che sia i greci che i popoli mesopotamici, trovandola torbida, la sbiancarono aggiungendo farina o latte. Era una bevanda a metà tra bere e mangiare,con l'aggiunta di farina, o latte, o uova, o tutto assieme, e fermentata fino a raggiungere un certo tenore alcolico.
    Era amata anche dagli Illiri e dai Romani, che la chiamavano sabaja. Il nome deriva da un Dio chiamato Sabatius, o Sabazius, un antico popolo dell’Anatolia, adorato dai Frigi . I Greci cominciarono pian piano a presiedere alcuni culti misterici legati all’ebbrezza di questo dio, che col tempo diverrà un aspetto di Dioniso, poi Bacco per i Romani.
    Il sabatium arrivò in Italia molti secoli prima al seguito delle Legioni di uno dei tanti imperatori illirici.

    La più antica attestazione di una preparazione dello Zabaglione viene da Napoli: “Per fare quatro taze de Zabaglone, piglia .xii. rossi de ova frasca, tre onze de zucaro he meza onza de canella bona he uno bucale de vino bono dolce, he fallo cocere tanto che sia preso como uno brodeto. Et poi levalo fora he ponello in uno grando piatello davante alli Compagnone. Et se vorai, gli potrai ponelre uno pezo de butiro fresco.” Questa ricetta compare in un manoscritto risalente alla metà del XV secolo ed è oggi conservata nel Ms. Bühler, 19, ff 1-76, presso la Pierpont Morgan Library di NY.(1450 ca.).
    Grazie alla reperibilità degli ingredienti una bevanda simile allo zabaione sembra fosse già nota nel 1533, quando era servito in forma ghiacciata alla corte di Caterina de' Medici. Sul finire del XV secolo, la ricetta venne riproposta in un famoso ricettario di Maestro Martino da Blenio, per diventare successivamente patrimonio dei principali testi gastronomici italiani.
    Nel celeberrimo “Opera di Bartolomeo Scappi”, in sei libri, pubblicato a Venezia nel 1570. DaI libro di Bartolomeo Scappi “(…) Per fare brodetto detto zambaglione. Piglinosi sei rossi d’ova senza chiare crude, e fresche, e oncie sei di malvagia amabile, oncie tre di zuccaro, un quarto di cannella pista, oncie quattro d’acqua chiara, mescolisi ogni cosa insieme, e passili per lo colatoro o foratoro, facciali cuocere nella caldarina con acqua bollente (…)”. Specifica persino i vini da usare: Malvasia o Trebbiano di Pistoia.
    La precisione dello Scappi fu tale che a distanza di oltre 500 anni si può seguire la ricetta passo passo. La ricetta dello zambaglione è nel sesto libro, quello dedicato alle preparazioni più adatte agli infermi e ai conva-
    lescenti; Scappi era molto ferrato sull’ argomento, essendo il cuoco personale di un Papa e avendo ristorato molti anziani prelati. In verità, si pensa che lo zabaione sia nato proprio come cibo ricostituente, forse nelle campagne e derivi dal semplice uovo sbattuto, proprio come la maggior parte delle creme. In contraddizione, il fatto che nella sua preparazione ci sia lo zucchero, lo pone su tavole molto ricche, specie fino ad inizio ‘600, quando lo zucchero era solo di canna e di importazione. Ma lo zucchero nella ricetta originale non era indispensabile: la ricetta di Scandiano parla di farina, e ancora oggi a Reggio Emilia si usa sbriciolare nello zabaione pane secco.
    La sensazione è che si sia partiti da un miscuglio di farina o pane di vario genere, uova e vino, più o meno dolce, forse nemmeno cotto; poi si sia raffinata la ricetta. Così, lo zabaione ha preso due strade diverse: ricostituente casereccio, e dolce raffinato; in un libro del 1622 si trovano le due diverse vocazioni, ben distinte.
    Bartolomeo Stefani, cuoco di corte dei Gonzaga di Mantova, pubblica nel 1662 “L’Arte di ben cucinare” dedicato ad Ottavio Gonzaga, nel quale si legge:
    «Per far un zambalione: Si pigliarà ova fresche sei, zuccaro fino in polvere libra una e meza, vino bianco oncie sei, il tutto si sbatterà insieme, e poi si pigliarà un tegame di pietra vitriato a portione della detta composizione, si mettarà due once di butiro a disfar nel tegame, quando sarà disfato si butterà la composizione dandogli fuoco sotto e sopra. Se si vorrà mettere nella composizione cannella pista se ne mettarà un quarto, se si vorrà ammuschiar conforme il gusto, avertendo però alla cottura che non si intostisca troppo. Puoi fare ancora il zambalione in questa maniera: pigliarai oncie due di pistacchi mondi, pellati e poi pistati nel mortaio e stemprali con il vino, che va fatto il zambalione, e questo zambalione serve assai per i cacciatori, perché alla mattina, avanti vadino alla caccia, pigliano questo; se per sorte perdessero il bagaglio possano star così sino alla sera; se può fare con il latte di pignoli, come di sopra, e per convalescenti, che non possono pigliar forza, si fa col seme di melone.»

    Nel libro di Giorgio Maioli, “I racconti della tavola a Reggio Emilia (GES, 1980)”, si racconta di Paolo Panciroli secondo il quale lo Zabajone sarebbe stato inventato a Reggio Emilia, per la precisione nei dintorni di Scandiano. Il termine Zabaione, secondo Panciroli, sarebbe di estrazione francese: da buillon (brodo), uno dei lasciti delle tante occupazioni militari delle nostre terre. La stessa versione è ripresa anche da Athos Nobili e Numa Ciripiglia, al secolo Luigi Camparini. Pare che nel 1471 un capitano di ventura, Giovanni Buglione, si accampò vicino Scandiano e sguinzagliati i vivandieri per procurare il cibo per le truppe ebbe la sorpresa di vederli tornare solo con poche uova, farina e vino bianco data la povertà che regnava nelle campagne dell’epoca, dovute al saccheggio degli eserciti. Buglione fece mescolare gli ingredienti in un calderone e ottenne così una crema calda semiliquida, che da quel giorno fu chiamata Brodo di Giovanni; poi, di lì a Jean Bouillon, Zvàn Bujon, zambujon e zabaione il passo venne naturale, man mano che il nome veniva assorbito dal dialetto del reggiano.

    Un'altra traccia si ha a Torino, dove nel 1722, la Pia Associazione di Cuochi Privati e Famigli d’ambo i Sessi creò lo squisito dolce, battezzandolo Crema di San Baylon, poi Sanbayon; ancora oggi, in Piemonte lo si chiama sanbajon, e un ricettario del 1923 di Giuseppe Ciocca cita: “(…)Vuolsi eziandio che questo delizioso camangiare fosse stato servito, per la prima volta, alla mensa del prefato duca di Savoia, sullo scorcio del XVI secolo, e che al duca fosse tornato assai gradito (…)”, credendo potesse essere una derivazione della “rossumada lombarda. Fra’ Pasquale de Baylon (1540-1592), del Terzo Ordine dei Francescani, approdato a Torino per il suo apostolato presso la Parrocchia di San Tommaso, consigliava alle sue penitenti che si lamentavano delle prestazioni del consorte, una sua ricetta che, sintetizzata in 1+2+2+1, avrebbe restituito vigore al soggetto.
    Santificato nel 1680 da Papa Alessandro VIII entrò rapidamente nella leggenda, probabilmente più per la crema portentosa che per la sua virtù, tanto che le donne torinesi si scambiavano la sua ricetta per beneficiare del miracolo del Santo il cui nome, in dialetto torinese, fu subito abbreviato in San Bajon (o=u).

    (Gabry)





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    I Grandi Cantautori Italiani





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    foto: liberoquotidiano.it



    Umberto Balsamo


    Umberto Balsamo (Catania, 10 marzo 1942) è un cantautore italiano



    Nasce a Catania nel 1942, ultimogenito di una famiglia numerosa, la passione per la musica si manifesta molto presto in Balsamo il quale, dopo essersi comprato la prima chitarra, a sedici anni comincia a prendere lezioni di musica da Vito Falcone. Nel 1963 si stabilisce a Milano, dove muove i suoi primi passi nell'ambiente musicale collaborando per un paio d'anni con l'affermato paroliere Luciano Beretta. Due dei più noti brani nati da questa collaborazione sono La prima lettera d'amore scritto nel 1966 per Orietta Berti, e Vita (incisa nel 1977 da Iva Zanicchi).

    Nel 1968 Umberto tenta una prima volta anche la carriera di cantante incidendo per la Ri-Fi, con lo pseudonimo di Bob Nero, il 45 giri contenente i brani Il mio cuore riposa e Tutte, che passa praticamente inosservato. Nello stesso anno il suo brano Primo amore viene selezionato da Gianni Sanjust, direttore artistico presso Ricordi, per la manifestazione Un disco per l'estate. Primo amore, che verrà interpretato da Milva l'anno successivo, frutta a Balsamo il suo primo contratto importante in qualità di compositore proprio con la Ricordi.

    Nel 1969 Umberto compone la musica di Occhi neri, occhi neri, testo di Alberto Testa, la canzone, presentata da Mal a "Canzonissima", diviene una delle maggiori hit dell'artista inglese. Nel 1971, con Amare di meno, sigla di Rischiatutto, firma il rilancio discografico di Peppino di Capri. Del 1972 è invece Domani si incomincia un'altra volta, brano che Umberto scrive per Domenico Modugno, suo mito di sempre. Scaduto il contratto con Ricordi, quello stesso anno Umberto firma un contratto con la Las Vegas non solo come autore ma anche come cantante e si presenta a Un disco per l'estate: la sua Se fossi diversa ottiene un buon successo di critica e di pubblico.

    Al Festival di Sanremo 1973 Umberto è presente in qualità di autore con ben 3 canzoni: Amore mio (interpretata dallo stesso Balsamo), Dolce Frutto (Ricchi e Poveri) e Tu, nella mia vita (Wess e Dori Ghezzi). Passato alla Polydor, al successivo Un Disco per l'estate presenta Bugiardi Noi che diverrà una delle sue hit più conosciute. Sempre nel 1974 Balsamo vince il Telegatto come rivelazione dell'anno. Nel 1975 il cantautore catanese scrive e incide Natalì, in gara a Un disco per l'estate, canzone che per la tematica affrontata (il triangolo amoroso), subisce una censura da parte della Rai.

    Mentre in Italia il brano passa inosservato, all'estero ne vengono realizzate più versioni, eseguite, in lingue differenti, da diversi artisti. Nel 1976 Balsamo propone a Mina la canzone L'angelo azzurro, da lui scritta insieme a Cristiano Malgioglio. Rifiutato dalla cantante cremonese, il brano diviene uno dei maggiori successi dello stesso Balsamo che l'include nel suo album Malgrado tutto...l'angelo azzurro (1977). Nel 1978 pubblica il suo quarto album Crepuscolo d'amore, cui venne estratto il 45 Crepuscolo - Amore.

    Il 1979 è l'anno di Balla, il brano più noto dell'artista catanese, che, a dispetto dei dubbi della Phonogram, con il suo ritmo da tarantella conquista il pubblico e vende più di un milione di copie. Negli anni ottanta Balsamo pubblica Pianeti e Mai più per poi prendersi una pausa di una decina d'anni durante i quali si rifugia in un paesino della Brianza (Usmate Velate). L'inattività viene però interrotta per scrivere qualche canzone fra cui: Nun chiagnere, Nascerà Gesù e Italia presentate al Festival di Sanremo 1988 rispettivamente da Peppino di Capri, i Ricchi e Poveri e Mino Reitano. Ha scritto un grande successo di Orietta Berti "Futuro" presentato da lei al Festival di Sanremo 1986.

    Ha scritto insieme a Malgioglio Chi mi darà portata da Iva Zanicchi al Festival di Sanremo 1984. La canzone Italia presentata da Mino Reitano a Sanremo 88 doveva essere cantata da Pavarotti. Negli anni ottanta diventa produttore e autore di canzoni per Orietta Berti, la quale inciderà 3 dischi: nel 1984 Le mie nuove canzoni, nel 1986 Futuro (album), nel 1989 Io come donna. Negli anni novanta Balsamo realizza Respirando la notte luna e propone una nuova versione di Balla. Dopo quasi un altro decennio di silenzio, nel 2003 pubblica Vorrei aprire il cielo sabato sera a spina di rosa. Poco dopo, tuttavia, quest'ultimo lavoro viene ritirato dal mercato dallo stesso Balsamo che, stando al sito ufficiale, "essendo perfezionista, non è soddisfatto appieno del prodotto definitivo"


    fonte: wikipedia.org