FRANCESCO GABBANI

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  1. tomiva57
     
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    foto:it.celebrity.yahoo.com


    Francesco Gabbani: «Mi sveglio e dico Amen»


    Beve tisane, pensa che farsi la barba sia come meditare e che sia inutile «aspettarsi dalle cose e dalle persone quello che possono dare». Così Francesco Gabbani ha stregato Sanremo, e preso un 10+ in latino. Merito di quella prima volta, dalle suore.

    «Un’acqua calda per favore», ordina al bar. E si fa una tisana relax. «Ho avuto periodi belli rock ‘n’ roll, oggi sto più attento», si giustifica.

    Francesco Gabbani è la rivelazione dell’ultimo Sanremo, che, a dispetto dei suoi 33 anni, ha vinto nella categoria Nuove Proposte, con la canzone Amen: uno dei pochi, veri tormentoni di questo Festival.

    La prima volta di Gabbani sul palco, però, risale a venticinque anni fa: «Ne avevo 8 anni quando suonai la batteria alla festa di Carnevale dalle suore», racconta. «Ho frequentato da loro asilo ed elementari. Come molti ragazzi italiani ho un’educazione cattolica. Poi, crescendo, mi sono distaccato. Oggi ho difficoltà ad accettare tutto ciò che è dogmatico».

    Eppure è diventato famoso con una canzone intitolata Amen. Non è ironico?

    «Ironico è che il successo sia arrivato quando ho smesso di cercarlo. Solo di recente ho cominciato a considerare la musica come una gioia, senza aspettarmi chissà che cosa».

    Questo ritrovato entusiasmo ha fatto breccia nel pubblico.

    «La gente ha capito che dietro c’è un’esperienza. Il primo disco l’ho registrato a 19 anni, con la band Trikobalto, e poi ho proseguito come solista. Per molto tempo ho fatto solo cose mirate ad avere successo: scrivevo canzoni appetibili per la radio, vivevo la musica in maniera ossessiva e soffrivo terribilmente per risultati che non arrivavano. Il successo è arrivato quando ho mollato il colpo e sono tornato a godere la musica per le emozioni che mi dà».

    Come ha fatto?

    «Mi sono avvicinato alle filosofie orientali e zen. Oggi tutti i giorni apro gli occhi e per prima cosa dico grazie solo per il fatto di esserci e respirare. La cultura occidentale tende a renderci troppo cervellotici, finiamo con l’analizzare solo gli aspetti negativi della vita. E questo ci condiziona, perché abbiamo troppa paura. Del giudizio degli altri, di noi stessi, del futuro».

    «Meglio elaborare il lutto con un Amen»?


    «La canzone propone di fare il contrario di ciò che enuncia, è sarcastica. Ci esorta a riconsiderare noi stessi come artefici del destino e a non aspettarci dalle cose o dalle persone quello che esse non possono dare».

    Questa nuova consapevolezza dopo quali tribolazioni arriva?

    «Di grosse sofferenze per fortuna non ne ho avute, dolori non me ne sono capitati mai. Ma ho un forte senso d’inquietudine mio: sono sensibile, vivo tutto in maniera emozionale. Il disco Eternamente ora esprime bene questo mio modo d’essere: un connubio di sonorità elettroniche, danzereccie, accompagnate da testi più riflessivi e profondi».

    Che studi ha fatto?

    «Ho la maturità classica, anche se non ricordo neanche con quale voto sono uscito, credo la sufficienza. Quando facevo il liceo non vedevo ora di finire, oggi sono grato perché mi ha dato tanto cultura e sensibilità. All'Università dopo due mesi di Dams ho mollato: stava uscendo il mio primo disco, prodotto dai Planet Funk».

    Sembra un po’ più grande della sua età, forse per il baffo. Lo ha sempre avuto?

    «No, per anni ho portato la barba incolta, poi da due ho iniziato a raderla, per il piacere di farla. Mi ricorda quando da piccolo osservavo mio nonno che davanti allo specchio s’insaponava il viso e tagliava. È un gesto con un suo rituale, forse anche un po’ meditativo».

    Che cos'altro la rilassa?

    «Dipingere: faccio quadri, disegno casette molto colorate. Ho uno stile un po’ naif».

    Attività meno naif?

    «Per anni ho lavorato nel negozio di strumenti musicali di mio padre, e faccio anche il fonico. È lui che mi ha trasmesso l'amore per la musica, anche se inconsciamente».


    Mamma, invece?

    «Non ha mai accettato che non mi sia laureato. La vittoria al festival è stata per lei un segnale: “Ah, allora è vero che fai il cantante”. Questo suo atteggiamento, però, mi ha sempre tenuto con i piedi per terra».

    L’anellino che ha al collo che cosa rappresenta?

    «È il simbolo del legame con la mia compagna Dalila. Siamo insieme da 4 anni e nei momenti di sconforto mi ha sostenuto molto. Non è facile stare con qualcuno che ha una passione forte come la mia: una donna, soprattutto, può sentirsi messa in secondo piano, provare una sorta di gelosia. Io non smetterò mai di ringraziarla per non avermi mai fatto pesare l’amore viscerale per la musica».

    Vorreste condividere anche l’amore per i figli?

    «Per ora no, perché crediamo che sia una responsabilità gigantesca e abbia senso solo potendo gestire le cose con dedizione. Ci limitiamo a condividere questo percorso artistico: lei è tatuatrice, specializzata in ritratti».

    A Carrara i suoi concittadini come l’hanno accolta dopo la vittoria?


    «La reazione è stata calorosissima. Mi hanno organizzato una festa in teatro e c’erano 2mila persone fuori».

    Le stesse che prima le dicevano «ma dov'è che devi andare»?

    «Qualcuna. Ora improvvisamente sono tutti cugini, ex ragazze o ex compagni di classe».

    Anche qualche suora ha «rivendicato»?


    «No, ma la prof di latino mi ha mandato un telegramma: Voto 10 +. A me, che a scuola non prendevo manco un 7».


    di Raffaella Serini
    fonte:.vanityfair.it
     
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