IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 7° ... SETTIMANA 011 ...

LUNEDI' 14 MARZO - DOMENICA 20 MARZO 2016

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    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 011 (14 Marzo - 20 Marzo 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Martedì, 15 Marzo 2016
    S. LONGINO , S. LUISA

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    Settimana n. 11
    Giorni dall'inizio dell'anno: 75/291
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    A Roma il sole sorge alle 06:21 e tramonta alle 18:17 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 06:34 e tramonta alle 18:29 (ora solare)
    Luna: 0.43 (tram.) 10.54 (lev.)
    Luna: primo quarto alle ore 18.04.
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    Proverbio del giorno:
    Di marzo, chi non ha scarpe vada scalzo, e chi le ha, le porti un altro po' più in là.
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    Aforisma del giorno:
    Ve lo dico con molta fermezza, con molta libertà e con molto rispetto: quando si costruiscono le armi,
    necessariamente devono essere usate. Chi fabbrica le armi vuole che siano vendute e consumate.
    E le armi si consumano uccidendo.
    (Don Tonino Bello)









    RIFLESSIONI



    ... VITA RISPETTO VITA …
    ... Non ci sono fiabe o miei racconti fantastici che oggi possano addolcire lo smarrimento di vivere in questi tempi. Il valore della vita è sempre più banalizzato e a volte calpestato. Lo sapete non mi piace parlare in questo contesto di politica o di religione, di cose che possono suscitare fastidio a chi la pensa diversamente. Credo però che la VITA sia un valore su cui tutti dovremmo concordare; sulla sua sacralità, sulla sua unicità ed irripetibilità. Su tutti i media il commune denominatore è purtroppo la cronaca ed i fatti che raffigurano le condizioni di vita di molti, e la cronaca nera ci porta in evidenzia fatti in cui la vita e l’essere umano sono calpestati. Ciò che ha sollecitato questa mia riflessione è dettato dal fatto accaduto a Roma dove due ragazzi, che avevano assunto droghe in quantità, ha ucciso e seviziato un amico “per la curiosità di vedere cosa si prova ad uccidere una persona”. Non possono esistere commenti a questo, il mio animo di sognatore reagisce a questo pensando a tutte quelle cose che rendono bella la vita. Un sorriso, una pacca su una spalla, una carezza, l’amore dagli e verso gli altri. Vorrei essere un mago e tramutare tutto questo orrore che sta venendo fuori in questo periodo e trasformarlo totalmente in amore e desiderio positivo. Vorrei si tornasse a meravigliarsi di una goccia di acqua che scende su un vetro e seguire col dito la sua traccia su di esso. Vorrei si tornasse a stupirsi dei colori del cielo all’alba e al tramonto; si tornasse ad emozionarsi per un fiore che nasce o il vento che scompiglia i capelli. Mi piacerebbe infine pensare che la notte si torni a perdersi nella miriade delle stelle, ad immaginare le forme che compongono casualmente le nubi nel cielo. Sarebbe bello insomma che la noia che oramai avvolge le persone si tramuti in voglia di scopire ciò che ogni attimo dopo il presente può accadere. L’emozione per ciò che accadrà tra un attimo, l’emozione per ciò che il futuro ci riserverà e infine la gioia nel godere ciò che intorno il mondo, le persone, la natura ci offrono. Scendiamo dal treno che corre folle verso quell “domani” che è sempre di più una parola senza spessore e senza significato reale, e camminiamo assaporando il senso vero della vita, attimo dopo attimo, e di chi con noi o da un'altra parte del mondo la vive … Buon Marzo amici miei … (Claudio)






    La pozzanghera.

    Faresti una passeggiata con me?

    Lo so che piove ma mettiamo gli stivali da pioggia e prendiamo un ombrello.

    Dammi la mano e prendiamo quel sentiero che si apre nel bosco. Non piove poi molto. Si può distinguere il suono di ogni goccia sulle foglie. Guarda, s’apre uno squarcio di sereno.

    Vedi le pozzanghere? Adesso sono un problema da evitare ma ricordi da bambini? Avevano un fascino tutto particolare. A guardarle non ci si ricordava che lì c’era una buca, si immaginava che fossero mondi comparsi improvvisamente, regali della pioggia. Nessuno resisteva alla tentazione di infilarci un piede dentro, anche a costo di beccarsi una lavata di capo poi a casa. Mi piacerebbe recuperare la gioia e il senso di potere assoluto che vedo negli occhi dei bambini quando riescono ad approfittare di un attimo di distrazione delle mamme, e in uno splash di goduria saltano a piè pari in una pozzanghera.

    Te lo ricordi il piacere che dava pasticciarci con un rametto? Cosa poteva nascondersi sotto la superficie? Vermi? Mosche morte? Mostri? E le ore passate a guardare i cerchi che si spandevano sulla superficie tirandoci una pietra? Così perfetti, magici.

    Vieni, chinati con me, guarda questa pozzanghera, te la regalo. Qui puoi nasconderci il te stesso bambino. Guarda meglio, specchiatici. Lo vedi? È lì, non è mai andato via. Ogni volta che piove e si formano delle pozzanghere gli “io” bambini più fortunati riescono a tornare anche se è solo per il tempo di un arcobaleno.

    Quelli che ci provano o meglio, quelli che non riescono a far a meno di avere lo sguardo del bambino negli occhi sono svantaggiati a questo mondo. Sono persone che non sono riuscite a costruirsi la corazza difensiva come la maggior parte ha fatto. Sono persone che si lasciano permeare dalla vita, che assorbono ancora dolori e gioie senza il filtro della ragione adulta. Ecco perché ti “addolora”, provi dolore in modo intenso perché tutto ti penetra direttamente attraverso la pelle. Non sempre è uno svantaggio però, io non farei a cambio, non darei i miei occhi bambini per la corazza protettiva. Mi ferisco ogni giorno sulla pelle nuda, basta una parola detta con un velo di cattiveria, uno sguardo sprezzante ma quando sulla mia pelle si posa una carezza, l’avverto con un’intensità inarrivabile da chi porta la corazza e attraversa la vita senza ferirsi ma anche, penso, senza goderne.

    Gioisci del dolore che ti causano quegli sguardi crudeli, è la prova che puoi e sai godere del vento sulla faccia, di una corsa a perdifiato, del sapore di un frutto maturo, di un bacio, di una carezza, di una pacca sulla spalla da parte di un amico. È la prova che sei vivo, non uno che attraversa la vita limitando i danni e basta. Quelli come te non hanno paura di graffiarsi in un roseto, per questo riescono a godere del profumo delle rose.
    (Francesca Sommantico)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sulla Primavera …

    La prima rondine

    C'é un tremulare d'azzurro
    oggi nell'aria,
    un luccicare di verde
    oggi nel sole,
    un vago odore
    di viole appena nate.
    Entra giuliva
    dalle finestre spalancate
    la primavera in fiore.
    Io seguo con occhi sospesi lo stridulo voolo di un'ala
    che rade il tetto e scompare
    via nell'aria, nel sole!
    (A. Morozzo Della Rocca)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Il piccolo fiume

    C’era una volta, non tanto tempo fa, un piccolo fiume di nome Bèr che scorreva allegro dalla montagna di cristallo fino alla grande pianura. Bèr era un fiume svelto e luccicante, amico degli uomini e dei bambini che d’estate andavano a fare il bagno nelle sue acque fresche. Bèr era molto amico anche dei contadini ai quali dava volentieri un po’ della sua acqua per irrigare i campi e per innaffiare gli orti.
    Un giorno nella pianura arrivarono degli uomini cattivi e prepotenti che cominciarono a buttare nell’acqua del fiume ogni schifezza possibile e immaginabile: detersivi, plastica, acido, vernice, cemento, mobili, frigoriferi e biciclette.
    Bèr non riusciva più a respirare. I bambini non potevano più andare a giocare sulle rive, figuriamoci poi fare il bagno! I pesci che da tempo vivevano nelle sue acque cominciarono a morire. La frutta, la verdura e tutti i prodotti dei campi irrigati con quell’acqua sporca facevano venire il mal di pancia a chi li mangiava. Insomma per Bèr attraversare la pianura era diventato un vero incubo. Piangeva sempre ma nessuno poteva vedere le sue lacrime in mezzo all’acqua e nessuno poteva sentire i suoi lamenti perché tutti dovevano stare chiusi in casa dalla gran puzza che c’era.
    I contadini, preoccupati, si erano rivolti alle autorità, spiegando che se non si fossero presi subito dei provvedimenti in poco tempo non ci sarebbe stato più niente da mangiare e neanche da bere. “Per irrigare i campi stiamo usando l’acqua del rubinetto, quella che serve per bere e per lavarsi, ma non può durare per sempre, prima o poi finirà anche quella e allora come faremo? Mangeremo la plastica? Berremo la vernice?”. Ma quelli niente, non volevano proprio capire.
    Pian piano i contadini abbandonarono i campi e tutto intorno a Bèr gli uomini prepotenti costruirono dei palazzi altissimi con dei garage enormi per metterci le auto. Durante un autunno particolarmente piovoso le acque di Bèr si erano ingrossate a tal punto da rompere gli argini e inondare tutta la pianura. L’acqua puzzolente invadeva le strade, i negozi e le cantine dei palazzi. Le auto galleggiavano nelle strade e nei garage. La gente scivolava, cadeva in quella melma scura e non riusciva più a pulirsi. Ma ciò che più preoccupava le autorità era il crollo della strada che impediva ai camion che portavano il cibo di arrivare nella pianura. E intanto continuava a piovere.
    Dopo tanti giorni di pioggia Bèr cominciava a sentirsi meglio, più pulito. Quando finalmente un pallido sole era apparso in cielo, le sue acque riflettevano la luce facendolo brillare tutto. Appena le acque si ritirarono un po’, i bambini andarono subito vicino agli argini a giocare mentre i loro genitori stavano ancora cercando di pulire le strade dal fango. Quando gli uomini arrivarono con i camion per buttare nel fiume tutta la sporcizia che avevano raccolto nelle strade i bambini cominciarono a urlare: “Eh no! Adesso basta! Lasciatelo stare!”.
    Attirate dalle urla dei bambini, tutte le persone della pianura si avvicinarono al fiume per vedere cosa stesse succedendo. Bèr scorreva più lucente che mai, era uno spettacolo.
    Gli uomini restarono incantati a guardarlo per un po’, poi decisero che non lo avrebbero riempito di schifezze un’altra volta, anzi non l’avrebbero fatto mai più. “Lo ripuliremo per bene e chiunque oserà buttare ancora immondizia nell’acqua sarà arrestato!”- Disse il sindaco. Ora Bèr scorre felice nella pianura vicino alle case dei bambini e forse, con un po’ di pazienza, qualche pesce deciderà di fidarsi ancora degli uomini e tornerà a sguazzare nelle sue acque.

    (Medina Lariana e Gabriele Gesiotto)



    ATTUALITA’


    Clima: nuovo record a febbraio, è stato il più caldo di sempre.

    Termometro globale a 1,35 gradi sopra media. Esperto,è emergenza. Quello appena trascorso è stato il febbraio più caldo mai registrato sulla Terra dal 1880, cioè da quando si ha disponibilità di dati. Il febbraio 2016, stando ai dati della Nasa, ha stracciato nettamente i record precedenti di scostamento dalla temperatura media, segnando 1,35 gradi in più rispetto alla media del termometro tra il 1951 e il 1980. Il primato precedente era del gennaio scorso, con 1,14 gradi sopra la media.



    Si tratta del quinto mese in assoluto in cui la temperatura della superficie terrestre ha superato di più di un grado la media. Oltre a gennaio e febbraio 2016, era accaduto in ottobre (+1.06 gradi) novembre (+1.03) e dicembre (+1,10) 2015. "Siamo in una sorta di emergenza climatica", ha dichiarato Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute alla stampa australiana commentando i dati della Nasa. "È davvero stupefacente e assolutamente senza precedenti".

    Stando a quanto comunicato nei giorni scorsi dalla Noaa, l'agenzia Usa per la meteorologia, a febbraio la concentrazione media di CO2 in atmosfera ha raggiunto le 402,54 parti per milione. "I livelli di anidride carbonica stanno crescendo più velocemente di quanto abbiano fatto in centinaia di migliaia di anni", ha detto Pieter Tans della Noaa. Per il National Snow and Ice Data Center statunitense, il mese scorso il ghiaccio marino artico si estendeva per 14,22 milioni di km quadrati, la più bassa estensione mai registrata in febbraio dai satelliti.
    (Ansa)





    Con il voto alle donne, 70 anni fa nasceva Miss Italia.

    Nel 1946 Enzo Biagi scriveva: "Una conquista della democrazia. Un altro segnale che la guerra e un’epoca erano finite". Insieme alla Repubblica e al voto alle donne nasce Miss Italia o meglio, per la precisione, il concorso di bellezza delle ragazze italiane prende il nome attuale.

    Nel 1946, esattamente 70 anni fa, nel mese di marzo, per cinque domeniche consecutive, le donne italiane, dopo grandi lotte, votano per la prima volta: è una grande conquista sociale e l’inizio di una nuova storia per il mondo femminile e per il nostro Paese che si realizza nella prima tornata amministrativa dell’Italia liberata.

    Il 2 giugno l’affluenza alle urne si ripete per la scelta tra monarchia e repubblica e la contestuale elezione dell’assemblea costituente. Finita la guerra, tutto ricomincia. L’11 maggio Arturo Toscanini dirige lo storico concerto per la riapertura del Teatro alla Scala. Per le strade si sente il rumore della prima Vespa e sulle spiagge appare il primo bikini. Gino Bartali vince il Giro d’Italia con 47 secondi di vantaggio su Fausto Coppi. Dopo due anni di sosta, torna il campionato e il grande Torino, con la formazione che i ragazzi sanno a memoria come le poesie (Bacigalupo, Ballarin, Maroso….), vince lo scudetto. Si gioca la prima schedina del Totocalcio, mentre “Roma città aperta” è il film del momento.

    In questo clima, in questo quadro, insieme alla Repubblica, nasce “Miss Italia” ed è - scrive Enzo Biagi - “una conquista della democrazia. Nel 1946 - aggiunge - quando dilagava la voglia di vivere, fu un altro segnale che la guerra e un’epoca erano finite”. Dino Villani cambia infatti nome al suo concorso che, da Cinquemila lire per un sorriso (tre anni di vita, quattro di pausa per la guerra), prende il nome di Bella italiana (poi abbandonato) e Miss Italia: un simbolo che entra nell’immaginario collettivo e farà sognare milioni di ragazze italiane.

    La dizione 'miss' osteggiata dal fascismo, come altre parole straniere, può ora essere usata. Il nome “Miss Italia”, quindi, compie 70 anni e mantiene inalterati – attraverso gli innumerevoli cambiamenti avvenuti in tanti anni - i significati che assunse in quel momento storico: la libertà delle donne di scegliere la loro strada, anche partecipando ad un concorso di bellezza; un modo per mettersi alla prova prima di tentare la carriera del Cinema e dello spettacolo.

    “Tutto è cominciato da qui”, hanno ripetuto nel tempo grandi attrici, a partire da Sofia Loren. In alcune selezioni, in tutte le regioni, la ricorrenza sarà celebrata con diversi eventi.

    E’ Stresa, in Piemonte, una delle poche città a disporre di impianti non danneggiati dalla guerra, la prima sede di Miss Italia. Il titolo, dopo essere stato aggiudicato come gara fotografica, viene finalmente assegnato alla presenza delle ragazze. L’arrivo delle 40 miss, rappresentanti di tutte le regioni, ognuna accompagnata dalla mamma o da un altro familiare, è preceduto dalle Feste del sorriso (120 in tutto con quattromila candidate, che pochi anni dopo saranno ventimila). Qualche genitore e non pochi fidanzati non nascondono il loro imbarazzo per questa spedizione di ragazze da tutta Italia verso il lago Maggiore. Le miss, con la carovana di organizzatori, giornalisti, fotografi e operatori cinematografici, vengono seguite nelle loro passeggiate sul lungolago e alle isole Borromee da curiosi e dongiovanni locali. Alloggiano per una settimana nell’ambiente esclusivo del Grand Hotel Borromées e del Regina Palace.

    La giuria è composta da nomi famosi, come il giornalista Arrigo Benedetti, i registi Vittorio De Sica e Luchino Visconti, il pittore Carra, e poi Macario, Isa Miranda, Cesare Zavattini, lo stesso Villani, 15 persone in tutto. Mobilitate le sarte per gli abiti delle ragazze; il fotografo ufficiale è Alfredo Paulon. Le favorite sono la toscana di Empoli Rossana Martini, dai dolci lineamenti, vaga rassomiglianza con la Gioconda; la prosperosa Silvana Pampanini di Roma, al primo posto in un referendum incautamente promosso dall’Azienda di Soggiorno per coinvolgere il pubblico; Lilia Giovannotti Landi, anche lei di Roma; e Noris Monterumici di Bologna.

    Qui la cronaca si confonde con la leggenda che vuole, per esempio, la Pampanini al pranzo di gala al fianco di un principe dell’Afghanistan. Più realistica è la scelta posta all’incerta giuria da Dino Villani quando in gara rimangono due miss: “Volete eleggere la ragazza da dare in sposa a vostro figlio (Rossana), o quella che vorreste come amica … (Silvana)?”. Fatto sta che, quando nel Salone delle feste del “Borromées” viene annunciato il nome della Martini, 20 anni, maestra, come prima Miss Italia della storia, si scatena il putiferio e il cavalier Maresca, direttore dell’albergo, non riesce ad evitare il lancio di alcune sedie da parte dei sostenitori della Pampanini, molti dei quali venuti da Roma, e che essi stessi proclamano “Miss Italia a furor di popolo”. Le miss, le “belle di Stresa”, rimarranno qui fino al 1949 e poi un anno ancora, il 1958.

    Nel 1947 arrivano Lucia Bosè, Gina Lollobrigida, Gianna Maria Canale e Eleonora Rossi Drago: è l’anno d’oro del concorso di Dino Villani, Enzo e Patrizia Mirigliani. Ma certamente non l’unico di una lunga storia andata avanti fino ai giorni nostri. ‬
    (Ansa)





    Nuovo nanofarmaco cura cancro metastatico in topi.

    Ferrari(Houston Institute),risultati sbalorditivi,test su uomo nel 2017. Messo a punto un farmaco composto da nanoparticelle in grado di penetrare direttamente nelle metastasi causate dal cancro al seno in organi come polmoni e fegato, distruggendole. Il nuovo nanofarmaco è stato sperimentato al momento su topi, con risultati definiti ''sbalorditivi'', tanto che si punta ad avviare i test sull'uomo il prossimo anno. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Biotechnology, è frutto del lavoro di un team di ricercatori dello Houston Methodist Research Institute, guidati da Mauro Ferrari, uno dei maggiori esperti di nanotecnologie in medicina a livello mondiale. Il nuovo nanofarmaco (iNPG-pDox), spiega Ferrari all'ANSA, ''si dimostra capace di curare completamente le metastasi polmonari ed al fegato in modelli animali, ovvero in topi con tumore al seno. Circa il 50% delle cavie raggiunge infatti la completa guarigione, con un equivalente umano di oltre vent'anni di vita senza evidenza di tumore residuo''. Un risultato ''importantissimo - sottolinea Ferrari, presidente del Methodist Institute e primo autore dello studio - alla luce del fatto che non ci sono terapie attualmente disponibili per i tumori metastatici, di origine mammaria o di qualsiasi altra origine''.

    L'obiettivo è dunque iniziare i test sull'uomo nel 2017: ''Non farei mai promesse eccessive alle migliaia di malati di cancro, ma i risultati sono sbalorditivi - rileva l'esperto -. Stiamo parlando infatti della possibilità di arrivare alla cura dei tumori metastatici''. La mortalità per cancro è spesso dovuta a metastasi difficilmente aggredibili dai farmaci: la nuova tecnologia messa a punto, spiega Ferrari, ''permette invece, grazie all'utilizzo di nanoparticelle, di trasportare il farmaco fino al cuore delle cellule cancerose delle metastasi. Il farmaco attivo viene dunque rilasciato solo all'interno del nucleo della cellula metastatica, superando i meccanismi di resistenza ai farmaci messi in atto dalle stesse cellule del cancro. Con questa strategia si riesce effettivamente ad uccidere il tumore''. Il risultato è che il 50% dei topi trattati non presentava più tracce di metastasi dopo 8 mesi: ''Ciò è l'equivalente nell'uomo di circa 24 anni di sopravvivenza a seguito di un tumore in stadio metastatico'', precisa lo specialista. Se i test sull'uomo ''confermeranno anche una frazione di questo tempo di sopravvivenza registrato sul modello animale - commenta Ferrari - ciò vorrebbe ancora dire poter estendere il tempo di vita di molti anni in una popolazione di pazienti per cui, al momento, non esistono cure davvero efficaci''. I ricercatori sono fiduciosi che il nuovo farmaco potrà rivelarsi efficace anche nella cura delle metastasi ai polmoni dovute ad altri tipi di tumore, oltre che nella cura dei tumori primari al polmone.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Pedro - Galletto coraggioso




    locandina


    Un film di Gabriel Riva Palacio Alatriste. Con Bruno Bichir, Carlos Espejel, Angélica Vale, Omar Chaparro, Maite Perroni


    Film d'animazione messicano che cita e reinterpreta con ironia latina la cinematografia statunitense, con una buona dose di originalità e vitalità narrativa.
    Paola Casella


    Pedro è al suo debutto come galletto del cortile che condivide con un gruppetto di uova non ancora schiuse ma molto chiacchierone, il gallo Don Poncho e a sua figlia Di, passione segreta del nostro eroe. Quando la fattoria, gestita da un'anziana contadina, va in bancarotta Don Poncho, che ha un passato di gallo da combattimento, suggerisce di partecipare a una lotta fra galli: se Poncho vincerà salverà la fattoria, se perderà l'intero pollaio dovrà trovare un'altra casa. In realtà a combattere sarà Pedro, non prima di essersi sottoposto ad un allenamento estenuante, e cercherà non solo di salvare la fattoria ma anche di raggiungere l'agognata maturità e conquistare la simpatica Di.
    Pedro galletto coraggioso è un film di animazione realizzato al computer da un team di disegnatori messicani che avevano già raccolto grandi consensi in patria raccontando le avventure di una serie di uova animate. Questo terzo lungometraggio realizzato dalla Huevocartoon Producciones ha sbancato il botteghino in Messico, e bisogna riconoscergli un'originalità e una vitalità narrativa che non sfigurano all'interno del cinema messicano contemporaneo. È soprattutto nella regia che Pedro galletto coraggioso tira fuori gli artigli, cimentandosi in sequenze assai movimentate e privilegiando inquadrature rocambolesche. Dalla gara di rap all'allenamento di Pedro che fa il verso a Rocky (ma il tema della saga è rivisitato in chiave mariachi) alle scene sul ring in cui il galletto coraggioso deve fronteggiare il campione Sylvester Pollone, il film messicano osa parecchio e si diverte a citare la cinematografia dominante, ovvero quella statunitense, reinterpretandola con ironia e gestualità latine. Anche la confezione - è il caso di dirlo - "ruspante", più per penuria di mezzi che per mancanza di idee, ha un suo charme anti hollywoodiano (e anti nipponico).
    Certo, la grafica è ai limiti del kitch, i personaggi - soprattutto le uova - sembrano uscire da una pubblicità a basso costo (al confronto Calimero era un quadro di Picasso), e l'idea di raccontare un'attività equivoca (e in molti Paesi illegale) come i combattimenti fra galli trasformandola in una libera scelta fra quei pennuti che nella realtà ne sono semplicemente vittime, destano qualche perplessità. Ma la storia del galletto di gran cuore e di scarsa muscolatura che per difendere la sua casa e i suoi amici impara a volare come un'aquila è energizzante e fortemente motivante: piacerà soprattutto ai più piccoli, specie se appassionati di videogiochi.


    Video


    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    Raggiungi il lago del puro piacere.
    dove i pesci dagli occhi dorati dell’acuta percezione si moltiplicano,
    dove gli uccellini apprendono a volare,
    e tutto è imperturbabile rilassamento, al di là di ogni limite.
    (Yeshe Tsogyel, poetessa tantrica)


    IL BHUTAN
    La terra del Drago Tonante


    Il Bhutan è un piccolo Stato montano dell'Asia, situato alle pendici meridionali della parte orientale della catena dell'Himalaya, senza sbocco al mare. Confina a nord con il Tibet e a sud con l'India. Il territorio si estende in altezza da 2000 a 3500 metri sul livello del mare. La lingua ufficiale è lo dzongkha, ma esistono ben 19 dialetti. L'inglese è la seconda lingua. In alcuni distretti meridionali si parla il nepalese. I simboli nazionali sono il corvo, che adorna anche la corona del re, il takin (un particolare e raro tipo di bovide), il papavero blu e il cipresso.
    Storicamente era conosciuto come Lho Mon (terra meridionale delle tenebre), Lho Tsendenjong (terra meridionale del cipresso), Lhomen Khazhi (terra meridionale delle quattro vie d'accesso), e molti altri nomi; il nome internazionale è “Bhutan”, che sembrerebbe derivare dal sanscrito Bhu-uttan (alte terre) o da Bhota-ant “la fine del Bhot “ (Bhot è uno dei vari nomi del Tibet). Gli abitanti chiamano se stessi Drukpa e chiamano la propria patria Druk Yul, "terra del drago" oppure Druk Tsendhen, "terra del drago del tuono", dal momento che la tradizione vuole che il tuono sia il ruggito di draghi cinesi.
    Il Bhutan è un paese agricolo che è autosufficiente per il genere alimentare. Solo il 5% della popolazione lavora nell'industria. L'artigianato è di ottima qualità e molto diffuso. Nel 1947 il Bhutan ha ottenuto l’indipendenza ed è stato riconosciuto dall’India come Stato monarchico.
    Thimphu è la capitale ed anche la città più popolata. È situata sulle colline occidentali della valle del fiume Wang Chhu. Per legge è previsto che tutte le case siano decorate nello stile tradizionale con dipinti e motivi di carattere religioso. I regolamenti per le costruzioni sono molto severi al punto che le costruzioni non autorizzate vengono demolite. Il Tashichoedzong, uno dzong, il tempio fortificato, del XVII secolo, situato a nord della città, è la sede del governo dal 1952. I monasteri di Dechenphu, Tango e Cheri e il palazzo di Dechenchoeling sono la residenza ufficiale del Re.
    Punakha è l'antica capitale del regno, si trova a 1381 m sul versante nord-orientale del sistema himalayano. È caratterizzata da un caldo quasi tropicale ed è diventata la sede invernale della famiglia reale. Fin dall'antichità è stato un grosso centro commerciale per i prodotti agricoli, del bestiame, della lana e delle pelli. Lo dzong di Punakha è ritenuto, dal punto di vista storico, è il più importante del paese. Fu costruito da Zhabdrung Ngawang Namgyal negli anni 1637-1638 alla confluenza di due fiumi, il Pho Chhu ed il Mo Chhu.
    La città di Paro Dzong si trova ad est del monte Jhomolhari, la montagna sacra per i bhutanesi. Vi si trovano i più grandi e spettacolari dzong del regno: il monastero di Taktsang, il Kyichu Lhakhang, costruito nel VII secolo e uno dei più antichi, il Drukgyel Dzong costruito per arginare gli invasori tibetani e il Rinpung Dzong, il principale dzong della città.
    La città di Trongsa si trova quasi al centro del Bhutan nell' omonima valle fu la sede della famiglia reale Wangchuck prima che Thimphu divenisse capitale. Il panorama della città è dominato dall' imponente Dzong Trongsa che appare come una fortezza inespugnabile. Fu costruito, a vari livelli, su una collina è può essere visto da ogni angolo della città.
    L'attuale dinastia monarchica ereditaria dei Wangchuck fu istituita nel 1907. Sua Maestà Ugyen Wangchuck divenne il primo sovrano ereditario del Bhutan il 17 dicembre 1907. L'attuale re, Jigme Khesar Namgyal Wangchuck è il quinto re nella successione dinastica. L'istituzione della monarchia ha costituito una pietra miliare nella storia dello Stato. La stirpe deriva da Pema Lingpa, figura quasi leggendaria che visse tra il 1450 e il 1521. Fu il figlio di Pema Lingpa, Kuenga Wang Po, nato nel 1505, a trasferirsi a Dungkhar dove un suo pronipote fondò l'omonima fortezza. Di qui trae origine il nome della famiglia reale Wangchuck. Per Jigme Khesar Namgyal Wangchuck, la Felicità Nazionale Lorda è ritenuta di gran lunga più importante del Prodotto Interno Lordo, in quanto "non si deve raggiungere la crescita economica a spese della qualità della vita". La sua incoronazione nel 1974 segnò anche la prima volta in cui i media internazionali furono ammessi nel Paese e dunque la fine dell’isolamento dello stesso dal panorama internazionale. Nel 2006 Jigme Singye Wangchuck ha abdicato a favore del figlio. Nel 2008 hanno avuto luogo le prime elezioni legislative, con la trasformazione del Paese in una monarchia parlamentale.
    La popolazione è composta da tre gruppi etnici principali. Il gruppo Sharchop che vive soprattutto nella parte orientale, il gruppo Ngalop nella parte occidentale che è composto da discendenti delle popolazioni tibetane che immigrarono nel V secolo e le popolazioni di origine nepalese, chiamate Lotshampa, che si stabilirono nella parte meridionale verso la fine del XIX secolo. Il Bhutan è l'unico paese a professare come religione ufficiale la forma del buddhismo detta Mahayana.
    Fino a pochi decenni fa, fu una religione monopolista , solo nei monasteri era possibile ricevere l'istruzione. Il Bhutan ospita oltre 525 monasteri del Dhratsang i "Lhakang" e 144 di Lama reincarnati, 800 Lhakang di villaggio e altri 500 templi privati.
    L'induismo è la fede dominante dei territori meridionali. In alcune parti limitate del Paese si professano il Buddhismo Bön, l'animismo e lo sciamanesimo
    Gli uomini vestono il gho, una veste lunga legata alla vita da una cintura di stoffa che si chiama kera. Le donne indossano un vestito lungo fino alle caviglie che si chiama kira ed è fatto di stoffe colorate e ornate con decorazioni tradizionali. Questo abbigliamento è obbligatorio per tutti coloro che svolgono lavori in pubblico o lavorano nello Stato, secondo quanto previsto dal Driglam namzha o Codice delle Buone maniere.
    L'istruzione occidentale moderna è stata introdotta solo nei primi anni cinquanta. Prima di allora era predominante l'educazione monastica trasmessa attraverso la tradizione orale. L'unica università pubblica del paese è l'Università Reale del Bhutan, strutturata in diversi college sparsi nel paese.
    La medicina occidentale fu introdotta nei primi anni cinquanta. La popolazione usava la medicina tradizionale, conosciuta come sowai rigpa che affronta gli aspetti di prevenzione e quelli di cura.
    In un discorso del 21 Giugno 2005 del primo ministro bhutanese, Jigmi Y. Thinley si legge:
    «La felicità può essere realizzata come un traguardo sociale, essa non può venire conseguita come obiettivo personale, come fosse una merce, parimenti non può essere perseguita come uno scopo della competizione individuale. La felicità non può venir distribuita agli individui come una merce o un servizio. Tuttavia essa è troppo importante perché venga lasciata al puro sforzo e alla ricerca individuale, senza un impegno collettivo o di governo. […] Nelle società comuni, a mezzo dell’apprendimento culturale, dell’educazione, dell’insegnamento psicologico, molti sforzi vengono profusi per far sì che le persone cerchino la libertà partendo da una attitudine che nega loro la felicità. Portare alla luce ciò che assilla l’uomo, scoprire ciò che inganna la sua vera natura e rivelare il suo Sé interiore, è un compito assai più elevato che domare la natura e conquistare il mondo esterno.»


    “Un viaggio dedicato al Bhutan, un paese fuori dall'ordinario dove è illegale comprare le sigarette, dove giganteschi falli dalle proprietà protettive sono dipinti sulle facciate di molte case, dove la felicità degli abitanti è più importante del prodotto interno lordo. Un regno medievale Buddhista che inevitabilmente deve confrontarsi con i tempi moderni..”


    …storia, miti e leggende…


    Nonostante si pensi che il Bhutan fosse abitato già nel 2000 a.C., la storia bhutanese inizia nel 600 con la venuta del re tibetano Sogsten Gampo. La diffusione del buddismo dovrebbe essere iniziata intorno al II sec., anche se tradizionalmente si fanno risalire le sue radici alla visita nell’VIII sec. del Guru Rinpoche, un mistico tantrico, considerato alla stregua di un secondo Buddha.
    La società, pur non avendo “caste” era tradizionalmente divisa in: - zhung, l’aristocrazia e la burocrazia; - dratshang, la comunità religiose; - misey , il popolo. Durante il periodo medioevale, chi lavorava per i re e per i signori nei diversi dzong era distinta secondo la professione esercitata. La divisione non era molto rigida al punto e ognuno poteva raggiungere le posizioni più elevate.
    Nell'anno 842 si rifugiarono in questo stato molti tibetani a causa di difficoltà interne al Tibet, e qui vi rimasero. Tale immigrazione cambiò radicalmente le tradizioni del Bhutan. Nel X secolo l'influsso buddista entrò a far parte della cultura del paese e nel XVI secolo, si unificò sotto Ngawang Namgyel (1594-1651). Fino al XVII secolo il Bhutan rimase relativamente chiuso; le guerre di Duar si conclusero nel novembre del 1865 con il trattato di Sinchula, nel quale il Bhutan cedette molto terreno al Raj britannico.
    Fino al XVI sec. numerosi clan e famiglie nobili vivevano nelle diverse valli del Paese, impegnati in continue lotte interne e con il Tibet. Il 1616 arrivò Shabdrung Ngawang Namgyal, un monaco tibetano della scuola buddhista Drupa Kagyu, che si auto-proclamò capo religioso del Paese, respinse i tibetani e trasformò le valli meridionali in uno Stato unificato chiamato Druk Yul. Alla morte di Shabdrung, nel 1705, seguirono duecento anni di alta instabilità politica, che terminò soltanto con l’avvento di Ugyen Wangchuck, eletto nel 1907 primo re del Bhutan.

    In Bhutan, nei pressi di una roccia che secondo la leggenda un mago tantrico, venuto dall’India, avrebbe spezzato a metà per estrarre dall’Inferno la propria madre, sorge un tempio dove risiede un alto "lama" che ha il dono del vaticinio. Il lama non riceve se non chi, secondo le sue stesse predizioni, è destinato ad incontrarlo. Nel tempio dove vive campeggiano le statue di Guru Rimpoche, il Maestro Prezioso Padmasambhava, e delle sue due compagne tantriche, di cui una è Yeshe Tsogyel, straordinaria figura del tantrismo hymalaiano.

    Il Bhutan è il solo luogo al mondo che ha per religione ufficiale il buddhismo tantrico Drupa Kagyu, la forma di tantrismo buddhista più vicina all’ antica religione primitiva, ai culti mitico-simbolici dello sciamanismo. Il Drupa Kagyu enfatizza la pratica della dello yoga e della meditazione solitaria, secondo l’insegnamento dei grandi asceti tantrici che da Naropa arrivò a Marpa e al famoso poeta mistico Milarepa. Secondo questa scuola è possibile raggiungere la liberazione dal ciclo delle rinascite in una sola vita, per mezzo della pratica dei Sei Yoga di Naropa: lo Yoga del Calore, lo Yoga del Corpo Illusorio, lo Yoga del Sogno, lo Yoga della Luce, lo Yoga della Trasferenza del Principio Cosciente e lo Yoga del Bardo.
    Per superare la visione comune e giungere alla libertà lo yogin tantrico passa attraverso l’esperienza estatica, che è puramente artistica e creativa: la poesia e l’immaginazione sono gli strumenti dell’estasi tantrica. È a mezzo della forza poetica che si può creare nella coscienza quello «stato ampliato» nel quale ciò che è immaginato acquista la forza di accadere nella realtà quotidiana. Il grande maestro Aurobindo sosteneva di essere divenuto uno yogin poiché era un poeta. La poesia è da sempre il segreto dell’estasi tantrica.

    (Gabry)






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    La musica del cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani



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    Ivan Graziani


    « Signore è stata una svista
    abbi un occhio di riguardo
    per il tuo chitarrista. »

    (Ivan Graziani, Il chitarrista)

    Ivan Graziani (Teramo, 6 ottobre 1945 – Novafeltria, 1º gennaio 1997) è stato un cantautore e chitarrista italiano.

    Ivan Graziani nasce il 6 ottobre 1945 a Teramo, anche se si è diffusa una leggenda (smentita dal fratello Sergio) secondo la quale Ivan sarebbe nato sul traghetto Olbia-Civitavecchia (da cui l'origine del nome "Ivan", "navi" al contrario). Già da bambino le sue passioni erano la chitarra e il disegno e la sua indole artistica lo porta ad iscriversi all'istituto statale d'arte di Ascoli Piceno.

    Ancora diciottenne, Graziani è scelto da Nino Dale per suonare la chitarra nel suo complesso, molto rinomato in tutta la regione. Proprio con i Nino Dale and His Modernists Graziani debutta discograficamente anche come cantante (sua è la voce solista in E adesso te ne puoi andar, incisa sul lato B di un 45 giri del complesso). L'esperienza con il complesso di Nino Dale termina con l'ammissione di Ivan all'istituto di arte grafica di Urbino.

    Nel 1966 fonda il gruppo Ivan e i Saggi con Velio Gualazzi (padre di Raphael Gualazzi) e Walter Monacchi, partecipando anche al Torneo Davoli Italia Beat nell'aprile 1967, per poi cambiare nome in Anonima Sound. Nello stesso anno il gruppo partecipa al Festival di Bellaria e incide il suo primo 45 giri Fuori piove/Parla tu, pubblicato nel gennaio dell'anno successivo. Walter Monacchi ha affermato che Parla tu ottenne un discreto successo, nonostante i distributori avessero segnalato molte meno copie di quelle effettivamente vendute[8]. Nello stesso anno gli Anonima Sound incidono il loro secondo 45 giri, L'amore mio, l'amore tuo/I tetti, e partecipano al Cantagiro con Parla tu, classificandosi all'ultimo posto. Nel 1969 gli Anonima Sound incidono il terzo 45 giri Josephine/Mille ragioni e partecipano nuovamente al Cantagiro con Josephine. Nello stesso anno il gruppo lascia la CBS per firmare con la Numero Uno e si allarga con l'ingresso del tastierista Roberto "Hunka Munka" Carlotto. In quell'anno gli Anonima Sound incidono per la Numero Uno il loro ultimo 45 giri, Ombre vive/Girotondo impossibile.

    Ivan Graziani abbandona gli Anonima Sound alla fine del 1970 per svolgere il servizio di leva obbligatorio, al termine del quale, nel 1972, intraprende la carriera solista, pubblicando alcuni 45 giri con gli pseudonimi di Rockleberry Roll e Ivan & Transport, portando avanti anche, nello stesso periodo, l'attività di fumettista.

    L'album di debutto, La città che io vorrei, è del 1973 (ristampato poi nel 1980 dalla EMI con il titolo Ivan Graziani special), un album con idee che faranno presagire il suo stile, a cui fa seguito Desperation, pubblicato l'anno dopo e con testi in inglese, e l'album strumentale Tato Tomaso's Guitars (prodotto da Pippo De Rosa e pubblicato dalla Dig-It, MS 0006), in omaggio alla moglie Anna per la nascita del figlio Tommaso, distribuito in pochissime copie.

    Nello stesso periodo collabora, come turnista e autore, con vari artisti, tra cui Herbert Pagani (nell'album Megalopolis del 1973, benché non accreditato nella versione per il mercato italiano, e nel brano Arche de Noe dell'album Chez nous del 1975, oltre che in radio dal vivo all'inizio degli anni settanta), la Premiata Forneria Marconi (con cui collabora alla composizione di From Under, nell'album del 1975 Chocolate Kings), l'amico "Hunka Munka" Carlotto (nel 33 giri Dedicato a Giovanna G. del 1972), Marva Jan Marrow (per cui suona le chitarre nel 45 giri Our Dear Angel, versione in inglese di Il nostro caro angelo di Lucio Battisti), Gian Pieretti (per l'album Cianfrusaglie del 1975), Lucio Battisti (per il quale suona nell'album Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera), Bruno Lauzi, Francesco De Gregori (in Bufalo Bill) e Antonello Venditti (nell'album Ullalla, nel cui tour promozionale è Graziani ad aprire le serate); con Battisti collabora anche nel 1977 alla realizzazione dei provini dell'album Io tu noi tutti e Images. Inoltre, nel 1974, la Premiata Forneria Marconi, cercando un cantante di ruolo, pensa proprio a Graziani; tuttavia la sua voce particolare non verrà infine considerata adatta al loro tipo di musica. Nello stesso anno, Graziani si esibisce nella prima edizione del Premio Tenco.

    Dopo aver firmato un contratto con la Numero Uno (etichetta con cui aveva già lavorato ai tempi degli Anonima Sound), nel 1976 registra, allo studio Il Mulino di Milano, l'album Ballata per quattro stagioni[38], in cui tra l'altro viene ripresa Il campo della fiera, una canzone da La città che io vorrei. Contraddistinto da testi molto apprezzati dalla critica non riceve, però, un adeguato successo di pubblico.

    Segue nel 1977 I lupi che contiene il singolo Lugano addio con cui si fa conoscere al grande pubblico, sebbene il singolo mettesse questa canzone come facciata B della stessa title-track dell'album: in classifica per dieci settimane, arriva fino al diciannovesimo posto, mentre l'album resta in hit parade per trentotto settimane, raggiungendo la sedicesima posizione.

    Nel 1978 esce Pigro, album musicalmente più maturo, che contiene otto storie di vite spezzate dalla pigrizia mentale e dall'indolenza, tra cui graffianti brani come Pigro, Monna Lisa, Paolina, Gabriele D'Annunzio; l'album resta in classifica per trenta settimane, arrivando fino alla quindicesima posizione. Con l'uscita di Pigro, Graziani intraprende il primo, vero tour e nello stesso anno Paolina viene inserita nella raccolta Superpop '78 edito dalla RCA, affiancandosi ai brani dei cantanti di punta della casa discografica come Lucio Dalla, Rino Gaetano, Ivano Fossati e Anna Oxa.

    Nel 1979 è la volta di Agnese dolce Agnese contenente Agnese, la quale ottiene un buon successo insieme a Taglia la testa al gallo, Fuoco sulla collina, Dr. Jekyll & Mr. Hyde e Canzone per Susy: l'album raggiunge la decima posizione e resta in classifica per quindici settimane. Nello stesso anno collabora all'album Bandabertè componendo la musica del brano Colombo (affidandone il testo all'amico Attilio De Rosa) e alla raccolta a scopo benefico Cantautori s.r.l. (quinto disco più venduto dell'anno) in cui viene inserito il suo brano Lugano Addio.

    Nel 1980 un altro significativo riscontro di pubblico con l'album Viaggi e intemperie; il brano Firenze (canzone triste) da alcuni ritenuto il suo più famoso successo, pubblicato su 45 giri, raggiunge la quinta posizione, restando in hit parade per trentasette settimane. Spiccano anche Isabella sul treno, Dada, Radio Londra, Angelina e Tutto questo cosa c'entra con il Rock & Roll.

    Nello stesso anno Graziani è scelto con Ron e Goran Kuzminac per lavorare a Qconcert, un Qdisc edito dalla RCA per pubblicizzare questo nuovo formato da cui nascerà anche una tournée[43]. Per Q-Concert i tre compongono insieme il brano Canzone senza inganni.

    L'anno successivo Graziani pubblica un altro lavoro Seni e coseni, dove sono ben contrapposte le due personalità del cantautore abruzzese; canzoni delicate come Signorina, Cleo e Pasqua, lasciano il posto, sulla seconda facciata del disco, al rock tagliente di Tigre, Digos Boogie, Oh mamma mia. Il disco raggiunge la quattordicesima posizione in hit parade.

    Dopo il doppio disco live del 1982 Parla tu (in cui reincide in studio l'omonima canzone del repertorio Anonima Sound), nel 1983 viene pubblicato l'album Ivan Graziani, che non riscuote un buon successo (raggiunge solo la trentatreesima posizione in classifica): le canzoni Il chitarrista, Signora bionda dei ciliegi e Navi ottengono discreti ascolti in radio.

    Nel 1984 esce Nove con gli arrangiamenti curati da Celso Valli, considerato da Ivan Graziani uno dei suoi album più belli, che vende più del precedente arrivando sino alla quattordicesima posizione in classifica. I due brani che si evidenziano di più sono Limiti (Affari d'amore) e Minù Minù.

    Nel 1985 partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo con Franca ti amo. L'esperienza sanremese non è positiva - anche se garantisce una certa visibilità - e il brano si classifica al 17º posto su 22 canzoni in gara; Franca ti amo ottiene un timido riscontro di pubblico.

    Nel 1986 viene pubblicato Piknic, album poco considerato sia dalla critica che dal pubblico (solo cinque settimane di presenza in hit parade, con la quarantanovesima posizione massima raggiunta). La registrazione di un nuovo album di inediti era obbligatoria per vincoli contrattuali con la casa discografica e ciò può aver inciso sull'esito infelice dell'album; Enrico Deregibus lo definisce "forse il punto più basso della carriera di Graziani".

    Dopo Piknic Graziani abbandona la Numero Uno.

    Nel 1987, stanco della situazione alla RCA a causa delle ingerenze nella produzione delle canzoni e dei cambiamenti avvenuti dopo l'addio del direttore generale Ennio Melis, Graziani decide di firmare per la Carosello e creare uno studio domestico (battezzato "Officine Pan Idler") per lavorare in tranquillità. Nello stesso anno Graziani, oltre alla consueta tournée italiana, suona anche in Unione Sovietica, Canada e Cina.

    Nel 1989 esce il primo album di Graziani con la nuova casa discografica, Ivangarage, e l'antologia Segni d'amore, sempre per Carosello. Mentre per Ivangarage è concessa libertà artistica, in Segni d'amore Graziani riarrangia alcuni dei suoi successi per renderli più attuali. All'interno di questa raccolta è inserito il brano inedito La sposa bambina. Nello stesso anno esce il 45 giri Tutto il coraggio che hai/Guaglio' guaglio', che tratta il tema delle stragi del sabato sera, frutto di un'iniziativa del "Sindacato italiano dei locali da ballo" e destinato ad essere distribuito gratuitamente nelle discoteche. Sia per i testi di Ivangarage che per quello di Tutto il coraggio che hai, Graziani si avvale della collaborazione di Attilio De Rosa.

    Nel 1991 esce l'album Cicli e tricicli, album in cui prevale il genere della ballata, in contraddizione con l'atmosfera rock che contraddistingue gli ultimi lavori di Graziani.

    Nel 1994 Graziani partecipa per la seconda volta al Festival di San Remo. Il brano Maledette Malelingue raggiunge il settimo posto nella competizione e l'esperienza si rivela positiva, così come il seguente album Malelingue, il quale registra buoni livelli di vendita. Sarà tuttavia la sua ultima collaborazione con la Carosello.

    Nel 1995 esce per la CGD il secondo disco dal vivo di Graziani, Fragili fiori ... livan, che include anche cinque brani inediti. Tra questi vi è La nutella di tua sorella, in cui Graziani duetta con l'amico Renato Zero. Nonostante sia in progetto un nuovo disco, Fragili fiori sarà l'ultimo lavoro di Graziani a causa della morte del cantautore.

    Malato da quasi due anni di tumore al colon, Ivan Graziani muore il 1º gennaio 1997, all'età di 51 anni, nella sua casa di Novafeltria, dove aveva chiesto di tornare dall'ospedale per le festività natalizie. Con lui vengono seppelliti, nel cimitero locale, una delle sue chitarre (una Gibson che chiamava "mamma chitarra") e il suo gilet di pelle cui aveva applicato un gancio affinché potesse sorreggere la chitarra. In omaggio alla sua scomparsa vengono ristampati tutti gli album incisi per la Numero Uno, mentre Antologia raccoglie i brani incisi per Carosello e CGD.

    Nel 1999 esce il commemorativo Per sempre Ivan, contenente materiale di studio inedito più canzoni dell'artista interpretate da Renato Zero, Antonello Venditti, Biagio Antonacci, Umberto Tozzi e Alex Baroni.

    La raccolta Firenze-Lugano no stop pubblicata nel 2004 contiene oltre ai brani più conosciuti del cantautore, anche gli inediti Giuliana e Il lupo e il bracconiere. Un altro brano inedito, Non credere, registrato con gli Anonima Sound nell'aprile del 1969, esce lo stesso anno in CD singolo.

    Nel 2012 è stato pubblicato l'album tributo Tributo a Ivan Graziani (edito da Sony Music), a cui hanno partecipato numerosi artisti italiani, tra cui Filippo Graziani (figlio di Ivan), i Marlene Kuntz e Simone Cristicchi.

    Nel 2015, in occasione del settantesimo anniversario della nascita di Graziani, è stato ristampato in CD il suo primo disco dal vivo, Parla tu.



    fonte: wikipedia.org

    Video

    Agnese

    Se la mia chitarra piange
    dolcemente stasera non è sera
    di vedere gente e i giochi nella strada
    che ho chiusi dentro al petto,
    mi voglio ricordare.
    lo penso ad un barcone
    rovesciato al sole
    in un giorno in pieno agosto
    le biciclette in riva al mare.
    Agnese mi parlava
    nella sabbia infuocata
    ed io non so perché
    non l'ho dimenticata.
    Lei mi raccontava
    di quello che la gente
    diceva del suo corpo
    con malizia ed allegria
    ed io che sto provando
    le cose che provavo ieri
    non ho capito ancora
    se è gelosia o se sono prigioniero
    di questo cielo nero
    e di un ricordo che fa male
    e se continuo a bere
    i miei liquori inquinati
    è vero che quei giorni
    non li ho dimenticati.
    È uscito un po' di sole
    da questo cielo nero
    l'inverno cittadino sembra quasi
    uno straniero Agnese,
    dolce Agnese color di cioccolata
    adesso che ci penso non ti ho mai baciata.


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Tavecchio: "Conte lascia la Nazionale dopo gli Europei".

    "Sente il richiamo del campo, la quotidianità dell'allenamento e questo è comprensibile". "Antonio Conte mi ha comunicato che al termine del campionato Europeo la sua esperienza finirà. Sente il richiamo del campo, la quotidianità dell'allenamento e questo è comprensibile". Lo ha detto il presidente della Figc, Carlo Tavecchio, all'ingresso del consiglio federale che si terrà oggi a via Allegri.

    I media inglesi danno per certo l'arrivo del ct Azzurro sulla panchina del Chelsea e si aspetta un annuncio del club di Roman Abramovich.

    Dopo aver annunciato l'addio di Conte al termine dei prossimi campionati Europei, Carlo Tavecchio ha spiegato: "Abbiamo puntato sempre su Conte, mi ci sento quasi quotidianamente. Prenderemo le valutazioni con serenità, ora è il momento di prendere atto e avere a che fare con una persona che ha dato un recupero dell'immagine della Nazionale, l'impegno e il sacrificio. E io lo ringrazierò sempre per questo. I destini della vita cambiano". Antonio Conte "è un uomo del fare", ha quindi aggiunto Tavecchio, "è operativo. Gli manca la quotidianità, il profumo dell'erba, è la cosa più importante che mi ha detto. Non è questione di soldi, è questione di lavoro. Questo è quello che mi ha detto. La mattina si sveglia e gli manca il campo". Prematuro parlare di prossimo ct, ma Tavecchio specifica: "Passi indietro? I miei collaboratori sono bravissimi, mi dicono di non dire più niente. Quando dicevo che bisognava fare la cantera con un dominus, da portare avanti e creare la scuola come in passato, venivo criticato perché venivamo appiattiti in una scuola interna e ci voleva il grande leader. Ora che il grande leader lo abbiamo trovato, torna il problema della cantera. Credo che faremo tutti i passi seri, perché l'interesse superiore non è quello di Tavecchio, di Conte o di altri nomi che circolano. L'interesse principale è della Nazionale". Per questo, spiega Tavecchio, la partita con la Lega Serie A per gli stage "non è ancora finita. Tutti noi ci aspettavamo di più dalla Lega - ha concluso il presidente federale - stiamo lavorando per vedere di fare qualcosa che possa forse darci una mano per presentare la nostra squadra all'altezza di fare bella figura".
    (Ansa)




    "Fu la Camorra a far perdere il Giro a Pantani".
    Esclusiva di Davide Dezan per Premium Sport: ecco il testo dell'intercettazione incriminata. Un detenuto vicino alla Camorra e a Vallanzasca, una telefonata intercettata e l'indiscrezione esclusiva raccolta per Premium Sport dal nostro Davide Dezan. Sono i nuovi ingredienti del "caso Pantani" e di quanto, mano a mano, sta uscendo sul Giro perso dal Pirata nel '99, quando fu fermato per doping a Madonna di Campiglio. Riportiamo qui sotto il testo dell'intercettazione:

    L’uomo intercettato è lo stesso che, secondo Renato Vallanzasca, confidò in prigione al criminale milanese quale sarebbe stato l’esito del Giro d’Italia del ’99, ovvero che Pantani, che fino a quel momento era stato dominatore assoluto, non avrebbe finito la corsa.

    Dopo le dichiarazioni di Vallanzasca, e grazie al lavoro della Procura di Forlì e di quella di Napoli, l’uomo è stato identificato e interrogato e subito dopo ha telefonato a un parente. Telefonata che la Procura ha intercettato e che Premium Sport diffonde oggi per la prima volta, in esclusiva assoluta.

    Uomo: “Mi hanno interrogato sulla morte di Pantani.”
    Parente: “Noooo!!! Va buò, e che c’entri tu?.”
    U: “E che c’azzecca. Allora, Vallanzasca ha fatto delle dichiarazioni.”
    P: “Noooo.”
    U: “All’epoca dei fatti, nel ’99, loro (i Carabinieri, ndr) sono andati a prendere la lista di tutti i napoletani che erano...”
    P: “In galera.”
    U: “Insieme a Vallanzasca. E mi hanno trovato pure a me. Io gli davo a mangià. Nel senso che, non è che gli davo da mangiare: io gli preparavo da mangiare tutti i giorni perché è una persona che merita. È da tanti anni in galera, mangiavamo assieme, facevamo società insieme.”
    P: “E che c’entrava Vallanzasca con sto Pantani?.”
    U: “Vallanzasca poche sere fa ha fatto delle dichiarazioni.”
    P: “Una dichiarazione...”
    U: “Dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto: ‘Guarda che il Giro d’Italia non lo vince Pantani, non arriva alla fine. Perché sbanca tutte ‘e cose perché si sono giocati tutti quanti a isso. E quindi praticamente la Camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani. Cambiando le provette e facendolo risultare dopato. Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma.”
    P: “Ma è vera questa cosa?.”
    U: “Sì, sì, sì… sì, sì.”
    (sportmediaset.mediaset.it)




    Formula 1: assalto Ferrari al Mondiale, novità e qualifiche show.
    3 tipi gomme per gara, 21 Gp con Azeirbaigian, ecco Haas e Renault. Riuscirà la Ferrari a lottare ad armi pari con le super Mercedes o dovrà accontentarsi di poter salire solo sul podio come accaduto l'anno scorso per la maggior parte dei Gran Premi. Ad una settimana esatta dal via della stagione 2016 di Formula 1, con la prima gara all'Albert Park di Melbourne (domenica 20 marzo alle 6 del mattino in Italia), resta questa la domanda principale dopo quanto visto nel corso dei test invernali, dove la Stella d'Argento guidata dal Lewis Hamilton e Nico Rosberg ha dato in parte l'impressione di volersi nascondere dando prova di grande solidità con un numero 'monstre' di giri effettuati. La Rossa, invece, con Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen ha mostrato incoraggianti segnali di crescita con una Sf16-H quasi sempre in cima alla lista dei tempi sul circuito spagnolo di Montmelò. Una prova, questa, della bontà del progetto firmato dal direttore tecnico di Maranello James Allison e che può rassicurare sul fatto che mal che vada il Cavallino sarà almeno la seconda forza del campionato che sta per partire.

    Una stagione che si appresta a scattare col 'botto' per l'ultima novità tirata fuori dal cilindro, quella delle qualifiche ad eliminazione, che appare più il risultato di un braccio di ferro costante tra la Fia di Jean Todt e la Fom di Bernie Ecclestone che un reale passo in avanti per rendere il Circus più spettacolare agli occhi del mondo. ''Mi sembra questa delle qualifiche ad eliminazione - l'opinione dell'esperto di tecnica del Circus e firma della gazzetta dello Sport Paolo Filisetti - una roulette russa che non sconvolgerà più di tanto il panorama delle forze in campo a beneficio dello spettacolo tranne che nel caso di possibili inconveniente. Troveremo una situazione di pista sempre trafficata, sarà difficile fare un giro pulito e non so quanto questa scelta vada in direzione della sicurezza. E' una strategia che non mia piace molto, cambia veramente solo la fine delle qualifiche quando nella Q3 si sfideranno le ultime due macchine rimaste. Poi c'e' la questione dell'entrata della novità al momento sbagliato con gomme già decise da tempo. Forse la qualifica era una delle componenti da ritoccare di meno, hanno lasciato il venerdì tale e quale e che ormai è noiosissimo. Forse è stata scelta la soluzione meno peggio perche' era stata proposto l'inversione della griglia, frutto però di una guerra sotterraneo tra Ecclestone e Todt''.

    E Ferrari è davvero più vicina alla Mercedes? ''La Rossa - sostiene Filisetti - ha fatto una macchina che rompe con il passato, molto innovativa, hanno cercato di rischiare per fare una macchina prestazionale a partire dal cuore che è la power unit. Hanno guardato prima alla prestazione perche' l'affidabilità appare garantita. Vedendo i test della seconda settimana, molto positivi i long run della Ferrari con tempi in pista di tutto rispetto. La Mercedes ha impressionato per il gran numero di giri fatti, ha fatto l'equivalente di una 24Ore di Le Mans o come se avesse fatto 20 Gp. Nonostante non si conoscessero i carichi di benzina si è avuta l'impressione che non si stessero nascondendo troppo. La mia sensazione è quella di una Ferrari che si è avvicinata davvero molto e in alcune circostanze possa essere davanti e in Mercedes ne sono consapevoli''
    Tra le altre novità 2016, le tre mescole Pirelli a disposizione di ogni pilota rispetto alle due dell'anno scorso e la possibilità di scelta dei set da parte dei team (2 obbligatori e 11 'liberi', novità assoluta l'arrivo delle velocissime ultrasoft). Si correrà anche in Azerbaigian sul circuito semicittadino di Baku, gara che insieme al ritorno del Gran Premio di Germania, porterà i Gp totali al numero record di 21. Guardando ai team c'e' il ritorno della Renault che ha rilevato la Lotus e l'arrivo dell'americana Haas ma parecchio Made in Italy con il motore Ferrari ed il telaio Dallara. Tra i piloti incuriosisce l'arrivo di alcuni esordienti come il primo indonesiano nella storia del Circus, Rio Haryanto e il tedesco ma con passaporto anche delle Isole Mauritius Pascal Wehrlein. Entrambi debutteranno con la Manor, mentre l'ennesimo figlio d'arte risponde al nome di Jolyon Palmer (figlio dell'ex pilota di Formula 1 inglese Jonathan Palmer) alla guida della rientrante Renault.
    (Ansa)

    (Gina)



    FESTEGGIAMO SULL'ISOLA!!!




    A tutti i papà del mondo AUGURI!!!




    c2985

    IL PRINCIPE

    Arriva un Principe

    con un cavallo bianco:

    viene da lontano

    e sembra molto stanco.

    Al posto della spada

    c’è l’ombrello

    e c’è il cappotto

    al posto del mantello;

    però a guardarci bene

    il cavallo non ce l’ha,

    io gli corro incontro

    e gli dico:

    “Ciao papà!”

    fonte:http://www.filastrocche.it/


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    EDWARD HOPPER


    Bologna, dal 25 marzo al 3 luglio 2016


    L’arte di Edward Hopper arriva a Bologna, ed è di certo un grande evento. Palazzo Fava ospiterà da marzo oltre 160 opere dell’icona dell’arte americana del XX secolo, offrendo dunque una panoramica su tutta la sua produzione. Hopper (1882-1967) è un pittore fra i più affascinanti e influenti, creature di luci, spazi, vuoti, geometrie che, oltre a contare nel suo campo centinaia di epigoni, ha realizzato un modello che ha ispirato l’arte in molti altri campi. Immergersi in un dipinto di Hopper può dare sensazioni non dissimili a quelle provocate dalle descrizioni essenziali e taglienti degli scritti di Raymond Carver; nella fotografia in tanti - fra gli ultimi Wim Wenders con la sua recente mostra America - non possono non pensare a Hopper quando immortalano le luci artificiali e le assenze, la forma di elementi artificiali persi in orizzonti naturali.
    E, più di tutti, è il cinema che ha espresso e continua a esprimere le figure e le sensazioni dell’artista. In maniera indiretta, con citazioni e ricostruzioni, e anche in forma immediata. Fra i nomi più celebri non si può non citare Hitchcock, che nel 1960, con Psyco, ha plasmato l’inquietante casa di Norman Bates sulla tela del 1925 “Casa vicino alla ferrovia”; Terrence Malick, dal canto suo, richiama le stesse architetture e inquadrature nel capolavoro del 1978 I Giorni del Cielo. Recentemente il lavoro di Hopper è stato trasposto anche in forma diretta nel film, bello e singolare, dell’austriaco Gustav Deutsch: Shirley - visions of reality. La pellicola attraversa quarant’anni di storia americana, dai ’30 ai ’60, attraverso la ricostruzione di tredici celebri dipinti; al centro della scena una donna, Shirley, che incarna diverse figure femminili - centrali nelle opere di Hopper - e, nella sua immutabilità pittorica, intreccia le proprie esistenze col racconto della guerra, del maccartismo, del suo rapporto con il teatro e con il tempo, della sua vita sentimentale. Nella trasposizione accurata dei quadri si ritrovano i colori pieni, le linee nette di luci e ombre, la ricerca di dettagli e le espressioni distaccate, come in perenne attesa, immerse nella fredda luce del sole.
    (Giuseppe Marino, www.bolognacult.it/)





    FESTE e SAGRE





    A PROPOSITO DEL 17 MARZO...



    Leprechaun, il folletto irlandese


    Leprechaun è un folletto irlandese, chiamato anche Leith Bhrogan o con il termine irlandese Leipreachán e fa parte del piccolo popolo della mitologia irlandese. E' una figura molto diffusa in Irlanda. In italiano viene chiamato leprecauno, leprecano, lepricauno o lepricano.
    Ci sono diverse teorie sull'etimologia del nome, tra le più accreditate è quella in si dice che derivi dal gaelico moderno, dove la parola leipreachán significa "piccolo spirito", a sua volta derivato da luchorpán, cioè "spiritello acquatico". Quest'ultima parola può significare anche "mezzo corpo" o "piccolo corpo" in quanto il folletto è per metà fisico e per l'altra metà spirituali. La Oxford English Dictionary, lo fa derivare da leath bhrógan, cioè "ciabattino", perché sono spesso considerati i "calzolai fatati" d'Irlanda. Un'altra provenienza del termine potrebbe essere da luch-chromain, "piccolo storpio Lugh", dove Lugh è il nome del capo del mitico popolo gaelico dei Túatha Dé Danann.
    La parola "Leprechaun" compare per la prima volta nella lingua inglese nel 1604 nell'opera di Thomas Middleton e Thomas Dekker The Honest Whore, come lubrican. Nell'opera stava a indicare un tipo di spiritello anche se non era strettamente legato alla mitologia irlandese.
    I folletti godono di un passato tra mito e superstizione, credenze pagane ed arti magiche. I leprechaun sono considerati appartenenti al "popolo delle fate" e la tradizione vuole che abitassero l'Irlanda prima dell'arrivo dei Celti, per questo sono spesso associati a luoghi chiamati "anelli magici", ruderi di costruzioni di epoca pre-celtica.
    Popolarmente vengono rappresentati come elfi anziani, alto meno di un metro piccoli, in abito del XVIII secolo con una giacca a falde color verde smeraldo o rossa, che indossa un cappello a tricorno o un cilindro, un grembiule da lavoro in pelle, un panciotto di lana, pantaloni alla zuava, calze al ginocchio, scarpe di pelle con fibbie d'argento e redingote. Ha la barba, fuma la pipa. Innocui e schivi, vivono in solitudine in località sperdute ma, anche se sono sostanzialmente solitari, hanno un ottima capacità di conversazione. Il loro passatempo è costruire scarpe per il popolo delle fate e per sé stessi.
    Sono dediti alle burle e agli scherzi soprattutto con i ladri e le persone avare. Si dice che non possano scappare se li si guarda fissi, ma se ci si distrae svaniscono immedia-
    tamente. Comune-
    mente, il Leprechaun appare come un un minuscolo calzolaio che porta sempre con sé due borse di cuoio. Nella prima c’è uno scellino d’argento, una moneta magica che il Leprechaun fa riapparrire nella borsa ogni volta che viene spesa. Nell’altra custodisce una una moneta d’oro, che utilizza per tentare di corrompere gli umani; questa moneta solitamente, quando viene liberato, si tramuta istantaneamente in una foglia o in cenere. Lo si incontra appena prima dell’alba o poco dopo il crepuscolo. Di solito vive sottoterra o in profonde caverne mentre alcuni vivono allegramente nelle cantine di antiche e nobili famiglie, finché le cantine sono rifornite di Vino.
    Si pensa, siano estremamente ricchi e che siano soliti occultare tesori in località nascoste, numerosi tesori seppelliti durante i periodi di guerra.
    Si dice che se catturati, spesso acconsentono a rivelare l'ubicazione delle loro ricchezze ma solo a coloro che riescono a catturare e interrogare il leprechaun con domande specifiche. Ma in seguito trovano il modo di confondere chi ha ottenuto questa informazione e salvare il proprio oro in extremis. All'occasione, infatti, sanno essere subdoli e scaltri, con una mente acuta: molti racconti presentano storie di eroi umani superati in arguzia da queste creature.Molti racconti narrano della sua abilità di imitare le voci delle persone care di chi lo cattura, per distrarlo e mettersi in salvo.
    In Irlanda dicono che, quando in cielo appare un arcobaleno, a una delle sue basi sia sepolto uno dei loro tesori, perciò questi tesori sono introvabili.
    La loro simpatia, ispira gli addii al celibato e tante altre matte idee durante le varie celebrazioni che ogni anno si tengono in Irlanda.

    Il leprechaun è accomunato al Clurichaun e un'altra creatura chiamata far darrig dall'abitudine di essere un solitario. Alcuni scrittori scambiano tra loro queste creature, per raggiungere un pubblico maggiore. Il clurichaun è considerato spesso semplicemente un leprechaun alticcio. Nella mitologia folklorica europea, il Leprechaun può essere accostato al Brownie dei territori inglesi, al Tomte scandinavo, al Mazzamurello marchigiano o salentino.

    ... storie raccontate ...



    Una nota leggenda sui Leprechaun racconta di un uomo che sorprende un Leprechaun mentre lavora ad una calzatura e lo cattura. Finché non svelerà dove si trova l’oro, il Leprechaun non verrà liberato. Il prigioniero accompagna pertanto l’uomo ad un antico fortino circolare dove vivono le Fate, gli mostra una grande erba di San Giacomo e gli dice: «Scava qui sotto domattina e troverai una miniera d’oro.» «Aspetta» poi aggiunge «meglio lasciarci un segno. Prendi la mia giarrettiera e annodala attorno all’erba (di San Giacomo), così domani saprai dove scavare.» L’uomo segue le sue istruzioni e lo lascia andare, ma quando torna la mattina dopo, trova una giarrettiera rossa annodata ad ogni erba di San Giacomo del campo, praticamente migliaia di giarrettiere della stessa misura e dello stesso colore.

    Un contadino (o un ragazzo) cattura un leprechaun e lo obbliga a rivelargli la posizione del tesoro nascosto. Il leprechaun gli assicura che il tesoro è seppellito in un campo dietro una particolare pianta. Il contadino lega un nastro rosso alla pianta e strappa alla creatura la promessa che non toglierà il nastro, poi va a prendere un badile. Al suo ritorno, vede che ogni albero nel campo ha un nastro identico, rendendo impossibile il recupero del tesoro.

    Una ragazza trova un leprechaun e ottiene di sapere dove si trova il tesoro. Lo prende in mano e si fa guidare sul posto, ma all'improvviso sente un rumore alle sue spalle. Il leprechaun le urla di scappare, perché è inseguita da un nugolo di vespe, ma appena la ragazza si volta, lo spiritello sparisce nel nulla.


    ...in letteratura...


    I Leprechaun appaiono raramente nelle fiabe, e in quasi tutti i casi queste storie si incentrano su un eroe umano. Le storie sui leprechaun sono solitamente corte e collegate a particolari nomi e zone geografiche. Sono state tramandate per mezzo orale, e si caratterizzano per essere solitamente legate a situazioni informali, nonostante permanga una certa ritualità in questo tipo di racconti.
    Il leprechaun in origine aveva diverse caratteristiche a seconda della zona di provenienza delle opere. Prima del XX secolo era solitamente vestito di rosso, non di verde. Altra caratteristica tipica dei leprechaun è la borsa che portano a tracolla, che contiene un unico scellino che ricompare subito dopo essere stato speso.
    Samuel Lover nel 1831 lo descriveva come:

    « ... piuttosto elegante nel suo vestito, nonostante tutto,
    perché indossa un cappotto rosso dal taglio squadrato,
    riccamente decorato con oro, un panciotto, e incredibilmente,
    un cappello a tricorno, e scarpe con fibbie »



    Yeats, nella sua opera del 1888 dal titolo Fairy and Folk Tales of the Irish Peasantry lo descrive così:

    « È in qualche modo un elegantone,
    vestito di una giacca rossa con sette file di bottoni,
    sette bottoni per fila, e porta un cappello a tricorno,
    e nelle regioni del nord-est, secondo McAnally,
    si dice che sia solito girare come una trottola sulla punta del cappello
    quando ne trova uno della misura adatta »



    In un poema intitolato The Lepracaun o Fairy Shoemaker ,"Il leprechaun, calzolaio delle fate", il poeta irlandese del XIX secolo William Allingham li descrive come:

    « ...un elfo barbuto, rugoso e raggrinzito
    Occhiali infilati sul naso a punta,
    Fibbie d'argento alle braghe,
    Grembiale di cuoio - Una scarpa sulle ginocchia »


    (Gabry)





    SALVIAMO LE FORME!!!!




    PELLE DISIDRATATA: TUTTO QUELLO CHE DEVI SAPERE


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    Avere la pelle disidratata è un problema comune a tantissime persone. La pelle tende a tirare perchè si assottiglia. Per le donne il problema diventa ancora più fastidioso, perchè hanno difficoltà a truccarsi.

    Quali sono le caratteristiche di una pelle disidratata?

    Generalmente la pelle disidratata presenta determinate caratteristiche, ovvero:

    secca
    fragile
    spenta
    ruvida al tatto
    desquamata
    Forse non lo sai, ma tutte queste condizioni sono dovute alla mancanza di acqua dello strato corneo dell’epidermide. Quando l’acqua viene a mancare, le cause possono essere diverse:

    fattori ambientali
    fattori fisiologici
    alimentazione sbagliata
    creme o trucchi troppo aggressivi
    farmaci
    Ma la pelle tende a disidratarsi anche in seguito ad alcune malattie come quelle della tiroide, o in caso di psoriasi o dermatite seborroica. Con l’avanzare degli anni tuttavia, la situazione tende ad aggravarsi ancora di più. E allora cosa puoi fare al riguardo?

    Per prenderti cura della pelle disidratata del viso ed evitare al contempo stesso che i sintomi peggiorino con l’avanzare degli anni, è necessario che poni attenzione ad alcuni piccoli accorgimenti, che ora ti illustrerò:

    La prima cosa che devi fare è rimuovere ogni sera il make-up dal viso con un detergente estremamente delicato. Un buon detergente è Eucerin ph5, grazie alla sua ricca formulazione è particolarmente adatto alla pelle sensibile. La sua combinazione di tansioattivi ultra delicati aiuta a proteggere l’epidermide dalla secchezza. Non contiene coloranti e nè profumazioni. Modalità d’utilizzo: applicare una piccola quantità di prodotto sul viso e procedere con leggeri massaggi circolari. Risciacquare con acqua preferibilmente tiepida.

    Un’altra accortezza che devi tenere bene in mente è la seguente: applicare almeno 2 volte al giorno una crema idratante e super nutriente in modo tale da restituire all’epidermide una buona quantità di acqua e di olii. Toleriane Riche de La Roche Posay idrata e protegge la cute da agenti esterni. Grazie alla sua formula super concentrata attenua le sensazioni di stiramento, rossore, bruciore, tipiche della pelle disidratata. Non è un prodotto comedogeno, non unge, ma la sua texture è ultra leggera. Inoltre non contiene profumazioni e nè parabeni. Il formato disponibile è di 400 ml.

    In aggiunta, è necessario che segui un’alimentazione sana, perchè non devi dimenticare che il nutrimento più importante arriva dall’interno dell’organismo.Quindi uno dei rimedi migliori è seguire un’alimentazione che contenga alimenti ricchi di acqua, antiossidanti e vitamine, come ad esempio le zucchine, i cetrioli, i pomodori, e tutti i tipi di frutta e verdura.


    fonte:http://www.benessere-e-salute.it/


    (Lussy)





    salute-benessere


    Salute e Benessere


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    foto:re-pack.it


    Grotte del Sale e Haloterapia

    La Grotta di Sale è un ambiente completamente ricoperto di sale purissimo (pareti, pavimento, soffitto). Al suo interno viene riprodotto un microclima con temperatura e umidità costanti, dal forte potere antibatterico, in assenza pressoché totale di allergeni patogeni.

    Per Haloterapia si intende la respirazione in ambienti ricchi di sale, utile al trattamento di alcune tra le più comuni affezioni delle vie respiratorie e affini.

    E' UN TRATTAMENTO DEL TUTTO NATURALE, indicato per una lunga serie di patologie come la fibrosi cistica (per la produzione di muco molto denso), la bronchiolite, asma (riduzione dell’iper-reattività bronchiale), bronchiti croniche, laringiti, faringiti, rinosinusiti, dermatite atopica in età pediatrica. L’haloterapia favorisce il riequilibrio della flora cutanea superficiale.

    La grotta di sale è costituita da due elementi fondamentali:

    camera speleodinamica
    generatore di aerosol

    BENEFICI e PROPRIETA' CURATIVE


    Le particelle di sale inspirate e diffuse dal generatore sono costituite da cloruro di sodio, che inalato agisce migliorando la “clearance muco ciliare”, ovvero l’insieme di piccole ciglia di cui sono dotate le cellule che rivestono le vie respiratorie. Queste ultime veicolano verso il cavo orale, attraverso movimenti molto frequenti e regolari, lo strato di muco in cui risiedono virus e batteri. Il sale inalato ha un vero e proprio effetto battericida.

    Risulta dimostrato un miglioramento dell'apparato immunologico, nel trattamento delle alte e delle basse vie respiratorie per asma, sinusite, rinosinusite, infiammazione delle adenoidi, allergie e ulcere, mucose, bronchi, in caso di stress e affaticamento emotivo.

    I benefici delle grotte di sale erano noti già nel 1843. Il dottor Felix Boczkowski fu il primo ad effettuare alcuni studi per convalidare una teoria: la salute degli operai nelle miniere di sale risultava nettamente migliore rispetto a quella di loro colleghi operativi in altri tipologie di miniere.

    Possibili controindicazioni: è un trattamento non cosigliato a chi soffre di allergia allo iodio o per chi soffre di patologie alla tiroide. E' bene sottolineare che la grotta di sale e l'haloterapia non rappresentano un'alternativa alle terapie farmacologiche: sono rimedi naturali, comprovati ad uso non terapeutico, ma coadiuvanti al proprio benessere psicofisico.



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    foto:iwellness.it



    Grotta di sale marino di Sondrio




    Respirare i benefici del sale del Mar Nero, immergersi nei profumi del mare in un clima di relax e benessere restando nel cuore delle Alpi.

    Tutto questo lo trovate a Sondrio, nella Grotta di Sale - Centro di microclima marino A.s.d. e culturale dove, anche in montagna, potete assimilare le proprietà benefiche dello iodio comodamente seduti, ascoltando musica o leggendo un libro.
    Nella grotta di sale si entra con abbigliamento comodo, senza scarpe con calzini di cotone bianchi e puliti da indossare poco prima di entrare in grotta.

    Le sedute dei più piccoli sono animate da canzoni adatte e dalla possibilità di giocare sul pavimento di sale con paletta e secchiello, proprio come al mare.

    Lo spazio offre anche una sala giochi per bambini e organizza attività di aggregazione: letture animate per i più piccoli, tecniche di rilassamento e di respiro consapevole, incontri per donne in gravidanza e molte altre occasioni di socializzazione per adulti e bambini.

    La Grotta di sale e iodio Galos® è costruita con blocchi di sale marino del Mar Nero, che contiene un'altissima concentrazione di minerali molto importanti per il nostro benessere: iodio, potassio, calcio, magnesio, selenio, tutti elementi indispensabili per una corretta funzione del nostro organismo.
    Paragonando la concentrazione dello iodio gli esperti hanno misurato che 45 minuti di seduta corrispondono ad un soggiorno al mare di tre giorni.
    Una seduta nella grotta di sale e iodio Galos® permette di assimilare questi elementi sia attraverso l'apparato respiratorio, sia attraverso la pelle in modo naturale grazie al brevetto Galos®.
    Il metodo su cui si basa la costruzione delle grotte di sale permette la formazione di quello che viene definito "effetto THERMOS": un efficace sistema di ventilazione e climatizzazione che provoca il distacco delle microparticelle di sale e dei microelementi dalle pareti porose che di seguito vengono inalate dalle persone.
    Le sedute sono consigliate a tutti, fin dai primi mesi di vita, e risultano particolarmente indicate nella cura di allergie, infezioni alle vie respiratorie, dermatiti, nel combattere stress, nervosismi, affaticamento e in generale nel ritrovare il proprio stato di benessere.
    E' necessario il consulto medico nei casi di ipertiroidismo e malattie tumorali.

    Controindicazioni: allergia allo iodio.

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    foto.senigallianotizie.it


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    A PROPOSITO DEL 19 MARZO,
    FESTA DEL PAPA'


    "Napoli inventò le zeppole,
    tutta Italia se ne leccò le dita"
    (Epigrafe che Emmanuele Rocco avrebbe voluto su un monumento cittadino)


    LE ZEPPOLE DI SAN GIUSEPPE



    La zeppola è una ciambella o frittella dolce tipica di alcune regioni dell'Italia meridionale, è presente nel lessico della parlata napoletana dove indica oltre che una tipica ciambella o frittella dolce (zeppola di san Giuseppe), anche una frittella rustica " ‘a zeppulella", una sorta di balbuzie che impedisce di esprimersi correttamente e chiaramente (tené'a zeppula'mmocca= avere la zeppola in bocca, come chi parlasse masticando un pezzo di quella frittella(zeppola) dolce o rustica.

    La zeppola di San Giuseppe è fatta con la pasta choux , quella dei bignè, che però vengono cotti al forno ma, quella vera rimane quella fritta. Nel '600, il 19 marzo i friggitori, in omaggio a S.Giuseppe, loro santo patrono oltre che dei falegnami, allestivano dei banchetti davanti alle loro botteghe, per friggere e servire le zeppole direttamente in strada. Col tempo allo zucchero e alla cannella fu sostituita con la crema pasticcera e l’amarena come guarnizione.

    ...storia...



    Nell’antica Roma, il 17 marzo si celebravano le "Liberalia", feste in onore delle divinità del vino e del grano. Per omaggiare Bacco e Sileno, precettore e compagno di gozzoviglie del dio, il vino scorreva a fiumi e per ingraziarsi le divinità del grano si friggevano frittelle di frumento.
    A San Giuseppe, che si festeggia solo due giorni dopo, le protagoniste sono le discendenti di quelle storiche frittelle: le zeppole di S.Giuseppe. Nella versione attuale, nasce,secondo alcuni, nel convento di S.Gregorio Armeno, secondo altri in quello di Santa Patrizia. Ma c’è anche chi ne attribuisce “l’invenzione” alle monache della Croce di Lucca, o a quelle dello Splendore. Le vere zeppole erano di farina buttata nell’acqua bollente arricchita da un po’ di vino bianco, e poi fritte, passate nel miele e infine cosparse di confettini. Fu il pasticcere Pintauro a farcirle di crema. Lui, come tutti gli zeppolari, allestiva dei banchetti davanti alla bottega di Via Toledo, friggeva e serviva direttamente in strada. La ricetta originale la indica come una pasta bignè fritta dal gusto neutro che fa da “scatola” ad una crema dolcissima, su cui si poggia una nota aspra di una ciliegia sotto spirito o amarena, di quelle che un tempo venivano “cotte al sole”. Nacquero a forma di serpe avvitata su sè stessa, una serpula, da cui pare presero il nome. Si racconta che sarebbero state inventate da un cuoco dei Borbone cui sarebbe stato chiesto di preparare un dolce per la Quaresima privo di uova e di grassi animali, allora proibiti. Altri, invece, dicono che la maternità sia da attribuire alle monache dei decumani. Mangiarle era tra i “privilegi” del Vicerè di Napoli Juan II de Ribagorza nel 1400.
    La prima ricetta di zeppola di San Giuseppe che sia stata scritta, fu in lingua napoletana e risale al 1837, grazie al celebre gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino.
    Il 19 marzo si è sempre festeggiato inoltre la fine dell’inverno (la primavera è ormai nell’aria): durante i cosiddetti “riti di purificazione agraria” vengono accesi in molti paesi del meridione dei grandi falò, e preparate grosse quantità di frittelle.
    Un tempo a S.Giuseppe, patrono dei falegnami, si festeggiava la loro festa e venivano messi in vendita tutti i tipi di giocattoli di legno. Tutti i bambini ne riceveva in dono dai genitori qualcuno.


    ... una leggenda ...




    La bottega era in fondo alla via, tutti quanti sapevano dove.
    Fa Giuseppe: “Adorata Maria, molto presto sarà il diciannove;
    vola il tempo, a gran passi s’appresta. Invitiamo qui a casa gli amici.
    E’ il mio nome, lo sai; la mia festa. Che ti pare, Marì? Che ne dici?”
    Alza gli occhi Maria dal ricamo, risplendenti di grazia divina.
    “Peppe mio, tu lo sai quanto t’amo, però sono un disastro, in cucina.
    Ti ricordi dell’ultima volta? Mi ci sono davvero impegnata,
    ma mi venne uno schifo, la torta, e alla fine l’abbiamo buttata.
    Ma stavolta andrà meglio, lo sento, lo vedrai: non ti dico di più.
    Voglio farti davvero contento, con il nostro figliolo Gesù!”
    E così ci provò. Poveretta, ben tre giorni passò a cucinare,
    ma non era una cuoca provetta.
    Questa volta riuscì! Nella stanza in cui stava la Sacra Famiglia
    si diffuse una dolce fragranza.
    Che languore! Che gran meraviglia!
    Su un vassoio fan mostra di sé zeppoloni di pasta bignè
    ben guarniti di crema e amarena.
    San Giuseppe però storce il naso. “Moglie mia, chi può averti aiutato?
    Non mi dire che è frutto del caso; tu lo sai, la menzogna è peccato.
    E non fare quel viso contrito! Dai, sorridi, mia cara Maria:
    l’aiutante, l’ho bell’e capito, si nasconde costì, in casa mia.
    Vieni qua, figlio mio, fatti avanti. I miracoli son limitati,
    vanno usati per cose importanti; se li impieghi così, son sprecati!”
    Ma Gesù, ch’era ancora un bambino lo guardò con grandissimo amore,
    e gli disse: “Mio caro papino, stai facendo – perdona – un errore:
    questa zeppola dolce, squisita da gustare in un giorno di festa
    rende un poco migliore la vita: la magia quotidiana è anche questa.
    E’ un miracolo lieve, leggero;
    una semplice, morbida cosa, che anche al giorno più cupo e nero
    dà una piccola mano di rosa”.
    Il papà sentì in gola un magone.
    “Caro figlio, non critico più. Su ‘sti zeppole hai proprio ragione:
    io so’ Santo, ma tu sì Gesù!”


    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    E Dio disse:
    "La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie". E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie.
    Dio vide che era cosa buona.
    (Genesi, Antico Testamento, VI-V sec a.e.c.)


    IL JACA



    L’Artocarpus heterophyllus è una pianta tropicale della famiglia delle Moraceae. Il suo frutto è il più grande al mondo a crescere su un'albero In italiano viene chiamato giaca, dal portoghese jaca, o catala, dall'hindi katahal, ma è comunemente chiamato jackfruit.
    L'albero è originario delle pendici meridionali dell'Himalaya orientale, ed è coltivato da migliaia di anni. E' diffuso anche alle basse latitudini in tutto il sudest asiatico, sulla costa settentrionale dell'Australia, sulla costa atlantica del Brasile e in altre regioni tropicali. In Brasile, il Jaca è diventata una pianta invasiva, soprattutto nella foresta secondaria del Tijuca, dove piccoli mammiferi come il coati, molto golosi, contribuiscono a diffondere a dismisura i suoi semi nel terreno, alimentando l’espansione della specie vegetale.
    Ha un fusto robusto con un diametro fino a 60 centimetri e foglie perenni. E’ una pianta cauliflora e monoica, e presenta fiori maschili e femminili separati in diverse infiorescenze sulla stessa pianta.
    Il frutto è un sincarpo di forma ovale che si origina dallo sviluppo dell'infiore-
    scenza femminile diretta-
    mente dal tronco e può superare i 40 cm di diametro e i 30 kg di peso. I singoli frutti derivano dall'ovario dei fiori e circondano ognuno un seme che è comme-
    stibile. Il colore della buccia matura è giallo scuro, la polpa è generalmente giallo carico o arancio. All’olfatto non risulta appetitoso, perché l’odore che emana quando è maturo è prepotente e ricorda un po’ quello aspro e pungente della cipolla.
    Il lavoro d’estrazione è abbastanza complicato; dopo un primo taglio netto che squarta la sfera ovoidale a metà, la scavatura deve essere eseguita da mani esperte. Il cuore carnoso del frutto, quando è maturo, si lavora con un coltello flessibile con cui si ricavano decine e decine di petali, simili a grosse fave, dal colore giallo tenue e lucente. Quando il frutto è ancora acerbo o giovane, la sua polpa viene utilizzata cotta: bollita, stufata, arrostita, lessata nel latte di cocco, speziata con aromi agrodolci e piccanti, accompagnata spesso da gamberi o carne di zebù.

    I frutti vengono consumati freschi o inscatolati per l'esportazione, disidratrati o fritti sotto forma di chips. In alcuni paesi il succo viene fermentato per ottenere una bevanda alcoolica. I frutti poco maturi si possono ridurre a farina per varie specialità esotiche. I grossi semi vengono utilizzati per essere cucinati in modo simile alle castagne.
    Il sapore è un misto di mela e ananas, con retrogusto di vaniglia; quando è fatto cuocere assume un gusto simile a quello della porchetta.

    Il Jaca e’ un frutto ricco di fibre e anche di calcio, fosforo e ferro e vitamina del complesso B, specialmente vitamina B2 (Riboflavina) e vitamina B5 (Niacina).
    Da esso si estrae il colorante giallo utilizzato per tingere le tonache sacre dei monaci buddhisti. Il legno dell’albero viene impiegato nella costruzione di strumenti musicali.

    …storia, miti e leggende…



    L’origine del Jaca è asiatica. Proveniente dalla Thailandia, l’albero è stato trapiantato in Brasile dai viaggiatori portoghesi del XVI secolo, alcune ricerche farebbero risalire la sua primissima coltivazione a seimila anni fa, in India. Il suo nome deriva dal portoghese “jaca”, inglesizzato nel 1563 dal naturalista Garcia de Orta nel suo libro “Colòquios dos simples e drogas da India”. Ai primi dell’800 William Jack, un ambizioso botanico scozzese, restò talmente affascinato da questa bizzarra pianta trovata in Malesia che millantò la paternità del nome con “Jack “.
    E’ uno dei tre frutti beneauguranti del Tamil Nadu, insieme alla banana e al mango ed è il frutto nazionale del Bangladesh. La sua lunga storia gli ha permesso di approdare molto lontano dalle terre d’origine.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    MARZO

    Marzo

    Ecco Marzo, il terzo mese,
    che, scrollando i folli ricci,
    un pò matto e un pò cortese
    fa le smorfie ed i capricci.
    Tutto nervi e argento vivo,
    muta umore ogni momento
    ed annunzia il proprio arrivo
    con la grandine e col vento.
    Fischia e morde, piange e ride,
    ed ingemma il colle e il prato
    mentre,ancora, il vento stride..
    Ma l'inverno è terminato,
    Quanta luce nel creato,
    dopo i tuoni e la bufera!
    marzo è il paggio scapigliato
    della dolce primavera.


    (P. Ruocco)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)





    'Phantoms of the Morning'
    scatto di Mateusz Piesiak


    "Il sole sorgeva lentamente,
    come se non fosse sicuro che ne valesse la pena.
    Un altro giorno iniziava, ma molto gradatamente, ed ecco perché.
    Quando la luce incontra un forte campo magico,
    perde ogni nozione di fretta e il suo ritmo rallenta."
    (Terry Pratchett)

     
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    Buon Mercoledì, un abbraccio a tutti.

     
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    Buon Giovedì, un abbraccio a tutti.

     
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  4. barbarart
     
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    Sarò a Milano per il week end
    e allora vi lascio in anticipo
    i miei auguri più cari per una
    Domenica delle Palme
    all'insegna della serenità e della Pace!




    Che questa Pace possa arrivare lontano,
    lì dove le guerre, le persecuzioni,
    l'ignoranza, la povertà rendono gli uomini cattivi...
    ...che essi ritrovino la VIA!

    E che l'amore per il proprio fratello
    abbia il sopravvento
    e diradi l'Ombra nella mente e nel cuore,
    che non fa vedere loro la LUCE!




    Barbara

     
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    Buon Venerdì, un abbraccio a tutti.



    Buon viaggio a Barbara, salutami la mia "Madunina"
     
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    Buon Sabato, un abbraccio a tutti.
    Auguri a tutti i papà e a tutti i babbo.


     
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    Buona Domenica, un abbraccio a tutti.

     
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    Buon inizio settimana, un abbraccio a tutti.

     
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    Bok sorellone mio e a tutti isolani,pusaaa
     
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    Buon Martedì, un abbraccio a tutti.

     
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