IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 7° ... SETTIMANA 009 ...

LUNEDI' 29 FEBBRAIO - DOMENICA 06 MARZO 2016

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    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 009 (29 Febbraio - 06 Marzo 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Mercoledì, 2 Marzo 2016
    S. BASILEO MARTIRE

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    Settimana n. 09
    Giorni dall'inizio dell'anno: 62/304
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    A Roma il sole sorge alle 06:42 e tramonta alle 18:02 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 06:58 e tramonta alle 18:11 (ora solare)
    Luna: 1.21 (lev.) 11.29 (tram.)
    Luna: ultimo quarto alle ore 00.13.
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    La polvere di marzo vale oro e argento.
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    Aforisma del giorno:
    Il numero degli uomini che accettano la civiltà da ipocriti
    è infinitamente superiore a quello degli uomini veramente civili.
    (Sigmund Freud)









    RIFLESSIONI



    ... IL VESTITINO BIANCO …
    ... Nuoto da ore; l’acqua dopo un po’ è fredda le bracciate sembrano sempre più pesanti, la pelle diventa dura come il marmo come i muscoli che, stanchi, perdono forza e resistenza. Lo sguardo è sempre volto all’orizzonte a scrutare nel mare a cercare movimenti che facciano riaprire il cuore e far passare ogni stanchezza e freddo impellente. Ricordo tanti volti, tanti sguardi persi nella paura, ricordo le urla di paura di chi non sa nuotare ed i gesti disperati di chi si getta in acqua pur non sapendo tenersi a galla pur di salvare un caro caduto in mare per uno spintone di troppo. “Sono accalcati respirano a fatica”; mi sono svegliato con quelle parole sulle labbra. Mentre faccio ordine nelle idee e nei pensieri, un’altra immagine, un vestitino bianco, occhi scuri che illuminano il cielo buio su quella barca che arranca tra le onde del mare inquieto in quella notte. Nervosamente passeggio sulla battigia, sono le prime ore dell’alba e quelle parole, quella immagine mi ha scosso fortemente. Mi ripeto che dovrei essere abituato a queste tensioni, da mesi oramai innumerevoli vivo in questo limbo tra chiamate di intervento, tuffi in mare e abbracci di coloro che riportiamo a bordo di imbarcazioni più solide. Ancora una immagine, il vestitino bianco svolazza per le raffiche del vento, capelli neri come la pece legati con un elastico colorato mostrano il volto rotondo ed il sorriso bello di una bambina. Mi chiedo chi sia quella visione, a quale bambina si riferisce il mio sogno, mi agito perché quegli occhi chiedono aiuto ed io non so chi sia e dove si trovi quell’angelo ed il suo vestitino bianco. “Si respira a fatica, siamo accalcati in questa barca…dove è mia figlia?”. Ancora un sussulto, “sto impazzendo”, penso a voce alta. Ora sento le voci, e quella bambina che chiede aiuto. “Forse sarà la stanchezza, i centinaia di interventi fin qui fatti forse mi hanno stravolto nel profondo del cuore”. Mentre penso questo, il suono, quello che ci ha accompagnato da mesi ogni notte, ogni giorno, sempre; la sirena squarcia il silenzio di quell’alba insonne. Attrezziamo le barche, si parte di nuovo c’è un’allerta, l’ennesimo carico di vite sballottato dal mare. Salgo sulla barca, voliamo letteralmente sull’acqua; ogni istante è vitale, bisogna andare velocemente. Ancora quell’immagine, quella voce nella mia mente. “Dove è mia figlia?La gente sta cadendo in mare, non vedo dove è mia figlia. Sarah amore mio dove sei?”. Luna luminosa dipinge sulla superficie piatta del mare un cerchio perfetto un alone unico ed enigmatico nella sua bellezza. In piedi sulla prua della nave scruto l’orizzonte, sono stranamente in ansia, quelle voci, quelle immagini sono forti dentro di me, Sarah la bambina dal vestitino bianco mi ha stregato e voglio abbracciarla portarla in terra. La luna e i fari delle barche illuminano il mare alla ricerca di segni di vita di braccia che si agitano in cerca di aiuto. I sensi di tutti noi sono ai massimi livelli, il mio cuore batte forte, più forte di sempre. Lontano una sagoma e sempre più forti e chiare le voci che vengono dal buio, “help us!” ripetuto come una litania, urla pianti e suoni di braccia che schiaffeggiano l’acqua. Ci gettiamo in acqua, una due dieci infinite volte; ogni volta il risultato è ottenuto, tante persone sono riportate a bordo della nostra barca. La stanchezza diventa esultanza e l’esultanza diventa lacrime di gioia. Tra una pausa breve e l’altra scorgo tra le persone trainate in salvo, uno sguardo perso nel vuoto. Una donna incrocia il mio sguardo e … una luce nei suoi occhi un bagliore nel vuoto del suo sguardo. Non ho dubbi, lei è la mamma di Sarah. Mi avvicino a lei e le sue braccia mi stringono forte, come un soffio la sua parola “Sarah”. La stringo forte per un attimo, nell’abbraccio scruto disperatamente il mare tutto intorno. Una macchia bianca tra le onde, sparisce all’improvviso. Pensiero che si fa azione disperazione che diventa voglia di reagire; un tuffo che dura il lampo del pensiero, bracciate forti, respiro trattenuto. Mi immergo vado giù sempre più giù la mia mano è protesa verso il basso. Risalgo per prendere fiato e di nuovo giù ancora più giù sempre di più, la mia mano cerca nel vuoto, tra gli abissi. Sfioro per un attimo qualcosa, un ditino, una manina un braccio. Un abbraccio forte quanto la vita; risalgo velocemente in superfice e il silenzio si frantuma col mio urlo “Sarah è qui”, lo ripeto mille volte sempre più forte. La piccolo mi guarda e prima di darmi un bacio sulla guancia mi dice “Ciao, sono io, Sarah, la bambina dal vestitino bianco che ti parlava nei tuoi sogni”. Sono un uomo normale, non sono un eroe, sono una persona che ha il cuore così tanto aperto e leggero che riesce ad ascoltare il grido di aiuto anche di chi non ha voce. .… Buon Febbraio amici miei … (Claudio)






    I bagnini volontari che salvano i profughi in mare sono la miglior lezione di teologia
    La Befana tutte le feste le porta via, lo so, però questa volta facciamo un'eccezione. So di essere fuori tempo massimo per le raccolte fondi natalizie ma io voglio far volare la bontà del Natale fino a marzo e oltre, perché tramite un crowdfunding - raccolta di fondi on line - bisogna depositare una calza piena di denaro a Proactiva Open Arms che, coi soldi, arriva appunto solo fino a quel mese.

    Si tratta di 115 mila persone salvate in tre mesi di attività. Per un neonato - Proactiva Open Arms ha solo tre mesi - non è male, ammettiamolo. I socorristas - cioè quelli che aiutano - vengono dalla Spagna e arrivano in Grecia con i loro doni. Sono bagnini al di fuori della retorica del bagnino "stile Baywatch". Sono bagnini nel senso di essere uomini e donne competenti nel loro lavoro di salvare gente che rischia di affogare in mare. Hanno risposto all'appello del loro capo Oscar Camps, hanno interrotto le ferie e sono approdati a Lesbo.

    Dice Camps che l'idea gli è venuta semplicemente guardando il mare dalla spiaggia: "C'è molto da fare", ha pensato. Due settimane in compagnia di un collega sulle coste frastagliate dell'isola greca meta dei barconi dei profughi, bastano per capire. L'appello circola fra i reduci della stagione estiva fra le Canarie, Ibiza e la Costa Brava, e in pochi giorni i primi quattro bagnini volontari raggiungono l'isola. Prima sono arrivati con tavolette e mute, poi moto d'acqua, ora ci sono gommoni, motoscafi e qualche attrezzatura. Ai primi volontari si sono unite persone comuni da tutto il mondo che hanno portato quello che hanno: a volte poco. Però, per chi ha nulla poco è tutto. Si affiancano ai barconi e spiegano a gesti come fare per non rovesciarsi. E, se cadono in mare, si tuffano per salvarli.

    Forse la teologia non è mai stata spiegata meglio. Come si fa il bene? Guardando quello che c'è da fare, pensando a cosa si sa fare, chiamando gli amici, e iniziando a fare. Quando si fa il bene non ci si ferma pensando che a un certo punto i soldi saranno finiti. Si salva chi è vicino e poi si cerca di arrivare a chi è lontano. Sta a tutti vedere dove si arriva, non a chi inizia. Chi inizia a fare è uno che ha visto che "c'era molto da fare" e ha iniziato a fare. Sta a noi, poi, prenderci sulle spalle chi ha iniziato e spingerlo ad arrivare più su. È troppo facile non aiutare, crogiolandosi nell'idea che tanto non cambierà nulla. Non posso pensare di sconfiggere la fame nel mondo se non sfamo chi ho accanto adesso.

    "Con quello che abbiamo" dice Lanuza "riusciremo a essere presenti fino a marzo, poi si vedrà". Questi volontari di tutto il mondo riempiono il vuoto lasciato dalle autorità ma riusciranno a essere presenti fino a marzo. E dopo? Da marzo? A marzo ci siamo noi con quello che sappiamo e che possiamo.
    (huffingtonpost.it/mauro-leonardi)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    Il temporale

    Nuvole spesse, leggere,
    a poco a poco hanno invaso,
    simili a draghi rampanti,
    il cerchio dell'orizzonte.
    Grigio su grigio:a fondale
    d'un palcoscenico immenso.
    Grigio su grigio anche in terra:
    le nebbie velano i monti
    che fumano come incensieri;
    sembra cinerea la valle
    divisa in quadri sbiaditi.
    Il palcoscenico è pronto:
    è pronto il vasto fondale:
    goccio le rade e sonore
    annunziano, come in sordina,
    l'orchestra del temporale.
    (Edvige Pesce Gorini)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Il topolino bianco

    In una foresta abitava una famiglia di topolini. C’era la mamma Tipa, il padre Tipo, e sette fratellini. Era una famiglia di topini grigi, ma il più piccolo dei fratellini, che si chiamava Tipino, aveva il pelo bianco. Questo era una cosa veramente brutta per la famiglia dei topini. Quando andavano alla ricerca di semi nel prato, il colore bianco di Tipino si vedeva da molto lontano e la grande Aquila, scopriva subito i topini. La famiglia era riuscita a fuggire, ma Tipino non poteva più cercare il cibo insieme ai suoi fratellini e rimaneva chiuso nella tana. I fratellini lo prendevano in giro per questo e la mamma Tipa doveva consolare il povero Tipino che piangeva.
    Un giorno Tipino prese coraggio è uscì dalla tana di notte al buio, quando la grande Aquila dorme. Aprì la porta e piano piano uscì fuori senza far rumore. Nessuno si accorse di niente. Tipino corse nel prato felice. Finalmente non correva pericolo. C’era la luna piena e riusciva anche a trovare del cibo. Ma il povero Tipino non sapeva che la notte è il regno della terribile Civetta, che con i suoi grandi occhioni riusciva a scoprire anche i più piccoli topolini anche di notte. Figurarsi Tipino con il suo pelo bianco! La Civetta scese in picchiata verso Tipino che mangiava i semini. Il piccolo topino aveva imparato ad essere attento e sentì il rumore delle ali della Civetta in tempo e corse nella sua tana, chiudendo la porta. La famiglia si svegliò e chiese a Topino cosa fosse successo. Topino piangeva e raccontò della Civetta. La mamma lo rimproverò perché era uscito senza avvisarla, ma poi cercò di consolarlo per il grande spavento.
    I mesi passavano e per Tipino diventava sempre più noioso rimanere chiuso nella tana, con gli scherzi degli altri fratellini. Ma arrivò l’inverno e un bel giorno nevicò fitto fitto. Tutto il paesaggio era cambiato. Non c’era più il verde del prato, il rosso e il giallo dei fiori, il marrone della terra: c’era solo bianco. Ovunque! La famiglia uscì come al suo solito per cercare i semini, ma questa volta il grigio del loro pelo si vedeva benissimo sulla neve bianca. La grande Aquila attaccò la famiglia dei topini che incominciò a correre verso la tana gridando a più non posso. Tipino si affacciò alla finestra e vide la famiglia in pericolo. Senza pensarci due volte uscì dalla tana e corse incontro alla famiglia in fuga. Con sua grande sorpresa si accorse che il suo pelo era dello stesso colore della neve. Era finalmente diventato invisibile agli occhi della grande Aquila. Sua sorella Tipa era rimasta indietro e stava per essere raggiunta dalla Grande Aquila. Tipino corse a più non posso e nascose sua sorella sotto di sé. L’Aquila vide sparire il topolino senza capire cosa fosse successo e salì in alto per vedere meglio. A quel punto Tipino e Tipa corsero più in fretta che potevano fino alla tana dove li aspettava il resto della famiglia. La paura fa diventare anche i piedini più piccoli molto veloci!
    Tutti festeggiarono Tipino e i suoi fratelli smisero di prenderlo in giro e anzi lo elogiavano per il suo grande coraggio. Per quell’inverno e per tutti quelli a venire Tipino con il suo pelo bianco usciva a procurare il cibo e la famiglia rimaneva nella tana. L’estate Tipino rimaneva in casa e i fratellini cercavano i semini e così nessuno correva pericoli e vissero felici per tanti anni nella foresta.

    (Vito Foschi)



    ATTUALITA’


    Influenza:colpiti 2,6 mln italiani ma virus meno aggressivo.

    Cricelli (Simg), resistono malattie respiratorie. L'influenza 2016 finora ha fatto registrare 2 milioni e 613mila casi, ma il virus sta rallentando la sua corsa. Il numero degli italiani colpiti nell'ultima settimana di rilevazione è infatti in diminuzione: 342.000 rispetto ai 366.600 del precedente monitoraggio, con un'incidenza pari a 5,7 casi per mille abitanti (nella settimana precedente era di 6,04 per mille). Lo sottolinea la Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), rilevando che quest'anno il virus si è dimostrato ''meno aggressivo''. Anche altri indicatori correlati alla patologia sono in calo: le visite domiciliari stanno infatti diminuendo, così come ricoveri ospedalieri dovuti a patologie influenzali e i giorni di malattia prescritti. È invece in leggero aumento il numero delle persone con malattie respiratorie acute: sono 199.800, pari a 3,3 casi ogni mille abitanti.
    Questa stagione influenzale si caratterizza per ''la bassa intensità, inferiore a quella degli anni scorsi. E il picco è stato superato - afferma Claudio Cricelli, presidente SIMG -. Ogni anno l'influenza rappresenta una sfida per l'organizzazione del sistema sanitario, che ha retto molto bene. La campagna per la vaccinazione e il lavoro dei medici, oltre a una maggiore presa di coscienza da parte dei cittadini, stanno rendendo questa epidemia stagionale priva di particolari criticità". Nell'ultima rilevazione le Regioni a maggior incidenza sono state Marche, Trentino e Piemonte (rispettivamente con 15.76, 11.78 e 9.95 casi per 1000 abitanti), quelle che hanno fatto registrare il minor numero di diagnosi sono state invece Sicilia, Molise e Sardegna. "È fondamentale - spiega il dott. Aurelio Sessa, presidente regionale SIMG Lombardia e medico sentinella - non assumere antibiotici, innanzitutto perché sono inattivi sui virus, non solo influenzali ma anche respiratori. Inoltre un uso indiscriminato rende questi farmaci inefficaci, aumentando il rischio di resistenze nei loro confronti da parte dei batteri. È compito del medico giudicare se l'influenza può essersi complicata a tal punto da intraprendere una terapia antibiotica''.
    (Ansa)





    Un 'duomo' sottomarino emette gas nel Golfo di Napoli.

    E' un rigonfiamento del fondale, alto 15 metri. Sul fondo marino del Golfo di Napoli è stato scoperto un rigonfiamento, ossia un 'duomo', che emette gas. E' alto circa 15 metri e copre un'area di 25 chilometri quadrati. Pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la scoperta si deve alla campagna oceanografica coordinata da Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e università di Firenze.

    ''La struttura si trova a metà strada tra i vulcani attivi dei Campi Flegrei e del Vesuvio, a profondità variabili tra 100 e i 170 metri'', spiega il primo autore della ricerca, Salvatore Passaro, dell'Istituto per l'Ambiente Marino Costiero del Cnr. Durante i rilievi sono state scoperte 35 emissioni di gas attive e oltre 650 piccoli crateri legati a emissioni di gas avvenute negli ultimi 12.000 anni.

    Secondo il coordinatore delle ricerche sulla vulcanologia, Guido Ventura dell'Ingv, i dati ''indicano che siamo in presenza di un'attività correlabile a un fenomeno vulcanico secondario non associato, per ora, a una risalita diretta di magma''.

    Il 'duomo' si trova alla distanza di circa 5 chilometri dal porto di Napoli e 2,5 chilometri da Posillipo. Secondo i ricercatori a provocare il rigonfiamento del fondale marino è la risalita di gas da una profondità compresa fra 10 e 20 chilometri e tuttora attiva. Costituiti quasi interamente da anidride carbonica, i gas risalgono lungo condotti del diametro compreso tra 50 e 200 metri che tagliano, piegano e fratturano i sedimenti marini attuali.

    La struttura del golfo di Napoli è perciò diversa dai cosiddetti 'duomi di lava', che si formano per la risalita del magma. Anche se il fenomeno non è per ora associato alla risalita di magma, secondo Ventura strutture di questo tipo potrebbero precedere la formazione di vulcani sottomarini. "Tuttavia - ha osservato Ventura - come ormai noto da precedenti esperienze in Giappone, Canarie e Mar Rosso, queste manifestazioni possono, in alcuni casi, precedere la formazione di vulcani sottomarini o esplosioni idrotermali".

    Il fenomeno, che secondo gli esperti potrebbe ricordare l'attività dei Campi Flegrei e ''rappresenta oggi - ha rilevato Ventura - un punto di partenza per la comprensione dei fenomeni vulcanici sottomarini nelle zone costiere''. La scoperta è avvenuta nell'ambito della campagna Safe 2014 (Seafloor Acoustic Detection of Fluid Emissions) a bordo della nave oceanografica Urania del Cnr. ‬
    (Ansa)





    Montalbano torna e fa boom, quasi 11 milioni.

    Oltre il 39% su Rai1, il 7 marzo l'altro nuovo episodio. Un eroe vecchio stampo, modi spicci e ironia ficcante, stazza mediterranea e gambe arcuate, che ha a malapena imparato a inviare le foto con lo smartphone. Una perfetta macchina macina-ascolti, complici la terrazza sull'infinito di Marinella, la pasta 'ncasciata di Adelina, i pizzini minuziosi di Fazio, l'inguaribile passione per le donne di Mimì Augello, l'irruenza pittoresca di Catarella. E il fascino aristocratico di Sonia Bergamasco nei panni dell'eterna fidanzata Livia.

    Montalbano torna e fa record: quasi 11 milioni di italiani (10 milioni 862 mila), pari al 39.06% di share, hanno ritrovato ieri su Rai1 il commissario ideato da Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti nel primo dei due nuovi episodi, Una faccenda delicata. Un risultato che unisce l'Italia (si va dal 41% del Nord Ovest al 48% della Sicilia) e premia la fiction prodotta dalla Palomar di Carlo Degli Esposti con Rai Fiction in tutte le fasce di pubblico, con punte del 47% tra i laureati, del 34% tra gli abbonati alla pay tv e del 40% sui giovanissimi (4-7 anni) grazie al tam tam sui social network.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Lo chiamavano Jeeg Robot




    locandina


    Un film di Gabriele Mainetti. Con Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei.


    Un trionfo di puro cinema d'intrattenimento, il primo vero superhero movie italiano.
    Gabriele Niola


    Enzo Ceccotti non è nessuno, vive a Tor Bella Monaca e sbarca il lunario con piccoli furti sperando di non essere preso. Un giorno, proprio mentre scappa dalla polizia, si tuffa nel Tevere per nascondersi e cade per errore in un barile di materiale radioattivo. Ne uscirà completamente ricoperto di non si sa cosa, barcollante e mezzo morto. In compenso il giorno dopo però si risveglia dotato di forza e resistenza sovraumane. Mentre Enzo scopre cosa gli è successo e cerca di usare i poteri per fare soldi, a Roma c'è una vera lotta per il comando, alcuni clan provenienti da fuori stanno terrorizzando la città con attentati bombaroli e un piccolo pesce intenzionato a farsi strada minaccia la vicina di casa di Enzo, figlia di un suo amico morto da poco. La ragazza ora si è aggrappata a lui ed è così fissata con la serie animata Jeeg Robot da pensare che esista davvero. Tutto sta per esplodere, tutti hanno bisogno di un eroe.
    Quello tentato da Gabriele Mainetti è un superhero movie classico, con la struttura, le finalità e l'impianto dei più fulgidi esempi indipendenti statunitensi. Pensato come una "origin story" da fumetto americano degli anni '60, girato come un film d'azione moderno e contaminato da moltissima ironia che non intacca mai la serietà con cui il genere è preso di petto, Lo chiamavano Jeeg Robot si muove tra Tor Bella Monaca e lo stadio Olimpico, felice di riuscire a tradurre in italiano la mitologia dell'uomo qualunque che riceve i poteri in seguito a un incidente e che, attraverso un percorso di colpa e redenzione, matura la consapevolezza di un obbligo morale.
    Il risultato è riuscito oltre ogni più rosea aspettativa, somiglia a tutto ma non è uguale a niente, si fa bello con un cast in gran forma scelto con la cura che merita ma ha anche la forza di farlo lavorare per il film e non per se stesso. Claudio Santamaria è il protagonista, outsider da tutto, un po' rintronato e selvaggio, avido, alimentato a film porno, pieno di libido ma anche dotato della dirittura morale migliore; Luca Marinelli è la sua nemesi, piccolo boss eccentrico e sopra le righe, spaventoso e sanguinario con i suoi occhi piccoli e iniettati di follia ma anche malato di immagine (ha partecipato a Buona Domenica anni fa e sogna di diventare famoso e rispettato con il crimine), l'anello di congiunzione tra la borgata di Roma e il Joker. Intorno a loro un trionfo di comprimari tra i quali spicca (per adeguatezza alla parte e physique du role) Ilenia Pastorelli.
    Il duo creativo Mainetti/Guaglianone (regia e sceneggiatura) si era già fatto notare anni fa, prima mettendo in scena Lupin III con attori romani (tra cui Valerio Mastandrea nella parte principale) nel corto Basette e poi con Tiger boy (alla lontana ispirato a L'uomo tigre). I due, con la collaborazione alla sceneggiatura di Menotti, hanno così costruito un percorso creativo e tecnico originale centrato sulla forza dell'ispirazione. Ciò che nel loro primo lungometraggio emerge infatti è come le storie che assorbiamo influenzino la nostra vita, come siamo i primi a desiderare una narrazione di noi stessi. Alessia crede che Jeeg Robot esista, Enzo sa bene che non è così eppure lentamente comincia ad aderire alla sua visione senza senso per la quale è lui l'eroe, comincia a crederci e a ragionare in quella maniera. Da quando sostituisce i DVD porno con quelli della serie animata nella sua dieta mediatica inizia anche a maturare un'altra consapevolezza, dentro di lui germogliano altri concetti. Guardando un mito e assistendo alle sue storie egli stesso si "fa" personaggio.
    Ma anche a un livello più immediato quello di Lo chiamavano Jeeg Robot è un trionfo di puro cinema, di scrittura, recitazione, capacità di mettere in scena e ostinazione produttiva, un lungometraggio come non se ne fanno in Italia, realizzato senza essere troppo innamorati dei film stranieri ma sapendo importare con efficacia i loro tratti migliori. Soprattutto è un'opera che si fa portatrice di una visione di cinema d'intrattenimento priva di boria e snoberia intellettuale, una boccata d'aria fresca per come afferma che il meglio di quest'arte non sta nel contenuto o nel tema ma nella forma (da cui tutto il resto discende). Nonostante un budget evidentemente inadeguato al tipo di storia Lo chiamavano Jeeg Robot è un trionfo di movimenti interni alle inquadrature, di trovate ironiche e invenzioni visive, un tour de force di montaggio creativo e fotografia ispirata (per non dire di effetti digitali a costo contenuto), tutto ciò che serve per raccontare un mito senza crederci troppo e divertendosi molto.

    Video


    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    "E allora mi dico che, se nel mondo ci sono persone che suonano il violino, cambiano pannolini, girano video porno amatoriali, insegnano hip-hop, seminano e leggono Harry Potter, fra sette miliardi ce ne sarà almeno una che stava aspettando proprio me, nei dieci minuti in cui io la incontrerò."


    PER DIECI MINUTI


    di Chiara Gamberale


    Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare.

    ...recensione...



    Sessanta: i minuti in un'ora. Millequattrocentoquaranta: i minuti in una giornata. Moltiplicandoli per trentuno, ecco i minuti in un mese, se la matematica – come si dice - non è un'opinione. Molti. Tanti. Abbastanza. Be', quello è sicuro. Dieci minuti sono un momento, un abbaglio, un niente. Li spendiamo al bagno, in fila alla posta, per raggiungere a piedi il supermercato, aspettando sotto una pensilina in plexiglass che passi una circolare puntualmente in ritardo. Rubiamoli. Sottraiamoli alla schiuma da barba e al filo interdentale, alle bollette da pagare, alle buste della spesa, agli autobus urbani. Rubiamoli, e regaliamoli a noi stessi. Volersi bene è un attimo. Volersi bene è Per dieci minuti. [...]Ho scoperto che la Gamberale, con poco, sa farmi star bene. Rieccola. Questa volta senza carrelli, nomi fittizi, false identità. Semplicemente Chiara. Per dieci minuti è un autobiografia che non è la sua. Cosa strana. La Chiara del romanzo fa la scrittrice, ha vissuto a lungo a una melanzana e a una zucchina di distanza dai suoi genitori, ha amato per metà della sua vita un ragazzo conosciuto all'ultimo anno di liceo. Quando lui aveva gli occhi gialli di un gatto, lei le codine di un'adolescente bambina. Hanno fatto un errore insieme: crescere insieme. Il trentaseiesimo Natale di Chiara si prospetta solitario e nostalgico, all'insegna delle tradizioni e dei ricordi - lei, poi, che odia entrambe le cose.
    Suo Marito è andato a Dublino per lavoro; poi l'ha chiamata, per avvisare gentilmente che sarebbe rimasto lì, con un'irlandese che ama i pancakes e le tenerezze; poi l'ha chiamata ancora, ma per dire, questa volta, che sarebbe tornato. Da lei? Per sempre? Il Suo Capo l'ha licenziata; la rubrica che curava per una rivista le è stata portata via, e dalla vincitrice morale del Grande Fratello. Il Suo Romanzo – che parla di due donne diversissime che, al supermercato, si sbirciano la spesa: vi dice qualcosa? - non procede come dovrebbe procedere. La Sua Vita, come il Suo Cuore: in cocci dolorosi. Chiara è una giovane donna che fa abuso di pronomi possessivi, che ha pregiudizi infondati, che non vede ciò che le sta intorno. Come quella Roma, nella quale si è trasferita quando l'amore c'era, che non le piace, perché no. Indifferente, vuota, cinica, piena di piccioni, turisti, occasioni sprecate e marziani in incognito.[...]Resta la voglia di raccontare, ma soprattutto di raccontarsi, e di allestire una piccola Cappella Sistina di creature fluttuanti, fatate, ironiche, esilaranti con realismo. “Da quando la mia vita è vuota, non mi ero accorta che fosse così piena”, scrive Chiara, facendo un salto dal suo palazzone di timidezza e pacata indifferenza situato nei pressi dell'inospitale Egoland.[..]
    Nel suo salotto, ha l'arca di Noè: un amico con le pailettes nella voce, che nasconde boa di piume sotto i completi da bancario e che pronuncia tutto, ma proprio tutto, al femminile (La Tua Marita, Le Pancakes, Gianpietro che diventa Zia Piera...); il violinista degli Afterhours il cui motto solenne, nato da una triste constatazione, è “Nel frigo di Chiara c'è solo la luce”; il cinese dietro l'angolo, l'estetista, gli innumerevoli ospiti della sua vecchia rubrica, le piccole scrittrici in erba conosciute durante le presentazioni nei liceai, i coinquilini di gioventù; e poi c'è Ato. Un italiano stentato, la pelle diversa, una famiglia al di là del mare, della guerra, della povertà. Un figlio mancato, nato già diciottenne, dipendente da Harry Potter e The Vampire Diaries, con cui seguire lezioni di hip-hop e lasciare andare lanterne voltanti come in Rapunzel, il cartone che entrambi preferiscono. L'aiuto Babbo Natale di Chiara, in un ventiquattro dicembre passato con il berretto rosso e la barba finta, in una metropoli che si scopriva più accogliente e calorosa ad ogni scampanellio, ad ogni risata, ad ogni Jingle Bells - con Gianpietro che faceva la diva, Ato che si nascondeva e Chiara che sperimentava. Di quella follia restano le parole in questo libro e un'autentica foto in bianco e nero, riportata tra le pagine. Perché è accaduto davvero. Per dieci minuti è una commedia brillante per i romantici cronici: quelli che hanno una lunga storia d'amore con la loro vita e la loro felicità. Ma è anche il diario di una professione, di un impegno, di una passione. Ci sono le idiosincrasie del lettore medio, infatti, che, ogni tanto, fanno capolino e, dagli angoli di una libreria da cui la protagonista spia i loro acquisti, parlano in libertà. Una radicale sferzata al nostro sorriso. La rotazione di quella parentesi che, da triste a allegra, fa luccicare quei due punti fermi come fossero occhi d'uomo. Lasciamo entrare il sole. "E allora mi dico che, se nel mondo ci sono persone che suonano il violino, cambiano i pannolini, girano video porno amatoriali, insegnano hip-hop, seminano e leggono Harry Potter, fra sette miliardi ce ne sarà almeno una che stava aspettando proprio me, nei dieci minuti in cui io la incontrerò."(Mr. Ink, http://diariodiunadipendenza.blogspot.it/)


    Passa un minuto. Ne passano due. Tre. Non so più quanti ne passano, quando eccola. Ma sì, sì. Eccola. Mi appare: la vita. Che scorre, semplicemente. Lungo questa stradina di Delft. Scorre. Per le due donne, per i bambini. Per tutti. Implacabile. Sempre uguale. Implacabile perché sempre uguale. Perché sempre uguale, a tratti bellissima. E improvvisamente capisco, so. Che non sono i viaggi per il mondo, non sono i deserti immensi, le cattedrali, gli eserciti di terracotta, i panda, i canyon con Mio Marito che mi mancano: no. Non sono “i fatti salienti, le contraddizioni e le opere d’arte”. Ma è quella cosa lì che mi manca. La nostra vita sempre uguale. Bellissima. Implacabile.

    Siamo diversi, appunto.
    Molto diversi fra noi. Leggiamo per noia, per curiosità,
    per scappare dalla vita che facciamo, per guardarla in faccia,
    per sapere, per dimenticare,
    per addomesticare i mostri fra la testa e il cuore, per liberarli.


    In effetti, il meglio della vita sta in tutte quelle esperienze interessanti che ancora ci aspettano: con il gioco dei dieci minuti lo sto imparando. Dunque sta anche nei libri che tutti hanno letto, ma che per qualche imprecisato motivo noi ancora no. Non ho più un amore. Non ho più una casa che sento davvero mia, non ho più un lavoro che mi piaceva. Non ho un perno: ecco. Ma la vita che gira attorno a questo perno che non c'è, forse, non è poi così male. “Vede, Chiara, è proprio la vita l'unico perno possibile. È perno e ruota insieme, la vita.”

    Perché nelle infinite semplificazioni con cui crediamo di metterci in salvo e dentro cui invece ci perdiamo, c'è una cosa, una soltanto, che non può venirci dietro, che non possiamo ingannare. Questa cosa è il tempo. Che è qualcosa di pochissimo, se siamo felici. È qualcosa di tantissimo, se siamo disperati. Comunque sta lì. Con una lunga, estenuante, miracolosa serie di dieci minuti a disposizione. Abbiamo l'occasione di farci quello che ci pare, con la maggior parte di quei dieci minuti. Ma ci sono momenti in cui non riusciamo proprio a coglierla, l'occasione. Ci sono momenti in cui, anzi, ci pare una disdetta. Quei momenti sono bugie.


    Chiara Gamberale è una giovane scrittrice romana nata nel 1977, collabora con La Stampa, Il Riformista e Vanity Fair, è conduttrice radiofonica e televisiva. Nel 1996 vinse il premio di giovane critica Grinzane Cavour promosso da La Repubblica e nel 2008 ricevette il Premio Campiello per il libro La zona cieca.

    (Gabry)





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    La Musica del Cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani



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    foto:lorisedpmusica.altervista.org

    Edoardo Bennato

    « Eugenio dice che io sono un rinnegato,
    perché ho rotto tutti i ponti col passato:
    guardare avanti, sì, ma a una condizione,
    che tieni sempre conto della tradizione! »


    (Rinnegato di Edoardo Bennato, 1973)

    Edoardo Bennato (Napoli, 23 luglio 1946) è un cantautore, chitarrista e armonicista italiano.

    È ritenuto da molti critici e musicisti uno dei più grandi rocker italiani; è stato il primo cantante italiano a riempire lo stadio milanese di San Siro con più di sessantamila persone, il 19 luglio 1980; è stato inoltre il primo cantante italiano in assoluto a suonare l'armonica a bocca e il primo cantante italiano ad esibirsi, nel 1976, al Montreux Jazz Festival.

    Tra gli altri primati, Edoardo Bennato ha anche quello di essere stato il primo artista ad aver pubblicato due album a distanza di soli 15 giorni, nel marzo 1980, Uffà! Uffà! e Sono solo canzonette (dodici anni dopo Bruce Springsteen effettuerà la stessa operazione con i due album Human Touch e Lucky Town), e quello di essere stato, nel 1974, il primo cantante italiano ad essere etichettato dai giornalisti punk.

    Chitarrista, armonicista e cantante, dopo un'esperienza londinese cominciò a proporsi come uomo orchestra suonando contemporaneamente, oltre alla chitarra e all'armonica, anche dei tamburelli, il kazoo e altre percussioni. L'influenza di grandi del rock (Dylan su tutti) e della musica pop caratterizzò subito il suo personaggio e la sua musica, nella quale però non potevano mancare influenze mediterranee e partenopee. Tra gli altri autori che ne hanno ispirato l'opera vanno citati anche Jimmy "Hammond" Smith, Paul Anka e Neil Sedaka. I suoi testi — specie quelli degli anni settanta — sono spesso ironici e dissacranti e rivolti in modo graffiante contro il potere, a qualsiasi livello e in qualsiasi forma si manifesti.

    Figlio di Carlo Bennato, impiegato all'Italsider, e di Adele Zito, casalinga, fratello di Eugenio e di Giorgio, si accosta sin da piccolo alla musica, da un lato spinto dalla madre, che invoglia i figli a suonare e li manda a lezione da un maestro di fisarmonica, dall'altro dal rock'n'roll, che lo appassiona sin dal suo arrivo in Italia, anche grazie ai soldati americani di stanza a Napoli (in particolare il giovane Edoardo è colpito da Paul Anka, Chuck Berry e Neil Sedaka; altri influssi su Bennato provengono da cantanti napoletani come Renato Carosone, Aurelio Fierro e, soprattutto per il modo di cantare, Peppino di Capri).

    Con i fratelli forma nel 1958 il Trio Bennato, in cui Edoardo canta e suona la chitarra, Eugenio suona la fisarmonica e Giorgio le percussioni; i tre iniziano ad esibirsi in vari locali cittadini (il Circolo Canottieri, il dopolavoro dell'Italsider, il Teatro Mediterraneo ed altri), e nel 1959 vengono chiamati come ospiti nel programma televisivo Il nostro piccolo mondo, realizzato da Zietta Liù: è la prima apparizione televisiva per Bennato e i suoi fratelli.

    Nello stesso anno a luglio, grazie all'armatore Aldo Grimaldi, i tre fratelli eseguono una serie di spettacoli in una crociera verso il Sudamerica e poi in Venezuela, apparendo anche nel programma televisivo Lo show de las doces, trasmesso da Canal 7.

    Nel 1965 Bennato si diploma presso il liceo artistico di Napoli, e decide di trasferirsi a Milano per frequentare la facoltà di architettura, ma anche per mettersi in contatto con il mondo della discografia[24]: con questo obiettivo, su suggerimento della madre, contatta la Dischi Ricordi, di cui è direttore artistico Vincenzo Micocci, che è interessato all'artista. Vincenzo Micocci decide di ritornare a Roma e di fondare la Parade (insieme a Carlo Rossi e Ennio Morricone), per cui Bennato viene messo sotto contratto da questa etichetta, per cui incide il primo 45 giri, Era solo un sogno/Le ombre.

    Inizialmente Micocci cerca di proporre "Era solo un sogno" a Bobby Solo ma, fallendo l'operazione, decide di farla incidere allo stesso Bennato. Sul retro viene inserita la canzone "Le ombre", dove Edoardo suona l'armonica, diventando così il primo cantante italiano in assoluto a suonare questo strumento; entrambe le canzoni vengono scritte per quel che riguarda il testo insieme a Alessandro Portelli, professore di letteratura angloamericana all'Università la Sapienza di Roma e musicologo. Il disco, pubblicato nel 1966, non riscuote il successo sperato.

    Bennato riprende gli studi a Milano, e qui ritrova un giovane cantautore che ha già avuto modo di incontrare nei suoi soggiorni romani, Herbert Pagani, presentatogli da Mia Martini; Pagani si interessa alle sue musiche, scrivendogli dei testi da abbinare, ed è così che nascono i successi di Cin cin con gli occhiali (1968), Ahi le Hawai (1969) e Fuoco bianco (1970), cantati da Pagani. Nel frattempo si laurea in Architettura.

    Il buon esito commerciale di questi dischi fa sì che la Numero Uno, la nuova casa discografica fondata da Mogol e Lucio Battisti, lo metta sotto contratto, grazie soprattutto all'intuito di Alessandro Colombini, facendogli incidere un 45 giri, Marylou/La fine del mondo (Marylou è scritta insieme al fratello Eugenio, con testo di Mogol), con chiare influenze del rock'n'roll anni cinquanta, in particolare di Elvis Presley; la canzone sul retro, La fine del mondo, è scritta da Edoardo su un testo di Herbert Pagani.

    In questo periodo Bennato scrive molte canzoni per altri autori: nel 1970 Perché... perché ti amo (insieme al fratello Eugenio per la musica, su testo di Mogol) per i Formula 3, nel 1971 Lei non è qui... non è là per Bruno Lauzi, che scrive il testo (nel disco di Lauzi Edoardo suona l'armonica a bocca). Nello stesso anno esce un secondo 45 giri, contenente 1941, cover di una canzone dallo stesso titolo di Harry Nilsson, scritta da Mogol e Alessandro Colombini, autore del testo del brano sul retro, Vince sempre l'amore. L'anno dopo è la volta di Good Bye Copenaghen e Marjorie, che sono le prime due canzoni a essere scritte interamente, testo e musica, da Edoardo. L'esito commerciale di questi dischi è però scarso, e Bennato, spinto anche da Alessandro Colombini (il quale, a causa di alcuni attriti avuti con Mogol, ha abbandonato la Numero Uno in favore della Ricordi) che si propone come suo produttore, decide di cambiare casa discografica e di passare alla Ricordi ottenendo da questa fiducia per la realizzazione di un intero LP. Scrive poi Un uomo senza una stella per Michele e The village per Bobby Solo; nel 1972 Perché perché, presentata da Giovanna a Un disco per l'estate e, nel 1973, Apri gli occhi bambina, ancora per i Nuovi Angeli.

    Bennato, dopo aver trascorso qualche mese a Londra esibendosi suonando contemporaneamente oltre alla chitarra e all'armonica anche dei tamburelli, il kazoo e altre percussioni, torna a Milano dove incide il primo LP, Non farti cadere le braccia: si tratta di un lavoro sperimentale[senza fonte], dove tra canzoni ispirate (come il brano omonimo, Rinnegato e Campi Flegrei) vi sono alcune tracce che esulano dalla forma-canzone (Ma quando arrivi treno, MM o Tempo sprecato); oltre alla canzone scritta con Lauzi, Lei non è qui... non è là, eseguita in versione acustica. Dal sodalizio con Patrizio Trampetti, componente della Nuova Compagnia di Canto Popolare, nasce Un giorno credi, tra le sue canzoni più amate. Nello stesso disco si trova Una settimana... Un giorno..., brano che verrà ripreso più volte dallo stesso autore con diversi arrangiamenti nel corso della sua carriera.

    Il disco non riscuote un gran successo di vendita: l'edizione originale, apribile con un fiammifero in rilievo, ultimo di un'ipotetica scatola di Minerva, diventa una rarità di valore nel mondo dei collezionisti. Per Bennato arrivano i primi passaggi radiotelevisivi, a Per voi giovani e ad Alto gradimento, e i primi concerti.

    Le scarse vendite dell'album però spingono l'allora direttore artistico della Dischi Ricordi, Lucio Salvini, ad invitare il cantautore a smettere di cantare per dedicarsi alla professione di architetto.

    La Ricordi, spinta dalle buone recensioni del disco, nel 1974 pubblica il secondo lavoro: si tratta di un concept album intitolato I buoni e i cattivi, sulla difficoltà di distinguere il bene dal male, e su come i concetti di buono e cattivo siano spesso intrecciati, come ben rappresenta la copertina, in cui compaiono due carabinieri (lo stesso Bennato e Raffaele Cascone) ammanettati tra loro. Uno buono è dedicata al concittadino Giovanni Leone, presidente della Repubblica in carica. Anche la scuola è presa di mira come istituzione apportatrice di una cultura dominatrice (In fila per tre); non mancano le critiche alle amministrazioni pubbliche (Ma che bella città), alle autorità (Bravi ragazzi) e alle classi dirigenti del dopoguerra (Arrivano i buoni). Viene riproposta Un giorno credi, già pubblicata nell'album d'esordio. Il disco riscuote un buon successo di vendite, entrando anche nelle classifiche.

    Sempre nel 1974 esce un 45 giri contenente due nuove canzoni: Meno male che adesso non c'è Nerone e Parli di preghiere, di discreto successo; la prima sarà inserita nell'album successivo, Io che non sono l'imperatore, pubblicato dalla Ricordi agli inizi del 1975, mentre la seconda resterà inedita su LP (ma verrà inserita nella raccolta "Le Origini"). Anche Io che non sono l'imperatore vende discretamente: tra le canzoni più trasmesse dalle numerose trasmissioni radiofoniche ci sono Signor censore, Feste di piazza (con un testo scritto nuovamente da Patrizio Trampetti) e il "divertissement" di Io per te Margherita, dove Bennato si diverte a cantare ironicamente una triste storia d'amore. La canzone Affacciati affacciati è registrata dal vivo durante un concerto all'Università Bocconi di Milano, e prende di mira il Papa. La copertina raffigura sia all'esterno che all'interno la tesi di laurea di Bennato, e cioè un progetto per la realizzazione di una rete capillare della metropolitana di Napoli.

    La torre di Babele esce nel 1976 e prosegue sulla strada dell'impegno sociale dei testi, ma con venature musicali più vicine al rock e al blues, sempre in chiave acustica, grazie anche alla presenza del chitarrista Roberto Ciotti e di Dario Iori alla chitarra e banjo tenore. Il disco contiene tutti i temi cari a Bennato, che si schiera contro la guerra, l'arrivismo, l'arroganza e il divismo della sua categoria (in Cantautore).
    Nel 1977 esce Burattino senza fili, un disco che, sulla falsariga della storia del burattino di Collodi, analizza, critica e sentenzia su alcuni importanti aspetti sociali e filosofici che interessano la vita: il conflitto tra la sincerità dei piccoli e l'ipocrisia dei "grandi" (in Quando sarai grande); l'arroganza dei potenti e dei privilegiati (in In prigione, in prigione); la strumentalizzazione ipocrita della femminilità (in La fata); lo stato di isolamento in cui si trova chi cerca di dire qualcosa di semplice e sensato, senza secondi fini né interessi personali (in Tu grillo parlante). Questi temi torneranno anche nei dischi successivi e sono già abbozzati in quelli precedenti. Ma qui trovano una organicità notevolissima, grazie anche alle scelte musicali che spaziano dal rock alla musica da camera in un impasto variegato di stili che riesce a cogliere da ognuno di essi le caratteristiche e le espressioni che più si adattano al messaggio di ciascun brano.

    I tre anni di silenzio successivi (escluse le versioni in inglese de La torre di Babele e Cantautore) preludono al momento più fortunato della carriera di Edoardo Bennato, che produce un altro disco ispirato a una favola, quella di Peter Pan, che affianca Burattino senza fili. L'album è Sono solo canzonette, titolo che riassume il pensiero dell'autore.

    Ma, con qualche giorno di anticipo, senza aver comunicato la cosa né ai giornalisti né al pubblico, e tantomeno ai media, esce Uffà! Uffà!, disco irriverente anche per i contenuti folli e dissacratori di cui è ricco, nel quale sembra prevalere un'ispirata componente di divertimento e di distacco dal politicamente corretto che dà a Edoardo la possibilità di prendere e prendersi in giro con grande libertà e ironia. Non manca l'impegno sociale, almeno nel brano che dà il titolo al disco: una rabbiosa quanto magistrale incursione addirittura nel punk-rock, con testo a sfondo ecologico in cui 'Edo' tenta di spiegare quanto siano ridicole le ragioni delle guerre per il petrolio. È un album pensato sempre in chiave ironica e autoironica, senza mai eccedere nell'insulto, nello sberleffo, e tantomeno nella volgarità (eccetto lo sputo di protesta annunciato, proprio al termine dell'ultima canzone Uffà! Uffà).

    Pochi giorni dopo l'uscita di Uffà! Uffà, prendendo in contropiede il pubblico, critica, giornali e televisioni che in quel periodo lo tallonavano e che avevano ascoltato il disco non capendo come mai la canzone presentata precedentemente in televisione non vi comparisse, viene finalmente distribuito Sono solo canzonette. La favola di Peter Pan è il pretesto per sottolineare ancora una volta che il modo di pensare e di agire delle cosiddette persone serie, rispettate, consapevoli, equilibrate, colte, istruite, spesso sconfina nell'arroganza e nella presunzione e non riesce a soddisfare l'istinto di libertà e fantasia che è dentro ogni persona. Il brano L'isola che non c'è è quello maggiormente ispirato. Si sviluppa da una frase ricopiata testualmente dalla fiaba e accompagnata da un arpeggio di chitarra acustica che poco per volta viene affiancata da una chitarra a 12 corde, dal contrabbasso e da un leggero tappeto di tastiere, fino alla climax creata da un assolo di armonica a bocca: un piccolo manuale di rock popolare che sottolinea un testo di altissimo valore poetico ed evocativo. Altri brani si muovono tra il rock e la musica lirica, tra echi rinascimentali e swing, tra sintetizzatori e ciaramelle, fino a quello che forse può essere considerato il manifesto spirituale dell'autore[36]: "sono solo canzonette, non mettetemi alle strette"; in mezzo a tanti che coltivano la propria immagine di filosofi e di santoni, Edoardo Bennato confessa di non avere risposte da suggerire agli adepti. Il successo è notevole, i concerti dell'artista napoletano richiamano decine di migliaia di persone e Bennato riesce, il 19 luglio 1980, primo tra gli italiani, a riempire lo stadio milanese di San Siro con più di sessantamila persone, oltre ad avere il pienone negli stadi di tutta Italia, partendo con le sessantamila persone accorse al San Paolo di Napoli e con le 50.000 del Comunale di Torino, totalizzando in totale mezzo milione di persone in tredici date.

    Durante il tour viene registrato un programma televisivo in due puntate, ...e invece no...e invece sì - Pensieri, parole, musica e dubbi di Edoardo Bennato, curato da Gianni Minà, con alcune canzoni tratte da vari concerti (in particolare da quello di Milano) ed interviste al cantautore ed ai suoi collaboratori, trasmesso il 13 e il 21 maggio 1981 su Raidue; nel 2007 il programma è stato pubblicato su DVD con il titolo Invece no - Invece sì.

    Nel 1984 viene pubblicato il primo disco dal vivo, il cui titolo È goal è preso dall'inedito che ha fatto anche da sigla per quella stagione al rotocalco televisivo La domenica sportiva. Riprendono l'energia e le sonorità degli spettacoli dal vivo brani storici come La Torre di Babele, Cantautore (che già era nata live), Un giorno credi, oltre a portare su un album due brani dei recenti singoli, sia Nisida, sia Canta appress'a nuje, anch'essa incisa "sul palco".

    Nel 1985 esce il parzialmente deludente Kaiwanna, il disco di rottura con la propria tradizione musicale, ricco di suggestioni elettroniche, completamente privo dei suoni acustici che avevano caratterizzato gran parte delle produzioni precedenti e logica conseguenza delle considerazioni che lo Specchio delle mie brame aveva suggerito: il computer domina incontrastato, accanto a chitarre rigorosamente elettriche e a un uso molto esteso delle tastiere elettroniche. Tuttavia le vendite, in diminuzione rispetto al disco precedente, causano la rottura del contratto con la Dischi Ricordi, e Bennato passa alla Virgin Dischi.

    OK Italia esce nel 1987 e prosegue nella proposizione di un suono assolutamente slegato dalla genuinità elettro-acustica del passato; il lavoro gode di un buon successo commerciale, trainato dal brano che dà il nome all'album e dal relativo video, dove compaiono quali protagonista Miss Italia 1984 Susanna Huckstep e come comparsa una giovane Simona Tagli. Fa seguito nello stesso autunno un doppio disco dal vivo intitolato semplicemente Edoardo, cui segue un mini LP pubblicato nell'estate seguente, Il gioco continua, realizzato con l'amico Tony Esposito. Contiene due cover, due brani già editi, e la versione studio di Chissà chissà, registrata prima solo nel doppio dal vivo.

    Un buon successo commerciale è ottenuto anche nel 1989 da Abbi dubbi, che, grazie al brano Viva la mamma, può essere considerato l'ultimo successo discografico di Edoardo Bennato.

    Nel 1990 ha inciso in coppia con Gianna Nannini il brano Un'estate italiana, inno ufficiale in lingua italiana dei mondiali di calcio Italia '90, la cui versione in lingua inglese, To be number one è composta da Giorgio Moroder, di cui hanno scritto il testo e curato l'arrangiamento. Tra gennaio e settembre, con qualche intervallo, Notti magiche risulterà il singolo più venduto in Italia e, storicamente, l'ultimo 45 giri a ottenere un massiccio riscontro commerciale prima della sua sparizione dal mercato discografico.....

    Il 2015 si apre con una notizia tragica per la musica pop italiana e per Edoardo Bennato, la prematura scomparsa del cantautore e chitarrista blues Pino Daniele, colto da improvviso malore. Edoardo Bennato, intervistato da più televisioni nazionali per ricordare l'amico scomparso (sono entrambi napoletani), ha ricordato lo scambio di sms di qualche giorno prima con cui lui e Pino si sono scambiati gli auguri di Buon Natale e ha improvvisato, dedicandola all'amico, una strofa di "Pronti a salpare", un nuovo brano inedito che dovrebbe dare il titolo al nuovo album.

    Intanto, uno dei sogni dell'artista prende forma grazie alla decisione del comune di Napoli di destinare l'area ex-Nato di Bagnoli ad uno spazio culturale per i giovani musicisti: l'Accademia Bennato.

    Il 1º e l'8 aprile 2015 è special coach nel programma The Voice of Italy per la squadra di Piero Pelù.

    In un'intervista a Repubblica del 26 luglio 2015, Bennato ha annunciato l'uscita del nuovo disco "Pronti a salpare" a ottobre 2015 edito da Universal Music Italia, preceduto da un singolo che verrà pubblicato a settembre 2015.

    Il singolo che è stato pubblicato il 25 settembre 2015 si chiama Io vorrei che per te.

    Il 23 ottobre 2015 esce Pronti a salpare, nuovo album dalla decisa impronta rock-blues, prodotto da Orazio Grillo (Brando), edito da Universal Music Italia. Il disco, dedicato a Fabrizio De André (brano Pronti a salpare) a Enzo Tortora e Mia Martini (La calunnia è un venticello) contiene 14 brani di cui 11 di nuova produzione, 2 rieditati (Povero Amore, Zero in condotta) e uno uscito nel 2011 solo come singolo (La mia città). Il nuovo lavoro è stato accolto favorevolmente dalla critica, un ritorno alla grande dopo 5 anni dall'ultimo disco di inediti, anni in cui Bennato ha cercato con non poche difficoltà una casa discografica disposta alla pubblicazione del nuovo lavoro, di cui ha iniziato a parlare nel 2012. L'ultima canzone del disco (Non è bello ciò che è bello) è un brano rossiniano scritto in origine per Luciano Pavarotti ma mai cantato dal maestro.



    fonte: wikipedia.org

    Video

    Pronti a salpare

    Via da quei luoghi comuni verso luoghi eccezionali
    pronti a salpare
    Non c’è niente di scontato tutto è ancora da scontare
    pronti a salpare
    Contro il rischio di condanne condannati a rischiare
    pronti a salpare
    Senza falsi documenti come autentici emigranti
    pronti a salpare... pronti a salpare
    Niente rotte regolari solo porti alternativi
    pronti a salpare
    Niente orari per gli arrivi niente luci niente fari
    pronti a salpare...
    Non appena si alza il vento prima che si alzi il mare
    pronti a salpare
    Verso terre sempre verdi prima che sia troppo tardi
    pronti a salpare... pronti a salpare
    Raffaele predicava in tempi non sospetti
    che il rock è un sentimento che appartiene a tutti
    e appartiene certamente a chi sa navigare in alto mare.
    Mare bianco dei crociati mare nero dei pirati
    pronti a salpare
    Senza tanti complimenti pagamento in contanti
    pronti a salpare
    Senza farsi troppi conti sulla barca sono in tanti
    pronti a salpare
    Sulla via della speranza non ci si può disperare
    pronti a salpare...
    Raffaele lancia ancora le sue onde radio
    e inonda di rock il Mediterraneo
    e se ne va con chi è destinato a navigare in alto mare
    E se i tempi son cambiati resta il mondo da cambiare
    pronti a salpare
    E anche noi privilegiati del sistema occidentale
    pronti a salpare... pronti a salpare



    Estratto dal nuovissimo album omonimo uscito il 23 ottobre 2015, 'Pronti a salpare' è una ballad folk/rock nella quale Edoardo torna a parlare dell'odissea di chi senza più alcuna scelta è pronto a scappare e salpare dal proprio paese per una vita migliore; un monito che non riguarda solo il sud del mondo ma investirà sempre più il ricco Occidente se non daremo forma a cambiamenti sostanziali.


    (Ivana)





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    (Redazione)





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    CRONACA SPORTIVA


    Formula 1: test Barcellona, chiusa prima giornata, stop Ferrari.

    Si blocca la Rossa di Raikkonen, Hamilton simula gran premio. Un problema tecnico alla Ferrari ha bloccato per circa due ore nel pomeriggio il lavoro Kimi Raikkonen sulla pista catalana del Montmelo', dove si è chiusa la prima giornata dell'ultima sessione di test pre-stagionali della Formula 1. Quasi al termine della prima delle quattro ore di prove pomeridiane, la sua SF16-H si è fermata all'uscita della pit lane - imponendo una nuova bandiera rossa dopo quella esposta in mattinata per lo stop di Fernando Alonso con la McLaren - ed è stata portata ai box dove è rimasta per circa due ore prima di essere ricondotta in pista dal finlandese. In tutto, Raikkonen ha completato una settantina di giri, con il quarto tempo complessivo (1'24''836 ottenuto in mattinata), il migliore con le gomme medie. Il più veloce finora è rimasto Nico Rosberg (1'23''022 della mattina), mentre nel pomeriggio il volante della Mercedes è stato preso da Lewis Hamilton che con le medie ha fatto segnare il sesto tempo assoluto (1'25''051). Il campione del mondo è stato impegnato in una simulazione di Gran Premio, mantenendo un ritmo molto costante su una settantina di giri. Alle spalle del tedesco, sempre con gomme soft, si sono classificati Valtteri Bottas con la Williams (1'23''229) calzata ultrasoft e Fernando Alonso con la McLaren (1'24''735, soft). Tra Raikkonen ed Hamilton si è piazzato il russo Kvyat su Red Bull (1'25''049).
    (Ansa)




    Manchester City vince Coppa di Lega.
    A Wembley Liverpool battuto ai rigori. Decisive parate Caballero. Wembley è ancora amaro per Jurgen Klopp, allenatore che nel 2013, alla guida del Borussia Dortmund, nello stadio londinese perse la finale tutta tedesca, contro il Bayern, della Champions League. Ora, con il Liverpool, Klopp ha perso la finale della Coppa di Lega inglese in cui il Manchester City ha battuto i Reds ai rigori. Eroe della partita è stato il 'portiere di Coppa' Willy Caballero, riserva in campionato ma titolare dei Citizens, al posto di Hart, in questa competizione, che ha parato tre tiri dal dischetto.

    Il penalty decisivo è stato trasformato da Yaya Tourè. La Coppa di oggi è il quinto trofeo vinto dal Man City da quando il proprietario della società è diventato lo Sceicco Mansour bin Zayed bin Sultan Al Nahyan, membro della famiglia reale di Abu Dhabi. Nei tempi regolamentari la partita era finita 1-1, con il City che era andato in vantaggio con Fernandinho, aveva poi sprecato una varie occasioni ed era stato raggiunto all'83', quando il Liverpool aveva segnato con Philippe Coutinho.
    (Ansa)




    Monterrey, subito fuori la Schiavone.
    Nella notte in campo Errani contro la slovacca Rybarikova. Esordio amaro per Francesca Schiavone nel torneo Wta International di Monterrey, in Messico. La 35enne milanese, numero 97 del ranking mondiale, rientrata tra le top 100 all'indomani del successo di Rio de Janeiro di dieci giorni fa, ha ceduto nella gara d'esordio per 6-3 7-6(5), in poco più di un'ora e mezza di partita, alla belga Kirsten Flipkens, numero 73 del ranking mondiale. La 30enne di Geel si è così aggiudicata il quinto confronto su sette con l'azzurra.
    Francesca può recriminare per un vantaggio non sfruttato di 4-1 nel secondo parziale e di 5-3 nel successivo tie-break.
    Nella notte italiana primo impegno per Sara Errani: la 28enne romagnola, numero 17 Wta e prima favorita del seeding, debutta contro la slovacca Magdalena Rybarikova, numero 88 del ranking mondiale (l'azzurra è avanti per 3-2 nei precedenti).
    (Ansa)

    (Gina)



    BALLANDO!!!




    FEMMINILE E TONICA CON LA DANZA DEL VENTRE







    Danzare per se stesse
    Vivere bene la propria femminilità è una questione di equilibri delicati, che coinvolgono la postura, l'autostima e la percezione del proprio corpo. Non in tutte le fasi della vita e non tutte le donne vivono bene il rapporto con il proprio corpo, ma la danza del ventre può rivelarsi un valido alleato per rimuovere alcuni blocchi e sciogliere alcuni "nodi", psicologici o muscolari che siano.

    Niente preconcetti
    Dimenticate l'immagine "occidentale" che avete della danza del ventre: niente è più lontano dallo spirito reale di questa disciplina di quelle esibizioni create appositamente ad uso e consumo di un pubblico maschile! Anzi la danza del ventre è una pratica che ha ben poco a che fare con la provocazione e la sensualità, e molto invece con la dimensione femminile vissuta in un gruppo di sole donne. Si tratta infatti di una danza che nacque secoli fa, per invocare la fertilità della terra o per celebrare una nascita. La dimensione di gruppo è perciò fondamentale in questa disciplina: la presenza di altre donne vi aiuterà.

    Addome e schiena ok!
    Quali sono le aree che traggono maggiore beneficio dalla danza del ventre? Ovviamente fianchi e pancia, ma anche le spalle. I muscoli del tronco vengono tutti sollecitati ma in particolare viene attivata la zona del perineo, ovvero i muscoli del pavimento e della cavità pelvica, che escono rafforzati da questa attività.
    Inoltre, come in tutte le danze, la posizione da tenere è quella eretta e il miglioramento della postura diventa così una positiva conseguenza. E qui l'integrazione tra l'aspetto fisico e quello psicologico è completo: una postura più eretta porta la donna ad un atteggiamento più sicuro di sé, più consapevole e aperto al mondo. Come effetti secondari non vanno sottovalutati il miglioramento della circolazione sanguigna nella zona pelvica, dalla quale viene favorito anche il transito intestinale.

    Relax...
    Se da un lato la danza del ventre è come abbiamo visto un'attività fisica impegnativa che sollecita una serie di muscoli, dall'altro non c'è dubbio che un effetto di profondo relax si impossessi di chi la pratica, per una serie di motivi ben precisi. Primo: la musica sulla quale si danza è solitamente suonata da un unico strumento e questa monostrumentalità, insolita nelle musiche occidentali, aiuta il rilassamento. Secondo: la disposizione del gruppo, in cerchio, sollecita la percezione di un movimento lento e continuo, senza fine, naturalmente rilassante.


    fonte:www.donnad.i


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    FASHION. MODA E STILE
    NEGLI SCATTI DI NATIONAL GEOGRAPHIC



    Dal 04 Febbraio 2016 al 02 Maggio 2016



    Il modo in cui ci vestiamo, il nostro aspetto, dicono molte cose, sussurrano o strillano. Raccontano la condizione economica, sociale, politica. Suscitano commenti eruditi di sociologi e antropologi, per non parlare della stampa specializzata, che si pronuncia ogni stagione a ogni cambio di orlo. I vestiti provocano, irritano, seducono. Parlano di effimero ed eterno. Bisbigliano formule magiche...
    Cathy Newman
    La galleria immagini della mostra a Palazzo Madama di Torino
    Palazzo Madama presenta, dal 4 febbraio al 2 maggio, FASHION, una nuova grande mostra fotografica ideata e prodotta da National Geographic Italia.
    62 immagini di grande formato, realizzate da 36 maghi dell’obiettivo tra cui Jodi Cobb, Alexander Graham Bell, Chris Johns, Stephanie Sinclair, Robin Hammond, Ed Kashi, Cary Wolinski, Reza, William Albert Allard, Eliza Scidmore, Steve Raymer, David Alan Harvey, Joseph Rock offrono un’affascinante prospettiva globale sul significato storico e culturale dell’abbigliamento e dell’ornamento e su ciò che ruota intorno al concetto di stile.

    Un concetto che in principio nacque da un istinto antico, di decorare il corpo, di apparire belli, o diversi, di dichiarare un senso di identità. Qualcuno dice che la moda da sempre esprime al tempo stesso l’effimero e l’eterno, e definisce un’appartenenza sociale, economica, politica, religiosa.
    In questa prospettiva il percorso in mostra, attraverso accostamenti sorprendenti e apparentemente stravaganti, illustra come le passerelle della moda di Milano e Parigi hanno molto più in comune di quanto si possa pensare con le praterie dell’Oregon, le foreste pluviali di Papua Nuova Guinea, i villaggi africani, i templi giavanesi.

    FASHION arricchisce con un nuovo capitolo il filone delle mostre fotografiche che ormai da qualche anno Palazzo Madama accoglie nella suggestiva Corte Medievale e costituisce la seconda tappa, dopo Women of Vision del 2014, della partnership tra la Fondazione Torino Musei e National Geographic Italia. Una collaborazione che affianca l’immagine dei musei a un marchio internazionale che da 128 anni è testimone autorevole dei grandi cambiamenti del mondo.

    Tra i fotografi in mostra: Clifton R. Adams, William Albert Allard, Stephen Alvarez, James L. Amos, Alexander Graham Bell, Horace Brodzky, John Chao, Jodi Cobb, Greg Dale, Mitch Feinberg, Georg Gerster, Robin Hammond, David Alan Harvey, Chris Johns, Beverly Joubert, Ed Kashi, Keenpress, Lehnert & Landrock, Mrs. Mary G. Lucas, Horst Luz, Luis Marden, Pete McBride, Charles O’Rear, Randy Olson, Steve Raymer, Roland W. Reed, Reza, J.Baylor Roberts, Joseph F. Rock, Eliza R. Scidmore, Stephanie Sinclair, Tino Soriano, Maggie Steber, Anthony B.Stewart, Amy Toensing, Maynard Owen Williams.
    (www.arte.it)




    FESTE e SAGRE





    CURIOSITA' STORICHE


    SEGRETI VATICANI SVELATI


    Gli 84 km di scaffali dell’Archivio segreto vaticano conservano trattati, documenti, lettere e progetti papali che coprono oltre 800 anni di Storia. L’aggettivo “segreto” risale al 1610. All’epoca voleva dire “personale, privato” cioè affidato al SECRETARIUS del re. L’archivio segreto fu aperto agli studiosi da Leone XIII nel 1881. Ma solo per i documenti datati fino al 1815.

    1246 L’ORDINE DEL GRAN KHAN


    Era il sovrano dell’Impero più vasto del mondo, quello mongolo. Era dunque naturale, dal suo punto di vista, rivolgersi al papa – sovrano del piccolo Stato della Chiesa – senza alcuna deferenza, chiedendo anzi di fare atto di sottomissione. Il mittente era il gran Khan Guyuk (1206-1248), il destinatario papa Innocenzo IV (1195-1254). La Missiva era la risposta all’ambasciata portata in Mongolia dal frate francescano Giovanni di pian del Carpine, nella quale il pontefice chiedeva all’imperatore mongolo di fermare le scorrerie contro i Paesi cristiani. Pian del Carpine era partito nel 1245 e dopo un viaggio interminabile (15 mesi, percorrendo circa 60 km al giorno a piedi e a cavallo) era giunto a Karakorum, capitale mongola. Ma la risposta ripartita con lui non era molto incoraggiante. Nel documento, scritto in lingua mongola (ma con un preambolo in turco) e in caratteri arabi, il gran Kahn (titolo imperiale traducibile con “signore oceanico”) dice tra l’altro: “ Questo è un ordine inviato al papa affinché lo conosca e lo comprenda [..] Tu in persona alla testa dei re, tutti insieme, senza eccezioni, venite a offrirci servigi e omaggi. In quel momento noi conosceremo la vostra sottomissione. E se voi non osserverete l’ordine di Dio e contravvenite ai nostri ordini, non vi saremo nemici [..]” Il papa ignorò “l’ordine”, ma la guerra non ci fu. Anzi, pochi decenni dopo, i cristiani si allearono con l’impero mongolo contro un nemico in comune: i sultani d’Egitto.

    1360 UNA DISPENSA PAPALE PER BOCCACCIO


    Essere un grande poeta qualche volta aiuta. Giovanni Boccaccio a un certo punto delle sua esistenza, dopo la metà del ‘300, decise di abbandonare la vita mondana che aveva condotto fino ad allora. I suoi incarichi diplomatici come ambasciatore del Comune di Firenze e la riflessione su tematiche politiche e spirituali, insieme alla frequentazione del devoto collega Francesco Petrarca e alle difficoltà economiche, lo avevano convinto agli Ordini minori. Ma c’era un problema: il diritto canonico escludeva che un figlio illegittimo potesse accedere alla vita ecclesiastica. E Bocaccio, pur essendo stato riconosciuto dal padre mercante, era appunto nato fuori dal matrimonio. Il problema poteva essere risolto solo con una dispensa pontificia. Che arrivò da Avignone il 2 novembre 1360. Nel documento, redatto in latino, si scopre che Boccaccio fu accontentato in pieno. Non solo vide rimosso l’impedimento (nel testo chiamato “defectus natalium”) ottenendo di poter accedere a tutti gli ordini religiosi, ma poté anche godere di un beneficio ecclesiastico (una rendita) proprio come aveva chiesto per sopperire ai problemi economici. Boccaccio prese così gli ordini minori entrando nel clero come chierico e trascorrendo gli ultimi anni della sua vita in una sorta di ritiro spirituale a Certaldo (Firenze), tra studi filologici e umanistici.


    1494 CARO PONTEFICE PADRE…


    A leggerla potrebbe sembrare una delle tante lettere scritte dalle nobildonne del Rinascimento ai loro capi padri. Ma se il babbo destinatario è un pontefice, le cose cambiano. Se poi il papa in questione è Alessandro VI (al secolo Rodrigo Borgia) e la figliola fa di nome Lucrezia, la missiva assume ancora più peso.Lucrezia Borgia scrisse al padre, uno degli uomini più potenti e corrotti del suo tempo, da Pesaro il 10 giugno 1494. La fanciulla che aveva 14 anni, era appena giunta nella cittadina con il marito Giovanni Sforza, sposato per opportunismo politico l’anno prima. Del resto, la sua era una famiglia di larghe vedute: ad accompagnare la coppia a Pesaro c’era anche Giulia farnese, una delle amanti di Alessandro VI. Nella lettera, dopo aver riferito al padre dell’ottima accoglienza ricevuta, Lucrezia esprime la sua preoccupazione per la situazione romana. Le famiglie Colonna e Sforza sembravano infatti a stringere un'alleanza con il re di Francia Carlo VIII. Preoccupazione eccessiva, visto che l'anno dopo papà Borgia avrebbe lasciato libero il passo alle armate francesi in marcia verso Napoli, dal momento che Carlo non aveva alcuna intenzione di deporlo.
    La lettera, inoltre, è un interessante documento linguistico. E' scritta in "volgare", l'italiano antico, e non in latino. E' una testimonianza della diffusione della nostra lingua nell'alta società rinascimentale.
    (tratto da Focus Storia, 2014)

    (Gabry)





    SAPEVI CHE!!!!




    Mangiare cioccolato fa bene al cervello: lo studio


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    DI JESSICA RIVADOSSI

    Le molteplici proprietà benefiche del cioccolato sono ormai note da tempo, ma secondo un nuovo studio condotto da dei ricercatori della University of South Australia l’alimento tanto amato dai più golosi sarebbe anche un toccasana per il proprio cervello.

    Pubblicato sulla rivista Appetite, secondo i risultati il cioccolato potrebbe essere in grado di potenziare le funzioni cognitive. Il segreto? Si troverebbe nei flavonoidi, noti antiossidanti che possiedono benefici anche per la salute cardiovascolare oltre che andare a migliorare il corretto funzionamento del fegato, del sistema immunitario e dell’apparato circolatorio.

    Per arrivare alle conclusioni i ricercatori sono partiti dal Maine-Syracuse Longitudinal Study (MSLS): questo ha coinvolto un totale di 968 persone di età compresa tra i 23 e 98 anni. Questi a loro volta sono stati seguiti per circa 30 con l’obiettivo di verificare se vi fossero degli effetti a lungo termine sulle funzioni cognitive legate al consumo di cioccolato. I partecipanti sono stati quindi monitorati (specie le condizioni a livello vascolare, stile di vita e alimentazione) e sottoposti a una serie di test (circa la memoria visiva, di lavoro e verbale): questo per andare ad analizzare come le facoltà cognitive varino a seconda del consumo di cioccolato.

    Dai risultati è emerso un miglioramento circa la memoria spazio-visuale e organizzativa e del ragionamento astratto e per questo motivo i ricercatori sono giunti alla conclusione che, un consumo regolare di cioccolato (ma sempre senza esagerare) potrebbe andare a migliorare le prestazioni cognitive andando a rallentarne il suo cognitivo (in genere dovuto anche all’età).

    Se bene non sia ancora chiaro cosa faccia scaturire questi benefici, gli effetti sarebbero stati registrati dopo il consumo settimanale di qualsiasi tipo di cioccolato.


    fonte;http://salute.leonardo.it/


    (Lussy)





    salute-benessere
    foto:aquariuscom.it

    Salute e Benessere



    Porretta-Terme
    foto:termediporretta.it


    Terme di Porretta


    Le Terme di Porretta, grazie alla ricchezza delle sostanze minerali disciolte nelle sue acque, vantano un fattore distintivo rispetto a molte stazioni termali.

    Utilizzano, infatti, le proprietà salutari di diverse fonti e i preziosi attributi di sorgenti benefiche: sulfuree, ricche di idrogeno solforato, e salsobromojodiche, copiose di oligoelementi, sale e iodio.

    La complessità del patrimonio idrominerale delle Terme di Porretta consente quindi un ventaglio di trattamenti e cure termali generosissimo, in grado di trattare le patologie più diverse. Inoltre, un comitato scientifico d’eccellenza, che annovera al suo interno illustri specialisti della medicina italiana, garantisce protocolli di cure termali seri, testati e realmente efficaci.

    Le Terme di Porretta sono classificate “1° livello Super” dalla regione Emilia Romagna e questo comporta l’impegno continuo degli operatori affinché ogni ospite, previo parere e prescrizione del proprio medico, possa usufruire di un benefico ciclo di terapie termali a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, i medici e gli specialisti termali potranno offrire consulenze mirate e gratuite, individuando i protocolli di cura e i trattamenti più idonei rispetto alle esigenze di salute di ciascun ospite.


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    foto:whotels.it


    Dalle fonti delle Terme di Porretta sgorgano acque sia sulfuree che salsobromojodiche, con caratteristiche che le rendono eccezionali.
    Sono acque in cui la concentrazione di elementi, indispensabili per il corretto funzionamento del nostro organismo, è particolarmente elevata.
    Questo fa sì che le acque termali delle Terme di Porretta siano molto efficaci per la cura, la prevenzione e la riabilitazione dell'apparato respiratorio, di quello locomotore e del sistema vascolare periferico, per la cura della sordità rinogena, di affezioni gastroenteriche, delle affezioni dermatologiche e di alcuni disturbi ginecologici.

    Le acque salsobromojodiche

    Affiorano dal terreno nella parte alta del paese, sotto l'albergo Terme, nella stessa zona ove sono stati effettuati i ritrovamenti archeologici delle vecchie terme romane.
    Sono acque che nella loro composizione ricordano l'acqua di mare. I costituenti fondamentali sono il cloruro di sodio, il sodio, il bromo e lo iodio.
    Gli effetti sull' organismo sono molteplici. Tra i principali ricordiamo gli effetti sul sistema nervoso centrale che inducono calma e lieve sedazione, l' azione antinfiammatoria sui tessuti, l' azione antisettica su cute e mucose, la stimolazione della secrezione di numerosi ormoni oltre ad effetti specifici generali e sui vari organi dipendenti anche dai mezzi di applicazione delle acque.
    Importanti sono anche gli effetti legati alla temperatura di applicazione delle cure come l' aumento della soglia del dolore e l' aumento della circolazione a livello locale.

    Le acque sulfuree

    Il principio attivo di queste acque è un gas, l' idrogeno solforato, attraverso il quale lo zolfo esercita le sue azioni benefiche tra cui vanno ricordate quella sedativa ed antispastica, quella fluidificante sulle mucose, lo stimolo alla produzione di anticorpi di superficie con azione protettiva sia sulle riacutizzazioni delle malattie dell' apparato respiratorio sia contro le allergie.
    Non vanno poi dimenticati gli effetti sulla pelle: l' azione favorente la caduta degli strati superficiali di cellule vecchie o malate e di stimolo alla crescita degli strati cellulari più profondi.

    Storia delle Terme di Porretta

    Le Terme di Porretta hanno oltre 2000 anni e la leggenda narra che fu grazie ad un bue ammalato, ormai incapace di reggere l'aratro e lasciato libero dal suo padrone, che vennero scoperte le proprietà delle acque: il bue, in uno dei suoi peregrinaggi, si dissetò alla Fonte termale e ritrovò il suo vigore. Da allora il bue guarito, è l'emblema delle Terme di Porretta.
    Ubicata nell'Appennino Tosco-Emiliano a circa 400 metri sul livello del mare, Porretta, e' raggiungibile risalendo la valle del Reno. La storia della stazione termale di Porretta è ultramillenaria vastissima e molto articolata.
    Per quanto riguarda l'epoca antica la maggior parte delle informazioni si desume indirettamente da scritti e resoconti di studiosi che nei secoli precedenti se ne sono occupati: dai testi si possono estrapolare dati e notizie su vestigia di epoca classica scoperte nelle vicinanze delle sorgenti termali dei Bagni della Porretta che ci tramandano notizie sull'esistenza e l'antichità d'uso delle acque curative in questa zona.
    Abbiamo però anche una fonte diretta a testimonianza dell'esistenza di sorgenti termali almeno dall'età romana: si tratta del famoso mascherone raffigurante il volto di un leone, oggi simbolo delle Terme di Porretta. Questa effigie di marmo recuperata nel 1888 lungo il greto del Rio Maggiore viene fatta risalire al primo secolo della nostra era.
    I secoli dell'Alto Medioevo non ci hanno tramandato alcun documento storico, né archeologico, né scritto, che ci informi sulle terme porrettane.
    Solo a partire dal XII secolo, Porretta e le sue terme cominciano ad essere citate in numerosi documenti, e dalla seconda metà del Trecento si intensifica in maniera sempre maggiore l'interesse per i bagni, soprattutto da parte del potere politico bolognese. Allo stesso periodo risale la costruzione dei primi alberghi comunitari e comincia a prendere forma l'attuale centro abitato con il nome di Bagni della Porretta.

    Terme nel medioevo

    La fama di Porretta e delle sue terme nel campo della sterilità femminile era tale che il famoso mercante pratese Francesco di Marco Datini nel 1387 ne scrive in alcune lettere comprese nel suo epistolario commerciale.
    Perfino Niccolò Machiavelli le cita ne "La Mandragola" (Atto I - Scena II).
    I secoli XV e XVI videro accrescere l'interesse di Principi e Signori italiani del Rinascimento per le terme di Porretta. Basti ricordare Lorenzo il Magnifico, Bianca Cappello moglie di Francesco I de' Medici, il Cardinale Francesco Gonzaga che aveva al suo seguito il celebre pittore Andrea Mantegna, Giovanni Sforza Visconti primo marito di Lucrezia Borgia.

    Le terme nell'era moderna

    Dal XVI al XVIII secolo si sviluppa il metodo sperimentale che, con l'Illuminismo, invade tutti i campi del sapere e si rifletterà sulle conoscenze più o meno empiriche che allora si avevano sulle acque minerali e sul loro meccanismo d'azione.
    Questo periodo per le terme di Porretta coincide con il governo della contea dei Ranuzzi, durante il quale assistiamo ad un ulteriore sviluppo delle terme con la conseguente commercializzazione delle acque e dei sali da esse ricavati.
    Le cure termali sono ancora, in questo periodo, privilegio di pochi e l'accesso a Porretta è ostacolato dall'inaccessibilità dei luoghi e dall'insufficiente ricettività alberghiera.
    La Signoria dei Ranuzzi terminò con la Rivoluzione Francese, quando Porretta divenne parte dell'Impero Napoleonico, per passare poi sotto lo Stato Pontificio nel 1814 e nel Regno d'Italia nel 1859.
    La prima grande via di comunicazione della Vallata del Reno è stata la Ferrovia Transappenninica.
    Prima della sua realizzazione infatti lo sviluppo del territorio ed in particolare di Porretta è stato condizionato dalla mancanza di collegamenti adeguati e sicuri con le principali città dell'Emilia e della Toscana.
    La Statale 64 Porrettana fu terminata solo nel 1847 dopo trent'anni di lavori, non riuscendo però a soddisfare le necessità del viaggiatore dell'epoca a causa della scarsa sicurezza e dell'incertezza sulla durata del viaggio.
    Dopo una serie di controversie nel 1851 il Governo Austriaco, i Ducati di Parma e Modena, il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio sottoscrivevano una convenzione per la costruzione della Ferrovia, denominata "Strada ferrata dell Italia Centrale", che collegava Piacenza a Pistoia; il tratto Bologna - Bagni della Porretta - Pistoia venne iniziato nel 1856.

    Fino a quel momento non era mai stata realizzata in Italia un'opera di tale portata: basti pensare che nel tratto in questione la linea è caratterizzata dalla presenza di ben 47 gallerie su un percorso di 133 chilometri. I lavori vennero affrontati con grande velocità e nel 1863 la nuova linea ferroviaria veniva inaugurata a Bagni della Porretta da Vittorio Emanuele II e l'anno successivo veniva aperta al traffico regolare.
    La stazione di Porretta divenne così uno scalo di primo piano a livello nazionale, passaggio obbligato nel collegamento tra l'Italia Centrale e Settentrionale.
    La Ferrovia ha contribuito in modo determinante allo sviluppo economico e sociale delle popolazioni della Valle del Reno, rompendo il loro antico isolamento.
    Fra i progettisti a cui venne affidata la realizzazione della Ferrovia grande importanza ebbe l'ingegnere francese Jean Louis Protche a cui è dedicata l'attuale Piazza della Stazione di Porretta Terme.
    Il XIX secolo è il periodo del grande rinnovamento dell'idrologia, sia dal punto di vista dottrinario che pratico. In questo secolo le stazioni termali subirono una rivoluzione architettonica, con ricostruzioni maestose, spesso però senza rispettare le vestigia del passato. Si distrussero così importanti reperti, come successe anche a Porretta con la costruzione del nuovo stabilimento Leone-Bove, sorto sull'antico impianto termale.
    Le terme erano frequentate da un pubblico scelto, rappresentato dalla classe dirigente dell'epoca, la società borghese che vedeva nella cittadina termale, oltre a un'occasione di cura, anche un luogo di svago e villeggiatura. Per i Bagni della Porretta questo secolo rappresentò l'apice, con un afflusso di bagnanti mai realizzatosi nel passato.
    L'Ottocento coincise quindi con un periodo di grande sviluppo delle terme e di Porretta stessa, determinato, e a sua volta determinante per una serie di fenomeni: costruzione di nuove strade, ferrovie, nuovi stabilimenti, accresciuta collaborazione con la Facoltà di Medicina dell'Università di Bologna ...

    Il novecento

    Dopo l'Unità d'Italia l'afflusso dei curandi subì un netto e progressivo incremento. La fama delle proprietà terapeutiche delle acque termali porrettane si diffuse nella penisola e all'estero, a Porretta in quegli anni si tenevano numerosi convegni medici.
    I giornali dell'epoca nelle loro cronache parlavano spesso delle terme porrettane, cronache da cui uscivano spaccati di vita termale interessanti e particolari, ricchi sia di episodi curiosi come di avvenimenti importanti per la vita e lo sviluppo delle terme. Porretta era una stazione termale vivace e alla moda.
    Numerosi erano gli artisti lirici che vennero qui per ristorare e fortificare le loro preziose corde vocali con le cure inalatorie. Fra i tanti citiamo Adelina Patti, Gemma Bellincioni, Alessandro Bonci, Giuseppe Borgatti, Ezio Pinza, Toti Dal Monte, Gino Bechi.
    Nella seconda metà del Novecento il termalismo diventa un fenomeno di massa: oltre ai tanti letterati, pittori, artisti del canto che l'avevano deputata loro stazione termale ideale, insieme a tutta l'aristocrazia della cultura e dell'arte a Porretta cominciano a giungere migliaia di persone attratte dalla fama delle sue acque.

    Le origini del nome Porretta

    Una curiosità. Demetrio Lorenzini, farmacista, geologo e botanico, nato e vissuto a Porretta tra il 1834 e il 1910, autore della "Guida ai Bagni della Porretta", sosteneva che il nome Porretta deriva da "una misera parrocchia intitolata a Santi Nicolai di Poreda", nome anche di un antico castello già distrutto nella guerra fra i Bolognesi e quelli della Sambuca Pistoiese.


    Il Santuario della Madonna del Ponte

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    foto:renonews.it

    Il culto legato alla devozione dell'immagine sacra della Madonna viene fatto risalire al 1249, epoca in cui venne sperimentata l'efficacia delle sorgenti termali della città.

    La prima costruzione era una Maestà la cui parete di fondo era costituita dalla roccia su cui era dipinta la Madonna.

    Presso il Santuario costruito tra 1578 ed il 1585 subito si verificarono molti eventi miracolosi documentati dai testi storici e dai numerosi ex voto conservati; il più noto è sicuramente quello avvenuto intorno al 1599, quando una quarantina di pellegrini, di ritorno dal Santuario, furono coinvolti nel crollo del ponte restando incolumi.

    Nel 1599 si decise di ricostruire in muratura il vecchio ponte in legno che collegava il Santuario con l'attuale Statale Porrettana in quel tratto scavata nella roccia.


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    STORIE DI DOLCI

    "Dio ha inventato le api ed il miele:
    il diavolo….i pasticceri"

    IL PASTICCIOTTO



    Il pasticciotto è un dolce tipico della zona del Salento in Puglia. Questo dolce che ha contribuito a rendere famosa la tipica cucina salentina. La tradizio-
    nalità del prodotto è assicurata dalla provenienza locale delle materie prime e dal metodo di produzione che avviene secondo tradizioni familiari. E' stato scelto, e di conseguenza pubblicato, come "simbolo del Natale 2015" dal New York Times.
    Spennellato di albume d'uovo prima della cottura in forno, il pasticciotto raggiunge la sua tipica doratura ambrata e lucida. Va consumato ancora caldo per rendere al palato tutte le migliori peculiarità del suo sapore: il profumo della crema e la consistenza della pasta frolla appena sfornata. La pasta frolla deve essere rigorosamente lo strutto e non margarina o burro, in quanto all'epoca della sua nascita, alla fine del Settecento, i prodotti che venivano usati dai contadini e dalle massaie, erano quelli che si producevano in casa, uova, farina, latte, ed avendo maiali appunto lo strutto.È tipica abitudine dei salentini consumare questo dolce appena sfornato e ancora caldo durante le prime ore della giornata per la prima colazione.
    La città di Lecce lo ha riconosciuto come dolce tipico leccese ed è presente nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali redatto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173).

    Oltre ad essere preparato nella sua classica forma di un piccolo tortino ovale, esiste anche nella forma di una torta rotonda, la torta pasticciotto che è molto simile alla torta basca, dolce tipico dei Paesi Baschi. Di questa torta esiste anche una variante napoletana, il pasticciotto napoletano che nel ripieno, oltre alla classica crema, è presente anche dell'amarena. Si trovano in commercio anche il pasticciotto profumato all'arancia, il pasticciotto con crema pasticcera e marmellata di amarene, il pasticciotto con crema al cioccolato e il pasticciotto nero di pasta folla al cacao con all'interno o crema gianduia o crema al cioccolato o crema pasticcera e pezzetti di cioccolato. Si dice che il pasticciotto al gusto di crema al limone fosse uno dei dolci preferiti del cantante Frank Sinatra. Il fatto è citato anche in una puntata del reality Il boss delle torte.
    Derivato del pasticciotto invece è il fruttone, il cui ripieno è di pasta di mandorle fresca e marmellata (di mele cotogne nella versione classica) e il tutto ricoperto da uno strato di cioccolato fondente. A differenza del pasticciotto, il fruttone va servito freddo.

    La prima fonte documentata che testimonia dell'esistenza del pasticciotto nella foggia corrente risale al 1707: come si scopre nell'archivio della Curia Vescovile di Nardò, nell'inventario redatto il 27 luglio 1707 in occasione della morte di Mons. Orazio Fortunato, tra le masserizie compaiono: «barchiglie di rame da far pasticciotto numero otto».
    Ma secondo la tradizione locale, la nascita del pasticciotto sembrerebbe risalire al 1745 a Galatina nella bottega pasticciera della famiglia Ascalone durante le festività di San Paolo. Dalla ricerca storica condotta da Zeffirino Rizzelli, ex sindaco di Galatina, un anonimo cronista del tempo narra che il pasticcere «si arrovella per trovare un qualche richiamo capace di attrarre soprattutto i forestieri» in occasione della festa del santo patrono. «Tra un dolcetto e una torta, piuttosto nervoso, Ascalone si ritrova un impasto e un po’ di crema» riporta Rizzelli «che non sono sufficienti a manipolare un altro pezzo. Decide allora di utilizzare quei resti ponendoli in un piccolo recipiente di rame e facendone una piccolissima torta alla crema». La sua creazione non gli riesce bene, il pasticcere è insoddisfatto per quel vero e proprio “pasticcio”, ma oramai decide di farlo cuocere. Così, una volta sfornato e pronto il dolce, lo regala a don Silvestro, il parroco del paese che come ogni mattina gli fa visita. Don Silvestro apprezza caldamente quello strano miscuglio, si complimenta con Ascalone e chiede di poterne avere altri per portarli in famiglia. Sorpreso e contento, il pasticcere promette di prepararglieli e da quel giorno si diffonde la voce dell’invenzione di quella prelibatezza e in breve tempo giunge a tutti i paesi limitrofi, portando a Galatina centinaia di golosi in cerca del «pasticciotto de lu Scalone».

    Si vocifera che, sua Santità Giovanni Paolo II dopo la visita pastorale del 1980 nella Terra D’Otranto, in occasione della sua tappa a Galatina, abbia così tanto apprezzato il sapore del Pasticciotto che, nell’arco del suo pontificato, più d’una volta a settimana il dolce di Andrea Ascalone veniva portato a Brindisi al mattino presto, e da lì col volo delle 6.00, partiva alla volta di Roma, e giungeva nella Città del Vaticano giusto in tempo per la colazione del Santo Padre.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    “Da questi fiori gialli come potrà mai nascere un vermiglio così vivido? La cognata Kyoko m'insegnò una triste leggenda: nei tempi passati cose come i guanti di gomma non c'erano, le fanciulle coglievano i fiori a mani nude e, pungendosi le dita con le spine, sanguinavano; quel sangue si diceva rendere ancora più intenso il colore rosso. Fanciulle che in tutta la vita non avrebbero messo del rossetto sulle labbra. Avevo come l'impressione di poterne sentire le voci astiose verso le sgargianti donne della capitale. Quando per ottenere un pugno di rossetto ci vogliono cinquecento libbre di questi petali: del rossetto puro, dal luccichio iridescente. Si dice che persino ai tempi valesse quanto l'oro.” ( da Pioggia di ricordi)


    IL CARTAMO


    Il Carthamus tinctorius L., noto con i nomi comuni di cartamo o zafferanone, è una pianta apparte-
    nente alla famiglia delle Asteraceae. Il suo nome Carthamus deriva dall’arabo kortum o dall’ebraico kartami significa colore e questo nome gli venne dato per le sue grandi proprietà tintorie.

    E’ una pianta spontanea e infestante, cresce selvatica sia in climi continentali che caldi o costieri; è una specie annuale, che giunge ad una altezza di 1-1,4 m; caratteristica per la spinosità delle foglie superiori e delle brattee fiorali . La radice è tipicamente fittonante, molto profonda (1-1,5 m). Il suo sistema radicale profondo permette al cartamo di sopravvivere in aree con poca umidità superficiale perché le radici possono raggiungere l’umidità e le sostanze nutritive situate anche ad una notevole profondità. Le sue foglie sono alterne quelle più alte sono provviste di spine, mentre quelle in basso sono oblunghe e inermi. Le infiorescenze portate all’apice dei fusti sono dei capolini costituiti da 20 o più fiori di un vistoso giallo arancio. Su una sola pianta se ne possono contare più di 100. Il cartamo si riproduce per impollinazione ad opera degli insetti. I frutti chiamati comunemente semi sono in realtà degli acheni lucidi, ovoidali, ricchi di olio, infatti ne contengono dal 40 al 45%.
    Di questa pianta si utilizzano i semi e i fiori. I semi per ricavare un olio molto apprezzato che contiene il 75% di acido omega 6 (acido linoleico) e vitamina K. L'olio di cartamo viene utilizzato per produrre margarine speciali vitaminizzate. Con i petali dei fiori, che una volta secchi diventano di un rosso vivo, si usa nelle vivande al posto del più caro zafferano.
    Si possono anche tingere le stoffe, infatti il cartamo è considerato pianta tintoria. Nei fiori vi è un pigmento colorante chiamato cartamina che dà, a seconda del procedi-
    mento utilizzato, il colore giallo o quello rosso. Coltivare il cartamo era diffuso sino a quando i colori sintetici non hanno sostituito quelli naturali.
    In Europa, la sua coltivazione è rimasta solo in Spagna e in Portogallo. Solo nel 1925 fu introdotta in America e si diffuse in Messico, in Venezuela e in Columbia. Oggi il maggior produttore di cartamo è l’India, seguono gli Stati Uniti e il Messico. Attualmente il cartamo ha importanza soprattutto come pianta oleifera.
    La sua polvere veniva usata per adulterare il più pregiato zafferano anche se questa pianta erbacea ha un gusto meno intenso e un aroma più leggero dello zafferano. Sono giustificati i nomi popolari che ricordano questa pratica: zafferanone, falso zafferano, zafferano bastardo, perché non solo veniva usata per falsificare lo zafferano ma era anche impiegata come sostitutivo nelle classi meno abbienti,era chiamata “lo zafferano dei poveri”. Questa spezia ha il potere di far coagulare il latte e rendere consistenti creme e budini.
    L’olio ha un colore rosso dorato ed è caratterizzato da un’elevata viscosità, il suo sapore ricorda quello della nocciola. Si impiega a crudo anche se può essere riscaldato leggermente.
    L'uso in pittura è piuttosto recente: si utilizza l'olio estratto dalla pianta per far essiccare lentamente i colori. Un vantaggio è che ammorbidisce e fluidifica i colori e viene raccomandato per colori bianchi e colori molto tenui o tonalità pastello. Viene usato come colorante nella fabbricazione di belletti e rossetti.
    Lo zafferanone viene utilizzato sia dall’antichità come pianta medicinale, è un erba amara che possiede ottime proprietà sudorifere, diuretiche e antipiretiche, utili per abbassare la temperatura del corpo in caso di febbre, raffreddore e stati influenzali in generale. Svolge un’efficace azione antinfiammatoria e antidolorifica, stimola la circolazione e l’attività del cuore. E’ indicato nella cura e nel trattamento dei disturbi del fegato, come epatite ed ittero.
    La tradizione popolare le associa le proprietà di prolungare vigore fisico, agilità mentale e attività sessuale. Nel Medioevo, alle persone non più giovani, si somministrava ogni giorno un infuso di cartamo e la stessa usanza è ancora in auge in India e in Africa.

    …storia…


    Il luogo d’origine del cartamo fu nel Mediterraneo orientale, in Pakistan e nel Nord Africa. Il progenitore del cartamo tinctorius pare che sia una specie selvatica che vive in una limitata zona desertica della Palestina e che porta il nome scientifico di Cartamo palestinus. Le prime prove dell’utilizzo di questa spezia sono in Siria e risalgono a un tempo remotissimo, 7.500 anni a.C. In Europa invece questa spezia fu in età neolitica circa 5.800 a.C. Non veniva coltivato ma, si usavano le specie selvatiche.
    Nell’antico Egitto il cartamo era noto e largamente commercializzato. Era impiegato per l’estrazione dell’olio e dei semi, usato per tingere le stoffe e come pianta officinale. Nell’antica Grecia e nell’antica Roma l’olio di cartamo acquistò una grande importanza . Apicio, cuoco romano, lo cita in una sua ricetta sotto il nome di cnecos.
    E’ stata descritta per la prima volta dalla medicina tradizionale cinese nel 1061. Da notizie riportate risulta che sia stata introdotta in Europa dall’Egitto intorno al 1551


    ................


    Cartamo - Carthamus tinctorius - Piante aromatiche www.vecchiaerboristeria.it/piante-o...p#ixzz40zGnp9xI

    http://silviadgdesign.altervista.org/blog/...iti-e-leggende/

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    MARZO

    Marzo

    Ecco Marzo, il terzo mese,
    che, scrollando i folli ricci,
    un pò matto e un pò cortese
    fa le smorfie ed i capricci.
    Tutto nervi e argento vivo,
    muta umore ogni momento
    ed annunzia il proprio arrivo
    con la grandine e col vento.
    Fischia e morde, piange e ride,
    ed ingemma il colle e il prato
    mentre,ancora, il vento stride..
    Ma l'inverno è terminato,
    Quanta luce nel creato,
    dopo i tuoni e la bufera!
    marzo è il paggio scapigliato
    della dolce primavera.


    (P. Ruocco)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)





    scatto di Cristobal Serrano

    Strappare la bellezza al mondo
    ovunque essa sia e regalarla a chi ti sta accanto:
    per questo sono al mondo.
    (Alessandro D’Avenia)

     
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  2. tomiva57
     
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    Peppino_10000000

     
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  3. barbarart
     
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    Che bellooooooooo ed io sono con voi a festeggiare!

    Auguri ISOLA FELICE!




    Barbara

     
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  4. gheagabry
     
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    buonanotte Barbara!

    Buonanotte a tutti

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    Buon Giovedì, un abbraccio a tutti.

     
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  6. barbarart
     
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    Barbara

     
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  8. gheagabry
     
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    buonanotte