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BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …
Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 008 (22 Febbraio - 28 Febbraio 2016)
BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …
Lunedì, 22 Febbraio 2016
S. MARGHERITA
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Settimana n. 08
Giorni dall'inizio dell'anno: 53/313
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A Roma il sole sorge alle 06:56 e tramonta alle 17:51 (ora solare)
A Milano il sole sorge alle 07:14 e tramonta alle 17:59 (ora solare)
Luna: 6.35 (tram.) 17.47 (lev.)
Luna piena alle ore 19.21.
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Proverbio del giorno:
Gennaio ingenera, febbraio intenera, marzo imboccia.
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Aforisma del giorno:
Non lasciarti opprimere dalle calamità,
ma va incontro a loro coraggiosamente.
(Virgilio)RIFLESSIONI
... L’UOMO CHE PARLAVA CON I FILI DI ERBA …
... Quei fili d’erba sembrano tante mani che sollevate verso il cielo salutano festanti. Il vento li muove e crea come una gigantesca hola sul quel grande prato verde. Disteso pancia a terra e col la guancia poggiata sull’erba, osserva silenzioso e stupito quel verde muoversi dei fili d’erba. Ansimante per le tante corse, quello è il momento che più ama; il suo adagiarsi sul manto verde e lasciare che esso gli parli e racconti le sue storie. Nessun sa quel suo segreto; “Tutti pensano che i fili di erba si muovano per il vento”, sapessi quante cose raccontano, se uno soltanto si distendesse a terra e aprisse il proprio cuore sentirebbe le loro voci. Parlano muovendosi, anzi grazie a quel dolce ondeggiare emettono suoni che in poco divetano parole. “Mi distedo e li ascolto”; “se potessimo ti sospingeremmo noi quando corri”, “il tuo cuore limpido e la tua gioia nel giocare ti rendono unico”. Molti che lo sentivano nello spogliatoio raccontano che spesso diceva queste parole una volta restato solo:”Mi emozionano sempre, quando corro immangino le loro”mani”, quei milioni di fili di erba, che sostengono le mie scarpe e mi spingono per essere più veloce più agile”. Nessuno comprendeva il senso di quelle parole, alcuni ironizzavano dicendo che stesse impazzendo. Fu così che un giono un suo amico si distese al suo fianco e, nella sua stessa posizione, restò in silenzio osservandolo e aspettando chissà cosa. Rimasero in quella posizione per quasi un’ora, in silenzio, interrotto dalle folate di vento e che agitava quei fili di erba. Una volta alzati il suo amico gli disse:”Ma cosa ci trovi di speciale a stertene disteso in quella posizione?”; lui sorrise e con una incredibile luce negli occhi rispose: “Non tutto ciò che ci è intorno è comprensibile a tutti; spesso la bellezza è nei luoghi e nelle forme che hai sempre davanti agli occhi senza che tu te ne accorga.” L’amico voltò le spalle facendo un gesto con la testa come se avesse sentito un pazzo parlare. La Domenica però quel ragazzo “strambo” era l’idolo di tutti, trascinava compagni e tutti coloro che assistevano alle partite in quella sua magia che solo lui sapeva creare col pallone. “Se solo sapessero quanta magia c’è intorno a noi”; “Se solo sapessero ascoltare tutto ciò il mondo intorno ci dice”. Faceva magie su quel campo e solo lui poteva sentire ogni singolo filo di erba fare il tifo per lui. Divenne un mito, un esempio per tutti e fece del bene a tanti meno fortunati di lui. Finì la sua carriera sportiva e si ritirò in una villa grandissima con tanto prato verde intorno. Fino all’ultimo giorno della sua vita continuò a parlare con i fili di erba; chi passava vicino la sua casa spesso lo vedeva disteso immobile sul prato; nessuno seppe mai il suo segreto. Lui era “L’uomo che parlava con i fili di erba”.… Buon Febbraio amici miei … (Claudio)
Egisto, l'uomo che parlava al grano
Egisto viveva in una casa colonica sopra Fiumalbo, lungo la strada che dal paese montano porta all'Abetone, terra di confine tra Modena, Pistoia e Bologna. Era sposato con Rosa.
Rosa e Egisto (“Gisto”, come lo chiamava lei sbrigativamente) facevano i contadini, mestiere in disuso già alla fine degli anni '70 in una zona che stava velocemente – anche se un po' confusamente - accogliendo il turismo. Era un uomo senza età, nel senso che non sono mai riuscito a dargliene una. Poteva aver 50 anni come 90.
Egisto e Rosa avevano due mucche, una capra bianca con qualche "toppa" marrone e tanti campi dove coltivavano il grano e da cui ricavavano il fieno per le mucche.
I bovini erano ospitati in una stalla vecchia e angusta, che Egisto teneva pulitissima, di fianco ad un mulino e nei pressi di un allevamento di maiali: era un posto bellissimo, sembrava uscito da una fiaba; la capra, invece, aveva una casetta tutta sua, di pietra, dietro la fattoria, con una porticina di legno, sgangherata: era il luogo preferito dai bambini.
Ogni giorno andavamo da Egisto a prendere il latte per i bimbi che ci seguivano incuriositi da quegli animali così grossi, dei quali avevano un certo timore. Con la capra, invece, il rapporto era diverso. Quando Alessandro e Silvia si avvicinavano alla casetta di pietra dove viveva, la capretta usciva sulla porta e stava ferma, a guardare i due bimbi che si sganasciavano dalle risate. Ma non si allontanava, né mostrava fastidio, rimaneva lì, sulla porta, incuriosita da quegli strani animali, piccoletti a due zampe che facevano un sacco di chiasso.
Il rito del latte era il momento più piacevole della giornata. Egisto era magrissimo e molto alto, con la schiena ricurva e la cintura dei pantaloni stretta attorno alla vita, fuori dai passanti; il volto era scavato dalle rughe. In testa teneva un cappello scuro con la tesa, consumato dagli anni. Parlava poco e tra una parola e l'altra regalava silenzi che pareva non finissero mai. Eppure, ad Egisto piaceva parlare, ma solo dei suoi animali e dei suoi campi. In un dialetto modenese poco comprensibile pure a me che di quello bolognese conservo ancora qualche ricordo giovanile. E così spiegava pregi e difetti dei due animali, cosa e quanto mangiavano e le differenze del latte, da stagione a stagione. Lui preferiva quello estivo, quando le mucche mangiavano l'erba fresca. “E' più ricco”, spiegava pronunciando il “più” e il “ricco” come se fosse un'unica parola.
Rosa era solare e chiacchierona, sempre col sorriso sulle labbra pareva avesse cento denti. Spesso ci accoglieva in casa e non mancava mai una carezza per i bambini. Ci raccontava del figlio che faceva l'operaio e nel tempo libero aiutava “Gisto”. Un aiuto non sufficiente per due anziani e con mille acciacchi, per Egisto, soprattutto, il cui cuore ogni tanto faceva qualche brutto scherzo. Quel figlio era il cruccio di Egisto che non vedeva una grande futuro per la sua fattoria; ma anche Rosa aveva i suoi pensieri. Intendiamoci, era un bravissimo ragazzo, ma aveva preso una sbandata sonora per una bella ragazza modenese.
“E' fidansa' con la maestra”, raccontava Rosa calcando la voce su quel “maestra” facendo così capire come quel fidanzamento le piacesse poco. “E' di Modena, è una cittadina. Insegna qui, alle scuole elementari di Fiumalbo”. E quel “cittadina” spiegava tutta la sua perplessità: lui, un operaio montanaro figlio di contadini, che si era messo con un'insegnante di Modena: quanta distanza! Insomma, quel rapporto era fuori dagli schemi di Rosa e di Egisto e quindi incomprensibile.
Noi, dunque, ogni giorno portavamo i bambini alla stalla di Egisto e per arrivare dovevamo passare davanti all'allevamento di maiali adiacente ad un caseificio. Secondo il vento, l'impianto si faceva annunciare a diverse centinaia di metri. E Alessandro era il più veloce ad avvertire: “Ca puzzo ca maiali”, diceva, era la “sua” ripetizione di quello che dall'anno prima aveva ascoltato da noi: “Che puzzo di maiali”, esclamavamo quando passavamo davanti al grande piazzale.
Non sempre, però, Egisto era nella stalla e allora dovevamo salire fino a casa dove Rosa ci riempiva la bottiglia di latte e scherzava con i bambini dopo che questi avevano fatto visita alla capretta.
“Nostro figlio si sposa”, annunciò un giorno con un tono di voce indecifrabile, ma i suoi occhi mandavano lampi di felicità, perché Rosa guardava oltre, forse pensava già a qualche marmocchio che presto sarebbe arrivato. Egisto muto.
Egisto passava molto tempo nella stalla, ma ancor di più nei campi, per lui erano quelle le ore migliori della giornata, libero di far librare nell'aria i suoi pensieri. Un pomeriggio stava rientrando a casa dopo aver falciato il fieno, noi eravamo nella piccola aia, davanti alla porta, ci salutò con cordialità poi sparì nella parte posteriore dell'edificio. Lo seguii, quell'uomo dinoccolato mi affascinava, emanava una forza interiore incredibile, trasmetteva valori antichi che avevo conosciuto solo nella mia infanzia.
“Egisto, qui ormai si danno tutti al turismo, è rimasto solo lei a dedicarsi ai campi e alle mucche”.
“No - mi corresse con quell'accento “largo”, modenese - , c'è anche un'altra famiglia più in alto, anche loro fanno i contadini, ma hanno le macchine. E poi, mica so quanto dureranno”.
Sì, perché Egisto l'erba la tagliava con la falce fenaia che ogni tanto arrotava con una piccola pietra che teneva in una taschina di cuoio nero. Egisto non aveva niente che andasse a motore – a parte una piccola auto - per lui le “macchine” erano una soluzione lontana anni luce dalla sua idea di agricoltura.
“Però è un lavoro faticoso – osservai -. Mio nonno che faceva il contadino diceva sempre che la terra era bassa. Perché lei ha ancora così tanta passione?”
“Perché amo i bambini”, rispose lapidario Egisto. Poi un lungo silenzio mentre inforcava il fieno e lo gettava su un soppalco. “Il grano – spiegò – è come i bambini: si getta il seme e la pianta cresce e io la vedo crescere. Magari può capitare che si ammali, allora io la curo. E quando il grano è cresciuto si muove seguendo il vento, come i bambini quando agitano le mani. E' il loro linguaggio e io col grano ci parlo e accarezzo le spighe”.
Egisto morì, soffriva di cuore e il cuore lo tradì. Egisto non vide mai crescere il grano che quell'anno aveva seminato né il nipotino che sarebbe arrivato. Chissà se senza le carezze e i sussurri di Gisto, sarà venuto un buon grano.
Non tornammo più in quella stalla, né a casa di Rosa, non avevamo il coraggio di dire ai bambini che Egisto era morto, dicemmo loro che il latte saremmo andati a prenderlo da un'altra parte perché Gisto era vecchio e aveva venduto le mucche. “E la capra?”, chiese Silvia a bruciapelo. Per lei Egisto e Rosa erano la capretta bianca che viveva nella casa di pietra..
(Alberto Vivarelli)CAREZZE AL RISVEGLIO
... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
POESIE A TEMA
Poesie e racconti sull’Inverno…
Notte d'inverno
Sul paesino bianco bianco
scende la notte scura scura,
ma il cuor piccino non ha paura
anzi è preso da un dolce incanto.
Che cos’ha per compagnia
la piazzetta solitaria?
Ha la fontana che sempre varia
la sua canzone di fantasia.
E l’alberella che par morta
senza un fremito di volo?
L’alberella ha l’usignolo
che col suo piangere la conforta.
E nella casa che s’empie già
d’uno stuolo vago e leggero
d’ombre vestite di mistero,
il bambino felice cos’ha?
Il bambino ha la sua mamma
ce gli fa nido con le sue braccia,
che se lo stringe guancia a guancia
e gli canta la ninna nanna.
(Diego Valeri)
FAVOLE PER LA NINNA NANNA …
La volpe e il lupo
Intorno alla metà agosto, nei giorni precedenti la festività di S. Rocco, il bosco tra Ripacandida, Forenza e Ginestra è attraversato da carri che trasportano vari animali, soprattutto maiali. Secondo una tradizione che si perde indietro nel tempo, a Ripacandida, piccolo borgo insediato sulla sommità di una collina, il giorno di S. Rocco ha luogo una grande fiera. Nella notte, si festeggia con rudimentali fuochi d’artificio, sullo sfondo di campi rigati dalle stoppie che bruciano. Da tutto il circondario arriva gente per la compravendita dei vari animali. Ma l’attrazione principale sono i maiali, acquistati generalmente uno per famiglia, che sono fatti crescere, all’ingrasso, in angusti caselli e, infine, macellati alle soglie dell’inverno. Il lupo e la volpe, che in quel bosco sono gli animali dominanti, vedono passare quei carri trasportare una serie di animali, la maggior parte dei quali, appunto, tozzi, rosei e senza pelo. Carri che vanno verso il paese carichi, e che tornano indietro scarichi. Incuriositi seguono i carri, fino al limite del bosco, che è separato dal paese soltanto da una stretta vallata.
In quel tempo, l’asino o la mula sono il principale mezzo per muovere persone e cose, la corrente elettrica è stata scoperta, ma non è ancora una risorsa utilizzabile in quei luoghi, e gli inverni sono freddi e nevosi. La legna del bosco scalda le case, quasi sempre solo l’ampio locale in ingresso, che è dominato dalla cucina in muratura, con annesso focolare, fuochi per le pentole e forno per il pane e le focacce. Il calore del focolare e della cucina non arriva nelle stanze da letto. I carboni ancora appena ardenti sono trasferiti dal focolare in appositi ‘scaldini’, per riscaldare, se non le stanze, almeno i letti. Le famiglie sono numerose e gli spazi sono limitati. Questo significa poche stanze, ciascuna con tanti letti. Oppure, nel caso di famiglie molto povere, un'unica grande sala con locali separati da tendoni. In cucina, di solito in un sottoscala, è ricavato lo spazio per il pollaio e la conigliera. Il sottotetto ospita un’altra piccola stanza e la piccionaia. L’angusto spazio per il maiale, il casello, è all’esterno, come la stalla per l’asino o per la mula. La casa è concepita per uomini e animali, in modo che la famiglia abbia risorse essenziali per mantenersi in autonomia. Il latte, altra importante risorsa alimentare, viene venduto porta a porta, al mattino, trasportato in bidoni metallici e distribuito mediante contenitori metallici che ne misurano la quantità.
A quell’estate, un’estate torrida, segue il più rigido e nevoso inverno che il lupo e la volpe, e non solo loro, ricordino. Un inverno interminabile, che non concede cibo a chi non sia in letargo. I due animali, di giorno in giorno sempre più deboli, si ritrovano, quasi senza accorgersene e spinti dall’istinto di sopravvivenza, al limite del bosco. Di fronte c’è Ripacandida, il paese del traffico di quegli strani animali color rosa. Il lupo e la volpe si guardano l’un l’altro e, con passo lento e strascicato, senza neanche un cenno d’intesa, si avviano giù verso la valle.
Giunti in paese, nevica fitto. Nel silenzio del tardo pomeriggio, le strade sono deserte. Rasentando i muri, il lupo e la volpe si trovano davanti a un imponente portone di legno. Alla base del portone, un buco circolare nel legno permetterebbe di guardare dentro il locale. Ma i due animali, prima ancora di realizzare l’idea di guardare attraverso il buco, sentono nell’aria, proveniente da quel buco, caldo odore di cibo. Passa meno di un istante tra il guardare all’interno del locale, una cantina, ed entrarvi, con una certa difficoltà, perché il buco è abbastanza stretto. Ma loro due sono estremamente magri. Ed ecco cosa sono diventati tutti quegli strani animali dalla grande pancia e dalle gambe corte! Salsicce, soppressate, salami, trippa, prosciutti. E, ancora, sugli scaffali, quanti formaggi, di ogni tipo e forma! Il lupo e la volpe sono disorientati. Non sanno neanche con quale cibo cominciare. Sanno solo che, ora, possono nutrirsi, finalmente. E cominciano a mangiare, passando da un cibo all’altro, con frenesia.
A un certo punto, la volpe guarda la pancia del lupo che diventa sempre più grande, a vista d’occhio. Poi guarda la sua pancia, e quindi il buco da dove sono entrati. Si avvicina al buco e fa una prova per capire se sarebbe riuscita a uscire. Ci sarebbe riuscita, seppure a fatica. Decide allora di non mangiare altro, ma di portare con sé del cibo da consumare fuori dalla cantina. Lei sì, si sente proprio furba, altro che il lupo! ‘Quello stupido animale – dice a se stessa la volpe – continua a mangiare senza sosta e senza pensare a null’altro. Voglio proprio vedere come farà ad uscire dal quel buco nel portone.'
Neanche il tempo di terminare la frase e una porta interna alla cantina, cigolando, si apre. Un omone grosso e un po’ impacciato si fa avanti. Il padrone della cantina. L’uomo fa un saltello indietro, sorpreso dal vedere prima il disordine generale, poi i due animali. Il lupo e la volpe, a loro volta, fissano l’uomo, pronti a scappare. L’uomo incrocia gli sguardi, prima verso il lupo, poi verso la volpe, quindi si guarda intorno. Trova un bastone, lo prende e comincia a inseguirli, ansimando e con poca agilità. La volpe si dirige immediatamente verso il buco del portone e riesce a uscire e a mettersi in salvo. Il povero lupo, dopo esser sfuggito all’omone correndo lungo i muri della cantina, esausto e appesantito dal cibo ingerito, tenta anch’egli di uscire attraverso il buco. Ma ha mangiato troppo e la pancia, strapiena di cibo, è troppo grande e non gli permette di uscire. E allora, ‘titingh’ e titanghe, titingh’ e titanghe, titingh’ e titanghe’,1 sul lupo si abbattono i colpi di bastone del padrone della cantina.
Malridotto, pieno di lividi e con qualche osso incrinato, il lupo, subìta la dura lezione, è lasciato libero di uscire. Zoppicando, si dirige lentamente verso il bosco. Dopo un breve tratto di strada, viene avvicinato dalla volpe, che gli dice, con voce sofferente: ‘Caro mio, ce la siamo vista brutta! Quante botte!’
‘Eh sì – risponde il lupo con la voce strozzata per il dolore – guarda come sono ridotto, non sto sulle zampe. Ma tu dov’eri?’
‘Non mi avrai visto. Quell’uomo, dopo aver picchiato te, ha picchiato anche me.’ A quel punto, la volpe prende una forma di ricotta, che aveva portato con sé uscendo dalla cantina, la estrae dal cestello che la contiene, e se la appoggia sulla testa.
‘Guarda – dice al lupo – tu avrai le ossa rotte, ma io ho la testa spaccata, e il cervello è uscito fuori.’
‘O povera volpe, chissà come starai male!’ ‘Male, male, molto male, – conferma la volpe – sono paralizzata talmente da non riuscire quasi neanche a muovermi. E dobbiamo rientrare nel bosco. La strada è lunga e innevata.’ Dopo una breve pausa, la volpe aggiunge:
‘Caro amico lupo, non potresti portarmi su di te?’
Il lupo, pur sofferente e zoppicante, comprende che la volpe sta molto peggio di lui. E allora, se la carica addosso e comincia, con molta fatica, a dirigersi verso il bosco. La volpe, soddisfatta di se stessa e della sua furbizia, comincia a ripetere un lamentoso e ambiguo ritornello:
‘E lu stuort’ porta lu dritt’, e lu stuort’ porta lu dritt’, e lu stuort’ porta lu dritt’.’ Dopo non molta strada, però, inavvertitamente un pezzo di ricotta cade dalla testa della volpe e finisce sulla neve, proprio davanti al lupo. Dapprima sorpreso, il lupo realizza quasi immediatamente che non si tratta di cervello, ma di ricotta. Capito l’inganno, prima che la volpe ripeta ancora una volta il perfido ritornello, il lupo scaraventa giù la volpe e, con le ultime forze rimaste, la riempie di botte.
(Barbara Boscolo)
ATTUALITA’
Samsung rilancia sfida con nuovi Galaxy S7.
A fiera mondiale Barcellona scommette anche su realtà virtuale. Immagini di alta qualità anche con luce scarsa, più resistenza all'acqua e alla polvere, sistema di pagamento mobile Samsung Pay (ma solo in alcuni Paesi, non in Italia) e poi torna lo slot per una microSD fino a 200 Gb aggiuntivi o per una dualSim. Sono alcune delle caratteristiche degli smartphone di alta gamma Galaxy S7 e S7 Edge, svelati dal colosso sudcoreano al Mobile World Congress di Barcellona, e che a partire da metà marzo prossimo saranno sul mercato per sfidare gli iPhone di Apple. Ma Samsung scommette anche sulla realtà virtuale con Gear 360, la videocamera a 360 gradi che monta lenti 'dualfisheye'.
Sul fronte smartphone, Galaxy S7 da 5.1 pollici e S7 edge da 5,5 pollici (il costo secondo indiscrezioni dovrebbe essere rispettivamente 799 e 699 euro) hanno il sistema operativo Android 6.0 (Marshmallow), il primo con batteria da 3,000mAh e il secondo da 3,600mAh. Sono costruiti con vetro 3D e hanno curve ergonomiche. La funzione 'Always-On Display' consente di non perdere chiamate o notifiche importanti. Anche con poca luce le immagini sono più luminose e nitide grazie alla prima fotocamera 'Dual pixel' montata su uno smartphone. L'obiettivo ha un'ampia apertura, il tempo di posa è più veloce e la messa a fuoco automatica è più accurata. La nuova modalità 'Motion Panorama' dà movimento alle foto panoramiche tradizionali. Sul solo S7 edge è disponibile Edge Ux, una scorciatoia per le funzioni più usate come posta elettronica, selfie, panorama.
I due modelli consentono una ricarica veloce sia elettrica sia wireless mentre torna lo slot per inserire una microSD fino a 200GB di capacità aggiuntiva. In alcuni paesi è possibile inserirvi una scheda duaSIM. Prestazioni migliorate anche per i giochi, che hanno un alto rendimento grafico, grazie a un potente processore e una batteria più grande.
Con Galaxy S7 e S7edge è disponibile il pagamento Samsung Pay accettato quasi ovunque. Il servizio ha raggiunto cinque milioni di registrazioni e transazioni per 500 milioni di dollari nei primi sei mesi di attività in Sud Corea e Usa. Debutterà anche in altri Paesi e a fine anno in Europa in Spagna e Gran Bretagna.
(Ansa)
Vino italiano traina record esportazione cibi all'estero.
Tra le new entry ottima la posizione per caviale e birra. Il vino italiano traina il valore record di esportazione dei cibi italiani all'estero, con un aumento dell'80 per cento nel decennio per raggiungere nel 2015 un valore delle esportazioni di 5,4 miliardi, che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola Made in Italy all'estero. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sul commercio estero sulla base dei dati Istat cher precisa che in generale il valore dei cibi e dei vini italiani all'estero praticamente raddoppia negli ultimi dieci anni facendo segnare un aumento record del 79% nelle esportazioni che hanno raggiunto il massimo storico di 36,8 miliardi di euro nel 2015. "Al secondo posto- spiega la Coldiretti - si posiziona l'ortofrutta fresca con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015 ma con una crescita piu' ridotta e pari al 55% mentre al terzo posto sul podio sale la pasta che raggiunge i 2,4 miliardi per effetto di una crescita del 82% nel decennio". Tra le new entry in classifica, si posizionano bene le produzioni che un tempo erano patrimonio esclusivo di altre nazioni come la birra, il cui valore delle esportazioni è triplicato (+206%) conquistando i mercati di paesi tradizionalmente produttori come la Gran Bretagna o la Germania e il caviale, che in un decennio è passato da zero a 11,2 milioni di euro, invadendo le tavole della Russia prima di essere bloccato dall'embargo legato alla crisi Ucraina. Ed è triplicata (+201 per cento) pure l'esportazione di funghi freschi o lavorati Secondo l'indagine, l'aumento del comparto e' da record con il 79% delle esportazioni che hanno raggiunto il massimo storico di 36,8 miliardi di euro nel 2015. Circa un prodotto alimentare italiano esportato su cinque è "Doc" con il valore delle esportazioni realizzato grazie a specialità a denominazione di origine, dai vini ai formaggi, dalle conserve all'olio fino ai salumi, che rappresenta il 20% del totale ma - sottolinea la Coldiretti - si evidenzia anche che la crescita è spinta da nuove specialità del Made in Italy, dalla birra ala caviale."A determinare l'ottima performance dell'agroalimentare italiano sono stati però anche - precisa la Coldiretti - l'olio di oliva che è aumentato del 24% nel periodo considerato per raggiungere 1,4 miliardi a pari merito con i salumi".
(Ansa)
La matematica rilegge Star Wars.
Ricostruita la rete dei 20.000 personaggi della saga. Che l'universo di Star Wars fosse enorme si sapeva, ma tenere il conto di tutti i personaggi che compaiono nei sette film, libri e videogame della saga, non è facile. Ci sono riusciti i ricercatori del Politecnico di Losanna, coordinati da Kirell Benzi, che grazie alla matematica e al computer hanno ricostruito la complessa rete di legami fra gli oltre 20.000 personaggi della saga, distribuiti tra 640 comunita' di 294 pianeti in un periodo di 36.000 anni.
Analizzando centinaia di pagine web disponibili sul tema con un algoritmo da loro sviluppato, i ricercatori sono riusciti a tirare fuori molti dati nuovi. Hanno scoperto in questo modo che, dei 20.000 personaggi che compaiono nella saga, sono 7.500 ad avere un ruolo importante, Di questi 1.367 sono Jedi e 724 i Sith seguaci del lato oscuro della Forza. L'80% di essi sono umani.
Il software ha permesso inoltre di collocare i personaggi nella cronologia della saga, ricostruendo una sequenza temporale di 36.000 anni, intervallati in sei periodi principali: prima della Repubblica, la Vecchia Repubblica, l'Impero, la Ribellione, la Nuova Repubblica, l'Ordine Jedi.
''Per fare un po' d'ordine in questa enorme mole di dati - spiega Xavier Bresson, uno dei ricercatori - ci siamo basati sull'analisi delle reti, cioè su tutte le connessioni che un personaggio ha con tutti gli altri. Cosi' abbiamo potuto determinare il suo periodo di vita senza errori''.
I ricercatori intendono adesso dimostrare la capacita' dell'algoritmo nel tracciare connessioni nella massa di dati non organizzati su internet. Il programma permete infatti di stabilire legami tra i dati, ordinarli, quantificarli, interpretarli e trovare le informazioni mancanti, in un tempo molto breve. Tante le possibili future applicazioni. ''Una volta che documenti e archivi saranno digitalizzati - conclude Bresson - questo metodo sara' utile per colmare lacune della ricerca storica e sociologica, come quelle di altri campi scientifici''.
(Ansa)ANDIAMO AL CINEMA!!!!
Perfetti sconosciuti
Un film di Paolo Genovese. Con Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea.
Una "cena delle beffe" che guarda all'attualità e vanta una scrittura precisa, disincantata e comica al punto giusto.
Paola Casella
Quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse nel cellulare dell'altro? È questa la premessa narrativa dietro la storia di un gruppo di amici di lunga data che si incontrano per una cena destinata a trasformarsi in un gioco al massacro. E la parola gioco è forse la più importante di tutte, perché è proprio l'utilizzo "ludico" dei nuovi "facilitatori di comunicazione" - chat, whatsapp, mail, sms, selfie, app, t9, skype, social - a svelarne la natura più pericolosa: la superficialità con cui (quasi) tutti affidano i propri segreti a quella scatola nera che è il proprio smartphone (o tablet, o pc) credendosi moderni e pensando di non andare incontro a conseguenze, o peggio ancora, flirtando con quelle conseguenze per rendere tutto più eccitante. I "perfetti sconosciuti" di Genovese in realtà si conoscono da una vita, si reggono il gioco a vicenda e fanno fin da piccoli il gioco della verità, ben sapendo che di divertente in certi esperimenti c'è ben poco. E si ostinano a non capire che è la protezione dell'altro, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso.
Paolo Genovese affronta di petto il modo in cui l'allargarsi dei cerchi nell'acqua di questi "giochi" finisca per rivelare la "frangibilità" di tutti: e la scelta stessa di questo vocabolo al limite del neologismo, assai legato alla delicatezza strutturale di strumenti così poco affidabili e per loro stessa natura caduchi come i nuovi media, indica la serietà con cui il team degli sceneggiatori ha lavorato su un argomento che definire spinoso è poco, visto che oggi riguarda (quasi) tutti. Per una volta il numero degli sceneggiatori (cinque in questo caso, fra cui lo stesso Genovese, senza contare l'intervento importante degli attori che si sono cuciti addosso i rispettivi dialoghi) non denota caos e debolezza strutturale, ma sforzo corale per raccontare una storia che è intrinsecamente fatta di frammenti (verrebbe da dire di bit, byte e pixel), corsa ad aggiungere esempi sempre più calzanti tratti dal reale.
Il copione lavora bene sugli incastri e sugli snodi narrativi che rimangono fondamentalmente credibili, instilla verità nei dialoghi (che certamente verranno riecheggiati sui social e nelle conversazioni da salotto, perché questo fanno certe "conversazioni": l'eco), descrive tipi umani riconoscibili. Il cast, anch'esso corale, fa onore al testo, e ognuno aggiunge al proprio ruolo una parte di sé, un proprio timore reale. Perché questa società così liquida da tracimare di continuo, sommergendo ogni nostra certezza, fa paura a tutti, e tutti ne portiamo già le cicatrici, abbiamo già assunto la posizione del pugile che incassa e cerca di restare in piedi (o sopravvivere, come canta il motivo di apertura sopra i titoli di testa).
Il tono è adeguato alla narrazione: non melodrammatico (alla L'ultimo bacio), non romanticamente nostalgico (alla Il nome del figlio), non farsesco, non cinico, ma comico al punto giusto, con sfumature sarcastiche e iniezioni di dolore. Questa "cena delle beffe" attinge a molto cinema francese e americano, ma la declinazione dei rapporti fra i commensali è italiana, con continui riferimenti a un presente in cui il lavoro è precario, i legami fragili e i sogni impossibili. La scrittura è crudele, precisa, disincantata, e ha il coraggio di lasciare appese alcune linee narrative, senza la compulsione televisiva a chiudere ogni scena. C'è anche una coda alla Sliding Doors che mostra come il "gioco" (prima che diventi al massacro) sia gestibile solo con l'ipocrisia e l'accettazione di certe regole non scritte: ed è questa la strada che più spesso scelgono gli esseri "frangibili".
Quello che ancora manca, a ben guardare, è quella profondità abissale, quella vertigine di consapevolezza regalata agli spettatori senza preavviso dal miglior cinema italiano, su tutti quello di Ettore Scola (non a caso anche qui c'è una terrazza). Ma questa non è colpa degli sceneggiatori o del regista, è segno dei tempi, giacchè la "frangibilità" delle identità e dei rapporti consente al massimo la rivelazione di qualche doppiofondo, non quella sospensione sull'orlo dell'abisso che, come canta il bardo della nostra epoca inconsistente, "non è paura di cadere ma voglia di volare".
Video(Lussy)
... CURIOSANDO E RACCONTANDO …
NOMINATIONS OSCAR 2016
ROOM
Titolo originale Room
Lingua originale inglese
Paese di produzione Irlanda, Canada
Anno 2015
Durata 118 min
Colore colore
Audio Dolby Digital
Genere drammatico
Regia Lenny Abrahamson
Soggetto Emma Donoghue (romanzo)
Sceneggiatura Emma Donoghue
Produttore Ed Guiney, David Gross
Produttore esecutivo Andrew Lowe, Emma Donoghue, Jesse Shapira, Jeff Arkuss,
David Kosse, Rose Garnett, Tessa Ross
Casa di produzione Telefilm Canada Film4, Irish Film Board,
Ontario Media Development Corporation, Element Pictures/No Trace Camping, Duperele Films
Distribuzione (Italia) Universal Pictures
Fotografia Danny Cohen
Montaggio Nathan Nugent
Musiche Stephen Rennicks
Scenografia Ethan Tobman
Costumi Lea Carlson
Interpreti e personaggi
Brie Larson: Joy "Ma" Newsome
Jacob Tremblay: Jack Newsome
Joan Allen: Nancy Newsome
William H. Macy: Robert Newsome
Sean Bridgers: Nick
Tom McCamus: Leo
Amanda Brugel: agente Parker
Joe Pingue: agente Grabowski
Megan Park: Laura
Cas Anvar: dott. MittalTRAMA
Il piccolo Jack non conosce nulla del mondo ad eccezione della "stanza", un posto angusto, in cui è nato e cresciuto. Vive con sua madre, Joy, che è stata rapita dal "Vecchio Nick" sette anni prima mentre andava a scuola e che abusa regolarmente di lei. È per loro severamente vietato uscire dalla stanza, per lui fuori dalla porta c'è lo spazio, e la tv che, come gli ha raccontato la madre, è una scatola magica, che rappresenta però solo la finzione. La loro vita si svolge in giornate di normale routine, che giorno dopo giorno si fanno sempre più noiose per il bambino. Il giorno del quinto compleanno di Jack, Joy è ai limiti della disperazione, perché il bambino sta crescendo e iniziando a fare troppe domande, "sul fuori", a cui lei non può rispondere, e decide così di raccontargli la verità e riesce, insieme all'aiuto del bambino, a trovare un modo per sfuggire alla loro reclusione...recensione..
E' un serissimo candidato agli Oscar maggiori, edizione 2016; soprattutto la sceneggiatura (non originale, è tratta da un romanzo ispirato all’agghiacciante caso Fritzl) e la regia. Ma anche le interpretazioni sono fuori dal comune, ed è molto probabile che Room sarà nella short list dei nominati a miglior film.
Fatta la premessa, ecco un avviso: non guardate il trailer, per l’amore del cielo. Accontentatevi del minimo, cioè del titolo, riferito alla stanza in cui Jack nasce e cresce assieme alla madre Joy, una stanza da cui non esce mai e in cui lo troviamo il giorno del suo quinto compleanno, recluso da un uomo spaventoso e triste, che compare solo di notte.
Altro non si deve sapere, perché una premessa di questo genere può portare a film opposti, a un dramma gelido alla Haneke, a un torture porn, alla retorica della sopravvivenza, ad altro ancora. Non è insomma, e stavolta più del solito, lo spunto a fare la differenza, ma lo svolgimento; e in particolare ciò che Lenny Abrahamson (già regista di Frank, il film in cui Fassbender non mostra mai la faccia) decide di tacere, o far venire fuori quando non lo aspetti più.
E in questo rapporto tra spazi riempiti e lasciati vuoti – che sono gli spazi del racconto ma anche gli spazi dell’esperienza di Jack, che pensa il suo mondo inizi e finisca in quella stanza – sta la grandezza del film, e la commozione che provoca. Ma gli strati sono tanti, e seri, per esempio si parla di relatività della percezione, e della plasticità della psiche dei bambini. Una grande lezione di regia e scrittura, con a disposizione margini di manovra minimi, servita da attori favolosi (Brie Larson, Jacob Trembley).
(Giorgio Viaro, www.bestmovie.it/)BROOKLYN
Titolo originale Brooklyn
Lingua originale inglese
Paese di produzione Irlanda, Regno Unito, Canada
Anno 2015
Durata 111 min
Colore colore
Audio sonoro
Rapporto 1.85 : 1
Genere drammatico, sentimentale
Regia John Crowley
Soggetto Colm Tóibín
Sceneggiatura Nick Hornby
Produttore Finola Dwyer, Amanda Posey
Produttore esecutivo Zygi Kamasa, Alan Moloney, Thorsten Schumacher
Casa di produzione Wildgaze Films
Parallel Film Productions
Irish Film Board
Item 7
Distribuzione (Italia) 20th Century Fox
Fotografia Yves Bélanger
Montaggio Jake Roberts
Musiche Michael Brook
Scenografia François Séguin
Costumi Odile Dicks-Mireaux
Interpreti e personaggi
Saoirse Ronan: Eilis Lacey
Emory Cohen: Antonio "Tony" Fiorello
Domhnall Gleeson: Jim Farrell
Jim Broadbent: Padre Flood
Julie Walters: Madge Kehoe
Bríd Brennan: Miss Kelly
Jane Brennan: Mrs. Lacey
Fiona Glascott: Rose Lacey
Jessica Paré: Miss Fortini
Eileen O'Higgins: Nancy
Emily Bett Rickards: Patty McGuire
Jenn Murray: Dolores Grace
Nora-Jane Noone: Sheila
Michael Zegen: Maurizio Fiorello
Gerard Murphy: Daddy LaceyTRAMA
1952. Eilis Lacey è nata e cresciuta in un piccolo paese in Irlanda con la madre e la sorella. Ha difficoltà a trovare un lavoro, per questo decide di emigrare negli Stati Uniti d'America alla ricerca di un futuro migliore. Dopo un difficile periodo di adattamento, durante il quale vive in un convitto femminile e lavora in un grande magazzino, Eilis riesce a costruirsi una vita a Brooklyn e si innamora di Tony, idraulico italiano. Ma per l'improvvisa e tragica scomparsa della sorella torna in Irlanda dalla madre. A quel punto Eilis dovrà decidere quale vita vuole per se stessa, se rimanere nella sua terra natia o tornare negli Stati Uniti....recensione...
C'è un tipo di cinema medio, molto educato e pulito e lineare, che si potrebbe definire in modo molto sbrigativo e un po' maleducato 'cinema per signore'. Quello che si guarda solitamente a casa, meglio se di pomeriggio, e che fa consumare tanti fazzoletti per asciugar lacrime. Un cinema col quale in fondo non si sa bene che cosa dovremmo farci, figurarsi oggi in cui il clima cinico è dilagante.
Eppure con Philomena, che è il miglior 'film per signore' degli ultimi anni, ce lo siamo fatti tutti un piantino, e fortuna-
tamente non ce ne siamo vergognati ad ammetterlo. Anche perché, se si resta indifferenti con una storia del genere - ma soprattutto di fronte alla scrittura con cui viene raccontata -, forse il sospetto che si ha un po' il cuore di pietra dovrebbe venire. Sospetto, mica certezza, per carità...
Brooklyn è molto più Philomena che C'era una volta a New York, con il quale condivide un plot di partenza simile. Ma per tono, regia ed evidentemente intenzioni è un altro mondo, un altro cinema. Brooklyn ad esempio, come Philomena, è poco interessato a creare un mondo attraverso la regia e gli elementi puramente cinematografici, e questo perché Stephen Frears e soprattutto John Crowley non sono James Gray e non ne hanno le aspirazioni.
Crowley è invece chiaramente innamorato con tutto il cuore della sua storia, e quindi decide di raccontarla nell'unico modo possibile: girando in modo chiaro e lineare, lasciando che sia appunto la storia - come in un romanzo (e mica è un caso che Brooklyn sia basato su un romanzo) - a raccontarsi. Cinema semplice, si direbbe.
Anche piatto? Non mi sembra. La storia di Brooklyn, come nel miglior 'cinema per signore', riduce tutto a poche cose, essenziali e dirette. Perché questa è una storia che parla direttamente ai sentimenti, ed è una questione di cuore. La vicenda di Eilis, che abbandona il suo villaggio in Irlanda per trovare fortuna nella Brooklyn degli anni 50, può magari colpire di più chi qualcosa del genere l'ha vissuta, ma ha un carattere universale che è difficile non cogliere.
Costretta ad abbandonare madre, sorella e amici per andare oltreoceano in un'epoca in cui si comunicava ancora via lettera e il telefono non era così diffuso, Eilis si trova a vivere come un'estranea in un mondo nuovo. Il primo consiglio che le viene dato è di "pensare come un Americano": ci mette ovviamente un po', versa lacrime a casa e sul lavoro, ma poi newyorkese ci diventa davvero (ci si mette poco, a NYC...).
La solitudine viene man mano meno grazie all'incontro con Tony (Emory Cohen: faccia da schiaffi, e anche per questo perfetto), un ragazzo di origini italo-americane che le fa subito la corte. E proprio nel momento in cui Eilis ricomincia a vivere, e il suo cuore torna a battere, rientra dalla finestra a gamba tesa nella sua esistenza quella distanza che la separa da casa e dalle sue origini.
Se c'è appunto qualcosa che Brooklyn mette a fuoco benissimo, nonostante la confezione curatina e le troppe lunghezze, è proprio il concetto di distanza. Centra il senso di sofferenza, divisione e soprattutto impotenza (di poter partire, o di restare, o semplicemente di fare la cosa giusta al momento giusto) così bene che ci si perde volentieri fra i suoi fotogrammi. E sì, le lacrime arrivano da sole.
Saoirse Ronan ha ovviamente il volto bello e giusto per dar vita a un personaggio che, anche se anche piange persino troppo (oh, se piange...), porta con sé un carico di dolore e dubbi ed emozioni che sono tipici di chi è forzato a fare qualcosa che non vorrebbe. Ma queste sono anche tutte le emozioni fragili che si provano nel passaggio all'età adulta.
In fin dei conti, con Brooklyn assistiamo a un coming-of-age di una ragazzina che diventa adulta e viene chiamata a strappare un cordone ombelicale più duro da spezzare di quel che si può pensare. Brooklyn alla fine di questo ci parla: della ricerca della propria identità, di un angolo di mondo assai agognato e che ci faccia finalmente star tranquilli.
( Gabriele Capolino, www.cineblog.it/)(Gabry)
La Musica del Cuore
I Grandi Cantautori Italiani
foto:adnkronos.com
Angelo Branduardi
Angelo Branduardi è nato a Cuggiono, vicino a Milano.
Quando aveva pochi mesi la sua famiglia si trasferì a Genova e lì, presso il Conservatorio Niccolò Paganini, Angelo conseguì il diploma di violino e debuttò come solista con l'orchestra del Conservatorio.
All'età di quindici anni Angelo si trasferì di nuovo, questa volta a Milano, e qui si iscrisse all'Istituto Tecnico per il Turismo, dove conobbe ed ebbe a lungo come insegnante il grande poeta Franco Fortini.
In seguito si iscrisse alla Facoltà di Filosofia ed in quel periodo cominciò a comporre, musicando i testi dei suoi autori preferiti: "Confessioni di un malandrino" dal poeta russo Esenin, ancora oggi una delle sue canzoni più famose, risale infatti a quegli anni.
Agli inizi dagli anni '70, Angelo conobbe Luisa Zappa, che sarebbe poi diventata sua coautrice, oltre che sua moglie.
Queste sono le date e le tappe della sua straordinaria carriera:
1974 - Debutto discografico: la RCA pubblica l'album "Angelo Branduardi", arrangiato da Paul Buckmaster.
1975 - "La luna", in collaborazione con Maurizio Fabrizio.
1976 - Branduardi cambia casa discografica e passa alla Polygram in Italia e all'Ariola per il resto d'Europa. Pubblica "Alla Fiera dell'Est" che gli vale il Premio della Critica Discografica Italiana.
1978 - Esce "La Pulce d'acqua" in cui compare, in qualità di ospite, il musicista sardo Luigi Lai, virtuoso delle launeddas, antichissimo strumento a fiato. A questo album fa seguito un lunghissimo tour che porta Branduardi in giro per tutta l'Europa.
1979 - Esce "Cogli la prima mela", album di grande successo in tutta Europa, premiato dalla critica tedesca ed europea.
Nello stesso anno Branduardi si esibisce a Parigi alla "Fète de l'Humanité", davanti ad un eccezionale pubblico di 200.000 persone.
All'evento fa seguito, nel 1980, la pubblicazione dell'album dal vivo "Concerto".
1980 - Parte la tournée "La Carovana del Mediterraneo", che ha come ospiti fissi Stephen Stills, Graham Nash e Ritchie Havens.
1981 - Branduardi riprende la collaborazione con Paul Buckmaster per l'album "Branduardi", che gli vale in Germania il premio come migliore artista dell'anno.
1983 - Esce "Cercando l'oro", arrangiato da Maurizio Fabrizio, al quale fa seguito un tour europeo di oltre 50 concerti.
Nelo stesso anno Branduardi comincia a lavorare per il cinema.
Compone la colonna sonora del film di Luigi Magni "State buoni se potete", per la quale vince i due più prestigiosi premi italiani: il "David di Donatello" ed il "Nastro d'Argento".
Subito dopo Branduardi lavora col regista tedesco J. Schaaf alla riduzione cinematografica di "Momo", il famoso romanzo di Michael Ende.
In seguito ancora con Magni per "Secondo Ponzio Pilato" e con Aurelio Chiesa per "Luci lontane".
1984 - Parte un tour italiano i cui proventi vengono devoluti all'Unicef.
1985 - Esce "Branduardi canta Yeats": dieci liriche del grande poeta irlandese W. B. Yeats, tradotte ed adattate da Luisa Zappa e musicate da Branduardi.
1988 - "Pane e Rose"
1990 - "Il ladro"
1992 - Branduardi passa alla EMI e pubblica in tutta Europa il suo primo "Best of".
1993 - "Si può fare", ottimo successo di pubblico e di critica, seguito da una tournée europea di oltre sessanta concerti.
1994 - "Domenica e lunedì". Autori dei testi, oltre a Luisa Zappa, sono Paola Pallottino, Eugenio Finardi, Roberto Vecchioni e Pasquale Panella.
Nel novembre dello stesso anno parte una tournée che porta Branduardi in venti teatri in Italia ed in oltre sessanta località europee.
Da questo tour nasce l'album dal vivo "Camminando, camminando".
Nell'album vengono inclusi due inediti, realizzati in studio su testi di Giorgio Faletti, segnando così l'inizio di una felice amicizia e di una collaborazione che proseguirà nella realizzazione de "Il dito e la luna", nel 1998.
1996 - Esce per la EMI Classics il primo "Futuro Antico", realizzato col gruppo "Chominciamento di Gioia" e diretto dal maestro Renato Serio: pagine sacre e profane del Medio Evo e del primo Rinascimento.
1998 - "Branduardi Studio Collection": 33 canzoni che ripercorrono la discografia di Branduardi.
1999 - "Futuro Antico II", dedicato alla musica di Mainerio (Musiche del 15° e 16° secolo.)
2000 - "L'Infinitamente Piccolo": undici canzoni su testi tratti dalle Fonti Francescane. Con la partecipazione di artisti internazionali, quali Madredeus ed i Muvrini ed artisti italiani di prestigio quali Ennio Morricone, Franco Battiato e la Nuova Compagnia di Canto Popolare.
A questo album, dedicato a San Francesco, fa seguito una tournée di grande ed inaspettato successo che prosegue per tutto il 2001, arrivando ad oltre 120 concerti in tutta Europa.
2002 - "Futuro Antico III", dedicato alla musica alla corte dei Gonzaga, in collaborazione con Francesca Torelli, studiosa e virtuosa di liuto.
2003 - "Altro ed Altrove". Parole d'amore dei popoli lontani. Tradotte ed adattate da Luisa Zappa, musicate da Angelo Branduardi, illustrate da Silvio Monti.
2005 - "Branduardi Platinum Collection".
2005 - "The Classic Collection".
2006 - Tour "La Lauda di Francesco" e tour "Il concerto di Angelo Branduardi".
2007 - "Futuro Antico IV", Venezia e il Carnevale. Con la Ensemble "Scintille di Musica" di Francesca Torelli, studiosa e virtuosa di liuto. 2007 - "La Lauda di Francesco" in DVD - Lo Spettacolo, Il Backstage, con interventi di Angelo sulla vita di San Francesco
2009 - "Futuro Antico V", Musica della Serenissima. Con la Ensemble "Scintille di Musica" di Francesca Torelli. Pubblicazione del nuovo Album di canzoni "pop" dal titolo "Senza Spina" con gli arrangiamenti di Maurizio Fabrizio.
Tournee in Germania con tappe nelle maggiori città. "Futuro Antico VI", Roma e la Festa di San Giovanni. Con la Ensemble "Scintille di Musica" di Francesca Torelli.
2010 - "Futuro Antico VII" Il carnevale Romano, Con la Ensemble "Scintille di Musica" di Francesca Torelli. Tour "Senza Spina" In Italia ed in Europa.
2011 - "Così è se mi pare" Tra gli autori dei testi, oltre Luisa Zappa, anche Pasquale Panella ed Elvis Costello. Tour Europeo con date in Germania e Belgio.
2012 - "Caminando Camminando 2" Una raccolta dei più grandi successi dal 1996 ad oggi più l’inedito Rataplan scritta con Giorgio Faletti, nelle due versioni Radio e Album. Europe Live Tour 2012 " Camminando Camminando 2".
fonte:http://www.angelobranduardi.it/ita/artista.htm(Ivana)
RUBRICHE
(Redazione)
L’ISOLA NELLO SPORT
CRONACA SPORTIVA
F1: Ferrari in pista a Barcellona, Vettel è il più veloce.
Primi test per la nuova Rossa, subito dietro Mercedes Hamilton. La nuova stagione della F1 è cominciata con le prove di alcuni team sul circuito di Montmelò a Barcellona. Dopo le prime due ore di test, svoltisi in mattinata, il più veloce è stato il tedesco Sebastian Vettel, in 1'26"187 al volante della nuova Ferrari SF16-H. Al secondo posto la Mercedes del campione del mondo in carica Lewis Hamilton, a 0"825 dalla vettura di Maranello. Il britannico è stato il pilota che ha percorso più chilometri di tutti, mettendo insieme 28 giri. Fra gli altri, in mattina hanno girato anche Bottas, Ricciardo, Sainz, Button, che ha avuto problemi con la sua McLarebn ed è rientrato ai box, e Palmer.
(Ansa)
Tennis: Pennetta n.9 e Vinci n.10, due azzurre nella Top Ten della Wta.
La prima volta dal 2010. Errani 17/a (5), Schiavone torna nella Top 100. Due italiane nella Top 10 - non accadeva dal luglio 2010 - e tre nella Top 20, nella nuova classifica del tennis mondiale, sempre dominata (per la 158/a settimana di fila, la 281/a in totale) dalla statunitense Serena Williams. Roberta Vinci, trionfatrice il 14 febbraio a San Pietroburgo, entra per la prima volta tra le dieci migliori del mondo (è la più anziana a farlo, a 33 anni e 4 giorni, e la quarta azzurra), salendo dal numero 13 al 10. La precede Flavia Pennetta, ancora nel ranking nonostante si sia ritirata da quasi quattro mesi, che scende dal 7 al 9. Torna nella Top 20, passando dal 22 al 17, Sara Errani, vincitrice sabato a Dubai.
Con un balzo di 38 gradini, rientra nella Top 100 - dalla quale era uscita nel settembre scorso, dopo 15 anni ininterrotti di permanenza - Francesca Schiavone, che ieri ha vinto a Rio de Janeiro. La 35enne milanese è l'italiana arrivata più in alto in classifica (al 4/o posto, nel gennaio 2011) e la prima a vincere un torneo Slam (Roland Garros 2010). Primo cambiamento nel ranking, lo scambio di posizioni tra la polacca Agnieszka Radwanska, che sale al numero 3, e la romena Simona Halep, che scende al 4. In ascesa, dal 47 al 38, la ceca Barbora Zahlavova Strycova, sconfitta dalla Errani a Dubai. Delle altre azzurre, Camila Giorgi perde due posizioni ed è 42/a; stabile al 63/o posto invece Karin Knapp, ferma da cinque mesi per un infortunio al ginocchio e successivo intervento chirurgico.
Classifica Wta del 22 febbraio 2016 (tra parentesi le variazioni rispetto alla settimana precedente).
1. Serena Williams (Usa) punti 9.245
2. Angelique Kerber (Ger) 5.700
3. Agnieszka Radwanska (Pol) 5.210 (+1)
4. Simona Halep (Rom) 4.745 (-1)
5. Garbine Muguruza (Spa) 4.642
6. Maria Sharapova (Rus) 3.672
7. Belinda Bencic (Svi) 3.505 (+2)
8. Petra Kvitova (Rce) 3.478
9. Flavia Pennetta (Ita) 3.422 (-2)
10. Roberta Vinci (Ita) 3.325 (+3)
17. Sara Errani (Ita) 2.595 (+5)
42. Camila Giorgi (Ita) 1.175 (-2)
63. Karin Knapp (Ita) 933
94. Francesca Schiavone (Ita) 706 (+38)
(Ansa)
Roma: Totti a Trigoria, si allena.
Dopo l'esclusione per la gara col Palermo il capitano al lavoro. Dopo il successo per 5-0 sul Palermo, la Roma è tornata questa mattina ad allenarsi a Trigoria per cominciare a preparare la trasferta di sabato prossimo in casa dell'Empoli. Presente nel centro sportivo anche il capitano Francesco Totti che, come anticipato ieri dal tecnico Luciano Spalletti, è tornato a lavorare assieme al resto della squadra dopo l'esclusione dal ritiro pre-Palermo. Il gruppo, dopo aver cominciato l'allenamento in palestra, è stato diviso in due parti: chi ha giocato coi rosanero ha proseguito il lavoro di scarico mentre il resto dei calciatori è sceso in campo. Unici assenti Gyomber (lavoro individuale) e De Rossi (fisioterapia).
(Ansa)(Gina)
GOSSIP!!!
Kate Middleton e William d’Inghilterra, niente vacanze: “colpa” della scuola di George e… di un pancino sospetto
Kate Middleton e William d’Inghilterra: troppo impegnati per concedersi una vacanza. La notizia arriva fresca fresca dalla casa reale. Il Duca e la Duchessa di Cambridge non voleranno a Mustique per la loro tradizionale pausa invernale. Ecco perché…
PER VOCE DI SUA MAESTA' – La vacanza invernale sull’isola caraibica è ormai una tradizione per Kate e William: una pausa di pochi giorni, la maggior parte delle volte in compagnia dei genitori di lei, Carole e Michael, a cui la giovane coppia reale non ha mai rinunciato… nemmeno quando George aveva pochi mesi. Quest’anno però le cose sono cambiate. Buckingham Palace è in fermento per i festeggiamenti dei 90 anni della Regina e i Duchi di Cambridge sono parte attiva del progetto. E per Kate sarà un nuovo attestato di stima da parte di Elisabetta II: apparirà infatti per la prima volta come voce ufficiale della ‘Casa Reale’ in un documentario dedicato alla Sovrana. Insomma, un passo in più verso l’investitura ufficiale di principessa…
E GEORGE RESTA A SCUOLA - A trattenere in Inghilterra Kate e William, poi, ci sono le loro responsabilità da genitori. George ha iniziato l’asilo da poco più di un mese e proprio l’Istituto, il Westacre Montessori del Norfolk, ha fatto sapere che il terzo in linea di successione al trono britannico è bravissimo. “Si è inserito bene nel nuovo ambiente” fa sapere una fonte della scuola. E quindi i Duchi non vogliono che si assenti subito… anche perché non è ancora chiaro se il primogenito e la piccola Charlotte (che a maggio compie un anno – GUARDA) seguiranno in primavera Kate e William nel loro viaggio di stato in India e Bhutan (e che potrebbe coincidere con la nascita del primogenito dei sovrani più giovani al mondo
IL TERZO BEBÈ… – Ma la rinuncia forzata potrebbe essere dovuta ad un’altra ragione. Le voci che Kate sia di nuovo incinta corrono veloci… Pare che William lo abbia annunciato al pranzo di Natale a Sandringham (GUARDA) e dalle feste la Duchessa non si è più vista: durante i primi mesi delle sue due prime gravidanze ha sofferto molto e la rinuncia ad un viaggio intercontinentale potrebbe essere una scelta per non sottoporla ad ulteriore stress e stanchezza…
fonte:http://www.msn.com/(Lussy)
… TRA CURIOSITA’ E CULTURA …
"La passione per la creatività,
la gioia che emerge dal raggiungimento degli obiettivi,
il furore della critica."Istanbul. Passione, gioia, furore
fino al 30 aprile 2016
Continua il viaggio nelle realtà culturali del bacino mediterraneo e nelle relazioni fra Medio Oriente ed Europa. Dopo la mostra Unedited History sull’arte contemporanea iraniana, il MAXXI arriva a Istanbul."Un percorso attorno a grandi opere e nuove produzioni
con approfondimenti e testimonianze degli artisti."
Istanbul. Passione, gioia, furore affronta le dinamiche, i cambiamenti e le esigenze culturali della Turchia, in particolare della città di Istanbul, ponte fra Occidente e Oriente.
Partendo dalle recenti proteste a Gezi Park, la mostra affronta cinque grandi temi del contemporaneo: le trasformazioni urbane e la gentrificazione; i conflitti politici e l’ identità culturale; i modelli innovativi di produzione; le urgenze geopolitiche e la speranza.
CAN WE FIGHT BACK?
Istanbul incarna la continua ricerca di mediazione tra oriente e occidente: è stata campo di sperimen-
tazione di nuovi progetti, ma anche luogo di duri confronti sociali e politici. Problematiche che riguardano l’identità culturale, i diritti civili, la crisi ecologica e la fede religiosa sono da sempre insite nella vita della città, ma dopo gli scontri di Gezi Park le piazze, i muri, le scalinate, raccolgono le tracce della trasformazione, della protesta e i segni del continuo processo di ridefinizione degli spazi pubblici e privati. In questo scenario di azioni collettive e auto-organizzate possiamo resistere fronteggiando la frammentazione sociale con una nuova consapevolezza di libertà. C’è un’urgenza di espressione pubblica in cui le azioni, le ideologie politiche e i simboli del dissenso hanno un nuovo territorio di esplorazione.
Gli artisti e architetti invitati:
Hamra Abbas, Can Altay & Jeremiah Day, Halil Altındere, Emrah Altınok, Architecture For All (Herkes İçin Mimarlık), Volkan Aslan, Fikret Atay, Atelier Istanbul: Arnavutköy, Vahap Avşar, İmre Azem & Gaye Günay, Osman Bozkurt, Angelika Brudniak & Cynthia Madansky, Hera Büyüktaşçıyan, Antonio Cosentino, Burak Delier, Cem Dinlenmiş, Cevdet Erek, İnci Eviner, Extrastruggle, Nilbar Güreş, Ha Za Vu Zu, Emre Hüner, Ali Kazma, Sinan Logie & Yoann Morvan, Networks of Dispossession, Nejla Osseiran, Ceren Oykut, Pınar Öğrenci, Ahmet Öğüt, Didem Özbek, Şener Özmen, PATTU, Didem Pekün, Zeyno Pekünlü, Mario Rizzi, Sarkis, SO?, Superpool, ŞANALarc, Ali Taptık, Serkan Taycan, Cengiz Tekin, Güneş Terkol, Nasan Tur.
(www.fondazionemaxxi.it/)FESTE e SAGRE
CATTEDRALE DI SAN VITO, Praga
La cattedrale di San Vito è diventata un simbolo di Praga e della Repubblica Ceca intera, sia a causa della sua storia che come memoriale artistico. La cattedrale ospita un'importante reliquia della cristianità, la testa di san Luca evangelista. La volta della cappella di San Venceslao è stata affrescata dal Maestro dell'Altare di Litoměřice. Per chi arriva da Malà Strana e sale al Castello, la maestosità gotica della cattedrale di San Vito (Katedrala Sv. Vita) contrasta fortemente con il barocco della Parte Piccola. E' una delle cattedrali gotiche più grandi d'Europa e domina la città occupando la Terza Corte del Castello di Praga. Quando nel 1344 Praga divenne sede arcivescovile, Re Giovanni di Lussemburgo decise di costruire una chiesa la cui grandezza e bellezza fosse degna della città: ci vollero 600 anni per completarla. era la Porta D'Oro (Zlatà Brana) che si trova sul lato destro della cattedrale (rispetto all'ingresso principale). La cattedrale è lunga 164 metri, alta 33 e larga 60. Entrando dall'ingresso principale; la sensazione che si prova è di armonia e unità di stile, molto soprendente se si pensa che i lavori si sono succeduti per circa 600 anni. Il transetto è la parte più recente della cattedrale, costruito tra il 1871 e il 1929. La cattedrale è composta da due parti: la parte orientale (il coro con le cappelle e la grande torre campanaria), che venne edificata nel periodo gotico (XIV–XV secolo), e la parte occidentale (la navata trasversale, le tre navate e la facciata con le torri), che fu costruita solo nella seconda metà del XIX secolo e, all’inizio del XX secolo.
Sui pilastri della facciata con le due torri slanciate si trovano 14 statue dei santi, le statue di Carlo IV e dell’arci-
vescovo Arnošt di Pardubice. La navata principale ha tre portali con i timpani, decorati con i rilievi realizzati secondo i modelli di Karel Dvořák. Il rosone sopra il portale, dal diametro di 10 metri, è stato realizzato nel 1921 secondo i disegni di František Kysela raffiguranti il tema “La creazione del mondo”. Nella facciata meridionale della cattedrale, raggiungibile dal III cortile, c’è l’ingresso principale, la cosiddetta Porta d’oro, ingresso originario della Cattedrale. La Porta raffigura Carlo IV ed Elisabetta di Pomerania inginocchiati in adorazione del Cristo in Gloria su un mosaico composto da circa un milione di tessere colorate; ai lati c'è un Giudizio Finale opera di maestri veneziani. La grande torre campanaria, che nel 1419 era rimasta incompiuta, fu conclusa tra il 1560 ed il 1562 da Bonifác Wohlmut e Hans Tirol. Qui, oltre alle campane chiamate Venceslao, Giovanni Battista e Giuseppe, si trova la più grande campana praghese, chiamata Sigismondo, che pesa 18 tonnellate, con un diametro di circa 256 cm, e un’altezza 203 cm; fu realizzata nel 1549 da Tomáš Jaroš, la campana è rimasta sempre nella torre.
La parte più interessante è il Coro, quella di più antica costruzione. Al centro del coro, proprio davanti all'altare maggiore vi è la Tomba imperiale, capolavoro dello scultore fiammingo Alexandr Collin. Le statue sono quelle di Massimiliano II d'Asburgo, del padre Ferdinando I e della madre Anna Jagellone. Da qui una scala scende alla cripta dove ci sono altre tombe reali, tra cui quella di Carlo IV. Tutto intorno al Coro ci sono le cappelle dedicate ai santi; la più importante è la Cappella di San Venceslao, costruita da Peter Parler tra il 1362 e il 1367, attorno alla tomba del Santo Protettore di Praga. Gli affreschi del 1509 sono della scuola del Maestro dell'Altare di Litomerice. Gli affreschi superiori sono dedicati alla vita del santo; nella parte inferiore ornata con circa 1300 pietre dure di Boemia, sono raffigurate scene dalla vita di Gesù. Sulla porta adiacente l'ambulacro c'è un batacchio; la leggenda vuole che sia quello della Cattedrale a cui rimase attaccato il Santo quando fu ucciso per una lotta di potere con il fratello Boleslao.
La Cappella di San Venceslao dà accesso al Tesoro Reale, protetta da una porta con 7 serrature, le cui chiavi sono possedute da sette istituzioni diverse. Queste stanze custodiscono i gioielli della Corona ceca dal 1791. Fanno parte del Tesoro lo corona e lo scettro di Otakar II e le insegne (globo, scettro e corona) di Carlo IV, in oro massiccio con pietre preziose. Questi originali non sono visibili, ma delle copie si trovano presso Palazzo Lobkowitz. La leggenda vuole che chi indossa la corona senza averne diritto muore di morte crudele, come accadde al reggente nazista ucciso nel 1942 dalla Resistenza Ceca.
La cattedrale compare in un francobollo da 0,85 € emesso dalle Poste Vaticane il 15 novembre 2010 per celebrare il viaggio del papa Benedetto XVI nella Repubblica Ceca il 26-28 settembre 2009.…storia….
La cattedrale di Praga fu costruita nel luogo in cui sorgeva il vescovato, poi divenuto arcive-
scovato. Il 23.4.1997, il cardinale Miroslav Vlk ha emanato un decreto che ha restituito all’edificio il nome originario di cattedrale di San Vito, San Venceslao e San Adalberto. È consacrata a tre santi: il principe Venceslao, successivamente proclamato santo e patrono dei Boemi, che attorno al 925 fondò la terza chiesa del Castello: la rotonda di San Vito. San Venceslao ebbe in dono una preziosa reliquia dall’imperatore Enrico I di Sassonia: un osso del braccio di San Vito, che poi depose nella rotonda da lui fondata. Dopo la sua uccisione di San Venceslao, la rotonda divenne anche la sua tomba, mentre lui fu proclamato santo. Il terzo santo al quale è stata consacrata la cattedrale è San Adalberto, secondo vescovo della Boemia, ucciso durante un suo viaggio missionario in Prussia. I suoi resti sono stati riconsegnati nel 1039 e, sepolti nell’edificio adiacente alla rotonda. Spytihněv II fece demolire la rotonda di Venceslao, poiché non soddisfaceva più le esigenze degli abitanti del Castello; così, nel 1060 fece costruire la basilica di San Vito, San Venceslao e San Adalberto. Al suo posto, nel 1344, Carlo IV e suo padre, Giovanni di Lussemburgo, fecero edificare una cattedrale grandiosa che doveva servire anche come chiesa per le incoronazioni, cimitero dei re e luogo dove custodire i tesori più preziosi. Matthias di Arras, incaricato da Carlo IV, iniziò la costruzione di una cattedrale gotica. Il lavoro di Matthias di Arras venne proseguito, dopo la sua morte, dall'architetto tedesco Peter Parler e dai figli Wenzel e Johann. Essi elevarono il coro - realizzando la prima volta reticolata d'Europa - e la corona di cappelle attorno ad esso; la cappella di San Venceslao, la Porta d'Oro e iniziarono la costruzione della torre sud.
Allo scoppio delle guerre Hussite (1419) i lavori si interruppero e la cattedrale rimase essenzialmente limitata al coro; tra l'altro, al momento dell'abbandono dei lavori, mancava la parte superiore la torre principale, ricoperta con tetto e guglia rinascimentali. Il lavori di costruzione della cattedrale durarono quasi 600 anni e vi presero parte costruttori del calibro di Benedikt Ried, Bonifác Wohlmut, Hans Tirol, Oldřich Aostalis, ecc. Nel 1859 venne istituita l’Unità per la conclusione dei lavori della cattedrale di San Vito. Negli anni sessanta, l’arch. Josef Kranner riprese i lavori di costruzione e, nel 1873, venne posta la base del nuovo edificio, progettato dall’arch. Josef Mocker. I lavori vennero poi portati avanti dall’arch. Kamil Hilbert, che li concluse nel 1929.
Circa trenta incoronazioni di principi e re di Boemia e delle loro mogli hanno avuto luogo nella cattedrale e per molti di loro la cattedrale è diventata anche il luogo di riposo - circa quindici monarchi sono seppelliti nella cattedrale di San Vito.(Gabry)
NEONATI E L'ACQUA!!!
Neonati al mare: ecco come abituarli all’acqua
Per un neonato l’ambiente acquatico dovrebbe essere molto più familiare della vita “all’asciutto”: è nel liquido amniotico che ha trascorso nove mesi di vita, è qui che ha sviluppato i suoi sensi e si è esercitato nei primi movimenti. Non stupisce, quindi, che i bambini appena nati abbiano con l’ acqua una confidenza assoluta. E vadano in apnea senza timori. Compito dei genitori è solo aiutarli a mantenere questa confidenza con l’ acqua, fin dalle prime esperienze: in piscina come a casa e in questo periodo anche al mare.
Oggi il nostro esperto Antonio Acampora, allenatore di nuoto e personal trainer presso la palestra Skorpion di Milano, indica quelli che sono i comportamenti generali da tenere per i primi approcci di bimbi sotto l’anno di età con l’acqua di mare.
In modo tale da non traumatizzare i piccoli, soprattutto se non abituati al contatto con l’acqua.
È meglio evitare di immergere direttamente il piccolo nell’acqua del mare. Per i primi giorni meglio utilizzare una piscina gonfiabile e dei piccoli pupazzetti morbidi per il mare. Fatto questo posiziona la piscina sulla spiaggia e riempila d’acqua. Se l’acqua è troppo fredda, lasciala riscaldare qualche minuto al sole.
I bambini molto piccoli non dovrebbero fare il bagno prima delle cinque del pomeriggio, per evitare che l’impatto con l’acqua eccessivamente fredda possa traumatizzarli.
L’acqua di mare, può risultare sgradevole agli inizi, provocare arrossamenti agli occhi e piccoli conati di vomito. Nei primi giorni utilizzare i momenti sul bagnasciuga per farli ambientare o effettuare qualche gita sul canotto con mamma e papà per favorire il contatto fisico con la superficie acquatica.
L’utilizzo di mute o magliette in lycra è molto efficace per gestire al meglio gli sbalzi di temperatura tra la spiaggia e l’acqua del mare.
Per abituarlo all’impatto con l’acqua salata è consigliabile lasciarlo giocare sul bagnasciuga, facendogli battere le manine e i piedini sull’acqua in modo che gli schizzi gli arrivino in faccia e in bocca
Dopo il bagno, che non dovrebbe durare più di una ventina di minuti, al bambino va dato immediatamente da bere. Perché l’acqua di mare tende a disidratare la pelle.
Una volta uscito dall’acqua, il bambino va asciugato e gli va applicata immediatamente una crema protettiva.
Per evitare problemi, asciugare molto bene le orecchie del bimbo facendo uscire tutta l’acqua.
Dopo qualche giorno procurati un salvagente con mutandina protettiva, inserisci il bambino e prova ad immergerlo con te nell’acqua del mare. Fai questa operazione lentamente finché ti accorgerai che a lui piace. Evita comunque le ore più calde e bagna la testa del piccolo.
COME TENERE IL BAMBINO IN ACQUA
Quando ci sentiremo abbastanza sicuri e il nostro bambino avrà preso sufficiente confidenza con l’ambiente, possiamo immergerci insieme a lui. È consigliabile iniziare con dei piccoli piegamenti nell’acqua bassa per cercare di far vincere al bambino la paura di mettere la testa sotto l’acqua. Poi si prova a far salire le gambe, facendo scendere le spalle il più possibile sotto l’acqua. A questo punto il genitore può far appoggiare le mani del bambino sulle proprie spalle, e mantenendogli il busto può aiutarlo a scendere sott’acqua con le spalle e a distendere le gambe. In questo modo il bambino si sentirà sicuro inizierà a sbattere le gambe e, a mano a mano che acquisterà fiducia, anche le braccia. Oppure si possono tenere le mani sotto vicino al torace e lasciandolo libero di muovere e scalciare con le gambe. Spieghiamo al nostro bambino che in acqua è necessario muovere gambe e braccia per sostenersi e rimanere a galla. Aspettiamo che il bimbo ci chieda di nuotare da solo, di sua iniziativa, di essere “lasciato”, per provare da solo a stare a galla. Rimaniamo vicini a lui, rassicurandolo e incoraggiandolo. I primi movimenti saranno scoordinati e confusi ma, lentamente, il bambino prenderà fiducia e sicurezza. Una volta imparato a stare a galla e a trattenere il respiro per fare piccole immersioni, un paio di braccioli potranno essere molto utili per insegnare i movimenti in maniera fluida e coordinata, e per far sì che il nuoto continui ad essere un piacevole gioco senza diventare faticoso.
BRACCIOLI E SALVAGENTI PER MARE E PISCINA
In base alle competenze acquisite dal bambino si sceglie l’ausilio più idoneo, al fine di consentirne un corretto sviluppo dal punto di vista motorio e cognitivo. Se i braccioli vengono infatti usati in modo indiscriminato, limitano lo sviluppo naturale e la propensione all’esplorazione del mondo acquatico da parte del bambino. Se il bimbo manifesta un buon movimento delle gambe, apprezzerà l’utilizzo della ciambella, sempre in presenza di un adulto. All’aumentare del movimento delle gambe del bambino, si potrà effettuare un progressivo sgonfiamento della ciambella per favorire il processo di autonomia in acqua che il bimbo sta sperimentando. Si può utilizzare un canotto per aiutare i bambini a prendere confidenza con l’acqua. Il canotto può anche essere utilizzato come mezzo di trasporto di uno o più bambini. I braccioli sono da considerarsi indispensabili nel momento in cui il genitore, desideroso di rilassarsi, voglia non correre rischi in prossimità del bordo vasca in piscina. L’attenzione in questi luoghi non è mai esagerata e quindi una protezione in più, risulta essere indispensabile. Meglio non utilizzare ciambelle dotate d’imbragature: oltre che pericolose, non consentono lo sviluppo della pedalata. Anche l’utilizzo di tutine con galleggianti non sono raccomandabili perché falsano il galleggiamento e non permettono al bambino di sperimentare sbilanciamenti e squilibri, che si configurano come molto istruttivi.
Silvia Trevaini
http://obiettivobenessere.tgcom24.it/(Lussy)
Salute e Benessere
foto:agriturismo.agraria.org
Terme di Fiuggi
Cenni storici:
In uno scritto del 27. d.c., Plinio Il Vecchio:
"Fiugi inter collium Ernicorum acquam saluberrimam ....... ".
Papa Bonifacio VIII, che era nato in Ciociaria e conosceva bene la fonte e le qualità dell'acqua, tanto che ne era un assiduo consumatore. Le lodi dell'acqua "che rompe la pietra" compaiono anche in alcune lettere scritte da Michelangelo al nipote Lionardo nel 1549. Solo a Fiuggi, dalla sorgente di Bonifacio VIII e da quella della Fonte Anticolana, sgorga questa particolarissima acqua oligominerale, l'unica a unire alle proprietà diuretiche la capacità di "sciogliere" ed espellere i calcoli renali ed a prevenirne la formazione, sono particolarmente indicate nella preparazione degli interventi per la calcolosi urinaria e nel trattamento post-operatorio. Costituiscono inoltre un efficace rimedio per le infezioni delle vie urinarie e, grazie all'azione che svolgono sul metabolismo dell'acido urico, impediscono la formazione della gotta e delle artropatie uratiche.
L'Acqua di Fiuggi viene imbottigliata e distribuita in tutta Italia, ma il modo migliore per godere dei suoi benefici è quello di berla direttamente alla fonte. Le acque di Fiuggi appartengono al gruppo delle acque naturali oligominerali. Tale caratteristica è determinata dalla stessa formazione tufacea della conca di Fiuggi, la quale, alternando strati permeabili, filtra le acque che vengono così a perdere del tutto le sostanze minerali. Estremamente efficaci nei trattamenti disintossicanti, esse sono in particolar modo indicate nella prevenzione e nella cura renale e della gotta.
La sorgente di Bonifacio VIII
foto:fiuggispa.it
La Fonte Bonifacio VIII fu costruita all'inizio del secolo, in elegante stile liberty di cui rimane, oggi, soltanto il suggestivo portale d'ingresso. Negli anni '60, infatti, la struttura interna fu completamente ristrutturata su progetto dell'architetto Moretti e si estende in un gioco di spazi aperti e chiusi, di arditi elementi architettonici di cemento e di lussureggiante vegetazione.La Fonte Bonifacio VIII il luogo predisposto alla cura vera e propria, quella che va effettuata la mattina a digiuno.
Alle sue fontanelle, sparse a centinaia nelle ampie aree verdi e negli spazi coperti, possono accedere contemporaneamente fino a 25.000 persone. L'imponente salone centrale consente, grazie ai suoi impianti di riscaldamento, di effettuare la cura delle acque anche nei mesi invernali. Ma la fonte non solo un luogo di cura. Accanto alle fontanelle di mescita e agli ambulatori medici, infatti, c'è un insieme di strutture pensate per rendere più piacevole il soggiorno degli ospiti: bar, caffè concerto, sale polifunzionali. Attorno alla fonte si estende un parco di 80 ettari.
Fino dall'ottocento la cura delle acque avveniva alle sorgenti che scaturivano in località anticamente detta dello "Sparagato". Gli amministratori comunali fin da quei tempi si resero conto dell'importanza delle acque e per non mandarle perdute costruirono in questa contrada un abbeveratoio. Sempre le stesse acque formavano un laghetto assai pescoso. Nel 1870 vi furono i primi lavori di sistemazione e la prima copertura della fonte avvenne nel 1890.
Il primo stabilimento, intitolato appunto a Bonifacio VIII, fu realizzato nel 1905 e inaugurato nel 1911 con classiche strutture liberty oggi scomparse che hanno lasciato il posto alle futuristiche strutture progettate dall'arch. Luigi Moretti. Infatti a partire dal 1960 inizia la fase di ristrutturazione e di ampliamento delle terme con criteri moderni e funzionali. Gli arch. Luigi Moretti e Mario Ingrami sono riusciti ad articolare armoniosamente il gioco degli spazi aperti e di quelli coperti, di passeggiate protette da ardite volte in cemento armato e che trovano nel "fungo" e nelle "tende arabe" una significativa espressione stilistica di architettura moderna. Delle precedenti strutture del periodo umbertino rimane solo il classico ingresso superiore.
La Fonte Anticolana
foto:hotelfiuggi.eu
La Fonte Anticolana, denominata anche "fonte nuova" perchè inaugurata negli anni venti, è maggiormente frequentata durante il pomeriggio. Situata in una posizione incantevole, offre agli ospiti qualche fontanella in meno, ma offre splendide passeggiate nei giardini e nei viali alberati del grande parco attrezzato.
Tra i cedri argentati, le sequoie e i fiori di ogni specie, infatti, ci sono i campi da tennis e di bocce, il minigolf, il ping-pong, un parco attrezzato per bambini e una sala giochi. E' qui, inoltre, che si trova il Teatro delle Fonti, un palcoscenico che ospita ogni anno importanti spettacoli musicali e manifestazioni culturali di notevole prestigio.
Le sorgenti ubicate nella zona detta "Pantano" alimentano la Fonte che si estende in un parco di 14 ettari. E' un immenso giardino con straordinari esemplari di alberi e piante esotiche circondata da boschi di castagni, abeti e cedri. Dotata di nuovi impianti per lo svago, gli sport e gli incontri culturali (tra cui un capace teatro), inseriti in una suggestiva area di verde, di gusto e tradizione ottocentesca.
foto:latina24ore.it
foto:flickr.com
Fiuggi(Ivana)
... PARLIAMO DI ...
“Io faccio in assoluto i migliori biscotti del mondo,
ma non li faccio spesso
perché non è giusto... verso gli altri biscotti.”I SAVOIARDI
I savoiardi sono dei biscotti dolci e leggeri dalla consistenza molto friabile e spugnosa. La forma è un cilindro schiacciato con gli spigoli smussati, ricorda un grosso dito, in inglese vengono chiamati lady fingers, cioè dita di dama, mentre in Francia vengono chiamati biscuit à la cuillère, cioè biscotto a cucchiaio. Tutte le regioni d'Italia che subirono l'influenza dei Savoia, conoscono questo prodotto. In Sardegna, dove prendono il nome di “Pistoccus de caffè”.In Molise sono conosciuti come prestofatti. Sono diffusi anche in Sicilia, che ebbe un re sabaudo nel Settecento; la ricetta è stata reinterpretata dalla tradizione isolana, in particolare a Caltanissetta dove vengono chiamati raffiolini.
La loro origine è incerta, alcune fonti li fanno risalire al tardo XV secolo. I "Biscotti di Savoia" videro la luce nel tardo Medioevo, e sarebbero stati creati dal cuoco della corte di Amedeo VI, per un fastoso pranzo organizzato intorno al 1348,in onore di una visita dei reali di Francia. In seguito, grazie al successo ottenuto nel memorabile banchetto, questi biscotti fregiati del nome di “Savoiardi”, vennero adottati “ufficialmente” dalla Reale Casa Savoia diventando golosità molto ambita dai giovani eredi della dinastia. Una ricetta cinquecentesca ne mostra la preparazione: «Si fanno con un poco di farina, albume d’uovi e zuccaro». Pur essendo stati adottati dal Piemonte, dove il Savoiardo viene chiamato familiarmente el biscotìn, hanno continuato a essere prodotti anche in Francia, in particolar modo nella zona di Yenne, sul lago del Bouget, che originariamente apparteneva al territorio dei duchi di Savoia.
Ricetta tra le più antiche della nostra gastronomia, pubblicato sul Dictionnaire de cuisine et gastronomie edito da Larousse. "El biscotin" pur essendo di origine piemontese, arrivò nelle aree d'influenza dei Savoia. Nel 1873, sono citati nel Grande dizionario di cucina di Alexandre Dumas.
Dalla Francia alla Sardegna i Savoiardi hanno perso parte delle uova è quindi più leggeri, con la pasta meno biscottata e la forma più appiattita. Dalla Sardegna alla Sicilia, hanno perso ancora delle uova, per l'esattezza degli albumi, e sono diventati Savoiardi forti, più biscottati e duri; sono serviti sempre con morbide creme o vini.“No gh’è a sto mondo, no, più bel biscotto,
- più fin, più dolce, più liniero e san –
per mogiar nela cìcara o nel goto, - del Baicolo nostro Veneziàn”
Non c'è al mondo biscotto più fino,
dolce e sano da intingere nella tazza o nel bicchiere
del nostro Baicolo VenezianoBAICOLI VENEZIANI
I biscotti veneziani per eccellenza sono i “baicoli” che creati due secoli fa, nelle offellerie e panetterie per le botteghe del caffè, sono ancora oggi tra i biscotti più delicati e saporiti. Sono biscotti tipici di Venezia, venduti in tradizionali scatole gialle di latta.
I biscotti si presentano come dei tranci di pane biscottati,con forma allungata, ovoidale e uno spessore molto sottile. Vengono prodotti con farina bianca, burro, oli vegetali, zucchero, lievito di birra, una chiara d’uovo, un po’ di latte e un po’ di sale.
Nelle Venezia del settecento era di moda servire questi biscotti con lo zabaione, famosissimo dolce secco da “tociar” (intingere). I biscotti della Serenissima, parte integrante delle provviste delle navi mercantili grazie al loro ottimo sapore e alla loro capacità di conservazione, durante i lunghi viaggi dei veneziani commercianti Il nome “baicolo” è stato dato per la sua forma molto simile a quella dei piccoli branzini di laguna che portano, appunto, questo nome.
In letteratura vengono citati:
“Pasta reale condita di zucchero, spugnosa, biscottata, che s’inzuppa nel caffè o simili bevande. Dicesi baicolo per similitudine, benché grossolana, alla figura dei piccolissimi cefali, chiamati appunto Baicoli”, così venivano descritti da Giuseppe Boerio nel suo “Dizionario del dialetto veneziano” pubblicato nel 1856.
"I “baicoli” veneziani sono molto considerati anche dai turisti stranieri i quali spesso si ricordano della loro bontà e li richiedono a distanza di anni”. Da “Il Veneto in cucina” di Ranieri Da Mosto, Giunti Martello Editore, 1978.I pani dei marinai
Come spesso capita le cose più buone possono nascere da errori o distrazioni. E i biscotti sembrano rientrare in questa casistica. La leggenda lega la loro nascita al mito degli Argonauti e del loro coraggioso condottiero Giasone. Secondo la tradizione epica il cuoco di Giasone, durante l’ultima infornata di pane da caricare sulla nave Argo, si addormentò. Al risveglio, in forno trovò un pane ridotto di volume, appiattito, secco, ma ancora buono tanto che Giasone decise di stiparlo in cambusa insieme al resto delle provviste…e fu l’unico “pane” a non ammuffire e a sfamare gli Argonauti durante il viaggio alla ricerca del vello d’oro. Questo sembra spiegare perché i latini, oltre al termine “biscoctus” (cotto due volte) per indicare gli antenati dei biscotti erano soliti usare l’espressione “panis nauticus”, la “galletta” dei marinai. Proprio in epoca romana i biscotti acquistano il tratto della dolcezza che li caratterizza ancora oggi.(http://iocominciobene.it/)(Gabry)
STRISCIA FUMETTO
... LA NATURA SULL'ISOLA ...
"Apriti sesamo!!!"
SESAMO
Il sesamo (Sesamum indicum L.) è una pianta erbacea della famiglia delle Pedaliaceae, originaria dell'India e dell'Africa.
Esistono due tipologie di semi: semi di sesamo nero e semi di sesamo bianco. Quelli bianchi sono meno rari e più facilmente reperibili. Prosperano nelle zone semidesertiche dell’Africa e dell’India.La maggior parte delle specie selvatiche si trovano nell’Africa sub-sahariana. La Birmania, l’India e la Cina rappresentano il 50% della produzione mondiale di sesamo. Il più grande importatore a livello mondiale è il Giappone dove l’olio di sesamo è una importante componente della cucina giapponese.
La pianta del sesamo appartiene alla famiglia delle Pedaliacee e ha il nome scientifico di Sesamum indicum. E una pianta erbacea annuale, con una radice a fittone e un fusto che può raggiungere il metro di altezza, eretto, peloso, semplice o ramificato. Le sue foglie sono lunghe, lanceolate e opposte, quelle basali più larghe e con un lungo picciolo, quelle apicali più strette e con un picciolo più corto. I fiori crescono sulll’ascella delle foglie, sono singoli o riuniti in gruppi di 3, grandi, tubolari, di solito di colore bianco ma possono essere di colore rosa più o meno scuro. I frutti che sono delle capsule allungate verdi per poi diventare nella maturità di colore bruno scuro a maturità. Ciascuna capsula contiene dei piccoli semi molto leggeri, da 50 a 80, di forma schiacciata e con un apice appuntito.
Le loro proprietà nutritive sono comunque molto simili. I semi di sesamo possono essere considerati come una delle fonti principali di calcio vegetale; 100 grammi ne contengono dagli 800 ai 1000 milligrammi. Secondo la medicina tradizionale orientale il sesamo è un ottimo ricostituente nelle malattie croniche ed è in grado di rafforzare vista ed ossa oltre ad impedire la carie dentale e la calvizia. Studi scientifici evidenziano che possa prevenire le malattie cardiovascolari, mantiene bassi i livelli del colesterolo nel sangue, ed ha proprietà cosmetiche di emoliente, nutritivo e lenitivo.
Come migliaia di anni fa, i semi servono per guarnire focaccine, panini, grissini e per insaporire barrette dolci. In Medio Oriente vi sono numerose ricette che insegnano a preparare una pasta al sesamo, la tahina chiamata anche burro di sesamo o crema di sesamo e ha un sapore che ricorda quello delle noci. E’ diffusa in tutto il Nord Africa, in Turchia e in Grecia e serve da condimento per numerose pietanze come i Falafel, polpette fatte con la pasta di ceci e di fave, ma viene usata anche con alcune carni come quella di agnello....storia, miti e leggende...
Si ritiene che la coltivazione del sesamo sia la più antica coltivazione di semi oleosi dell’ umanità. E' una spezia coltivata in Medio Oriente da migliaia di anni come testimonia il ritrovamento, nell’odierna Turchia, di antichi torchi che servivano per macinare i piccoli semi e per estrarne l’olio già nel 2750 a.C. Nelle rovine dell’antica Babilonia scavi archeologici hanno trovato resti carbonizzati di semi di sesamo datati 4000 anni fa; venivano usati nella cosmesi. Gli Egizi li conoscevano e nel famoso “Papiro di Ebers” di 3600 anni a.C. sono citati nella lista delle droghe medicinali. Presso la civiltà assira si credeva che il vino da esso ricavato venisse sorseggiato dagli Dei durante la creazione della terra. In India, le prime notizie certe sulla coltivazione del sesamo, della varietà che ancor oggi viene coltivata, il sesamo Indicum, provengono da antichi testi indiani datati intorno al 1600 a. C., ma si sa per certo che il piccolo seme veniva usato da molto più tempo. Alcuni studiosi ritengono che dalla Mesopotamia, attorno all’anno 2000 a.C., il sesamo sia giunto in India e qui la selezione prodotta dall’uomo abbia creato quelle varietà domestiche che vengono coltivate ancora oggi. Altri pensano che sia stata l’Asia, soprattutto la Cina, a iniziare prima ad usare e poi a coltivare il sesamo.
Anticamente in India era prevista un'offerta di quattro vasi di sesamo nero nelle cerimonie funebri che avrebbe favorito il passaggio del defunto nell'aldilà. Ancora oggi i semi di sesamo sono considerati un simbolo di immortalità e profondamente legati ai culti sacri. Nella letteratura antica si riscontra l'usanza di cospargere con il sesamo i sedili dei commensali, per cacciare i demoni del cibo.
I romani apprezzavano il sesamo e lo utilizzavano nella pasta del pane o come guarnizione di focacce e dolci.I soldati romani li mangiavano abbinato al miele, per acquisire maggiore energia e forza fisica. Plinio il vecchio li consigliava contro il vomito e la dissenteria.
Nel Medioevo, con le invasioni barbariche, in Europa furono interrotti gli scambi commerciali delle spezie e divennero talmente rare da essere usate solo dalla nobiltà e dalle più ricche famiglie dell’epoca.
Nel Rinascimento, le spezie ritornarono in auge, impiegate per conservare ed insaporire i cibi, e si riprese ad usare il sesamo non solo per ricavarne olio ma anche per rendere più gustosi pani, dolci e focacce.
Nel 1600, l’America conobbe il sesamo tramite gli schiavi africani che lo portarono. In Sicilia la coltivazione del sesamo giunse durante la dominazione araba dal 827.
Il sesamo è famoso anche nella letteratura mediorientale ed è diventata celebre la frase “apriti sesamo!” nel racconto “Ali Babà e i 40 ladroni” dal libro “Le mille e una notte”. La formula magica “Apriti Sesamo” si riferisce probabilmente alle “incredibili” proprietà nutritive e vitali del sesamo, che avrebbero conferito all’essere umano forza e vitalità. Mentre una leggenda narra che alcuni sacerdoti del vicino Oriente, anticamente, erano in grado con determinati canti e preghiere di far aprire magicamente le spighe di sesamo.(Gabry)
POESIE DI STAGIONE
FEBBRAIO
Febbraio
Cosa ci porti, corto febbraio?
Si, dietro l'uscio vi è primavera
con la sua veste dolce e leggiera,
col suo sorriso limpido e gaio.
Tu ci porti le mascherine
coi lieti giorni del carnevale;
empi di canti le gaie sale,
e la tua gioia par senza fine.
C'è chi ti dice, febbraio, amaro
perchè talvolta di pioggia e neve
non sei di certo un mese avaro,
col tuo cappuccio di nubi, greve.
Ma cosa importa? Fresca e leggiera
a te dappresso bionda nel sole,
tutta sorriso, tutta viole,
ecco che appare la primavera.(Zietta Liù)
... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...
... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...
(La redazione)
Gisborough Priory, North Yorkshire, England
scatto di Paul WellerCielo, testimone dell'umanità.
Libro aperto alla pagina odierna, racchiudi in te il nostro passato;
puoi prevedere il nostro futuro.
(Chiara Libero). -
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Bok sorellone mio e a tutti isolani pusaaa . -
gheagabry.
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. Buonanotte a tutti
Video
p.s. Augusto ci rimango...si sta al calduccio nel tuo cuore
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Buon Mercoledì, un abbraccio a tutti.
Non so da Voi ma qua dell'inverno si sono perse le tracce.. -
barbarart.
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Augusto aspetta a parlare!
Dopo un'influenza che sembrava non passasse mai,
secondo te, qual è il mio primo pensiero per il week end?
Uscire fuori casa e godermi il SOLE!
Ovvio no?
E invece guarda un po' qua,
cosa ci aspetta per i giorni a venire:
ALLERTA METEO quindi!
E ti pareva che il brutto tempo
non capitava durante il week end!
Un classico!
Comunque per la cronaca, oggi
anche a Napoli il tempo è così.....
Barbara. -
gheagabry.
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. buonanotte a tutti
.. -
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Buona giornata, un abbraccio a tutti.
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barbarart.
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Buona giornata a tutti!
Oggi vi lascio queste 4 semplici regole
del vivere felice!
Barbara. -
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Buongiorno Augusto; Buongiorno Barbara ... Grazie per i vostri pensieri in questo luogo ... Vi abbraccio forte forte!!! . -
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Buon Venerdì, un abbraccio a tutti.
trasforma una giornata uggiosa in una "fiorellosa".. -
barbarart.
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Per questo Week end vi lascio una Peonia!
Non è un Fiore Petaloso?
Avete letto di Matteo?
Voglio raccontarvi la sua storia.
Matteo è un bimbo di 8 anni,
nel descrivere un fiore in un compito
in classe assegnato dalla maestra,
gli è venuto fuori
il termine PETALOSO!
La maestra Margherita Aurora
l'ha segnato di rosso, come errore,
in quanto in italiano la parola non esiste,
ma conquistata dal termine,
ha deciso di fare una sorpresa Matteo
e ha inviato una lettera all'ACCADEMIA DELLA CRUSCA.
L’Accademia della Crusca
a sorpresa, ha risposto.
«Una parola bella e chiara che meritava un parere,
anche per premiare l’intuizione del bambino
— spiega Maria Cristina Torchia,
la consulente linguistica che ha scritto la lettera
di replica a Matteo —.
Il termine coniato è formato da due parti
Petal e oso
e così come Pel-oso (pieno di peli)
o Coraggi-oso (pieno di coraggio)
Petaloso è a pieno titolo un aggettivo
possibile, che potrebbe significare
pieno di petali!
Ma per entrare davvero nel vocabolario, petaloso
ha bisogno di essere conosciuto e utilizzato da tante persone».
Detto, fatto.
Dopo il post con il verdetto pubblicato su Facebook
dalla maestra, il web si è scatenato.
E nel giro di una notte l’hashtag #petaloso è diventato virale.
Tanto che anche il Presidente del Consiglio Renzi
gli ha dedicato un pensiero su Twitter:
«Grazie al piccolo Matteo, grazie Accademia della Crusca:
una storia bella, una parola nuova, #petaloso».
Matteo, a cui piace molto la matematica,
è solito inventare parole dopo,
ma specialmente quando è sotto la doccia!
L'altro giorno il bambino ha portato a scuola una rosa rossa
molto "petalosa"
per la maestra, per ringraziarla.
Matteo e la sua classe sono stati invitati
a Firenze all'Accademia della Crusca.
Una bella soddisfazione!
Bravo Matteo,
noi stiamo già utilizzando il tuo termine!
Barbara. -
..
-
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Buon Sabato, un abbraccio a tutti.
. -
barbarart.
User deleted
Più ancora di tutte le altre passioni,
l'amore vive di attesa e di speranza.
È vero che queste passioni non si svolgono senza dolori.
Ma certi dolori sono ancora amati,
quando conducano per mano altre gioie.
Le donne, senza averlo imparato,
lo sanno benissimo, e, purché non siano a loro volta
trasportate da una forte passione,
conoscono perfettamente l'arte di far durare la primavera.Alain-Fournier
Buon sabato sera a tutti!
Barbara. -
gheagabry.
User deleted
ciao a tutti!
Buona serata!
Video
Riesci a sentire il mio cuore battere?
Riesci a sentire questo suono?
E così ho guardato in alto verso il sole
E ho potuto vedere
Riesco sentire il tuo cuore battere
Riesco a sentire questo suono
Ma non posso fare a meno di pensare
(Coldplay - Gravity).