IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 7° ... SETTIMANA 008...

LUNEDI' 22 FEBBRAIO - DOMENICA 28 FEBBRAIO 2016

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,795

    Status
    Offline





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 008 (22 Febbraio - 28 Febbraio 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 22 Febbraio 2016
    S. MARGHERITA

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 08
    Giorni dall'inizio dell'anno: 53/313
    -------------------------------------------------
    A Roma il sole sorge alle 06:56 e tramonta alle 17:51 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:14 e tramonta alle 17:59 (ora solare)
    Luna: 6.35 (tram.) 17.47 (lev.)
    Luna piena alle ore 19.21.
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Gennaio ingenera, febbraio intenera, marzo imboccia.
    --------------------------------------------------
    Aforisma del giorno:
    Non lasciarti opprimere dalle calamità,
    ma va incontro a loro coraggiosamente.
    (Virgilio)









    RIFLESSIONI



    ... L’UOMO CHE PARLAVA CON I FILI DI ERBA …
    ... Quei fili d’erba sembrano tante mani che sollevate verso il cielo salutano festanti. Il vento li muove e crea come una gigantesca hola sul quel grande prato verde. Disteso pancia a terra e col la guancia poggiata sull’erba, osserva silenzioso e stupito quel verde muoversi dei fili d’erba. Ansimante per le tante corse, quello è il momento che più ama; il suo adagiarsi sul manto verde e lasciare che esso gli parli e racconti le sue storie. Nessun sa quel suo segreto; “Tutti pensano che i fili di erba si muovano per il vento”, sapessi quante cose raccontano, se uno soltanto si distendesse a terra e aprisse il proprio cuore sentirebbe le loro voci. Parlano muovendosi, anzi grazie a quel dolce ondeggiare emettono suoni che in poco divetano parole. “Mi distedo e li ascolto”; “se potessimo ti sospingeremmo noi quando corri”, “il tuo cuore limpido e la tua gioia nel giocare ti rendono unico”. Molti che lo sentivano nello spogliatoio raccontano che spesso diceva queste parole una volta restato solo:”Mi emozionano sempre, quando corro immangino le loro”mani”, quei milioni di fili di erba, che sostengono le mie scarpe e mi spingono per essere più veloce più agile”. Nessuno comprendeva il senso di quelle parole, alcuni ironizzavano dicendo che stesse impazzendo. Fu così che un giono un suo amico si distese al suo fianco e, nella sua stessa posizione, restò in silenzio osservandolo e aspettando chissà cosa. Rimasero in quella posizione per quasi un’ora, in silenzio, interrotto dalle folate di vento e che agitava quei fili di erba. Una volta alzati il suo amico gli disse:”Ma cosa ci trovi di speciale a stertene disteso in quella posizione?”; lui sorrise e con una incredibile luce negli occhi rispose: “Non tutto ciò che ci è intorno è comprensibile a tutti; spesso la bellezza è nei luoghi e nelle forme che hai sempre davanti agli occhi senza che tu te ne accorga.” L’amico voltò le spalle facendo un gesto con la testa come se avesse sentito un pazzo parlare. La Domenica però quel ragazzo “strambo” era l’idolo di tutti, trascinava compagni e tutti coloro che assistevano alle partite in quella sua magia che solo lui sapeva creare col pallone. “Se solo sapessero quanta magia c’è intorno a noi”; “Se solo sapessero ascoltare tutto ciò il mondo intorno ci dice”. Faceva magie su quel campo e solo lui poteva sentire ogni singolo filo di erba fare il tifo per lui. Divenne un mito, un esempio per tutti e fece del bene a tanti meno fortunati di lui. Finì la sua carriera sportiva e si ritirò in una villa grandissima con tanto prato verde intorno. Fino all’ultimo giorno della sua vita continuò a parlare con i fili di erba; chi passava vicino la sua casa spesso lo vedeva disteso immobile sul prato; nessuno seppe mai il suo segreto. Lui era “L’uomo che parlava con i fili di erba”.… Buon Febbraio amici miei … (Claudio)






    Egisto, l'uomo che parlava al grano
    Egisto viveva in una casa colonica sopra Fiumalbo, lungo la strada che dal paese montano porta all'Abetone, terra di confine tra Modena, Pistoia e Bologna. Era sposato con Rosa.

    Rosa e Egisto (“Gisto”, come lo chiamava lei sbrigativamente) facevano i contadini, mestiere in disuso già alla fine degli anni '70 in una zona che stava velocemente – anche se un po' confusamente - accogliendo il turismo. Era un uomo senza età, nel senso che non sono mai riuscito a dargliene una. Poteva aver 50 anni come 90.

    Egisto e Rosa avevano due mucche, una capra bianca con qualche "toppa" marrone e tanti campi dove coltivavano il grano e da cui ricavavano il fieno per le mucche.

    I bovini erano ospitati in una stalla vecchia e angusta, che Egisto teneva pulitissima, di fianco ad un mulino e nei pressi di un allevamento di maiali: era un posto bellissimo, sembrava uscito da una fiaba; la capra, invece, aveva una casetta tutta sua, di pietra, dietro la fattoria, con una porticina di legno, sgangherata: era il luogo preferito dai bambini.

    Ogni giorno andavamo da Egisto a prendere il latte per i bimbi che ci seguivano incuriositi da quegli animali così grossi, dei quali avevano un certo timore. Con la capra, invece, il rapporto era diverso. Quando Alessandro e Silvia si avvicinavano alla casetta di pietra dove viveva, la capretta usciva sulla porta e stava ferma, a guardare i due bimbi che si sganasciavano dalle risate. Ma non si allontanava, né mostrava fastidio, rimaneva lì, sulla porta, incuriosita da quegli strani animali, piccoletti a due zampe che facevano un sacco di chiasso.

    Il rito del latte era il momento più piacevole della giornata. Egisto era magrissimo e molto alto, con la schiena ricurva e la cintura dei pantaloni stretta attorno alla vita, fuori dai passanti; il volto era scavato dalle rughe. In testa teneva un cappello scuro con la tesa, consumato dagli anni. Parlava poco e tra una parola e l'altra regalava silenzi che pareva non finissero mai. Eppure, ad Egisto piaceva parlare, ma solo dei suoi animali e dei suoi campi. In un dialetto modenese poco comprensibile pure a me che di quello bolognese conservo ancora qualche ricordo giovanile. E così spiegava pregi e difetti dei due animali, cosa e quanto mangiavano e le differenze del latte, da stagione a stagione. Lui preferiva quello estivo, quando le mucche mangiavano l'erba fresca. “E' più ricco”, spiegava pronunciando il “più” e il “ricco” come se fosse un'unica parola.

    Rosa era solare e chiacchierona, sempre col sorriso sulle labbra pareva avesse cento denti. Spesso ci accoglieva in casa e non mancava mai una carezza per i bambini. Ci raccontava del figlio che faceva l'operaio e nel tempo libero aiutava “Gisto”. Un aiuto non sufficiente per due anziani e con mille acciacchi, per Egisto, soprattutto, il cui cuore ogni tanto faceva qualche brutto scherzo. Quel figlio era il cruccio di Egisto che non vedeva una grande futuro per la sua fattoria; ma anche Rosa aveva i suoi pensieri. Intendiamoci, era un bravissimo ragazzo, ma aveva preso una sbandata sonora per una bella ragazza modenese.

    “E' fidansa' con la maestra”, raccontava Rosa calcando la voce su quel “maestra” facendo così capire come quel fidanzamento le piacesse poco. “E' di Modena, è una cittadina. Insegna qui, alle scuole elementari di Fiumalbo”. E quel “cittadina” spiegava tutta la sua perplessità: lui, un operaio montanaro figlio di contadini, che si era messo con un'insegnante di Modena: quanta distanza! Insomma, quel rapporto era fuori dagli schemi di Rosa e di Egisto e quindi incomprensibile.

    Noi, dunque, ogni giorno portavamo i bambini alla stalla di Egisto e per arrivare dovevamo passare davanti all'allevamento di maiali adiacente ad un caseificio. Secondo il vento, l'impianto si faceva annunciare a diverse centinaia di metri. E Alessandro era il più veloce ad avvertire: “Ca puzzo ca maiali”, diceva, era la “sua” ripetizione di quello che dall'anno prima aveva ascoltato da noi: “Che puzzo di maiali”, esclamavamo quando passavamo davanti al grande piazzale.

    Non sempre, però, Egisto era nella stalla e allora dovevamo salire fino a casa dove Rosa ci riempiva la bottiglia di latte e scherzava con i bambini dopo che questi avevano fatto visita alla capretta.

    “Nostro figlio si sposa”, annunciò un giorno con un tono di voce indecifrabile, ma i suoi occhi mandavano lampi di felicità, perché Rosa guardava oltre, forse pensava già a qualche marmocchio che presto sarebbe arrivato. Egisto muto.

    Egisto passava molto tempo nella stalla, ma ancor di più nei campi, per lui erano quelle le ore migliori della giornata, libero di far librare nell'aria i suoi pensieri. Un pomeriggio stava rientrando a casa dopo aver falciato il fieno, noi eravamo nella piccola aia, davanti alla porta, ci salutò con cordialità poi sparì nella parte posteriore dell'edificio. Lo seguii, quell'uomo dinoccolato mi affascinava, emanava una forza interiore incredibile, trasmetteva valori antichi che avevo conosciuto solo nella mia infanzia.

    “Egisto, qui ormai si danno tutti al turismo, è rimasto solo lei a dedicarsi ai campi e alle mucche”.

    “No - mi corresse con quell'accento “largo”, modenese - , c'è anche un'altra famiglia più in alto, anche loro fanno i contadini, ma hanno le macchine. E poi, mica so quanto dureranno”.

    Sì, perché Egisto l'erba la tagliava con la falce fenaia che ogni tanto arrotava con una piccola pietra che teneva in una taschina di cuoio nero. Egisto non aveva niente che andasse a motore – a parte una piccola auto - per lui le “macchine” erano una soluzione lontana anni luce dalla sua idea di agricoltura.

    “Però è un lavoro faticoso – osservai -. Mio nonno che faceva il contadino diceva sempre che la terra era bassa. Perché lei ha ancora così tanta passione?”

    “Perché amo i bambini”, rispose lapidario Egisto. Poi un lungo silenzio mentre inforcava il fieno e lo gettava su un soppalco. “Il grano – spiegò – è come i bambini: si getta il seme e la pianta cresce e io la vedo crescere. Magari può capitare che si ammali, allora io la curo. E quando il grano è cresciuto si muove seguendo il vento, come i bambini quando agitano le mani. E' il loro linguaggio e io col grano ci parlo e accarezzo le spighe”.

    Egisto morì, soffriva di cuore e il cuore lo tradì. Egisto non vide mai crescere il grano che quell'anno aveva seminato né il nipotino che sarebbe arrivato. Chissà se senza le carezze e i sussurri di Gisto, sarà venuto un buon grano.

    Non tornammo più in quella stalla, né a casa di Rosa, non avevamo il coraggio di dire ai bambini che Egisto era morto, dicemmo loro che il latte saremmo andati a prenderlo da un'altra parte perché Gisto era vecchio e aveva venduto le mucche. “E la capra?”, chiese Silvia a bruciapelo. Per lei Egisto e Rosa erano la capretta bianca che viveva nella casa di pietra..
    (Alberto Vivarelli)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    Notte d'inverno

    Sul paesino bianco bianco
    scende la notte scura scura,
    ma il cuor piccino non ha paura
    anzi è preso da un dolce incanto.
    Che cos’ha per compagnia
    la piazzetta solitaria?
    Ha la fontana che sempre varia
    la sua canzone di fantasia.
    E l’alberella che par morta
    senza un fremito di volo?
    L’alberella ha l’usignolo
    che col suo piangere la conforta.
    E nella casa che s’empie già
    d’uno stuolo vago e leggero
    d’ombre vestite di mistero,
    il bambino felice cos’ha?
    Il bambino ha la sua mamma
    ce gli fa nido con le sue braccia,
    che se lo stringe guancia a guancia
    e gli canta la ninna nanna.
    (Diego Valeri)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    La volpe e il lupo

    Intorno alla metà agosto, nei giorni precedenti la festività di S. Rocco, il bosco tra Ripacandida, Forenza e Ginestra è attraversato da carri che trasportano vari animali, soprattutto maiali. Secondo una tradizione che si perde indietro nel tempo, a Ripacandida, piccolo borgo insediato sulla sommità di una collina, il giorno di S. Rocco ha luogo una grande fiera. Nella notte, si festeggia con rudimentali fuochi d’artificio, sullo sfondo di campi rigati dalle stoppie che bruciano. Da tutto il circondario arriva gente per la compravendita dei vari animali. Ma l’attrazione principale sono i maiali, acquistati generalmente uno per famiglia, che sono fatti crescere, all’ingrasso, in angusti caselli e, infine, macellati alle soglie dell’inverno. Il lupo e la volpe, che in quel bosco sono gli animali dominanti, vedono passare quei carri trasportare una serie di animali, la maggior parte dei quali, appunto, tozzi, rosei e senza pelo. Carri che vanno verso il paese carichi, e che tornano indietro scarichi. Incuriositi seguono i carri, fino al limite del bosco, che è separato dal paese soltanto da una stretta vallata.
    In quel tempo, l’asino o la mula sono il principale mezzo per muovere persone e cose, la corrente elettrica è stata scoperta, ma non è ancora una risorsa utilizzabile in quei luoghi, e gli inverni sono freddi e nevosi. La legna del bosco scalda le case, quasi sempre solo l’ampio locale in ingresso, che è dominato dalla cucina in muratura, con annesso focolare, fuochi per le pentole e forno per il pane e le focacce. Il calore del focolare e della cucina non arriva nelle stanze da letto. I carboni ancora appena ardenti sono trasferiti dal focolare in appositi ‘scaldini’, per riscaldare, se non le stanze, almeno i letti. Le famiglie sono numerose e gli spazi sono limitati. Questo significa poche stanze, ciascuna con tanti letti. Oppure, nel caso di famiglie molto povere, un'unica grande sala con locali separati da tendoni. In cucina, di solito in un sottoscala, è ricavato lo spazio per il pollaio e la conigliera. Il sottotetto ospita un’altra piccola stanza e la piccionaia. L’angusto spazio per il maiale, il casello, è all’esterno, come la stalla per l’asino o per la mula. La casa è concepita per uomini e animali, in modo che la famiglia abbia risorse essenziali per mantenersi in autonomia. Il latte, altra importante risorsa alimentare, viene venduto porta a porta, al mattino, trasportato in bidoni metallici e distribuito mediante contenitori metallici che ne misurano la quantità.
    A quell’estate, un’estate torrida, segue il più rigido e nevoso inverno che il lupo e la volpe, e non solo loro, ricordino. Un inverno interminabile, che non concede cibo a chi non sia in letargo. I due animali, di giorno in giorno sempre più deboli, si ritrovano, quasi senza accorgersene e spinti dall’istinto di sopravvivenza, al limite del bosco. Di fronte c’è Ripacandida, il paese del traffico di quegli strani animali color rosa. Il lupo e la volpe si guardano l’un l’altro e, con passo lento e strascicato, senza neanche un cenno d’intesa, si avviano giù verso la valle.
    Giunti in paese, nevica fitto. Nel silenzio del tardo pomeriggio, le strade sono deserte. Rasentando i muri, il lupo e la volpe si trovano davanti a un imponente portone di legno. Alla base del portone, un buco circolare nel legno permetterebbe di guardare dentro il locale. Ma i due animali, prima ancora di realizzare l’idea di guardare attraverso il buco, sentono nell’aria, proveniente da quel buco, caldo odore di cibo. Passa meno di un istante tra il guardare all’interno del locale, una cantina, ed entrarvi, con una certa difficoltà, perché il buco è abbastanza stretto. Ma loro due sono estremamente magri. Ed ecco cosa sono diventati tutti quegli strani animali dalla grande pancia e dalle gambe corte! Salsicce, soppressate, salami, trippa, prosciutti. E, ancora, sugli scaffali, quanti formaggi, di ogni tipo e forma! Il lupo e la volpe sono disorientati. Non sanno neanche con quale cibo cominciare. Sanno solo che, ora, possono nutrirsi, finalmente. E cominciano a mangiare, passando da un cibo all’altro, con frenesia.
    A un certo punto, la volpe guarda la pancia del lupo che diventa sempre più grande, a vista d’occhio. Poi guarda la sua pancia, e quindi il buco da dove sono entrati. Si avvicina al buco e fa una prova per capire se sarebbe riuscita a uscire. Ci sarebbe riuscita, seppure a fatica. Decide allora di non mangiare altro, ma di portare con sé del cibo da consumare fuori dalla cantina. Lei sì, si sente proprio furba, altro che il lupo! ‘Quello stupido animale – dice a se stessa la volpe – continua a mangiare senza sosta e senza pensare a null’altro. Voglio proprio vedere come farà ad uscire dal quel buco nel portone.'
    Neanche il tempo di terminare la frase e una porta interna alla cantina, cigolando, si apre. Un omone grosso e un po’ impacciato si fa avanti. Il padrone della cantina. L’uomo fa un saltello indietro, sorpreso dal vedere prima il disordine generale, poi i due animali. Il lupo e la volpe, a loro volta, fissano l’uomo, pronti a scappare. L’uomo incrocia gli sguardi, prima verso il lupo, poi verso la volpe, quindi si guarda intorno. Trova un bastone, lo prende e comincia a inseguirli, ansimando e con poca agilità. La volpe si dirige immediatamente verso il buco del portone e riesce a uscire e a mettersi in salvo. Il povero lupo, dopo esser sfuggito all’omone correndo lungo i muri della cantina, esausto e appesantito dal cibo ingerito, tenta anch’egli di uscire attraverso il buco. Ma ha mangiato troppo e la pancia, strapiena di cibo, è troppo grande e non gli permette di uscire. E allora, ‘titingh’ e titanghe, titingh’ e titanghe, titingh’ e titanghe’,1 sul lupo si abbattono i colpi di bastone del padrone della cantina.
    Malridotto, pieno di lividi e con qualche osso incrinato, il lupo, subìta la dura lezione, è lasciato libero di uscire. Zoppicando, si dirige lentamente verso il bosco. Dopo un breve tratto di strada, viene avvicinato dalla volpe, che gli dice, con voce sofferente: ‘Caro mio, ce la siamo vista brutta! Quante botte!’
    ‘Eh sì – risponde il lupo con la voce strozzata per il dolore – guarda come sono ridotto, non sto sulle zampe. Ma tu dov’eri?’
    ‘Non mi avrai visto. Quell’uomo, dopo aver picchiato te, ha picchiato anche me.’ A quel punto, la volpe prende una forma di ricotta, che aveva portato con sé uscendo dalla cantina, la estrae dal cestello che la contiene, e se la appoggia sulla testa.
    ‘Guarda – dice al lupo – tu avrai le ossa rotte, ma io ho la testa spaccata, e il cervello è uscito fuori.’
    ‘O povera volpe, chissà come starai male!’ ‘Male, male, molto male, – conferma la volpe – sono paralizzata talmente da non riuscire quasi neanche a muovermi. E dobbiamo rientrare nel bosco. La strada è lunga e innevata.’ Dopo una breve pausa, la volpe aggiunge:
    ‘Caro amico lupo, non potresti portarmi su di te?’
    Il lupo, pur sofferente e zoppicante, comprende che la volpe sta molto peggio di lui. E allora, se la carica addosso e comincia, con molta fatica, a dirigersi verso il bosco. La volpe, soddisfatta di se stessa e della sua furbizia, comincia a ripetere un lamentoso e ambiguo ritornello:
    ‘E lu stuort’ porta lu dritt’, e lu stuort’ porta lu dritt’, e lu stuort’ porta lu dritt’.’ Dopo non molta strada, però, inavvertitamente un pezzo di ricotta cade dalla testa della volpe e finisce sulla neve, proprio davanti al lupo. Dapprima sorpreso, il lupo realizza quasi immediatamente che non si tratta di cervello, ma di ricotta. Capito l’inganno, prima che la volpe ripeta ancora una volta il perfido ritornello, il lupo scaraventa giù la volpe e, con le ultime forze rimaste, la riempie di botte.

    (Barbara Boscolo)



    ATTUALITA’


    Samsung rilancia sfida con nuovi Galaxy S7.

    A fiera mondiale Barcellona scommette anche su realtà virtuale. Immagini di alta qualità anche con luce scarsa, più resistenza all'acqua e alla polvere, sistema di pagamento mobile Samsung Pay (ma solo in alcuni Paesi, non in Italia) e poi torna lo slot per una microSD fino a 200 Gb aggiuntivi o per una dualSim. Sono alcune delle caratteristiche degli smartphone di alta gamma Galaxy S7 e S7 Edge, svelati dal colosso sudcoreano al Mobile World Congress di Barcellona, e che a partire da metà marzo prossimo saranno sul mercato per sfidare gli iPhone di Apple. Ma Samsung scommette anche sulla realtà virtuale con Gear 360, la videocamera a 360 gradi che monta lenti 'dualfisheye'.

    Sul fronte smartphone, Galaxy S7 da 5.1 pollici e S7 edge da 5,5 pollici (il costo secondo indiscrezioni dovrebbe essere rispettivamente 799 e 699 euro) hanno il sistema operativo Android 6.0 (Marshmallow), il primo con batteria da 3,000mAh e il secondo da 3,600mAh. Sono costruiti con vetro 3D e hanno curve ergonomiche. La funzione 'Always-On Display' consente di non perdere chiamate o notifiche importanti. Anche con poca luce le immagini sono più luminose e nitide grazie alla prima fotocamera 'Dual pixel' montata su uno smartphone. L'obiettivo ha un'ampia apertura, il tempo di posa è più veloce e la messa a fuoco automatica è più accurata. La nuova modalità 'Motion Panorama' dà movimento alle foto panoramiche tradizionali. Sul solo S7 edge è disponibile Edge Ux, una scorciatoia per le funzioni più usate come posta elettronica, selfie, panorama.

    I due modelli consentono una ricarica veloce sia elettrica sia wireless mentre torna lo slot per inserire una microSD fino a 200GB di capacità aggiuntiva. In alcuni paesi è possibile inserirvi una scheda duaSIM. Prestazioni migliorate anche per i giochi, che hanno un alto rendimento grafico, grazie a un potente processore e una batteria più grande.

    Con Galaxy S7 e S7edge è disponibile il pagamento Samsung Pay accettato quasi ovunque. Il servizio ha raggiunto cinque milioni di registrazioni e transazioni per 500 milioni di dollari nei primi sei mesi di attività in Sud Corea e Usa. Debutterà anche in altri Paesi e a fine anno in Europa in Spagna e Gran Bretagna.
    (Ansa)





    Vino italiano traina record esportazione cibi all'estero.

    Tra le new entry ottima la posizione per caviale e birra. Il vino italiano traina il valore record di esportazione dei cibi italiani all'estero, con un aumento dell'80 per cento nel decennio per raggiungere nel 2015 un valore delle esportazioni di 5,4 miliardi, che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola Made in Italy all'estero. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sul commercio estero sulla base dei dati Istat cher precisa che in generale il valore dei cibi e dei vini italiani all'estero praticamente raddoppia negli ultimi dieci anni facendo segnare un aumento record del 79% nelle esportazioni che hanno raggiunto il massimo storico di 36,8 miliardi di euro nel 2015. "Al secondo posto- spiega la Coldiretti - si posiziona l'ortofrutta fresca con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015 ma con una crescita piu' ridotta e pari al 55% mentre al terzo posto sul podio sale la pasta che raggiunge i 2,4 miliardi per effetto di una crescita del 82% nel decennio". Tra le new entry in classifica, si posizionano bene le produzioni che un tempo erano patrimonio esclusivo di altre nazioni come la birra, il cui valore delle esportazioni è triplicato (+206%) conquistando i mercati di paesi tradizionalmente produttori come la Gran Bretagna o la Germania e il caviale, che in un decennio è passato da zero a 11,2 milioni di euro, invadendo le tavole della Russia prima di essere bloccato dall'embargo legato alla crisi Ucraina. Ed è triplicata (+201 per cento) pure l'esportazione di funghi freschi o lavorati Secondo l'indagine, l'aumento del comparto e' da record con il 79% delle esportazioni che hanno raggiunto il massimo storico di 36,8 miliardi di euro nel 2015. Circa un prodotto alimentare italiano esportato su cinque è "Doc" con il valore delle esportazioni realizzato grazie a specialità a denominazione di origine, dai vini ai formaggi, dalle conserve all'olio fino ai salumi, che rappresenta il 20% del totale ma - sottolinea la Coldiretti - si evidenzia anche che la crescita è spinta da nuove specialità del Made in Italy, dalla birra ala caviale."A determinare l'ottima performance dell'agroalimentare italiano sono stati però anche - precisa la Coldiretti - l'olio di oliva che è aumentato del 24% nel periodo considerato per raggiungere 1,4 miliardi a pari merito con i salumi". ‬
    (Ansa)





    La matematica rilegge Star Wars.

    Ricostruita la rete dei 20.000 personaggi della saga. Che l'universo di Star Wars fosse enorme si sapeva, ma tenere il conto di tutti i personaggi che compaiono nei sette film, libri e videogame della saga, non è facile. Ci sono riusciti i ricercatori del Politecnico di Losanna, coordinati da Kirell Benzi, che grazie alla matematica e al computer hanno ricostruito la complessa rete di legami fra gli oltre 20.000 personaggi della saga, distribuiti tra 640 comunita' di 294 pianeti in un periodo di 36.000 anni.

    Analizzando centinaia di pagine web disponibili sul tema con un algoritmo da loro sviluppato, i ricercatori sono riusciti a tirare fuori molti dati nuovi. Hanno scoperto in questo modo che, dei 20.000 personaggi che compaiono nella saga, sono 7.500 ad avere un ruolo importante, Di questi 1.367 sono Jedi e 724 i Sith seguaci del lato oscuro della Forza. L'80% di essi sono umani.

    Il software ha permesso inoltre di collocare i personaggi nella cronologia della saga, ricostruendo una sequenza temporale di 36.000 anni, intervallati in sei periodi principali: prima della Repubblica, la Vecchia Repubblica, l'Impero, la Ribellione, la Nuova Repubblica, l'Ordine Jedi.
    ''Per fare un po' d'ordine in questa enorme mole di dati - spiega Xavier Bresson, uno dei ricercatori - ci siamo basati sull'analisi delle reti, cioè su tutte le connessioni che un personaggio ha con tutti gli altri. Cosi' abbiamo potuto determinare il suo periodo di vita senza errori''.

    I ricercatori intendono adesso dimostrare la capacita' dell'algoritmo nel tracciare connessioni nella massa di dati non organizzati su internet. Il programma permete infatti di stabilire legami tra i dati, ordinarli, quantificarli, interpretarli e trovare le informazioni mancanti, in un tempo molto breve. Tante le possibili future applicazioni. ''Una volta che documenti e archivi saranno digitalizzati - conclude Bresson - questo metodo sara' utile per colmare lacune della ricerca storica e sociologica, come quelle di altri campi scientifici''.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Perfetti sconosciuti




    locandina


    Un film di Paolo Genovese. Con Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea.



    Una "cena delle beffe" che guarda all'attualità e vanta una scrittura precisa, disincantata e comica al punto giusto.

    Paola Casella


    Quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse nel cellulare dell'altro? È questa la premessa narrativa dietro la storia di un gruppo di amici di lunga data che si incontrano per una cena destinata a trasformarsi in un gioco al massacro. E la parola gioco è forse la più importante di tutte, perché è proprio l'utilizzo "ludico" dei nuovi "facilitatori di comunicazione" - chat, whatsapp, mail, sms, selfie, app, t9, skype, social - a svelarne la natura più pericolosa: la superficialità con cui (quasi) tutti affidano i propri segreti a quella scatola nera che è il proprio smartphone (o tablet, o pc) credendosi moderni e pensando di non andare incontro a conseguenze, o peggio ancora, flirtando con quelle conseguenze per rendere tutto più eccitante. I "perfetti sconosciuti" di Genovese in realtà si conoscono da una vita, si reggono il gioco a vicenda e fanno fin da piccoli il gioco della verità, ben sapendo che di divertente in certi esperimenti c'è ben poco. E si ostinano a non capire che è la protezione dell'altro, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso.
    Paolo Genovese affronta di petto il modo in cui l'allargarsi dei cerchi nell'acqua di questi "giochi" finisca per rivelare la "frangibilità" di tutti: e la scelta stessa di questo vocabolo al limite del neologismo, assai legato alla delicatezza strutturale di strumenti così poco affidabili e per loro stessa natura caduchi come i nuovi media, indica la serietà con cui il team degli sceneggiatori ha lavorato su un argomento che definire spinoso è poco, visto che oggi riguarda (quasi) tutti. Per una volta il numero degli sceneggiatori (cinque in questo caso, fra cui lo stesso Genovese, senza contare l'intervento importante degli attori che si sono cuciti addosso i rispettivi dialoghi) non denota caos e debolezza strutturale, ma sforzo corale per raccontare una storia che è intrinsecamente fatta di frammenti (verrebbe da dire di bit, byte e pixel), corsa ad aggiungere esempi sempre più calzanti tratti dal reale.
    Il copione lavora bene sugli incastri e sugli snodi narrativi che rimangono fondamentalmente credibili, instilla verità nei dialoghi (che certamente verranno riecheggiati sui social e nelle conversazioni da salotto, perché questo fanno certe "conversazioni": l'eco), descrive tipi umani riconoscibili. Il cast, anch'esso corale, fa onore al testo, e ognuno aggiunge al proprio ruolo una parte di sé, un proprio timore reale. Perché questa società così liquida da tracimare di continuo, sommergendo ogni nostra certezza, fa paura a tutti, e tutti ne portiamo già le cicatrici, abbiamo già assunto la posizione del pugile che incassa e cerca di restare in piedi (o sopravvivere, come canta il motivo di apertura sopra i titoli di testa).
    Il tono è adeguato alla narrazione: non melodrammatico (alla L'ultimo bacio), non romanticamente nostalgico (alla Il nome del figlio), non farsesco, non cinico, ma comico al punto giusto, con sfumature sarcastiche e iniezioni di dolore. Questa "cena delle beffe" attinge a molto cinema francese e americano, ma la declinazione dei rapporti fra i commensali è italiana, con continui riferimenti a un presente in cui il lavoro è precario, i legami fragili e i sogni impossibili. La scrittura è crudele, precisa, disincantata, e ha il coraggio di lasciare appese alcune linee narrative, senza la compulsione televisiva a chiudere ogni scena. C'è anche una coda alla Sliding Doors che mostra come il "gioco" (prima che diventi al massacro) sia gestibile solo con l'ipocrisia e l'accettazione di certe regole non scritte: ed è questa la strada che più spesso scelgono gli esseri "frangibili".
    Quello che ancora manca, a ben guardare, è quella profondità abissale, quella vertigine di consapevolezza regalata agli spettatori senza preavviso dal miglior cinema italiano, su tutti quello di Ettore Scola (non a caso anche qui c'è una terrazza). Ma questa non è colpa degli sceneggiatori o del regista, è segno dei tempi, giacchè la "frangibilità" delle identità e dei rapporti consente al massimo la rivelazione di qualche doppiofondo, non quella sospensione sull'orlo dell'abisso che, come canta il bardo della nostra epoca inconsistente, "non è paura di cadere ma voglia di volare".


    Video


    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    NOMINATIONS OSCAR 2016



    ROOM



    Titolo originale Room
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione Irlanda, Canada
    Anno 2015
    Durata 118 min
    Colore colore
    Audio Dolby Digital
    Genere drammatico
    Regia Lenny Abrahamson
    Soggetto Emma Donoghue (romanzo)
    Sceneggiatura Emma Donoghue
    Produttore Ed Guiney, David Gross
    Produttore esecutivo Andrew Lowe, Emma Donoghue, Jesse Shapira, Jeff Arkuss,
    David Kosse, Rose Garnett, Tessa Ross
    Casa di produzione Telefilm Canada Film4, Irish Film Board,
    Ontario Media Development Corporation, Element Pictures/No Trace Camping, Duperele Films
    Distribuzione (Italia) Universal Pictures
    Fotografia Danny Cohen
    Montaggio Nathan Nugent
    Musiche Stephen Rennicks
    Scenografia Ethan Tobman
    Costumi Lea Carlson

    Interpreti e personaggi

    Brie Larson: Joy "Ma" Newsome
    Jacob Tremblay: Jack Newsome
    Joan Allen: Nancy Newsome
    William H. Macy: Robert Newsome
    Sean Bridgers: Nick
    Tom McCamus: Leo
    Amanda Brugel: agente Parker
    Joe Pingue: agente Grabowski
    Megan Park: Laura
    Cas Anvar: dott. Mittal



    TRAMA


    Il piccolo Jack non conosce nulla del mondo ad eccezione della "stanza", un posto angusto, in cui è nato e cresciuto. Vive con sua madre, Joy, che è stata rapita dal "Vecchio Nick" sette anni prima mentre andava a scuola e che abusa regolarmente di lei. È per loro severamente vietato uscire dalla stanza, per lui fuori dalla porta c'è lo spazio, e la tv che, come gli ha raccontato la madre, è una scatola magica, che rappresenta però solo la finzione. La loro vita si svolge in giornate di normale routine, che giorno dopo giorno si fanno sempre più noiose per il bambino. Il giorno del quinto compleanno di Jack, Joy è ai limiti della disperazione, perché il bambino sta crescendo e iniziando a fare troppe domande, "sul fuori", a cui lei non può rispondere, e decide così di raccontargli la verità e riesce, insieme all'aiuto del bambino, a trovare un modo per sfuggire alla loro reclusione.

    ..recensione..



    E' un serissimo candidato agli Oscar maggiori, edizione 2016; soprattutto la sceneggiatura (non originale, è tratta da un romanzo ispirato all’agghiacciante caso Fritzl) e la regia. Ma anche le interpretazioni sono fuori dal comune, ed è molto probabile che Room sarà nella short list dei nominati a miglior film.
    Fatta la premessa, ecco un avviso: non guardate il trailer, per l’amore del cielo. Accontentatevi del minimo, cioè del titolo, riferito alla stanza in cui Jack nasce e cresce assieme alla madre Joy, una stanza da cui non esce mai e in cui lo troviamo il giorno del suo quinto compleanno, recluso da un uomo spaventoso e triste, che compare solo di notte.
    Altro non si deve sapere, perché una premessa di questo genere può portare a film opposti, a un dramma gelido alla Haneke, a un torture porn, alla retorica della sopravvivenza, ad altro ancora. Non è insomma, e stavolta più del solito, lo spunto a fare la differenza, ma lo svolgimento; e in particolare ciò che Lenny Abrahamson (già regista di Frank, il film in cui Fassbender non mostra mai la faccia) decide di tacere, o far venire fuori quando non lo aspetti più.
    E in questo rapporto tra spazi riempiti e lasciati vuoti – che sono gli spazi del racconto ma anche gli spazi dell’esperienza di Jack, che pensa il suo mondo inizi e finisca in quella stanza – sta la grandezza del film, e la commozione che provoca. Ma gli strati sono tanti, e seri, per esempio si parla di relatività della percezione, e della plasticità della psiche dei bambini. Una grande lezione di regia e scrittura, con a disposizione margini di manovra minimi, servita da attori favolosi (Brie Larson, Jacob Trembley).
    (Giorgio Viaro, www.bestmovie.it/)




    BROOKLYN



    Titolo originale Brooklyn
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione Irlanda, Regno Unito, Canada
    Anno 2015
    Durata 111 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 1.85 : 1
    Genere drammatico, sentimentale
    Regia John Crowley
    Soggetto Colm Tóibín
    Sceneggiatura Nick Hornby
    Produttore Finola Dwyer, Amanda Posey
    Produttore esecutivo Zygi Kamasa, Alan Moloney, Thorsten Schumacher
    Casa di produzione Wildgaze Films
    Parallel Film Productions
    Irish Film Board
    Item 7
    Distribuzione (Italia) 20th Century Fox
    Fotografia Yves Bélanger
    Montaggio Jake Roberts
    Musiche Michael Brook
    Scenografia François Séguin
    Costumi Odile Dicks-Mireaux
    Interpreti e personaggi
    Saoirse Ronan: Eilis Lacey
    Emory Cohen: Antonio "Tony" Fiorello
    Domhnall Gleeson: Jim Farrell
    Jim Broadbent: Padre Flood
    Julie Walters: Madge Kehoe
    Bríd Brennan: Miss Kelly
    Jane Brennan: Mrs. Lacey
    Fiona Glascott: Rose Lacey
    Jessica Paré: Miss Fortini
    Eileen O'Higgins: Nancy
    Emily Bett Rickards: Patty McGuire
    Jenn Murray: Dolores Grace
    Nora-Jane Noone: Sheila
    Michael Zegen: Maurizio Fiorello
    Gerard Murphy: Daddy Lacey



    TRAMA



    1952. Eilis Lacey è nata e cresciuta in un piccolo paese in Irlanda con la madre e la sorella. Ha difficoltà a trovare un lavoro, per questo decide di emigrare negli Stati Uniti d'America alla ricerca di un futuro migliore. Dopo un difficile periodo di adattamento, durante il quale vive in un convitto femminile e lavora in un grande magazzino, Eilis riesce a costruirsi una vita a Brooklyn e si innamora di Tony, idraulico italiano. Ma per l'improvvisa e tragica scomparsa della sorella torna in Irlanda dalla madre. A quel punto Eilis dovrà decidere quale vita vuole per se stessa, se rimanere nella sua terra natia o tornare negli Stati Uniti.

    ...recensione...



    C'è un tipo di cinema medio, molto educato e pulito e lineare, che si potrebbe definire in modo molto sbrigativo e un po' maleducato 'cinema per signore'. Quello che si guarda solitamente a casa, meglio se di pomeriggio, e che fa consumare tanti fazzoletti per asciugar lacrime. Un cinema col quale in fondo non si sa bene che cosa dovremmo farci, figurarsi oggi in cui il clima cinico è dilagante.
    Eppure con Philomena, che è il miglior 'film per signore' degli ultimi anni, ce lo siamo fatti tutti un piantino, e fortuna-
    tamente non ce ne siamo vergognati ad ammetterlo. Anche perché, se si resta indifferenti con una storia del genere - ma soprattutto di fronte alla scrittura con cui viene raccontata -, forse il sospetto che si ha un po' il cuore di pietra dovrebbe venire. Sospetto, mica certezza, per carità...
    Brooklyn è molto più Philomena che C'era una volta a New York, con il quale condivide un plot di partenza simile. Ma per tono, regia ed evidentemente intenzioni è un altro mondo, un altro cinema. Brooklyn ad esempio, come Philomena, è poco interessato a creare un mondo attraverso la regia e gli elementi puramente cinematografici, e questo perché Stephen Frears e soprattutto John Crowley non sono James Gray e non ne hanno le aspirazioni.
    Crowley è invece chiaramente innamorato con tutto il cuore della sua storia, e quindi decide di raccontarla nell'unico modo possibile: girando in modo chiaro e lineare, lasciando che sia appunto la storia - come in un romanzo (e mica è un caso che Brooklyn sia basato su un romanzo) - a raccontarsi. Cinema semplice, si direbbe.
    Anche piatto? Non mi sembra. La storia di Brooklyn, come nel miglior 'cinema per signore', riduce tutto a poche cose, essenziali e dirette. Perché questa è una storia che parla direttamente ai sentimenti, ed è una questione di cuore. La vicenda di Eilis, che abbandona il suo villaggio in Irlanda per trovare fortuna nella Brooklyn degli anni 50, può magari colpire di più chi qualcosa del genere l'ha vissuta, ma ha un carattere universale che è difficile non cogliere.
    Costretta ad abbandonare madre, sorella e amici per andare oltreoceano in un'epoca in cui si comunicava ancora via lettera e il telefono non era così diffuso, Eilis si trova a vivere come un'estranea in un mondo nuovo. Il primo consiglio che le viene dato è di "pensare come un Americano": ci mette ovviamente un po', versa lacrime a casa e sul lavoro, ma poi newyorkese ci diventa davvero (ci si mette poco, a NYC...).
    La solitudine viene man mano meno grazie all'incontro con Tony (Emory Cohen: faccia da schiaffi, e anche per questo perfetto), un ragazzo di origini italo-americane che le fa subito la corte. E proprio nel momento in cui Eilis ricomincia a vivere, e il suo cuore torna a battere, rientra dalla finestra a gamba tesa nella sua esistenza quella distanza che la separa da casa e dalle sue origini.
    Se c'è appunto qualcosa che Brooklyn mette a fuoco benissimo, nonostante la confezione curatina e le troppe lunghezze, è proprio il concetto di distanza. Centra il senso di sofferenza, divisione e soprattutto impotenza (di poter partire, o di restare, o semplicemente di fare la cosa giusta al momento giusto) così bene che ci si perde volentieri fra i suoi fotogrammi. E sì, le lacrime arrivano da sole.
    Saoirse Ronan ha ovviamente il volto bello e giusto per dar vita a un personaggio che, anche se anche piange persino troppo (oh, se piange...), porta con sé un carico di dolore e dubbi ed emozioni che sono tipici di chi è forzato a fare qualcosa che non vorrebbe. Ma queste sono anche tutte le emozioni fragili che si provano nel passaggio all'età adulta.
    In fin dei conti, con Brooklyn assistiamo a un coming-of-age di una ragazzina che diventa adulta e viene chiamata a strappare un cordone ombelicale più duro da spezzare di quel che si può pensare. Brooklyn alla fine di questo ci parla: della ricerca della propria identità, di un angolo di mondo assai agognato e che ci faccia finalmente star tranquilli.
    ( Gabriele Capolino, www.cineblog.it/)

    (Gabry)





    8103634128_bc480a9bf9_z


    La Musica del Cuore



    musica-e-libri



    I Grandi Cantautori Italiani




    branduardi
    foto:adnkronos.com


    Angelo Branduardi




    Angelo Branduardi è nato a Cuggiono, vicino a Milano.

    Quando aveva pochi mesi la sua famiglia si trasferì a Genova e lì, presso il Conservatorio Niccolò Paganini, Angelo conseguì il diploma di violino e debuttò come solista con l'orchestra del Conservatorio.
    All'età di quindici anni Angelo si trasferì di nuovo, questa volta a Milano, e qui si iscrisse all'Istituto Tecnico per il Turismo, dove conobbe ed ebbe a lungo come insegnante il grande poeta Franco Fortini.
    In seguito si iscrisse alla Facoltà di Filosofia ed in quel periodo cominciò a comporre, musicando i testi dei suoi autori preferiti: "Confessioni di un malandrino" dal poeta russo Esenin, ancora oggi una delle sue canzoni più famose, risale infatti a quegli anni.
    Agli inizi dagli anni '70, Angelo conobbe Luisa Zappa, che sarebbe poi diventata sua coautrice, oltre che sua moglie.

    Queste sono le date e le tappe della sua straordinaria carriera:

    1974 - Debutto discografico: la RCA pubblica l'album "Angelo Branduardi", arrangiato da Paul Buckmaster.
    1975 - "La luna", in collaborazione con Maurizio Fabrizio.
    1976 - Branduardi cambia casa discografica e passa alla Polygram in Italia e all'Ariola per il resto d'Europa. Pubblica "Alla Fiera dell'Est" che gli vale il Premio della Critica Discografica Italiana.
    1978 - Esce "La Pulce d'acqua" in cui compare, in qualità di ospite, il musicista sardo Luigi Lai, virtuoso delle launeddas, antichissimo strumento a fiato. A questo album fa seguito un lunghissimo tour che porta Branduardi in giro per tutta l'Europa.
    1979 - Esce "Cogli la prima mela", album di grande successo in tutta Europa, premiato dalla critica tedesca ed europea.
    Nello stesso anno Branduardi si esibisce a Parigi alla "Fète de l'Humanité", davanti ad un eccezionale pubblico di 200.000 persone.
    All'evento fa seguito, nel 1980, la pubblicazione dell'album dal vivo "Concerto".
    1980 - Parte la tournée "La Carovana del Mediterraneo", che ha come ospiti fissi Stephen Stills, Graham Nash e Ritchie Havens.
    1981 - Branduardi riprende la collaborazione con Paul Buckmaster per l'album "Branduardi", che gli vale in Germania il premio come migliore artista dell'anno.
    1983 - Esce "Cercando l'oro", arrangiato da Maurizio Fabrizio, al quale fa seguito un tour europeo di oltre 50 concerti.
    Nelo stesso anno Branduardi comincia a lavorare per il cinema.
    Compone la colonna sonora del film di Luigi Magni "State buoni se potete", per la quale vince i due più prestigiosi premi italiani: il "David di Donatello" ed il "Nastro d'Argento".
    Subito dopo Branduardi lavora col regista tedesco J. Schaaf alla riduzione cinematografica di "Momo", il famoso romanzo di Michael Ende.
    In seguito ancora con Magni per "Secondo Ponzio Pilato" e con Aurelio Chiesa per "Luci lontane".
    1984 - Parte un tour italiano i cui proventi vengono devoluti all'Unicef.
    1985 - Esce "Branduardi canta Yeats": dieci liriche del grande poeta irlandese W. B. Yeats, tradotte ed adattate da Luisa Zappa e musicate da Branduardi.
    1988 - "Pane e Rose"
    1990 - "Il ladro"
    1992 - Branduardi passa alla EMI e pubblica in tutta Europa il suo primo "Best of".
    1993 - "Si può fare", ottimo successo di pubblico e di critica, seguito da una tournée europea di oltre sessanta concerti.
    1994 - "Domenica e lunedì". Autori dei testi, oltre a Luisa Zappa, sono Paola Pallottino, Eugenio Finardi, Roberto Vecchioni e Pasquale Panella.
    Nel novembre dello stesso anno parte una tournée che porta Branduardi in venti teatri in Italia ed in oltre sessanta località europee.
    Da questo tour nasce l'album dal vivo "Camminando, camminando".
    Nell'album vengono inclusi due inediti, realizzati in studio su testi di Giorgio Faletti, segnando così l'inizio di una felice amicizia e di una collaborazione che proseguirà nella realizzazione de "Il dito e la luna", nel 1998.
    1996 - Esce per la EMI Classics il primo "Futuro Antico", realizzato col gruppo "Chominciamento di Gioia" e diretto dal maestro Renato Serio: pagine sacre e profane del Medio Evo e del primo Rinascimento.
    1998 - "Branduardi Studio Collection": 33 canzoni che ripercorrono la discografia di Branduardi.
    1999 - "Futuro Antico II", dedicato alla musica di Mainerio (Musiche del 15° e 16° secolo.)
    2000 - "L'Infinitamente Piccolo": undici canzoni su testi tratti dalle Fonti Francescane. Con la partecipazione di artisti internazionali, quali Madredeus ed i Muvrini ed artisti italiani di prestigio quali Ennio Morricone, Franco Battiato e la Nuova Compagnia di Canto Popolare.
    A questo album, dedicato a San Francesco, fa seguito una tournée di grande ed inaspettato successo che prosegue per tutto il 2001, arrivando ad oltre 120 concerti in tutta Europa.
    2002 - "Futuro Antico III", dedicato alla musica alla corte dei Gonzaga, in collaborazione con Francesca Torelli, studiosa e virtuosa di liuto.
    2003 - "Altro ed Altrove". Parole d'amore dei popoli lontani. Tradotte ed adattate da Luisa Zappa, musicate da Angelo Branduardi, illustrate da Silvio Monti.
    2005 - "Branduardi Platinum Collection".
    2005 - "The Classic Collection".
    2006 - Tour "La Lauda di Francesco" e tour "Il concerto di Angelo Branduardi".
    2007 - "Futuro Antico IV", Venezia e il Carnevale. Con la Ensemble "Scintille di Musica" di Francesca Torelli, studiosa e virtuosa di liuto. 2007 - "La Lauda di Francesco" in DVD - Lo Spettacolo, Il Backstage, con interventi di Angelo sulla vita di San Francesco
    2009 - "Futuro Antico V", Musica della Serenissima. Con la Ensemble "Scintille di Musica" di Francesca Torelli. Pubblicazione del nuovo Album di canzoni "pop" dal titolo "Senza Spina" con gli arrangiamenti di Maurizio Fabrizio.
    Tournee in Germania con tappe nelle maggiori città. "Futuro Antico VI", Roma e la Festa di San Giovanni. Con la Ensemble "Scintille di Musica" di Francesca Torelli.
    2010 - "Futuro Antico VII" Il carnevale Romano, Con la Ensemble "Scintille di Musica" di Francesca Torelli. Tour "Senza Spina" In Italia ed in Europa.
    2011 - "Così è se mi pare" Tra gli autori dei testi, oltre Luisa Zappa, anche Pasquale Panella ed Elvis Costello. Tour Europeo con date in Germania e Belgio.
    2012 - "Caminando Camminando 2" Una raccolta dei più grandi successi dal 1996 ad oggi più l’inedito Rataplan scritta con Giorgio Faletti, nelle due versioni Radio e Album. Europe Live Tour 2012 " Camminando Camminando 2".



    fonte:http://www.angelobranduardi.it/ita/artista.htm