DOLCI NATALIZI ....la storia

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  1. gheagabry
     
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    La storia del Christams Pudding


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    Il Christmas pudding o plum pudding o plum duff rappresenta il principale dessert natalizio inglese ed è popolare anche in Irlanda.
    Viene solitamente chiamato anche plum pudding, che letteralmente significherebbe "pudding di prugne", anche se le prugne non figurano tra i suoi ingredienti. Probabilmente è dovuto al fatto che nel XVII secolo venivano chiamati plum anche l'uva passa e altri tipi di frutta. Si dice pudding per indicare il termine "pasticcio"

    Nato in Inghilterra come semplice piatto di frumento cotto nel latte, il pudding subì numerosi cambiamenti e nel Medioevo, nel XIV secolo, si hanno le sue vere origini, quando si usava preparare un "porridge" bollendo carni di manzo e montone con uva passa, ribes, vino e spezie. Più sovente si serviva nella versione di zuppa, una pietanza della vigilia per prepararsi alle Festività natalizie.

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    Attorno al 1595 iniziò a trasformarsi nel “plum pudding”, dato che alla ricetta originaria vi erano nuovi ingredienti addensanti quali uova, pangrattato, frutta secca ed aromatizzanti come la birra chiara e i liquori. Elisabetta I volle aggiungere le prugne secche all'impasto. Lo storico e delizioso budino inglese aveva una forma perfettamente sferica.
    Nel 1664 i Puritani lo bandirono dalle mense, definendolo un’usanza lasciva i cui ricchi ingredienti non si confacevano alla gente timorata di Dio. Venne decretato illegale con un’apposita legge. Sebbene con la restaurazione della monarchia e l’ascesa al trono di Carlo II, nel 1660, nessuna delle leggi promulgate da Cromwell restò effettivamente in vigore, il mito dell’illegalità del Christmas Pudding è ancora vivo in Inghilterra, e molti sono convinti che l’editto del condottiero non sia mai stato abrogato: pertanto, preparare e mangiare il Christmas Pudding con tutto il suo carico di leggende sarebbe qualcosa di proibito.

    Una racconto medievale sull'origine del porridge Natale. Un re si perse nella foresta alla vigilia di Natale. Aveva piccoli quantitativi di cibo, e fu costretto a cercare cibo e riparo a casa di un povero taglialegna. L'uomo non aveva molto cibo così decisero di mescolare insieme il cibo del re e quello del boscaiolo. Il servo mise insieme un tritato sugna, farina, uova, mele, prugne secche, birra, zucchero, e brandy in un panno, bollì il tutto e la miscela diventò un delizioso budino per tutti di condividere.


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    Durante l’epoca Vittoriana, nel XIX secolo le prugne secche furono sostituite da uva sultanina e frutta candita.
    All’inizio dell’Avvento, il Christmas pudding incomincia ad essere preparato anche se verrà consumato solo il 25 dicembre, il pudding tradizione vuole che venga preparato nella venticinquesima domenica dopo la Trinità, usando tredici ingredienti, che rappresentano Cristo ed i suoi discepoli, ed ogni componente della famiglia dovrebbe mescolarlo con un mestolo di legno, rimestando da est a ovest in onore dei Re Magi. È usanza, infine, inserire nel composto del dolce delle monetine, avvolte nella carta d’alluminio, che porteranno fortuna a chi le troverà il giorno di Natale. C’è anche chi preferisce inserire un anello, premonitore di matrimonio entro un anno, oppure ditali e bottoni, al contrario per le donne nubili.

    "Ma, anche chi dopo aver mangiato la sua razione scopre di non essere stato baciato dalla fortuna, dovrebbe essere felice di aver comunque assaggiato un po’ di Christmas Pudding: il rischio, per chi non lo fa, è quello di perdere un amico nel corso dei dodici mesi seguenti. O almeno così dice un’antica superstizione, forse vecchia quanto lo stesso dolce."


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    L’attuale Christmas pudding risale all’epoca vittoriana: in una larga terrina si mescolano 450 grammi di mollica di pane bianco, un cucchiaino di zenzero e spezie miste, 2 cucchiaini di sale, 225 grammi di strutto, 250 grammi di zucchero di canna, 110 grammi di frutta candita a pezzetti, 450 grammi di uva sultanina e 85 grammi di carote grattugiate. A parte si mescolano 3 cucchiai di brandy, due di latte e 110 grammi di zucchero, per poi aggiungerli agli altri ingredienti. Il composto si versa in un recipiente di ceramica ben imburrato e si copre con carta oleata; si avvolge il tutto (compreso il recipiente) in un panno e si cuoce a bagnomaria per 5 ore se il pudding è piccolo o 9 per uno più grande. A cottura ultimata, si lascia raffreddare a lungo. Si serve tradizionalmente il 25 dicembre, decorato con un rametto di agrifoglio e fatto flambé: l’alto tasso alcolico del dolce fa sì che prenda fuoco quasi immediatamente e gli conferisca il tipico colore nerastro, accentuando ancora di più il colore scuro dovuto alla presenza della melassa, del brandy o della birra.
    E' accompagnato da una salsa a base di burro, zucchero, noce moscata e cannella, con rhum o brandy.

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    Un altro ingrediente fondamentale è il grasso di origine animale, lo strutto. La ricetta moderna prevede si utilizzi grasso di rognone – ammessi grassi di origine vegetale per alcune varianti più leggere – ma in passato si sono utilizzate anche altri tipi di grassi animali: questo perché, intorno al Quattrocento, il primo pudding nasce per conservare meglio ciò che restava della macellazione degli animali, sfruttando la pectina della frutta come conservante.

    "In half a minute Mrs. Cratchit entered- flushed, but smiling proudly- with the pudding like a speckled cannon-ball so hard and firm blazing in half of a half-a-quartern of ignited brandy, and bedight with Christmas holly stuck into the top."

    "La signora Cratchit porta in tavola un budino come una palla di cannone a chiazze, così dura e ferma, ardente di brandy acceso e decorata con un rametto di agrifoglio sulla cima."
    (A Christmas Carol ~ Charles Dickens, 1843)


    Ma come faceva la signora Cratchit a preparare il figgy o plum pudding a forma di palla di cannone? Ma lo cuoceva in un canovaccio! Preparare il Christmas pudding era una festa per tutti i bambini della casa! A cominciare dall’impasto in cui ogni componente della famiglia dava un giro di mestolo per esprimere un desiderio.

    "Hallo! A great deal of steam! The pudding was out of the copper. A smell like a washing-day! That was the cloth. A smell like an eating-house and a pastrycook’s next door to each other, with a laundress’s next door to that! That was the pudding!"
    (A Christmas Carol ~ Charles Dickens, 1843)


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    Il budino avvolto in un panno era immerso in un grande calderone di rame, lo stesso che veniva utilizzato per lavare i vestiti e riscaldare grandi quantità di acqua. Per questo Dickens parla di odore di pasticceria e di lavanderia mischiati!

    "Per rendere più digeribile il christmas pudding occorre cuocerlo a lungo, usando la mollica di pane più che la farina (ovvero metà e metà); il budino si lascia sempre nel suo involto per conservarlo in un luogo asciutto. In genere si prepara cinque settimane prima di Natale. Al momento di servire si cuoce ancora per un'altra ora!"


    "The secret of making plum pudding light and digestible lies in properly preparing the suet, mincing the currants, and boiling a sufficient time. Puddings made with breadcrumbs are lighter than those made wholly of flour; and a mixture of the two makes the best pudding. Plum puddings may be made some time before Christmas, and, having been boiled, the cloth must be opened out, but not taken off the pudding, and dried. Wrapped in paper, and stored in a dry place, puddings will keep good for several months, and only require to be boiled for an hour at the time of serving."
    (Household Words, A weekly journal, vol 2, 1882. Charles Dickens)



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    Cibo ghiotto per i Carolers, ma non per tutti i palati, così gli effetti indigesti del Christmas pudding sono ironizzati in una canzone ottocentesca "Miss Fogarty's Christmas cake"


    (http://ontanomagico.altervista.org/)

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    Edited by gheagabry1 - 10/12/2022, 21:46
     
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    PAN SPEZIATO DI NORIMBERGA



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    Sono dei dolci morbidi, molto ricchi di spezie, spesso ricoperti da una glassa con zucchero a velo o da cioccolato fondente.
    Il pan speziato di Norimberga prodotto artigianalmente si può acquistare soltanto nelle panetterie e pasticcerie più piccole, in cui si utilizzano le antiche ricette di famiglia conservate con cura. In alcune parti della Germania viene ancor’oggi chiamato “Pfefferkuchen“ (biscotti al pan pepato), il cui nome rimanda al suo gusto originale ben pepato. Per il “vero” pan speziato, è necessario un “requisito di purezza”: i Lebkuchen di alta qualità sono i cosiddetti “Elisenlebkuchen”. Per poter rientrare a pieno titolo in questa categoria, i biscotti devono contenere complessivamente almeno il 25% di mandorle e/o nocciole e/o noci. Nel 1296, le suore di un monastero di Ulm, crearono delle focacce al miele alle erbe officinali, chiamandole Pfefferkuchen. La ricetta si tramandò di monastero in monastero avendo maggior successo in quelli delle grosse città commerciali dove era facile reperire le spezie provenienti dall’oriente come Monaco, Colonia e Norimberga. E proprio a Norimberga che nacque il nome Lebkuchen nel 1409, che deriva dal tedesco “Lebbe”, l'etimologia del nome è incerta, kuchen significa semplicemente dolce, mentre leb potrebbe derivare dal latino libum (focaccia), oppure dalle parole tedesche laib (pagnotta) , leb-honigh (il tipo di miele utilizzato), leben (vita). Nel Medioevo, Norimberga fu uno dei principali poli di scambio d'Europa, punto d’incrocio delle vie più importanti del commercio e delle spezie.
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    I “mercanti di pepe” di Norimberga, come venivano chiamati i ricchi commercianti di spezie, importavano queste erbe aromatiche da ogni dove. La foresta reale di Norimberga, detta anche “Il giardino delle api del Sacro Romano Impero”, venne consacrata interamente all’apicoltura, consentendo così di fornire miele che, proprio per questo motivo, era l'unico prodotto dolce presente in grandi quantità. Gli abitanti di Norimberga disponevano, quindi, di tutte le materie prime necessarie. Già alla fine del Quattordicesimo secolo è nota la presenza di numerosi pasticceri esperti nella preparazione del pan speziato. Nonostante ciò, solo nel 1643, questo mestiere venne riconosciuto ufficialmente dal Consiglio municipale come corporazione artigianale. Norimberga divenne nota come "la capitale di pan di zenzero del mondo" nel 1600. La loro corporazione impiegò maestri panettieri e scultori, pittori, intagliatori e orafi che hanno contribuito a rendere il pan di zenzero delle magnifiche opere d'arte. Artisti aiutarono a decorare con la glassa, vernice oro o dorata e intagliatori crearono bellissimi stampi. Per la pratica di aromatizzare con le spezie i dolci fecero guadagnare ai fornai il soprannome di "sacchi di pepe". I Pan pepati decorati venivano spesso tenuti come decorazioni per la casa, sia a parete che appesi alle finestre. La qualità del panpepato di Norimberga era tale che poteva essere utilizzato per pagare le tasse della città ed era considerato un regalo degno di capi di stato. Norimberga ha avuto anche uno speciale Christkindlmarkt, un mercato caratterizzato dalla vendita dilebkuchen. Il mercato esiste tuttora e continua ad essere un evento popolare dove si possono acquistare tutti i tipi di panpepato, compresi quelli tradizionali.

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    Edited by gheagabry1 - 19/10/2019, 13:16
     
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    Miss Fogarty's Christmas Cake
    The Irish Rovers
    As I sat in my window last evening
    The letter was brought round to me
    A little gilt-edged invitation sayin'
    Gilhooley come over to tea
    Each Christmas, the Fogartys' sent it
    So I went just for old friendships sake
    And the first thing they gave me to tackle
    Was a slice of Miss Fogarty's cake
    And there were plums and prunes and cherries
    There were citrons and raisins and cinnamon, too
    There was nuts, and cloves and berries
    And a crust that was nailed on with glue
    There were caraway seeds in abundance
    Such that work up a fine stomach ache
    That could kill a man twice after eating a slice
    Of Miss Fogarty's Christmas cake
    Miss Mulligan wanted to try it
    But really it wasn't no use
    For we worked in it over an hour
    But a piece of it wouldn't come loose
    Till Kelly…



    Mentre ero alla finestra ieri sera,
    il postino mi ha portato un piccolo invito dai bordi dorati
    che diceva “Gilhooley vieni a prendere il tè”,
    ogni Natale i Fogarty lo mandano.
    Così ci andai solo per la nostra vecchia amicizia.
    Per prima cosa mi diedero da affrontare una fetta di torta di Miss Fogarty.

    Coro:
    C’erano susine e prugne e ciliegie,
    c’erano anche limoni, uvetta e cannella,
    c’era noce moscata, chiodi di garofano e bacche e una crosta che era stata appiccicata con la colla,
    c’erano semi di cumino in abbondanza da far venire un gran mal di stomaco,
    che potrebbe uccidere un uomo due volte dopo aver mangiato
    una fetta della torta di Natale di Miss Fogarty.

    II
    Miss Mulligan voleva assaggiarla,
    ma tutto è stato inutile
    che ci abbiamo provato per più di un’ora e non ci siamo riusciti:
    finchè Murphy venne con un’accetta
    e Kelly con una sega,
    quella torta era abbastanza visti i poteri di cui sopra,
    da paralizzare le mascelle di ogni uomo.

    III
    Miss Fogarty orgogliosa come un pavone, continuò a sorridere
    e ad ammiccare finché travolse gli scarponi di Flanagan e
    versò il whisky nel suo tè “Gilhooley -dice- ma non avete mangiato,
    sforzatevi po’ per amor mio”
    “Oh no signorina Fogarty -dico io – perchè sono sazio della vostra torta”.

    IV
    Maloney fu colto dalla colica, O’Donald da un dolore alla testa,
    Mc’Naughton si sdraiò sul divano
    e giurò che avrebbe voluto essere morto,
    Miss Bailey divenne isterica
    e si agitò e tremò
    e tutti giuravamo di essere stati avvelenati
    per aver mangiato la torta della signorina Fogarty.


    “Miss Fogarty’s Christmas cake” (in italiano “Il Dolce di Natale della Signorina Fogarty”) è stata composta da Charles Frank Horn di Middleport, Pennsylvania, e pubblicata nel 1883 da WF Shaw. Horn, un prolifico scrittore di canzoni popolari, nato in Pennsylvania nel 1853, e non di origini irlandesi. Una tipica vaudeville song che divenne subito popolare tra gli irlandesi-scozzesi tra i canti del periodo natalizio, di cui si trovano alcune varianti testuali con titoli diversi: “Miss Hooligan’s christmas cake” e anche “Trinity cake”.
    Per questa canzone c’è un piccolo mistero: la “Library of Congress” accredita come data di composizione il 1883 (per Miss Fogarty), mentre la “National Library of Scotland” fa risalire l’originale a un broadside scozzese del 1880-1900 (per Miss Hooligan).

     
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    Provenza, i 13 dessert di Natale

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    I Tredici di Dessert di Natale sono un’antichissima tradizione della Provenza. Il 24 di dicembre, prima andare alla Messa di mezzanotte, le famiglie si riuniscono attorno alla tavola imbandita: consumano una cena di magro, prevalentemente a base di verdure, e poi portano in tavola tredici dessert che hanno una valenza simbolica.

    - Torrone. Presente in due varietà tipiche della Provenza: il primo tipo, di colore più scuro e composto di miele e mandorle, simboleggia il Male; il secondo tipo, più chiaro e farcito ai pistacchi, simboleggia, al contrario, il Bene.

    - Datteri. Per ricordare la fuga in Egitto di Gesù Bambino.
    - Fichi secchi. Per il loro caratteristico colore richiamano le tonache dei Francescani.
    - Mandorle. Chiare e pulite come i frati di San Domenico.
    - Noccioline. Come simbolo delle Carmelitane Scalze.
    - Uvetta. Dal colore degli Agostiniani.

    Altri cinque dessert possono variare da regione a regione. Sono piccoli agrumi, grappoli d’uva, dolcetti alla pasta di mandorle, oppure altra frutta invernale.
    Ma il dolce che veramente non può mancare, sulla tavola della Vigilia, è la Pompe à l’huile: un dolce tipico della Provenza, anche detto Fougasse o Torta all’Olio.
    E naturalmente, anche questo pasto, come ogni pasto di fine anno che si rispetti, ha la sua valenza apotropaica: chi mangerà ognuna delle tredici portate, potrà assicurarsi dodici mesi di prosperità e ricchezza.

    Non solo i vari dessert simboleggiano qualche episodio della storia cristiana: anche l’intera tavola è agghindata secondo regole specifiche. Fra le tredici portate, ad esempio, non posso mai mancare tre candele accese: Padre, Figlio, e Spirito Santo. La Trinità in salotto.
    E fra i posti a tavola, ce n’è sempre uno vuoto: secondo la tradizione, a quella sedia si siederanno a turno i fantasmi dei propri antenati, di ritorno nella casa di famiglia per festeggiare il Natale assieme ai loro cari.


    Prima di lasciare la propria casa per la Messa di mezzanotte, si sorseggia del vin brulé, tutti quanti; grandi e piccini;
    il vino, bevuto al termine della cena, ricorda Gesù Cristo.




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    la Pompe à l’huile



    Ingredienti per una brioche per otto persone:
    300 gr. di farina 00
    100 gr. di zucchero semolato
    20 gr. di lievito di birra fresco
    200 ml di latte
    100 ml di olio d’oliva
    2 uova
    La scorza grattugiata di un’arancia
    1 pizzico di sale

    Per glassare:
    un tuorlo

    Preparazione:
    30 minuti + 10 ore e mezza di riposo

    In una terrina capace sbriciolate il lievito, scioglietelo con il latte tiepido, e con 100 g di farina fate una pastella che lascerete riposare, coperta da un telo, fino a raddoppiare di volume (50 minuti circa).
    Incorporatevi la farina rimasta, il sale, l’olio, lo zucchero e le uova intere. Lavorate a lungo. Profumate l’impasto con la scorza d’arancia e formate una palla. Ungetela e ponetela in una ciotola sigillata con pellicola trasparente, dove la lascerete riposare per tutta una notte.
    Il mattino seguente rovesciatela sulla spianatoia e formate un rotolo. Trasferitelo sulla teglia coperta di carta da forno e piegatelo a brioche (ferro di cavallo). Fate lievitare ancora per un’ora e trenta minuti circa sotto un foglio di pellicola trasparente unta di olio. Quando sarà raddoppiata di volume, praticate sulla superficie alcuni tagli, dall’interno verso l’esterno, e spennellatela con l’uovo che avrete leggermente sbattuto assieme a un po’ di latte. Infornate a 220 °C e portate a cottura (30 minuti circa). Dopo i primi 20 minuti, coprite con dell’alluminio e proseguite la cottura.
    Fate raffreddare su una gratella prima di seguire.

    La ricetta è tratta da Dolci di Natale da tutto il mondo di Nicoletta Negri e Nathalie Aru (Fabbri Editori)

     
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    «È finita la vigilia. Forse a quest’ora tutta la gente è in gozzoviglia. Io sono digiuno da 48 ore. Vado a cercare un parrozzetto. Lo apro, lo mangio. Assaporo in esso – sotto la specie dell’amarezza – sub specie amaritudinis – il Natale d’Infanzia».

    Il PAROZZO ABBRUZZESE

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    Un dolce nato a Pescara nel 1920 da un’idea del pasticciere Luigi D’Amico, che per la sua realizzazione fu ispirato dal pane rustico abbruzzese, una pagnotta dal colore giallo intenso detta anche pane rozzo da cui è poi derivato il nome “Pan rozzo”. Luigi D’Amico, per mantenere il profilo a pagnotta, utilizzò uno stampino di forma semisferica. Lavorò poi un impasto di tuorli d’uovo e farina di mandorle per riprodurre il colore giallo del granturco; infine, per simulare le bruciature della crosta del pane cotto a legna, ideò la colata di cioccolato fondente.

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    Fu ideato e preparato per la prima volta nel 1919 da Luigi D’Amico, amico di D’Annunzio,

    -D'Annunzio e il padre Biagio erano stati ragazzi assieme e vicini per via della parentela della moglie Hilde Bucco con il Poeta. La madre di Hilde infatti era Teresa Onofri, figlia del Duca Onofrio di Paganica e di Marianna De Bendictis, sorella della madre di D'Annunzio-

    il quale volle dare forma d’arte ad una trasposizione dolciaria di un’antica ricetta abruzzese fatta col latte delle greggi profumato di timo e di menta insieme alle mandorle della montagna: un pane rustico detto “Pan rozzo”.
    Il Pan rozzo era una pagnotta semisferica che veniva preparata dai contadini con il granoturco e destinata ad essere conservata per molti giorni.

    Quello che ne uscì fuori fu un dolce di singolare, fragrante ed infinita squisitezza. La prima persona alla quale D’Amico fece assaggiare il Parrozzo fu proprio Gabriele d'Annunzio, glielo inviò a Gardone, il 27 settembre unitamente ad una lettera che recitava quanto segue:

    “Illustre Maestro questo Parrozzo il Pan rozzo d’Abruzzo vi viene da me offerto
    con un piccolo nome legato alla vostra e alla mia giovinezza”.




    Il dolce fu reso unico ed ineguagliabile grazie anche al geniale nome datogli da Gabriele d’Annunzio, che gli donò pure un sonetto in dialetto.

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    [CENTER]“È tante ‘bbone stu parrozze nov e che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce. Benedette D’Amiche e San Ciattè...”



    Come vestito, D'Amico scelse una grafica che rappresentava gli elementi di un cespuglio: rametti, foglioline e bacche, un contenitore ecologico. Come elemento per comporre il Marchio di Fabbrica scelse la spiga di grano, due pacifiche gallinelle rampanti (materie prime fondamentali) ed il proprio monogramma LDA
    Sulla scatola, a ricordare le nobili origini del Parrozzo letterario, compaiono i versi scritti dal poeta pescarese:

    “Dice Dante che là da Tagliacozzo, ove senz’arme visse il vecchio Alardo,
    Curradino avrie vinto quel leccardo se abbuto avesse usbergo di Parrozzo”.
    Correva l’anno 1927.


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    Il successo straordinario indusse il suo ideatore a dedicargli uno spazio apposito proprio accanto al negozio di alimentari e dolciumi. Fu così che nel luglio del 1927, pochi mesi dopo la costituzione della Provincia di Pescara, in piazza Garibaldi, a due passi dalla casa natale del Vate, si inaugurò il Ritrovo del Parrozzo, storica sala da tè, bar e caffè della città. Luigi D’Amico, scrivendo proprio a d’Annunzio, così gliela descrive:

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    «[…] L’arredo è di gusto squisitamente ed essenzialmente nostro: abruzzesi i mobili nella sagoma e nello stile; abruzzesi i pannelli decorativi della prima sala dovuti a Tommaso Cascella, artefice illustre; abruzzesi le ceramiche incastonate negli armadietti; abruzzesi le stoffe pesanti che vestono lo zoccolo della prima sala; abruzzesi i piccoli e policromi tappeti che coprono i tavolini bassi ed eleganti»

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    Quantità per 1 stampo da zuccotto da 16 cm - per 6/8 persone

    120 gr di semolino
    100 gr di mandorle spellate da ridurre in polvere
    100 gr di zucchero
    4 uova grandi
    80 gr di burro fuso (che potete sostituire con olio di semi di girasole)
    2 cucchiai di amaretto di Saronno
    buccia grattugiata di limone
    200 gr di cioccolato fondente (+ 20 gr di burro facoltativo)


    Note sulla scelta dello stampo: la ricetta originale, vuole che si usi lo stampo da zuccotto.

    Procedimento

    Montate separate i tuorli dagli albumi. montante a neve i bianchi e i rossi con zucchero e limone fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso.

    Nella montata di uova aggiungete il burro fuso, le mandorle finemente polverizzate, il semolino e il liquore, il composto risulterà un pochino duro. Aggiungete gli albumi montati delicatamente, con movimenti dal basso verso l’alto fino ad amalgamare completamente il composto.

    Versate in uno stampo infarinato e imburrato e cuocete il parrozzo a 160° per circa 1 ora.

    Sfornate lasciate intiepidire 10 minuti poi sformate su una griglia e lasciate raffreddare completamente.

    Una volta freddo, sciogliete il cioccolato con il burro, versatelo molto liquido in un sol colpo sopra al parrozzo

    Fate assestare 10 – 15 minuti poi trasferite con una spatola il dolce su un piatto da portata.
     
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