BAR, PUB ...la storia

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  1. gheagabry
     
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    Un pub conosce tanti segreti
    quanti ne conosce una chiesa.
    (Joyce Carey)


    IL P U B


    Pub è l'abbre-
    viazione di “Public house”, un locale pubblico dove tradizional-
    mente si va a bere e si sta in compagnia in cui vengono servite bevande alcoliche, in particolare birra. Le finestre dei pub sono fatte di vetro offuscato in modo da nascondere la clientela dalla strada. Molti sono controllati direttamente dalle case produttrici di birra e quindi questa bevanda prevale su tutte le altre. Normalmente, la birra viene spillata e servita alla spina.
    Nel Regno Unito ci sono circa 60.000 pub, quasi uno in ogni città, paese e villaggio. I pub sono luoghi sociali di aggregazione. Spesso hanno nomi fantasiosi che accostano due sostantivi, tipo L'Aratro e il Bue o La Nave e la Mitra o anche irriverenti e sovversivi.. in tutto il Regno Unito ve ne sono molti che si chiamano "La Testa del Re o La Testa della Regina".

    ....storia....


    Gli abitanti del Regno Unito bevevano birra ad alta fermentazione dall'età del bronzo, ma fu solo con l'arrivo dell'Impero romano con la creazione della rete stradale, che iniziarono a nascere le prime taverne per i viaggiatori. La nascita dei pub risale all'epoca in cui i romani lasciarono le isole britanniche. Chiamate tabernae al tempo dei romani, poi ale houses nel Medio Evo, le mescite di bevande in Inghilterra acquistarono definitivamente la loro dignità nel 1393. Nel 965, re Edgar emise un decreto per il quale non poteva essercene più di uno in ogni villaggio. Nell'alto medioevo un viaggiatore, per riposarsi, poteva alloggiare nei monasteri, in seguito però la domanda di ostelli per la notte iniziò a crescere, di pari passo con la popolarità e il numero dei pellegrinaggi.
    Nel 1393 Re Riccardo II obbligò gli osti a erigere insegne al di fuori dei loro locali. La legislazione stabiliva: "Chiunque abbia intenzione di produrre birra in città, con l’intento di venderla, dovrà appendere all’esterno un’insegna, altrimenti perderà per confisca la propria birra." Sopra la porta d’entrata doveva essere esposto, come segno distintivo dell’esercizio, un bastone, un pezzo di legno o un ramo d’albero. Alcuni osti, lasciando libero corso alla loro immaginazione, intagliarono e decorarono insegne di legno, molte delle quali divennero vere e proprie opere d’arte. Questa legge fu emanata per rendere più riconoscibili i pub, al passaggio degli ispettori che dovevano giudicare la qualità della birra che veniva somministrata. Inoltre, dato che la maggior parte della popolazione era analfabeta, le insegne figurate erano utili per identificare un pub. Non c'era motivo di scrivere il nome del locale sull'insegna, e le taverne nascevano senza un nome formalmente scritto e spesso il nome derivava dalla figura che vi era sull’insegna.
    Il pub "Royal Standard of England", vicino a Beaconsfield, è tra i meglio conservati di quelli dell'epoca dei Sassoni. In questo popolo era diffusa un'usanza secondo la quale la birraia dovesse esporre un'insegna verde in cima a un palo per avvertire la gente che la birra era pronta. Si produceva sia birra forte che leggera.
    Gli osti di Londra furono ammessi ad una corporazione nel 1446, che nel 1514 divenne la Venerabile Compagnia degli Albergatori.
    La tradizionale birra ale inglese è fatta esclusivamente con il malto fermentato. L'usanza di aggiungere luppolo fu introdotta dagli olandesi all'inizio del XV secolo. Le birrerie, spesso producevano da sole la birra che vendevano e ognuna aveva una caratteristica. Dalla fine del XVII secolo iniziarono ad apparire birrifici indipendenti che divennero commerciali alla fine del secolo.
    Il XVIII secolo vide una smisurata crescita del numero di pub, dovuta essenzialmente all'introduzione del gin, portato in Inghilterra dagli olandesi dopo la Gloriosa rivoluzione del 1688. Divenne popolare dopo che il governo permise la produzione di gin senza licenza e allo stesso tempo impose dei pesanti tributi su tutti liquori importati. Data la richiesta fu coltivato molto grano di bassa qualità che non poteva essere usato per produrre birra, ma adatto a produrre gin. Nel 1740 la produzione di gin era aumentata di sei volte rispetto a quella della birra, e a causa del suo costo contenuto divenne popolare soprattutto fra i poveri. Più di metà dei 15000 pub di Londra erano diventati dei gin-shop.
    Nel 1751 il "Gin Act" obbligò le distillerie a vendere il gin esclusivamente ai venditori al dettaglio autorizzati, e si normalizzò la produzione della birra che regnò di nuovo incontrastata.

    ..i PUB irlandesi..


    Ci sono molte differenze tra un pub irlandese e uno inglese. Le facciate sono meno decorate e general-
    mente non ci sono delle insegne. Prima degli anni sessanta, le drogherie erano molto diffuse nel paese, e i pub irlandesi spesso erano “drogherie di liquori”. Questa attività di osti-droghieri nacque verso la metà del XVIII secolo, quando si diffuse una tendenza alla moderazione che obbligò i padroni dei pub a diversificare i loro affari per far fronte alla diminuzione di vendite dei liquori. Molti pub hanno conservato le caratteristiche della drogheria del XIX secolo, con il bancone e gli scaffali che occupano la maggior parte dello spazio, lasciandone poco per i clienti. A differenza dei pub inglesi, quelli irlandesi spesso prendono il nome dal proprietario. Tra i più famosi pub tradizionali di Dublino vi sono O'Donoghue's, Doheny, Nesbitt's, e Brazen Head, che si vanta di essere il più antico pub d’Irlanda, onorificenza che invece spetta al Sean's Bar ad Athlone.
    In Irlanda del Nord le “drogherie di liquori” furono obbligate a scegliere tra le due attività con la divisione dell’Irlanda nel 1922. La mancanza di un'industria del turismo ha fatto si che sopravvivessero, in più grande percentuale, i pub tradizionali. Con la fine dei disordini, il turismo ricomparve in città e alcuni pub furono riadattati negli interni allo stile di quelli inglesi degli anni cinquanta e sessanta. Tra i più tipici pub di Belfast: il National Trust's Crown Liquor Saloon, e il più antico della città, McHugh's. Al di fuori di Belfast, alcuni pub come ad esempio The House of McDonnell a Ballycastle o Grace Neill's a Donaghadee sono rappresentativi del tipico pub di campagna.

    ..curiosità storiche..



    All’inizio del XVI secolo, quando decise di porre fine al suo matrimonio, il re d’Inghilterra Enrico VIII si riunì con i rappresentanti della Chiesa in un monastero di Londra, per ottenere il loro benestare. Il risultato non fu quello auspicato: il re, come è noto, non ottenne l’autorizzazione, e finì col rompere i rapporti con la Chiesa di Roma e fondare l’anglicanesimo. Questo incontro avvenne dove oggi sorge il pub The Black Friar. Costruito nel 1875, ha pareti piene di sculture in legno, raffiguranti monaci, e vetrate gialle che, con la luce esterna, rendono gli interni dorati.

    Ye Olde Cheshire Cheese, aperto nel 1538, fu ricostruito nel 1667, dopo il grande incendio che distrusse la città di Londra. In quell’epoca, a causa delle pessime condizioni di vita delle grandi città, i londinesi erano malnutriti, e per questo la loro statura era decisamente più bassa della media attuale. Se ne ha la prova inconfutabile dai soffitti all’interno di questo antichissimo locale, le stanze da bagno sono alte appena un metro e ottanta. Un tempo il pub era frequentato in prevalenza da giornalisti e scrittori, come Charles Dickens.

    Dickens era solito frequentare il Simpson’s Tavern. Situato nel cuore finanziario di Londra, il locale, definito "eatery", lo avvicinerebbe più al cibo che alla mescita. L'apertura risale al 1757, e fu il primo locale a impiegare personale femminile, già all’inizio del XX secolo.

    Cittie of Yorke, costruito nel XVI secolo è situato nella zona "seria" della città, dove sorgono numerose scuole di legge, studi legali e palazzi legati alla giustizia. Al suo interno si trovano piccole strutture di legno per una decina di tavoli, simili a singolari confessionali, le cabine servivano agli avvocati perché potessero mantenere riservate le conversazioni che usavano intrattenere coi i loro clienti davanti a una birra.

    The Old Bank of England è stato aperto solo nel 1995. Ma la sua storia inizia nel 1888, quando fu costruito il palazzo destinato a diventare una delle sedi della Banca d'Inghilterra. Più o meno dove oggi si trova la costruzione, un tempo vi erano un barbiere e un negozio di torte. Racconta una leggenda che, nella metà del XVIII secolo, il barbiere Sweeney Todd assassinasse i clienti e li gettasse in un tunnel che arrivava fino al negozio accanto. Lì, la sua amante faceva torte ripiene con la carne delle vittime.


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  2. gheagabry
     
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    IL BACARO




    Il bacaro, o bacaréto, è un tipo di osteria veneziana, caratte-
    rizzata da pochi posti a sedere e da un lungo bancone vetrinato contenente in cui sono esposti i prodotti in vendita. Il Bacaro, in veneto e a Venezia in particolare, è il principale luogo dove si incontrano gli amici, quelli che i veneziani chiamano i fioi (ragazzi), anche se poi metà di loro sono già nonni. Di solito si prende un’ombreta, ovvero un bicchiere di vino che viene accompagnato da qualche cicheto, una sorta di stuzzichino, di solito consumato prima di cena tra un buon bicchiere di vino rosso o bianco, o per accompagnare lo spritz, aperitivo tipico veneziano, preparato con aperol, vino bianco e selz.

    Il nome bacaro deriva dai "bacari", un termine che, a sua volta, si vorrebbe derivato da "Bacco", dio del vino. Secondo un'altra teoria, deriverebbe da "far bàcara", espressione veneziana per "festeggiare". "Bacari" era il nome attribuito, un tempo, ai vignaioli e ai vinai che venivano a Venezia con un barile di vino da vendere in Piazza San Marco insieme con dei piccoli spuntini. Un altro significato di bacaro derivare da un modo di dire diffuso tra intenditori di vino che asseriscono ‘è proprio un vino di bacche’, ovvero fatto con acini d’uva di buona qualità e quindi buono. Il bicchiere di vino che si beveva si chiamava "ómbra", perché i venditori seguivano l'ombra del campanile per proteggere il vino dal sole. Per evitare il faticoso trasporto ogni giorno, cercarono in seguito un locale stanziale, che si usava come magazzino e come mescita. I venditori si chiamavano Bacari, un termine che risale alla fine dell’Ottocento dal quale, poi, hanno preso il nome le osterie. È così che nacquero questi rappresentativi luoghi d’incontro, con l’antico fascino della semplicità e della genuinità, un luogo in cui s’incontravano nobili e gondolieri per far “do ciacole”, bere un’ombra, mangiare una “canocia”, e magari sfidarsi in una partita a carte.

    I bacari sono distribuiti più o meno in tutta Venezia. La più alta concen-
    trazione è nei sestieri di Canna-
    regio e, soprattutto, San Polo. Questi tipici locali si differen-
    ziano dalle comuni osterie per via della modalità di consumazione dei cibi, per il modo in cui questi sono presentati al pubblico, e per le dimensioni e struttura degli ambienti interni. Il bacaro, quindi, è solitamente di piccole dimensioni, con pochi posti a sedere, banconi con sgabelli simili a quelli dei bar e vetrine in cui vengono esposti i cibi. Questi, di solito, vengono acquistabili a pezzo, al fine di comporre un piatto con diversi tipi di prodotto diverso. Il bacaro viene visto sia come un esercizio di ristorazione per il pranzo, sia come luogo di aperitivo.
    Un piatto di cicchetti e due bicchieri di prosecco. Tradizionalmente non erano dei ritrovi di buona nomea o ben visti dalla gente dabbene, tant’è vero che anche oggi quando si vuol definire un bar molto scarno in quanto a mobilia o pulizia lo si definisce ‘bàcaro’.
    Alcuni bacari sono frequentati da turisti, ma ve ne sono altri, più nascosti nei piccoli vicoli, che sono frequentati da veneziani a cui piace "andar a cicheti" o fare il "giro d'ombra", cioè trovare degli amici e bere un "ombra". Il vino della casa si chiama sempre "ombra"; al bacaro non si trova solo del vino semplice ma può esservi anche una grande scelta tra vini di alta qualità. Tradizione in voga tra i pensionati, soprattutto a Cannaregio, è fare il giro dei bacari partendo dal ponte delle Guglie e arrivando fino a Santi Apostoli.

    I prodotti tipici del bacaro sono definiti "cicheti" in dialetto veneziano e spincióni a Padova, termine derivante dal latino ciccus, ovvero "piccola quantità". Si presentano con un'estrema varietà di forme: di solito sono a base di pesce, ma anche di salumi, carne, e altro, e possono essere semplici o complessi. Tra i cicheti più ricorrenti vi sono i crostini di baccalà mantecato, alici marinate, misto mare o "folpetti" in umido. Al cicheti a base di pane sono alternati quelli fritti: baccalà fritto, sarde fritte, verdure fritte ecc. I cicheti stessi si sono fatti sempre più stuzzicanti e invitanti, quasi a sostituire un pasto che si consuma in compagnia al banco, o seduti ad un tavolo di legno circondati da un clima accogliente. Degli esempi di cicheti, tra i più famosi a Venezia, sono i nervetti con cipolla, i fagioli in umido, le seppioline grigliate, i polipetti, le alici marinate, le sarde in saor, la zucca in saor, le anguille marinate, l’aringa, mezzo uovo con acciuga, i crostini di polenta con baccalà mantecato, la frittata con radicchio di Treviso, la spienza (milza) alla veneziana, le polpette e le alici fritte al momento.Le composizioni, tuttavia, sono fra le più disparate ed originali; ciò che le accomuna, però, è la praticità del cibo informale: potendo essere mangiati senza l'utilizzo di posate, non richiedono la necessità di tagliarli o di sedersi a un tavolo.

    I bàcari erano pratica-
    mente scomparsi lasciando il posto ai bar con il toast e panini.Negli ultimi anni, questi locali sono stati riscoperti e presentati in versione “aggiornata” ma rispettando le caratteristiche di un tempo. Stesso cibo e stesse tradizioni culinarie, ma certamente, al giorno d’oggi i Bàcari non sono più dei posti trasandati e spartani come invece lo erano una volta. I “Cichetti” sono un vero e proprio rito gastronomico, sia per i Veneziani, giovani e meno giovani, ma spesso anche per i turisti, che con immenso piacere, scoprono un modo di mangiare e di bere alternativo al solito ristorante

    Negli ultimi anni però sono stati riscoperti e presentati in versione “aggiornata” ma rispettando le caratteristiche di un tempo. Stesso cibo e stesse tradizioni culinarie, ma certamente, al giorno d’oggi i Bàcari non sono più dei posti trasandati e spartani come invece lo erano una volta. I “Cichetti” sono un vero e proprio rito gastronomico, sia per i Veneziani, giovani e meno giovani, ma spesso anche per i turisti, che con immenso piacere, scoprono un modo di mangiare e di bere alternativo al solito ristorante.
    Andar per Bàcari, è diventata una piacevole consuetudine e un simpatico modo per fare del turismo enogastronomico assaporando del buon cibo e del buon vino con la consapevolezza di essere in una città come Venezia, dove oltre ad essere conquistati dall’arte e dalle bellezze storiche si può venire anche “sedotti” dalla bontà delle sue tradizioni culinarie e gastronomiche.
    Diversi sono i Bàcari presenti a Venezia. Uno dei più famosi è il "Do Mori", un bàcaro vicino al mercato del pesce presso Rialto. Il locale esiste dal 1462 e leggenda vuole sia stato frequentato da Giacomo Casanova. Modernamente ha assunto il nome Cantina do Mori, ma mantiene la tradizione di servire ombre e "cicheti" rigorosamente in piedi.

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