"Domani ti porto al mare". L'amore di Bruno Arena e la moglie Rosy più forte di ogni p

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    L'amore di Bruno Arena e la moglie Rosy più forte di ogni prova


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    "Domani ti porto al mare" è il racconto di come l'affetto abbia traghettato questa coppia a una nuova vita comunque felice

    24 febbraio 2015 17:08 - Lui le ha chiesto di sposarlo quindici giorni dopo il primo appuntamento. Lei ha risposto subito “Sì”, senza esitazioni, sicura che l’amore che provava in quel momento sarebbe stato per sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Era sicura che, qualsiasi cosa fosse successa, avrebbero potuto aggrapparsi al loro legame, ritrovarlo solido, intatto. E da lì ripartire.

    Questa è la storia di Rosy e Bruno Arena, delle loro vite fortunate e felici, dei loro sogni realizzati. Rosy ha avuto la famiglia che ha sempre desiderato; Bruno è riuscito a intraprendere la carriera artistica. Insieme al collega Max Cavallari ha formato i Fichi d’India, conquistando i teatri e le piazze di tutta Italia.

    Leggi un'anteprima del libro...

    Domani ti porto al mare

    Al mio amore, Bruno,
    e ai nostri figli, Gianluca e Lorenzo.
    A tutte le persone
    che hanno incontrato la malattia
    e che, come noi, la stanno attraversando.

    Piacere, sono Rosy. Chiedo scusa in anticipo per la mia timidezza
    e il mio pudore: quello esplosivo è mio marito, tant’è che io sono
    sempre stata non “Rosy”, ma “Rosy-la-moglie-di-Bruno”, detto
    tutto di seguito, come se fosse una parola sola. Un soprannome.
    L’ho sempre trovato un po’ straniante, venire identificata come
    “la moglie di” e non come persona, fino a quando Bruno si è ammalato.
    Man mano che lui affrontava il processo di guarigione, a
    me diventava chiara una cosa: che io non ero né volevo essere altro
    da “Rosy-la-moglie-di-Bruno”, e che quel nomignolo nascondeva
    un dono preziosissimo.
    Bruno e io abbiamo sempre parlato tanto. A volte ci siamo letteralmente
    sfiniti di parole, e l’abbiamo fatto proprio perché siamo
    marito e moglie, innamorati da più di vent’anni. Lo conosco come
    conosco me stessa, forse persino di più.
    È grazie a questo se oggi, che lui non può parlare, posso essere
    anche la sua voce. E raccontarvi la nostra storia a nome mio
    e a nome suo.
    Rosy-la-moglie-di-Bruno

    Con Bruno non ci si annoia mai.
    Ci conoscevamo da quindici giorni quando mi ha regalato
    un biglietto colorato, poi mi ha chiesto di sposarlo.
    Sui bordi del foglio aveva disegnato la mappa di quei tre
    o quattro luoghi che avevamo fatto in tempo a frequentare
    insieme. L’aveva intitolata Tappe di un vero amore. Sul retro,
    invece, aveva trascritto il testo della nostra canzone, Cuori
    di Gesù, di Lucio Dalla.
    Al centro aveva scritto questo:

    Sono quindici giorni che vivo, che respiro, che guardo
    avanti senza paura, che sorrido, che mi gaso, che sono felice,
    che voglio vivere dividendo tutto quello che ho, che canto,
    che ho voglia di correre, che mi sveglio contento, che sogno,
    che parlo più volentieri, che amo le cose semplici, che
    mi piace la gazzosa, che ho tanto bisogno di affetto, che so
    scegliere, che amo le caramelle mordicchiate e succhiate, che
    ho voglia di dividere il mio letto, che la notte è bella, che il
    112 con le ruote lisce… Che ti amo.

    Io gli ho detto: «Sì, ti sposo». Cos’altro potevo fare?
    Già al nostro primo appuntamento nella testa mi rimbombava
    questo pensiero: “Rosy, non puoi permetterti di
    sbagliare”. Bruno è forte, sicuro di sé, rigoroso, carismatico,
    divertente, lunatico, ma anche molto sensibile. Ho capito
    subito che, con lui, non avrei potuto impegnarmi per

    meno dell’eternità. Prendere o lasciare, con Bruno è così.
    E io ho preso.
    Perché prima non mi era mai successo, di fidarmi totalmente
    di una persona che non fosse la mia mamma, una
    delle mie sorelle, un’amica d’infanzia. Non mi era mai successo
    di sentirmi completamente a casa. Con Bruno, invece,
    avvertivo di essere al mio posto.
    Noi varesotti non siamo inclini a lasciare la nostra terra, e
    l’idea di dovermi spostare per amore, o per lavoro, mi aveva
    sempre un po’ disturbato. Eppure con lui sarei andata
    ovunque, non mi importava niente del posto, del contesto.
    Mi sarebbe andato bene il Burundi come Gavirate, la villa
    come la capanna.
    Era il 16 maggio 1988, e non ci siamo più lasciati.

    In questi ventisei e passa anni, ho visto cose che voi umani
    non potete neanche immaginare: Bruno che gioca con i nostri
    figli a inventarsi sketch e spettacolini, sempre più raffinati
    con il passare degli anni, e fissa tutto su una quantità
    incomprimibile di filmini Super 8, che occupano diversi
    metri cubi in cantina; Bruno che imita la Benedetta Parodi
    in cucina, facendomi scompisciare mentre cerco di finire di
    arrostire il coniglio; Bruno che si sveglia e come prima cosa
    mette su un disco, e la casa risuona di musica fino a notte
    fonda; amici che vengono a trovarci per pranzo, per cena,
    di pomeriggio, e Bruno che tutte le volte – invece che con
    le diapositive – li sfinisce uno per uno con la visione di una
    qualche edizione del Palio di Siena; Bruno che si inventa
    una sorpresa per il mio compleanno, ma non riesce a tenere
    il segreto e canta lui stesso con giorni d’anticipo; Bruno
    che va in bicicletta con i nostri figli, si distrae e si spiaccica
    contro un albero, e Gianluca e Lorenzo, ridendo come matti,
    finiscono per abbracciarne altri due, di alberi.
    Con Bruno, come dicevo, non ci si annoia mai. Neanche
    adesso. Negli ultimi due anni lui ha ricevuto una botta dal
    destino alla quale proprio non eravamo preparati; ma abbiamo
    trovato il modo di riprenderci e siamo andati avanti,

    noi due,come la squadra che siamo sempre stati e che
    sempre saremo.

    Negli ultimi due anni abbiamo rinnovato i nostri voti,
    Bruno è tornato a sorridere, a guardare le comiche di Stanlio
    e Ollio, a farsi sbaciucchiare volentieri dalle ragazze del
    basket che ha allenato per anni prima di diventare un Fico
    d’India, a divorare quintali di cioccolata, e io a cercare di
    razionargliela. Siamo andati sul lago di Lecco a prendere
    un gelato, a San Siro a vedere l’Inter, a Siena a tifare per la
    contrada dell’Istrice, in vacanza con gli amici, fuori a cena
    nel nostro ristorante preferito. Siamo tornati al mare.
    Non è come prima. Però ci siamo, e siamo insieme.

    Il presagio della catastrofe, a ben pensarci, è già insito nei
    voti coniugali: “Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia
    e nel dolore, in ricchezza e in povertà, nella salute e nella
    malattia”. Te lo fanno addirittura promettere, di esserci in
    caso di problemi, ma chi ci fa caso veramente?
    Certo, c’è la consapevolezza che uno dei due, a meno che
    non ci si separi, dovrà prendersi cura dell’altro, che uno dei
    due prima o poi rimarrà da solo. Ma chi ci pensa? Bruno e
    io siamo sempre stati bene, per fortuna, e ci siamo sentiti a
    lungo immortali, invincibili, persino giovani. Non ci siamo
    accorti di commettere un errore. Bruno ha 58 anni, io 52: negli
    anni Sessanta, probabilmente, saremmo stati nonni, oggi
    siamo appena fuori dalla fascia d’età che si permette di definirsi
    “ragazzo”. Fino al 17 gennaio 2013 ci siamo sentiti
    proprio così: due ragazzi, forse con un principio di spelacchiamento,
    che però sapevano godersi la vita.
    La sera, prima di dormire, Bruno e io ci siamo spesso detti
    che, qualsiasi cosa fosse accaduta, ci saremmo stati l’uno
    per l’altra. Non era tanto per dire, un ritornello vuoto di significato,
    del quale però è bello ammantarsi. Lo dicevamo
    dando peso a ogni parola. Però, pensavamo di più alla ricchezza
    e alla povertà, che alla salute e alla malattia. Siamo
    due solidi lombardi con i piedi per terra: prima che Bruno
    lasciasse il posto fisso per dedicarsi solo alla comicità, ab

    biamo passato serate e notti intere a ripeterci che “questo
    lavoro oggi c’è e domani può non esserci”. L’avevo incoraggiato
    a buttarsi, per amore. Per una gelosa mitologica come
    me, il marito che frequenta il “mondo dello spettacolo” è
    un incubo che si avvera. Ma sapevo che per lui era importante,
    ed ero disposta a fare non uno, ma centomila passi
    indietro purché si realizzasse come artista. E quanto alla sicurezza
    economica, be’, ero convinta che – se ci fossero stati
    problemi – saremmo potuti ripartire dal niente, come avevamo
    già fatto. L’importante era altro, era rimanere uniti.
    Ce lo siamo sempre detti: se saremo insieme non avremo
    niente da temere, la forza del nostro amore ci permetterà
    di superare ogni ostacolo.
    Ed è così. È proprio vero. L’ho vista, la forza del nostro
    amore, vincere su tutto, anche sulla malattia.

    Io sono nata l’11 gennaio, Bruno il 12. Abbiamo sempre festeggiato
    insieme, nel nostro ristorante preferito di Varese,
    tranne l’anno in cui lui ne ha compiuti cinquanta e io, a
    sorpresa, l’ho portato a Parigi: ha scoperto la destinazione
    solo in aeroporto.
    Quando i cinquanta sono toccati a me, Bruno ha voluto
    ricambiare. Non mi ha portato a Parigi, ma mi ha fatto una
    sorpresa. Regalo ancora più grande! Chi lo conosce bene
    sa che per lui tenere un segreto è impossibile: è noto che
    non bisogna mai confessargli qualcosa che si vuole tenere
    nascosto perché non riesce a trattenersi, neanche sui regali.
    È capitato decine di volte che, due o tre giorni prima
    dell’11 gennaio, mi abbia detto: «Amore, scusa ma non ce
    la faccio più: devo darti il mio regalo».
    E invece, me l’ha proprio fatta. Mi ha proposto di andare
    a cena nel “nostro” ristorante, ma non quello di Varese,
    quello di Riccione. Noi due e i ragazzi. Sono felicissima:
    amo Riccione, ci vado sempre volentieri, anche solo per bere
    un aperitivo e ritorno, nonostante i quattrocento chilometri
    che ci separano. Essere là, avere tutti per me lui, Gianluca
    e Lorenzo: un sogno.
    Arriviamo nel primo pomeriggio. Tempo di stabilirsi in
    casa e appendere il vestito per la serata che mi sento dire:
    «Vieni con me». Bruno mi prende per mano e mi porta dal

    mio gioielliere preferito, quello dove tutte le estati rimango
    con il naso incollato alla vetrina come un bambino al
    bancone della gelateria. Entriamo e insieme scegliamo un
    anello troppo carino, da giorno, sobrio, come piacciono a
    me: è il suo regalo.
    Passo a casa per il trucco e parrucco e la sera, tutta elegante,
    mi avvio con i miei uomini verso il ristorante. Là,
    però, c’è un intoppo. Il ristorante è chiuso. O almeno sembra.
    Bruno non si capacita, comincia a bussare. La maître
    apre una spanna la porta, ci squadra, tutti fasciati nei vestiti
    della festa, vede Bruno e riconosco il suo sguardo: è quello
    che gli rivolgo anch’io quando mi accorgo che si è infilato
    in qualche situazione improponibile e mi cascano le braccia.
    È arrabbiatissima: «Bruno, accidenti» gli dice, «potevi
    dirmelo prima, no?! Siamo chiusi per una festa privata,
    non posso farvi entrare!».
    “Ecco” penso, “ci siamo.” Bruno ha un talento non comune
    nel cacciarsi nei casini. Per esempio, nel 2003 aveva
    deciso che dovevamo assolutamente partecipare alla festa
    dell’Ancona: il suo amico Gigi Simoni aveva guidato la
    squadra alla sua seconda, storica promozione in serie A e lui
    voleva essere al suo fianco per festeggiare. Anni e anni con
    lui mi avevano insegnato a riconoscere le sòle a distanza, e
    quella era una sòla al cento per cento, solo che – come al solito
    – mi ero lasciata convincere. In fondo, con noi sarebbero
    venuti anche Claudio e Silvano, due amici molto divertenti,
    e altri li avremmo incontrati là. E poi non saremmo stati in
    mezzo al marasma ma avremmo avuto accesso a un’area riservata.
    Un’ora di macchina più tardi ho scoperto che l’area
    riservata consisteva in quattro sedie con scritti sopra i nostri
    nomi e che i tifosi erano in lite con la dirigenza. L’intervento
    del presidente è durato tre minuti: i tifosi hanno invaso
    il palco e la festa si è conclusa tra petardi e fumogeni.
    Questa volta, invece, tre sono i minuti che ci impiego a
    capire che stanno tutti fingendo e che il ristorante è chiuso,
    sì, ma per noi. Dentro ci sono tutti i nostri amici, in mezzo
    a un tripudio di palloncini e cuori giganti. È una serata

    da film, che inizia con il classico “Sorpresa!” e finisce con
    Bruno che canta l’inno della sua squadra, Pazza Inter, saltellando
    sui tavoli di un altro locale: a mezzanotte, quando
    ormai il mio compleanno era passato ma il suo appena
    cominciato, ci siamo spostati per continuare la festa. Abbiamo
    cenato, ballato, riso, fatto decine di foto con parrucche
    di ogni forma e colore, mi hanno persino ammanettato
    Bruno alla caviglia con un paio di manette di peluche,
    dono del premuroso Franco Trentalance, che l’ha lasciato
    scalpitare per diversi minuti prima di confessargli che in
    realtà non aveva perso le chiavi…

    Torniamo il giorno dopo, sabato. La sera Bruno deve essere
    a Brescia con il Max per uno spettacolo.
    Si era tenuto libero per il “Rosy day”, come l’ha sempre
    chiamato lui, ma per il resto la sua agenda è zeppa di impegni.
    Ogni sera i Fichi sono in un teatro, un palazzetto,
    una piazza diversi, al Nord come al Sud, senza soste, sempre
    in macchina, prendendo l’aereo solo quando è strettamente
    necessario.
    Il suo modo per tenere in ordine appuntamenti e mente
    è scriversi tutto, in maniera ossessivamente ordinata e precisa,
    sulla sua agendina, un oggetto sacro e intoccabile, cui
    nessuno può mettere mano a parte lui. Compra sempre le
    stesse – nere, piatte e sottili – e non le molla neanche un secondo:
    le usa per segnare tutto, un colore per i chilometri che
    fa in bici (e relative statistiche), uno per le serate in teatro,
    uno per la televisione, uno per gli eventi di famiglia, uno
    per le battute che gli vengono in mente, le rime, gli spunti
    che gli suggeriscono i ragazzi, e in particolare Gianluca.
    In mezzo a questo guazzabuglio di date e spostamenti,
    un punto fermo: martedì, mercoledì e giovedì è a Milano,
    lui e il Max dopo diversi anni tornano a “Zelig”, e quelli
    sono i giorni dedicati alle riprese.
    Il 14 ha un’altra serata libera. Sono superfortunata perché
    proprio quella sera Claudio Baglioni canta al teatro Arcimboldi
    di Milano e possiamo andare ad ascoltarlo.

    Da fan sfegatata, uno dei miei sogni era conoscerlo, e
    una decina di anni fa Bruno era riuscito a realizzarlo. Eravamo
    in vacanza in Sardegna, in un villaggio turistico. Una
    sera lo staff ci dà la grande notizia: a breve si unirà a noi
    Claudio Baglioni. All’idea di trovarmelo a pochi metri, magari
    di stringergli la mano, ero andata in fibrillazione. Era
    il 2000, forse il 2001: non avevo quindici anni, ma le farfalle
    nello stomaco non me le ha tolte nessuno. Un giorno, dopo
    pranzo, eravamo a prendere un caffè al bar: un ragazzo stava
    cantando accompagnandosi con il pianoforte e Claudio
    Baglioni era lì, ad ascoltarlo, dall’altra parte della sala. Era
    con la sua compagna e altri amici. Impegnata com’ero nel
    cercare di osservarlo senza che lui se ne accorgesse ho perso
    di vista Bruno, che ho ritrovato poco dopo: era al pianoforte,
    si stava esibendo in Porta Portese. Volevo morire dalla
    vergogna, ma sbagliavo: con quel pretesto l’aveva agganciato,
    dopo dieci minuti erano già amici. Quando me l’ha
    presentato stavo ancora cercando di smaltire il rossore.
    Claudio è stato gentile e simpatico, e quel giorno è nato un
    bel rapporto. Ci siamo sempre visti poco, ma quando capita
    in zona per un concerto ci piace partecipare.
    Se c’è una cosa nella quale Bruno è maestro, è questa. è
    completamente privo di tutti quei filtri sociali dei quali la
    maggioranza di noi, me compresa, fa invece largo uso. Il
    mio aplomb british non mi avrebbe mai permesso di mettermi
    a cantare Baglioni di fronte a Baglioni, sempre che
    mi fosse venuto in mente. Bruno, invece, l’ha fatto, e ha
    raggiunto il suo obiettivo. Io non mi sognerei nemmeno
    di non salutare qualcuno che incontro per strada solo perché
    ho la luna storta. Per Bruno, invece, è normalissimo:
    se è una giornata no e in centro a Varese incrocia sua madre,
    che adora, tira dritto senza farle neanche “ciao” con la
    mano. D’altra parte, per lui è altrettanto normale entrare
    in un ristorante all’aperto, duecentocinquanta coperti almeno,
    e salutare tutti i presenti, uno per uno. È successo in
    Romagna, era con Paolo Belli e altri amici: a tutti ha stretto
    la mano e rubato un sorriso.

    Come la possiamo chiamare? Gioia di vivere? Forse, invece,
    riuscire a fare quello che ci piace il più possibile, fregandosene
    delle formalità e dando peso alle cose che veramente
    ne hanno è proprio un talento, che lui ha coltivato e
    innaffiato per anni, con rigore e metodo, senza che nessuno
    di noi se ne accorgesse.



    Più di ogni altra cosa, però, questa storia parla del loro amore, di come hanno saputo rinnovarlo e riempirlo di significato anche dopo la terribile botta ricevuta il 17 gennaio 2013. Quella sera, Bruno è sceso dal palco ed è caduto a terra, colpito da emorragia cerebrale.

    Ci sono voluti quattordici mesi di ricoveri e terapie perché potesse tornare a casa. Rosy è rimasta costantemente al suo fianco, sostenuta e incoraggiata da moltissimi amici, e forte del sentimento per Bruno. "Domani ti porto al mare"è il racconto di come l’amore abbia traghettato questa coppia attraverso la sofferenza fino all’approdo a una nuova vita comunque felice, intensa, piena di condivisione e tenerezza.

    Anche quella di oggi è vita al cento per cento: ci sono cene e pranzi e coccole con i figli; ci sono le partite dell’Inter insieme a Claudio, l’estate a Riccione e l’annuale gita per assistere al Palio di Siena; ci sono le serate con gli amici (comprese alcune molto sospette, “solo tra uomini”, al ritorno delle quali Bruno canticchia Brazil…), ci sono nuove persone da conoscere, altre a cui sorridere, altre ancora da far ridere; e c’è sempre il momento in cui Rosy e Bruno si addormentano abbracciati. C’è il futuro, davanti a loro, con dentro tanti nuovi sogni da realizzare.

    Rosy e Bruno presenteranno il libro a Milano, lunedì 2 marzo, alle ore 18.30, al Mondadori Store di Piazza Duomo 1. Interverrà Katia Follessa.

    Bruno Arena - Rosy Marrone
    Domani ti porto al mare
    Mondadori
    Prezzo 17 euro
    Pagine 208



    FONTE:
    © http://www.tgcom24.mediaset.it/cultura/l-a...0-201502a.shtml
     
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    Bruno Arena, tanti amici vip alla presentazione del suo libro


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    Foto Olycom


    Comici e personaggi televisivi hanno partecipato alla presentazione di "Domani ti porto al mare", scritto con la moglie Rosy

    3 marzo 2015 10:57 - Bruno Arena ha presentato a Milano il libro “Domani ti porto al mare”, scritto con la moglie Rosy Marrone. A salutare il comico, tanti amici vip, primo fra tutti l'inseparabile Max Cavallari, che con Arena aveva formato il duo I Fichi d'India. Cavallari ha ricambiato l'affetto dell'amico, che pochi giorni fa era in prima fila al Teatro Luna per applaudire il collega alla prima del musical “Diva”, di cui è protagonista.

    Tanti personaggi della tv hanno voluto essere vicini a Bruno Arena nel giorno della presentazione del libro “Domani ti porto al mare”. Da Paola Barale a Federica Panicucci, che seduta accanto al comico, gli ha tenuto stretta la mano per lunghi tratti dell'evento. Più defilati, ma ugualmente commossi, l'ex calciatore del Milan Demetrio Albertini, l'inviato di Striscia la notizia, Max Laudadio, e l'attore Raul Cremona.

    A presentare il libro, che è il racconto della lunga e felice storia d'amore che unisce Arena alla moglie, non solo Rosy Marrone, ma anche gli ex comici di Zelig Katia Follesa e Angelo Pisani (Pali e Dispari), che sono marito e moglie.




    FONTE:
    © www.tgcom24.mediaset.it/televisione...7-201502a.shtml,
    web,inlibreria.mondadoristore.it
     
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1 replies since 3/3/2015, 20:35   181 views
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