BEACH TENNIS

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. gheagabry
     
    .

    User deleted


    Beach tennis


    Racchette per il beach tennis tradizionale (racchetta piatta), e americano (racchetta incordata). Il beach tennis, anche noto come tennis da spiaggia, è uno sport ideato in Italia derivato dal gioco dei racchettoni, a sua volta nato da quello del tamburello.
    Varietà di gioco
    Varietà con racchetta solida
    Sulle spiagge italiane sin dai primi anni del secolo scorso si giocava con il tamburello. Dopo la seconda guerra mondiale, è iniziata la pratica di un gioco con racchetta simile a quella da paddle tennis ossia con il piatto in legno o plastica al posto delle corde; attualmente i materiali più usati nella costruzione delle racchette sono la vetroresina, il carbonio e il kevlar. Oltre i primi giocatori italiani, anche israeliani e brasiliani furono tra i pionieri di questo sport: in Israele è chiamato matkot, considerato sport nazionale, nonchè in Brasile è denominato frescobol. I primi tornei di beach tennis con le regole attuali, ma con punteggio pallavolistico, sono stati giocati sulle spiagge ravennati a forte tradizione pallavolistica nel 1978. Senza dubbio il beach tennis è lo sport estivo largamente predominante nel litorale emiliano-romagnolo, dove si calcola che esista circa il 50% dei campi da gioco della penisola. Il beach tennis è comunque molto diffuso anche in Veneto Marche, Lazio, Toscana, Puglia, Abruzzo. La gestione dilettantistica e approssimativa delle organizzazioni precedenti rischiava di far morire uno sport alla portata di tutti, pertanto la FIT (Federazione italiana tennis) ha già da due anni accorpato a sé tutti i protagonisti di questo sport, i quali a loro volta e per maggiore trasparenza possibile si sono associati in quella che oggi è l'AGB (Associazione Giocatori Beach tennis) a rappresentare i migliori giocatori. La FIT organizza tornei non solo a livello nazionale: nel 2010 ha organizzato i Mondiali presso il Foro Italico di Roma in concomitanza con il torneo di Tennis ATP Internazionali d'Italia. Inoltre ha dato inizio all'iter che ha come obiettivo il riconoscimento del beach tennis come sport Olimpico già a partire, almeno in forma dimostrativa, da Londra 2012. L'aver dato regole certe e durature a questo sport e una federazione forte alle spalle ha dato visibilità a questa disciplina al fine di ottenere sponsorizzazioni. Facile da giocare per tutti, il beach tennis diventa estremamente difficile e spettacolare a mano a mano che cresce il livello dei giocatori. Per emergere nel beach tennis occorre un buon rapporto con l'attrezzo, riflessi e velocità sulla sabbia. L'equilibrio fra queste doti porta a far emergere giocatori con caratteristiche fisiche che privilegiano la reattività a discapito della pura potenza.
    Regole di gioco
    Il gioco si pratica su un campo di sabbia lungo 16 m e largo 8 m per il doppio, lungo 16 m e largo 4,5 m per il singolo. L'altezza dal suolo della rete divisoria è 1,70 m al centro. La racchetta è lunga massimo 55 cm e il suo piatto è largo massimo 30 cm con uno spessore massimo di 3,5 cm,la sua superficie deve essere liscia anche se sono consentiti "fori" per alleggerire l'attrezzo. La palla è molto simile a quella da tennis ma leggermente depressurizzata. I giocatori devono battere e ribattere la palla sempre al volo. La successione del punteggio di un gioco è: 15-30-40-vittoria senza i vantaggi; relativamente all'importanza e/o alla specialità una partita consiste di 7 o 9 giochi con tie-break oppure al meglio di 3 set ai 6 giochi sempre con tie break. L'incontro è diretto da un arbitro coadiuvato da un guardalinee e un segnapunti. È pratica comune l'auto-arbitraggio ossia ogni squadra arbitra il suo campo anche in tornei di alto livello a esclusione delle finali. È consuetudine fra le squadre scambiarsi il cosiddetto cinque a ogni cambio campo. Le spiaggie più frequentate per praticare questo sport sono senza ombra di dubbio i litorali romagnoli, ravennati e toscani in particolare quello viareggino per la Toscana.
    Racchettoni
    Il gioco dei racchettoni, conosciuto anche semplicemente solo col nome di racchettoni, ovvero degli attrezzi utilizzati per giocarvici è un gioco derivato dal tamburello ed è il predecessore del beach tennis.
    Tamburello
    Il gioco del tamburello è uno sport di squadra sferistico.
    Storia
    Sport di antichissima origine, una varietà del quale era già praticata dai Romani; si è sviluppato in Italia e da qua si è diffuso nel resto del mondo. Il tamburello è un gioco che prende il nome dall'attrezzo che si usa per colpire palla. Una prima forma di campionato italiano si svolse nel 1896; un regolamento definitivo del gioco fu stabilito nel 1920 e dopo il 1930 i tamburellisti divennero professionisti nelle specialità a 5 e 3 giocatori per squadra. Attualmente è praticato da uomini e donne in molte nazioni, soprattutto in Francia e Italia, inoltre è stato un gioco del programma dei Giochi del Mediterraneo. In Italia è attiva la F.I.P.T. ossia Federazione Italiana Palla Tamburello, che organizza, sia in ambito maschile che femminile, i campionati di serie A, B, C, D, di categoria ossia giovanili, amatori, veterani, la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana. Potrebbe sembrare uno sport semplice, ma in realtà richiede una grande forza e soprattutto riflessi sempre pronti.
    Regolamento
    Il campo di gioco ha forma rettangolare, lungo 80 m e largo 20 m ma esistono notevoli differenze nelle misure relativamente alle categorie. Il campo è diviso per metà da una linea detta cordino e a 35- 40 m di distanza da questa è situata la linea di battuta, dietro la quale deve stare il battitore nel lanciare la palla, che può essere ribattuta a volo o dopo il primo rimbalzo. Normalmente le squadre sono composte da 5 giocatori contemporaneamente in campo e 4 in panchina per un totale di 9 atleti a disposizione; i ruoli sono: battitore, centrocampista o cavalletto o mezzovolo, rimettitore o spalla e terzino (i terzini sono due); il punteggio si calcola in giochi e un gioco ha la seguente successione: 0-15-30-40-vittoria; la partita consiste in 10 o 13 o 21 giochi. La palla è in gomma semipiena, ha diametro di 6 cm e peso di 88 g: può essere colpita esclusivamente con il tamburello a forma circolare e l'avambraccio che l'impugna; il tamburello ovale o tamburina si usa solo per il servizio di battuta. Dopo il ciclo di ogni 3 giochi (periodo detto trampolino) le squadre cambiano campo; il segnapunti deve stare seduto; dopo aver sorteggiato la palla ci si sistema nel campo. Prima il tamburello era costituito da un cerchio di legno con 28 cm di diametro sul quale era tesa una pelle d'animale, normalmente d'asino o di maiale, conciata in modo speciale ma attualmente si usano diversi materiali, tra i quali plastica e lega gommata nonché la tela per il piatto dell'attrezzo. Inizialmente l'arnese che colpiva la palla era interamente di legno, quindi nel Cinquecento il gioco del tamburello era chiamato palla a scanno.
    Storia e Folklore
    Sembra che questo gioco sia stato importato in Piemonte dalla vicina Francia. Il rilancio della palla avveniva col bracciale, col cesto, a pugno nudo, a pugno fasciato, con una spatola di legno, con una racchetta o col tamburello. Era praticato sin dai primordi tanto da aver dato il nome ad uno dei rioni più trafficati di Torino, il “Balôn”. Testimonianze scritte si intrecciano con quelle tramandate oralmente, o certificate da disegni, canzoni, graffiti. Non si sa di che cosa fosse fatta la palla in epoca romana, ma certamente di qualcosa di soffice, se già le milizie di Giulio Cesare diretto in Gallia, dopo ore di marcia forzata, trovavano ancora la voglia e la forza per sfidarsi in piacevoli incontri nello squadrato campo militare dei Taurini. Nel "De bello gallico" Cesare precisa poi che trovò in Gallia (nei pressi dell'attale Lione) campi dove le partite erano seguite con enorme passione "...progredimur trahit sua quemque voluptas" (abbandoniamo questi posti dove ognuno è impegnato nei propri giochi). In età medioevale, quando Torino entrò nelle mire dei Savoia, decisi a farne capitale del loro ducato, nella piazza antistante al Duomo c’era un'ampia area dedicata a questo divertimento. Veniva chiamato “ campo della Prevostura” essendo accanto alla casa del “prevosto”. L’episodio è ricordato con simpatia dallo storico Luigi Cibrario, ministro presso i Savoia nel 1800, statista ed economista. Racconta nella sua Storia di Torino (1846): “Gli incontri erano appassionanti, e seguiti da folto pubblico, pur se a volte turbati da improvvisi acquazzoni. Li seguiva con vivo interesse il Conte Rosso (Amedeo VII) accompagnato dal suo bel cugino Amedeo, principe d’Acaja. Per evitare le inclemenze del tempo nell’ottobre del 1385 venne costruita una tettoia , buona per la pioggia e per il sole.” E’ assai probabile che questo fu il primo campo con tutti i crismi delle regole sportive. La palla allora era di cuoio. Non si sa bene se tutta di cuoio, o solo rivestita, alla moda dei fiorentini che ne riempivano la cavità con capelli di donna, considerati “più adatti al rimbalzo”. Le racchette avevano cordicelle intrecciate, le spatole “spaule” erano di legno pieno, lunghe un palmo e mezzo e larghe uno. Questo campo, chiamato “trincotto” dal francese “trinquet” (ritrovo festoso) e “tripot” (gioco di pallacorda, o pallamaglio), divenne ben presto luogo di scommesse. E quando girano soldi si sa come si va a finire. Da libero accesso, passò alla gestione di una giunonica “Madama Catterina Maraviglia” chiamata “la Veneziana”. Esperta d’affari allontanò la “maraglia” ossia i poveracci perditempo, corredò lo spazio riservato al pubblico con comode poltrone e baldacchini parasole, ed in poco tempo il “gioco” venne frequentato da gentiluomini, aristocratici, ed ufficiali. Nel centro venne anche riservato un tronetto per Emanuele Filiberto, che divenne frequentatore appassionato e puntatore accanito (Pietro Baricco senior -Torino Descritta - 1860)
    Da Torino a Versaille o viceversa
    La storia non è chiara se da Torino il gioco si sparse in Monferrato, oppure se dal Monferrato, o dalla Francia, questa passione conquistò Torino. È certo però che nel 1650 Luigi IV ed il Cardinale Mazzarino assistevano a Versaille partite di pallone a pugno. Ed è in questo periodo che nacquero varianti dovute ai rapporti commerciali esistenti tra Piemonte Francia e Spagna. A Torino un secondo campo fu impiantato negli attuali Giardini Reali, di fronte all’attuale Mole. Si avvaleva dell’appoggio del muro fortificato, ed i giocatori respingevano la palla con un bracciale , interamente in legno, scolpito a punte diamantate. L’attrezzo aveva il pregio di proteggere la mano. Così scese in campo la nobiltà alloggiata nel vicino palazzo Reale. Lassù, sugli spalti, le donzelle sabaude incitavano ed ammiravano i loro cavalieri, mentre i notabili dilapidavano il patrimonio di famiglia con puntate astronomiche. Ne riferisce testimonianza Cordero di Pamparato “l’entusiasmo era una specie di febbre che coinvolgeva principi e popolani”. L’ambiente risentiva delle giostre e dei tornei, di conseguenza svolazzavano bandiere e gonfaloni. In men che non si dica le partite a muro vennero giocate ovunque gli abitati erano protetti da bastioni.
    Il gioco a muro
    Il Monferrato, la Val d'Aosta la Lombardia il Veneto ed il centro Italia sono ricchi di castelli e per questo motivo - spiega ancora Cordero di Pamparato - il gioco divenne in questi luoghi simpatica occasione di rivalità campanilistica.Il campo di gioco era sempre delimitato da un lato dai bastioni dei castelli. Le cronache raccontano incontri strepitosi tra Alba ed Asti, tra Vicenza e Verona, tra Padova e Monselice, tra Mantova e Cremona per non parlare dell'area Toscana dove le rivalità tra Prato, Pistoia, Empoli, Arezzo, Firenze e Siena si riversavano sul gioco della palla tanto quanto avveniva alle giostre dei cavalli. A Torino tanta era la passione sportiva che nella prima metà del 1600 venne costruito un altro campo nell’Isolato di San Pietro, praticamente dove oggi sorge il Teatro Carignano, e perché la palla fosse più visibile, il muro d’appoggio venne colorato in rosso, per questo fu chiamato “trincotto rosso”.
    Il Tricotto rosso
    Della storia di questo sferisterio si hanno notizie complete, compresi i vari passaggi di proprietà. Fu devastato durante le guerre civili del 1640, ricostruito, fu nuovamente abbattuto durante l’assedio di Torino del 1706 reso famoso dal sacrificio di Pietro Micca. Sulle sue macerie venne costruito un piccolo teatro, che operò per pochi anni. Luigi Amedeo di Savoia acquistò il terreno e vi fece costruire sopra, l’attuale Teatro Carignano , disegnato da Benedetto Alfieri. E il gioco del pallone si trasferì al Balôn, con ogni probabilità tra le attuali via Lanino e via Andreis, ossia negli isolati di san Edoardo, sant’Apollone, e san Eraldo. Secondo gli esegeti della “Federazione Italiana del Pallone Elastico” l’appoggio era costituito dai muri di alcuni opifici che sorgevano nel luogo, filande (per la tessitura della seta) battitoi (per la torsione della canapa), gualchiere (ove venivano inamidati i panni). La forza motrice era fornita da mulini azionati da una roggia ricoperta solo di recente e che allora delimitava il campo. Sull’esistenza del gioco del “Balôn” vi sono alcuni verbali del “Vicariato di Polizia” costretto ad inviare manipoli di arcieri per sedare le zuffe tra scommettitori. Alcune risse finirono in modo drammatico, specialmente per i “marcatori di cacce”.
    Tifo e botte
    Il tifo era scatenato specialmente tra le squadre dei borghi, o dei paesi della collina. Le sfide erano annunciate da “sonetti” ricchi di sottintesi, “sfottò” che venivano recapitati agli interessati da vivaci staffette folcloristiche, precedute da trombettieri e sbandieratori. In epoca napoleonica Paolina Bonaparte decise di bonificare il Balôn ed il gioco traslocò verso il Duomo, non lontano dalle Turrite Porte Palatine, mentre altro campo veniva allestito nei pressi della Cittadella, nell’area oggi occupata dalla chiesa di Santa Barbara (via Bertola angolo via Assarotti). Sul muro dei bastioni erano segnati i metri di battuta, ed ai lati corti furono issate gradinate con tre ordini di posti. Intanto aumentavano sempre più gli appassionati del tamburello. Vi erano tre sferisteri, uno a Vanchiglia, un secondo in borgo Giulimosso (isolato san Publio, ossia via Saluzzo e via Michelangelo) ed un terzo oltre la chiesa della Crocetta, allora in aperta campagna Tutti vennero abbandonati quando questo sport finì nella Piazza d’Armi antica, tra corso Vinzaglio via Montevecchio e corso Peschiera. Nel 1894 fu poi costruito lo sferisterio di via Napione 34: dedicato ad Edmondo De Amicis, autore del libro “Gli azzurri ed i rossi”. I tifosi proposero di chiamarlo “EDA” iniziali dello scrittore; operò sino al 1967, sia per pallone elastico che per tamburello.

    (Gina)

     
    Top
    .
0 replies since 2/3/2015, 20:34   167 views
  Share  
.