OSCAR 2015 - VINCITORI e NOMINATION

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  1. gheagabry
     
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    OSCAR 2015
    - NOMINATION -



    Miglior film


    Boyhood

    Selma

    The Theory of Everything

    Whiplash

    American Sniper

    The Imitation Game

    Birdman

    The Grand Budapest Hotel



    Miglior attore protagonista


    Michael Keaton, Birdman

    Benedict Cumberbatch, The Imitation Game

    Steve Carell, Foxcatcher

    Bradley Cooper, American Sniper

    Eddie Redmayne, The Theory of Everything



    Miglior attrice protagonista


    Julianne Moore, Still Alice

    Reese Witherspoon, Wild

    Rosamund Pike, Gone Girl (L’amore bugiardo)

    Felicity Jones, The Theory of Everything (La teoria del tutto)

    Marion Cotillard, Deux jours, une nuit (Due giorni, una notte)


    Miglior attore non protagonista

    J.K. Simmons, Whiplash
    Edward Norton, Birdman
    Mark Ruffalo, Foxcatcher
    Ethan Hawke, Boyhood
    Robert Duvall, The Judge


    Miglior attrice non protagonista

    Patricia Arquette, Boyhood
    Emma Stone, Birdman
    Meryl Streep, Into The Woods
    Keira Knightley, The Imitation Game
    Laura Dern, Wild


    Miglior regia

    Richard Linklater, Boyhood
    Alejandro Gonzalez Inarritu, Birdman
    Wes Anderson, The Grand Budapest Hotel
    Bennett Miller, Foxcatcher
    Morten Tyldum, The Imitation Game


    Miglior film straniero

    Ida (Polonia)
    Tangerine Mandarin (Estonia)
    Leviathan (Russia)
    Timbukty (Mauritania)
    Wild Tales (Argentina)


    Miglior sceneggiatura originale

    Birdman
    Boyhood
    The Grand Budapest Hotel
    Foxcatcher
    Nightcrawler (Lo sciacallo)


    Miglior sceneggiatura non originale

    The Imitation Game
    The Theory of Everything (La teoria del tutto)
    Inherent Vice (Vizio di forma)
    Whiplash
    American Sniper


    Miglior film d’animazione

    Big Hero 6
    How to Train Your Dragon 2 (Dragon Trainer 2)
    The Boxtrolls – Le scatole magiche
    Song of the Sea
    The Tail of the Princess Kaguya


    Miglior scenografia

    The Grand Budapest Hotel
    Mr. Turner
    Into The Woods
    Interstellar
    The Imitation Game


    Miglior fotografia

    Birdman
    Unbroken
    The Grand Budapest Hotel
    Ida
    Mr. Turner


    Miglior sonoro

    American Sniper
    Birdman
    Unbroken
    Fury
    Interstellar


    Miglior montaggio sonoro

    American Sniper
    Interstellar
    Unbroken
    The Hobbit: The Battle of the Five Armies (La battaglia delle cinque armate)
    Birdman


    Miglior colonna sonora

    Johann Johannsson, The Theory of Everything (La teoria del tutto)
    Alexandre Desplat, The Imitation Game
    Hans Zimmer, Interstellar
    Alexandre Desplat, The Grand Budapest Hotel
    Gary Yershon, Mr. Turner


    Miglior canzone originale

    John Legend & Common, “Glory” (Selma)
    Rita Ora, “Grateful” (Beyond The Lights)
    “Lost Stars” (Begin Again)
    “Everything Is Awesome” (The Lego Movie)
    “I’m Not Gonna Miss You” (Glen Campbell.. I’ll Be Me)


    Migliori costumi

    Into The Wood
    Maleficent
    The Grand Budapest Hotel
    Mr. Turner
    Inherent Vice (Vizio di forma)


    Migliori effetti speciali

    Interstellar
    Dawn of the Planet of the Apes (Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie)
    Guardians of the Galaxy (Guardiani della galassia)
    X-Men: Days of Future Past (Giorni di un futuro passato)
    Captain America: The Winter Soldier


    Miglior montaggio

    Boyhood
    Whiplash
    The Imitation Game
    American Sniper
    Grand Budapest Hotel


    Miglior trucco

    Guardians of the Galaxy (Guardiani della galassia)
    Foxcatcher
    The Grand Budapest Hotel


    Miglior documentario

    Citizenfour
    Finding Vivian Maier
    The Salt of the Earth
    Virunga
    Lost Days in Vietnam


    Miglior cortometraggio

    Aya (Israele)
    Boogaloo and Graham (Irlanda)
    La Lampe au Beurre de Yak (Francia)
    Parvaneh (Svizzera)
    The Phonecall (Regno Unito)


    Miglior cortometraggio documentario

    Crisis Hotline: Veterans Press 1
    Joanna
    Our Curse
    The Reaper (La Parca)
    White Earth


    Miglior cortometraggio animato

    The Bigger Picture
    The Dam Keeper
    Feast
    Me And My Moulton
    A Single Life

     
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  2. gheagabry
     
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    I VINCITORI DEGLI OSCAR 2015



    Gli Oscar 2015, ovvero i premi dell’87esima edizione degli Academy Awards, sono stati consegnati questa notte a Los Angeles; i premi Oscar sono i più famosi e prestigiosi del cinema americano e quindi internazionale. Il premio più importante della serata, quello per il miglior film, è stato vinto da Birdman, che ha ottenuto in totale quattro premi (tra cui anche quello per il miglior regista, vinto da Alejandro G. Inarritu); anche The Grand Budapest Hotel ha vinto quattro premi. Whiplash ha vinto tre premi, mentre tutti gli altri – tra cui Boyhood e American Sniper, che hanno deluso un po’ rispetto alle aspettative iniziali – ne hanno vinto solo uno. Non c’è stato insomma un film che ha “sbancato”, rispetto agli altri: e infatti tutti gli otto film candidati al premio per il miglior film hanno avuto almeno un riconoscimento.
    Altre cose notevoli: l’italiana Milena Canonero ha vinto il suo quarto Oscar per i costumi; il conduttore Neal Patrick Harris ha citato una famosa scena di Birdman e a un certo punto è finito nudo sul palco; Jennifer Lopez e Meryl Streep si sono scattate un selfie e hanno accolto con grande soddisfazione il discorso femminista di Patricia Arquette; la canzone che ha vinto l’Oscar, “Glory”, è stata cantata dal vivo ed è stato un bel momento.
    (www.ilpost.it)



    - Miglior film: «Birdman»di Alejandro González Iñárritu
    - Miglior attrice protagonista: Julianne Moore per «Still Alice»
    - Miglior attore protagonista: Eddie Redmayne per «The Theory of Everything»
    - Miglior regia: Alejandro Gonzalez Inarritu per «Birdman»
    - Miglior sceneggiatura non originale: Graham Moore per «The Imitation Game»
    - Miglior sceneggiatura originale: Alejandro G. Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris Jr. e Armando Bo per « Birdman»
    - Miglior colonna sonora: Alexandre Desplat per il film «Grand Budapest Hotel»
    - Miglior canzone: «Glory» di John Stephens e Lonnie Lynn nel film Selma
    - Miglior documentario: «CitizenFour» di Laura Poitras, Mathilde Bonnefoy e Dirk Wilutzky

    - Miglior montaggio: Tom Cross per il film « Whiplash»
    - Miglior fotografia: Emmanuel Lubezki per il film Birdman
    - Miglior scenografia: Adam Stockhausen e Anna Pinnock per il film «Grand Budapest Hotel»
    - Miglior film d’animazione: Don Hall e Chris Williams per il film «Big Hero 6»
    - Miglior cortometraggio d’animazione: «Feast» di Patrick Osborne
    - Migliori effetti speciali: Paul Franklin, Andrew Lockley, Ian Hunter e Scott Fisher per il film «Interstellar»
    - Miglior attrice non protagonista: Patricia Arquette per «Boyhood»

    - Miglior sonoro: Alan Robert Murray e Bub Asman per «American Sniper»
    - Miglior montaggio: Craig Mann, Ben Wilkins e Thomas Curley per «Whiplash»
    -Miglior corto documentario: «Crisis Hotline: Veterans Press 1» di Ellen Goosenberg Kent e Dana Perry
    - Miglior corto: «The Phone Call» di Mat Kirkby e James Lucas
    - Miglior film straniero: è il film polacco «Ida» diretta da Pawel Pawlikowski
    - Miglior trucco: Frances Hannon e Mark Coulier per il «Gran Budapest Hotel»
    - Migliori costumi: l’italiana Milena Canonero per il film «Grand Budapest Hotel»
    - Miglior attore non protagonista: J.K. Simmons per «Whiplash»

     
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  3. gheagabry
     
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    BIRDMAN



    Agli Oscar 2015 Birdman ha ottenuto quattro premi su nove nomination ricevute. È stato premiato come miglior film, e il suo regista ha ottenuto anche il premio per la miglior regia e per la migliore sceneggiatura originale insieme a Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris e Armando Bo. Il quarto premio è stato assegnato a Emmanuel Lubezki per la migliore fotografia. Birdman era anche candidato agli Oscar per migliore attrice non protagonista (Emma Stone), migliore attore non protagonista (Edward Norton), migliore attore protagonista (Michael Keaton), miglior sonoro e miglior montaggio sonoro.
    Ai Golden Globes Birdman è stato premiato per la migliore sceneggiatura e Michael Keaton ha ottenuto il premio per migliore attore in un film commedia. Il film è stato nominato e in alcuni casi premiato in decine di festival del cinema in giro per il mondo.

    L’intero film è realizzato per dare l’impressione che sia stato registrato in un unico lungo piano sequenza, cioè senza che ci siano mai stacchi della cinepresa per mostrare – per esempio – un controcampo. Il film dura 2 ore e sarebbe stato difficilissimo, se non impossibile, girarlo tutto in un colpo solo: i piani sequenza sono quindi fusi insieme e l’effetto finale è molto realistico, a tratti sorprendente (nella storia del cinema ci sono stati comunque altri casi di lunghissimi piani sequenza, come nel film Arca Russa del 2002). Gli attori hanno comunque dovuto fare i conti con scene che duravano anche dieci minuti, Galifianakis ha raccontato che in alcuni casi se ne stava in attesa dell’arrivo della cinepresa, con l’ansia di non sbagliare la sua parte, altrimenti avrebbero dovuto rigirare un’intera lunga scena, non potendo sistemarla dopo con il montaggio. E ci sono scene molto complicate, dove la cinepresa passa attraverso diversi livelli della scena, porte, corridoi e poi verso l’esterno e in ambienti diversi tra loro. Iñárritu ha detto che con il piano sequenza voleva dare allo spettatore l’impressione di una “realtà da cui non si può sfuggire, perché viviamo le nostre vite senza la possibilità di fare un montaggio”.




    Buona parte della colonna sonora è costituita da un incessante suono di batteria, che accompagna le scene e il loro andamento accelerando o rallentando il ritmo. È suonata dal batterista jazz Antonio Sanchez e ha richiesto una stretta collaborazione con Iñárritu: è frutto di grandi improvvisazioni e per la sua realizzazione Sanchez ha usato tamburi non accordati o modificati per ottenere dissonanze, che si adattano bene alla storia e allo stile in cui è raccontata. In due scene è visibile un batterista, che non è Sanchez perché al momento delle riprese non era disponibile, e sono stati studiati effetti per dare l’impressione del suono in avvicinamento e poi in allontanamento quando la cinepresa si sposta nel suo piano sequenza.


    All’interno del film ci sono riferimenti di vario tipo al mondo dello spettacolo, di cui Birdman è in parte una satira, e altri messaggi indirizzati direttamente allo spettatore. Tra i più curiosi c’è quello nel camerino di Thomson:
    Una cosa è una cosa, non quel che si dice di quella cosa.



    www.ilpost.it

    Il quarto Oscar di Milena Canonero



    Milena Canonero, costumista italiana, ha vinto il premio Oscar per i migliori costumi per The Grand Budapest Hotel, diretto da Wes Anderson. Canonero è una delle più importanti costumiste al mondo, ha lavorato con importanti registi, da Francis Ford Coppola a Stanley Kubrick, è stata candidata a nove premi Oscar e ne ha vinti quattro: oltre a The Grand Budapest Hotel, per Barry Lyndon di Stanley Kubrick nel 1976, Momenti di gloria di Hugh Hudson nel 1982 e Marie Antoinette di Sofia Coppola nel 2007.



    Canonero è nata a Torino nel 1946 e ha studiato a Genova. Si è poi è trasferita a Londra dove ha iniziato a lavorare in piccoli teatri e produzioni cinematografiche. Il suo primo grosso lavoro è stato per Arancia Meccanica di Kubrick, nel 1971, con cui ha lavorato di nuovo nel 1975 per Barry Lyndon, insieme alla costumista svedese Ulla-Britt Söderlund. Canonero ha disegnato costumi anche per opere teatrali e nel 1986 ha lavorato per la serie tv Miami vice. Nel 2001 ha ricevuto il premio alla carriera nel cinema dalla Costume Designers Guild, il più importante sindacato statunitense dei costumisti. Canonero ha vinto anche due BAFTA, il corrispettivo britannico degli Oscar, per i costumi di Momenti di gloria e di Cotton Club del di Francis Ford Coppola. È sposata con l’attore Marshall Bell.
    (ww.ilpost.it)

     
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  4. gheagabry
     
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    "Per quanto possa essere dura la vita.."

    LA TEORIA DEL TUTTO


    Titolo originale The Theory of Everything
    Lingua originale inglese, francese
    Paese di produzione Regno Unito
    Anno 2014
    Durata 123 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 2,35 : 1
    Genere biografico, drammatico, sentimentale
    Regia James Marsh
    Soggetto Jane Wilde Hawking (biografia)
    Sceneggiatura Anthony McCarten
    Produttore Tim Bevan, Eric Fellner, Lisa Bruce, Anthony McCarten
    Casa di produzione Working Title Films
    Distribuzione (Italia) Universal Pictures
    Fotografia Benoît Delhomme
    Montaggio Jinx Godfrey
    Musiche Jóhann Jóhannsson
    Scenografia John Paul Kelly
    Costumi Steven Noble
    Trucco Jan Sewell

    Interpreti e personaggi

    Eddie Redmayne: Stephen Hawking
    Felicity Jones: Jane Hawking
    Emily Watson: Beryl Wilde
    Charlie Cox: Jonathan Hellyer Jones
    David Thewlis: Dennis William Sciama
    Harry Lloyd: Brian
    Adam Godley: Senior Doctor
    Maxine Peake: Elaine Mason
    Simon McBurney: Frank Hawking
    Enzo Cilenti: Kip Stephen Thorne
    Charlotte Hope: Philippa Hawking
    Tom Prior: Robert Hawking
    Frank Lebœuf: dottore svizzero



    Riconoscimenti

    2015 - Premio Oscar
    Miglior attore protagonista a Eddie Redmayne
    Nomination Miglior film
    Nomination Miglior attrice protagonista a Felicity Jones
    Nomination Migliore sceneggiatura non originale a Anthony McCarten
    Nomination Miglior colonna sonora a Jóhann Jóhannsson

    2015 - Golden Globe
    Miglior attore in un film drammatico a Eddie Redmayne
    Migliore colonna sonora originale a Jóhann Jóhannsson
    Nomination Miglior film drammatico
    Nomination Migliore attrice in un film drammatico a Felicity Jones

    2015 - British Academy Film Awards
    Miglior film britannico
    Miglior attore protagonista a Eddie Redmayne
    Migliore sceneggiatura non originale a Anthony McCarten
    Nomination Miglior film
    Nomination Miglior regista a James Marsh
    Nomination Miglior attrice protagonista a Felicity Jones
    Nomination Migliore colonna sonora a Jóhann Jóhannsson
    Nomination Miglior montaggio a Jinx Godfrey
    Nomination Migliori costumi a Steven Noble
    Nomination Miglior trucco e acconciatura


    TRAMA


    La teoria del tutto è la storia straordinaria ed edificante di una delle più eccelse menti viventi del mondo, il famoso astrofisico Stephen Hawking, e di due persone che resistono alle più grandi difficoltà attraverso l'amore. Nel 1963, da studente di cosmologia della leggendaria università inglese Cambridge, Stephen (interpretato da Eddie Redmayne di Les Misérables) sta facendo grandi passi ed è determinato a trovare una "spiegazione semplice ed eloquente" per l'universo. Anche il suo mondo privato si schiude quando si innamora perdutamente di una studentessa di lettere della stessa Cambridge, Jane Wilde (Felicity Jones di The Invisible Woman). Ma, all'età di 21 anni, questo giovane uomo sano e dinamico riceve una diagnosi che gli cambia la vita: la malattia del motoneurone attaccherà i suoi arti e le sue capacità, lasciandolo con una limitata capacità di linguaggio e di movimento e con circa due anni di vita da vivere. L'amore di Jane, il suo combattivo supporto e la sua determinazione sono incrollabili - e i due si sposano. Con la sua nuova moglie che lotta instancabilmente al suo fianco, Stephen si rifiuta di accettare la sua diagnosi. Jane lo incoraggia a finire il suo dottorato, che include la sua teoria iniziale sulla creazione dell'universo. La coppia mette su famiglia e con il suo dottorato da poco guadagnato e accolto con grande gioia, Stephen si imbarca nel suo lavoro scientifico più ambizioso, lo studio della cosa di cui possiede meno: il tempo. Mentre il suo corpo affronta limitazioni sempre più grandi, la sua mente continua a esplorare i limiti estremi della fisica teorica. Insieme, lui e Jane sfidano l'impossibile, aprendo nuovi territori nel campo della medicina e della scienza, e realizzando più di quello che avrebbero mai sognato di realizzare.

    ..recensioni..



    Attorno a quale argomento Stephen (Eddie Redmayne, bravo fino a essere sorprendente) elaborerà la sua tesi di dottorato? Siamo a Cambridge, nel 1963. Il cognome di Stephen è Hawking, e l'argomento scelto sarà ben presto il tempo. Questo racconta "La teoria del tutto" ("The Theory of Everything", Gran Bretagna, 2014, 123'). Tratto da un libro di Jane Hawking, edito in Italia da Piemme, il film di James Marsh e dello sceneggiatore Anthony McCarten non vuole, né potrebbe, esplorare il versante scientifico dell'ormai lunga vita del fisico e matematico britannico. Solo ce lo mostra alle prese con questioni antiche. Ha un inizio, il tempo, e avrà una fine? C'è un prima dell'universo? Ci sarà un dopo? E si può ricondurre tutto ciò a un'unica, elegante equazione che spieghi perché esiste qualcosa invece di niente? Curiosità smisurate, tutte queste, che eccedono il cinema e il suo spaziotempo, per così dire. La teoria del tutto esplora invece una questione ben più strettamente umana, ma non meno cruciale: quella del tempo biografico di Hawking e di sua moglie Jane (Felicity Jones). Il loro incontro, nella luce di quel lontano 1963, assomiglia a milioni, anzi a miliardi di altri incontri. Non serve la teoria dei quanta, per comprenderne il senso. Né occorre scomodare la relatività di Einstein per spiegare i tre figli avuti dopo che lui già ha mostrato i primi, gravissimi sintomi della malattia neurologica che pian piano lo condannerà a stare su una sedia a rotelle. Che l'universo abbia avuto un inizio - come ama pensare Jane, con la sua fede in un dio creatore - o che non l'abbia avuto - come argomenta Stephen, convinto sostenitore di quella disciplina per atei intelligenti che è per lui la cosmologia - in ogni caso ai due tocca in sorte d'affrontare insieme una vita complessa, faticosa. Faticosa e complessa è la vita di Stephen, che combatte la sua malattia, e che giorno dopo giorno ne subisce lo sconcio fisico. E ancor più faticosa e complessa è la vita di Jane, che rinuncia al proprio, di tempo, per consentire a Stephen d'averne uno. Alla fine - così immaginano Marsh e McCarten, affidandosi al libro di lei - tra i due nascono una comprensione e una complicità emotiva che li rendono capaci di riconoscersi a vicenda il diritto d'esser felici, nei limiti dell'umano. Dentro questi limiti, appunto, il loro tempo è il loro universo. Ci sia o non ci sia un'equazione che ne sappia render conto, è questo il loro tutto.(Roberto Escobar, L'Espresso)

    Il regista James Marsh, ottimo documen-
    tarista, affronta la biografia dello scienziato, Stephen Hawking, fisico, cosmologo e astrofisico, dove al racconto delle sue scoperte si intreccia quello della lotta contro una malattia dei motoneuroni che vanno in degenerazione e quella dell'amore straordinario dedicatogli da Jane Wilde, una compagna del College che diverrà sua mogile. Gli spunti per far volare, cadere, turbare erano numerosi e a portata di mano, ma il regista ha preferito aderire allo scritto di Jane Wilde Hawking "Verso l'infinito (Travelling to Infinity:My Life With Stephen)", attenendosi ad una narrazione classica, a tratti commovente, spesso brillante e impreziosita da una interpretazione a dir poco mirabile di Eddie Redmayne e quella di Felicity Jones. Presso l'Università di Cambridge, nel 1963 il giovane esile e maldestro Stephen, mentre cerca di dimostrare in una equazione unificatrice la spiegazione della nascita del tempo in rapporto alla nascita dell'universo, prova una profonda attrazione, ricambiata, per Jane,la bellissima studentessa in letteratura medievale, cristiana fervente, mentre lui, non credente, considera la cosmologia "la religione per atei intelligenti". In un clima luminoso, con amici buoni, e una ambientazione dove tutto è colorato nella bella fotografia di Benoit Delhomme, secondo criteri visti tante volte. Tutto si appanna quando ben presto si passa ai tristi momenti dell'insorgenza chiara dei segni della malattia che, entro due anni per la prognosi ufficiale, gli distruggerà i muscoli e quindi ogni attività volontaria compreso il parlare, senza intaccare la corteccia e quindi il pensiero. Al crollo del giovane scienziato subentra la volontà senza riserve della ragazza,che decide di stare sempre accanto a lui per fargli raggiungere i propri obiettivi, anche se il tempo è poco, e lo sposa.
    Stephen si laurea in fisica, con una ricerca sui "buchi neri", combatte con il sostegno di Jane tutte le difficoltà pratiche della sua malattia, giovandosi anche di nuove tecnologie che gli permettono di scrivere e comunicare nelle conferenze. Tutti lo amano e lo ammirano ed egli assume un simpatico gigno e una furba luce negli occhi, sempre lavorando sulla famosa ricerca. Nel frattempo è diventato padre di ben tre figli, belli e sani e gli anni passano...ed egli stesso dirà ad una grande conferenza che "finchè c'è vita c'è speranza"....Il racconto quasi agiografico continua, con qualche variazione dei rapporti umani fino alla fine del film senza seri approfodimenti sulla parte scientifica. Ogni evento triste è sdrammatizzato, le ellissi narrative apposite ripuliscono il quadretto...
    Ma questa persona esiste nella realtà e tutto quanto è vero, solo che è narrato semplicemente come una bella storia positiva, intrattenendo piacevolmente gli spettatori tra tanti sorrisi, successi e poche lacrime con la musica solenne di Johann Johannsson, là dove è opportuno il suo intervento. Forse l'eccezionalità dei personaggi meritava qualcosa di diverso ma forse il copyright di chi ha scritto la biografia ha messo dei limiti (ricordiamo che si tratta della ormai ex- moglie, che aveva il suo punto di vista e si è accaparrata tutti i meriti dei successi umani e scientifici del marito così a lungo da lei sostenuto)...E così da un firmamento fitto di stelle da non credere in cui si potrebbe vedere la nascita di alcune e la morte di altre, cadiamo nella realtà di un'opera discreta che poteva essere e dare di più.
    (bufera,www.filmtv.it)

    "Ospite:
    Professor Hawking, lei ha detto di non credere in Dio... Ha una filosofia di vita che la aiuta?

    Stephen:

    E' chiaro che noi siamo solo una razza evoluta di primati su un pianeta minore, che orbita intorno ad una stella di medie dimensioni nell'estrema periferia di una fra cento miliardi di galassie... Ma... Fin dall'alba della civiltà, l'uomo si è sempre sforzato di arrivare alla comprensione dell'ordine che regola il mondo. Dovrebbe esserci qualcosa di molto speciale nelle condizioni ai confini dell'universo. E cosa può essere più speciale dell'assenza di confini? Non dovrebbero esserci confini agli sforzi umani. Noi siamo tutti diversi, per quanto brutta possa sembrarci la vita, c'è sempre qualcosa che uno può fare e con successo. Perché finché c'è vita... c'è SPERANZA!"

     
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  5. gheagabry
     
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    "Le persone non dicono mai quello che vogliono dire,
    dicono sempre altro.
    Eppure si aspettano che tu le capisca ma io non li capisco…"


    THE IMITATION GAME




    Titolo originale The Imitation Game
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione Stati Uniti d'America, Regno Unito
    Anno 2014
    Durata 113 min
    Colore colore
    Audio Dolby Digital
    Genere biografico, drammatico, thriller, storico
    Regia Morten Tyldum
    Soggetto Andrew Hodges (biografia)
    Sceneggiatura Graham Moore
    Produttore Nora Grossman, Ido Ostrowsky, Teddy Schwarzman
    Produttore esecutivo Graham Moore
    Casa di produzione Black Bear Pictures, Bristol Automotive
    Distribuzione (Italia) Videa CDE
    Fotografia Óscar Faura
    Montaggio William Goldenberg
    Effetti speciali Jason Troughton
    Musiche Alexandre Desplat
    Scenografia Maria Đurkovic
    Costumi Sammy Sheldon

    Interpreti e personaggi

    Benedict Cumberbatch: Alan Turing
    Keira Knightley: Joan Clarke
    Matthew Goode: Hugh Alexander
    Charles Dance: Comandante Alastair Denniston
    Mark Strong: Stewart Menzies
    Rory Kinnear: Detective Nock
    Allen Leech: John Cairncross
    Matthew Beard: Peter Hilton

    Riconoscimenti

    2015 - Premio Oscar
    Migliore sceneggiatura non originale a Graham Moore
    Nomination Miglior film
    Nomination Miglior regista a Morten Tyldum
    Nomination Miglior attore protagonista a Benedict Cumberbatch
    Nomination Miglior attrice non protagonista a Keira Knightley
    Nomination Migliore colonna sonora a Alexandre Desplat
    Nomination Migliore scenografia a Maria Djurkovic e Tatiana Macdonald
    Nomination Miglior montaggio a William Goldenberg

    2015 - Golden Globe
    Nomination Miglior film drammatico
    Nomination Miglior attore in un film drammatico a Benedict Cumberbatch
    Nomination Migliore attrice non protagonista a Keira Knightley
    Nomination Migliore sceneggiatura a Graham Moore
    Nomination Migliore colonna sonora originale a Alexandre Desplat

    2015 - British Academy Film Awards
    Nomination Miglior film
    Nomination Miglior film britannico
    Nomination Migliore sceneggiatura non originale a Graham Moore
    Nomination Miglior attore protagonista a Benedict Cumberbatch
    Nomination Miglior attrice non protagonista a Keira Knightley
    Nomination Miglior montaggio a William Goldenberg
    Nomination Migliore scenografia a Maria Djurkovic e Tatiana MacDonald
    Nomination Migliori costumi a Sammy Sheldon Differ
    Nomination Miglior sonoro


    TRAMA


    La pellicola è l'adatta-
    mento cinemato-
    grafico della biografia Alan Turing. Il film prende il nome dal test di Turing, cioè un criterio per determinare se una macchina sia in grado di pensare. Fu pubblicato da Turing nell'articolo Computing machinery and intelligence, apparso nel 1950 sulla rivista Mind. Nell'articolo Turing prende spunto da un gioco, chiamato "gioco dell'imitazione".

    Durante l'inverno del 1952, le autorità britanniche entrarono nella casa del matematico, criptoanalista ed eroe di guerra Alan Turing per indagare su una segnalazione di furto con scasso. Finirono invece per arrestare lo stesso Turing con l'accusa di "atti osceni", incriminazione che lo avrebbe portato alla devastante condanna per il reato di omosessualità. Le autorità non sapevano che stavano arrestando il pioniere della moderna informatica. Noto leader di un gruppo eterogeneo di studiosi, linguisti, campioni di scacchi e agenti dei servizi segreti, ha avuto il merito di aver decifrato i codici indecifrabili della macchina tedesca Enigma durante la II Guerra Mondiale.

    "Un uomo normale non ce l'avrebbe fatta. Questa mattina il treno è passato da una città che non esisterebbe se non fosse per te. Ho comprato il biglietto da un uomo che sarebbe morto se non fosse per te. Al lavoro mi documento su tante, tante ricerche scientifiche che esistono soltanto perché ci sei tu. E anche se tu avresti preferito essere normale, io sono felice che tu non lo sia. Il mondo è un posto infinitamente migliore perché tu non sei normale".


    ...recensione...


    Il cinema comincia a interessarsi di Enigma relativa-
    mente tardi. La macchina di cifratura dei messaggi usata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, fa per la prima volta la sua comparsa in U-571 di Jonathan Mostow (2000), in cui gli americani cercavano di trafugarla da un sommergibile tedesco in avaria.
    Ma è l’anno dopo che Enigma guadagna interamente la ribalta nel film omonimo diretto da Michael Apted (Enigma, 2001): qui la vicenda della sua decrittazione viene raccontata nei particolari, complice anche la possibilità di accesso ai documenti di archivio britannici, finalmente consultabili dopo essere stati secretati per 50 anni. Scopriamo così che a Bletchley Park un team di cervelloni formato da scienziati, linguisti e giocatori di scacchi lavorò per cinque anni alla risoluzione del codice. Il film lo menziona poco, ma di quel gruppo faceva parte anche Alan Turing.

    Matematico, logico, padre dell’informatica e omosessuale, Turing fu determinante per la soluzione di Enigma, grazie alla progettazione di una macchina – la Bomba - capace di svelare le impostazioni di crittografia dei tedeschi. Secondo gli storici la decrittazione di Enigma, oltre a far pendere le sorti del conflitto a favore degli Alleati, accorciò la guerra di ameno due anni e contribuì a salvare la vita di quattordici milioni di persone.
    Basterebbe questo a fare di Turing un eroe, ma come ci rivela The Imitation Game, il film di Morten Tyldum che squarcia definitivamente il velo su questa vicenda, le cose andarono diversamente.
    Nel 1952 Turing viene incriminato per il reato di omosessualità e messo di fronte a un bivio: o il carcere e o la castrazione chimica. Scelta la seconda, nel 1954, forse per la vergogna, Turing si suicida a soli 41 anni.
    Tratto dal romanzo di Andrew Hodges (Alan Turing. Storia di un enigma), il film intende risarcirne la figura (dopo il mea culpa tardivo del governo inglese nel 2009) mettendo sullo stesso piano l’unicità del genio e una personalità estremamente vulnerabile. Il racconto oscilla così tra ammirazione e compassione per un uomo straordinariamente dotato e altrettanto straordinariamente solo.
    Rifiutando la classica linearità del biopic, The Imitation Game cerca di cogliere il senso di una vita attraverso l’articolazione di tre momenti temporali distinti ma tra loro fortemente intrecciati (anche grazie al montaggio estremamente fluido di William Goldenberg): 1927 alle Sherborne School nel Dorset, dove il 15enne Alan Turing è uno studente schivo e impacciato, destinatario del bullismo dei suoi coetanei ma anche delle premure di un compagno di classe, Christopher, che gli farà scoprire crittografia e orientamento sessuale; 1939-1945 al Bletchley Park di Buckinghamshire, in cui lavora con un’equipe di critto-analisti a un macchinario capace di smascherare Enigma; 1952 a Manchester, l’interrogatorio di polizia e la successiva incriminazione per atti osceni.
    Tre pezzi di vita che ne formano uno solo, cuciti insieme dal filo rosso di una tormentosa diversità e conseguen-
    temente dall’ ossessio-
    ne per il segreto: l’Alan Turing impersonato da Benedict Cumberbatch si definisce e consuma a partire da un' ineliminabile distanza dal mondo, ora orgogliosamente rivendicata (Turing tratta il prossimo con sdegno, non facendo mai mistero della propria intelligente superiorità) ora dolorosamente tenuta nascosta. Più dell'omosessualità, di lui spaventa l’inflessibile rigore matematico, la logica al di là del cuore, la freddezza della macchina. Persino l’unica donna capace di amarlo (la Joan Clarke di Keira Knightley) lo definirà un “mostro”.
    Sull’impenetrabile matematico Cumberbatch cuce addosso l'uomo dallo sguardo impaurito, l’andatura goffa, il timido balbettio e quella luce negli occhi, ma la parte relativa all’inventore, l’avventura della messa a punto del macchinario “Bomba” (che Turing chiama “Christopher”, tradendo una forte pulsione affettiva dietro la fascinazione per i congegni elettronici, i calcoli e i fili di rami), resta di gran lunga la migliore mentre quella dedicata alla persecuzione è sbrigativa e stereotipata.
    La regia di Tyldum predilige i movimenti di macchina, a sottolineare la frenesia di una tragedia che incombe e l’affannosa corsa contro il tempo per rovesciarne le sorti. Briosa la colonna sonora di Desplat, tutta archi e piano. La luce di Oscar Faura propende invece per la scala di grigi, ma le scene di guerra virano inspiegabilmente sul blu e appaiono vagamente posticce. Il titolo, The Imitation Game, fa riferimento a un libro mai scritto da Turing, in cui si sarebbero teorizzate affinità e differenze tra il pensiero umano e quello della macchina. Ma può anche riferirsi beffardamente all’unico gioco che vide Turing sconfitto: quello dell’imitazione e del camuffamento sociale che, vi fosse riuscito, gli avrebbe salvato la vita. (Gianluca Arnone, www.cinematografo.it)
     
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