JAMIE OLIVER ... “The Naked Chef”

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  1. giuliascardone
     
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    Ma Jamie Oliver sa davvero cucinare italiano?


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    di Margo Schachter


    Può un ragazzo cresciuto a suon di porridge insegnarci a mangiare? L'enfant prodige, a capo di un impero internazionale, scommette di sì. E sbarca in Italia


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    Può un ragazzo cresciuto a porridge e bakedbeans insegnarci a cucinare? E a cucinare italiano? Stop alle risate perché il “ragazzo” finora è riuscito a migliorare la dieta dei bambini nelle scuole, inglesi e americane, ha una decina di libri all’attivo, una quarantina di ristoranti e un magazine internazionale – arrivato anche nelle nostre edicole. Il suo nome è Jamie Oliver, il brand nel business della cucina secondo (per ora) solo alla ultrasettantenne Martha Stewart. Il merito? Anche della cucina italiana.

    GORDON RAMSAY, NIGELLA LAWSON, E LA LEZIONE ITALIANA

    Ci strappa sempre un sorriso vedere alla televisione chef come Gordon Ramsay salvare ristoranti da incubo con gli spaghetti con le polpette, leggere le ricette di Nigella Lawson del suo Nigellissima (300 pagine liberamente ispirate all’Italia) ed oggi sfogliare le pagine di Jamie Magazine, mensile dell’enfant prodige inglese dedicato ai foodie e agli amanti del cibo semplice e sano. Invece c’è poco da ridere, e molto da imparare, sia in cucina per essere meno autarchici, che nella comunicazione.

    Il mondo ama la cucina italiana, più d’ogni altra, o non si spiegherebbe la diffusione planetaria di pasta e pizza – giunte anche dove nessun connazionale ha mai messo piede. Ha viaggiato sulle onde dell’emigrazione, come negli States o in Australia, ma lo ha fatto soprattutto da sola, trasformandosi e adattandosi come una pizza all’ananas o ad un piatto di (misteriosi) tagliolini Alfredo. Si sarà imbastardita, ma si è soprattutto innovata, ha colonizzato le tavole di mezzo facendo la fortuna di imprenditori stranieri ma soprattutto la nostra, quella del nostro turismo, dei nostri ristoratori, dei nostri prodotti tipici.

    JAMIE OLIVER ARRIVA IN ITALIA

    Jamie Oliver è diventato famoso con uno show televisivo e grazie alla sua battaglia per il cibo sano nelle scuole del Regno Unito, e poi negli USA, combattuto a suon di dieta mediterranea. In pochi anni ha costruito un impero che porta il suo nome, un brand vero e proprio che dà da lavorare a vario titolo a 6000 persone. In Italia Jamie Magazine (pubblicato già in altre 9 nazioni, il più diffuso del mondo) è arrivato nel 2014 grazie alla visione di Maverick Greissing, americano di nascita, giornalista di motociclismo, appassionato di cucina e oggi direttore di questa piccola rivoluzione editoriale: una rivista che porti sulle tavole degli italiani una cucina nuova, moderna, mediterranea – meno autoreferenziale e più internazionale.

    Jamie Oliver è un brand che parla molto italiano: 35 ristoranti che portano l’insegna Jamie’s Italian, una linea di prodotti come sughi e piatti ispirati all’Italia, una rivista che propone ricette mediterranee. Ci sono piatti tradizionali e altri diciamo molto reinterpretati. Questo funziona all’estero, ma può funzionare in Italia? Portare un magazine internazionale ricco di cucina italiana, in Italia, è una mission impossibile?

    «La cucina di Jamie è ispirata alla cucina italiana e Jamie Magazine rispecchia la sua interpretazione meno rigorosa ma fedele ai valori come la genuinità e la stagionalità dei prodotti – che per assurdo noi abbiamo spesso dimenticato. Penso che oggi Jamie Oliver sia uno dei più efficaci ambasciatori della cucina italiana, mentre noi ci chiudiamo un po’ troppo nei dibattiti e nelle cucine, lui la sta portando in tutto il mondo valorizzandola, certo con un suo tocco personale. E comunque io ci ho mangiato da Jamie’s Italian a Londra: ho mangiato bene, ho speso poco, sono stato servito bene e il livello è lo stesso di molte catene che ci sono nel nostro paese.»

    Cosa possiamo imparare da lui, e dal magazine?

    «Da Jamie possiamo re-imparare semplicità, la valorizzazione degli ingredienti, ricordarci che cosa sia la genuinità e non rincorrere a tutti i costi l’estetica. Da noi lo styling ha preso quasi il sopravvento, come quando nel piatto trovo cose che faccio fatica a riconoscere come cibo. Questo da Jamie’s Italian o su Jamie Magazine non esiste. Credo che Jamie Oliver sia l’unico ristoratore che investe ogni anno per portare in Italia decine di suoi cuochi per fargli conoscere i sapori e i prodotti. Non abbiamo l’ambizione di insegnare niente a nessuno, se non a non scendere a compromessi con i propri valori. Lo si può fare come Jamie, con i suoi ristoranti e la formazione del personale, noi lo stiamo facendo con la selezione della pubblicità. »

    All’estero è molto famoso, in Italia non è rischioso? La gente lo conosce?

    «Jamie Oliver in Inghilterra è conosciuto in ogni casa, in Italia non è così. Un sacco di gente non sa chi è, ma abbiamo avuto dei lettori che hanno comprato la rivista, gli è piaciuta, e poi ci hanno scritto per sapere chi fosse!»

    (27 giorni fa)


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    Maverig Greissing, direttore dell'edizione italiana

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    "Cucina, mangia, divertiti"



    Fonte:
    © www.vanityfair.it/vanityfood/foodst...cucina-italiana,
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