VELA

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    Vela (sport)


    Quando si parla di sport della vela ci si riferisce usualmente alla pratica sportiva della navigazione a vela, benché la propulsione a vela accomuni molti sport, anche molto differenti fra loro (quali ad es.: il volo a vela, l'aquilonismo, lo snow-kite, etc.). Lo sport della vela si distingue dagli altri sport velici perché richiede l'uso di imbarcazioni (che possono essere di dimensioni estremamente ridotte, come nel caso delle tavole a vela, o estremamente grandi, come nel caso delle competizioni fra maxi-yacht o multiscafi). Tali imbarcazioni devono ricevere la loro propulsione esclusivamente da una o più vele, e devono essere manovrate manualmente da equipaggi composti da una o più persone.
    La storia
    La navigazione a vela risale agli albori della civiltà umana, e già lo storico greco Pausianas narra di una competizione velica, contornata da musica e gare di nuoto, organizzata nel II secolo a.C. in onore di Dionysus Melanaigidos, presso il Tempio di Afrodite ad Ermioni. La storia della moderna vela sportiva, tuttavia, affonda le sue radici nella lotta contro la pirateria marina. Nel corso del Secolo XVII le rotte delle Indie Orientali, dell'Africa e delle Americhe erano infestate di pirati. Fra le principali prede delle scorrerie piratesche erano i navigli olandesi, che spostavano merci di valore fra l'Olanda e le proprie colonie. Per rispondere a tali minacce gli Olandesi svilupparono dei velieri veloci ed agili chiamati jachtschip (dall'olandese "jacht", che significa cercare, cacciare, perseguire) i quali avevano il compito di inseguire e catturare i vascelli pirata. Risultando estremamente divertenti da condurre, queste agili imbarcazioni furono largamente usate anche a fini sportivi. Solo a metà del Secolo XVII, il re Carlo II, nel corso del suo esilio in Olanda, scoprì gli jachtschip e, quando fu restaurato al trono, ne portò con sé un esemplare in Inghilterra, favorendo così la diffusione dello sport della vela in tutto l'Impero Britannico. Carlo II (detto "the Merrie Monarch") era così appassionato di vela che contribuì a disegnare il suo yacht personale, lo "Jamie", di 25 tonnellate di stazza, che venne completato nel 1662 a Lambeth. Lo stesso anno, il re condusse personalmente alla vittoria lo Jamie contro uno jacht olandese di proprietà del Duca di York, in un percorso che andava da Greenwich a Gravesend e ritorno. Si trattava della prima regata fra yacht condotti da timonieri non professionisti.
    Nel frattempo la parola di origine olandese "jacht" veniva anglicizzata nel termine "yacht" oggi largamente diffuso per indicare le imbarcazioni a vela. La prima competizione velica di flotta dell'era moderna fu la Cumberland Regatta, inaugurata nel 1715, che si tiene ancora oggi. La prima competizione internazionale fu, nel 1851, la famosa Coppa delle Cento Ghinee, più nota come Coppa America. Il primo club velico, il Water Club of the Cork Harbour, fu fondato all'insegna dell'esclusività, in Irlanda, nel 1720. Almeno inizialmente tuttavia i suoi membri non si dedicavano ad attività competitive, ma effettuavano manovre navali obbedendo agli ordini di un ammiraglio, trasmesse con le segnalazioni di uno sbandieratore, come una flotta militare. Nel 1812 fu fondato il Royal Yacht Squadron, che contava circa cinquanta imbarcazioni di stanza a Cowes. Gli yacht del tempo erano costruiti con materiali pesanti, come i cutter oceanici, con prua di legnami massicci e poppe leggere. Si scoprì presto, tuttavia, che le chiglie e le strutture portanti erano inutilmente resistenti, e si cominciò a costruire imbarcazioni da regata molto più leggere. Inoltre si capì che l'armo a cutter ad albero singolo (in Italia noto come armo Marconi) era più flessibile e adatto alle varie condizioni meteorologiche rispetto agli armi dei brigantini e degli schooner dell'epoca. Infine, poiché non era ancora stato introdotto il concetto del compenso, o handicap, e le imbarcazioni competevano in tempo reale, si tendeva a costruire yacht di generose dimensioni, per renderli più veloci. Fino al 1870, le competizioni veliche furono organizzate seguendo regole stabilite liberamente da ciascuno yacht club, ed ogni club era libero di modificare, interpretare e applicare le regole a piacimento, ingenerando spesso confusione, incomprensioni e frustrazioni nei concorrenti. Nel giugno 1868 il Royal Victoria Yacht Club convocò il primo Congresso velistico, o Yachting Congress, che vide la partecipazione di 23 rappresentanti di 14 club. Il Congresso si proponeva di sviluppare un nucleo condiviso di regole comuni, che venne effettivamente proposto l'anno seguente. Tuttavia, a causa delle aspre critiche ricevute, tale regolamento non venne mai adottato. La decade 1870-1880 venne in ogni caso considerata come la prima "età felice" per la vela sportiva, sia per il numero di nuove imbarcazioni costruite e la raffinatezza delle soluzioni tecniche adottate, sia per l'incredibile numero di competizioni che si svolsero in quegli anni. Basti pensare che nel solo 1876 si svolsero 400 competizioni (a confronto delle 63 che si erano tenute nel 1856). Nel 1875 tre clubs (il Royal Thames Yacht Club, il Royal Yacht Squadron, ed il New Thames Yacht Club) si associarono per fondare la prima Associazione per le Competizioni Veliche, o Yacht Racing Association (o YRA), che sviluppò regole comuni applicabili alle acque territoriali britanniche. Si cominciava a delineare in quel periodo, nel mondo della vela, una scissione fra i proprietari di grossi yacht ed il mondo delle piccole imbarcazioni a vela, o "derive". Nonostante, nel 1888, la YRA avesse aperto l'associazione ai proprietari di sailing boats, la Sailing Boat Association e la connessa Boat Racing Association non aderirono alla YRA fino al 1921. Lo sport velico acquisì nel frattempo status di sport olimpico, venendo introdotto ai Giochi di Parigi del 1900, cui parteciparono concorrenti raggruppati in tre classi veliche. Tuttavia la confusione fra i diversi standard di misura adottati nel Regno Unito, nei paesi europei, ed in Nord America continuava a minare la possibilità di svolgere competizioni fra yacht di differente nazionalità. Per risolvere tale inconveniente venne convocata, nel 1906 a Londra, la Conferenza Internazionale sulla Misurazione delle Imbarcazioni Veliche, o International Conference on Yacht Measurement (vedi anche Il sistema a compensi). Il risultato più importante della conferenza del 1906 fu di porre le basi per l'istituzione, avvenuta a Parigi nel 1907, della Unione Internazionale per le Competizioni fra Yacht, o International Yacht Racing Union, e l'adozione di un Regolamento Internazionale di Regata basato su quello stabilito dalla Yacht Racing Association. Aderirono inizialmente alla nuova Federazione le associazioni nazionali di: Austria-Ungheria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Belgio, Italia, Norvegia, Spagna, Svezia, e Svizzera. L'International Yacht Racing Union rimase quindi la massima autorità internazionale per l'organizzazione e la regolamentazione di competizioni veliche internazionali fino all'agosto 1996. Ravvisando la necessità di far sì che la vela sportiva non sia percepita come un ricco sport elitario, il nome venne mutato in Federazione Internazionale della Vela, o International Sailing Federation (abbreviata in ISAF). L'ISAF conta oggi 115 paesi membri, ed è riconosciuta dal Comitato Olimpico Internazionale a rappresentare, a livello olimpico, lo sport della vela.
    Le regole fondamentali
    Lo sport della vela si svolge soprattutto in regate, competizioni fra barche a vela in cui generalmente vince l'imbarcazione che riesce a percorrere il percorso di regata in minor tempo. Nelle competizioni veliche è consentito sfruttare soltanto le capacità marinare dell'imbarcazione e la forza propulsiva del vento per navigare e la forza dell'acqua sullo scafo. Questo significa che qualsiasi altro sistema di propulsione è vietato, incluso l'effettuare certi movimenti del corpo che potrebbero aumentare la velocità dell'imbarcazione. La procedura di partenza prevede un conto alla rovescia preceduto da alcuni segnali sonori (sirene o corni da nebbia) e visivi (bandiere o segnali luminosi nel caso di notturne) che indicano ai concorrenti (regatanti) quanto tempo manca alla partenza. I concorrenti dovranno quindi tagliare la linea di partenza predisposta dagli organizzatori dopo il via. Se un concorrente taglia la linea prima del via dovrà effettuare una nuova partenza ritornando nella zona che precede la linea, passando esternamente alle boe, pena la sua squalifica. Può talvolta capitare che, qualora molti concorrenti partano in anticipo e i giudici non siano in grado di identificarli tutti, si ripeta l'intera procedura di partenza. Durante la regata, le regole stabiliscono dettagliatamente chi ha il diritto di rotta sugli altri e come i concorrenti devono rispondere a chi ha la precedenza. Al termine della regata, chi ritiene di essere stato penalizzato da un altro concorrente che ha violato delle regole, presenta un ricorso al giudice di regata che, sentite tutte le parti interessate e ricevute un certo numero di segnalazioni, può decidere di squalificare o penalizzare chi ha violato le regole. È impossibile ricondurre l'enorme varietà di competizioni veliche che si tengono nelle acque di tutto il mondo a categorie prefissate. Tuttavia, volendo generalizzare, si possono distinguere due grandi tipologie di regate: le regate costiere e le regate d'altura.
    Regate costiere
    Rientrano nella categoria delle "regate costiere" tutte le regate, generalmente della durata di poche ore, che si svolgono lungo percorsi disposti nel "campo di regata" dal Comitato di Regata facendo uso di boe di segnalazione che le imbarcazioni concorrenti devono aggirare per completare il percorso. A dispetto del nome, le "regate costiere" si possono svolgere sia in mare che nei laghi o in ampi corsi d'acqua dolce. I percorsi, stabiliti dal Regolamento di Regata, vengono di volta in volta orientati dal Comitato di Regata in modo tale che almeno uno dei lati si svolga controvento, al fine di esaltare le capacità velistiche dei concorrenti. Nel caso in cui la direzione del vento cambi durante la competizione, il Comitato di Regata può decidere che il cambiamento era prevedibile, e che abbia favorito i concorrenti che hanno saputo prevederlo adottando una tattica di regata conseguente. In tal caso può decidere di lasciare le boe e il percorso così come sono, oppure di riorientare il campo segnalando ai partecipanti il cambiamento. Questa seconda opzione è quella in genere più adottata. Viceversa Comitato di Regata può stabilire che il cambiamento era imprevedibile e, in quanto tale, ha favorito in maniera assolutamente fortuita una parte dei concorrenti; in tal caso il Comitato di Regata può decidere di convalidare la prova assegnando l'ordine di arrivo all'ultima boa considerata regolare (in genere quando sono stati completati almeno 3 lati del percorso previsto), oppure può decidere di annullare del tutto la prova. Uno dei percorsi più diffusi è il quadrilatero olimpico, così chiamato perché tipico delle competizioni veliche organizzate durante i giochi olimpici. Il triangolo olimpico è caratterizzato da un primo tratto (detto lato) di bolina (andatura quasi controvento), due successivi tratti al lasco (con vento quasi di poppa) sugli altri due lati del triangolo, quindi un nuovo tratto di bolina seguito da un tratto in poppa piena, e finalmente di nuovo controvento. I percorsi delle "regate costiere" vengono spesso descritti alfanumericamente, adottando un sistema convenzionale abbastanza diffuso che assegna alla boa di partenza la lettera P, a quella di arrivo la lettera A, alla prima boa (tipicamente la boa di bolina) il numero uno e alle altre boe del percorso i numeri a seguire. Secondo tale convenzione il triangolo olimpico viene definito nel modo seguente: P-1-2-3-1-3-4-A -- in tutto, sei lati. Nel corso degli anni sono stati sviluppati percorsi di vario genere, rispondenti a varie necessità o caratteristiche delle barche a vela coinvolte nelle diverse competizioni. Si va così da percorsi molto semplici, come quello detto "a bastone" che si svolge lungo due sole boe con un lato di bolina e uno di poppa, a percorsi molto complessi, come quello che venne adottato nella edizione della Coppa America del 1992 in cui le imbarcazioni seguivano un mix tra un percorso a S ed un bastone con arrivo in poppa.
    Match race
    Una sottocategoria è rappresentata dai Match Race. In tali regate solo due sfidanti si confrontano in una competizione che assume tutti i toni e le caratteristiche di un vero e proprio duello. Parlare di "sottocategoria" per una tipologia di regata che identifica la più antica competizione velica internazionale, la Coppa America, può sembrare paradossale. Tuttavia va sottolineato che il Match Race moderno condivide solo alcune delle caratteristiche della Coppa America, ma è anche contraddistinto da notevoli differenze. La principale deriva senz'altro dal fatto che il Match Race prevede l'uso di due imbarcazioni assolutamente identiche (definite dal concetto di One Design) che oltretutto vengono scambiate dai concorrenti fra una prova e l'altra della competizione (che solitamente si svolge su un arco di diverse prove, dette "Round robin"). Tali imbarcazioni sono messe a disposizione dal Comitato Organizzatore e lasciate provare ai concorrenti per un periodo prestabilito ed uguale per tutti i concorrenti. La partecipazione ai Match Race avviene in genere su invito, sulla base delle Ranking List redatte dalla FIV o dall'ISAF in base ai risultati delle competizioni precedenti, moltiplicati per indici di difficoltà definiti sulla base dell'importanza della competizione e del livello degli altri concorrenti.
    Regate d'altura
    Nella categoria delle "regate d'altura" rientrano tutte quelle regate il cui percorso viene solitamente definito facendo uso delle caratteristiche orogenetiche del Campo di regata. In questo caso il campo di regata può essere vastissimo fino a comprendere, come nel caso delle circumnavigazioni terrestri, l'intero globo terrestre. Per completare il percorso delle regate d'altura è quindi richiesto ai concorrenti di aggirare, in senso orario o antiorario, isole, promontori, scogli, o anche continenti. Ovviamente tali regate possono avere durate che vanno da alcune ore fino a mesi e, addirittura, anni. Le "regate d'altura" possono essere di diversa tipologia in base a vari aspetti: con scalo o senza scalo - se prevedono delle tappe o se l'intero percorso deve essere completato dai concorrenti senza fare soste per rifornimenti
    solitarie, a coppie o in team - a seconda se prevedono che a bordo dell'imbarcazione ci sia un solo concorrente, o che ci siano due soli concorrenti, o infine se non c'è limitazione al numero dei concorrenti.

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  2. gheagabry
     
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    Vela (sport)


    La tecnica
    Lo sport della vela è centrato sull'interazione fra due elementi chiave: la tecnica e la tattica. La tattica consiste nella capacità dei concorrenti di interpretare contemporaneamente le condizioni ambientali (in termini di venti, correnti, condizioni meteorologiche, avversari, etc.), il proprio posizionamento sul campo di regata in relazione agli altri concorrenti, nonché l'applicabilità delle diverse regole alle condizioni specifiche in cui si trovano, e valutare l'interazione reciproca fra tutti questi fattori per decidere il comportamento più opportuno da tenere al fine di ottenere il miglior risultato possibile nella competizione. La vela è uno sport in cui bisogna utilizzare l'intelligenza; è importantissimo percepire ogni cambiamento di vento. Infatti, il vento non è mai statico ma può cambiare direzione anche solo di pochi gradi; questo cambiamento di vento anche se di pochi gradi può determinare molto all'interno della [regata]. La tecnica invece si riferisce al mezzo usato per competere, l'imbarcazione, unitamente ai suoi componenti essenziali, scafo (o scafi), albero (o alberi) e vele. Poiché gli aspetti tecnici rivestono un ruolo così essenziale nelle competizioni veliche, in genere si cerca di ridurre la loro influenza al fine di esaltare le doti velistiche dei concorrenti.
    I metodi per raggiungere tale obiettivo sono essenzialmente due:
    la definizione di classi veliche
    l'applicazione di compensi (o handicap)
    Lo sport della vela può essere praticato già a partire dall'età di 6-7 anni grazie a piccole imbarcazioni chiamate Optimist (Lunghezza f.t. 2,30 m, sup. velica 3,25 m2) progettate apposta per i più piccoli, i quali dopo avere appreso i primi rudimenti della navigazione a vela si possono cimentare in competizioni anche di alto livello, fino al Campionato Mondiale di classe.
    Il sistema a compensi
    Già agli albori dello sport della vela ci si rese conto che imbarcazioni dalle caratteristiche strutturali molto diverse (in particolare riguardo la lunghezza al galleggiamento, il baglio massimo, la stazza lorda e la superficie velica) presentavano rendimenti molto differenti, che rendevano impossibile confrontarle direttamente in una competizione sportiva vera e propria. Mentre, infatti, la velocità massima teorica di altri mezzi di locomozione (si pensi all'automobile o agli aeroplani) non dipende direttamente dalle loro dimensioni, i limiti dell'idrodinamica legano in maniera indissolubile la velocità teorica massima di un'imbarcazione alla sua lunghezza al galleggiamento. Fin dall'inizio si pensò di ovviare a questa disparità applicando una penalità, o handicap, espressa in un intervallo di tempo commisurato alle caratteristiche strutturali che mostravano di avere una rilevante influenza sulla performance dello yacht. La penalità veniva aggiunta al tempo effettivamente impiegato dall'imbarcazione strutturalmente favorita per effettuare il percorso stabilito, detto tempo reale. La somma dei tempi permetteva di redigere la classifica ed identificare il vincitore della competizione. Il primo standard di misurazione per il calcolo delle penalità fu la cosiddetta "Regola del Tamigi" (Thames Measurement Rule), introdotta nel 1854. La "Thames Measurement Rule" commisurava la penalità al tonnellaggio dello yacht calcolato sulla base della formula Tons = ((L-B) x B x 0,5B)/94 in cui (L) esprime la lunghezza e (B) il baglio massimo. Poiché la lunghezza era calcolata dallo slancio di prua all'attacco timone, risultò presto facile aggirare la formula, spostando in avanti il timone e lasciando inalterata la lunghezza al galleggiamento. Nel 1879 la Yacht Racing Association stabilì che la lunghezza dovesse essere misurata lungo la linea di galleggiamento dell'imbarcazione, introducendo la lunghezza al galleggiamento (LWL, dall'Inglese Length Water-Line o Load Water-Line). In seguito propose una formula di calcolo completamente diversa, che ebbe l'effetto di frenare lo sviluppo dello sport velico. Tale regola favoriva infatti la costruzione di imbarcazioni estremamente allungate, con un baglio ridottissimo, ed una vasta superficie velica controbilanciata da un'enorme quantità di piombo per appesantire la chiglia. Fra il 1884 ed il 1886 gli yacht inglesi, costruiti rispondendo alle regole di stazza basata sulla formula della Yacht Racing Association, vennero ripetutamente sconfitti dai più agili, larghi e leggeri sloop nordamericani. Benché gli Inglesi si difendessero affermando che le loro strette e profonde imbarcazioni avevano maggiori qualità marinare, l'onore della vittoria spettava agli Americani. Nel 1887 Dixon Kemp propose una nuova formula per il calcolo della penalità, basata sulla misura della LWL e della superficie velica, e che escludeva aggravi derivanti dalla misura del baglio massimo, della profondità, o della lunghezza fuori tutto (Length Over All o LOA). Ne risultò un'evoluzione delle imbarcazioni verso il modello nordamericano. Al contempo tuttavia gli architetti di yacht sfruttarono la nuova regola fino ai suoi estremi. In particolare, a partire dal 1895, compresero che, a parità di LOA e di superficie velica, era possibile mantenere la stabilità di vascelli leggerissimi, costituiti niente più che da un guscio attaccato ad una lunga lama in acciaio al cui termine in basso era appeso un considerevole bulbo di piombo. Questi nuovi yacht risultarono essere meravigliose macchine da competizione, estremamente efficienti in difficili condizioni meteorologiche, nonché veloci, potenti e maneggevoli in tutte le situazioni. Ma se erano ottime imbarcazioni da regata, non altrettanto poteva dirsi delle loro qualità come imbarcazioni da diporto o crociera. Per ovviare alle tendenze manifestate dai progettisti, la YRA sviluppò, nel 1896, su proposta di R. E. Froude, la prima formula di "compenso lineare". Con questo sistema si passava pertanto dal concetto di "penalità" (o handicap) a quello di "compenso" (o rating). La formula sviluppata da Froude introduceva un sistema di calcolo che valutava la sezione dello scafo dello yacht (o girth skin), e manteneva le penalità relative alla superficie velica. Ne risultava un fattore (chiamato, appunto, "compenso"), diverso per ogni imbarcazione, che andava moltiplicato per il tempo reale ed ottenere il cosiddetto tempo compensato, quello effettivamente usato per stilare la classifica. La "regola lineare" non portò tuttavia i risultati sperati. Di fronte alla sua incapacità di guidare la progettazione verso modelli di yacht più accettabili secondo le aspettative dell'epoca, sul finire del secolo venne introdotta la cosiddetta Regola Universale di Compenso (o Universal rating rule). La regola universale era espressa in piedi, e misurava le dimensioni dello yacht relative alle variabili fondamentali confrontandole con le dimensioni di un modello base. Rispetto alle regole adottate precedentemente, la regola universale introduceva la misurazione del dislocamento. Pochi anni dopo l'introduzione della Regola Universale si tenne, nel 1906 a Londra il Congresso Internazionale per la Misurazione delle Imbarcazioni a Vela, nel corso del quale venne approvata la prima Regola Metrica Internazionale, che teneva in considerazione la sezione dello scafo (o girth), il bordo libero, la superficie velica e la Lunghezza al galleggiamento|. Sulla base della regola metrica si svilupparono le classi metriche a stazza internazionale (S.I.), in particolare i 6, 8, 10, 12 e 23(J) metri S.I. Negli anni seguenti le due Regole, l'Universale e l'Internazionale, convissero generando confusione ed incoerenza soprattutto a scapito dei progettisti. Le disomogenee tecniche di misurazione adottate condussero alla disomogenea e, in pratica inefficace, applicazione delle regole di stazza. La situazione era aggravata dal fatto che la regola internazionale non teneva conto del dislocamento, come faceva invece la regola universale. Nel frattempo, nel 1928 negli USA venne sviluppata la Regola delle Bermude (o Bermuda Rule), che aveva l'esplicito obiettivo di sfavorire, eliminandoli, i progetti che presentavano uno scarso livello di sicurezza. Periodicamente l'associazione velica americana (Cruising Club of America) apportava aggiustamenti ai parametri stabiliti per il baglio, il dislocamento, la superficie velica, ecc. al fine di favorire lo sviluppo di imbarcazioni ad impiego misto per regata e crociera. Nel novembre del 1969 venne istituito l'Offshore Rating Council (ORC) che introdusse la Regola Internazionale d'Altura, più nota come I.O.R. (International Offshore Rule), con l'intento esplicito di promuovere la competizione di yacht di vari disegni, tipi e costruzione sulla base di un equo e giusto spirito sportivo. A partire dalla metà degli anni 1970, si svilupparono rapidamente dei software computerizzati per la predizione della velocità (o VPP, velocity performance prediction system) basandosi sull'uso di formule matematiche le cui variabili fossero, fra l'altro, le dimensioni base degli yacht. La progettazione computerizzata, permise ai progettisti di sfruttare le specifiche della formula di stazza sviluppando imbarcazioni non proprio ortodosse. Si tendeva sempre più ad accettare lo sviluppo di imbarcazioni orientate alla competizione, accettando i rischi connessi. Ne soffrì però la sicurezza delle stesse competizioni, come divenne drammaticamente evidente durante la regata Fastnet race del 1979, quando delle 316 imbarcazioni partenti, solo 128 yachts arrivarono all'arrivo, 165 si ritirarono, 23 furono abbandonate (4 affondarono), 136 regatanti furono recuperati e 15 perirono. Gran parte delle imbarcazioni danneggiate erano comunque iscritte alla sola Fastnet race (Regata Open) e non all'Admiral Cup (Circuito di regate con squadre selezionate su base nazionale) di quell'anno 1979, sicché in aggiunta al fattore sicurezza intrinseca del mezzo cominciò a valutarsi anche il livello di dotazioni di sicurezza e di preparazione tecnica degli equipaggi. Allo IOR si aggiunse a partire dall'Inghilterra e dalla Francia lo standard CHS (o Channel Handicap System) che, espandendosi soprattutto a partire dal 1984, anno della sua introduzione, fu accettato come sistema di compenso riconosciuto dal sistema sportivo, affiancando quello ufficiale internazionale IOR-IMS. Una delle caratteristiche dello standard "CHS" è costituita anche dalla totale segretezza della formula matematica usata per calcolare i compensi delle diverse imbarcazioni. Tale accorgimento, finalizzato ad impedire che i progettisti sfruttino eventuali punti deboli della formula per sviluppare imbarcazioni, tuttavia limita ogni possibilità di controllo delle formule matematiche utilizzate da parte delle autorità sportive internazionali e nazionali e deprime lo sviluppo delle ottimizzazioni delle imbarcazioni da parte degli armatori e dei team. Lo standard IMS, che domina invece oltre un quindicennio (1990-2007), è un prodotto dello sviluppo sempre più importante dei software predittivi nati con il VPP, e tiene in considerazione, fra molti altri fattori, la stabilità (tendenza al raddrizzamento, o momento trasversale), l'attrito, il momento longitudinale (o tendenza al beccheggio), il piano velico, la resistenza aerodinamica dell'albero, i materiali di costruzione, il baglio massimo, la profondità, il peso dell'equipaggio, le differenze di prestazioni dell'imbarcazione al variare dell'intensità del vento ecc. Questo standard a partire 2008 viene rinnovato e rinominato ORC-International. Lo standard "ORC-International" dell'ORC (Organo tecnico dell'ISAF per le classi a rating) è lo standard internazionale ufficiale per le competizioni a rating. Oltre all' ORC International, nelle forme standard e semplificato (Orc-Club basato su una autocertificazione di misure da parte del proprietario-armatore) sono attualmente utilizzati nel mondo tutta una serie di standard diversi, seppur non utilizzabili per l'assegnazione di titoli mondiali dell'ISAF (International Sailing Federation). Fra gli altri: IRC - è l'evoluzione del CHS. Si tratta di uno standard basato nella sua versione semplificata sulla misurazione autonoma dello yacht -come per l'ORC Club- (che elimina le spese dovute all'intervento di uno stazzatore ufficiale. Anche in questo caso, come nell'antico CHS, la formula matematica detenuta dagli uffici inglesi e francesi è segreta. IRM - standard a misurazione completa (è richiesto uno stazzatore ufficiale). La formula matematica è divulgata, permettendo ai progettisti di sviluppare imbarcazioni specificamente dedicate a questo standard. SBR (o Sportsboat Rule) - standard simile all'IRC, specificamente dedicato ad imbarcazioni leggere dotate di un'ampia superficie velica. NSR (o Nautors' Swan Rule) - anch'esso basato sull'IRC, viene adottato solo nelle regate fra imbarcazioni Swan. Negli USA è invece piuttosto diffuso il PHRF (o Performance Handicap Racing Fleet) che si pronuncia perf. Il PHRF è in effetti un sistema ad handicap (secondo quanto descritto sopra) in cui ad ogni imbarcazione viene assegnata una penalità (espressa in secondi per miglio nautico) basata sui risultati raggiunti dall'imbarcazione nelle competizioni locali, e che è indipendente dalle specifiche condizioni in cui si svolge la competizione (come nell'Orc- Internaztional). Non si può quindi parlare, in questo caso, di un vero sistema a compensi.
    Le competizioni principali
    Internazionali
    L'Admiral's Cup /La Coppa America /La Fastnet race /La Sydney-Hobart/ La Giraglia/ La Sardinia Cup /La Valtur World Cup
    In Italia
    La Barcolana /La Centomiglia del Garda /La Corsica X Due Corsica X Tutti /La 500 per 2 /La Duecento per 2 e la Duecento per tutti
    La Transadriatica /La Roma per 2 /Il Giro d'Italia a Vela /Il Trofeo Accademia Navale /Il Trofeo Zegna /Regata Internazionale "Brindisi - Corfù"
    L'Adria's Cup /Rolex Capri Sailing Week

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  3. gheagabry
     
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    Meteor (barca a vela)
    Il Meteor è una piccola barca a vela, monotipo a chiglia disegnato nel 1968 dall’architetto olandese Van De Stadt per veleggiare su laghi e mari italiani. Da allora, la barca è stata prodotta in alcune migliaia di esemplari, e ciò ha reso il Meteor una delle più popolari barche a vela in Italia. Classica nelle sue linee d’acqua e con una buona efficienza idrodinamica, il Meteor ha un’attrezzatura semplice ma completa e soprattutto è una barca sicura e robusta, maneggevole e facile da condurre. Relativamente economica da gestire, è carrellabile e comoda da trasportare. Nonostante il suo design piuttosto datato e grazie alla completezza della sua attrezzatura e all'estrema diffusione in tutti i porti Italiani, il Meteor è molto adatto alle regate, in particolare ai match race. La Classe Meteor è una classe monotipo riconosciuta dalla Federazione Italiana Vela fin dal 1984. Essa promuove oltre a regate locali, il campionato Nazionale, la cui XXXIV edizione, svoltasi a Portovenere (La Spezia) nel 2007, ha visto la partecipazione di ben 62 equipaggi.
    Specifiche tecniche
    Progetto: Van de Stadt (1968)Lunghezza scafo: 6 m/Dislocamento: 770 kg/Randa: 9,55 m²/Genoa: 12 m²/Fiocco: 8,35 m²/Tormentina: 4,05 m²
    Spinnaker: 26 m²/Windsurf
    Tavola a vela
    La tavola a vela o windsurf è uno sport marino o lacustre che consiste nel muoversi sull'acqua su una tavola grazie all'azione propulsiva determinata del vento su di una vela. Questa è montata su un albero fissato alla tavola mediante un giunto universale (che funziona secondo il principio del giunto cardanico) detto piede d'albero ed è sostenuta e controllata dal velista (o windsurfer, italianizzato in windsurfista o più semplicemente surfista) con il solo ausilio di un particolare boma detto wishbone.
    Parti di un windsurf
    Un windsurf si costituisce dalle seguenti parti essenziali, in genere divise in pezzi componibili montati (più correttamente si utilizza il verbo armati che deriva dal termine armo della vela) e disarmati prima e dopo dell'uscita in acqua:
    tavola/vela (steccata)/albero/piede d'albero/boma/pinna/deriva (opzionale)
    La vela, l'albero e il boma, presi nel loro insieme, costituiscono quello che, anche in italiano, si definisce rig. L'immagine a lato illustra più dettagliatamente le varie parti di un windsurf.
    Manovre
    Analogamente a quanto avviene nelle imbarcazioni a vela, nel windsurf le manovre principali sono la virata e la strambata che, nella forma base, permettono il cambiamento delle mura (in altri termini il cambiamento di direzione) tramite il passaggio della vela rispettivamente sulla poppa o sulla prua della tavola. Nel windsurf la partenza può avvenire secondo due modalità: nella prima si può salire sulla tavola dall'acqua, recuperando la vela con l'apposita cima di recupero; nella seconda, si sfrutta il vento che facendo forza sulla vela porta il surfista direttamente sulla tavola, potendo partire sia in acqua bassa (partenza dalla spiaggia) che in acqua profonda (partenza dall'acqua o waterstart).Per condurre una tavola a vela, non essendoci il timone, si deve agire sull'inclinazione dell'albero. Per orzare ovvero portare la prua al vento in modo da impostare una andatura che stringe il vento detta anche di bolina, si deve inclinare l'albero verso poppa, spostando il centro velico verso questa direzione. Per poggiare, azione inversa all'orzare in modo da impostare una andatura che si allontana dal vento detta anche portante, si inclina l'albero verso la prua. Queste indicazioni sono generalmente valide per la navigazione in dislocamento.All'aumentare della velocità, in base al tipo di tavola utilizzata, si raggiungono le condizioni di planata durante le quale i cambiamenti di direzione si ottengono sia spostando l'albero leggermente verso prua o verso poppa, sia esercitando una leggera pressione con i piedi sulla tavola. I piedi del surfista, in piena planata, risultano bloccati in apposite straps (o cinghie punta piedi) collocate a poppa della tavola, mentre la vela viene mantenuta in una posizione arretrata rispetto alla tavola, gestendo la disposizione del peso del proprio corpo e del rig in modo che si verifichi l'equilibrio del centro velico (center of effort o CE) con il centro di deriva (center of lateral resistance o CLR) della tavola. La planata permette al windsurf di raggiungere velocità molto rilevanti, garantendo un'alta efficienza in termini aero-idrodinamici. La massima velocità mai raggiunta da un windsurf è di 49.9 knots (N.B. 49.9 knots è la velocità media di un windsurf sulla distanza di 500m,ciò significa che in alcuni tratti il windsurf abbia infranto la barriera dei 50knots).
    Tipi di tavola e specialità
    Una prima classificazione delle tavole da windsurf può essere effettuata in base alle seguenti caratteristiche:tavole dislocanti non plananti (dette anche longboards): in genere lunghe e pesanti, adatte ai principianti per avvicinarsi a questo sport e dotate di superfici veliche ridotte. Solitamente questo tipo di tavole è munita di deriva mobile posizionata al centro dello scafo.tavole plananti (o funboards): in genere corte e leggere, che necessitano di maggiore esperienza e dotate di superfici veliche più grandi, comunque che permettano alla tavola di entrare in planata con una determinata intensità del vento. Questo tipo di tavole sono dotate di una serie di cinghie punta piedi (straps) sulla poppa e di cordini sul boma che vengono utilizzati agganciandosi mediante un trapezio indossato dal surfista. Ci sono delle particolari discipline che si possono praticare con il windsurf, ognuna delle quali individua diverse tipologie di tavole: l'RS:X: una delle specialità veliche dei Giochi Olimpici, per i maschi dal 1984 (a Los Angeles), per le femmine dal 1992 (a Barcellona) che dal 2008, a Pechino, ha sostituito la tavola Mistral. La grossetana Alessandra Sensini con questa tavola ha conquistato la quarta medaglia consecutiva (un argento per la prima volta, dietro ad una cinese, dopo due bronzi, con in mezzo il titolo olimpico e la medaglia d'oro a Sydney 2000). Il Freestyle: si compiono evoluzioni molto complesse e spettacolari, come salti e rotazioni, con acqua calma o quasi.Il Wave: l'atleta mescola il surf da onda e il windsurf saltando e surfando (italianizzazione del termine surfing) onde e frangenti. Questa specialità è forse la più spettacolare poiché permette al surfista di effettuare salti considerevoli e di chiudere evoluzioni (trick) totalmente fuori dall'acqua.Il Formula: praticata con tavole dalle precise limitazioni (unica tavola con larghezza massima e lunghezza pinna definite) su di un vero e proprio percorso di regata molto simile a quello adottato dalle imbarcazioni a vela tradizionali (a due o più boe), dove si ripropongono quasi tutte le varie andature (bolina, traverso, lasco). Per le regate Formula si applicano le regole di regata internazionali (Racing Rules of Sailing), le stesse valide per le imbarcazioni da regata (con qualche ovvia semplificazione) e stabilite dall'International Sailing Federation (ISAF) e adottate dalla Federazione Italiana Vela (FIV). Lo Slalom: praticata con tavole con limitazioni meno restrittive (si può utilizzare un numero maggiore di tavole), con caratteristiche (lunghezza, larghezza, superificie velica) abbastanza variabili in base all'intensità del vento e di utilizzo. Si tratta di una competizione dove si deve arrivare prima degli avversari alla fine di un percorso tra due boe che generalmente ha una conformazione "ad otto" adottando un'andatura che è solitamente al traverso. Anche alle regate Slalom si applicano le Racing Rules of Sailing, ma con notevoli semplificazioni. Entrambe le categorie di tavole Formula e Slalom, per poter gareggiare negli eventi nazionali e internazionali, devono rientrare all'interno della lista delle tavole registrate anno per anno dall'ISAF (Registered Formula Boards e Registered Speed/Slalom Boards). Il Supercross: competizione dove, come per lo Slalom, vince chi arriva per primo alla fine del percorso ma, fra un giro di boa e l'altro bisogna completare delle manovre Freestyle. La Velocità (o Speed): tavole particolari (molto strette) vengono lanciate su un tratto d'acqua piattissima. Le velocità si aggirano intorno ai 45 nodi. Il record mondiale di velocità di una tavola a vela di questo tipo appartiene al francese Antoine Albeau con una velocità di 49.09 nodi (90.91 km/h) ottenuto presso il Canale di Les Saintes Maries de la Mer, Francia. In questa disciplina l'Italia vanta un solo risultato di rilievo, la vittoria di Andrea Baldini al Campionato del mondo di Dungarvan, Ireland.
    Storia
    Il primo prototipo documentato di tavola a vela risale al 1935 ed è accreditato a Tom Blake. Successivamente, nel 1965, fu Newman Darby a sviluppare l'idea aggiungendo un boma in modo da poter controllare la vela in piedi. Purtroppo l'idea di Darby prevedeva un albero fisso che rendeva la navigazione particolarmente difficile e non ebbe successo. Il windsurf quindi nacque ufficialmente nel 1967 da un'idea di un ingegnere aerospaziale californiano, James (Jim) R. Drake il quale, sull'autostrada di San Bernardino, nei dintorni di Los Angeles, ripensando ad una discussione avuta precedentemente con l'amico Hoyle Schweitzer, pensò di poter continuare a fare surf anche senza le onde, utilizzando una vela collegata alla tavola. Drake pensò di unire un boma a wishbone con un giunto cardanico per governare in piedi una tavola a vela. I materiali utilizzati furono dapprima il legno, la stoffa nautica (Dacron, una fibra poliestere usata nelle barche a vela) e alcune corde per imbarcazioni. L'idea fu perfezionata con l'aiuto di un collega di Jim, Alan Parducci che contribuì alla progettazione. Nel 1968 Schweitzer e Drake brevettarono il windsurf e il brevetto fu trascritto ufficialmente nel registro delle invenzioni nel 1970. Insieme cominciarono a produrre i primi Windsurfer (era questo il marchio che si utilizzò per la neonata azienda). Negli Stati Uniti il windsurf però stentava a decollare ma, fortunatamente, nel 1971 un imprenditore tessile olandese, Martin Spanjer, durante un viaggio rimase colpito da un articolo pubblicato sulla rivista di bordo dell'aereo che lo stava portando in California. Appena giunto a destinazione contattò Schweitzer per ottenere la licenza di costruzione del windsurf per l'Europa; nacque così il Windsurfer Ten Cate che apparve per la prima volta in Europa nel 1972. L'anno successivo, visti gli scarsi risultati delle vendite dei primi prototipi, Drake cedette la sua quota societaria a Diana ed Hoyle Schweitzer che ne acquisirono tutti i diritti. Quattro anni dopo, in Svizzera, un altro imprenditore, Peter Brockhaus con la collaborazione del designer Ernstfried Prade, creò un nuovo marchio: era nata la Mistral. Nel 1978 entrò in produzione il Mistral Competition: si trattava di un nuovo concetto di tavola, più leggera e dotata di deriva basculante, ma soprattutto di un boma in alluminio, decisamente più maneggevole dell'originale in legno di cui era dotato il Windsurfer. Le prime uscite ufficiali del Mistral avvennero sul Lago di Garda che acquisì presto fama internazionale grazie ai venti costanti che soffiavano sulle sue acque e divenne una sorta di laboratorio europeo per lo sviluppo di nuovi prototipi e una fucina di talenti. Da qui l'eco del windsurf raggiunse tutto il mondo. In quegli anni nacquero altri marchi come HiFly e Windglider che fecero anche la fortuna dei coniugi Schweitzer, detentori del brevetto, ai quali andavano i proventi delle royalties pagate da tutte le aziende produttrici. Nel 1981 Brockhaus lasciò la Mistral per creare il futuro di questo sport con un nuovo marchio: F2 (Fun & Function), che presto sarebbe diventato famoso in tutto il mondo grazie anche ad un team di atleti tra cui figurava un nuovo astro nascente, l'olandese trapiantato alle isole Canarie Björn Dunkerbeck. Nei primi anni '80 cominciarono ad arrivare immagini fotografiche spettacolari da oltreoceano, in particolare dalle Hawaii, patria di Robby Naish, mito indiscusso del windsurf. Il giovane Naish, nel 1976 campione mondiale Windsurfer ad appena 13 anni, decise di affrontare le onde hawaiiane con la tavola a vela. Presto si rese conto che il Windsurfer con i suoi 22 kg di peso e un notevole dislocamento non era adatto a quelle condizioni. Così, grazie all'aiuto del padre, creò il primo sinker (un primo modo per definire le tavole corte e con poco volume che prevedono la partenza dall'acqua), adattando un Mistral Competition che veniva accorciato tagliandolo all'altezza della scassa di deriva. Con questo prototipo Naish affrontava le onde, saltandole e surfandole, dando vita ad una nuova disciplina: il funboard. Proprio Brockhaus, con la creazione della F2 si dedicò molto alla promozione del funboard, realizzando in serie tavole più leggere e più corte, adatte ad affrontare vento forte e situazioni meteomarine difficili. Fu grazie alla determinazione di Brockhaus che venne creato il circuito mondiale funboard (che poi diventerà l'International Funboard Class Association che prevedeva spettacolari tappe agonistiche nelle località più ventose del mondo. I primi salti sulle onde accentuarono le caratteristiche estreme delle tavole funboard. Toccò al giovane ravennate Cesare Cantagalli determinare il futuro estremo di questa disciplina. Cantagalli creò una manovra acrobatica che sembrava andare contro le leggi della fisica: il cheese roll (letteralmente formaggio arrotolato, ma simpaticamente associato al nome di Cesare trasformato in cheese dagli amici hawaiiani). La manovra consisteva in un salto con avvitamento completo di tavola, vela e surfista. Da lì vennero sviluppate le varianti oggi note a tutti gli appassionati di Wave e Freestyle come il looping o il forward loop. Purtroppo il funboard, come hanno poi dichiarato successivamente i manager di tutte le aziende che negli anni d'oro del windsurf vendettero migliaia di tavole, rese nello stesso tempo questo sport altamente spettacolare ma lo trasformò da sport di massa a sport di nicchia, decretando l'inesorabile contrazione del mercato. Tra le leggende viventi del windsurf vi sono l'hawaiiano Robby Naish e l'olandese Björn Dunkerbeck che possono essere considerati i maggiori esponenti delle varie discipline del windsurf essendo gli atleti che in assoluto hanno vinto più titoli mondiali. Jim Drake oggi collabora attivamente con la Star Board Windsurfing, una delle maggiori aziende produttrici di tavole a vela, amministrata dall'atleta norvegese Svein Rasmussen.

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  4. gheagabry
     
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    Windsurf e barca a vela


    Sotto un certo punto di vista il windsurf può essere considerato la massima sintesi dell'imbarcazione a vela classicamente intesa anche se, rispetto a questa, sono assenti il timone ed il collegamento rigido dell'albero sullo scafo (non vi sono né sartie né stralli). Tuttavia, con la tavola a vela tradizionale (tavole lunghe e dislocanti con deriva mobile), vi sono alcune limitazioni: l'angolo di bolina che si può stringere è più largo di quello di una barca inoltre le andature portanti sono instabili e possono essere usate solo per brevi tratti. Per le tavole a vela plananti invece (tavole corte e senza deriva), all'aumentare dell'intensità del vento l'angolo di bolina che si può ottenere può avvicinarsi molto a quello di una barca convenzionale. Le tavole corte inoltre, raggiungono velocità molto più elevate in virtù di una minore superficie bagnata che equivale ad un minor attrito di uno scafo dislocante ed entrano in planata con maggiore facilità grazie al minor peso della tavola nonché di una conformazione e distribuzione dei pesi ottimizzata per tale scopo; per contro, a differenza degli scafi dotati di deriva, le tavole corte e plananti sono scarsamente versatili nella navigazione in dislocamento soffrendo maggiormente l'effetto dello scarroccio rispetto alle imbarcazioni. Curiosamente, alcune soluzioni tecniche in origine affinate per il windsurf sono state adottate poi successivamente nel mondo delle barche a vela; l'utilizzo di materiali speciali (carbonio) per gli alberi e le appendici immerse, usati con l'obiettivo di migliorarne la risposta dinamica (reflex e rigidità), o le tecniche per garantire elevata efficienza alle superfici aerodinamiche come, ad esempio, le vele totalmente steccate e a profilo ellittico o l'utilizzo dei cosiddetti camber inducer (induttori di profilo), che garantiscono alla superficie velica un profilo alare e più stabile, sono tutte invenzioni che vengono prima applicate al windsurf e poi alla barca a vela, compresi i costosissimi scafi da Coppa America. Citando liberamente C. A. Marchaj nel suo autorevole Sail performance: techniques to maximize sail power , ...rispetto alle imbarcazioni a vela, il windsurf ha subito in questi ultimi anni una evoluzione tecnica davvero impressionante... è stupefacente come un semplice scafo con una attrezzatura smontabile possa contenere più innovazione (ed essere più efficiente in termini aero-idrodinamici) di una imbarcazione da Coppa America... Questo essenzialmente perché la vela tradizionalmente intesa, è imbrigliata in una serie di regole di stazza e di classe molto rigide che ne hanno fortemente limitato negli anni lo sviluppo e l'efficienza energetica mentre il windsurf ha rappresentato, tra le discipline nautico-sportive, una vero banco prova dove poter sperimentare liberamente le idee più stravaganti ma anche talvolta le più innovative.
    Classe velica
    La classe velica di un'imbarcazione corrisponde all'insieme di regole, condizioni e vincoli (in sintesi il modello) poste alla costruzione e all'allestimento di imbarcazioni a vela destinate a competere con altre barche simili o identiche, appartenenti alla stessa classe.
    L'individuazione di classi veliche risponde all'esigenza di esaltare le capacità individuali dei concorrenti nelle regate veliche e non favorire il ricorso ad imbarcazioni strutturalmente più competitive (e, in genere, più costose) da parte di alcuni concorrenti a discapito di altri. L'obiettivo è quindi quello di far competere i concorrenti ad armi pari. Ciascuna classe risponde a specifiche e dettagliate Regole di classe definite dalla rispettiva Associazione di Classe. Tali regole possono essere estremamente dettagliate e possono arrivare fino a stabilire il nome del costruttore autorizzato a produrre le imbarcazioni certificate per poter partecipare alle competizioni della classe, come nel caso del Laser o dei catamarani Hobie Cat. È in uso pertanto raggruppare le classi veliche in:classi monotipo, ovvero rigida descrizione delle misure dell'imbarcazione fino a prevedere i cantieri riconosciuti (p. es. Laser); classi a restrizione, dove un insieme di parametri variabili deve portare ad un risultato fissato (p. es. Classe 12 metri Stazza Internazionale); classi libere, ovvero massima libertà nella realizzazione dell'imbarcazione (p. es. i classe libera della Centomiglia del Garda);
    Le classi ISAF
    Vengono elencate di seguito le Classi veliche certificate dalla International Sailing Federation (ISAF), raggruppate in Olimpiche, Derive, a Dislocamento, Multiscafi e Tavole a vela.
    Classi Olimpiche
    Include diverse tipologie di imbarcazione, che si distinguono dalle altre per essere ammesse ai Giochi Olimpici. La lista di classi ammesse ai Giochi viene aggiornata costantemente al fine di seguire l'evoluzione nella pratica internazionale dello sport. La tendenza manifestata in anni recenti ha seguito due direttrici principali: da un lato l'esigenza di favorire imbarcazioni relativamente poco costose, per favorire l'avvicinamento a questo sport, tradizionalmente considerato elitario, anche alle classi medie (tendenza perseguita ad es. con l'introduzione del Laser e l'esclusione del Flying Dutchman); dall'altro la volontà di aumentare la spettacolarità dello sport, e attrarre l'interesse dei media (es. tramite l'introduzione del 49er).
    Classi Internazionali Derive
    Le Derive sono imbarcazioni manovrate da un equipaggio ridotto (da uno a tre membri) in cui l'equilibrio idrostatico durante la navigazione (quando il vento esercita una pressione sulle vele) viene mantenuto dal peso dell'equipaggio. Per mantenere tale equilibrio l'equipaggio deve quindi spostarsi nella barca per opporre resistenza alla tendenza al ribaltamento quando la barca è sottoposta a pressioni laterali del vento. La chiglia, o piano di deriva, delle Derive è in genere retraibile per favorire le andature portanti (e l'ingresso in planata dello scafo), nonché l'accostamento a bassi fondali.
    Classi Internazionali Imbarcazioni a Dislocamento
    Le imbarcazioni a dislocamento sono dotate di un "piano di deriva", o bulbo, appesantito al fine di mantenere l'equilibrio statico della barca in navigazione, quando le vele sono sottoposte alla pressione del vento. Benché, sotto il profilo dell'equilibrio statico, l'equipaggio non sia determinante a mantenere l'equilibrio della barca, in genere si tende a disporre i pesi sull'imbarcazione al fine di resistere alla tendenza al rovesciamento, permettendo di mantenere lo scafo in una posizione più corretta dal punto di vista idrodinamico. Per via della presenza della chiglia fissa, tali imbarcazioni non possono entrare in planata. In casi di scafi estremamente competitivi, in presenza di forti venti e mare formato tuttavia, si possono verificare fenomeni di "surfing" sull'incavo dell'onda.
    11 Metri S.I.
    Classi Internazionali Multiscafi
    Le imbarcazioni multiscafo mantengono il proprio equilibrio idrostatico grazie alla larga base di appoggio fornita dalla distanza fra i diversi scafi di cui sono composte. La stabilità di queste imbarcazioni è a metà strada fra quella delle derive e quella delle imbarcazioni a chiglia. Con venti relativamente leggeri, infatti, i multiscafi oppongono una resistenza autonoma alla tendenza al rovesciamento, derivante dal loro intrinseco equilibrio idrostatico. Quando la pressione del vento, tuttavia, supera la tendenza al raddrizzamento fornita dagli scafi, l'equilibrio può essere mantenuto solo grazie al posizionamento dell'equipaggio in modo da aumentare la resistenza al rovesciamento. La maggior resistenza al raddrizzamento rispetto alle derive fa sì che i multiscafi siano in grado di issare piani velici sensibilmente più estesi rispetto alle derive, mentre l'assenza di una chiglia fissa (o bulbo) rende tali imbarcazioni estremamente più leggere rispetto alle imbarcazioni a chiglia. Ne derivano quindi imbarcazioni estremamente competitive e molto veloci, le cui prestazioni non possono essere comparate con le altre tipologie di imbarcazione.

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  5. gheagabry
     
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    Gassa d'amante


    Altri nomi nodo di Bulin, nodo bolina, nodo bulino, cappio del bombardiere, gassa. Efficienza 60-75%
    Origine Antico
    Uso consueto Ovunque sia necessario un nodo ad occhiello. Caratteristiche Eccellente tenuta e facile da sciogliere. La regina dei nodi marinari.
    Difficoltà di realizzazione Facile Tenuta sotto carico Ottima sotto carico, meno se scarico.
    Elenco dei nodi
    La gassa d'amante, chiamata anche nodo di Bulin, nodo bolina, nodo bulino, cappio del bombardiere, o semplicemente gassa, è un nodo ad occhiello. Questo tipo di nodo può essere eseguito su qualsiasi tipo di corda e, benché sia conosciuta anche come "il nodo che non slitta mai", può presentare qualche problema con le cime elastiche in caso di cicli di carico e scarico a bassa tensione. Pregio principale di questo nodo è di non essere scorsoio, ma allo stesso tempo non si stringe mai troppo, e nonostante sia generalmente molto sicuro, può essere sciolta facilmente, anche quando la corda è bagnata. Dopo il semplice e il savoia, la gassa d'amante è il nodo più utile e facile da imparare. Può essere velocemente eseguito anche solamente con una mano, e, quindi in condizioni d'emergenza e di maggior difficoltà. La gassa d'amante, come gli altri nodi ad occhiello, può essere fatto per essere successivamente passato sopra un oggetto come una bitta. Ma diversamente da molti altri nodi ad occhiello, la gassa permette che il corrente passi attraverso un anello prima che il nodo sia legato. Questa caratteristica unica della gassa, la rende un conveniente nodo ad occhiello e un nodo di cui tutti dovrebbero acquisire la padronanza. Una gassa legata ad un'altra è un modo per unire due corde, anche se molti altri nodi preservano maggiormente la resistenza iniziale della corda. La gassa d'amante, o meglio una delle sue varianti come la gassa d'amante doppia, è alle volte usata dagli scalatori per allacciare la fine della corda all'imbrago. Il vantaggio della gassa d'amante in questo caso è che il nodo è facile slegare anche dopo che è stato caricato. Lo svantaggio è che, mentre è un nodo molto forte sotto carico, ha una tendenza ad allentarsi e a slegarsi quando è scarico e agitato per un po', come potrebbe accadere durante una scalata, nella fattispecie è preferibile il nodo a otto ripassato.Indice
    Storia
    Nel Seaman's Grammar[1] di John Smith (pubblicato nel 1627), forse per la prima volta compare un riferimento scritto a questo tipo di nodo, dove si dice che un nodo "curiosamente intricato [...] simile alla gassa d'amante" fu scoperto tra il cordame della barca solare di Cheope durante un'escavazione tra le rovine dell'Antico Egitto.
    Struttura
    La struttura della gassa d'amante è identica a quella del nodo a bandiera, ma con un'estremità del nodo a bandiera connesso con il corrente di una delle linee. Se si prende una gassa d'amante, e si taglia l'occhiello si ottiene un nodo a bandiera. Avendo un nodo base così forte come il nodo a bandiera al suo interno, è coerente con la forza di questo nodo versatile.
    Usi
    Nautica
    Usato principalmente per fare un'asola provvisoria su una cima, ovvero corda. Utilizzato per rizzare (fissare) oggetti che possono cadere fuori bordo, issare. Per legare le scotte e le drizze delle vele, per legare l'ancora, per l'ormeggio in bitta, come paranco, caricabasso, per intugliare, ovvero congiungere due cime e per fissare, o fissarsi a, qualsiasi cosa dotata di occhiello, anello, caviglia, briccola.. Può essere usato come nodo di salvataggio, perché può essere eseguito velocemente e permette di cingere una persona senza che questa venga stritolata richiamando la cima. Può anche essere eseguito con una sola mano e nella sua versione spagnola e portoghese, con le sue due asole anziché una soltanto, viene usato per sollevare le persone in caso di situazioni pericolose. Di fatti la versione Gassa d'amante Spagnola che a differenza di quella portoghese le due asole restano fisse e non scorrevoli, prende anche il nome di Nodo del Pompiere.--Atanvarno (msg) 23:51, 17 mag 2010 (CEST)Alpinismo Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo, non didattico. Se non sei un esperto, rivolgiti a una sezione di un Club alpino, a una guida alpina professionista, oppure a una scuola abilitata di alpinismo, scialpinismo, arrampicata o speleologia. In alpinismo viene chiamato nodo bulino e ha molteplici usi in varie manovre di corda[2]. Si può usare al posto dell'otto ripassato per collegare la corda all'imbrago (bulino infilato o inseguito) o per la costruzione di un imbrago d'emergenza (bulino doppio con bretella). L'uso del bulino in alpinismo e in arrampicata va sempre accoppiato con un nodo di blocco da eseguire sul ramo corto, in quanto questo nodo presenta una certa tendenza a sciogliersi spontaneamente, soprattutto se non eseguito correttamente (non "ribaltato").
    Esecuzione
    La si può annodare in uno svariato numero di modi, anche al volo, intorno ad un oggetto, e una persona.
    Gassa d'amante passo a passo (metodo classico)
    Formare un occhiello passando sopra il dormiente (a sinistra nella figura) ricordandosi di lasciare abbastanza cima per completare il nodo.
    Formare l'occhiell principale della dimensione desiderata con il corrente e far passare il corrente, da sotto, nel primo occhiello formato. Passare con il corrente dietro il dormiente e rientrare nel primo anello da sopra. Con una mano tenere il corrente e l'occhiello principale, e con l'altra tirare il dormiente, stringendo il nodo. Esiste una filastrocca per fare il nodo: il primo occhiello è la tana del lupo. La tana del lupo è eseguita come un P rovesciata. La parte corta la teniamo verticale e la parte lunga orizzontale. La verticale sopra l'orizzontale. La verticale è l'albero, l'orizzontale è il serpente. "Il serpente entra nella tana del lupo dal basso verso l'alto. Gira attorno all'albero e torna nella tana del lupo dall'alto al basso." La gassa è fatta!
    Metodo lampo (anche detto Jedi)
    Gassa d'amante (metodo lampo) Formare un occhiello passando sopra il dormiente ricordandosi di lasciare abbastanza cima per completare il nodo. Far passare il dormiente da sopra all'interno dell'occhiello Passare il corrente (dopo averlo fatto passare eventualmente dentro un anello o intorno ad un oggetto) da sotto dentro l'ultimo occhiello del dormiente formatosi. Prendere il corrente, con il relativo occhiello, ed il dormiente, tirandoli il nodo si capovolgerà formando una gassa d'amante

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  6. gheagabry
     
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    Nodo savoia


    Altri nomi nodo di a otto, nodo d'arresto, nodo d'amore.
    Efficienza 80%...Origine Antico...Uso consueto Nodo d'arresto.
    Caratteristiche Non stringe eccessivamente, lascia inalterato il cavo.
    Difficoltà di realizzazione Facile...Tenuta sotto carico Buona sotto carico, poco sotto carichi ciclici.Il nodo savoia (o nodo a otto, nodo d'arresto, nodo d'amore, o semplicemente savoia) appartiene alla categoria dei nodi d'arresto. Questo tipo di nodo può essere eseguito su qualsiasi tipo di corda, anche se può presentare qualche problema con le cime elastiche in caso di cicli di carico e scarico a bassa tensione. Sicuramente è il più famoso nodo d'arresto, grazie soprattutto al pregio di non stringersi eccessivamente e di non usurare o indebolire il cavo. Può essere usato anche come nodo di giunzione tra due corde dello stesso diametro o tra due capi della stessa corda (otto ripassato).
    Usi
    In nautica:
    Usato principalmente per impedire a cime, ovvero corde, di sfilarsi da fori o da bozzelli. Utilizzato anche come nodo d'appesantimento per le cime o sagole da lancio. Legato ad intervalli regolari, agevola l'arrampicata sulle cime di salvataggio. In alpinismo e speleologia, una sua variante (savoia inseguito o otto ripassato o asola delle guide con frizione) viene utilizzata per collegare la corda all'imbragatura ed in genere per manovre di assicurazione. Come sicura finale su nodi scorrevoli. Alle volte è usato a scopo puramente ornamentale
    Commenti
    Dopo il semplice (del quale è più efficiente come nodo d'arresto) è il nodo più facile da imparare a fare, risulta semplice anche da slegare. È elegante e bello a vedersi.
    Storia
    Anche se è un nodo sicuramente più antico, deve il suo nome al fatto di apparire sullo stemma di Casa Savoia.
    Struttura
    La struttura del nodo savoia è simile a quella del nodo semplice, ma con corrente che fa un'asola intorno al dormiente.
    Esecuzione
    Fare un occhiello passando con il corrente sul dormiente. Passare il corrente sotto il dormiente creando un secondo occhiello. Passare con il corrente nel primo occhiello e tirare.

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  7. gheagabry
     
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    Barca a vela

    La barca a vela è un tipo di imbarcazione la cui propulsione è affidata prioritariamente allo sfruttamento del vento e in cui il motore riveste solo un'azione di supporto specialmente nelle manovre in porto. La vecchia legislazione definiva imbarcazione a vela con motore ausiliario le unità da diporto munite di motore (entro o fuori bordo) con potenza espressa in cv. inferiore al 50% della superficie velica misurata in metri quadrati (Es. superficie velica 80 m2, potenza massima 40 cv.).
    Le unità con potenza maggiore sono definite motorsailer, questo tipo di imbarcazione affidano alle vele un ruolo secondario.
    Una barca a vela si compone di numerose parti.
    Tra le principali: 1 - randa 2 - fiocco 3 - spinnaker 4 - scafo 5 - deriva 6 - timone 7 - skeg 8 - albero 9 - crocette 10 - sartie 11 - scotta della randa 12 - boma 13 - albero 14 - tangone 15 - paterazzo 16 - strallo 17 - vang
    Le barche a vela si possono distinguere in "derive", vale a dire piccole barche, normalmente sotto i 5-6 metri, non abitabili, senza motore, destinate ad un uso sportivo o a brevi escursioni e "barche a chiglia" ovvero barche dotate di una chiglia appesantita (o bulbo) ed in genere attrezzate per una permanenza più lunga (ad esempio con spazi per cucinare, dormire, bagni, ecc.) e navigazioni a più ampio raggio.
    Le barche a vela possono essere monoscafo o multiscafo. Se a due scafi vengono definite catamarani, se a tre scafi trimarani.
    Derive
    Le derive come già citato precedentemente sono delle piccole barche da diporto di una lunghezza variabile tra i 2 e i 6 metri. Queste si suddividono poi, in due grandi categorie quelle da regata o più semplicemente da diporto o passeggiata nautica (spesso semicabinati). Le prime vengono in seguito dichiarate classi olimpiche e non, dalla Federazione Italiana Vela, (FIV) in Italia, da altri enti all'estero. Con il termine "Classe" è inteso uno specifico modello d'imbarcazione (Classe Optimist, Laser, 420 ecc.) che oltre ad avere il nome di progetto è dotato di simbolo di riconoscimento, normalmente stampato sulla randa, vicino l'angolo di penna (Es. Optimist= O con una I intersecata, Snipe= un beccaccino, Star= una stella e così via). Normalmente, subito sotto questo simbolo, sono ubicati i numeri velici (da considerarsi come la targa dell'imbarcazione), che consentono l'identificazione di una, tra molte dello uno stesso tipo.
    Nomenclatura
    Un buon velista si riconosce anche prima di scendere in acqua, e questo è possibile già sentendo pronunciargli i numerosi specifici nomi degli elementi che compongono una barca:
    1 Scafo, che si suddivide in parte anteriore, PRUA, e posteriore, POPPA, e fianchi chiamati MURATE.
    2 Opera, che si divide in opera morta e opera viva (o carena): rispettivamente la parte non immersa nell'acqua e quella immersa.
    3 Pozzetto, parte della coperta dove lavora l'equipaggio.
    4 Coperta, superficie calpestabile dell'imbarcazione.
    5 Albero, lungo tubolare in alluminio, carbonio o legno, di sviluppo verticale, ove è collegato il boma.
    6 Boma, agganciato all'albero ad un'estremità,tramite un giunto snodato detto trozza è la parte mobile che permette il cambio di mure durante una virata o abbattuta, su cui è agganciata la base della randa.
    7 Randa, vela principale
    8 fiocco, vela secondaria dell'imbarcazione che è situata in prua.
    9 Scotte, nome marinaresco delle corde, termine di cui è vivamente consigliato l'uso durante la navigazione, onde evitare la propria caduta in mare sollecitata dallo stesso skipper. Servono a controllare il livello di tesatura delle vele.
    10 Drizze, cime utilizzate per issare le vele.
    11 Cime, nome non nobile come quello di scotta, dato a quelle "corde" di secondaria importanza.
    12 Timone, strumento attraverso il quale si fa accostare la barca a destra o a sinistra
    13 Deriva, protuberanza fissa o mobile, posta sotto la chiglia dell'imbarcazione, che trasforma il movimento trasversale del vento sulle vele, in moto d'avanzamento.
    14 Manovre Fisse insieme di cavi che sostiene l'albero maestro.
    Le andature
    Una barca a vela per poter navigare ha bisogno della forza del vento sulle vele. Essa può posizionarsi a varie angolature rispetto alla direzione del vento, in base alla rotta che decide di tenere. Prima di illustrare le andature portanti, è consuetudine di un istruttore avvertire il proprio allievo dell'esistenza di un "cono d'ombra" che, per le barche, è di un centinaio di gradi e corrisponde appunto alla direzione del vento. Le barche da regata più performanti possono stringere di molto la direzione del vento senza perdere velocità (circa 70º).
    L'andatura schematizzata in teoria a 45º dal vento è la cosiddetta bolina stretta. Si raggiunge quando una barca è al limite del controvento; tuttavia il vento continua a fare pressione sulla superficie velica.
    A 60º dalla direzione di provenienza del vento, si passa alla bolina larga dove si "lascano" (lasciano) le scotte per gonfiare le vele.
    A 90º sulla perpendicolare del vento si ha il traverso.
    A 120º il lasco.
    A 150º il granlasco.
    A 180º l'andatura di poppa o fil di ruota.

    Durante l'andatura di bolina, le vele "portano" anche grazie ad un fenomeno chiamato vento apparente.



    (Gina)



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