RUGBY - la storia

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    LA STORIA DEL RUGBY





    WILLIAM WEBB ELLIS
    La nascita del rugby tra mito e realtà


    di Gilberto Trombetta

    Era il primo novembre del 1823. Un tipico pomeriggio invernale nella cittadina di Rugby, nel Warwickshire. Il cielo era grigio, la luce fioca e i ragazzi della Scuola Pubblica erano pronti a darsi battaglia in una delle tante sfide interclasse di Big Side (così chiamavano il football in questa zona).

    Mentre se le davano di santa ragione in una delle frequentissime mischie, tipica di ogni partita che si rispetti, un ragazzo di 16 anni restava in disparte. Lui non era portato per i giochi di squadra. Dopo 7 anni ancora non era riuscito ad integrarsi con i ragazzi della sua nuova città.

    Orfano, originario di Manchester, si trasferì con la madre all’età di 6 anni, subito dopo la morte del padre, ucciso nella battaglia di Albuera. Entrò nella scuola nel 1816. Non era benestante e questo, aggiunto al suo status di immigrato, non lo rendeva molto popolare tra i figli di papà della Pubblic School di Rugby. Ma, soprattutto, William Webb Ellis non digeriva per niente le imposizioni, le regole.



    In quel momento, perso nei suoi pensieri, quell’ammasso di cuoio informe gli corse contro, rimbalzando spasmodicamente. Una luce, un lampo negli occhi. Un lampo di sfida, verso quei ragazzi boriosi e pieni di sé, con le loro regole precise e fatte su misura. “Chissenefrega!”, pensò William. Afferrò la palla e corse senza mai voltarsi, il pallone sempre stretto al petto, finché non arrivò sulla linea di marcatura. Lì depositò finalmente la palla a terra tra lo stupore ed il risentimento generale.

    Questa, in linea di massima, è la storia che ci si sente raccontare quando si vuole sapere l’origine del Rugby. Una favola bella, fatta di libertà e ribellione, ma purtroppo probabilmente assai distante dalla realtà.

    Ancora oggi, nel College di Rugby troneggia la statua di Ellis, con una lastra commemorativa che recita “This stone commemorates the exploit of William Webb Ellis who with a fine disregard for the rules of football as played in his time first took the ball in his arms and ran with it thus originating the distinctive feature of the rugby game. a.d. 1823”.

    Ad un’attenta ricerca però si scopre che all’epoca il gioco del football era praticato in numerose varianti che cambiavano di scuola in scuola. Che a loro volta tali varianti venivano modificate e ratificate di anno in anno da una rappresentanza di studenti. Non solo, in quel periodo in molte scuole era permesso bloccare la palla con le mani. Era il trattenerla ed iniziare a correre che in linea di massima era proibito.

    Ciononostante è plausibile pensare che all’interno di tutte queste varianti sia successo, in posti diversi e nel corso degli anni, che qualcuno abbia praticato una variante in cui fosse permesso correre con la palla in mano. Non solo.



    La storia di Ellis comparve per la prima volta nel 1876, quando Matthew Holbeche Bloxam, per rispondere ad una lettera pubblicata sul The Standard, nella quale ci si interrogava sulle origini del Rugby, pubblicò un articolo sul Meteor, il giornale della Pubblic School di Rugby. L’articolo, molto vago, faceva riferimento ad una storia raccontata da un testimone anonimo che avrebbe assistito al gesto eretico di Ellis.

    L’articolo uscì 4 anni dopo la morte di William. Quando la Rugby Football Union decise di indagare, era il 1895. Bloxam era ormai morto da 7 anni. La RFU decise allora di interrogare tutte quelle persone che, all’epoca dei fatti, frequentavano la scuola di Rugby. Pochi però si ricordavano di Ellis. E quei pochi lo dipingevano come un ottimo giocatore di cricket.
    Ma, soprattutto, non avevano mai sentito parlare di quella corsa contro le regole.

    Quei due articoli scritti da Bloxom tra il 1876 e il 1880, rispettivamente 53 e 57 anni dopo la morte di Ellis, e basati interamente sui ricordi di un misterioso testimone, restano i soli indizi a sostegno della leggenda di William Webb Ellis. Dalla ricerca condotta nel 1895 dalla RFU risulta chiaro però che 3 anni dopo che Ellis aveva lasciato la scuola, la pratica di portare la palla avanti con le mani era “chiaramente proibita".

    Anche se Ellis avesse fatto tutto ciò che gli viene attribuito, le date della prima stesura ufficiale delle regole (avvenuta nel BigSide Levees della Pubblic School di Rugby del 28 agosto 1845), se confrontate con quelle della sua permanenza nella scuola di Rugby (1816/25), indurrebbero a credere ragionevolmente che l’ipotetico exploit di Ellis restò tale e che non sia possibile tracciare una relazione di causa-effetto con la reale nascita del Rugby.

    Certo, il mito di William Webb Ellis ha un fascino maggiore se paragonato a quello di una genesi rugbistica frutto di un travaglio durato una ventina e più di anni e sancito nero su bianco dopo una riunione di rappresentanti di studenti in una calda e lunga giornata d’agosto del 1845. Ma la versione meno poetica ha in più la forza espressiva tipica degli avvenimenti storicamente probanti.




    fonte:http://www.instoria.it/home/Rugby.htm

    Edited by gheagabry - 22/5/2014, 16:12
     
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    Fu un certo Jem Mackie, negli anni ’30, a ottenere una radicale modifica delle regole: la corsa in avanti con il pallone in mano è comunemente accettata dal 1839 e legalizzata nel 1841. Bisognerà però aspettare altri quattro anni per avere una stesura ufficiale delle regole: il 28 agosto 1845 si riunirono i rappresentanti della Public School di Rugby per definire questo gioco che veniva praticato nella loro città. Nonostante i meriti di Mackie, William Webb Ellis diventerà una leggenda per gli appassionati dell’ovale: la sua tomba, nel Cimitero del Vecchio Castello a Mentone (Francia), è “meta” di pellegrinaggio rugbistico e la Coppa del Mondo è stata intitolata a lui. Nel 1863, intanto, venne costituita la Football Association con l’intento di standardizzare le varie forme di calcio che venivano giocate all’epoca. Durante una serie di sei incontri, svoltisi alla Freemason’s Tavern di Londra, vari rappresentanti delle scuole pubbliche e delle università, insieme a un numero di club indipendenti di spicco, si riunirono per stabilire un singolo regolamento del calcio. La prima stesura prevedeva caratteristiche che sono ora parte del rugby, come il correre in avanti con la palla, la carica, lo sgambetto, la trattenuta ecc. Tali regole vennero gradualmente scartate in luogo di altre varianti. Nella riunione finale, i rappresentanti del Blackheath ritirarono il loro sodalizio dall’associazione a causa della rimozione della regola che permetteva il backing (calcio all’avversario sugli stinchi) e insieme ad altri club si continuò a giocare la loro versione del football. Il 26 gennaio 1871 si formò la Rugby Football Union che ufficializzò le regole del “gioco della scuola di Rugby” per tutti i club che si rifiutavano di praticare quello che invece diventerà il moderno e diffusissimo calcio.



    SCOZIA-INGHILTERRA, LA PRIMA

    Lunedì 27 marzo 1871 è la data del primo incontro internazionale della storia, Scozia-Inghilterra. Si gioca a Edimburgo, sul prato del Raeburn Place, campo di cricket dell’Academy. Spettatori: 4 mila. Dimensioni del terreno di gioco, durata della partita e numero dei giocatori sono ampiamente elastici: le regole variano da zona a zona e ovviamente a risultare favorita è sempre la squadra che gioca in casa. Gli avversari, considerate le difficoltà di affrontare lunghe trasferte a quei tempi, acconsentono ugualmente. La partita è descritta dai cronisti dell’epoca come una grande mischia con saltuarie azioni alla mano. L’Inghilterra riesce a muoversi più agilmente e velocemente con il pallone tra le mani, ma è lo scozzese Angus Buchanan a segnare la prima, contestatissima meta. Si occupa della trasformazione William Cross per il 3-0. Già, perché la meta vale un punto e la trasformazione 2. L’inglese Reginald Brickett va in meta, ma è in posizione troppo angolata e il capitano Strokes non trasforma: 3-1. Cross segna ancora e il match termina 4-1 per la Scozia. A fine gara, la promessa di giocare ogni anno. La meta era chiamata “try” (provare) perché a quel tempo la trasformazione valeva, come si è visto, molto più della meta stessa e quindi schiacciare la palla oltre la linea di fondo campo significava ottenere il diritto di “provare” a trasformare.

    (fonte: www.ivrearugby.it/pagina-di-esempio/la-storia-del-rugby/)




    Il Quattro Nazioni


    1883. Dopo 12 anni di occasionali incontri amichevoli tra le squadre, il primo Home Championship, comprendente Inghilterra, Irlanda, Scozia e Galles venne giocato nel 1883. L’Inghilterra e la Scozia disputano ciascuna tre partite mentre Irlanda e Galles solo due (non si incontrano tra di loro). L’Inghilterra conquista il primo posto della classifica.

    1884. Primo Championship completo dato che si incontrano anche Irlanda e Galles. Vince ancora la “Rosa d’Inghilterra” che si aggiudica la “Triple Crown”, o Triplice Corona, l’ambito trofeo che premia la squadra britannica che batte tutte le altre nella stessa edizione. Ma è anche l’anno della “Grande disputa” sul regolamento tra Inghilterra e Scozia che porterà a una serie di problemi.

    1887. Dopo due anni si disputa nuovamente un Torneo completo: vince la Scozia di MacLagan. E’ ancora tempo di diatribe: si riapre la questione International Board e l’Inghilterra resta fuori altri due anni.

    1890. Le acque finalmente sembrano quiete: si arriva ad un accordo sul regolamento. Galles e Inghilterra si classificano prime a pari punti.

    1891. Prima Triple Crown per la Scozia.

    1893. I giornali pubblicano per la prima volta una classifica ufficiosa del Quattro Nazioni

    1908. Il Galles, battendo tutte le avversarie, si aggiudica la “Triplice Corona”.



    Il Cinque Nazioni

    1910
    rugby storiaIl “Cinque Nazioni” si concretizza nell’inverno dei 1910. Facendo seguito a Inghilterra (1906), Galles (1908) e Irlanda (1909), la Scozia decide di affrontare – dopo non poche incertezze – la Francia in un incontro annuale. Dopo 21 anni, l’Inghilterra torna a vincere il “Championship”.

    1913
    La Francia viene rimproverata per l’indisciplina del pubblico durante Francia – Scozia. La Scozia si rifiuta di giocare contro la Francia. L’Inghilterra, battendo tutte le avversarie, realizza per la prima volta nella storia dei torneo il ” Grande Slam”.

    1915
    Negli anni di svolgimento della Prima Guerra Mondiale il Torneo non viene disputato. Si tornerà in campo solo nel 1920.

    1931
    I francesi vengono esclusi dalla competizione per professionismo; il Torneo torna a quattro squadre. Nel ’39 la Francia viene riammessa ma deve attendere la fine dei secondo conflitto mondiale.

    1940
    Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale il Cinque Nazioni viene sospeso.

    1947
    Riprende il Cinque Nazioni, vinto dall’Inghilterra ai danni del Galles. Nel 1948-49 segue una doppietta dell’Irlanda.

    1959
    Prima vittoria in solitario della Francia a 49 anni dal primo ingresso nel Torneo

    1968
    La Francia realizza il suo primo Grande Slam

    1972
    Il Cinque Nazioni non viene completato a causa della situazione politica irlandese. La Scozia e il Galles si rifiutano di giocare a Dublino.

    1979
    Dal 1976 al 1979 sono “Gli anni dei dragoni”: il Galles si aggiudica per quattro stagioni di fila la Triplice Corona

    1993
    Viene istituito il “Championship Trophy”, la coppa che premia il vincitore dei Torneo. Fino a questo momento l’unico trofeo riconosciuto era la “Calcutta Cup”, ottenuta fondendo le rupie che costituivano il residuo di cassa dei Calcutta Football Club all’atto dello scioglimento avvenuto nel 1877 e assegnata ogni anno alla vincitrice di Inghilterra-Scozia.




    Il 6 nazioni

    1998
    In gennaio l’Italia viene invitata a partecipare al Torneo.

    1999
    Una meta del centro gallese Scott Gibbs nell’ultima partita dell’ultimo Cinque Nazioni, Galles – Inghilterra (si gioca a Wembley, l’Arms Park di Cardiff è un cantiere in vista della Coppa del Mondo), nega al XV della rosa il Grande Slam e regala la vittoria del Torneo alla Scozia.

    2000
    5 febbraio – L’Italia esordisce nel Torneo proprio contro la squadra che ha vinto l’ultimo Trofeo delle Cinque Nazioni, la Scozia. Dominguez segna 29 punti, una meta di De Carli è il sigillo a una storica vittoria per 34 a 20. L’Inghilterra si aggiudica il Trofeo.

    2001
    Questa edizione è caratterizzata dall’afta epizootica, che provoca molti rinvii. Il Torneo si conclude nel mese di ottobre con l’ultimo incontro fra Irlanda e Inghilterra. Con la sconfitta a Dublino l’Inghilterra perde l’opportunità del Grande Slam e si fa raggiungere dall’Irlanda. L’Irlanda finisce a pari punti con gli inglesi ma la differenza punti dà il trofeo ai sudditi della regina.

    2002
    L’edizione 2002 sembra dover essere ancora di dominio inglese. Invece la Francia, dopo aver faticato contro gli Azzurri, allo Stade de France di Parigi, riescono a compiere l’impresa espugnando i campi di Galles e Scozia e vincendo il match clou con l’Inghilterra, passeggiando poi, nell’ultimo match, contro l’Irlanda, verso il loro settimo Grand Slam (tutte vittorie). Impresa ancora più significativa considerando poi che si tratta del primo Grand Slam da quando le Nazioni del Torneo sono diventate sei.

    2003
    L’Inghilterra conquista il suo 12° Grand Slam (e la sua 23° Triple Crown), superando nell’ultimo turno l’Irlanda di fronte ai 48.000 del Lansdowne Road. L’Italia, superando alla prima giornata, al Flaminio, la nazionale gallese, interrompe un digiuno durato 14 incontri. Al Galles va il ” cucchiaio di legno “.

    2004
    Campione del Mondo in carica, ma orfana di alcuni dei suoi pezzi pregiati (Wilkinson infortunato, il capitano del trionfo iridato, Martin Johnson, ritiratosi dall’attività internazionale) l’Inghilterra prima cade a Twickenham, contro l’Irlanda, nella terza giornata, poi vede sfumare definitivamente il Torneo perdendo di misura (24-21), a Parigi, nel quinto turno. All’Irlanda va la “Triplice Corona”.

    L’Italia batte la Scozia al Flaminio nel terzo turno, decisiva una meta del tallonatore Ongaro, e regge l’urto con l’Irlanda al Lansdowne Road, uscendo sconfitta 19-3 ma mettendo in mostra una grandissima difesa.

    Alla Francia, sempre vittoriosa, vanno il Grande Slam e il Torneo 2004. L’Italia bissa il quinto posto dell’anno precedente, alla Scozia va il cucchiaio di legno.

    2005
    Nel 2005 il Galles vinse il Grande Slam, imponendosi come la prima squadra ad aver conquistato tale trofeo giocando più partite in trasferta che in casa. Quello del 2005 è stato l’ultimo Grande Slam ottenuto, ad oggi, nel rugby.

    2006
    Nel 2006 la Francia ha ottenuto la vittoria in base alla differenza di punti con l’Irlanda, mentre quest’ultima ha ricevuto come premio di consolazione il Trofeo Triplice Corona, introdotto per la prima volta proprio in quell’anno. La squadra italiana ha ricevuto ancora una volta il Cucchiaio di Legno, anche se ha mostrato un evidente miglioramento negli ultimi anni, guadagnandosi il suo primo punto assoluto del torneo, con il pareggio fuori casa contro il Galles.

    2007
    Nel 2007 la Francia ha vinto ancora una volta con la differenza di punti, dopo che nell’ultima settimana ben quattro squadre avevano avuto la possibilità matematica di scalare la classifica. L’Italia ha ottenuto la sua prima vittoria di torneo battendo la Scozia a Edimburgo. Quella è stata anche la prima volta che hanno vinto due partite, battendo i gallesi a Roma. La Scozia si è vista assegnare il Cucchiaio di Legno e l’Irlanda ha ottenuto la Triplice Corona per il secondo anno di seguito e per la terza volta in quattro anni.

    2008
    Il torneo è stato vinto dal Galles per la 24ª volta. E nuovamente come nel 2005, la squadra si è aggiudicata il Grande Slam e la Triple Crown.
    Invece la Scozia, vincendo contro l’Inghilterra 15-9, ha conquistato la Calcutta Cup. E Italia? Stavolta battendo nell’ultima giornata del torneo proprio la Scozia, ha evitato il Whitewash, ma non il Cucchiaio di Legno.

    2009
    Questo è stato un anno magico per l’Irlanda. Non solo ha vinto il torneo ma l’ha fatto ottenendo il Grande Slam nell’ultima giornata giocandosi un tutto per tutto con il Galles. Una partita semplicemente memorabile!
    E per la prima volta nella storia del torneo, una partita si è svolta di venerdì, esattamente Francia – Galles del 27 febbraio.

    http://www.irlandando.it/sei-nazioni/la-st...rneo-6-nazioni/

     
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  3. gheagabry
     
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    IL TERRENO



    Si definisce Terreno la superficie totale di gioco, costituita da:
    Campo di Gioco, l’area delimitata dalle linee di meta e dalle linee di touch (non incluse)
    Area di Gioco, composta dal Campo di Gioco e dalle Aree di Meta (escluse le linee di touch, di touch di meta e di pallone morto)
    Recinto di Gioco, corrispondente all’Area di Gioco, più uno spazio circostante, largo almeno 5 metri, identificato come Area Perimetrale
    Area di Meta, delimitata dalla linea di meta (inclusa), dalla linea di pallone morto (non inclusa) e dalle linee di touch di meta (non incluse)
    “i 22”, area delimitata dalla linea di meta (esclusa) e dalla linea dei 22 metri (inclusa)

    La superficie del terreno di gioco dovrebbe essere in erba, ma può anche essere di sabbia, terra battuta, neve o erba artificiale, non può essere in asfalto o cemento.

    Il campo di gioco non deve superare i 100 metri in lunghezza e i 70 metri in larghezza.
    Le aree di meta non devono eccedere i 22 metri in lunghezza e i 70 metri in larghezza.

    Sulle 2 linee di meta poggiano i pali della porta. La distanza tra i 2 pali è di 5,6 metri.
    La barra trasversale disposta fra i 2 pali è a 3 metri dal terreno.
    L’altezza minima dei pali della porta è di 3,4 metri.


     
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    La prima locandina della storia del rugby femminile europeo. La partita era Parigi – Lille (in Francia si giocava dal 1920, il gioco era a 10 giocatrici e senza placcaggi, era consentito solo il blocco ovvero una specie di abbraccio) ed è stata pubblicata con la dicitura “La Saison des Belles” da G.Pavis nel 1924 sul giornale francese “La Vie Parisienne”.

     
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    Beach rugby


    Il beach rugby è una variante del rugby a XV giocato su campi in sabbia con squadre composte da cinque giocatori in azione.
    Regolamento
    Il campo di gioco è lungo 31 m comprese le zone di meta e largo 25 m. Ogni squadra ha 12 giocatori, di cui 5 in campo e 7 in attesa di sostituirli. Le sostituzioni sono illimitate e l'espulsione temporanea dura 2'. L'ingresso in campo avviene esclusivamente a gioco fermo e da centro campo. La partita dura 10' divisi in 2 tempi da 5' con intervallo di 3'. In caso di parità si disputa un tempo supplementare a oltranza sin quando una squadra realizza una meta. Il portatore avversario di pallone può essere placcato tra spalle e piedi. Il giocatore placcato o trattenuto deve passare o lasciare il pallone entro 2 secondi. Non esistono mischie ordinate né rimesse laterali. Il pallone opzionalmente può essere calciato all'inizio della partita, ma in Italia si utilizza il "calcio libero" anche per iniziare la partita, dopo una meta dalla squadra che ha subito la meta e dopo un fallo laterale. In nessun'altra azione di gioco il pallone può essere calciato. La realizzazione della meta vale un punto. In Italia il beach rugby è organizzato, in una formula a dodici giocatori, dalla Lega Italiana Beach Rugby riconosciuta ufficialmente dalla Federazione Italiana Rugby. Nel 2009 International Rugby Board (IRB) ha attivato il processo di riconoscimento di tutte le discipline di beachrugby (placcato, al tocco, tag).
    Beach soccer
    Il beach soccer è il gioco del calcio giocato sulla sabbia. Negli anni 2000 il calcio sulla sabbia è stato riconosciuto dalla FIFA e si svolgono quindi campionati a livello nazionale ed internazionale. Sebbene fosse già praticato da molto tempo, le regole del gioco sono state fissate solo nel 1992, con la fondazione dell'organismo di governo Beach Soccer Worldwide.
    Regole del gioco
    Il regolamento ufficiale contiene 18 regole (stutturate quasi come quelle del calcio e del calcio a 5). Le principali nozioni sono: Una squadra è costituita da 5 giocatori, compreso il portiere; la panchina è costituita da 3/5 giocatori. Numero di sostituzioni illimitato. Due arbitri. Si giocano 3 tempi da 12 minuti ciascuno con 3 minuti di intervallo tra un tempo e l'altro. La partita non può finire in parità: si giocano tempi supplementari di 3 minuti con Golden Goal ed eventualmente i rigori. Le punizioni sono sempre dirette, senza barriera e devono essere battute da chi subisce il fallo. A differenza del calcio, il portiere ha la possibilità di prendere il pallone con le mani su un retropassaggio intenzionale di piede da parte di un giocatore della propria squadra. Si gioca senza scarpe.
    Storia
    Nell'aprile 1994 si è tenuto il primo evento trasmesso in televisione sulla spiaggia di Copacabana[1], nella città di Rio de Janeiro, che ospitò i primi Campionati mondiali nel 1995. La competizione fu vinta dai padroni di casa del Brasile. Il successo della competizione ha dato vita al Pro Beach Soccer Tour. Ne 1998 fu istituita anche la Euroleague, oggi nota anche come Euro BS League, secondo la dizione inglese. In Italia nel 2003 il beach soccer fu inserito nella struttura della FIGC. Dagli anni 2000 questo sport ha conosciuto un grande crescita e ha attratto numerosi sponsor e tifosi. Sono aumentate anche le squadre partecipanti alle competizioni internazionali, vista la diffusione del beach soccer in molti Paesi. Strumenti necessari per l'allestimento del campo. L'omologazione dei campi, così come la promozione dell'attività ufficiale, è affidata alla Figc, e in particolare alla Lega Nazionale Dilettanti, nel cui ambito è stato costituito il Dipartimento Beach Soccer dal 2003.
    Caratteristiche del campo
    Dimensioni: il rettangolo di gioco deve avere una lunghezza massima di 40 metri e una lunghezza minima 34 metri una larghezza massima di 30 metri e una larghezza minima di 24 metri.Un campo normale è 37m per 28m. Linee: il rettangolo di gioco deve essere delimitato da quattro linee, due laterali e due sui lati corti, di larghezza variabile dai 7cm ai 12 cm, formate da nastro realizzato in materiale resistente e di un colore diverso con quello della sabbia. Normalmente il colore è blu o arancione e la larghezza è 10cm. Bandierine: ci sono dieci bandierine di cui sei di colore rosso e quattro di colore giallo disporre alte circa 1,50 metri (1 metro sopra il livello della sabbia). Tutte le bandierine devono essere fatte di plastica indistruttibile, elastiche e resistenti al vento e la parte superiore non può essere affilata. Porte: ci sono due porte, possibilmente di materiale plastico, larghe 5,50 metri ed alte 2,20 metri sul livello della sabbia. I due pali e la traversa di ogni porta devono avere un diametro variabile fra gli 8 e i 10 cm (normalmente 9 cm). Per le reti è consentito l'utilizzo di iuta, canapa e nylon. Le porte possono avere sostegni strutturali o essere sostenute con reti in tensione e pali affondati con o senza supporto sotto la superficie.

    (Gina)

     
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  6. gheagabry
     
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    I fantastici mondiali di rugby del 1995
    Storia, foto e video di come Mandela riuscì a trasformare una "cosa da bianchi", odiata dai neri, in un'opportunità per unire il Sudafrica
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    (JEAN-PIERRE MULLER/AFP/Getty Images)


    Nel 1995, appena un anno dopo l’elezione di Nelson Mandela a presidente del Sudafrica e tre anni dalla fine ufficiale dell’apartheid, il Sudafrica si apprestava ad ospitare i Mondiali di rugby. Il paese usciva da un periodo difficilissimo: il sistema legislativo razzista imposto dalla minoranza bianca era durato per 42 anni, lasciando dietro una tensione sociale altissima e rapporti nel migliore dei casi inesistenti – nel peggiore, pessimi e violenti – tra bianchi e neri. L’80 percento della popolazione era nera, mentre il rugby – portato in Sudafrica dai Paesi Bassi e dalla Germania alla fine dell’Ottocento – era generalmente considerato uno sport per bianchi: era praticato quasi soltanto dai cosiddetti afrikaner e la percezione era condivisa e rafforzata dal fatto che durante le partite il pubblico (bianco) mostrava spesso striscioni con frasi razziste o cori contro giocatori neri. Motivo per cui la grandissima maggioranza degli abitanti del Sudafrica tifava contro la nazionale di rubgy, e anche Mandela raccontò di aver fatto lo stesso da giovane.

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    (Shaun Botterill/ALLSPORT)


    Il modo in cui Mandela riuscì a trasformare un evento potenzialmente molto rischioso e controverso – ospitare i mondiali di uno sport “da bianchi” in un paese appena uscito dalla segregazione razziale – rimane una grande storia, testimoniata anche dalle molte dimostrazioni di affetto di gran parte del mondo del rugby alla notizia della sua morte. La storia fu raccontata in un libro di John Carlin intitolato Ama il tuo nemico, a sua volta trasposto nel 2009 nel film di Clint Eastwood Invictus, con Morgan Freeman nel ruolo di Mandela.

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    (Mandatory Credit: David Rogers/ALLSPORT)


    Mandela era un grande appassionato di sport in generale. Si racconta che apprezzasse molto gli sport di squadra, fra i quali calcio e cricket: da giovane aveva praticato la boxe a livello amatoriale. Si racconta inoltre che cercò di tenersi in forma anche durante gli anni passati in prigione, correndo sul posto nella sua cella oppure attorno all’edificio. A un certo punto Mandela fece richiesta per ottenere un fornelletto da cucina, per riscaldarsi il cibo in cella, ma la dirigenza della prigione rifiutò la sua richiesta. Mandela allora decise di rivolgersi direttamente al capo della prigione che era un certo Maggiore Van Sittert, un grande appassionato di rugby: cominciò quindi a interessarsi di rugby, per poter condividere un argomento di conversazione e sperare così di avere la sua approvazione. Circola un aneddoto secondo cui Mandela passò un mese a studiare gli articoli di giornale che parlavano di rugby e a imparare a memoria i nomi dei giocatori più famosi: Mandela cominciò a parlare con lui di rugby e presto ottenne un fornelletto.

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    (GARY BERNARD/AFP/Getty Images)


    Tenendo conto di questo episodio, e quindi di cosa significasse il rugby per Mandela prima che uscisse di prigione e diventasse presidente, arriviamo ai mondiali del 1995. Mandela si convinse che ospitarli in Sudafrica fosse una grande occasione per trovare un elemento comune di unità per una popolazione così divisa. Due mesi dopo essere stato eletto, nel giugno del 1994, Mandela incontrò il capitano della nazionale di rugby Francois Pienaar – bianco come 25 giocatori su 26 della nazionale – e gli spiegò cos’aveva in testa: approfittare dei mondiali di rugby per unire il paese.

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    (JEAN-PIERRE MULLER/AFP/Getty Images)


    Mesi prima dell’inizio del torneo furono organizzati diversi momenti di “avvicinamento” tra la nazionale di rugby e i sudafricani neri, a cominciare dagli allenamenti aperti al pubblico. Su suggerimento dello staff della nazionale, poi, i giocatori impararono a memoria Nkosi Sikelele, l’inno nazionale per la popolazione nera in lingua Xhosa – una delle 11 riconosciute dallo Stato, parlata da circa l’80 per cento degli abitanti della provincia di Capo Orientale. La nazionale fece inoltre visita a Robben Island, la piccola isola dove venivano tenuti i prigionieri politici del regime, fra cui lo stesso Mandela.

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    (PHILIP LITTLETON/AFP/Getty Images)


    Pienaar racconta che durante il ritiro della nazionale sudafricana, Mandela telefonava di continuo chiedendogli cose come «I ragazzi sono concentrati? Stanno bene? Sono rilassati?». Un giorno fece una visita a sorpresa alla squadra: arrivò in elicottero, li salutò e gli disse: «Avete l’opportunità di fare una gran cosa per il Sudafrica, e di unire la gente. Ricordate solo questo, che tutti noi, neri o bianchi, siamo con voi».

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    (Shaun Botterill/ALLSPORT)


    Il mondiale cominciò e il Sudafrica vinse una partita dopo l’altra: nella partita inaugurale batté l’Australia, una delle squadre più forti del torneo, per 27 a 18. Vinse il suo girone a punteggio pieno, dopo aver sconfitto anche la Romania per 21-8 e il Canada per 20-0. Agli ottavi e ai quarti eliminò Samoa e la Francia, arrivando in finale contro la fortissima Nuova Zelanda. Il 24 giugno 1995, giorno della finale, Mandela indossò la maglietta di Pienaar, quella col numero 6, e fece visita alla squadra nello spogliatoio. Pienaar, riguardo quell’episodio, racconta che «non ci sono parole per descrivere l’emozione che provai in tutto il corpo». Mandela si fece vedere sul campo dell’Ellis Park, a Johannesburg, con la maglia della nazionale e un cappellino: quando entrò, il pubblico esultò e fece partire un coro: “Nelson! Nelson! Nelson!”.


    Alla fine del primo tempo il Sudafrica era in vantaggio per 9-6, ma la Nuova Zelanda recuperò quasi subito e la partita finì pari. Ai supplementari il sudafricano Joel Stransky fece un drop goal, cioè mandò la palla in mezzo ai pali e al di sopra della traversa. Il Sudafrica diventò campione del mondo di rugby.

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    (Mandatory Credit: Mike Hewitt/ALLSPORT)


    Mandela consegnò personalmente il trofeo a Pienaar, e gli disse: «Grazie per tutto quello che avete fatto per il nostro paese». Pienaar rispose: «No, signor presidente, grazie per quelli che ha fatto lei per questo paese». Carlin, nel libro, scrive:

    «per decenni, Mandela aveva combattuto per tutto quello di cui i sudafricani bianchi avevano paura, e la nazionale era il simbolo di tutto ciò che i neri odiavano di più. Adesso, davanti a tutto il paese e a gran parte del mondo, questi due simboli si sono fusi fra di loro, fino a crearne uno nuovo, giusto e costruttivo».





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