PETER GABRIEL - Copertine dischi in vinile

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,795

    Status
    Offline
    Condividi

    PETER GABRIEL: Peter Gabriel (Melting Face).
    Era il giugno 1980 quando vide la luce il terzo dei primi quattro album solistici di Peter Gabriel che portano come titolo il suo nome.

    Già dalle prime note, o meglio, dai primi "colpi", si capisce che si ha a che fare con un disco particolare, ma lo si intuisce già osservando la copertina: una foto in b/n che ci mostra il volto "liquefatto" dell'artista, la celeberrima "melting face" che contraddistingue un po' l'intero lavoro, e se vogliamo, ne è il comune denominatore.

    La tematica che visivamente, musicalmente e testualmente viene trasmessa, è la condizione di disagio e instabilità dell'uomo contemporaneo, conseguenza di tutte quelle sollecitazioni che subisce nell'habitat che lui stesso ha contribuito a creare con tutti i suoi aspetti negativi, fino ad un punto in cui rinsavire non è più possibile. La stessa tematica di "The Dark Side Of The Moon" dei Pink Floyd, in cui Roger Waters, mirando attraverso un'ottica grandangolare, afferma che l'unico modo per uscire da tutto ciò è "impazzire".

    Peter Gabriel invece non parla in maniera universale, ma ci racconta nove storie legate dallo stesso comune denominatore. Ci narra di personaggi a cui piace violare la privacy altrui ("Intruder"), che non hanno più autocontrollo ("No Self-Control"), che si impongono la perdita della memoria ("I Don't Remember"), che uccidono ("Family Snapshot") perché incapaci di comunicare ("And Through The Wire"), che giocano alla guerra ("Games Without Frontiers"), che giudicano i diversi ("Not One Of Us"), che rimangono vittime del sistema ("Biko"), ma che tuttavia, a livello inconscio, desiderano condurre una vita normale ("Lead A Normal Life"). Un tema indubbiamente forte ed attualissimo, molto più oggi che di 27 anni fa (non c'è da spiegare perché: la realtà in cui viviamo è sotto gli occhi di tutti...).

    La rabbia recondita espode con incredibile potenza nelle sonorità del disco, nulla a che vedere con i due precedenti dischi di Gabriel, ne, tantomeno, con la produzione dei Genesis dell'era-Gabriel. Il suono di batteria presente in questi solchi è qualcosa che non si era mai sentito: ogni colpo sul rullante è un autentico pugno nello stomaco. Completano il muro sonoro opprimenti tappeti di sintetizzatori allucinati, opera di Larry Fast e dello stesso Peter Gabriel, che cura anche la stesura della parte percussiva. Alle chitarre troviamo i fidi Robert Fripp (King Crimson) e David Rhodes, che da qui inizierà la sua lunga collaborazione con Gabriel. Al basso l'immancabile Tony Levin e John Giblin. Al sax Dick Morrissey. Non dimentichiamoci di altre due guest-stars di lusso: la splendida Kate Bush ai cori, la cui magnifica voce, "sporcata" attraverso il Vocoder, risulta addirittura irriconoscibile (si ascoltino "Intruder" e "Not One Of Us"), e l'ex-compagno di avventure prog Phil Collins, ovviamente dietro i tamburi a sostituire in alcune tracce l'insostituibile Jerry Marotta.

    ...Si diceva del suono di batteria: Peter Gabriel, evidentemente non soddisfatto dei risultati ottenuti nei suoi precedenti lavori, era determinato ad ottenere un suono pulito e definito, dare risalto al ritmo puro, battere e levare. Decide quindi di eliminare completamente i piatti dal kit di batteria, che, secondo la sua intuizione, compromettevano il limpido incedere del ritmo. E non basta: il suono prodotto "live" veniva filtrato e compresso in studio tramite un equalizzatore grafico, e poi amplificato. Non servono altre parole: si ascolti "Intruder"!

    Appena pubblicato, il disco raggiunse immediatamente il primo posto della classifica in U.K., dove stazionò per due settimane consecutive. Quello che i dirigenti della casa discografica avevano definito un "suicidio commerciale", otterrà ottimi riscontri di vendite anche negli U.S.A., vendendo complessivamente più copie dei due "Peter Gabriel" precedenti messi insieme. Questo disco, con il successivo (ancora più ardito per sperimantazione e strumentazione), ha il merito di aver rivoluzionato il suono di batteria e di aver influenzato almeno un decennio di produzione musicale: come non dimenticare il sound compresso di batteria che ha marchiato in maniera incancellabile tutti gli anni '80?

    ...e il primo che ha preso la palla al balzo è stato proprio Phil Collins: il sound cui egli stesso ha contribuito a definire è riconoscibilissimo nel suo primo hit da solista, "In The Air Tonight", che trascinerà in vetta alle classifiche mondiali, nel 1981, il suo "Face Value". Stessa sorte per i singoli dei Genesis "Man On The Corner" (Collins) e "Mama" (Banks/Collins/Rutherford), rispettivamente da "Abacab" (1981) e "Genesis" (1983).

    Peter Gabriel sarà capace di sfornare tre capolavori consecutivi: questo, il quarto "Peter Gabriel" (con la famosa "Shock The Monkey", 1982) e "So" (1986), vertice creativo dell'artista, capace di fondere la sperimentazione degli anni passati con ottime melodie squisitamente pop, generando uno dei grandi dischi dell'ultimo trentennio di produzione musicale. Un'esperienza che l'ex-Genesis, duole affermarlo, non ripeterà mai più.
    (debaser.it / Recensione: aamario78)

    Curiosità sulla Copertina

    Con "Peter Gabriel (3)", meglio conosciuto come "Melting Face" ("volto che si scioglie"), si chiude la trilogia degli album di Gabriel "senza titolo". Il cantante commissiona ancora una volta il lavoro di copertina allo studio Hipgnosis, soddisfatto delle immagini create per gli altri due dischi. Il titolo attribuito all'LP fa pensare a quello di un'opera pittorica, e in effetti sembra proprio un quadro quello realizzato per questa copertina. Il volto di Peter Gabriel che si sta sciogliendo pian piano rimanda al suono dell'album (niente è lasciato al caso dall'artista), che presenta una musica in fase di disintegrazione, che si liquefa lentamente, dove tutte le distinzioni scompaiono e non c'è modo di fermare il processo di scomposizione. Non c'è dubbio, Peter Gabriel è sempre stato avveniristico nella musica e nell'arte che la raffigura. (dal web)
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Administrator
    Posts
    13,795

    Status
    Offline
    PETER GABRIEL: Up.
    Dieci anni sono passati dal precedente "Us", durante i quali sono circolate poche notizie contraddittorie sul nuovo disco di canzoni in preparazione, poi "Ovo" (deludente) e la colonna sonora "Long Way Home" (non pervenuta). Peter Gabriel non ha bisogno di visibilità, l'assenza ha fortificato anzi la sua immagine a metà tra pop e avanguardia, è un totem stimato trasversalmente non solo da vecchi nostalgici, ma anche da suffragetti della world music e da nevrotici dei suoni e ultrasuoni (come dire la musica come sociologismo e come psicologismo). Adesso "Up" è qui tra noi, si può rigirare tra le mani guardando un vecchio filmato dei Genesis: fuori gli altri, Gabriel è roba nostra.

    Il pezzo iniziale, "Darkness" parte con una marcia che non sarebbe stata male in un disco dei King Crimson, poi il pezzo improvvisamente rallenta e interviene il cantato con accompagnamento pianistico; tutto il brano è giocato sull'alternanza vuoto/pieno, con improvvise sfuriate che interrompono una bella e non banale linea melodica. Poi la voce: Gabriel possiede una delle voci più emozionanti del rock assieme a Robert Wyatt e David Sylvian; anzi, non si commette un'eresia ad affermare che il timbro è molto più bello e interessante adesso di trent'anni fa.

    Proseguiamo fiduciosi con "Growing Up", che parte con il mellotron (!) ma poi ben presto si trasforma in un pezzo ritmico tipico di Gabriel (alla "Steam", tanto per intenderci), il brano non è scontato come potrebbe apparire ad un primo ascolto e, caratteristica di un po' tutti i brani di "Up", il centro melodico ha un che di sfuggevole e poco memorizzabile. Si comincia però ad avvertire il sospetto di un disco incentrato molto sulla cura dell'arrangiamento, un disco più di suoni che di canzoni. Il sospetto diventa certezza al terzo brano "Sky Blue", accattivante certo, però anche un po' povero di idee e scontato. Le due tracce successive ci risollevano, "No Way Out" e "I Grieve" sono due splendide finte ballate alla Gabriel, dense, tese, crepuscolari, adulte, profonde; "I Grieve" poi è forse l'highlight del disco. Arriviamo alla conosciuta "The Barry Williams show", bello il testo e il video, ma il pezzo, comunque non disprezzabile, non "entra" e non coinvolge neanche dopo vari ascolti, e quindi, per lo meno come singolo, non funziona.

    Le successive "My Head Sound Like That" e "More Than This" sono curatissime nell'arrangiamento, ma alla fine rientrano in un cliché consolidato, brani che non prendono forma e non decollano nel loro dispiegarsi ora pacato ("My Head...") ora sostenuto ("More Than This"), brani complessi, molto tecnici, certo non brutti e gestiti con grande mestiere, ma di scrittura un po' deludente e poco emozionale. Ci riprendiamo con "Signal To Noise", brano splendido nel suo unire gli orientalismi di "Passion" (affascinante il cantato di Nusrat Fateh Ali Khan) con il sinfonismo più epico e teatrale, in un finale in crescendo. "The Drop", con poche note di piano che accompagnano la voce, chiude il disco.

    "Up" è un disco notturno, a volte anche plumbeo, riuscito nel tentativo di convogliare un esistenzialismo introverso in una forma-canzone formalmente ineccepibile ed estetizzante, ma anche un disco dove una produzione eccellente a volte sopperisce, o tenta di farlo, a qualche carenza compositiva e di ispirazione. In tal senso un disco moderno e in linea con i tempi. Alla fine, un deciso passo indietro rispetto al precedente "Us" e forse il disco non "anomalo" di Gabriel meno convincente dopo "So". Non vi pentirete dell'acquisto, però dieci anni sono tanti... .
    (ondarock.it / Recensione: Michele Chiusi)


    Curiosità sulla Copertina

    L’artwork dell’album “Up” di Peter Gabriel uscito il 24 settembre del 2002 presenta sulla copertina il volto sfocato dello stesso artista che va a coprire l’intero spazio disponibile, mentre davanti a lui si fanno spazio cinque gocce d’acqua disposte in linea diagonale e ognuna di esse contiene un’immagine rifratta del suo stesso volto. La fotografa inglese Susan Derges riuscì ad ottenere questo effetto di gocce congelate a mezz’aria utilizzando una luce stroboscopica.
    (dal web)
     
    Top
    .
1 replies since 27/8/2013, 00:27   473 views
  Share  
.