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PETER GABRIEL: Peter Gabriel (Melting Face). Era il giugno 1980 quando vide la luce il terzo dei primi quattro album solistici di Peter Gabriel che portano come titolo il suo nome.
Già dalle prime note, o meglio, dai primi "colpi", si capisce che si ha a che fare con un disco particolare, ma lo si intuisce già osservando la copertina: una foto in b/n che ci mostra il volto "liquefatto" dell'artista, la celeberrima "melting face" che contraddistingue un po' l'intero lavoro, e se vogliamo, ne è il comune denominatore.
La tematica che visivamente, musicalmente e testualmente viene trasmessa, è la condizione di disagio e instabilità dell'uomo contemporaneo, conseguenza di tutte quelle sollecitazioni che subisce nell'habitat che lui stesso ha contribuito a creare con tutti i suoi aspetti negativi, fino ad un punto in cui rinsavire non è più possibile. La stessa tematica di "The Dark Side Of The Moon" dei Pink Floyd, in cui Roger Waters, mirando attraverso un'ottica grandangolare, afferma che l'unico modo per uscire da tutto ciò è "impazzire".
Peter Gabriel invece non parla in maniera universale, ma ci racconta nove storie legate dallo stesso comune denominatore. Ci narra di personaggi a cui piace violare la privacy altrui ("Intruder"), che non hanno più autocontrollo ("No Self-Control"), che si impongono la perdita della memoria ("I Don't Remember"), che uccidono ("Family Snapshot") perché incapaci di comunicare ("And Through The Wire"), che giocano alla guerra ("Games Without Frontiers"), che giudicano i diversi ("Not One Of Us"), che rimangono vittime del sistema ("Biko"), ma che tuttavia, a livello inconscio, desiderano condurre una vita normale ("Lead A Normal Life"). Un tema indubbiamente forte ed attualissimo, molto più oggi che di 27 anni fa (non c'è da spiegare perché: la realtà in cui viviamo è sotto gli occhi di tutti...).
La rabbia recondita espode con incredibile potenza nelle sonorità del disco, nulla a che vedere con i due precedenti dischi di Gabriel, ne, tantomeno, con la produzione dei Genesis dell'era-Gabriel. Il suono di batteria presente in questi solchi è qualcosa che non si era mai sentito: ogni colpo sul rullante è un autentico pugno nello stomaco. Completano il muro sonoro opprimenti tappeti di sintetizzatori allucinati, opera di Larry Fast e dello stesso Peter Gabriel, che cura anche la stesura della parte percussiva. Alle chitarre troviamo i fidi Robert Fripp (King Crimson) e David Rhodes, che da qui inizierà la sua lunga collaborazione con Gabriel. Al basso l'immancabile Tony Levin e John Giblin. Al sax Dick Morrissey. Non dimentichiamoci di altre due guest-stars di lusso: la splendida Kate Bush ai cori, la cui magnifica voce, "sporcata" attraverso il Vocoder, risulta addirittura irriconoscibile (si ascoltino "Intruder" e "Not One Of Us"), e l'ex-compagno di avventure prog Phil Collins, ovviamente dietro i tamburi a sostituire in alcune tracce l'insostituibile Jerry Marotta.
...Si diceva del suono di batteria: Peter Gabriel, evidentemente non soddisfatto dei risultati ottenuti nei suoi precedenti lavori, era determinato ad ottenere un suono pulito e definito, dare risalto al ritmo puro, battere e levare. Decide quindi di eliminare completamente i piatti dal kit di batteria, che, secondo la sua intuizione, compromettevano il limpido incedere del ritmo. E non basta: il suono prodotto "live" veniva filtrato e compresso in studio tramite un equalizzatore grafico, e poi amplificato. Non servono altre parole: si ascolti "Intruder"!
Appena pubblicato, il disco raggiunse immediatamente il primo posto della classifica in U.K., dove stazionò per due settimane consecutive. Quello che i dirigenti della casa discografica avevano definito un "suicidio commerciale", otterrà ottimi riscontri di vendite anche negli U.S.A., vendendo complessivamente più copie dei due "Peter Gabriel" precedenti messi insieme. Questo disco, con il successivo (ancora più ardito per sperimantazione e strumentazione), ha il merito di aver rivoluzionato il suono di batteria e di aver influenzato almeno un decennio di produzione musicale: come non dimenticare il sound compresso di batteria che ha marchiato in maniera incancellabile tutti gli anni '80?
...e il primo che ha preso la palla al balzo è stato proprio Phil Collins: il sound cui egli stesso ha contribuito a definire è riconoscibilissimo nel suo primo hit da solista, "In The Air Tonight", che trascinerà in vetta alle classifiche mondiali, nel 1981, il suo "Face Value". Stessa sorte per i singoli dei Genesis "Man On The Corner" (Collins) e "Mama" (Banks/Collins/Rutherford), rispettivamente da "Abacab" (1981) e "Genesis" (1983).
Peter Gabriel sarà capace di sfornare tre capolavori consecutivi: questo, il quarto "Peter Gabriel" (con la famosa "Shock The Monkey", 1982) e "So" (1986), vertice creativo dell'artista, capace di fondere la sperimentazione degli anni passati con ottime melodie squisitamente pop, generando uno dei grandi dischi dell'ultimo trentennio di produzione musicale. Un'esperienza che l'ex-Genesis, duole affermarlo, non ripeterà mai più. (debaser.it / Recensione: aamario78)
Curiosità sulla Copertina
Con "Peter Gabriel (3)", meglio conosciuto come "Melting Face" ("volto che si scioglie"), si chiude la trilogia degli album di Gabriel "senza titolo". Il cantante commissiona ancora una volta il lavoro di copertina allo studio Hipgnosis, soddisfatto delle immagini create per gli altri due dischi. Il titolo attribuito all'LP fa pensare a quello di un'opera pittorica, e in effetti sembra proprio un quadro quello realizzato per questa copertina. Il volto di Peter Gabriel che si sta sciogliendo pian piano rimanda al suono dell'album (niente è lasciato al caso dall'artista), che presenta una musica in fase di disintegrazione, che si liquefa lentamente, dove tutte le distinzioni scompaiono e non c'è modo di fermare il processo di scomposizione. Non c'è dubbio, Peter Gabriel è sempre stato avveniristico nella musica e nell'arte che la raffigura. (dal web)
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