YES - Copertine dischi in vinile

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    YES: Fly From Here.
    La copertina è molto, ma molto bella. Il celebre Roger Dean, storico copertinista, la gioca sulle tonalità del verde e vi inserisce anche alcuni riferimenti a sue copertine del passato; sono vere e proprie citazioni artistiche. La versione in vinile evidenzia al meglio il paesaggio, per le semplici e ovvie dimensioni rispetto al CD. Sempre per gli appassionati del vinile, a margine tuttavia aggiungo che il supporto in questione non è il meglio in quanto a stampa ed è imbustato in una carta scadente: un brutto punto a sfavore.

    La formazione vede oltre ai tre classici Yes Steve Howe, Chris Squire e Alan White, il ritorno alle tastiere di Geoff Downes e il nuovo cantante: Benoit David. Quest’ultimo è la voce di un gruppo denominato Close to the Edge, una tribute band, ovviamente degli Yes. Ha una voce vagamente somigliante a quella di Jon Anderson, meno eterea e meno femminile, per così dire; è un bene, in quanto un imitatore alla Teo Teocoli avrebbe odorato di messa in scena. Dunque una ennesima formazione per quella che è ormai una vera e propria famiglia allargata. Inoltre questo è l’intervallo più lungo tra un album di inediti e l’altro nella storia della band: ben dieci anni.

    Il produttore di Fly From Here è il celebre Trevor Horn (già cantante di passaggio in Drama), che compare anche come co-autore in molti brani (all’interno della copertina viene fotografato persino con il gruppo schierato, cosa inusuale ed emblematica). Si tratta quindi di una presenza massiccia, oso dire ingombrante, al punto che con un altro produttore il disco probabilmente sarebbe stato migliore. E allora parliamo del contenuto, sebbene non ci sia moltissimo da dire.

    L’ispirazione non è infinita nel tempo e illimitata nei confini; può aiutare l’esperienza, ma non oltre, come dimostra questo album. I brani scorrono senza grandi acuti, nel senso di momenti musicali di notevole qualità. Certamente il marchio Yes si sente. Il drumming secco e potente, il caratteristico timbro del basso, le pennate, gli arpeggi e gli abbellimenti della chitarra. Ma questo non basta, è solamente il punto di partenza. Chi ha l’onore ma anche l’onere di portare il nome Yes addosso dovrebbe essere in grado di fare molto di più. Non basta neppure un poco ispirato S. Howe per innalzare il livello “tecnico-tattico” del disco. Hour of Need e Solitarie sono pezzi firmati da lui. Il primo è banale ma con un bel testo; il secondo è strumentale per chitarra sola.

    I brani da FM music, cioè radiofonici, non mancano, anzi abbondano. Nella prima facciata (uso questo termine desueto in quanto l’ascolto avviene dall’LP), sono discrete l’Overture, Fly From Here part I, che è dinamica e contiene dei tipici cambi d’atmosfera, e Fly From Here part II che ne è una logica continuazione, mentre è ridicola Fly From Here part IV, quasi un pezzo da cartone animato. La Fly From Here part V è un mero riempitivo, inutile. Nell’insieme i primi sei brani rappresentano una sorta di suite, legati da un tema ricorrente e da un incerto e titubante filo conduttore nei testi. La seconda facciata di apre con The Man You Always Wanted Me To Be, una canzone che non può avere pretese; invece Life on a Film Set generosamente si può dire rialzi discretamente le sorti del lavoro. L’ultimo brano, Into the Storm, a firma collettiva (compare anche Oliver Wakeman che probabilmente avrà collaborato prima di allontanarsi), porta i tipici cori nello stile Yes, ma è incalzante quanto monotono.

    Si tratta di un disco decisamente di mestiere, dove l’esperienza pluridecennale di lavoro ha la meglio sull’ispirazione e su quella che dovrebbe essere una costruzione architettonica vasta, variegata e ricca, come nella migliore tradizione. Confrontandolo, in quanto a protagonisti coinvolti e a tipologia musicale, con Drama, perde il confronto. L’acquisto è consigliabile a chi possiede già almeno una dozzina di album tra i migliori del gruppo. E a chi ama le belle copertine. (di Attilio Recupero - storiadellamusica.it)
     
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