DIRE STRAITS - Copertine dischi in vinile

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    DIRE STRAITS: Love Over Gold (1982).
    E’ il 1982 quando i Dire Straits, già forti di un promettente album d’esordio, di un album come communique ma soprattutto di un successo commerciale come Making Movies, si avventurano in una nuova opera che considero, almeno personalmente, una delle più alte vette della loro carriera (e non solo dal punto di vista del marketing). Anche se, a dire il vero, penso che i Dire Straits siano un rarissimo caso di band nella quale a stento si riconoscono dei cali di espressività o qualità nel song writing.

    Se dapprima gran parte della musica era affidata all’alternanza ciclica tra le chitarre dal sapore country e la voce di knopfler, conferendo alle tastiere un ruolo marginale solo in making movies, l’entrata di Alan Clark alle tastiere / synth segna un cambiamento radicale. In meglio o in peggio? La qualità della musica è elevatissima, perché si percepisce un’alchimia incredibile tra tutti gli strumenti e penso sia il punto di forza di tutto l’album. Sembra che Alan sia dentro la band da sempre perché, sin da subito, entra nella spina dorsale del nuovo sound della band. Starà a voi capire se siete troppo affezionati ai Dire Straits che suonavano un country rock alla Sultans of Swing, o se ammirate la maestria dei nuovi arrangiamenti spiccatamente rock.

    Tracklist

    1. Telegraph Road - 14:21
    2. Private Investigations - 6:46
    3. Industrial Disease - 5:50
    4. Love over Gold - 6:17
    5. It Never Rains - 7:59

    In quel periodo Mark Knopfler e compagni avevano qualche dissapore con l’etichetta che, una volta sentita la preview di questo album, tentarono di negoziare un taglio più radiofonico nel tentativo di ripetere il successo costituito da Making Movies, dove la formula era proprio quella dei brani corti ed orecchiabili come Romeo & Juliet, Solid Rock e altre. Mark non cedette, e decise di diventare temporaneamente l’unico produttore dell’album … e si sente. Un lavoro decisamente sperimentale rispetto ai precedenti, e sicuramente più libero di esprimersi.

    Basta pensare alla prima traccia, Telegraph Road. Una lunga suite di 14 minuti, suonata in maniera magistrale. Gli arpeggi di chitarra classica e di piano si incastrano perfettamente, creando i botta e risposta che prima toccavano, principalmente, al vocalist e ai suoi fill di chitarra. Compaiono i primi effetti sonori (l’intro infatti si compone di un lungo pad con in lontananza il rumore di un temporale) e, come detto prima, è impossibile pensare questo pezzo senza le tastiere di Alan Clark che diventano parte integrante di un sound nuovo che li porterà alla ribalta con il masterpiece Brothers in Arms. I nuovi mezzi a disposizione non escludono però il consolidato playing di Mark knopfler, che si dimostra sempre accattivante e melodico soprattutto nel solo finale.

    In tutto l’album si respira un mood misterioso / ‘atmosferico’ e la seconda traccia, Private Investigations, forse rappresenta meglio delle altre tracce questo concetto. Una specie di ballad malinconica, piena di effetti sonori riverberati (rumore di camminata, vetri che si rompono) e un andamento lento che si presta benissimo alla narrazione del cantante. Il tutto termina con un incessante loop di basso, quasi a voler rimarcare un battito cardiaco, mentre si alternano suoni di chitarra distorta in lontananza. Forse si tratta della traccia più sperimentale ed atmosferica.

    Industrial Disease è un brano rock and roll quasi scivolato per caso in questo tugurio di effetti sonori e malinconia. Ma è solo un’impressione, perché se da una parte ricorda molto la futura walk of life per via del riff portante eseguito con l’organo che ci trasmette una finta allegria, dall’altra il testo lo trovo criptico e incomprensibile seppure riesca capire, a grandi linee, che parli di disagio negli ambienti lavorativi. Uno dei brani più strani e atipici della band.

    Si ritorna alla poesia con la title track Love Over Gold. Come per le prime 2 tracce si percepisce come questa canzoni siano slegate da qualsiasi struttura canonica di versi e ritornelli. E’ tutto un flusso, un fiume che scorre limpido. Come per la prima traccia le atmosfere si susseguono da felice a malinconica e, soprattutto in questa canzone, la marimba di Mike Mainieri (musicista complementare) conferisce al brano un’atmosfera quasi fanciullesca.

    Si termina con It Never Rains. E qui si manifesta ancora l’enorme versatilità espressiva della band. Comincia tutto in maniera leggera con un organo soffuso e un’atmosfera quasi pop, per poi montare progressivamente di dinamica fino alla fine dove si assiste ad un solo cupo, in un’atmosfera ambivalente tra il pezzo ‘prima’ con l’organo e questo nuovo pezzo molto più scuro.

    Conclusioni
    Insomma, Love Over Gold è un lavoro difficile da inquadrare ma con una carica emotiva notevole. E’ un pezzo d’arte incredibile e, sinceramente, uno di quei album che mi fa chiedere:”… come può un essere umano arrivare a tanto?”. Io non lo so se esagero. Ma posso dirvi che lo ascolto da quasi 20 anni e in molti punti mi vengono ancora le lacrime agli occhi. (neesk.com)
     
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