CHEF e CIBI nella STORIA

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  1. gheagabry
     
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    "Se vi chiedono cos'è, ditegli che è una ricetta segreta di Chantilly".


    François VATEL


    François Vatel, pseudonimo di Fritz Karl Watel (Prigi, 1631- Chantilly 1671), grande cuoco francese nato a Parigi da famiglia di origini svizzere.
    Ai tempi di Luigi XIV Vatel viene preso a servizio da Nicolas Fouquet, sovrintendente alle finanze del Regno di Francia. È in questo periodo che il nostro chef si specializza anche nell’organizzare feste e banchetti e, incaricato da Fouquet di provvedere all’inaugurazione del castello di Vaux-le-Vicomte, crea la sua ricetta più celebre, in seguito divenuta famosa come crema Chantilly, di cui parleremo a breve. Ora però restate ancora un attimo concentrati sulla storia. La ricchezza di Fouquet gli consente di servire le portate in piatti d’oro massiccio, il che, anche a detta dei cortigiani dell’epoca, aumenta di molto lo splendore delle prelibatezze che Vatel prepara. In quel periodo Fouquet stava pericolosamente diventando un personaggio scomodo per il re, che intendeva liberarsi di ogni possibile concorrente e lo fece quindi arrestare con l’accusa di corruzione, sostituendolo con Jean-Baptiste Colbert.
    Temendo di essere arrestato insieme a Fouquet, François Vatel fuggì in Inghilterra, rientrando in Francia solo quando ottenne l‘assicurazione regale di non essere arrestato e di essere invece impiegato alla reggia di Versailles. A corte Vatel viene assunto da Luigi II di Borbone-Condé e assegnato al Castello di Chantilly, in onore del quale rinominerà la crema di sua ideazione. Nel 1663 é nominato contrôleur général de la Bouche (controllore generale dei pasti) della corte personale di Luigi II, che lo rende responsabile dell’acquisto e della fornitura delle vivande per i sontuosi pranzi spesso organizzati.

    Qualche anno dopo il principe di Condé (caduto in disgrazia dopo il suo ruolo nella Fronda del 1652 che aveva tentato di detronizzare Luigi XIV ancora bambino), si decise, sull’orlo della bancarotta, a riacquistare i favori del re. Per l’occasione venne organizzata una festa della durata di tre giorni e tre notti con tre sontuosi banchetti, uno per sera. Oltre a Luigi XIV, alla festa presero parte 3.000 membri della corte di Versailles e 600 tra cortigiani minori e servitori. La festa costò al principe 50.000 scudi ma gli valse il totale perdono del re oltre alla sua ammirazione per un così gradito omaggio.
    Vatel organizzò tutta la festa in soli 15 giorni preparando menu elaborati e spettacolari per stupire la corte reale e ammaliarla con lo splendore di pietanze uniche.
    La sera di giovedì 2 aprile 1671, proprio al centro dei festeggiamenti, gli ospiti rientravano al castello di Chantilly dopo una caccia durata l’intera giornata, in attesa del banchetto serale illuminato da fuochi d’artificio. Il giorno successivo, venerdì santo, era tradizione servire in tavola pesce fresco e molluschi. Vatel si era preoccupato che il pesce fosse pescato il giorno prima e trasportato direttamente dal porto di Boulogne. Purtroppo però la consegna subì dei ritardi e quando giunse a destinazione Vatel si accorse che il pesce non risultava sufficiente per tutti gli invitati. Che fare? Famoso per la dedizione assoluta al lavoro e la sua maniacale precisione Vatel, disperato per l’inconveniente, salì nella sua stanza e si trafisse con tre colpi di spada, morendo così per un contrattempo di cui si sentiva responsabile e colpevole fino al disonore.

    "Ci sono uomini troppo nobili per vivere con gli aristocratici!"



    "È domenica 26 aprile: questa lettera partirà solo mercoledì; ma non è una lettera, è una relazione che Moreuil mi ha appena fatto, alla vostra intenzione, degli avvenimenti di Chantilly concernenti Vatel. Vi scrissi venerdì che si era pugnalato; ecco la vicenda nei particolari. Il re arrivò giovedì sera; la caccia, le lanterne, il chiaro di luna, la passeggiata, la merenda in un luogo tappezzato di giunchiglie, tutto si svolse nel migliore dei modi. Cenarono, vi furono alcune tavole cui mancò l’arrosto, a causa di vari commensali che non erano stati previsti; Vatel ne fu scosso, disse ripetutamente: «sono disonorato, è uno scorno che non sopporterò». Disse a Gourville: «Mi gira la testa, sono dodici notti che non dormo; aiutatemi a darordini». Gourville lo sollevò quanto poté. Quell’arrosto mancato, non alla tavola del re, ma alle venticinquesima, gli tornava sempre in mente. Gourville lo disse al Principe. Il Principe andò fino in camera sua e gli disse: «Vatel, tutto va bene; niente era così bello come la cena del re». Gli rispose: «Monsignore, la vostra bontà è il colpo di grazia; so che l’arrosto è mancato a due tavole». «Niente affatto,» disse il Principe, «non v’inquietate: tutto va bene». Viene la notte, il fuoco d’artificio non riesce, fu coperto da una nuvola, costava sedicimila franchi. Alle quattro del mattino, Vatel se ne va dappertutto, trova tutti addormentati, incontra un piccolo fornitore che gli portava soltanto due carichi di pesce fresco; gli domandò: «E tutto qui?» Gli disse: «Sì, signore». Non sapeva che Vatel aveva mandato a tutti i porti di mare. Aspetta un po’ di tempo; gli altri fornitori non vengono; la testa gli si scalda, crede che non avrà più altro pesce; trova Gourville e gli dice: « Signore, non sopravvivrò a questa onta. Ho un onore e una reputazione da perdere». Gourville lo prende in giro, Vatel sale in camera, mette la spada contro la porta, e se la passa attraverso il cuore, ma fu solo al terzo colpo, perché se ne diede due che non erano mortali; cade morto. Intanto il pesce arriva da tutte le parti: si cerca Vatel per distribuirlo, vanno alla camera, bussano, sfondano la porta, lo trovano affogato nel suo sangue; corrono dal Principe, che ne fu desolato. Il Duca pianse; su Vatel s’imperniava tutto il suo viaggio in Borgogna. Il Principe lo disse al re con gran tristezza; dissero che era un modo di rispettare il proprio onore; lo lodarono molto, lodarono e biasimarono il suo coraggio. Il re disse che da cinque anni ritarda va la venuta a Chantilly, perché capiva gli eccessi di quest’incomodo. Disse al Principe che doveva preparare solo due tavole, e non farsi per niente carico di tutto il resto; giurò che non avrebbe più tollerato che il Principe si regolasse così; ma era troppo tardi per il povero Vatel. Intanto Gourville cerca di rimediare alla perdita di Vatel; fu rimediato; pranzarono benissimo, fecero merenda, cenarono, passeggiarono, giocarono, andarono a caccia; tutto era profumato di giunchiglie, tutto era incantato..."
    (Madame de Sévigné)


    Quelli sono gli anni in cui la cucina transalpina si rinnova, abbandonando l'abitudine della pila di cibo ed i rozzi utensili medievali in favore di consuetudini più moderne, come il servire le portate separatamente e l'adozione di strumenti come nuove varietà di padelle e pentole e l'uso dell'argento come materiale da costruzione. Dal Nuovo Mondo arrivano nuove varietà di alimenti: in particolare tè, caffè e cioccolata si diffondono in tutti gli strati della popolazione, mentre dottori ed intellettuali discutono su costi e benefici. Il Seicento vede anche l'affermazione di alcuni rinomati fuoriclasse dei fornelli: oltre a Vatel, ricordiamo anche Louis de Bechameil (il creatore della besciamella) e Pierre Francois de la Varenne, cuciniere del marchese d'Uxelles ed autore deLe cuisinier françois (1651), considerato il manuale della moderna cucina francese.
    Al centro dell'esplosione gastronomica dell'Ancien Regime si trova però il nutrimento del monarca. I pranzi di Luigi XIV erano banchetti luculliani, basati sull'abbondanza delle vivande e la loro presentazione spettacolare, piuttosto che sulla delicatezza degli ingredienti. Secondo i resoconti dell'epoca, il sovrano spesso mangiava "quattro piatti di differenti zuppe, un intero fagiano, una pernice, una grossa ciotola d'insalata, un montone condito con aglio, due buoni pezzi di prosciutto, un piatto colmo di torte, frutta e marmellata".
    Particolarmente sontuoso il cerimoniale che circondava il Re Sole quando decideva di nutrirsi a Versailles. Deputato alla preparazione del cibo era un esercito di 324 persone, alloggiato nell'odierno Hopital Militaire.
    Alle 13 esatte scoccava l'ora di pranzo: tutti i piatti presenti nel menù venivano portati dalla cucina al sovrano mediante una processione guidata dal Primo Maitre d'Hotel, accompagnati da 36 gentiluomini "servitori" (portare i pasti al re era un onore fortemente ricercato dai cortigiani) e da 12 Maestri di corte, muniti di un bastone d'argento dorato come emblema del loro incarico; data la distanza tra il luogo di preparazione (la cucina) ed il luogo di consumazione (la camera da letto del re), divisi da corridoi e saloni, spesso le vivande arrivavano in tavola fredde.
    Mettendo da parte la moltitudine di guardie del corpo, servitori e favoriti vari, il Re Sole raramente aveva ospiti a tavola, tranne quando in occasioni speciali divideva il pasto con i familiari. Spesso, le azioni hanno più di un significato e il modo di mangiare del Re di Francia non fa eccezione.
    Sicuramente, Luigi XVI di Borbone fu un gran mangiatore, talmente amante della buona tavola da portarsi a letto uno "snack antifame" composto da 3 pagnotte, due bottiglie di vino e tre d'acqua, ma non bisogna liquidare le Diner del monarca come semplice esagerazione di un ghiottone.
    Al contrario, era un elaborato cerimoniale che ricordava quotidianamente l'importanza del personaggio cui era dedicato.
    Il numero delle vivande, la loro elaborazione (i cibi variavano da pietanza "indigene" francesi ad alimenti più esotici, importati direttamente dall'America o prodotti in speciali strutture, come le serre reali), il modo con cui venivano servite al sovrano (che in alcuni punti ricordava la procedura della Messa cattolica), il contegno tenuto dai famigliari presenti (che dovevano comportarsi come se fossero a casa d'altri): tutto sottolineava come non si stava soddisfacendo solo la voluttà di un riccone, ma si stava operando per tenere in vita l'incarnazione dello Stato stesso, il fondamento di tutto la nazione; se il Re Sole affermava "Lo Stato sono io", la sua tavola lo ribadiva con forza. Non solo ghiottoneria, ma un mostruoso macchinario di creazione ed esaltazione del consenso e di sostegno alla figura del sovrano; un macchinario che, consapevolmente o meno, poteva stritolare qualcuno, come successo a Vatel.
    (dal web)


     
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3 replies since 18/6/2013, 18:36   388 views
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