MULINI ..la storia

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  1. gheagabry
     
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    "I mulini erano presenti su tutto il territorio comasco. Nelle zone di montagna e lungo il lago, in ogni valle dove scorreva un rivo d’acqua che consentisse a una ruota di girare, vi era un mulino». (Azzurra Patti)



    I MULINI AD ACQUA



    L'idea di imbrigliare la forza dell'acqua per azionare macchinari ed utensili risale a tempi remotissimi e la sua applicazione pratica, i mulini, utilizzata per almeno 2000 anni, fino all'era industriale, all'avvento dei motori a combustione e l'energia elettrica e, per applicazioni artigianali, anche fino a qualche decennio fa.
    Nell'area mediterranea, per la scarsità d'acqua, erano preferiti macchinari nei quali la forza motrice erano gli animali e anche l'uomo, ma nell'area alpina e nel nord Europa, per la disponibilità di corsi d'acqua regolari e con molta portata, si diffuse lentamente la tecnologia che sfruttava la forza motrice delle pale azionate dall'acqua.


    ...la storia...


    Il luogo di nascita potrebbe in un primo momento risultare sorprendente, infatti l'irregolarità delle piogge e la loro scarsità potrebbero indurre a pensare che il mediterraneo fosse l'ultimo posto in cui si potesse pensare ad una tecnologia che utilizza l'acqua, eppure il primo mulino ad acqua è stato rinvenuto a Cabirra nel Ponto e risale al 18 a.C. tra le dipendenze del palazzo da poco elevato da Mitriade. Questa tecnologia vede forse come suo precursore le ruote elevatrici, già note ai tempi dei Faraoni, dove dei cerchioni forniti di recipienti venivano utilizzati per raccogliere l'acqua e scaricarla in bacini o canali di irrigazione.
    Nell'antica Mesopotamia l'utilizzo di macchine per l'irrigazione è documentato nelle iscrizioni babilonesi, senza dettagli sulle tecniche di costruzione, ma suggerendo lo sfruttamento dell'energia dell'acqua per l'irrigazione. L'uso di primitive ruote ad acqua risale ai tempi dei Sumeri, con riferimenti ad un mese "mese per l'aumento delle ruote idrauliche ", anche se non è noto se queste ruote erano azionate dal flusso di un fiume.



    Tra i primi documenti riguardanti i mulini ed il loro funzionamento vi sono quelli di Vitruvio, nel trattato De Architettura (25 a.C.), che descrisse un mulino che lavorava con una ruota verticale nell'ultimo secolo a.C., ma egli conosceva anche le ruote orizzontali. Ci sono poi gli scritti del poeta greco Antipatro di Tessalonica, contemporaneo di Vitruvio, dove nell'Antologia Greca descrive il funzionamento di un mulino a ruota verticale. In Europa i primi documenti sui mulini risalgono al III secolo, dove nella Gallia si trovano i primi documenti su dei mulini che giravano grazie ad un affluente della Mosella e ai mulini di Babegal costriti a 10 chilometri dal porto di Arles. Questi rappresentano sicuramente l'esempio del primo "centro industriale" della storia, tramite un acquedotto che terminava in un condotto inclinato venivano alimentate due serie di otto ruote verticali che facevano girare altrettanti mulini. La produzione di questa serie di mulini sarebbe stata sufficiente a alimentare un popolazione di 80.000 persone, contro le appena 10.000 che abitavano la città di Arles.
    In Germania i primi mulini si diffusero dopo le invasioni romane, sicuramente importati dai romani durante la loro dominazione, in quanto a nord della Germania, dove la dominazione fu meno influente, si ritrovano pochi mulini ad acqua.
    In Gran Bretagna non si hanno esempi prima dell'838, in Irlanda le prime notizie sui mulini si ha in una menzione giuridica del IX o X secolo; presso gli Scandinavi il mulino ad acqua fu introdotto nella seconda metà del XII secolo.
    Nella città di Roma fanno la loro comparsa nella seconda metà del IV secolo, quando furono attivati i mulini del Gianicolo alimentati da una derivazione dell'acquedotto, cessarono la loro attività nel VII secolo. Durante questo periodo tutti gli imperatori che seguirono ebbero grande cura di impedire che l'acqua fosse deviata per altri fini, per evitare problemi di approvvigionamento della farina alla città di Roma, come dimostra il grande imbarazzo che ebbe l'Imperatore Belisario durante l'assedio da parte di Totila, che distrusse le condutture dell'acqua costringendo l'imperatore a installare le ruote delle macine su delle barche sul Tevere.



    Anche se conosciuto già nel periodo romano l'utilizzo del mulino ad acqua è iniziato nel periodo medievale, come riporta il Marc Bloch " Non bisogna infatti ingannarsi: invenzione antica, il mulino ad acqua è medievale dal punto di vista della sua effettiva diffusione." I mulini ad acqua avevano un’importanza superiore a quelli a vento, in balìa, questi ultimi, ai capricci del vento, alla loro direzione, alla loro forza, alla loro frequenza. Mentre, nei limiti ritmici della natura, quelli ad acqua erano più costanti nel funzionare. Pertanto il loro sviluppo avvenne nei pressi di un fiume, di un fiumiciattolo ben fornito, delle dighe, degli acquedotti, elementi che permettevano alle pale di girare con una certa forza e costanza. Caso eccezionale erano i mulini nella laguna veneta, mossi, come ci dice un viaggiatore dell’epoca (1533) “dall’acqua del mare in una via quando il mare cresce o decresce”
    La diffusione della ruota ad acqua per le attività pre-industriali si estese molto lentamente, con periodi di regressione dovuti alle invasioni barbariche del V e del IX secolo. Fu però solamente a partire dall'XI secolo che la stabilità politica, la relativa prosperità economica e la notevole crescita demografica, posero le condizioni per un rapido imporsi delle attività artigianali e la crescita prepotente della produttività, con conseguente necessità di forza motrice per i primi, rudimentali ma efficaci, macchinari.
    Questo fattore portò a ripercussioni politiche di non poco conto. Nell'economia feudale, il signore era proprietario dei terreni e di tutto quello che sopra di essi poggiava, intendendo con questo non solo tutti i manufatti produttivi, ma anche gli animali e gli stessi uomini, nonché l'uso di tutte le risorse naturali. Quindi anche l'acqua.



    L'energia ricavata e disponibile sull'albero rotante all'interno dell'officina, fu per molti secoli sfruttata esclusivamente per le macine da grano e frantoi, cioè la rotazione costante di una grossa mola. Fu solamente nel XII secolo che venne inventato l'albero a camme, sostanzialmente dei grossi cunei innestati nell'albero rotante (o albero motore), che permisero l'utilizzo di macchinari a movimento discontinuo o alternato. Ecco comparire i magli, grossi martelloni con la testa in ferro e come manico una trave di legno, sollevati dal cuneo della camma e lasciati cadere. E poi meccanismi per azionare i mantici. Con questa tecnologia si diffusero enormemente le fucine e la lavorazione del ferro battuto. Il moto alternato permise l'invenzione delle segherie, di pestelli usati anche per triturare panni e scarti di segheria per produrre la carta, di folli per le lane.
    Per trovare delle significative innovazioni bisogna giungere già in epoca industriale, alla fine del XIX secolo. Per la molitura dei cereali venne inventata la mola a cilindri, mentre tutta una serie di accorgimenti tecnici modificò significativamente le strutture meccaniche: ruote, pale e ruote dentate fatte in ferro, cinghie per la trasmissione della forza motrice, turbine idrauliche ad altissimo rendimento collegate a generatori elettrici.





    "Ecco…ancora oggi, a distanza di più di tre secoli, adagiati sulle rupi e abbarbicati da arbusti incolti, tra rovi e sterpaglie, austeri e solitari, si ergono i MULINI, pur nella loro lenta distruzione.
    Fra tanto natale incanto, stranamente qualche ginestra vuole colorire armoniosamente quella natura selvaggia fatta di immagini e di silenzi, ovattati da una folta vegetazione di acacie, lecci, castagni e querce che quasi, chiudono a scrigno quel mondo di meraviglie.
    Tra la quiete echeggia, fluttuante e rumoroso, lo scroscio di quelle acque che hanno devotamente fatto ruotare le macine."
    (Aloisi Mirella)





    Come grano è il cuore, e noi siamo la macina del mulino:
    che può sapere la macina di questo suo eterno girare?
    Il corpo è come il sasso e l'acqua ne sono i pensieri e le pene;
    dice il sasso: -"L'acqua sa quel che avviene..."-
    E dice l'acqua: -"Chiedi al Mugnaio piuttosto,
    ch'è lui che ha scavato il canale a far scendere l'acqua"-
    E il mugnaio ti dice: -"O tu che mangi e ti nutri,
    se non girasse la ruota come nascerebbe il pane?"-
    Ma molte sono le cose che qui si potrebbero dire:
    taci dunque, e chiedile, che te le dica, a Dio!
    (antico poeta originario del Khorasan storico, nell'attuale Afghanistan, 1207)

     
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  2. gheagabry
     
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    I MULINI A VENTO


    L’uomo utilizza la forza del vento già da oltre 4000 anni. Si iniziò con la navigazione a vela. Nel 1700 a.C., in Mesopotamia (Iraq) furono costruite le prime giranti eoliche. L'origine dei mulini a vento ebbe luogo in Persia circa 3.000 anni prima di Cristo, anche se secondo altre fonti il mulino a vento fu inventato intorno al VII secolo d.C. nella regione del Seistan, attualmente in Afghanistan. Erano sostenuti da strutture innalzate sulla torre di un castello o in cima ad una collina ed erano costituiti da un vano superiore che ospitava le mole e da uno inferiore che alloggiava il rotore. In passato era usato per macinare la farina o per altri utilizzi. E' tramandato che il re di Babilonia Hammurabi progettò, nel XVII secolo a.C., di irrigare la pianura mesopotamica per mezzo dei mulini a vento. Si trattava probabilmene di mulini ad asse verticale simili a quelli tuttora in funzione in quei paesi.
    Bisogna arrivare all'anno 630 d.C., sotto il regno del califfo Omar I, per avere la certezza storicamente valida che il mulino a vento era una macchina di uso corrente. Attorno all’800 d.C. in Persia furono messi in esercizio i primi mulini a vento. I mulini persiani erano dotati di pale di stuoia intrecciate che, spinte dal vento, mettevano in moto una ruota alla quale queste erano fissate. Era anche abitudine ricoprire metà della ruota, spesso con un muro: un accorgimento attraverso il quale non si rischiava che le pale, trovandosi momentaneamente controvento, frenassero il movimento della ruota. Attorno al 1000, in Cina furono costruite giranti eoliche ad asse verticale.

    Nel Medioevo i mulini vengono introdotti anche in Europa. La prima presenza registrata è su territorio francese, risale al 1100, e dimostra un importante cambiamento strutturale rispetto al modello persiano: il movimento non è più verticale ma su asse orizzontale, una caratteristica comune ai motori eolici odierni. Apparvero al tempo delle Crociate: nel 1105, fu costruito il primo mulino a vento a torre girevole. Essi erano concezione del tutto diversa, con ruota ad asse orizzontale e di dimensioni maggiori, tecnologicamente più complessi e di maggior rendimento.
    Fino al 1573, in Europa si diffusero i mulini a vento a torre girevole. Tra il 1600 e il 1700 la costruzione di mulini a vento prosperò nei Paesi Bassi. Nel 1719 in Francia furono sviluppati mulini a vento ad asse verticale con pale ribaltabili. I mulini furono usati nel corso dei secoli in tutta Europa per i più svariati usi, come la macinazione dei cereali, la spremitura delle olive, il pompaggio dell'acqua, l'azionamento di segherie, cartiere, tintorie, industrie del tabacco. Ricordiamo in particolare i classici mulini che gli olandesi utilizzarono a partire dal 1350 per il drenaggio delle paludi; a metà del 1800 se ne contavano ancora 9.000 in funzione. Nel secolo scorso cominciarono a diffondersi aeropompe con giranti multipala di piccolo diametro, utilizzate poi in un grandissimo numero di esemplari nelle fattorie dei territori di nuova colonizzazione. Nel 1854, negli Stati Uniti nacque il famoso "Westermill", utilizzato principalmente quale pompa dell’acqua. Nel 1891 è il danese Poul La Cour, spinto dalla volontà di portare l’elettricità anche nelle campagne della Danimarca, a risolvere uno dei principali problemi presentati dall’eolico: come immagazzinare l’energia prodotta. La questione fu risolta tramite elettrolisi, mentre interventi di tipo meccanico, come la diminuzione del numero di pale, il nuovo design a rotazione permisero di dare vita al primo mulino sperimentale Askov, in grado di produrre una potenza costante, ampiamente poi utilizzato nei Paesi nordici. Il periodo di prosperità dei mulini a vento europei durò dal 1800 al 1900 circa: i mulini a vento in esercizio in Europa erano oltre 200.000. Nella seconda metà del XIX° secolo furono sostituiti da macchine a vapore e motori a combustione interna.

    Storicamente, i mulini a vento olandesi avevano molte funzioni. La più importante era probabilmente pompare l’acqua dal terreno e reimmetterla nei fiumi al di là delle dighe, per ottenere terreno coltivabile. Nel quattordicesimo secolo i mulini vuoto all’interno erano usati per far funzionare enormi ruote che prosciugavano i terreni acquitrinosi. Per secoli i mulini (molen) sono stati uno strumento irrinunciabile della vita degli olandesi; infatti ancora oggi per dire che qualcuno è impazzito, si dice che deve essere stato colpito in testa dalla pala di un mulino. In passato nei Paesi Bassi c’erano più di 10.000 mulini e venivano spesso usati sia per la macinazione industriale del mais, che per drenare l’acqua in eccesso. I mulini a vento sono festeggiati ancora oggi: nella Giornata nazionale del mulino e per le festività nazionali vengono decorati con fiori, immagini di angeli ed in alcuni casi con la bandiera olandese.

    ...miti e leggende...


    I mulini a vento, raccontano molte cose, significati tramandati nel tempo dalla cultura popolare, quasi fossero dei segnali in codice che solo i locali potevano conoscere. Per esempio, per annunciare un lieto evento i mugnai si prodigavano a posizionare le pale in modo tale che queste potessero raggiungere il loro punto massimo (la cd. posizione d'arrivo), nel caso di lutto al contrario, la pala verticale veniva posizionata appena sotto il punto più alto (posizione definita 'andante'). Si pensi inoltre al significato dei messaggi d'allarme o di pericolo in genere che tali marchingegni potevano produrre durante le retate della II Guerra Mondiale. Un codice segreto dei mulini appunto.

    A Gogołów secondo la leggenda, il primo mugnaio locale fu un certo Conrad, un uomo disabile. Era nato con una gamba più corta. Si innamorò della figlia di un fabbro locale, che si chiamava Edvige. Ma lei respinse le sue attenzioni. Nella disperazione si impiccò in una delle travi del un mulino a vento, che allora era priva di una pala. La gente lo oltrepassava da lontano, diceva che era un mulino a vento stregato, e che se fossero entrati, avrebbero incontrato sventura. Un anno e mezzo dopo il suicidio del mugnaio, a Gogołowie arrivò un ragazzo di nome Federico ,in cerca di lavoro. Andò di casa in casa, ma non trovò occupazione. Decise di trascorrere la notte nel mulino a vento, e il giorno dopo, di andare in un villaggio vicino. Non sapeva degli eventi precedentemente accaduti nel mulino a vento. Egli entrò, si sdraiò sulla paglia e si addormentò. Tuttavia, ebbe un sogno fantastico. Sognò che il mulino aveva iniziato a lavorare di nuovo. A gestirlo era uno zoppo, che aveva chiesto aiuto a Federico. Nonostante l'enorme sforzo Federico non riusciva a tenere il passo del mugnaio. Quando finirono il lavoro, caricarono 40 sacchi sul carro di un uomo anziano, che poi li pagò con una manciata di denaro. Miller ,che era venuta con Federico, chiese di dividere equamente i sVecchioi e lui andò a lavarli in un ruscello. Federico versò il contenuto della borsa e cominciò a contare. Scoprì che la borsa era di 13 monete d'argento. All'inizio voleva nascondere la tredicesima per se stesso, ma si ricordò che il mugnaio aveva faticato più di lui e quindi decise di rimettere la tredicesima moneta sulla sua pila. All'improvviso udì una voce dietro la Miller, "Tu sei onesto, quindi vi ricompenserò tutti." In quel momento il gallo cantò e Federico si svegliò. Improvvisamente vide sotto i piedi un fodero in pelle. Quando guardò dentro, trovò tredici monete. Più tardi, quello stesso giorno acquistò una pala e per molti anni macinò farina per i residenti locali. (Leggenda citata sulla base di: Wojciech Chądzyński, esplorando la Bassa Slesia e la sua capitale leggenda, fatti, sensazioni, Wrocław 2006, pagine 237-239.).


    "..In questo mentre, scòrsero trenta o quaranta mulini a vento che sono in quella pianura, e come don Chisciotte li ebbe veduti, disse al suo scudiero:
    — La fortuna va guidando le cose nostre meglio di quel che potessimo desiderare; perché, vedi là, amico Sancio Panza, dove si scorgono trenta o pochi di più, smisurati giganti, con i quali penso di battagliare sì da ammazzarli tutti. Con le loro spoglie cominceremo a farci ricchi, poiché questa è buona guerra, ed è anche gran servigio reso a Dio sbarazzare da tanto cattiva semenza la faccia della terra.
    — Quali giganti? — disse Sancio Panza.
    — Quelli — rispose il padrone — che tu vedi laggiù, con le braccia lunghe, che taluni ne sogliono avere quasi di due leghe.
    — Guardate — rispose Sancio — che quelli che si vedono laggiù non son giganti, bensì mulini a vento, e quel che in essi sembrano braccia sono le pale che, girate dal vento, fanno andare la macina del mulino.
    — Si vede bene — rispose don Chisciotte — che in fatto d'avventure non sei pratico: son giganti quelli; che se hai paura, scostati di lì e mettiti a pregare mentre io vado a combattere con essi fiera e disuguale battaglia. E, così dicendo, spronò il cavallo Ronzinante, senza badare a quel che gli gridava lo scudiero per avvertirlo che, certissimamente, erano mulini a vento e non giganti quelli che stava per assalire. Ma egli s'era così incaponito che fossero giganti da non udire le grida del suo scudiero Sancio, né, per quanto già fosse molto vicino, s'accorgeva di quel che erano; anzi andava vociando:
    — Non fuggite, gente codarda e vile; ché è un cavaliere solo colui che vi assale. Si levò frattanto un po' di vento, e le grandi pale cominciarono ad agitarsi. Il che avendo visto don Chisciotte, disse:
    — Ma per quanto agitiate più braccia di quelle del gigante Briareo, me la pagherete. E così dicendo e raccomandandosi di tutto cuore alla sua dama Dulcinea, chiedendole che lo soccorresse a quel passo, ben difeso dalla sua rotella, con la lancia in resta, mosse all'assalto, al gran galoppo di Ronzinante, e attaccò il primo mulino che gli era dinanzi. Ma, nel dare un colpo di lancia contro la pala, questa fu roteata con tanta furia dal vento che mandò in pezzi la lancia e si trascinò dietro di sé cavallo e cavaliere, il quale andò a rotolare molto malconcio per il campo. Accorse in aiuto Sancio Panza, alla gran carriera dell'asino suo, e quando giunse trovò che don Chisciotte non si poteva rimenare, tale fu il picchio che batté insieme con Ronzinante.
    — Mio Dio! — disse Sancio. — Non ve l'avevo detto io che badaste bene a cosa facevate, che non erano se non mulini a vento, e che solo chi n'avesse nella testa degli altri come questi poteva non saperlo?
    — Chetati, caro Sancio — rispose don Chisciotte — che le cose della guerra, più che altre, son sottoposte a continua vicenda; tanto più, io penso, e così è per vero, che quel dotto Frestone, il quale mi portò via la stanza e i libri, ha cambiato questi giganti in mulini per togliermi il vanto di vincerlo, tanta è l'inimicizia che ha con me; ma alla fin fine, poco varranno le sue male arti
    contro la bontà della mia spada...." (VIII catitolo, Don Chisciotte della Mancia)
     
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  3. gheagabry
     
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    ...i mulini a marea...


    Se si pensa mulini viene subito in mente le pale mosse dal vento o le ruote azionate dall’acqua, ma nelle zone costiere fu usata un’altra forza della natura accessibile e pronta: le maree. E’ nel medioevo che si inizia a sfruttare questa fonte di energia. Il primo mulino a marea di cui si abbia notizia è sorto a Venezia nel 1044. Nel XII secolo i mulini a marea sono presenti nel porto di inglese di Dover. Da lì hanno una rapida diffusione sulla costa settentrionale dell’Europa, posti soprattutto agli estuari dei fiumi. Nel tardo medioevo e nei secoli successivi questi mulini erano numerosissimi in Bretagna, dove se ne possono trovare ancora di funzionanti.
    Per il loro funzionamento veniva sbarrata un’ansa della costa durante l’alta marea, creando così un serbatoio d’acqua; poi, nella fase di bassa marea, l’acqua trattenuta veniva fatta defluire attraverso una ruota che azionava il mulino. Le ruote erano generalmente in legno di quercia, essenza particolarmente resistente all’acqua, cerchiate di ferro, con alcune decine di pale e poggiavano su supporti rivestiti di piombo.
    Dove un tempo sorgevano i mulini a marea questa fonte di energia non è rimasta oggi inutilizzata. Sulle coste atlantiche dell’Europa sono infatti diffuse le centrali elettriche che sfruttano proprio le maree
    [URL=http://www.museodelrubinetto.it[/URL]
     
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