Giulio Andreotti è morto

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    Giulio Andreotti è morto



    Sette volte presidente del consiglio, diciannove volte ministro, processato per mafia e riconosciuto colpevole ma prescritto: storia di un protagonista della politica italiana

    Giulio Andreotti è morto alle 12 e 25 del 6 maggio 2013. Lo hanno reso noto i suoi familiari. Politico di primaria importanza nella prima Repubblica, il Divo Giulio è stato sette volte presidente del consiglio ma non è mai riuscito a salire al Quirinale. Diciannove volte ministro, il più giovane della storia repubblicana a 34 anni. Gli sono stati dedicati film, biografie, citazioni, canzoni, e ha anche recitato al fianco di Alberto Sordi....

    LA VITA - Nato nel 1919 a Roma da genitori laziali, frequentò il liceo classico e la facoltà di giurisprudenza. Da ragazzo cominciò a soffrire di quell’emicrania che per tutta la vita cercò di curare, anche con l’agopuntura. Ma già a 20 anni cominciò a fare politica, nel 1939 dentro l’Azione cattolica. Ma scrisse anche articoli sulla Rivista del Lavoro, organo di propaganda fascista. Dopo la caduta del regime fu eletto nelle file della Democrazia Cristiana all’Assemblea Costituente. Fu il futuro papa Montini a segnalarlo ad Alcide De Gasperi, che lo nominò sottosegretario del suo governo. Nel 1954 divenne ministro della Repubblica con la responsabilità del Viminale. Finisce sotto processo alla Camera per omessa vigilanza da responsabile del Tesoro nel caso Giuffré, un Madoff ante-litteram che girava i paesi facendosi affidare i risparmi dalla popolazione e scomparendo al momento della scadenza del prestito. Venne comunque scagionato da ogni accusa, mentre alla fine degli Anni Cinquanta nasce la sua mitica Corrente Andreottiana, che sarà l’ago della bilancia degli equilibri della Democrazia Cristiana.


    Fonte:www.giornalettismo.com
     
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    È morto Giulio Andreotti

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    Il senatore a vita, 94 anni, è stato protagonista della vita politica italiana per tutto il secondo dopoguerra. Da tempo era gravemente malato. I funerali martedì pomeriggio a Roma
    di Redazione

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    La politica italiana dice addio al senatore a vita Giulio Andreotti, 94 anni, protagonista della vita politica italiana per tutto il secondo dopoguerra. Da tempo era gravemente ammalato e lo scorso 18 aprile, per la prima volta nella sua vita, non aveva partecipato all'elezione del Presidente della Repubblica per motivi di salute.
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    Prima di allora, l'ex leader della Democrazia cristiana era stato presente fin dal 1945 nelle assemblee legislative italiane, dalla Consulta nazionale all'Assemblea costituente e dal 1948 nel Parlamento, fino al 1991 come deputato e poi come senatore a vita.
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    Giulio Andreotti si è spento nella sua abitazione a Roma. A dare la notizia sono stati i familiari. I funerali verranno celebrati in forma privata martedì pomeriggio presso la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, a Roma. Anche la camera ardente sarà rivolta ai piu' vicini alla famiglia, e sarà allestita nell'abitazione di corso Vittorio Emanuele.
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    Andreotti è stato politico, scrittore e giornalista. Leader della Democrazia Cristiana, è stato sette volte Presidente del Consiglio (tra cui, nel 1978-79, durante il governo di «solidarietà nazionale» durante il rapimento di Aldo Moro); otto volte ministro della Difesa; cinque volte ministro degli Esteri; tre volte ministro delle Partecipazioni Statali; due volte ministro delle Finanze, ministro del Bilancio e ministro dell'Industria; una volta ministro del Tesoro. È stato il ministro dell'Interno più giovane della storia repubblicana, a soli trentaquattro anni.
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    Nato a Roma il 14 gennaio 1919 (ma i genitori erano originari di Segni), da piccolo rimase orfano del padre, e perse l'unica sorella. Frequentò il ginnasio al «Visconti» e il liceo al «Tasso». Poi si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza e si laureò il 10 novembre del 1941 a pieni voti.
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    Fin da ragazzo soffriva di forti emicranie, e lui si divertiva a ricordare le infauste previsioni sulla sua vita che aveva originato la sua gracile costituzione fisica: «Aiutato dal mio carattere ad apprezzare anche il lato comico delle vicende, dimenticai presto la terribile prognosi del medico militare del Celio Ricci, che, dichiarandomi non idoneo al corso allievi ufficiali aveva aggiunto il pronostico che a suo giudizio non mi restavano più di sei mesi prima di passare a vita migliore». Il sarcasmo era la sua dote migliore.
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    Nel 1946, a 28 anni, era già sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega per lo spettacolo. Nel 1954 diventò ministro. Politicamente rappresentava l'ala più conservatrice e clericale della Dc, mentre i suoi avversari interni erano i fautori del centrosinistra, come Moro e Fanfani.
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    Nel 1972 fu eletto per la prima volta presidente del Consiglio, ma fu il governo più breve della storia repubblicana: solo 9 giorni, dalla fiducia alle dimissioni. Andreotti non si scoraggiò. Le sue massime, diventate famose, erano già allora «il potere logora chi non ce l'ha» e «a pensare male si fa peccato ma di solito ci si indovina».

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    Gli avversari gli rinoscevano una grande dote politica: conciliare gli opposti, smussare gli angoli, digerire le difficoltà. Fu, infatti, fautore di aperture improvvise, inventando la politica dei due forni: per far passare le leggi, diceva lui, «una volta vado a far cuocere il pane nel forno comunista, e un'altra in quello socialista». A questo proposito fu emblematico il suo rapporto con il leader socialista Bettino Craxi. I due non si stavano simpatici, per lui Craxi coniò il nome di Belzebù. Tuttavia, proprio con Craxi Andreotti arrivò a stringere un patto di ferro: erano gli anni del "caf" (dalle iniziali di Craxi , Andreotti e Forlani) e l'opposizione di sinistra lo considerava come il peggio del peggio della politica italiana.

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    Ancora in vita gli fu «dedicato» un film, Il Divo, di Sorrentino, che lo ritrae come responsabile o complice di mille nefandezze. Andreotti stava per querelare il regista, ma alla fine lasciò correre: «Una smentita è una notizia data due volte».

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    La sua carriera politica è stata funestata da un sospetto infamante: l'associazione mafiosa. È stato accusato di essere sceso a patti con la mafia.
    Amico di lungo corso con Salvo Lima, morto ammazzato nel 1992 in Sicilia a ridosso delle elezioni politiche che sancirono il crollo della Dc. Per qualcuno questa amicizia sarebbe bastata a dipingere Andreotti come un politico disposto al compromesso con Cosa Nostra.

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    Ma fu Buscetta, con il racconto del presunto bacio con Riina, a dare un colpo forte alla tesi colpevolista. Andreotti sfidò i giudici andando a tutte le udienze del processo nel quale era imputato, contestando l'accusa fino alle sentenze di assoluzione: la prima, nel 1999 dalla Corte d'Assise di Palermo. La seconda, il 2 maggio 2003, quando la Corte di Appello di Palermo lo assolse dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per i fatti successivi al 1980, per quelli anteriori la stessa Corte dichiarò il non luogo a procedere.

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    La sentenza fu poi confermata definitivamente dalla II sezione penale della Corte di Cassazione, che richiamò il concetto di «concreta collaborazione» con esponenti di spicco di Cosa Nostra fino alla primavera del 1980 (concetto già presente nel dispositivo di appello), precisando che il reato ravvisabile non era però più perseguibile per sopravvenuta prescrizione (e quindi dichiarò il "non luogo a procedere per prescrizione").

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    È morto Giulio Andreotti, aveva 94 anni. “Niente funerali di Stato”


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    Giulio Andreotti da piccolo

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    In un'immagine da giovane



    Durante un congresso nel 1955 (Coluzzi/Fotogramma)

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    Con la moglie Livia (lapresse)



    Scherzi e risate con Sandra Milo nel settembre del 1998 (Fotogramma/Radogno)



    Con la moglie e una delle figlie nel 1978 (Fotogramma/Coluzzi)



    A casa, con i figli nel 1978 (Fotogramma

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    Nella campagna pubblicitaria per il formaggio gorgonzola (olycom)

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    Con la moglie durante una visita ufficiale in Messico



    Nel 1961 a Courmayeur con la moglie Livia e i loro quattro figli, Marilena, Lamberto, Stefano e Serena (lapresse)



    con Sofia Loren (olycom)



    In Parlamento con Ilona Staller (lapresse)



    Con la moglie Livia a Venezia

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    Con Enzo Bearzot (olycom)



    Con Anna Magnani al Festival di Venezia nel 1947

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    Durante una partita di ping pong nel 1953 (Fotogramma/Bazzocchi)



    Un momento di relax con il nipote a Cortina (Fotogramma)


    Una vita al potere. Si è spento dopo una lunga malattia

    Giulio Andreotti è morto il 6 maggio, alle 12.25, nella sua abitazione romana. La notizia è stata diffusa dai suoi familiari. Andreotti aveva compiuto 94 anni il 14 gennaio scorso. I funerali del Senatore a vita si svolgeranno già martedì pomeriggio a Roma. E non saranno funerali di Stato. Lo dice la sua storica segretaria, Patrizia Chilelli, che era al fianco di Andreotti fin dal 1989: “Non ci saranno funerali di Stato né camera ardente. Le esequie saranno celebrate nella sua parrocchia con gli stretti familiari”.

    LA STORICA SEGRETARIA – Visibilmente commossa, Patrizia Chilelli ha poi aggiunto un piccolo ricordo personale del senatore a vita Giulio Andreotti: ”Un grande uomo che mi ha insegnato tanto. Solo chi gli è stato davvero a fianco ha potuto capire l’uomo, non solo il politico”. E molti famosi gli rendono il tributo via twitter.

    LA BIOGRAFIA – Giulio Andreotti era nato a Roma il 14 gennaio 1919. È stato protagonista assoluto della vita politica italiana per tutto il dopoguerra. È stato il 16º, 19º e 28º Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana. Poi senatore a vita, ha ricoperto più volte numerosi incarichi di governo: sette volte Presidente del Consiglio, otto volte ministro della Difesa, cinque volte ministro degli Esteri, tre volte ministro delle Partecipazioni Statali, due volte ministro delle Finanze, ministro del Bilancio e ministro dell’Industria, una volta ministro del Tesoro, ministro dell’Interno (il più giovane della storia repubblicana, a soli trentaquattro anni), ministro dei beni culturali (ad interim) e ministro delle Politiche Comunitarie.

    FIN DAL 1945 - È sempre stato presente dal 1945 in poi nelle assemblee legislative italiane: dalla Consulta Nazionale all’Assemblea costituente, e poi nel Parlamento italiano dal 1948, come deputato fino al 1991 e successivamente come senatore a vita. È stato Presidente della Casa di Dante in Roma.

    I PROCESSI – Il 2 maggio 2003 è stato giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa dalla Corte d’Appello di Palermo, la quale lo ha assolto per i fatti successivi al 1980 e ha dichiarato il non luogo a procedere (ma soltanto per prescrizione) per i fatti anteriori, accaduti prima che venisse varato l’articolo 416 bis del codice penale sull’associazione a delinquere di stampo mafioso. Era stato assolto in primo grado, il 23 ottobre 1999.

    RICOVERATO IN CODICE ROSSO - Giulio Andreotti era stato ricoverato in codice rosso all’ospedale Gemelli di Roma. È deceduto la mattina del 6 maggio 2013.

    LA NOTIZIA SUI GIORNALI STRANIERI – La notizia della morte di Giulio Andreotti ha fatto subito il giro del mondo. I media internazionali riportano con grande evidenza la scomparsa del senatore a vita. I primi a darla, i siti della britannica Bbc, dei quotidiani spagnoli El Mundo e El Pais e della France tv che lo descrive come «figura emblematica della Democrazia cristiana». In Francia la notizia è in evidenza anche su Le Figaro. In Germania irrompe sulla prima pagina del tabloid Bild.

    GLI AFORISMI PIU’ CELEBRI - Uomo dalle mille sfaccettature, Giulio Andreotti. Con una vena ironica unica. Resa celebre dai suoi taglienti aforismi. Ecco i più celebri: “Il potere logora chi non ce l’ha”; “L’umiltà è una virtù stupenda. Ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi”; “Aveva spiccato il senso della famiglia. Infatti ne aveva due ed oltre”; “I pazzi si distinguono in due tipi: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di risanare le Ferrovie dello Stato”; ”A parte le guerre puniche mi viene attribuito veramente di tutto”; “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”; ”Amo talmente la Germania che ne vorrei due”; ”I miei amici che facevano sport sono morti da tempo”; ”Essendo noi uomini medi, le vie di mezzo sono, per noi, le più congeniali”; ”Se fossi nato in un campo profughi del Libano, forse sarei diventato anch’io un terrorista”.

    SI SCRISSE DA SOLO L’EPITAFFIO – Ma uno degli aforismi più curiosi di Giulio Andreotti è sicuramente l’epitaffio che si scrisse da solo, qualche anno fa. ”Non si ritenne né un nano né un gigante, lieto di appartenere a una mediocrità aurea”. Con queste parole, probabilmente, Giulio Andreotti vorrebbe essere ricordato dai posteri.


    Fonte:www.oggi.it,www.corriere.it
     
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