BIBLIOTECHE ANTICHE, moderne e alternative

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    BIBLIOTECHE



    LA BIBLIOTECA NAZIONALE BRAIDENSE


    La nascita della Biblioteca Nazionale Braidense si colloca al mondo della cultura dal riformismo illuminato del XVIII secolo.
    Alla morte, avvenuta nel 1755, del conte Carlo Pertusati, presidente del Senato di Milano, l'erede Luca Pertusati, stabilì di cedere la raccolta libraria appartenuta al defunto e consistente in più di 24.000 volumi, che per lo più rientravano in una sfera di interessi storico-eruditi e letterari. Il conte di Firmian, ministro plenipotenziario dello Stato di Milano, in accordo con il cancelliere austriaco Kaunitz, desiderando evitare che la Biblioteca venisse allontanata dal territorio milanese, intervenne affinché la Congregazione di Stato stabilisse di acquistarla, per farne omaggio all'arciduca Ferdinando, terzo figlio dell'imperatrice Maria Teresa e di Francesco I e futuro governatore della Lombardia. Nel 1770 Maria Teresa, considerando la mancanza in Milano "di una Biblioteca aperta ad uso comune di chi desidera maggiormente coltivare il proprio ingegno, e acquistare nuove cognizioni", poiché a questo scopo non veniva ritenuta sufficiente l'Ambrosiana, ricca bensì di manoscritti" ma non di "libri stampati", decise di destinare all'uso pubblico la Biblioteca del Pertusati, opportunamente accresciuta, dopo che si fosse reperita una sede idonea, vicina al centro della città. Tale sede si rese disponibile solamente nel 1773, dopo lo scioglimento, decretato da Clemente XIV, della Compagnia di Gesù che permise allo Stato di acquisire il palazzo del Collegio gesuitico di Brera, costruito sull'area del duecentesco convento degli Umiliati. Il termine latino medievale, di origine longobarda, "braida”, poi evolutosi nella forma "brera , attribuito al luogo dove ebbero sede il convento e poi il collegio e che aveva il significato di podere, denomino’ la Biblioteca che assunse dunque l'attuale nome di Braidense. L’effettiva apertura al pubblico nei locali così individuati avvenne solo nel 1786. La soppressione della Compagnia di Gesù mise a disposizione dello Stato anche i fondi librari del Collegio Braidense e delle case gesuitiche di San Fedele e San Girolamo che, assieme al fondo Pertusati, costituirono il nucleo fondamentale della Biblioteca. Nel 1778 venne poi acquistata la raccolta del medico Albrecht von Haller di Berna, ricca di pregevoli testi scientifici. A questa si aggiunsero le raccolte del conte di Firmian, del cardinale Angelo Maria Durini e del colonnello Baschiera. La soppressione delle congregazioni religiose decretata dall'imperatore Giuseppe II portò ad incamerare una parte dei fondi di antiche librerie claustrali, come quelle della Certosa di Pavia, di Santa Giustina di Padova e del monastero di S. Ambrogio di Milano. Alla Braidense vennero inoltre destinati i duplicati della Biblioteca Imperiale di Vienna. Tra gli accrescimenti di età napoleonica si devono ricordare le acquisizioni dell'importante Biblioteca del Collegio dei Giureconsulti e quella della famiglia Scaccerni di Ferrara, ricca di classici greci e latini. Ad incrementare in maniera continuativa le raccolte si provvide però sin dalle origini disponendo il deposito obbligatorio, nella Biblioteca di Brera, delle opere pubblicate nello Stato di Milano.
    Con gli apporti finora indicati la Braidense, cui fu conferita nel 1802 la qualifica di "nazionale", si configurava come una grande Biblioteca di carattere generale, provvista di materiale differenziato nelle caratteristiche e nell'argomento. Si andava dal corali miniati provenienti dalla Certosa di Pavia al libri scientifici della raccolta Haller, dalle opere storiche e letterarie del legato Durini alle opere teologiche, a quelle giuridiche e alle grandi opere di consultazione generale.Nel corso del XIX secolo altri fondi arricchirono ulteriormente il patrimonio della Braidense in particolare i settori d'interesse. Ricorderemo i volumi donati da Ermes Visconti, la raccolta del R. Gabinetto Numismatico, la collezione bodoniana Mortara, la raccolta Lattes di opere di cultura ebraica, una parte dei manoscritti e degli stampati raccolti da Carlo Morbio, di particolare interesse per gli studiosi di storia e cultura locali, la miscellanea Vieusseux e la libreria di Cesare Correnti. Nel 1891 veniva acquistata la raccolta drammatica Corniani Algarotti e nel 1895 si aggiunse il lascito De Capitani D'Arzago. Il fondo speciale più noto, quello manzoniano, venne donato da Pietro Brambilla nel 1885 e viene continuamente incrementato. Conservato in una sala particolare, comprende manoscritti, cimeli manzoniani, l’epistolario, vari libri postillati dal Manzoni, quasi tutte le edizioni delle opere manzoniane e gli studi di critica manzoniana che vengono via via pubblicati. Tra le raccolte pervenute nel Novecento bisogna ricordare la Libreria Novati, ricca di volumi e di opuscoli di filologia o di argomento affine, la Biblioteca liturgica dei duchi di Parma, donata dal conte Paolo Gerli, la raccolta scacchistica, il fondo Castiglioni, comprendente rare edizioni di romanzi cavallereschi, e il fondo fotografico Sommariva.
    Oggi l'Istituto svolge la sua duplice funzione di Biblioteca di conservazione, destinata a un pubblico selezionato di cultori della ricerca storica e letteraria e nel contempo di specchio della grande produzione libraria milanese.
    Attualmente la Biblioteca conserva circa 1.100.000 volumi, 2117 manoscritti, 40.000 autografi, 2368 incunaboli, 25.000 cinquecentine, 300.000 opuscoli 23.000 titoli di periodici e 6.600 supporti elettronici. La raccolta proviene da:
    Biblioteca dei Gesuiti, Biblioteca del conte Pertusati, Biblioteca di Albrecht von Haller, Biblioteca Firmiana, Biblioteca del Cardinal Durini, Raccolta Bodoniana, Fondo Manzoniano, Raccolta Ebraica, Raccolta Morbio, Raccolta drammatica, Fondo Novati, Fondo Gerli: biblioteca liturgica dei duchi di Parma, Fondo Castiglioni, Raccolta Foscoliana, Melziana, Archivio fotografico Sommaria, Fondo Disertori, Fondo Farinacci. Nel 2004 è pervenuto in biblioteca per deposito l'Archivio Storico Ricordi. (.librari.beniculturali.it)


    Per gli appassionati che intendono conoscere le radici più antiche della passione culinaria, si apre alla Biblioteca Braidense la mostra bibliografica ”L’arte di dar da pranzo. A tavola in Braidense”, ideata da Cecilia Angeletti e Patrizia Caccia, da giovedì 4 aprile fino a fine mese. In mostra, volumi che raccontano gli ultimi 500 anni dell’arte di cucinare, tra ricettari e manuali d’altri tempi, ma anche curiosità sul ben vivere e le buone maniere, come gli erbari e gli antichi ”galatei”. Uno dei più interessanti, scritto nell’Ottocento da Brunone da Sassimagnoli, si intitola appunto ”L’arte di dar da pranzo” e dà il titolo alla mostra.
     
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    Uno dei malintesi che dominano la nozione di biblioteca è che si vada in biblioteca per cercare un libro di cui si conosce il titolo. In verità accade sovente di andare in biblioteca perché si vuole un libro di cui si conosce il titolo, ma la principale funzione della biblioteca, almeno la funzione della biblioteca di casa mia e di qualsiasi amico che possiamo andare a visitare, è di scoprire dei libri di cui non si sospettava l'esistenza, e che tuttavia si scoprono essere di estrema importanza per noi.
    (Umberto Eco)


    BIBLIOTECHE ANTICHE


    La presenza di biblioteche nelle piú antiche civiltà è attestata sia dai reperti archeologici che dalle notizie giunte fino a noi attraverso le opere degli scrittori antichi. Le ventiduemila tavolette d'argilla rinvenute nel luogo dove sorgeva l'antica Ninive sono la testimonianza piú preziosa della civiltà assiro-babilonese. Nelle tavolette, coperte di caratteri cuneiformi, si trovano indicazioni di appartenenza a collezioni e a sezioni della biblioteca, la quale sorgeva probabilmente nel palazzo del re Assurbanipal (669-626 a.C.).Le prime biblioteche erano annesse ai templi o ai palazzi reali e avevano funzione di Archivi di Stato. Nel 1907, a Boghazkoi, capitale degli Hittiti ad est di Ankara, furono trovate dail'archeologo tedesco Winckler circa 11.000 tavolette d'argilla che costituivano i cataloghi indicanti il titolo ed il numero delle tavolette che comprendeva ciascuna opera. Le biblioteche erano costituite da banconi in muratura allineati lungo le pareti su cui venivano collocate le tavolette di terracotta. Ciascuna tavoletta aveva un numero d'ordine e sulla prima era indicato il titolo. I titoli inoltre, erano tracciati su tasselli probabilmente murati accanto al posto dove l'opera era sistemata. Poche notizie ci sono pervenute delle prime biblioteche greche tutte costituite da materiale scrittorio, il papiro). Probabilmente la piú importante fu quella di Aristotele, ma furono piú note quelle di Teofrasto e dei figli di Pisistrato. Grandi ed importanti biblioteche si costituirono nell'età ellenistica; le piú famose furono quelle di Alessandria e di Pergamo. Progettata da Tolomeo Soter (238 a.C.), la biblioteca di Alessandria fu fondata dal figlio di Tolomeo Filadelfo; fu un importante centro di studi ricco di centinaia di migliaia di rotoli di papiro, con un proprio scrittorio ad una scuola filologica. Sorta originariamente nel quartiere di Brucheion, ebbe successivamente, proprio per la sua rapida espansione, una succursale presso il tempio di Serapide, il Serapeion.Costituita in modo simile a quella di Alessandria, la biblioteca di Pergamo, fondata da Eumene II (197-158 a.C.), fu un altro importante centro di cultura greca. Secondo Plinio, proprio Eumene Il avrebbe introdotto l'uso della pergamena (che da Pergamo prese il nome) come materiale scrittorio in sostituzione del papiro, in quanto molto piú resistente e tale da permettere la scrittura su entrambe le facce.
    Le prime biblioteche romane furono biblioteche private. Per lo piú le opere in esse conservate erano bottino di guerre. Tra le biblioteche costituite ad opera di uomini dotti e bibliofili ricordiamo quella di Cicerone, nella quale confluirono anche i libri di Silla, e quella dei Pisoni ad Ercolano. Il primo progetto di una biblioteca pubblica risale a Giulio Cesare che ne affidò la realizzazione a Terenzio Varrone, ma la biblioteca sorse solo nel 37 a.C. ad opera di Asinio Pollione, che la costruì sull'Aventino, nell'atrio del tempio della Libertà. In seguito altre biblioteche furono istituite da Augusto e dai suoi successori; nel IV secolo a Roma si contavano ben ventotto biblioteche pubbliche. In tutto il territorio dell'impero sorsero biblioteche pubbliche e tra i piú ricchi si diffuse l'uso di possedere una propria biblioteca privata in cui gli schiavi lavoravano alla copiatura e alla collazione delle opere. Della organizzazione interna delle biblioteche non sappiamo quasi nulla tranne che erano divise in una sezione latina ed una greca; probabilmente avranno avuto un sistema di classificazione per generi e per materie sul tipo di quella di Alessandria (il cui catalogo, come si ricorderà, fu redatto da Callimaco).


    Agli ordini del Califfo Omar I...In quell’occasione il destino della Biblioteca di Alessandria si compì tragicamente e definitivamente; era il 646 d.C. quando Omar I pronunciò le famose parole: “…….Se i libri non riportano quanto scritto nel Corano allora vanno distrutti, poiché non dicono il vero. Se i libri riportano quanto scritto nel Corano vanno distrutti ugualmente perché sono inutili”.
    La Biblioteca, tutto il suo contenuto e il sogno che essa rappresentava, vennero per sempre avvolti dalle fiamme.


    LA BIBLIOTECA di ALESSANDRIA


    La Biblioteca Reale di Alessandria aveva una reputazione a suo tempo come “la più grande libreria del mondo antico” , infatti era considerata essere la sede di tutta la conoscenza del mondo.
    Ad Alessandria d’Egitto, sorse, per iniziativa di Tolomeo II Filadelfo, regnante dal 282 al 246 a.C., un grandioso complesso dotato di due biblioteche, ricche di 700.000 volumi e presto famose in tutta l’antichità, di un osservatorio astronomico, di un orto botanico, di un giardino zoologico e di varie collezioni d’arte. Prese il nome di Museo, cioè casa delle Muse, le dee greche protettrici di tutte le attività intellettuali e artistiche dell’uomo.
    Il Museo era un vero e proprio centro di ricerca, simile a un’università dei nostri giorni, dove gli scienziati provenienti da tutti i paesi d’Oriente potevano, in piena serenità, dedicarsi liberamente allo studio, alle ricerche personali e alla produzione letteraria e scientifica. Vivevano mantenuti a spese del tesoro reale, senza altro compito che quello di dedicarsi al loro lavoro. Tra gli altri, furono ospiti del Museo i poeti Teocrito di Siracusa (300-240 a.C.), autore degli Idilli, Callimaco di Cirene (310-240 a.C.), che ne fu anche il bibliotecario, autore di elegie, epigrammi, e del poema La chioma di Berenice e Apollonio Rodio (295-215 a.C.), che scrisse il poema epico Argonautiche. Per tre secoli il Museo, la Biblioteca e i loro studiosi fecero di Alessandria la capitale intellettuale del mondo greco.

    Giulio Cesare è spesso accusato della sua distruzione durante la sua conquista di Alessandria nel 48 a.c. Cesare stava combattendo Tolomeo XIII, quando le banchine di Alessandria furono incendiate e il fuoco si diffuse nella biblioteca. Questa teoria è generalmente accettata anche se, non fu la biblioteca a rimanere distrutta in questo fuoco, ma piuttosto un deposito di conti e di libri. Questo si basa sul fatto che la biblioteca non era vicino al porto e in aggiunta, lo scrittore romano Strabone, fece uso della libreria per circa 25 anni dopo questo evento. La confusione continua, siccome non si sa quante biblioteche esistevano in città e in quale edificio era stato utilizzato per la Biblioteca. La biblioteca si crede ancora esistere nel III secolo d.c, quando il contenuto rimanente della biblioteca si diceva essere stato spostato a Costantinopoli dopo l’attacco dell’imperatore romano Aureliano, contro la rivolta della regina Zenobia di Palmira. In questo attacco l’edificio della biblioteca venne distrutto con la perdita di gran parte del suo contenuto.
    Anche dopo tale data vi è la possibilità che la Biblioteca di Alessandria esistesse ancora. L’imperatore Teodosio fece un decreto che tutti i templi non cristiani dovevano essere distrutti nel 391 d.c. La Biblioteca di Alessandria si credeva essere alloggiata nel Serapeo di un tempio, e così sarebbe stata distrutta dal Patriarca Teofilo di Alessandria. Non vi è tuttavia alcuna evidenza.
    Un altro colpevole potrebbe essere stata la conquista musulmana di Alessandria nel 642 d.c, quando la città fu saccheggiata. Questo però è spesso vista come propaganda per incolpare i musulmani del furto dei libri per riscaldare l’ acqua sporca, bollendola. Un’altra teoria è che la libreria fu distrutta da un disastro naturale come la città di Pharos venne distrutta. Non vi è però alcuna prova di questo, il fatto è che il sito della biblioteca non è noto con certezza.
     
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  3. gheagabry
     
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    Biblioteca Comunale degli Intronati di SIENA



    Le origini della Biblioteca risalgono al 1758, quando l’arcidiacono Sallustio Bandini donò la sua libreria (all’epoca 2886 volumi) all’Università, per fornirla finalmente di un’adeguata struttura libraria, fino ad allora inesistente nonostante vari tentativi portati avanti per costituirla. Bandini incluse fra le condizioni per il lascito l’uso «pubblico» della biblioteca e il suo affidamento all’allievo Giuseppe Ciaccheri. La donazione, favorita anche dai buoni uffici di Pompeo Neri, fece nascere nei locali della Sapienza un polo di attrazione culturale di grande importanza, non solo per la rilevanza della dotazione libraria, al cui consistente incremento provvidero subito diverse donazioni private e finanziamenti diretti da parte del governo leopoldino, ma anche dal punto di vista museale, visto l’interesse lungamente coltivato dal bibliotecario Ciaccheri a raccogliere disegni dei «primitivi» senesi , espressione di un orientamento dell’erudizione locale in quel periodo capace di nuove e più profonde attenzioni verso la cultura artistica senese. Fra le prime donazioni di materiale librario alla Biblioteca da parte di privati vanno segnalate quella, nel 1760, di Giovanni Sansedoni e quella, nel 1769, di Adelagia, la figlia dell’erudito senese Uberto Benvoglienti, che donò i manoscritti e il carteggio del padre. Nel 1783, inoltre, gli scaffali della Biblioteca accolsero una ricca serie di manoscritti provenienti- dalle soppressioni dei conventi e delle compagnie laicali decise dal granduca Pietro Leopoldo.
    Il terremoto del maggio 1798 danneggiò gravemente la Biblioteca e costrinse alla chiusura dei locali, riaperti parzialmente soltanto nel 1803 sotto la guida di Cristofano Terrosi, soprintendente all’Archivio delle Riformagioni, ma cinque anni dopo, nel 1808, la Biblioteca fu di nuovo chiusa, questa volta in seguito alla decisione del governo degli occupanti francesi di procedere, nell’ambito di una riorganizzazione degli istituti d’istruzione in Toscana, alla soppressione dell’Università di Siena e, quindi, della sua struttura libraria.
    Questa sarebbe stata riaperta, informalmente, soltanto due anni più tardi sotto la direzione del francescano Luigi De Angelis. Il decreto del governo francese che ne permetteva la riapertura (Fontainebleau 18 ottobre 1810) riuniva le due biblioteche della Sapienza e del convento di sant’Agostino e attribuiva la proprietà del nuovo istituto alla Comunità civica di Siena, staccandolo di fatto e definitivamente dall’Università. Ufficialmente l’inaugurazione sarebbe avvenuta soltanto nel corso del 1812.
    Gran parte dell’attività del nuovo bibliotecario fu rivolta all’inventariazione e all’acquisizione del patrimonio librario dei conventi del territorio senese soppressi dalle autorità francesi e ad evitare che parti consistenti del patrimonio prendessero la strada di Parigi. La Biblioteca accentuò comunque sotto la direzione del De Angelis, che era stato nominato commissario delegato per il Dipartimento dell’Ombrone alla ricognizione degli oggetti di belle arti, anche la sua funzione museale, giustificata ancora di più dalla corposa e varia serie di testimonianze afferenti alla cultura artistica senese che il francescano riuscì a far affluire nei locali della Sapienza e che, in seguito, avrebbero costituito il primo nucleo del futuro Istituto di Belle Arti e poi della Pinacoteca Nazionale.
    Nonostante la continua diminuzione delle disponibilità finanziarie, la sottovalutazione delle possibilità della struttura da parte dell’ente locale e la carenza di personale, anche negli anni successivi all’Unità la Biblioteca continuò a restare destinataria di donazioni librarie e di manoscritti di particolare interesse, integrate nel 1866 dal consistente patrimonio proveniente da una nuova soppressione di conventi, decretato questa volta dal governo della Destra. Venti anni più tardi, nel 1886, sarebbe giunto in Biblioteca il rilevante e corposo legato del libraio ed editore senese Giuseppe Porri. La collezione Autografi Porri, oltre che consistente nel numero di pezzi (ca. 20000 - collezioni di autografi di personaggi famosi, monete, medaglie e sigilli) e ricca di curiosità di vario genere, rappresenta un fondo degno della massima attenzione da parte degli studiosi, sia per la presenza di materiali riguardanti la realtà culturale senese del secolo XIX, sia per la qualità di quelli relativi ai secoli precedenti. L’arco cronologico in cui la collezione si muove spazia dal secolo XIII fino a tutto l’Ottocento. Collezioni queste ultime trasferite nel tempo al Museo Civico.

    La Biblioteca deve il nome di Intronati a Fabio Bargagli Petrucci, che nel 1932 lo attribuì all’istituto in ricordo dell’accademia letteraria che aveva occupato gli stessi locali dal 1722 al 1802. Lo stesso podestà di Siena, sotto la cui amministrazione sarebbero stati effettuati diversi adeguamenti della struttura della Comunale, avrebbe donato alla Biblioteca nel 1935 una consistente collezione di manifesti pubblicitari. La Biblioteca degli Intronati divenne di proprietà del Comune durante il governo napoleonico, a seguito della soppressione dell'Università. Il suo patrimonio è composto da circa 500.000 volumi, tra cui 5.000 manoscritti e 1.000 incunaboli. Costituito da fondi privati e conventuali, comprende anche numerosi codici miniati, un ricco fondo di disegni e stampe, antichi documenti giuridici ed interessanti manoscritti e disegni concernenti la tecnica e l'ingegneria senese, nonché numerosi codici musicali.
    I manoscritti medievali, assegnabili cronologicamente ai secoli IX-XV, posseduti dalla Biblioteca sono circa 1000. Tra gli esemplari più preziosi per antichità sono da ricordare alcuni codici - liturgici (messali, antifonari, graduali, passionari), biblici o contenenti testi della letteratura patristica - perlopiù provenienti dalle abbazie benedettine del territorio. Tra questi si citano i manoscritti contenenti i Commentaria in Iohannis evangelium di Alcuino di York (ms. F.IV.24, sec. IX-X), le Homeliae in Leviticum di Origene (ms. F.V.21, sec. XI), l’Expositio in Mattheum di Remigio di Auxerre (ms. F.I.8, sec. XII), la Bibbia datata 1017 (ms. F.III.3). Tra i documenti più antichi la Biblioteca conserva il frammento di un papiro ravennate in scrittura corsiva del sec. VIII-IX proveniente dal Convento di S. Agostino di Siena. Appartengono al fondo esemplari di inestimabile valore sia per la ricchezza delle illustrazioni sia per la provenienza, tra questi si segnalano il Breviario francescano del sec. XV con miniature attribuite a Sano di Pietro (ms. X.IV.2), i Messali decorati dal Sassetta (ms. G.V.7, sec. XV) e da Liberale da Verona (ms. X.II.3, sec. XV), il Collectarium di origine napoletana illustrato da Matteo Felice (ms. X.I.3, sec. XV), l’Antifonario miniato per l’Eremo di Lecceto nel 1442 da Giovanni di Paolo (ms. G.I.8). Fra gli altri codici alcuni esemplari, splendidamente miniati, di origine francese del sec. XV: il Messale appartenuto all’arcivescovo di Tournai Ferry de Clugny (X.V.1) e il Pontificale romano realizzato per Jean de Bourbon, vescovo di Le Puy-en-Velay e abate dell'Abbazia di Cluny (ms. X.V.2). Un ampio apparato figurativo di straordinario valore artistico è nei manoscritti universitari, giuridici e filosofici, perlopiù di origine bolognese o francese. Tra questi i codici contenenti il Decretum Gratiani (ms. G.V.23, sec. XII; K.I.10, sec. XIV), il Corpus Iuris civilis (ms. H.IV.15, sec. XIV), le Decretali (ms. K.I.4, sec. XIV; ms. H.III.2, sec. XIII-XIV), il trattato De ecclesiastica potestate (ms. G.VI.28, sec. XIV). Di grande interesse è il nucleo di codici provenienti dal convento di San Domenico in Camporegio, fra cui si ricordano i manoscritti in pergamena dei secoli XIV e XV, ornati di miniature, contenenti le Lettere, il Diologo e le Leggende di s. Caterina da Siena ma tra tutti più importante è il codice T.III.3 dove si trovano 5 lettere originali della Santa. Dal convento di San Bernardino dell'Osservanza provengono alcuni codici con postille autografe di san Bernardino (mss. U.II.12 e U.V.4).
    Tra i manoscritti moderni di cui si compone il Fondo, di fondamentale importanza per la conoscenza della storia di Siena sono quelli che raccolgono la documentazione relativa alla presenza spagnola nel Cinquecento: lettere, relazioni della corte spagnola, lettere di Carlo V e Filippo II, istruzioni a ministri, ambasciatori e nunzi apostolici, diplomi concessi da re spagnoli e portoghesi a vari cittadini. Molto interessanti sono le miscellanee di carattere letterario e storico-erudito (Miscellanee Benvoglienti) come pure i manoscritti contenenti appunti delle lezioni universitarie di medicina e di filosofia tenute a Padova nel sec. XVI: di contenuto medico è il ms. C.IX.16 con le opere di Bartolomeo Eustachio, il ms. C.IX.18 con le opere di Girolamo Capivaccio; di contenuto filosofico sono i mss. C.IX.14, C.IX.15, contenenti commenti ad Aristotele di Francesco Piccolomini e Bernardino Tomitano. Come testimoni filosofici dello Studio di Siena troviamo i mss. C.III.18 contenente un frammento delle Annotazioni di Alessandro Piccolomini al libro della Poetica di Aristotele, il ms. C.IX.5 con un’opera filosofica del medico senese Giulio Mancini. Di grande valore sono i manoscritti architettonici (sui porti di mare, sui capitelli, sulle fortificazioni) dello scienziato, umanista e professore universitario Teofilo Gallaccini, alcuni dei quali ancora inediti. Si ricordano poi i taccuini che raccolgono i disegni eseguiti dall’architetto senese Agostino Fantastici e tra questi il suo Vocabolario di architettura, autografo (ms. E.X.2).

    .....l'Accademia......


    Nata nel 1525 l´Accademia degli Intronati assunse questo nome a significare il desiderio dei fondatori di ritirarsi dai rumori del mondo, dai quali erano come sbalorditi (intronati, appunto), per dedicarsi alle commedie e agli studi di lingua e letteratura.
    L´origine degli Intronati va collocata in quella fioritura culturale che caratterizzò la Siena del primo Cinquecento, capace di far registrare la presenza di oltre trenta accademie cittadine. Alcune di queste sicuramente rintracciabili anche nell´ultimo scorcio del Quattrocento, quando, ad esempio, va ricordata la presenza dell´Accademia Grande, animata da alcuni docenti dello Studio senese e che, secondo certa bibliografia, è alle origini degli stessi Intronati....Fu uno dei fondatori degli Intronati, Antonio Vignali detto l´Arsiccio, autore della scandalosa Cazzaria e figura spesso accostata dalla bibliografia a François Rabelais, a dare all´Accademia un´impresa: una zucca per conservare il sale con sopra due pestelli posti in croce ed il motto Meliora latent, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. La zucca, aperta sul davanti, stava ad esprimere il frutto che tende all´alto e conserva nel suo interno, preservandolo dall´umidità, il sale, la più necessaria delle sostanze, simbolo di intelligenza e di acume, triturato e raffinato dai pestelli, cioè dall´intelligenza e dallo studio. Sei furono le primitive leggi dell´Accademia: Deum colere – Studere – Gaudere – Neminem lædere – Nemini credere – De mundo non curare. Le leggi sono ancora visibili nella Sala storica della Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, che fu la sede dell´Accademia per un ampio scorcio del secolo XVIII.
     
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  4. gheagabry
     
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    BIBLIOTECA del COLLEGIO ROMANO



    La Biblioteca della Pontificia Università Gregoriana è stata istituita nel febbraio del 1551 unitamente al Collegio Romano, fondato da S. Ignazio di Loyola. È universalmente nota come grande istituzione culturale di notevole prestigio particolarmente sotto il profilo culturale, teologico, filosofico e letterario.
    Ignazio di Loyola, fondando nel 1549 il collegio di Messina, aveva aperto alla Compagnia di Gesù un nuovo campo d’apostolato: l’insegnamento, opera essenziale, soprattutto in quel periodo di Controriforma. Il 18 febbraio 1551, per supplire alla carenza di scuole pubbliche a Roma e per provvedere a una migliore formazione del clero sia secolare che regolare fu fondato il Collegio Romano. Questo è stato realizzato grazie a una donazione fatta l’anno precedente, nel 1550, da Francesco Borgia, Duca di Gandia, professo della Compagnia di Gesù fin dal 1548, ma che con dispensa papale, occultamente, conservava ancora il suo rango nell’attesa di sbrigare i suoi obblighi e di sistemare i figli. Nel 1551 il Collegio Romano era appena una piccola casa in affitto situata ai piedi del Campidoglio, in Via di Nuova Capitolina attualmente piazza dell'Ara Coeli. Secondo il Polanco, si incominciarono subito le lezioni di latino e greco e poco dopo anche di ebraico: “vi si insegnava ancora la dottrina cristiana e sopra la porta delle scuole vi era scritto in una tabella: scuola di grammatica, d’umanità, e di dottrina cristiana, gratis”. Primi alunni gesuiti furono Edmond Auger, francese, Emmanuel Gomez, portoghese, Giovanni Egnazi, fiorentino, ed Emerio de Bonis mantovano. Ben presto però, diventando lo spazio esiguo per il notevole afflusso di studenti.
    Il numero crescente di alunni costringe Sant'Ignazio, nel settembre del 1551 a trasportare il Collegio in un'abitazione più ampia, nella casa dei Frangipane (oggi via del Gesù, all'altezza di Via della Pigna). Nel 1557 il Collegio e la sua Biblioteca si spostano nella casa Salviati, in Piazza dell'Olmo (oggi Piazza del Collegio Romano), all'angolo tra via Lata (oggi Via del Corso) e via della Gatta. Qui rimangono fino al 21 aprile 1560, quando la signora Vittoria della Tolfa marchesa della Valle dona al Collegio il possesso delle case situate nell'attuale area di Piazza del Collegio Romano. Nel 1584 il Collegio e la sua Biblioteca si trasferiscono nel grande Palazzo che Gregorio XIII fa appositamente costruire da Bartolomeo Ammannati sulla Piazza del Collegio Romano.
    Qui l'Università Gregoriana rimane fino al 1873, anno in cui la Biblioteca viene incamerata con i suoi 45.000 volumi, i manoscritti e gli archivi nella Biblioteca Vittorio Emanuele II. La Biblioteca viene con il tempo ricostituita e si sposta con l'Università nella sede del Palazzo Borromeo (via del Seminario) fino al trasferimento successivo, nel 1930, nell'attuale sede in piazza della Pilotta, sede costruita sul terreno dell'ex Caserma dei Dragoni Pontifici, ex giardini di Palazzo Colonna, sui resti dell'antico Tempio di Serapide.


    Essa ha sempre pienamente condiviso la storia dell'Istituzione cui appartiene e di cui è al servizio, l'ha seguita nei suoi molteplici spostamenti causati dalla necessità di trovare spazi funzionali adeguati alle esigenze di un numero di studenti e docenti in costante crescita, di un'offerta formativa in continuo ampliamento per il numero di discipline e specializzazioni coperte.
    Non si conoscono con precisione l'ampiezza ed il valore della Biblioteca del Collegio Romano, ma Girolamo Tiraboschi parlando delle Biblioteche del secolo XVI in Italia dice "Quella che aveano i Gesuiti nel loro Collegio Romano, divenne presto una delle più rinomate, per le copiose raccolte che vi si unirono di libri sì stampati che manoscritti, di Marcantonio Mureto, del P. Francesco Torriano, di Giambattista Coccini Decano degli Auditori di Rota, de' Padri Giovanni Lorino, Benedetto Giustiniani, Giacomo Lainez, Pietro Possino, de' Cardinali Bellarmino e Toledo, e poscia ancor di più altri" (G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana", v. VII, I, Roma, 1784; p. 213).
    Molte sono infatti le raccolte lasciate da privati ai Gesuiti, e fra queste quella, parziale, del celebre umanista francese Marc'Antonio Muret vissuto a lungo in Italia e quella di Giovanni Battista Coccini, Decano degli Auditori di Rota, lasciata in eredità nel 1640.
    Nel corso dei secoli XVII e XVIII la Biblioteca del Collegio Romano aumenta il suo patrimonio librario sia per sempre nuove donazioni di fondi librari sia per lascite di denaro o rendite da parte di benefattori che le vogliono espressamente destinate all'acquisto di nuove opere. Nascono per questo anche alcune controversie fra il Padre Prefetto della Biblioteca e il Padre Procuratore del Collegio riguardo alla possibilità di destinare totalmente tali lascite e rendite al funzionamento della Biblioteca o invece di utilizzarle per il "bene comune" del Collegio. Una pietra miliare nella storia della Biblioteca del Collegio Romano è proprio rappresentata dalla soluzione data a questa annosa controversia dal Rettore P. Angelo Alamanni, il quale in data 1 aprile 1695 stabilisce che annualmente si assegni alla Biblioteca, a partire dall'anno 1694, la somma di 200 scudi, di cui 175 destinati all'acquisto di nuovi libri e 25 per spese connesse alla rilegatura dei libri, alla stesura e copiatura di indici, a scaffalature per la conservazione del patrimonio librario.
    Il Padre Prefetto della Biblioteca è in questo periodo il combattivo Giovanni Battista Tolomei, che sempre continuerà ad amare la "sua" Biblioteca e a "battersi" per i suoi diritti e la sua crescita; più tardi, insignito della porpora cardinalizia, egli non la dimentica e nel testamento che stende il 27 ottobre 1719, sei anni circa prima della sua morte, fa dono della sua raccolta personale di libri alla Biblioteca del Collegio Romano, ponendo però una clausola molto importante: che si mantenga nel Collegio Romano in modo permanente una persona impiegata, diremmo oggi full time, per il servizio e la cura della Biblioteca, un impiegato "compagno e subordinato" al Padre Prefetto, ovvero una persona distinta dalle altre impiegate nel Collegio per lo svolgimento di altre funzioni.
    Nel 1748 Papa Benedetto XIV loda la cura con cui tutti i collegi della Compagnia di Gesù, in particolare il Collegio Romano, mantengono le loro biblioteche. All'interno del Collegio coesistono una Biblioteca Maior curata e mantenuta dal Padre Prefetto e da un suo assistente ed un certo numero di biblioteche minori, in un certo senso le definiremmo oggi "specializzate", utilizzate direttamente dai docenti, studenti e studiosi delle varie discipline, biblioteche da cui è consentito prendere in prestito i libri per la consultazione e lo studio personali, a differenza della Biblioteca Maior, che non concede prestiti di alcun tipo. La Biblioteca Maior era anche chiamata Bibliotheca Secreta anzi era forse questo il temine con cui veniva chiamata la Biblioteca del Collegio Romano, non nel senso di "segreta" ma nel senso di "separata" (e pubblica), distinta da ogni altra biblioteca privata della Compagnia. Al momento della soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773, la Bibliotheca Maior possiede circa 80.000 volumi ed ammontano a circa 30.000 unità i volumi posseduti dalle biblioteche minori. Nel 1824 quando il Collegio viene restituito alla Compagnia il numero complessivo di volumi non ha subito aumenti rilevanti. Le opere riguardano principalmente i settori della Sacra Scrittura, della Teologia, della Storia Ecclesiastica, la letteratura classica greca e latina, la "storia profana", l'arte e l'archeologia, le scienze.


    Oggi il catalogo è conservato nella Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele, la quale venne formata inizialmente con i volumi del fondo della Bibliotheca Maior del Collegio Romano. Non si sa se si giunse a redigere anche un catalogo dei libri posseduti dalle biblioteche minori, ma dal documento che attesta la sopracitata controversia fra il Padre Prefetto della Biblioteca e il Padre Procuratore del Collegio Romano emerge l'intenzione di procedere, dopo la realizzazione del catalogo della Bibliotheca Maior, anche alla redazione di un catalogo delle biblioteche "comuni" e alla registrazione di tutti i libri presenti nelle varie stanze del Collegio. Esiste notizia anche di un altro catalogo, organizzato per materia, in quattro volumi in folio redatto per ordine del P. Tolomei durante il suo rettorato (1698-1701).Ne parla il P. Pietro Maria Salomoni (1698-1768) nella biografia del Tolomei "...il dar moto alla sola scuola era poco al nostro rettore: ...che la libreria del Collegio, oltre che alle antiche impressioni di vari autori classici, che vi mancavano, fornita fosse e rifatta di quanto allora trovavasi di buon gusto, e di tuti quegli scelti volumi che in qualunche materia e lingua andassero di mano in mano. Ottenne egli pertanto che a quella si fermasse annuale assegnamento, acciocché i professori non avesser che desiderare sì dell'antico che del moderno. E per risparmiare agli stessi la fatica di rintraciar nelle classi particolari gli scrittori in esse eccellenti fe disporre i 4 grossi volumi in folio gli indici sterminati delle materie, che da se nel corso letterario aveva compilati con incessante travaglio".(unigre.it)
    Il Collegio Romano fu sede dal 1876 al 1931 del Regio Ufficio Centrale di Meteorologia, che costituì il primo nucleo dell'attuale Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare
     
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    LA BIBLIOTECA DI PERGAMO


    La biblioteca che per tradizione è considerata l’antagonista storica di quella di Alessandria è la biblioteca di Pergamo. È certamente notevole che un territorio periferico come Pergamo sia riuscito, seppure in un limitato arco di tempo, ad assumere un ruolo di grande rilievo nella politica e nella cultura ellenistiche. Come per Alessandria, così per Pergamo non abbiamo certezze, ma è plausibile attribuire al re Eumene II (197-160/158 a.C.) il merito della fondazione nel periodo di coreggenza con il padre Attalo I (241-197). La rivalità con Alessandria divenne celebre nel mondo antico e avrebbe determinato il presunto divieto posto tolemaico di esportazione del papiro dall’Egitto nel periodo di governo di Tolomeo VI Filometore (180-145 a.C.) ed Eumene II. A questo proposito, segnaliamo la congettura di R. R. Johnson accolta da Horst Blanck: l’esportazione di papiro fu interrotta non a causa di un embargo, ma in seguito alla invasione dell’Egitto da parte di Antico Epifane e all’assedio di Alessandria nel 170/168 a.C...In ogni caso, deriva da Pergamo la maggiore diffusione della lavorazione di pelli, soprattutto di ovini, come materiali scrittori, da cui deriverà in seguito, a partire dagli scrittori cristiani, la diffusione del termine “pergamena” per designare tale materiale. In greco si usava il termine latino “membrana” (di qui, ancora oggi si parla di codice membranaceo).

    La biblioteca di Pergamo era la seconda del mondo greco dopo quella di Alessandria, e fu proprio a Pergamo che venne inventata la "pergamena" per ovviare alla rarità del papiro in Asia Minore.
    Resoconti storici sostengono che la biblioteca possedeva una grande sala di lettura principale, allineata con molte mensole. Uno spazio veniva lasciato vuoto tra le pareti esterne e le mensole per permettere la circolazione dell'aria. Questo aveva lo scopo di evitare che la biblioteca diventasse eccessivamente umida nel clima caldo dell'Anatolia e può essere visto come un primo tentativo di conservazione preventiva del libro. I manoscritti erano scritti su pergamena, arrotolati e poi archiviati su questi scaffali. Una statua di Atena, la dea della saggezza, si trovava nella principale sala lettura.
    Il numero dei manoscritti conservati nella sua biblioteca arrivò a 200.000. Si trattava di papiri provenienti dall'Egitto vergati dagli amanuensi di Pergamo e debitamente riposti ben arrotolati. È qui che ha inizio la storia del libro: infatti furono i bibliotecari di Pergamo che ebbero l'idea di tagliare i fogli e rilegarli con la forma che oggi conosciamo. Non esiste oggi un indice o catalogo dei contenuti della biblioteca, rendendo impossibile conoscere la vera dimensione e la portata di questa collezione.

    Come ad Alessandria, anche a Pergamo la direzione della biblioteca fu affidata a dotti in grado di curare l’incremento delle raccolte librarie e di pubblicare nuove edizioni delle opere. Ricordiamo, in particolare, Cratete di Mallo, nominato bibliotecario dal re Attalo II (160/158–138 a.C.), al 32 tempo di Aristarco di Samotracia ad Alessandria. Cratete dette un indirizzo alternativo a quello alessandrino. Filologo e filosofo di orientamento stoico è noto per l’interpretazione allegorica di Omero e per il criterio dell’anomalia contro le regole grammaticali rigorose degli alessandrini, da lui ripreso da Crisippo di Soli, il noto filosofo stoico.A questo proposito Varrone nell’ottavo libro del suo trattato De lingua latina polemizza con Cratere (“nobilis grammaticus”) accusandolo di avere male inteso il senso della teoria di Crisippo sull’anomalia.
    Si ricorda anche Atenodoro di Tarso che operò scorrettamente censure ai
    testi di Zenone di Cizio (Diogene Laerzio, Vitae philosophorum, VII, 34;
    Plutarco, Vita di Catone Minore, 10, 1-3). Ateneo (Deipnosophistae, XII, 515e; XV, 694a) cita Artemone di Cassandria (o di Pergamo), autore di opere sulla raccolta e sull’uso dei libri. In genere, l’impostazione pergamena rischia di permettere delle arbitrarietà nella critica del testo rispetto al rigore alessandrino e non può dirsi che costituisca un’evoluzione rispetto alla filologia della biblioteca concorrente. Un altro studioso di Pergamo fu Antigono di Caristo, noto soprattutto per le sue accurate biografie e per l’esposizione del canone di Pergamo, che interessa la storia dell’arte. Da ricordare è anche Demetrio di Scepsi (III sec. a.C.), erudito, studioso di Omero.Il più celebre autore di Pergamo è il medico e filosofo Galeno, vissuto però in età romana dal 129 al 199 d.C.).

    Non conosciamo le vicende della fine della biblioteca di Pergamo. Possiamo ipotizzare che scomparve con la decadenza politica che progressivamente si abbatté sul Regno di Pergamo, ridotto a sua volta a provincia romana d’Asia, perdendo poi il suo ruolo strategico a vantaggio soprattutto di Rodi. Peraltro, è poco attendibile la diceria sulla forzata esportazione ad Alessandria di 200.000 rotoli da parte di Antonio per ripagare Cleopatra dell’incendio prodotto dai soldati di Cesare. L’unica fonte è Plutarco (Vita di Antonio, 58, 9) che si affretta a precisare che si tratta di una delle accuse contro Antonio diffuse da Calvisio Sabino, amico di Cesare, e ritenute in gran parte false (Id. 59, 1).Secondo Plutarco, Marco Antonio, dopo l'incendio della biblioteca di Alessandria nel 47 a.C., comprò tutti i manoscritti della biblioteca di Pergamo per farne dono a Cleopatra. (consiglio.regione.campania.it; web)
     
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    BIBLIOTECA DEI GIROLAMI



    La Biblioteca statale oratoriana annessa al Monumento nazionale dei Girolamini di Napoli è una biblioteca specializzata in Teologia cristiana, Filosofia, Chiesa cristiana in Europa, Storia della Chiesa, Musica sacra e Storia generale dell'Europa. Ospitata nell’Oratorio dei Girolamini, contrariamente agli usi degli ordini monastici, che non ammettevano il pubblico nelle loro biblioteche, l'Istituto dal 1586 fu aperto al pubblico. Attraverso uno scalone in piperno si giunge, poi, al piano nobile e alle tre biblioteche confinanti, contenenti oltre duecentomila volumi; la Benedetto Croce raccoglie la Miscellanea della storia di Napoli; la Sala del Camino chiamata così per il particolare spazio cavo in fondo alla biblioteca, dove i padri, tanto tempo fa, si riscaldavano al fuoco dei bracieri e studiavano fino a tarda notte. La Sala A, ristrutturata tra il 1726 ed il 1736, intitolata a Giambattista Vico, grande filosofo e giurista, presenta al centro della volta "Il Trionfo della Fede sulle Scienze e Virtù" dipinto su tela, mentre le restanti decorazioni, inclusi i quattro stemmi del cardinale Orsini, ed il cornicione sono dipinti a tempera su intonaco. La Sala, da alcuni detta "del sapere" o "di lettura", conserva la configurazione architettonica progettata da Arcangelo Guglielmelli, è alta circa quindici metri ed è pensata in verticale, decorata da uno sfondato illusionistico in grado di creare una soluzione di luce a pioggia sulle scure librerie. Sulla paternità dell’opera si discute. Mentre vi è certezza sugli autori del meraviglioso pavimento maiolicato che fu realizzato da Giuseppe Barbiero e Domenico Attanasio. A questa sala sono legati degli aneddoti come quello che si attribuisce a Salvatore Di Giacomo e Benedetto Croce, che spesso ordivano un piano studiato a tavolino. Il primo copiava senza permesso i titoli dei faldoni dell' archivio musicale segreto (poi pubblicati nel 1916) mentre il secondo si occupava di distrarre i guardiani per prendere tempo.

    La libreria è un opera di ingegneria lignea composta da due ordini sui quali molto si è discusso e dove sono riposti per materia e formato preziosi ed antichi manoscritti. La Biblioteca è una delle più ricche del Mezzogiorno e la più antica tra quelle napoletane, ideata e a lungo frequentata da Giambattista Vico.
    La biblioteca dei Girolamini custodisce circa 159.700 titoli, prevalentemente antichi, tra cui 120 incunaboli, 5.000 cinquecentine, numerosi manoscritti, di cui circa 6.500 riguardanti composizioni e opere musicali dal XVI al XIX secolo.
    Il patrimonio comprende anche il ricchissimo fondo librario della collezione privata di Giuseppe Valletta (18.000 volumi circa, con edizioni rare del XVI e XVII: classici della letteratura greca e latina, storia e filosofia), un'acquisizione che i padri oratoriani portarono a termine su consiglio di Giambattista Vico, fu acquistata per 14 mila scudi nel 1726. Proprio al filosofo napoletano, che donò le prime edizioni di tutte le sue opere al convento, è dedicata una sala del complesso bibliotecario: la Giambattista Vico. Altri pregevoli fondi librari conservati al suo interno sono il Fondo Agostino Gervasio (archeologia, numismatica, bibliografia, letteratura classica), il Fondo Filippino (storia della Chiesa, sacre scritture, teologia) e il Fondo Valeri (940 volumi sulla storia di Napoli e dell'Italia meridionale). Inoltre la Biblioteca vanta un nucleo di codici miniati tra i quali la "Divina Commedia" di Dante, il "Teseida" del Boccaccio e le "Tragedie" di Seneca, tutti del del XIV secolo. Una preziosa raccolta di musica sacra impreziosisce maggiormente il patrimonio dell'Istituto, archivio musicale che custodisce spartiti dei maggiori musicisti dalla fine del ' 500 fino all' 800.

    ...storia o leggenda...



    Nelle "Cronache delle infestazioni demoniache del ' 600" si narra che, ad un giovane novizio vessato dal demonio, accadevano fatti strani come sparizioni di soldi che venivano poi ritrovati all' interno della frutta e, a volte, lo stesso demonio assumeva le sembianze del ragazzo per presentarsi alla sua famigliae poi scomparire. In un manoscritto conservato nella biblioteca del convento si narra, ancora, che nel 1700 i Girolamini ospitarono il nobile don Carlo Ulcano, vittima, appena varcata la soglia del portone di via Duomo, di sfortunati eventi.
    La biblioteca è stata sempre custodita dai monaci dell’annesso convento, dove spesso vi erano fenomeni tra il magico ed il segreto, che richiedevano per essere interpretati di un esperto in esoterismo che avesse “occhi per vedere ed orecchie per sentire”. Ed a conferma di questi fenomeni ci viene in aiuto un inquietante episodio accaduto nel convento dei Girolamini, citato da diverse fonti, riguardante la permanenza come ospite di un illustre cavaliere Don Carlo Ulcano, durante la quale, di notte le suppellettili si spostavano, pietre cadevano dal soffitto, in un incalzare di frastuoni di catene e porte che cigolavano, mentre spesso i monaci si svegliavano legati tra loro per la tonaca. Di giorno tutto si svolgeva regolarmente, mentre di notte si scatenava un vero e proprio Inferno.
    Andato via il cavaliere i fenomeni scomparvero ma le fonti non spiegano il perché. Don Carlo si era recato nel convento né per meditare, né in preda ad una crisi mistica, bensì perché intendeva consultare durante la notte quei libri, allo scopo di scoprire i segreti della evocazione, che tanto interesse destavano nella aristocrazia tra il Cinquecento ed il Seicento, un secolo che vide celebrarsi numerosi processi per stregoneria. Inesperto egli nel legger le formule scatenava incontrollate presenze malefiche, che si riversavano sui malcapitati frati, senza riuscire a creare quel cerchio difensivo che avrebbe saputo preparare un occultista esperto.

    .... i Padri Girolamini ....



    Il complesso dei Girolamini si estende su un’ampia zona del centro antico più o meno complessa tra Via Duomo e Via Tribunali. L’Ordine dei Girolamini, fu fondato nel 1561 da San Filippo Neri, da cui anche il nome di Padri Filippini. La costruzione della monumentale chiesa e l’ampliamento della prima casa conventuale ebbero inizio nel 1592, seguendo i progetti dell’architetto fiorentino Giovanni Antonio Dosio, attivo contemporaneamente anche nella Certosa di San Martino. Alla morte di Dosio, nel 1609, i lavori procedettero sotto la direzione di un altro toscano, Dioni Nencioni detto di Bartolomeo. Benché la chiesa maggiore fosse consacrata già nel 1619, le costruzioni e gli ampliamenti dell’intero monumento procedettero ancora per vario tempo. Al napoletano Dionisi Lazzari vanno assegnati la cupola, il chiostro maggiore e la primitiva facciata.
    Il complesso Girolamini è molto articolato e tuttora aperto a molteplici attività. Oltre alle ovvie funzioni di culto, i richiami fondamentali sono costituiti dall’antica Biblioteca della Quadreria, dall’Archivio Oratoriano, dall’Archivio Musicale racchiudente la maggiore raccolta napoletana. La facciata del convento è arricchita da due portali, di cui quello più imponente sulla sinistra dà accesso ad un corridoio scoperto che porta al secentesco Cappellone dell’Assunta dove si riunivano mercanti, artigiani e commercianti e ad un ingresso laterale alla navata destra della chiesa, abitualmente chiuso. Il portale a destra introduce il chiostrino inferiore con un pozzo e arcate su colonne, risalente alla fabbrica di Dosio. Sulla destra un’ampia scalinata porta al grande chiostro superiore. Subito a destra è l’accesso agli ambienti della Quadreria mentre sul braccio frontale un portale introduce alla sala di lettura della Biblioteca e un’altra scalinata porta agli ambienti superiori della Biblioteca.
     
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    « ...questa biblioteca ambrosiana, che Federigo ideò con sì animosa lautezza, ed eresse, con tanto dispendio, da' fondamenti »
    (Promessi Sposi (Cap. XXII) - Alessandro Manzoni)


    LA BIBLIOTECA AMBROSIANA


    La Biblioteca Ambrosiana è una storica biblioteca milanese fondata nel 1607 dal cardinale Federigo Borromeo. È ospitata all'interno del palazzo dell'Ambrosiana nel quale si trova anche la Pinacoteca Ambrosiana, anch'essa fondata da Federico.
    Fu la quinta biblioteca aperta al pubblico (dal 1609), preceduta dalla Biblioteca Malatestiana aperta a Cesena nel 1454, dalla biblioteca dei Girolamini di Napoli aperta nel 1586 dalla Biblioteca Bodleiana, sorta a Oxford nel 1602, e dalla Biblioteca Angelica, aperta a Roma nel 1604.

    Fu concepita dal fondatore come un centro di studio e di cultura: volle infatti che vi fiorissero a lato altre istituzioni come il Collegio dei Dottori, l’Accademia di Belle Arti e la Pinacoteca. Il cardinale raccolse per la sua Biblioteca, che dal santo protettore di Milano chiamò Ambrosiana, un largo numero di codici greci, latini, volgari e nelle diverse lingue orientali. In essi si comprendono i fondi preziosi derivanti da istituzioni religiose come il monastero benedettino di Bobbio, il convento agostiniano di Santa Maria Incoronata e la biblioteca del Capitolo Metropolitano di Milano; così pure quelli provenienti da importanti collezioni private come quella di Gian Vincenzo Pinelli, Francesco Ciceri e Cesare Rovida, illustri studiosi e bibliofili del '500. Fra gli innumerevoli donatori che arricchirono in seguito l’Ambrosiana, si segnalano Mellerio, che nel secolo XIX, legarono la Biblioteca delle loro straordinarie raccolte librarie.
    Per la vastità delle raccolte e per il numero e il pregio dei codici, l’Ambrosiana è indubbiamente una delle prime biblioteche italiane e del mondo. Ebbe illustri bibliotecari quali lo storico milanese Giuseppe Ripamonti, Ludovico Antonio Muratori, Giuseppe Antonio Sassi, il cardinale Angelo Mai, Antonio Maria Mercati e Achille Ratti divenuto pontefice con il nome di Pio XI.

    La Biblioteca ha carattere storico, letterario, religioso, particolarmente classico retrospettivo, ossia volto allo studio del passato; è retta da due Collegi, uno dei Dottori - presieduto dal Prefetto - che sovraintende alla sua attività culturale, e l’altro dei Conservatori, preposto alla sua amministrazione.
    Fra le ricchissime collezioni ambrosiane si ricordano il fondo arabo ed orientale, di eccezionale importanza; la biblioteca glottologica-dialettale di Carlo Salvioni e la raccolta araldica di Eugenio Casanova. Si contano numerosi palinsesti (con pezzi pregevolissimi come gli unici frammenti superstiti della Vidularia di Plauto, risalenti al V secolo, e parte della versione gotica del Vangelo compiuta dal vescovo ariano Ulfila) e molti manoscritti splendidamente miniati come il Libro d’ore Borromeo, di mano di Cristoforo De Predis, o il Gellio decorato e firmato da Guglielmo Giraldi. Ma sopra tutti eccellono l’Ilias picta del V sec., il famoso Virgilio con annotazioni marginali di Francesco Petrarca, miniato da Simone Martini, il Giuseppe Flavio, nella versione latina, su papiro, il codice irlandese e quello provenzale. Vi sono poi diversi codici autografi come il De prospectiva pingendi di Piero della Francesca, l’Aristotele con il commento trascritto dal Boccaccio, la Vita di Guidobaldo di Montefeltro di mano di Pietro Bembo e gli autografi di S. Tomaso d’Aquino, dell’Ariosto, del Machiavelli, del Tasso, di Galileo per arrivare all’intero fondo pariniano e di Cesare Beccaria.
    Pregevolissimi, poi, sono molti degli incunaboli (da non dimenticare la rara edizione del Decamerone di Cristoforo Valdarfer, Venezia 1471) e le non poche edizioni principi. La Biblioteca inoltre possiede molte legature di pregio di manoscritti come di stampati, di cui una addirittura in pelle umana. Fra le collezioni speciali sono infine da segnalare quelle degli statuti, delle edizioni aldine, cominiane e bodoniane, nonché la ricchissima collezione delle incisioni e delle stampe di circa 12.000 unità.

    ...la storia...


    Nel corso dei suoi soggiorni romani (dal 1585 al 1595 e poi dal 1597 al 1601) Federico Borromeo maturò l'idea di creare a Milano una biblioteca con lo scopo di costruire, tramite la raccolta e lo studio delle origini e delle tradizioni cattoliche, un baluardo contro l'avanzare della Riforma protestante.
    Rientrato a Milano incaricò i suoi emissari di raccogliere manoscritti in tutta Europa e in Oriente. La prima fase della costruzione dell'edificio destinato ad ospitare le raccolte, iniziata nel 1603, fu diretta da Lelio Buzzi e Francesco Maria Ricchino. Per prima fu realizzata la Sala Federiciana nella quale vennero ospitati i primi libri a stampa e circa 8.000 manoscritti.
    L'8 dicembre 1609 fu aperta la sala di lettura, primo esempio di sala con i libri riposti entro scansie lungo le pareti e non incatenati ai tavoli di lettura come usuale in altre biblioteche dell'epoca. Facevano parte della Biblioteca anche una stamperia e una scuola per lo studio delle lingue classiche e orientali.
    Le continue acquisizioni, anche tramite lasciti, resero necessaria l'espansione dell'edificio, i cui lavori iniziarono nel 1611. Nel 1618 il cardinale donò alla biblioteca la sua raccolta di dipinti e disegni che costituirono il nucleo iniziale della Pinacoteca, e nel 1625 aprì l'Accademia; fra i primi insegnanti vi furono personalità come il Cerano e Giovanni Andrea Biffi. Nonostante la morte del cardinale (1631) le acquisizioni e le donazioni rimasero costanti: nel XVII secolo furono donati 12 manoscritti leonardeschi fra i quali il celeberrimo Codice Atlantico, un album di disegni di Rubens, e altri preziosi manoscritti. Parte del patrimonio venne requisito durante la dominazione francese e solo in parte restituito in seguito. Fu reso il Codice Atlantico ma non gli altri manoscritti di Leonardo e solo due dei quattro dipinti degli Elementi di Jan Brueghel il Vecchio.
    Tra il 1826 ed il 1836 l'architetto neoclassico Giacomo Moraglia, fra i più apprezzati della Milano della prima metà del XIX secolo, realizzò il chiostro che serve da sala di lettura, e rovesciò l'ingresso, non più da piazza San Sepolcro ma dalla attuale sede in piazza Pio XI, allora piazzetta della Rosa. Le nuove costruzioni occupavano circa due terzi della sede della preesistente chiesa di Santa Maria della Rosa, appositamente demolita nel 1831. Nello stesso periodo venne costituita la raccolta di disegni - iniziata in epoca federiciana - e diverse donazioni portarono il patrimonio a migliaia di volumi di disegni e stampe. Al 1909 risale l'acquisto di circa 1600 codici arabi, grazie all'iniziativa di Eugenio Griffini, incrementati dal lascito di quest'ultimo nel 1926 (altri 56 codici). L'edificio era nuovamente al limite della capienza e nel 1923 il cortile neoclassico venne quindi trasformato in sala di lettura.
    I bombardamenti del 1943 causarono gravi danni all'edificio e al patrimonio; fra le altre andò persa l'intera raccolta dei libretti d'opera della Scala. I lavori di ripristino iniziarono solo nel 1952 su progetto di Luigi Caccia Dominioni. Dal 1990 al 1997 l'edificio è stato nuovamente ristrutturato.

    "..oltre a capolavori artistici e curiosità varie,
    è conservata anche una ciocca dei capelli biondi di Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara, all’interno di una preziosa teca in vetro, bronzo e malachite; durante l’Ottocento divennero una sorta di reliquia, una passione feticista, richiamo di numerosi letterati e poeti che passavano da Milano.
    La leggenda narra che la notte dei morti il suo spirito scivola lungo i corridoi e le sale della Pinacoteca alla ricerca della teca che contiene la sua ciocca di capelli, arma di seduzione e simbolo di vanità. Una volta trovata, la lava e la pettina come faceva quand’era in vita; per questo motivo, quindi, è ancora oggi bella, morbida e lucente"


    ..... oltre a Leonardo .....


    I criteri che avevano guidato il Borromeo nella sua impresa collezionistica sono espressi chiaramente nel suo trattato Musaeum del 1625, da cui traspaiono la sua ferma convinzione nell’efficacia delle opere d’arte come mezzo per educare e indurre devozione negli spettatori (come affermato dai dettami del Concilio di Trento) e la sua visione ottimistica della fede e del mondo, derivatagli certamente dal suo maestro spirituale, San Filippo Neri. Nel Musaeum Federico descrive scrupolosamente l’aspetto della quadreria, allora allestita in quattro sale secondo una suddivisione per scuole ben definita: quella veneta, quella leonardesca, quella fiamminga, il cartone preparatorio per la Scuola di Atene di Raffaello e la sezione dedicata alle copie da sculture antiche e da Michelangelo.

    Alessandro Manzoni, nei Promessi Sposi, fa di Federigo Borromeo uno degli eroi positivi del suo celebre romanzo. Il Federigo storico fu un grande uomo di cultura, che investì tutti i suoi beni per realizzare un progetto culturale che non aveva precedenti a quell'epoca: la Biblioteca Ambrosiana, una delle prime biblioteche pubbliche. Qui viene conservato da secoli il preziosissimo patrimonio librario del Borromeo che comprende migliaia di volumi manoscritti, tra i quali il De Divina Proportione di Fra' Luca Pacioli, splendido codice illustrato da straordinari disegni geometrici e il celeberrimo Codice Atlantico di Leonardo da Vinci che approdò in Ambrosiana pochi anni dopo la morte di Federico.
    Oltre alla Biblioteca, il cardinale realizzò l'Accademia del Disegno per la formazione degli artisti. Collegata ad essa fondò anche una Pinacoteca che fosse uno strumento didattico per l'Accademia e al tempo stesso un'esposizione aperta al pubblico. La collezione comprende centinaia di dipinti tra i quali ricordiamo la Canestra di frutta di Caravaggio, l'Adorazione dei magi di Tiziano, il monumentale cartone della Scuola di Atene di Raffaello e il Ritratto di Musico di Leonardo da Vinci. Il quadro di Leonardo costituisce un'assoluta novità rispetto alla tradizione milanese: il volto possente, da cui traspare la struttura ossea poderosa come un'architettura, ci rimanda agli studi anatomici di Leonardo sulla scatola cranica, datati 1487. In essi il teschio umano viene sezionato e trasposto graficamente proprio come se si trattasse di un progetto per una cupola; tali studi sono contemporanei alla partecipazione dell'artista toscano al concorso per il progetto del tiburio (la copertura centrale) del Duomo di Milano. Oltre alle ricerche fisionomiche sono evidenti in questo intenso ritratto le sue ricerche sui "moti" interiori. Il musicista, che regge uno spartito dipinto con grande realismo, è raffigurato con lo sguardo attento e la bocca semiaperta come se stesse per cantare. Leonardo raffigura un infinitesimale istante di vita, un attimo di estrema concentrazione della figura che non è definita da un contorno, ma sfumata nell'oscuro spazio circostante.

    « Il lavoro dello scrivano è il ristoro del lettore; il primo toglie le forze al corpo, l'altro favorisce lo spirito. Pertanto chiunque tu sia non disprezzare, mai stato piuttosto attento al lavoro di colui che fatica per portarti profitto....Se non sai scrivere non lo considererai una fatica, ma se non vuoi un racconto dettagliato ti dirò che il lavoro è duro; rende gli occhi annebbiati, curva la schiena, schiaccia le costole e il ventre, fadolere le reni e tutto il corpo. Pertanto, o lettore, gira le pagine delicatamente e tieni le dita lontano dalle lettere, poiché come la tempesta di grandine rovina il raccolto della terra, cosò fa lo stolto lettore, distrugge il libro e la scrittura. Come al marinaio è gradito trovare il porto ultimo del suo viaggio, così per lo scrivano l'ultima riga. Sia sempre grazie a Dio »
    (Copista anonimo di molti secoli fa, citato da monsignor Gianfranco Ravasi a una inaugurazione di una importante mostra dell'anno 2000 nella biblioteca ambrosiana.)

     
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    Fondare biblioteche è un po' come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l'inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire
    (Marguerite Yourcenar)

     
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  9. gheagabry
     
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    The Library, A World History

    La Biblioteca: una storia del mondo

    James WP Campbell con fotografie di Will Pryce



    The Library, A World History, pubblicato dalla casa editrice Thames & Hudson, è un libro che racconta attraverso splendide fotografie com’è cambiato il modo di concepire e realizzare le biblioteche dall’antichità ai giorni nostri. Il libro è realizzato dall’architetto James Campbell – professore emerito in Architettura e storia dell’arte al Queens’ College di Cambridge – e da Will Pryce, tra i più importanti fotografi di interni e opere architettoniche. Negli ultimi tre anni Campbell e Price hanno fotografato e raccolto informazioni su 84 biblioteche in 21 paesi diversi, realizzando una sorta di catalogo delle più importanti biblioteche al mondo: pubbliche, private, universitarie.
    Il libro mostra come le biblioteche non siano soltanto edifici in cui vengono conservati o collezionati i libri, bensì opere d’arte complesse che uniscono architettura, pittura, design e scultura. Il modo in cui sono state progettate nel corso dei secoli e nei vari paesi riflette gli interessi, le priorità e le preoccupazioni delle società che le hanno progettate: da quel che resta della biblioteca di Celso – la biblioteca antica meglio conservata, costruita in Turchia nel 135 d.C. – a quella di LiYuan, a due ore da Pechino, terminata nel 2011, la cui facciata è completamente rivestita di rami. (il post.it)



    Recensione di Clive Aslet, telegraph.co.uk

    "Se state leggendo questa recensione del libro, è probabile che ti piace libri. Ma non si dispone di un volume sui vostri scaffali sugli edifici in cui collezioni di libri sono alloggiati? Probabilmente no. Le biblioteche non hanno attirato molta attenzione come tipo di edificio, eppure molte persone hanno un forte attaccamento a loro. Il numero in costruzione in tutto il mondo smentisce banale ipotesi circa la morte della parola scritta.



    In Occidente, sembrano essersi trasformati in luoghi di incontro, piuttosto che semplicemente in luoghi di apprendimento (lettori scontrosi, forse, di una generazione più vecchia, si sono lamentati per le note civettuola lasciati nella British Library). Ma è chiaro da questa storia che le biblioteche hanno spesso svolto ruoli diversi.
    Le Biblioteche sembrano essere state una caratteristica dei Romani nelle sale da bagno: sì, leggevano nella vasca da bagno anche allora. Le librerie delle spettacolari monasteri austriaci del 18 ° secolo - spumeggianti con stucchi, ornati di sculture sensuali e colonne in scagliola (legno imitazione marmo) - erano sia la visualizzazione e la donazione di occupazioni locali che le esigenze di lettura di alcuni monaci. Come splendidamente sono stati fotografati da Will Pryce per questo libro.



    Le prime biblioteche, nell'antica Mesopotamia, erano minuscole. Con il tempo i Tolomei costruirono la biblioteca di Alessandria nel III secolo aC, famoso centro di conoscenza. Il destino di questo edificio - bruciato da Giulio Cesare - dimostra che le biblioteche sono vulnerabili in quanto sono preziose. Anche davanti al fuoco, i bibliotecari assumono uno stato ansioso per impedire la disintegrazione della collezione. Libri che che subiscono i mille pericoli del fuoco, muffe ed umidità con l'aggiunta di piccoli animale mangiatori di carta e topi. Le librerie di Coimbra e di Mafra in Portogallo contengono ancora le colonie di piccoli pipistrelli che si posano dietro gli scaffali - un piccolo prezzo da pagare per il controllo dei predatori del libro. Per evitare l' umido, le librerie dovevano essere staccate dalla vecchie pareti in muratura, ma i vuoti risultanti frnirono la nidificazione per topi.
    Poi c'è il furto. La pergamena utilizzata nel Medioevo, fatta da pelli di pecora allungata e trattata, era costoso, come le 250 pelli di pecora che servivano per una Bibbia, I codici furono incatenati ai loro scaffali e conservati con le pagine rivolte verso l'esterno. Carta significava che i libri possono essere effettuati in diverse dimensioni: furono inseriti, nel XVIII secolo, i ripiano. Quando ero a Peterhouse, laureandi potevano ancora lavorare nel Perne Biblioteca del XVII secolo, divisa da pile di libri sporgenti perpendicolarmente dalla parete. Questa forma, comune alle università di Oxford e Cambridge, poi copiata da biblioteche di tutti i tipi, è una caratteristica "inglese". Ha raggiunto la sua apoteosi in Sir Christopher Wren Biblioteca s 'al Trinity College di Cambridge; Wren ha creato nicchie di lettura a tre lati con l'aggiunta di scaffali lungo le pareti. Le scaffalature a parete hanno consentito lo sviluppo di librerie rotonde. Cupole, come nel vecchio British Library.



    Molte sono le biblioteche principesche che sono state create per dimostrare erudizione e la cultura del patrono. La Michelangelo Biblioteca Laurenziana, voluta dal cardinale Giulio de 'Medici, è il primo esempio del Rinascimento: una sala austeramente articolata, arricchita con bei pavimenti, e vetrate stemma. In Portogallo, João il Magnanimo fu stupito dal rettore dell'Università di Coimbra, dicendogli che la richiesta di aiuto verso le biblioteche era troppo modesto.
    Lo zenit classico arriva nelle gloriose biblioteche Beaux-Arts degli Stati Uniti, come la New York Public Library.
    La tradizione fu continuata da Yale negli anni Sessanta, quando commissionò la Biblioteca Beinecke, le sue pareti realizzate con pannelli di marmo traslucido.
    Un cenno viene dato alle biblioteche paese-house, forse una parola avrebbe potuto essere dette a proposito del modo in cui le biblioteche sono diventate i principali salotti, al di Lord Spencer Althorp House. Biblioteche, però, reinventato se stesse, e continuano a farlo nell'era elettronica. Il libro si conclude con una splendida immagine della Biblioteca Liyuan a Jiaojiehe in Cina, la cui facciata è coperto di ramoscelli stabiliti tra le rotaie di acciaio arrugginito. Il trust di beneficenza che ha dato questa libreria per una comunità rurale remota sa che, nel mondo moderno, l'alfabetizzazione è più importante che mai.

     
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  10. gheagabry
     
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    La scrittura crea i libri, i libri creano biblioteche
    e una biblioteca è il luogo più forte e radicato
    di una casa privata,
    come lo è di una città − se biblioteca pubblica.
    Una biblioteca sostituisce la realtà assente o malvagia,
    e ne costituisce il luogo della beatitudine, del piacere:
    il luogo pagano della gioia.

    Antonio Castronuovo, Se mi guardo fuori, 2008

     
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  11. gheagabry
     
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    LA BIBLIOTECA NAZIONALE DI PRAGA



    La Biblioteca Nazionale di Praga fu aperta nel 1722 ed è una delle più belle biblioteche del mondo. Con oltre 20.000 di volumi, rappresenta un tempio per gli amanti del libro. Gli affreschi del soffitto sono stati realizzati da Jan Hiebl, e attraverso la sua opera pittorica sono presenti molti simboli che rappresentano l’importanza dell’istruzione insieme alle agiografie di santi gesuiti. La biblioteca fa parte del complesso Clementinum, e conserva libri teologici in tutte le lingue del mondo. Al suo interno è presente un’intera stanza dedicata a Mozart, con gli scritti originali realizzati dal maestro di Salisburgo.



    Nel 1777 Maria Theresa d’Austria decretò che la Clementinum diventasse una biblioteca pubblica e universitaria, il che ha permesso alla comunità di studiosi di Praga e di tutto il mondo di fruire della bellezza barocca di questa magnifica biblioteca. All’interno della sala centrale non sono presenti infatti soltanto gli affreschi i Hiebl, ma anche dei famosissimi globi dorati e gli orologi astronomici di Jan Klein. Dal XVIII secolo l’interno della biblioteca non è stato modificato, e il tuffo nella storia è quanto di più bello possa esserci per gli amanti dell’arte e della cultura.












    www.vanillamagazine.it/
     
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  12. gheagabry
     
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    l deposito della "Old Municipal Library".
    La biblioteca pubblica di Cincinnati (OH, USA)
    prima del trasferimento avvenuto nel 1955 nella nuova sede.



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  13. gheagabry
     
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    Le biblioteche più belle del mondo



    Klementinum a Praga, Repubblica Ceca



    La biblioteca barocca di Praga raccoglie più di 20mila preziosi volumi di letteratura, medicina e teologia. Voluta dai gesuiti e inaugurata nel 1722 nel palazzo che ospita anche la torre dell’osservatorio, la biblioteca mostra sul soffitto gli affreschi di Jan Hiebl che rappresentano l’arte e la scienza.


    Stiftsbibliotehek Admont, in Austria



    E’ la più grande biblioteca monastica del mondo, ospitata nell’abbazia benedettina di Admont, in Stiria. Inaugurata nel 1776, custodisce più di 180mila opere, tra le quali 1.400 manoscritti e 530 incunaboli, oltre a volumi antichi ed edizioni originali di opere rare. L’architetto Josep Hueber disegnò per la biblioteca uno spazio in stile rococò, il cui soffitto a cupole è affrescato da trompe-l’oeil allegorici di Bartolomeo Altomonte, che celebrano la scienza e la fede.


    Stadtbibliothek Stuttgart in Germania





    Disposta su 9 piani la biblioteca civica di Stoccarda brilla come un cubo di luce: esternamente è blu e all’interno è rivestita di bianco. Progettato nel 2011 dal sudcoreano Eun Young Yi, è simile a un disegno di Escher con strane linee geometriche, ricche di illusioni ottiche. Ospita milioni di libri, disposti su scaffali lineari, uno spazio per mostre, un caffè letterario e una terrazza panoramica.


    Trinity College a Dublino, Irlanda



    E’ il tempio dei libri rari e dei manoscritti miniati, come quello di Kells, capolavoro medievale che contiene i primi quattro Vangeli del nuovo testamento. Fondata nel 1712, la biblioteca sorge nell’università più antica d’Irlanda; la spettacolare Long Room, lunga 65 metri, ospita i 200mila volumi più antichi della biblioteca (che nel complesso ne contiene 5 milioni) e tesori artistici tra cui 14 busti di marmo e l’arpa gaelica di Brian Boru, simbolo del Paese.


    George Peabody Library di Baltimora, Usa



    Simile a un teatro dell’opera, è stata progettata dall’architetto Edmund Lind nel 1860; è una cattedrale neoclassica con un atrio disposto su 5 livelli, il pavimento di marmo nero e bianco, un lucernario a grata e 5 file di balconi con colonne dorate e decorazioni in ferro. Raccoglie dal 1878 300mila volumi e una ricca collezione di mappe. Per la sua eleganza la biblioteca, che sorge nel Peabody Institute, il più antico conservatorio musicale, è spesso usata per celebrare matrimoni e feste private.


    Bibliothèque Sainte Geneviève a Parigi




    Progettata da Henri Labrouste alla metà dell’800, l’edificio della storica biblioteca parigina mescola stili differenti, in particolare l’Art Nouveau con l’impiego di elementi strutturali e decorativi in ferro. La sala ovale di Richelieu è la sede più antica dell’attuale Biblioteca nazionale di Francia: ospita grandi vetrate, colonne di ghisa e una cupola del soffitto, che creano luminosità ed eleganza.


    Kansas City Public Library a Kansas City, Usa





    Nata nel 1873, ha una facciata molto originale che rappresenta un gigantesco scaffale di 22 libri, i più letti e conosciuti al mondo, i cui titoli sono stati scelti con un concorso pubblico: Platone, Shakespeare, Dickens, Tolkien, Garcia Marquez e molti autori americani tra cui Bradbury e Harper Lee. All'interno la biblioteca è dotata di spazi per bambini, conferenze e mostre dedicate alla storia locale e nazionale.


    Library of Congress a Washington



    Completato nel 1897, il maestoso edificio neoclassico Thomas Jefferson ospita 28 milioni di libri, più di 50 milioni di manoscritti, la maggior raccolta di libri rari dell’America settentrionale e la più grande collezione di film, mappe, spartiti musicali e registrazioni sonore.


    Biblioteca nazionale Marciana a Venezia





    E’ tra le più antiche e grandi biblioteche d’Italia: ospita su due piani pregiate raccolte di manoscritti greci, latini e orientali, volumi rari, atlanti, mappe e diari. Il primo a donare una raccolta di libri fu il cardinal Bessarione nel 1468; da allora la biblioteca ha incrementato il suo archivio con altre donazioni. Dopo vari trasferimenti, oggi occupa la sede storica che include il Palazzo della Libreria e la Fabbrica della Zecca di Jacopo Sansovino, che ne ha decorato anche gli interni.

    Seattle Public Library a Seattle, Usa





    Progettata nel 2004 dagli architetti olandesi Rem Koolhaas e Joshua Prince-Ramus, la struttura futuristica in vetro e acciaio della biblioteca di Seattle presenta un originale insieme di pannelli, passerelle sospese e aree in cui si trovano oltre un milione e mezzo di libri.



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  14. gheagabry
     
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    In Russia la prima biblioteca di ghiaccio del mondo



    Sono 420 i “libri” che la compongono, insieme ad un autentico labirinto, formato da 1.000 piccole frasi incise nel ghiaccio ognuna delle quali riporta i titoli dei vari volumi con i nomi degli autori. Un labirinto di cultura che però non è possibile consultare: questa speciale biblioteca dalle forme sinuose è purtroppo solo simbolica perché non contiene ovviamente dei veri volumi, ma solo la loro rappresentazione. Impossibile quindi sedersi e consultarne uno. Quello che si para davanti agli occhi è però uno spettacolo stupendo e interessante.

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    La biblioteca di ghiaccio al mondo è stata costruita a Baiksalsk, una piccola città che si trova sulle coste del lago Bajkal e che conta solamente 16mila abitanti. Il lago è uno dei più grandi al mondo per superficie e durante il periodo invernale è sempre ghiacciato: considerato una delle sette meraviglie della Russia, è popolato da diverse forme di vita animali e vegetali che aumentano ogni anno.





    Questo angolo di paradiso, di cui pochi sono a conoscenza, è stato dichiarato nel 1996 Patrimonio dell’Umanità Unesco. In questa piccola porzione della Siberia meridionale si trova anche Capo Burchan, meglio conosciuto come la “roccia dello sciamano”, meta di pellegrinaggio storica per i monaci buddisti. Alla base della roccia, una scritta in sanscrito.

     
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  15. gheagabry
     
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    Bibliothèque Sainte-Geneviève, Parigi, 1850


    Nell'ultimo anno, la fotografa Thibaud Poirier ha viaggiato attraverso l'Europa per fotografare alcune delle più incredibili biblioteche del mondo.



    Bibliothèque Nationale de France, Salle Labrouste, Parigi, 1868






    Bibliothèque de l'Hôtel de Ville de Paris, Parigi, 1890




    Biblioteca Grimm Zentrum, Berlino, 2009





    Stadtbibliothek, Stoccarda, 2011





    Bibliothèque de la Sorbonne, Salle Jacqueline de Romilly, Parigi, 1897





    Biblioteca Joanina, Coimbra, 1728





    (france)


     
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16 replies since 22/4/2013, 19:50   4121 views
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