Le dimissioni del Papa: il 28/2!!

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    Le dimissioni del Papa
    Secondo l'ANSA le avrebbe annunciate durante un Concistoro, sarebbe una notizia clamorosa, si attendono conferme ufficiali

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    Lo avrebbe comunicato nel corso del Concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. SkyTg24 ha citato una conferma da parte del Vaticano. Avrebbe spiegato di sentire “il peso dell’incarico” e di volere lasciare “per il bene della Chiesa”.

    Joseph Aloisius Ratzinger ha 85 anni ed è in carica dal 19 aprile del 2005.


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    Le dimissioni del Papa
    Le ha annunciate durante il Concistoro, radio Vaticana ha confermato

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    12:08 – La dichiarazione di Benedetto XVI sulle sue dimissioni fatta oggi durante il Concistoro per tre canonizzazioni:

    Carissimi Fratelli,
    vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.


    12:01 – C’è anche la conferma di Radio Vaticana.

    Lo ha comunicato nel corso del Concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. SkyTg24 ha citato una conferma da parte del Vaticano. Avrebbe spiegato di sentire “il peso dell’incarico” e di volere lasciare “per il bene della Chiesa”.




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    Edited by gheagabry - 11/2/2013, 12:36
     
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    Le dimissioni del Papa

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    12:01 – C’è anche la conferma di Radio Vaticana.
    Lo ha comunicato nel corso del Concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. SkyTg24 ha citato una conferma da parte del Vaticano. Avrebbe spiegato di sentire “il peso dell’incarico” e di volere lasciare “per il bene della Chiesa”.
    Joseph Aloisius Ratzinger ha 85 anni ed è in carica dal 19 aprile del 2005.



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    Il Papa lascia il pontificato dal 28 febbraio. Lo ha annunciato personalmente, in latino, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. "Un fulmine a ciel sereno". Con queste parole il decano del collegio cardinalizio, cardinal Angelo Sodano ha commentato la decisione di Benedetto XVI di lasciare il pontificato

    Il Papa ha spiegato di sentire il peso dell'incarico di pontefice, di aver a lungo meditato su questa decisione e di averla presa per il bene della Chiesa. La ingravescentem aetatem cioé l'età avanzata. Questo tra i motivi addotti da Benedetto XVI, per le sue dimissioni. La sua decisione, annunciata in latino davanti al collegio cardinalizio e alla Casa Pontificia riunite per un concistoro di canonizzazione, è stata accolta nel più profondo silenzio e con smarrimento.

    "Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile2005". Lo ha detto Benedetto XVI annunciando le sue dimissioni.

    Il papa ha indicato il 28 febbraio per il termine del pontificato e chiesto che si indica un conclave per l'elezione del successore. La "sede vacante" dopo le dimissioni di Benedetto XVI scatta dalle ore 20.00 del 28 febbraio. Lo ha detto il Papa annunciando ai cardinali la decisione di dimettersi. Dovrà quindi essere convocato un conclave per l'elezione del nuovo Papa.(ansa)






    NELLA STORIA

    Come stabilito dal Codice di Diritto Canonico, Libro II "Il popolo di Dio", parte seconda "La suprema autorità della Chiesa", capitolo I "Il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi" è contemplata la rinuncia all'ufficio di Romano Pontefice, fatto che potrebbe dare vita al titolo di Pontefice "emerito" come accaduto a Gregorio XII:

    « Can. 332 - §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti. »
    I casi storici di rinuncia non mancano, soprattutto nei tempi più remoti del Papato: San Clemente, arrestato ed esiliato per ordine di Nerva nel lontano Chersoneso, abdicò dal Sommo Pontificato indicando come suo successore Evaristo, affinché i fedeli non restassero senza pastore. Verso la prima metà del III secolo, Ponziano lo imitò poco prima di essere spedito in esilio in Sardegna; al suo posto venne eletto Antero. Silverio, deposto da Belisario, in punto di morte rinunciò in favore di Vigilio, fino ad allora considerato un usurpatore. Vi sono poi molti altri casi, più problematici, in cui si discute se vi sia stata rinuncia o addirittura rinuncia tacita, come nel caso di Martino. Altro caso più difficilmente inquadrabile è quello di Benedetto IX, che prima venne deposto in favore di Silvestro III, salvo poi riassumere la carica per poi rivenderla a Gregorio VI, il quale, accusato di simonia, fece atto di rinuncia dopo aver ammesso le sue colpe.

    Il più celebre caso di rinuncia all'ufficio di Romano Pontefice fu quello di Celestino V, detto anche "il Papa del gran rifiuto", che portò all'elezione di Bonifacio VIII; poiché quest'ultimo fu un pontefice non affine a Dante Alighieri, egli nella sua Divina Commedia pone, probabilmente, Celestino V nell'Antinferno tra gli ignavi: non è però certo chi il Sommo Poeta volesse indicare nel seguente passo, potrebbe trattarsi infatti, secondo alcuni critici di Ponzio Pilato, Esaù o Giano della Bella:

    « Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,
    vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto. »
    (Dante Alighieri, Inferno III, 58-60)

    Celestino, prima di abdicare, si consultò con il cardinale Benedetto Caetani, e si fece confermare dal concistoro dei cardinali che un'abdicazione dal soglio pontificio era possibile, quindi, in data 10 dicembre 1294, emanò una costituzione sull'abdicazione del papa, confermò la validità delle disposizioni in materia di Conclave anche in caso di rinuncia, ed appena tre giorni dopo rese note le sue intenzioni ed abdicò.

    Nel 1415 un altro Papa, Gregorio XII, eletto all'epoca dello Scisma d'Occidente a Roma, dopo molti anni di lotte e di contese giuridiche, belliche e diplomatiche, fece atto di sottomissione ai decreti emessi dai padri conciliari, durante il Concilio di Costanza, che era stato convocato dall'antipapa Giovanni XXIII (XXII) e presieduto dall'Imperatore Sigismondo per dirimere ogni questione. Uno di questi decreti intimava a tutti i contendenti di abdicare, nel caso che non si trovasse una soluzione e non si raggiungesse l'accordo fra i tre pretendenti al Soglio. Davanti al rifiuto di Benedetto XIII (rappresentante dell'obbedienza avignonese) e alla fuga di Giovanni XXIII (poi ricondotto in Concilio e deposto), alla fine Gregorio XII acconsentì ad abdicare, dopo aver riconvocato con una sua bolla il medesimo Concilio. All'abdicazione però non seguì l'elezione di un nuovo Papa, che si verificò passati due anni e solo successivamente alla scomparsa di Gregorio, dopo la quale venne convocata un'assemblea mista di cardinali e di padri conciliari, che elesse Martino V.

    La rinuncia all'ufficio di Romano Pontefice spesso viene considerata un caso di dimissioni, ma, più correttamente, si dovrebbe parlare di abdicazione, così come è riportato nelle fonti storiche e storiografiche. In senso stretto, l'abdicazione è l'abbandono con l'indicazione di un successore; le dimissioni sono la semplice rinuncia.

     
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    Le dimissioni del Papa
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    13:29 – Lombardi: la cosa non mi ha completamente stupito, considerato che il Papa diceva di voler valutare le proprie forze.

    13:25 – Lombardi: “Non risulta nessuna malattia in corso che abbia influito su questo tipo di decisione” del Papa.

    13:18 – La conferenza stampa in Vaticano di padre Lombardi è ancora in corso, rispondendo ai giornalisti ha spiegato che Benedetto XVI non condizionerà le scelte del Conclave per il nuovo Papa.

    13:08 – Il discorso del Papa sulle sue dimissioni, in latino:

    12:59 – Lombardi: “Nel mese di marzo, per Pasqua, dovremmo avere il nuovo Papa”.

    12:59 – Lombardi: “Il Papa non parteciperà al Conclave”.

    12:56 – Lombardi: “Il Papa terminato il ministero si trasferisce a Castel Gandolfo e successivamente in Vaticano dove c’era il monastero delle suore di clausura sul colle Vaticano”.

    12:56 – Georg Ratzinger, intervistato dall’agenzia di stampa tedesca DPA ha spiegato che il fratello Joseph sente “il peso dell’età” e per questo motivo ha deciso di dimettersi.

    12:51 – Lombardi ricorda che già in un recente libro-intervista il Papa aveva fatto intendere di essere in difficoltà, e che era comunque prevista la possibilità di dimettersi (in generale) in un momento di serenità per la Chiesa o quando il pontefice riconosce che gli mancano le forze.

    12:48 – Lombardi: “Il Papa sarà nel pieno del suo servizio fino alle ore 20 del 28 febbraio. Da quel momento inizierà la condizione di sede vacante”.

    12:46 – Lombardi: “Avevamo notato un certo stato di stanchezza del Papa”.

    12:44 – Lombardi legge la dichiarazione del Papa, che trovate nell’aggiornamento delle 12:08.

    12:42 – Lombardi: “Dichiarazione breve ascoltata con grande attenzione e col fiato sospeso dai presenti, che non avevano informazione precedente di quello che il Papa stava per annunciare”.

    12:41 – Lombardi: “Il papa ha letto il suo annuncio in latino al termine della celebrazione del Concistoro”.

    12:40 – Lombardi: “Il papa ci ha presi un po’ di sorpresa”.

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    14:47 – Benedetto XVI ha 85 anni (e 301 giorni) ed è il papa più anziano in carica dai tempi di Leone XIII che concluse il proprio pontificato nel 1903 a 93 anni, dopo 25 anni di papato. Giovanni Paolo II morì a 84 anni (e 319 giorni), dopo 26 anni di pontificato.
    14:43 – Cinque foto dell’ultima apparizione di papa Benedetto XVI a Roma, domenica 10 febbraio.

    14:36 – Il video di Benedetto XVI che legge la propria dichiarazione sulle dimissioni dal pontificio a fine febbraio.

    14:16 – Il 10 marzo del 2012 il Foglio pubblicò un articolo, firmato da Giuliano Ferrara, sulla possibilità che il Papa si dimettesse.

    Le dimissioni del Papa regnante non sono all’ordine del giorno. La chiesa è l’ordine dei secoli, non dei giorni. Quando Giovanni Paolo II portò alle estreme conseguenze la sua teologia del corpo offrendo la misura del dolore personale come pegno universale di sofferenza e riscatto scrivemmo contro le vociferazioni più o meno curiali intorno alla imminenza o auspicabilità delle dimissioni del Pontefice. Non è questione di diritto divino, come per i monarchi, ma il vicariato di Gesù Cristo in terra è tema troppo delicato per affidarlo alle cure della medicina, alle diagnosi, alle fasi terminali dell’esistenza di un regno e del suo titolare per diritto elettivo assistito, letteralmente o metaforicamente, dallo Spirito Santo. L’afasia o l’immobilità di un Papa sono un modo di parlare e di muoversi, sono una modulazione omiletica, una via di predicazione e conversione, e questo ci sembrava appena ovvio nel caso di Karol Wojtyla, atleta di Dio impedito nelle facoltà fisiche e indebolito nella pratica della lucidità, ma di singolare, potentissimo e (forse) irrinunciabile carisma.

    14:16 – Il messaggio rivolto dal cardinale Sodano a Benedetto XVI dopo l’annuncio delle sue dimissioni:

    Santità, amato e venerato successore di Pietro, come un fulmine a ciel sereno, ha risuonato in quest’aula il suo commosso messaggio. L’abbiamo ascoltato con senso di smarrimento, quasi del tutto increduli. Nelle sue parole abbiamo notato il grande affetto che sempre Ella ha portato per la Santa Chiesa di Dio, per questa Chiesa che tanto Ella ha amato. Ora permetta a me di dirle a nome di questo cenacolo apostolico, il collegio cardinalizio, a nome di questi suoi cari collaboratori, permetta che le dica che le siamo più che mai vicini, come lo siamo stati in questi luminosi 8 anni del suo pontificato. Il 19 aprile del 2005, se ben ricordo, al temine del Conclave, io le chiesi, con voce anche trepida da parte mia, “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?”, ed Ella non tardò, pur con trepidazione, a rispondere dicendo di accettare confidando nella grazia del Signore e nella materna intercessione di Maria, Madre della Chiesa. Come Maria, quel giorno Ella ha detto il suo “Si” ed ha iniziato il suo luminoso pontificato nel solco della continuità, di quella continuità di cui Ella tanto ci ha parlato nella storia della Chiesa, nel solco della continuità coi suoi 265 predecessori sulla cattedra di Pietro, nel corso di 2mila anni di storia, dall’apostolo Pietro, l’umile pescatore di Galilea, fino ai grandi papi del secolo scorso, da San Pio X al beato Giovanni Paolo II. Santo Padre, prima del 28 febbraio, come lei ha detto, giorno in cui desidera mettere la parola fine a questo suo servizio pontificale fatto con tanto amore, con tanta umiltà, prima del 28 febbraio, avremo modo di esprimerle meglio i nostri sentimenti. Così faranno tanti pastori e fedeli sparsi per il mondo, così faranno tanti uomini di buona volontà, insieme alle autorità di tanti Paesi. Poi ancora in questo mese avremo la gioia di sentire la sua voce di pastore, già mercoledì nella giornata delle Ceneri, poi giovedì col clero di Roma, negli Angelus di queste domeniche, nelle udienze del mercoledì. Ci saranno quindi tante occasioni ancora di sentire la sua voce paterna. La sua missione però continuerà. Ella ha detto che ci sarà sempre vicino con la sua testimonianza e con la sua preghiera. Certo, le stelle nel cielo continuano sempre a brillare e così brillerà sempre in mezzo a noi la stella del suo pontificato. Le siamo vicini, Padre Santo, e ci benedica.

    14:16 – Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha definito Benedetto XVI “Uno dei più grandi pensatori del nostro tempo”. Joseph Ratzinger è nato a Marktl in Baviera il 16 aprile 1927.

    14:06 – Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha commentato le dimissioni di Benedetto XVI:

    Credo che il suo sia stato un gesto di straordinario coraggio e di straordinario senso di responsabilità. Anche il tenere sulle proprie spalle un mandato così straordinariamente impegnativo, com’è quello del Pontefice della Chiesa cattolica, deve fare i conti con il prolungarsi della vita, e il prolungarsi della vita non sempre in condizioni egualmente sostenibili. Quindi, grande coraggio, grande generosità e, da parte mia, moltissimo rispetto”.

    14:06 – E in queste ore viene anche difficile non pensare al film Habemus Papam di Nanni Moretti, con la grande rinuncia del neo-papa eletto.
    14:04 – La storia di Celestino V, Papa che si dimise nel 1294 e che viene citato molto in queste ore, dopo l’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI.
    14:01 – Commentando l’annuncio di Benedetto XVI, Angelo Sodano, l’ex cardinale segretario di Stato Vaticano, attualmente decano del Collegio Cardinalizio, ha parlato di un “fulmine a ciel sereno”.
    13:59 – L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby di 56 anni, è l’autorità principale della Chiesa di Inghilterra e della confessione anglicana nel mondo (la Regina è Governatore supremo della Chiesa Anglicana) e ha detto di avere appreso con sorpresa la notizia delle dimissioni del Papa, ma di comprenderne pienamente le motivazioni.
    13:54 – La data per il nuovo Conclave non è stata naturalmente ancora stabilita, ma in Vaticano si stanno muovendo per decidere tempi e modi del passaggio al nuovo pontificato.
    13:47 – Quando si dimetterà il 28 febbraio, Benedetto XVI terminerà un pontificato durato 7 anni, 10 mesi e 9 giorni.


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    Il Papa si dimette, le reazioni della stampa estera


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    di Fabiana

    Papa Ratzinger di dimette: stamattina Benedetto XVI ha annunciato a sorpresa l’intenzione di lasciare il soglio pontificio il prossimo 28 febbraio.
    “Sento il peso dell’incarico” ha detto oggi Benedetto XVI che spiega di lasciare l’incarico per “il bene della Chiesa”.
    E mentre ci si domanda ancora del reale motivo delle dimissioni (la malattia è stata smentita), la notizia che ha suscitato sconcerto e sorpresa in tutto il mondo. Quali sono state le reazioni della stampa italiana e delle maggiori testate internazionali? Tutte più o meno simili e concise.

    Il Papa si dimette dal Pontificato scrive il Corriere della Sera, Il Papa di dimette: lascerà il 28 febbraio per il Messaggero, Benedetto XVI lascia il Pontificato il 28 febbraio titola La Repubblica. Lascio per il bene della Chiesa scrive il Sole 24 ore.
    Sconcerto anche in Germania: il più autorevole quotidiano tedesco, Frankfurter Allegemeine tedesco scrives Papa Benedetto XVI si dimette il 28 febbraio.
    E per El Pais spagnolo: El Papa renuncia (il papa rinuncia). Le Figaro: il Papa annuncia le dimissioni mentre Libération giornale della sinistra francese parla delle dimissioni del Papa che definisce pessimista e intransigente). Prima pagina del Financial Times di Londra dedicata alle dimissioni del papa, così come il Times di Londra che scrive: Il Papa lascia: sono troppo fragile per andare avanti).
    L’abdicazione di Benedetto XVI conquista le prime pagine anche dei giornali d’oltreoceano, come il New York Times (Pope Benedict XVI will step down, papa Benedetto XVI si dimette), del Washington Post (Pope Benedict XVI resign, papa Benedetto XVI si licenzia). Della serie: quando la realtà supera la fantasia.
    L’abdicazione di Benedetto XVI ricorda molto da vicino il plot di Habemus Papam di Nanni Moretti, pluripremiato film del 2011 in cui si raccontava l’elezione al soglio pontificio di Michel Piccoli. Ma il nuovo pontefice, terrorizzato dal nuovo incarico scappava e si faceva psicoanalizzare, salvo poi tornare in Vaticano e annunciare le dimissioni.
    E se entro Pasqua sarà eletto il nuovo papa, i bookmaker inglesi non perdono tempo: chi sarà il successo di Benedetto XVI? Il cardinale nigeriano Francis Arinze è quotato a 2,90, il ghanese Peter Turkson è quotato a 3,25 e il cardinale canadese Marc Ouellet a 6,00. Il primo italiano in lizza è l’arcivescovo Angelo Scola quotato a 8,00, seguito dal cardinale Bertone a quota 13,00.

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    Fonte:www.spettegola.com
     
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    Monsignor Bettazzi: «Non riusciva
    più a fare il Papa, decidevano

    i suoi collaboratori e segretari»
    Il vescovo che un anno fa per primo parlò dell'ipotesi di dimissioni dice: «Un grande esempio di fede e di umiltà. Ho capito che era imminente quando ha sistemato Padre Georg»
    di Veronica Bianchini


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    È stato il primo a parlarne esattamente un anno fa, il 13 febbraio 2012. Monsignor Luigi Bettazzi, Vescovo Emerito di Ivrea, durante la trasmissione Un giorno da pecora aveva affermato che Benedetto XVI si sarebbe potuto dimettere, quindi oggi è forse il meno stupito della decisione di Ratzinger di lasciare.

    Una specie di premonizione la sua...
    «No, semplicemente la conoscenza e la stima che avevo di Ratzinger mi hanno spinto a pensare che potesse decidere di lasciare».


    Perché?
    «Non riusciva più a fare il Papa. Fisicamente non aveva più la forza, ormai lo facevano i suoi collaboratori che non hanno la grazia papale»


    Quindi un esempio di responsabilità?
    «Di più, un grande esempio difede e di umiltà. Fare il Papa è una grazia particolare, un servizio non un segno di potere».


    Non sarà forse anche colpa degli scandali che ha dovuto affrontare?
    «Un anno fa non c'era ancora traccia di tutte queste vicende eppure conoscendo e stimando la fede del Papa avevo già intuito che cosa sarebbe potuto accadere. È un uomo determinato, non disposto a lasciarsi condizionare dai suoi collaboratori o segretari».
    Si dice che anche Wojtyla avesse pensato di dimettersi ma poi non l'avesse fatto
    «Wojtyla aveva un modo più polacco di intendere il proprio compito e forse si è lasciato convincere a restare. Ratzinger invece ha dato un segnale di chiarezza, il suo è un grande gesto».


    Aveva capito che l'annuncio era imminente?
    «Quando ha sistemato il suo segretario particolare, padre Georg, consacrato arcivescovo e promosso Prefetto della Casa Pontificia, ho intuito che i tempi erano maturi. Dopo aver risolto la questione del suo segretario, che non rimarrà a disposizione di tutti ma avrà garantito un posto da Vescovo, si è sentito più libero di dare le dimissioni. Del resto se un vescovo dopo i 75 anni non può reggere la sua diocesi e i Cardinali con più di 80 anni non possano partecipare al Conclave per l'elezione del Papa, mi sembra coerente che anche un Papa raggiunti certi limiti d'età, se il suo fisico non gli consente di continuare, possa dimettersi». E adesso cosa succederà?
    «Prego che lo Spirito Santo aiuti i Cardinali, che vengono anche dai Continenti più in difficoltà, a capire la situazione della Chiesa e a scegliere un Papà adatto ai nostri tempi».

    fonte:http://www.vanityfair.it/

     
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    Benedetto XVI lascia: da Celestino V a Gregorio XII, le precedenti rinunce “al soglio di Pietro”
    Benedetto XVI rinuncia all'ufficio di Romano Pontefice. Un "fulmine a ciel sereno", secondo la citazione del Cardinale Angelo Sodano, ma soprattutto una pratica che non avveniva dal quindicesimo secolo.



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    La rinuncia all'ufficio di Romano Pontefice da parte di Benedetto XVI è un vero e proprio “fulmine a ciel sereno” (per citare il commento del Cardinale Angelo Sodano), ma anche un caso storico estremamente raro, almeno considerando gli ultimi secoli. Non mancano in effetti i casi di rinuncia, contemplati dal Codice di Diritto Canonico (Libro II “Il popolo di Dio”, nel capitolo “Il Romano Pontefice ed il Collegio dei Vescovi”, della parte seconda “La suprema autorità della Chiesa”) ed esplicitati nel capoverso che recita: “Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti“.

    Una pratica che sostanzialmente sembrava dover restare confinata a molti secoli addietro, con alcuni casi eclatanti come quello di Celestino V (il Papa del gran rifiuto, confinato da Dante tra gli ignavi) e quello di Gregorio XII, sostanzialmente deposto all'epoca dello Scisma d'Occidente. Una sommaria ricostruzione storica vede come “capostipite” di tale pratica San Clemente “arrestato ed esiliato per ordine di Nerva nel lontano Chersoneso, abdicò dal Sommo Pontificato indicando come suo successore Evaristo, affinché i fedeli non restassero senza pastore, imitato nella prima metà del III secolo da Ponziano“; “vi sono poi molti altri casi, più problematici, in cui si discute se vi sia stata rinuncia o addirittura rinuncia tacita, come nel caso di Martino. Altro caso più difficilmente inquadrabile è quello di Benedetto IX, che prima venne deposto in favore di Silvestro III, salvo poi riassumere la carica per poi rivenderla a Gregorio VI, il quale, accusato di simonia, fece atto di rinuncia dopo aver ammesso le sue colpe” (fonte Wikipedia).

    Va detto che della possibilità di “abdicare” (si discute molto sull'utilizzo di tale termine), si era discusso anche in relazione alle precarie condizioni di salute del predecessore di Benedetto XVI, Giovanni Paolo II. Una ipotesi sempre respinta proprio dallo stesso Giovanni Paolo II: “Nella Chiesa non c’è posto per un papa emerito, l'elezione di un nuovo pontefice mentre il vecchio è ancora in vita rappresenterebbe un problema“.




    www.fanpage.it


    Benedetto XVI si dimette: conclave a marzo, ecco la procedura per l'elezione del nuovo Papa
    Fra poche settimane comincerà il conclave per l'elezione del successore di Benedetto XVI: situazione complessa, arrivare ad una "fumata bianca" non sarà affatto semplice. E con una nuova legge elettorale, voluta proprio da Ratzinger.



    Conclave-papa-300x225
    Le dimissioni di Papa Benedetto XVI, per quanto “certamente non improvvisate” (come ha precisato più volte Padre Lombardi nel corso della conferenza stampa della mattina) e per quanto in parte “attese”, hanno comunque spiazzato i vertici della Curia Romana. Perché i segnali inviati da Ratzinger negli ultimi mesi possono essere giudicati “profetici” soltanto con il senno di poi ed erano in pochissimi a poter valutare come “possibile, non probabile” una rinuncia all'Ufficio di Romano Pontefice che non avveniva da oltre 600 anni. Così, la richiesta di “preghiere perché possa continuare a reggere il timone della Chiesa con mite fermezza” ed i tanti dubbi connessi alle sue condizioni di salute (esplicitati nel libro intervista Luce del mondo), erano in qualche modo passate in secondo piano di fronte a quella che il vaticanista Brunelli definiva l'incredibile “determinazione spirituale con cui ha affrontato il caso scabroso dei Legionari di Cristo e la riforma irrinviabile dello Ior; pratiche lasciate inevase dal predecessore polacco, anche per le tante opacità e complicità curiali che Benedetto XVI ha avuto il coraggio di scoperchiare“.

    A questo punto però si aprono scenari completamente diversi. E lo stesso padre Lombardi non ha nascosto che si tratti di una soluzione anomala, con l'ex papa, Vescovo Emerito di Roma, in clausura “ma evidentemente libero di viaggiare, scrivere” e via discorrendo. Una condizione che potrebbe essere una fonte di imbarazzo, a maggior ragione considerando i tempi strettissimi per la “nomina” del successore di Joseph Ratzinger. Tecnicamente il soglio pontificio resterà vacante fino al prossimo 26 febbraio: infatti il diritto canonico sancisce che il conclave (l'assemblea dei cardinali che elegge il Pontefice) si può riunire “non prima di quindici giorni e non oltre i ventidue dalla morte del precedente Pontefice“. Dunque, tra il 27 febbraio ed il 5 marzo, si riunirà il conclave e cominceranno le votazioni per l'elezione del successore di Benedetto XVI. Tra le altre cose, va detto che la procedura di elezione del nuovo Pontefice è stata modificata proprio da Benedetto XVI, con un motu proprio del 26 giugno 2007. Nel prossimo conclave, dunque, la maggioranza necessaria all'elezione del papa sarà di due terzi dei votanti per tutti gli scrutini. A partire dal tredicesimo giorno di conclave si procederà al ballottaggio tra i due cardinali più votati nell'ultimo scrutinio (che non hanno più diritto di voto), sempre mantenendo la maggioranza dei due terzi per la validità dell'elezione (e non più della semplice maggioranza come stabilito da Papa Giovanni Paolo II). E, considerando le enormi divergenze e le spinte contrapposte in seno alla Curia Romana, questa volta potrebbe essere davvero complesso giungere alla cosiddetta fumata bianca.




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  8. gheagabry
     
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    Con Celestino V solo quattro dimissioni

    celestinoV

    Rassegno' le dimissioni dopo pochi mesi, era il 13 dicembre 1294


    La renuntiatio è un'ipotesi molto rara di cessazione dell'ufficio del Papa rispetto alla morte.

    Nella storia della Chiesa finora si contano solo quattro casi accertati: Benedetto IX (1 maggio 1045), Gregorio VI (20 dicembre 1046), Celestino V (13 dicembre 1294) e Gregorio XII (4 luglio 1415).

    Come prevede il canone 332 del Codice di Diritto Canonico, l'elemento essenziale di ogni atto di rinuncia giuridicamente valido - compreso quello del Papa - è la libertà della manifestazione di volontà.

    Celestino V, ''colui che fece il gran rifiuto'', come lo indica Dante, che nella Divina Commedia lo colloca nell'Antinferno tra gli Ignavi.

    Di origini molto umili (i genitori erano contadini e lui era il penultimo di dodici figli) Celestino V fu eletto al soglio pontificio il 5 luglio 1294 in tempi molto bui per la Chiesa. Rassegno' le dimissioni dopo pochi mesi, il 13 dicembre di quello stesso anno, non reputando piu' opportuno prestarsi alle pressioni di Carlo d'Angio' e dei faccendieri intenti ad approfittare della sua buona fede. Catturato a Vieste nel giugno 1295 mentre tentava di raggiungere l'eremo di Sant'Onofrio, fu consegnato al nuovo Papa Bonifacio VIII e imprigionato nel castello di Fumone (Frosinone) dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1296.

    Aveva 87 anni. Sui motivi dell'elezione, della sua rinuncia e della sua detenzione gli storici hanno discusso a lungo, additando per lo piu' Celestino come un santo e Bonifacio VIII in chiave tutta negativa. Teorie che pero' sono state in parte riviste. In particolare, in occasione della terza visita di Benedetto XVI in Abruzzo nel luglio 2010, con sosta proprio presso la tomba di Celestino per consegnargli il ''pallio'', sull'Osservatore Romano Paolo Vian scrisse: ''non e' ne' l'ingenuo vegliardo catapultato in scenari troppo grandi per lui ne' l'intrepido riformatore impedito dall'apparato mondano di una Curia tutta terrena''.

    ''Celestino e Bonifacio VIII non sono in realta' araldi di Chiese diverse''. E' quanto sostenne anche Paolo VI, primo papa moderno a rendere omaggio nel 1966 a Celestino V visitando il Castello di Fumone in Ciociaria e ''riabilitando'' Bonifacio VIII.
    (ansa)

    BENEDETTO IX

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    È stato detto che Benedetto non avesse più di dodici anni quando divenne pontefice. Alcune fonti sostengono addirittura fosse undicenne. Se ciò fosse vero, sarebbe il più giovane papa della storia. Altre fonti dicono che avesse ventuno anni circa. Benché la sua data esatta di nascita sia sconosciuta, si può comunque affermare che fu uno dei papi più giovani nella storia, assieme ad Alessandro I, Gregorio V e ai suoi parenti Giovanni XI e Giovanni XII.

    Benedetto era, per quel che riguarda la moralità, completamente inadatto al ruolo di pontefice; si narra che visse in modo dissoluto. Il pontefice, in termini teologici e di attività ordinarie della Chiesa, rimase assolutamente ortodosso e si mostrò un politico estremamente abile. Venne per breve tempo scacciato da Roma nel 1036 ed ebbe bisogno dell'appoggio di Corrado II "il Salico" per farvi ritorno. Il 1º settembre 1044, forse in sèguito alla morte di suo padre Alberico, venne scacciato di nuovo. Per volere dei Crescenzi e con l'unanime consenso dei cittadini di Roma, dopo cruente lotte civili durate quattro mesi, fu sostituito il 13 gennaio seguente da Giovanni Crescenzi-Ottaviani, consacrato una settimana dopo con il nome pontificale di Silvestro III (talvolta considerato un antipapa). Alcune fonti datano la fine di questo primo pontificato al 1º settembre, giorno della fuga, e al 1º dicembre, giorno in cui potrebbe essere stata dichiarata sede vacante, ma non ci sono rimasti documenti curiali al riguardo.

    Le forze di Benedetto ritornarono il 9 marzo 1045 ed espulsero subito il suo rivale. Il giorno dopo fu pienamente reinsediato e condannò il suo successore come antipapa e usurpatore (alcune fonti datano il ritorno di Benedetto e la deposizione di Silvestro al 9 e al 10 aprile).

    Benedetto abdicò il 1º maggio, forse per il desiderio di sposarsi, vendendo il suo ufficio al prete Giovanni "Graziano" de' Graziani, suo padrino (probabilmente per oltre 650 kg d'oro). Tale procedimento venne definito simonia, parola che si riferisce a Simon Mago, che offrì denaro agli Apostoli per ricevere i doni dello Spirito Santo.
     
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  9. gheagabry
     
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    GREGORIO VI

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    Nato a Roma, Giovanni dei Graziani (detto "Graziano") succedette a papa Benedetto IX, suo figlioccio (che gli vendette il papato per la cifra di 650 kg d'oro), il 1º maggio 1045. La folla, per acclamazione, impose a Graziano di chiamarsi Gregorio, come il severo riformatore tedesco Gregorio V che aveva regnato fino a quarantasei anni prima. In ogni caso, almeno sulle prime, il nuovo pontefice fu accolto con entusiasmo da coloro che tanta ostilità avevano manifestato nei confronti di Benedetto IX. Pier Damiani, ad esempio, salutò l'evento con grande gioia, scrivendo a G. una calorosa lettera nella quale lo esortava a intraprendere un'energica azione di riforma (la lettera è edita in P.L., CXLIV, coll. 205-06). Altra indiretta testimonianza di una consonanza di intenti tra il nuovo pontefice e gli ambienti riformatori può essere dedotta dalla buona intesa che egli sempre ebbe con Ildebrando, il futuro papa Gregorio VII, che fu suo collaboratore e amico.
    La posizione di G. alla guida della Chiesa di Roma non era però affatto salda. Nell'autunno del 1046 il re di Germania Enrico III scese in Italia e, giunto a Pavia, presiedette un sinodo nel corso del quale fu pronunciata una nuova condanna della simonia. G. si risolse a muovere incontro al sovrano, dal quale fu ricevuto a Piacenza. Il pontefice fu forse accolto con onore da Enrico III (cfr. ad esempio Herimanni Augiensis Chronicon, in M.G.H., Scriptores, V, a cura di G.H. Pertz, 1844, p. 1046; Arnulfus, Gesta archiepiscoporum Mediolanensium, ibid., VIII, a cura di G.H. Pertz, 1848, p. 17), ma è assai improbabile che nella circostanza la sua legittimità fosse riconosciuta. Poco tempo dopo, il 20 dicembre dello stesso anno, egli infatti fu costretto a presentarsi di fronte a un sinodo riunito a Sutri. Anche Silvestro III e Benedetto IX, i quali evidentemente continuavano a manifestare le proprie aspirazioni al pontificato, avrebbero dovuto recarsi in giudizio. Essi, però, non lo fecero e a subire l'inchiesta e la conseguente condanna per simonia fu il solo Gregorio VI. Secondo alcune fonti l'imperatore ne avrebbe ordinato la deposizione (cfr. ad es. Chronicon Sancti Benigni Divionensis, ibid., VII, a cura di G.H. Pertz, 1846, p. 237; De ordinando pontifice, ibid., Libelli de lite imperatorum et pontificum saec. XI et XII conscripti, I, a cura di E. Dümmler-L. von Heinemann-F. Thaner, 1891, p. 13); secondo altre, sarebbe stato G. stesso a dichiararsi colpevole e quindi, pur invocando alcune circostanze attenuanti, non meritevole della dignità papale (tale versione degli avvenimenti compare, con alcune varianti, ad es. in Desiderius abbas Casinensis, Dialogi III, ibid., Scriptores, XXX, 2, a cura di G. Schwartz-A. Hofmeister, 1926-34, pp. 1142-43; Chronica monasterii Casinensis, ibid., XXXIV, a cura di H. Hoffmann, 1980, p. XX; Bonizo episcopus Sutrinus, Liber ad amicum V, ibid., Libelli de lite imperatorum et pontificum saec. XI et XII conscripti, I, pp. 585 ss.; Bernoldus, Chronicon, ibid., Scriptores, V, p. 1046). Egli fu comunque imprigionato il giorno stesso, mentre veniva eletto papa l'arcivescovo di Bamberga Suidger, che assunse il nome di Clemente II. Desiderando probabilmente allontanare quanto più possibile dalla scena romana G., che doveva avere ancora solidi appoggi in seno alla Curia, Enrico III ordinò che fosse condotto prigioniero in Germania, probabilmente a Colonia, accompagnato da Ildebrando. La possibilità di una nuova accessione di G. al soglio pontificio si presentò quando, il 9 ottobre 1047, Clemente II morì. A Roma Benedetto IX - forse grazie a una nuova elezione - era tornato a capo della Chiesa romana. Tuttavia Enrico III manifestò l'intenzione di proporre un altro candidato. Vi fu allora chi, come il vescovo di Liegi Wazone, avanzò la candidatura di G. come la più autorevole (cfr. al riguardo Anselmus, Gesta episcoporum Leodiensium, ibid., Scriptores, VIII, a cura di G.H. Pertz, 1848, pp. 228-30). Enrico III scelse invece (Natale 1047) il vescovo tedesco Poppone, che assunse il nome di Damaso II. Non è possibile stabilire se, a questa data, G. fosse già defunto (dubbi in proposito sono espressi da G.B. Borino, "Invitus ultra montes cum domno papa Gregorio abii", p. 30 n. 63). Egli comunque dovette morire in quel torno di tempo giacché da questa data in avanti non se ne hanno più notizie.
    (enciclopedia dei Papi).

    Il concilio convocò i tre pretendenti al papato ed intervennero Silvestro III e Gregorio VI. Le rivendicazioni di tutti e tre i pretendenti furono rapidamente rifiutate. Silvestro fu privato della dignità sacerdotale e fu esiliato in un monastero, ma la sua pena fu commutata in una sorta di esilio dorato nella Sabina, poiché tornò ad essere vescovo di quella diocesi. Gregorio abdicò con le parole: "Io, Gregorio, vescovo, servo dei servi di Dio, sentenzio che debbo essere deposto dal pontificato di Santa Romana Chiesa, per l'enorme errore che, attraverso l'impurità simoniaca, ha condizionato e viziato la mia elezione", e il concilio terminò il 23 dicembre.

    Giovanni Graziano, non più Gregorio VI, si ritirò in Germania, dove morì nell'anno seguente (1047). Gli successe Clemente II, che morì lo stesso anno, qualche tempo prima. Quando Clemente morì, molti (tra cui il vescovo Wazone di Liegi) chiesero a Enrico di reintegrare Graziano poiché lo consideravano pontefice legittimo ingiustamente costretto ad abdicare; non solo Enrico rifiutò, ma Graziano morì poco dopo ponendo fine a ogni discussione; poi Enrico si volse a Poppone di Bressanone, che divenne Papa Damaso II. Il cappellano di Graziano, suo compagno fino alla morte in esilio, era un giovane Ildebrando Aldobrandeschi di Soana, destinato, ventisei anni dopo, a essere eletto con il nome di Gregorio VII.
     
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  10. gheagabry
     
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    GREGORIO VII

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    Gregorio fu il più importante fra i papi che nell'XI secolo misero in atto una profonda Riforma della Chiesa, ma è noto soprattutto per il ruolo svolto nella lotta per le investiture, che lo pose in contrasto con l'Imperatore Enrico IV.

    Il culto tributatogli sin dalla morte venne ratificato nel 1606 da papa Paolo V, che ne approvò l'iscrizione nell'albo dei Santi. La memoria liturgica è il 25 maggio.
    Alla morte di papa Alessandro II (21 aprile 1073), Ildebrando divenne Papa con il nome di Gregorio VII. L'elezione ebbe luogo a furor di popolo il giorno dopo la morte del papa precedente. Solo il 22 maggio il nuovo papa ricevette l'ordine sacerdotale, e il 30 giugno la consacrazione episcopale. La modalità di questa elezione fu aspramente contestata dai suoi oppositori, ma solo molti anni dopo che essa avvenne. Le accuse mossegli sono quindi soggette a sospetti: potrebbero essere state strumentali a contrasti personali, politici o religiosi; risulta, però, chiaro dai suoi stessi resoconti che le forme prescritte dalla norma del 1059 non vennero osservate.

    Il vastissimo epistolario lasciato da Gregorio (438 lettere) illustra le considerazioni che sin dall'inizio guidarono la sua azione riformatrice:

    « Se poi con gli occhi dello spirito guardo a occidente, a sud o a nord a stento io trovo vescovi legittimi per elezione e per condotta di vita, che si lascino guidare...dall'amore di Cristo e non dall'ambizione mondana. Fra i principi secolari non ne conosco uno che anteponga l'onore di Dio al proprio e la giustizia all'interesse »
    (Lettera a Ugo, abate di Cluny, 22 gennaio 1075)
    « I vescovi...ricercano con insaziabile brama la gloria del mondo e i piaceri della carne. Non solo sconvolgono in se stessi le cose sante e religiose, ma col loro cattivo esempio travolgono a ogni delitto anche i loro sudditi »
    (Lettera al vescovo Lanfranco di Canterbury, fine giugno 1073)

    Gregorio VII aveva riaffermato vigorosamente l'autonomia della Chiesa e la suprema autorità di Roma su tutte le Chiese locali. In particolare, come è risaputo, Gregorio si oppose nettamente ad ogni ingerenza laica nella scelta dei vescovi e degli abati. Questo, inevitabilmente, provocò uno scontro feroce con l'imperatore, perché di fatto i vescovi e gli abati erano anche detentori di una autorità civile (non solo quando erano vescovi-conti, caso in realtà non frequentissimo, ma perché normalmente esercitavano una giurisdizione su coloro che risiedevano nelle loro diocesi e amministravano patrimoni terrieri vastissimi), e ovviamente l'imperatore voleva intervenire nella selezione di questi suoi funzionari.

    L'iniziativa riformatrice di Gregorio VII non fu, comunque, la prima mossa della riforma dell'XI secolo, bensì l'ultima. La riforma gregoriana fu generata dalla riforma imperiale la quale, a sua volta, aveva assunto e coordinato la riforma che si era sviluppata dal basso (monaci, clero e laici). D'altro canto, lo scontro con l'Impero non fu il contenuto centrale della riforma gregoriana, anche se ne costituì un passaggio obbligato: se la riforma dell'XI secolo era stata caratterizzata soprattutto da una spinta unificatrice, è chiaro che già due centri unificatori (Papato e Impero) erano troppi. Affermando il potere del papa al di sopra di ogni altra autorità (oggi si direbbe sia "laica" sia religiosa), Gregorio provocò una profonda rottura proprio con l'imperatore romano-germanico (si ricordi che la riforma dell'XI secolo era iniziata proprio per l'intervento degli imperatori, che avevano tentato di risanare il papato corrotto).

    « Dotato di forte personalità e di una concezione altissima della dignità papale, Gregorio introdusse un elemento di forte novità nel panorama del movimento di riforma, rivendicando il primato romano, cioè la suprema autorità del papa all'interno della Chiesa e nell'ambito della società cristiana. Nelle sue lettere, infatti, più che il concetto di "libertas Ecclesiae", che costituiva pur sempre la bandiera del movimento riformatore, è la contrapposizione tra "obbedienza" e "disobbedienza" a ricorrere più di frequente, identificandosi l'assoluta obbedienza a Dio con quella dovuta a lui in quanto papa, cioè successore dell'apostolo Pietro. Ne scaturì una profonda e violenta spaccatura del movimento riformatore, che portò ad un rimescolamento generale delle forze in campo. Dalla parte dell'imperatore, infatti, vennero a trovarsi non solo i vescovi ostili alla riforma, ma anche ecclesiastici di notevole levatura morale e non meno di Gregorio VII impegnati contro la simonia e il concubinato del clero, quali - per restare in Italia - Dionigi di Piacenza, Guido d'Acqui, Guiberto di Ravenna (futuro antipapa Clemente III), ma decisamente contrari alla concezione gregoriana del primato papale »
    (Vitolo, op. cit., p. 253)
    Il giorno di Natale del 1075 Cencio, nobile e bandito romano, sequestrò Gregorio a Roma, ma il papa venne liberato da un tumulto popolare.

    Nell'anno seguente l'imperatore Enrico IV convocò a Worms un sinodo dei vescovi del Sacro Romano Impero Germanico (Dieta di Worms del 1076): i vescovi chiesero le dimissioni di Gregorio VII.
     
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    San Pietro: fulmine sulla cupola
    “Nel giorno dell'addio di Papa Ratzinger un fulmine si abbatte su San Pietro“


    foto-san-pietro-2


    di Redazione

    San Pietro: fulmine sulla cupola
    „Una foto spettacolare sta facendo il giro del mondo sui social network. Nel tardo pomeriggio di lunedì, giorno che passerà alla storia come quello delle dimissioni del Santo Padre, un violento temporale si è abbattuto su Roma. E un fotografo dell'Ansa, Alessandro Di Meo, è riuscito a immortalare un fulmine che si abbatte sulla cupola di San Pietro“.


    Fonte:www.today.it
     
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  12. motina
     
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    strane voci sulle dimissioni del papa
    si dice che ci siano dietro gli scandali bancari dello ior...chissà se è vero...
     
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  13. gheagabry
     
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    mah motina oggi come oggi è tutto possibile


    La foto del fulmine su San Pietro è vera?

    sanpietro-fulmine


    Sta spopolando la foto di un fulmine che colpisce San Pietro, presentata per esempio qui su Repubblica e attribuita al fotografo ANSA Alessandro Di Meo. Secondo la didascalia, lo scatto è stato realizzato proprio oggi, nella giornata dell'annuncio delle dimissioni del Papa, e quindi ha un valore simbolico davvero notevole.

    C'è chi si sta chiedendo se per caso la foto o la sua datazione possa essere falsa: che un fulmine abbia colpito San Pietro proprio oggi, e che ci fosse un fotografo con l'obiettivo pronto proprio in quell'istante, pare una coincidenza troppo bella per essere vera.

    Ma consideriamo i fatti, almeno come esercizio d'indagine sull'autenticità di una fotografia: questa foto è attribuita a un fotografo professionista, non a una fonte anonima (come avviene invece di solito per le foto di fenomeni eccezionali). Alessandro Di Meo avrebbe molto da perdere se risultasse che la foto è truccata, per cui il movente pare poco credibile.

    C'è inoltre un'altra foto dello stesso tipo, sempre scattata oggi ma presa da un'angolazione leggermente differente: è diffusa da Agence France-Presse e attribuita a Filippo Monteforte.

    jpg


    Dal punto di vista tecnico, nella versione pubblicata da Repubblica non ho trovato dati EXIF che possano chiarire la questione. Certo, i dati EXIF si possono alterare, ma se fossero risultati errati sarebbe stato un indizio molto significativo. Questa strada, insomma, in questo caso non è percorribile.

    Un altro dubbio che molti mi stanno ponendo è come si possa fotografare un fulmine: dura talmente poco che ci vorrebbero dei riflessi sovrumani (e una fotocamera molto veloce) per immortalarlo. Il trucco è semplicissimo per chi ancora usa una fotocamera vera invece del telefonino, e l'ho provato anch'io: si monta la fotocamera su un cavalletto per tenerla immobile e poi si usa un tempo di posa di alcuni secondi. Se durante la posa cade un fulmine, viene fotografato. Basta fare tanti tentativi durante un temporale e prima o poi il fulmine capita nel momento giusto. Tutto qui.

    È insomma relativamente facile fotografare un fulmine: ma quanta fortuna ci vuole per fotografarne uno che colpisce proprio San Pietro? Meno di quel che si potrebbe pensare. L'edificio è alto e dotato di parafulmini e quindi viene colpito piuttosto spesso (c'è un articolo del 2005 nel quale l'arcivescovo Comastri dice che è in corso l'installazione di un nuovo parafulmine “perché molti fulmini colpiscono la basilica”, come citano varie fonti). E oggi a Roma c'è stato un forte temporale, a quanto mi risulta.

    Per chi si sta chiedendo se un fulmine su San Pietro proprio oggi è un segno, posso dire in tutta sincerità che lo è. È un segno che i parafulmini funzionano, e che quando si tratta di scegliere se proteggere un luogo di culto usando la scienza o le preghiere, anche i fedeli scelgono la scienza. Perché funziona.


    la foto del Duomo di Milano



    Sta iniziando a circolare una foto (esempio; esempio) che mostrerebbe lo stesso fulmine sopra il Duomo di Milano “anni prima”, insinuando che la foto del fulmine su San Pietro sia un fotomontaggio.

    Il fulmine è effettivamente identico nella foto del Duomo e in quella di San Pietro, ma c'è un dettaglio interessante: l'immagine “fulminata” del Duomo è uguale a quella che si ottiene aggiungendo il cielo e il fulmine di San Pietro alla foto del Duomo presente su Wikipedia. Anche i passanti sono identici.



    attivissimo.blogspot.it
     
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  14. gheagabry
     
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    Essere Papa e fare il Papa

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    A PARTIRE da Pasqua la Chiesa cattolica avrà due papi, uno solo de facto, ma tutt’e due de iure?
    A parte il celebre caso di Celestino V e Bonifacio VIII alla fine del Duecento, una situazione del genere non si era mai verificata in duemila anni di storia, senza considerare che papa Celestino passò il tempo da ex-papa prima ramingo e poi imprigionato a molta distanza da Roma, mentre Benedetto XVI continuerà ad abitare in Vaticano a poche centinaia di metri dal successore.
    COSTITUIRÀ per lui un’ombra o una sorgente di luce e di ispirazione? Ovviamente nessuno lo sa, neppure lo stesso Benedetto XVI, il quale certamente è una persona discreta e assai rispettosa delle forme, ma il cui peso intellettuale e spirituale non può non esercitare una pressione su chiunque sarà a prendere il suo posto. Una cosa però deve essere chiara: a Pasqua non ci saranno due papi, ma uno solo, perché Joseph Ratzinger non sarà più vescovo di Roma ed essere papa significa prima di tutto ed essenzialmente essere “vescovo di Roma”.
    L’inedita situazione determinata dalle dimissioni di Benedetto XVI è di grande aiuto per comprendere che cosa significa veramente fare il papa. Fino a ieri “essere papa” e “fare il papa” era la medesima cosa. Fino a ieri la persona e il ruolo si identificavano, non c’era soluzione di continuità, ed anzi, se tra le due dimensioni doveva prevalerne una, era certamente quella di “essere papa” a prevalere, facendo passare in secondo piano il fatto di avere o no le piene possibilità di poterlo fare. Tutti ricordano, ai tempi della conclamata malattia di Giovanni Paolo II, le ripetute assicurazioni della Sala stampa vaticana sulle sue condizioni di salute. Giovanni Paolo II non poteva più fare il papa, ma lo era, e ciò bastava. Prevaleva la dimensione sacrale, legata all’essenza, al carisma, allo status, all’essere papa a prescindere anche dal proprio corpo. E non a caso Giovanni Paolo II, quando qualcuno gli prospettava l’ipotesi delle dimissioni, era solito ripetere che «dalla croce non si scende». Benedetto XVI vuole forse scendere dalla croce? No, si tratta di altro, semplicemente del fatto che egli ha prima riconosciuto dentro di sé e poi ha dichiarato pubblicamente che il calo progressivo delle forze fisiche e psichiche non gli permette più di “fare il papa” e quindi intende cessare di “essere papa”. La funzione ha avuto la meglio sull’essenza, il ruolo sull’identità. Io aggiungo che la laicità ha avuto la meglio sulla sacralità.
    Si è trattato infatti di una decisione laica, perché opera una distinzione, e laddove c’è distinzione, c’è laicità. La distinzione tra la persona e il ruolo introdotta ieri da Benedetto XVI con le sue dimissioni si concretizza in queste parole dette in latino ai cardinali: «Le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino». C’è un ministero, una funzione, un ruolo, un servizio, che ha la priorità rispetto all’identità della persona.
    La parola decisiva nell’annuncio papale di ieri è però un’altra, la seguente: «Nel mondo di oggi». Ecco le sue parole: «Nel mondo di oggi per governare la barca di san Pietro è necessario anche il vigore sia del corpo sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito». Nel mondo di ieri, fa intendere Benedetto XVI, la distinzione tra persona e ruolo poteva ancora non emergere e un Joseph Ratzinger indebolito avrebbe ancora potuto continuare a svolgere il ruolo di Benedetto XVI. Nel mondo di oggi, invece, non è più così. Io considero queste parole non solo una grande lezione di auto-consapevolezza e di laicità, ma anche una grande occasione di ripensamento per il governo della Chiesa. Le dimissioni di Benedetto XVI possono condurre a una riforma della concezione monarchica e sacrale del papato nata nel Medioevo, e riprendere la concezione più aperta e funzionale che il ruolo del papa aveva nei primi secoli cristiani?
    È difficile che ciò avvenga, ma rimane l’urgenza di rimettere al centro del governo della Chiesa la spiritualità del Nuovo Testamento, passando da una concezione che assegna al papato un potere assoluto e solitario, a una concezione più aperta e capace di far vivere nella quotidianità il metodo conciliare. Non si tratta infatti solo delle condizioni di salute di Joseph Ratzinger che vengono meno. Occorre procedere oltre e giungere a porsi l’inevitabile interrogativo: “nel mondo di oggi” è in grado un unico uomo di guidare la barca di Pietro? Si obietterà che il papa non è solo, ma è circondato da numerosi collaboratori. Ma si tratta di collaboratori ossequienti, spesso scelti tra plaudenti yes-men e senza capacità di istituire un vero confronto e una serrata dialettica interna, condizioni indispensabili per assumere decisioni in grado di far navigare la barca di Pietro “nel mondo di oggi”. All’inizio però non era così. San Pietro aveva certamente un ruolo di guida nella prima comunità, come
    si apprende dal libro degli Atti, ma non esercitava tale funzione con potere assoluto, perché altrimenti non si capirebbe il concilio tenutosi a Gerusalemme verso l’anno 50 e l’aperta opposizione di San Paolo verso di lui nell’episodio di Antiochia.
    L’annuncio papale di ieri è avvenuto nel contesto di alcune canonizzazioni, una delle quali riguardava i Martiri di Otranto, gli 800 cristiani uccisi dagli ottomani nel 1480 per non aver rinnegato la fede. Martirio è testimonianza. La tradizione della Chiesa però oltre al martirio rosso del sangue versato conosce il martirio verde della vita itinerante per l’apostolato e il martirio bianco per l’abbandono di tutti i propri beni. Nel caso di Benedetto XVI abbiamo a che fare con un martirio- testimonianza di altro colore, quello del riconoscimento della propria debolezza, della propria incapacità, del proprio non essere all’altezza. È la fine di una modalità di intendere il papato, e può essere la nascita di qualcosa di nuovo.
    (Vito Mancuso, dirittiglobali.it)
     
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  15. gheagabry
     
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    Il teologo mite

    papa-ratzinger1
    Andrea Tornielli




    Non è stato un papa oscurantista ma un pontefice attento alla cultura laica. Le sue dimissioni deludono quanti speravano in un restauratore

    Le inattese dimissioni di Benedetto XVI illuminano retrospettivamente tutto il suo pontificato. Oggi, infatti, la definizione di “pastore tedesco” – lanciata dal manifesto al momento della sua elezione il 19 aprile 2005 – appare più che mai insieme giornalisticamente felice e storicamente fallace. Si tratta, indubbiamente, di un gesto sorprendente e, per certi versi, sconvolgente. Ma, occorre evitare di essere fuorviati dallo shock suscitato dalla notizia. Molti hanno parlato di fulmine a ciel sereno o di evento storico dirompente e di scelta rivoluzionaria. Ma le dimissioni del papa costituiscono un’ipotesi contemplata dal diritto canonico e quindi rappresentano una possibilità esplicitamente prevista nel governo ordinario della Chiesa. Lo stesso Benedetto XVI ne parlò apertamente nell’intervista a Peter Seewald del 2010 e molti avevano ipotizzato che egli non escludesse di farvi ricorso. Difficile, dunque interpretarle in chiave di rottura o di discontinuità. Ed è anche difficile leggerle come affermazione di una volontà forte che intende imporsi sugli altri o sulla storia, come è di regola per le grandi riforme o per i gesti rivoluzionari. Nasce, non a caso, da un’esplicita ammissione di debolezza: egli ha fatto non a caso riferimento al «vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato». C’è chi ha visto in queste dimissioni un gesto di coraggio. Altri hanno parlato di grande onestà. Si tratta, però, di una scelta che esprime anzitutto senso di responsabilità nei confronti di un servizio altissimo che si pensa di non poter continuare a svolgere in modo adeguato.
    Il senso del dovere e la consapevolezza dei propri limiti che ispirano queste dimissioni sono in linea con un pontificato profondamente “mite” che ha deluso quanti speravano in un pontefice restauratore, con la forza, dell’ortodossia religiosa e della disciplina ecclesiastica. Tali previsioni si basavano sulla nazionalità tedesca, sul lungo servizio alla guida della Congregazione per la dottrina della fede – l’ex Sant’Uffizio, da lui guidato per ben ventitré anni – sulle sue puntualizzazioni in materia teologica e sulle parole forti per i peccati e gli errori degli uomini di Chiesa. Fin dall’inizio, però, Benedetto XVI ha mostrato di voler privilegiare, nel suo ministero, l’insegnamento più che il governo, l’efficacia della persuasione piuttosto che l’effetto della decisione. È indicativo in questo senso il modo in cui egli ha sviluppato il tema centrale o almeno più noto del suo pontificato: la critica del relativismo. Tale critica, infatti, è stata spesso presentata come espressione di anti-modernità e come espressione di ostilità verso la mentalità contemporanea, in particolare quella occidentale. Ma Benedetto XVI ha sempre condotto tale critica con grande finezza e, soprattutto, collegandola ad una profonda valorizzazione della ragione. Non è stato, insomma, un papa “oscurantista” ma, al contrario, un pontefice molto attento alla cultura laica. Lo confermano anche l’entusiasmo da lui suscitato negli incontri con gli intellettuali europei, in particolare quelli nel Collège de Bernardins a Parigi e al Reichstag di Berlino, e il successo inatteso del suo viaggio in Inghilterra.
    Indubbiamente, la critica del relativismo si collega ad una percezione preoccupata della situazione spirituale dell’uomo contemporaneo, soprattutto europeo. È la percezione di una situazione in cui la fede sembra arretrare sempre di più e il “papa teologo” ha assunto la riproposizione della fede cristiana quale cardine del suo pontificato. Lo indicano chiaramente le encicliche da lui dedicate alla fede alla speranza e alla carità, i libri sulla vita di Gesù, l’istituzione di un apposito dicastero per la nuova evangelizzazione e l’indizione dell’anno della fede. Ma il rilancio della fede cristiana non è stato da lui perseguito con le modalità che sarebbero piaciute ai tradizionalisti. Non cioè con metodi forti, attraverso affermazioni nette, condanne di errori e mutamenti drastici nella leadership della Chiesa. Di qui la delusione di una parte dei suoi sostenitori, che avevano individuato nel cardinale Ratzinger il possibile campione di una restaurazione anti-moderna.
    Appare illuminante in questo senso anche l’“incidente” di Ratisbona, quando Benedetto XVI affidò ad un’erudita lezione universitaria la condanna del legame tra religione e violenza che attraversa i movimenti fondamentalisti. Le sue parole suscitarono aspre reazioni da parte del mondo musulmano che il papa non si attendeva e che gli dispiacquero molto. Egli si è perciò successivamente prodigato per rilanciare rapporti di amicizia e di dialogo con i rappresentanti dell’Islam. Così, quella che inizialmente era apparsa una netta inversione rispetto ai rischi di aperture “eccessive” verso le altre religioni si è ribaltata in una ripresa sempre più intensa del percorso avviato da Giovanni Paolo II con l’incontro di Assisi nel 1986. Non mancano, però, coloro che cercano ancora di far leva sulla lezione di Ratisbona per sottolineare non solo le distanze che separano cristiani e musulmani ma anche per enfatizzare l’ostilità che dovrebbe contrapporli.
    I suoi critici hanno visto in Benedetto XVI un eccesso di debolezza se non addirittura un’incoerenza tra convinzioni e governo. E in queste ore il pensiero va ad alcune delle maggiori difficoltà da lui incontrate, dall’esplosione del problema della pedofilia nella Chiesa alla dolorosa vicenda del furto di documenti che ha portato alla condanna del suo maggiordomo. Ma occorre ricordare che egli ha affrontato queste prove difficili e le ha complessivamente superate, senza abbandonare la Chiesa nel momento di maggiore difficoltà. La chiave della debolezza, perciò, non sembra convincente. Più persuasiva appare invece quella della mitezza, intesa come un profondo atteggiamento interiore, emerso in modo sempre più evidente negli ultimi mesi del suo pontificato, con molteplici espressioni di attenzione ai poveri, ai malati, agli anziani, ai rom, ecc. Anche la gestualità del papa si è modificata nel tempo. Joseph Ratzinger ha sempre mantenuto un contegno timido e riservato che però ultimamente si è venuto attenuando: molti sono rimasti sorpresi, pochi giorni fa, vedendo la sua mano sulla spalla del presidente Napolitano.
    Sul piano storico non la debolezza ma la mitezza di Benedetto XVI sembra confermare che la via auspicata dai tradizionalisti non è più praticabile, anche se talvolta le circostanze sembrano avvalorarla. La complessità del mondo in cui viviamo – non riducibile allo spazio europeo – non richiede infatti le semplificazioni dell’autoritarismo ma piuttosto la forza della profezia, non il ripiegamento nell’arroccamento ecclesiastico ma l’apertura verso il futuro. Duc in altum, prendiamo il largo, come amava dire Giovanni Paolo II.
    (AGOSTINO GIOVAGNOLI)


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    E ora, che Chiesa sarà?



    «Un fulmine a ciel sereno». Al termine del concistoro, durante il quale Benedetto XVI ha annunciato le sue dimissioni, il cardinale Angelo Sodano ha espresso così lo shock per quello che ha appena ascoltato. Lui, decano del collegio cardinalizio, sicuramente era già informato della decisione del papa. Proprio lui, otto anni fa, il 19 aprile del 2005, al termine del conclave aveva chiesto «con voce trepida» al cardinale Ratzinger: «Accetti la tua elezione a sommo pontefice?». Ecco perché, anche se preparate, le parole del cardinale Sodano appaiono pronunciate a braccio. In esse c’è tutta l’emotività della sorpresa che ha fatto il giro del mondo in un attimo.
    Eppure il decano del collegio cardinalizio sapeva. Così come sapevano tutti i collaboratori del papa e tutta la macchina curiale che non poteva farsi trovare impreparata di fronte a un cataclisma del genere. Una decisione «presa da molti mesi, dopo il viaggio in Messico e a Cuba, in un riserbo che nessuno ha potuto infrangere», come ha confermato ieri il direttore dell’Osservatore romano, Giovanni Maria Vian, in un editoriale intitolato «Il futuro di Dio».
    Insomma il papa non ha abbandonato la nave senza averla ancorata prima a un porto sicuro. Senza essere certo che la fase nuova che si apre per la vita della Chiesa non fosse governabile.
    Solo oggi, però, dopo la grande rivelazione, diventano più chiare alcune decisioni prese nelle ultime settimane. Piccoli ritocchi che sembravano far parte di quella riorganizzazione interna alla quale Benedetto XVI lavorava in modo certosino da anni. Come, ad esempio, la nomina a fine gennaio a vicedirettore della sala stampa di Angelo Scelzo, fino ad allora sottosegretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali. Scelzo era stato messo ad affiancare l’altro vicedirettore, padre Ciro Benedettini, con uno specifico incarico agli accrediti giornalistici. Un potenziamento della struttura della rete di comunicazione vaticana che, insieme alla nomina del nuovo direttore del Centro televisivo vaticano, monsignor Dario Edoardo Viganò, sembrava presagire a un imminente sovraccarico di lavoro che la decisione di papa Ratzinger e un conclave velocissimo avrebbero comportato. Bastava vedere ieri la sala stampa vaticana, in pochi minuti invasa da centinaia di giornalisti e dall’arrivo delle troupe televisive, per capire quante richieste di accredito arriveranno nelle prossime ore.
    Che la macchina vaticana fosse pronta a ricevere l’assalto dei media internazionali lo conferma anche la maestria con la quale il direttore della sala stampa vaticana e della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, ieri mattina ha tenuto testa a decine di domande dei giornalisti di tutto il mondo su un evento storico, complesso, ancora difficile da inquadrare. Anche lui, che ha ammesso di essere stato «colto di sorpresa», sembrava aver assorbito già da tempo il peso di questa decisione.
    Un altro piccolo indizio di un addio annunciato sta nel ritardo della pubblicazione dell’Annuario pontificio, l’organo informativo della Sante Sede che monitorizza tutta la composizione della Chiesa con notizie biografiche e statistiche – a partire dall’elenco di tutti i papi del passato, ai membri delle congregazioni romane, ai cardinali, ai vescovi, alle diocesi, ai vertici degli istituti religiosi in tutto il mondo. L’edizione del 2013 non è ancora stata pubblicata. Forse perché si temporeggiava per inserire delle nomine in via di definizione? O forse perché già si sapeva che nell’Annuario pontificio 2013 si sarebbe dovuto inserire il nome del nuovo papa?
    (MARIA GALLUZZO)

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