Che cos’è l’EPO

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    Che cos’è l’EPO
    La sostanza che ha portato alla squalifica di Schwazer è un farmaco scoperto da pochi anni, che ha cambiato il doping tra gli sportivi

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    Un manichino esposto lungo il percorso del Tour nel 2007. Lo Chablis è un celebre vino bianco.
    foto: JOEL SAGET/AFP/Getty Images




    L’atleta italiano Alex Schwazer, 27 anni, è stato escluso dalle Olimpiadi per doping lo scorso 6 agosto. Schwazer ha 27 anni, è di Vipiteno ed è il campione olimpico in carica nella 50 km di marcia: ai Giochi di Pechino, oltre a vincere la medaglia d’oro, aveva ottenuto il record olimpico marciando in 3 ore, 37 minuti e 9 secondi. Schwazer, in un’intervista e in una conferenza stampa successive, ha ammesso di aver fatto uso di EPO, la sostanza vietata che ha causato la sua squalifica, che si sarebbe procurato da solo con un viaggio ad Antalya, in Turchia. L’EPO è una delle sostanze dopanti diventate più famose negli ultimi anni, soprattutto per una serie di casi celebri di doping nel ciclismo.

    Che cos’è l’EPO e come funziona
    L’eritropoietina, spesso abbreviata in EPO, è un ormone che controlla la produzione di globuli rossi nel sangue. È una proteina composta da circa 200 aminoacidi. Viene prodotta nei reni (nei neonati e nei feti, nel fegato) ma agisce soprattutto sulle cellule “progenitrici” dei globuli rossi, che si trovano nel midollo osseo. È stato scoperto che la sua azione è regolata attraverso un gene che si trova nel cromosoma numero 7 dell’uomo.

    Senza l’eritropoietina non si avrebbe la produzione di globuli rossi, ma l’EPO opera anche in alcune altre funzioni biologiche, come i meccanismi del corpo per guarire le ferite.

    L’EPO e il doping
    Dal 1989 l’EPO è disponibile come farmaco, prodotta grazie a tecniche di ingegneria genetica. La molecola prodotta artificialmente si chiama eritropoietina ricombinante umana ed è indicata con la sigla rHuEPO. È un farmaco molto costoso, che viene assunto con iniezioni solitamente una volta ogni due o tre giorni, per poche settimane. Insieme all’EPO bisogna assumere anche del ferro.

    In medicina, l’EPO si usa per i pazienti che hanno un’insufficienza renale cronica e soffrono quindi di anemia (ovvero riduzioni dei globuli rossi). L’anemia è causata anche da altre gravi malattie e da alcune cure per il cancro, come la chemioterapia e la radioterapia. Il costo dei farmaci che contengono EPO, che sono di diversi tipi e vengono commercializzati in Italia principalmente col nome di Eprex o NeoRecormon, è di diverse centinaia di euro a confezione.

    Dato che i globuli rossi servono a trasportare l’ossigeno ai tessuti corporei, in alcuni sport in cui è richiesta una grande resistenza, come il ciclismo, la corsa su lunghe distanze o lo sci di fondo, l’EPO è utilizzata fin dagli anni Novanta come sostanza dopante. Il suo utilizzo ha cambiato il doping, perché ha sostituito la complicata, vecchia e pericolosa pratica dell’autotrasfusione. In pratica, prima della diffusione dell’EPO, alcuni sportivi si facevano prelevare grandi quantità di sangue a settimane dalle gare. Il sangue veniva poi trattato per separare i globuli rossi, veniva congelato e poi iniettato di nuovo nell’atleta a breve distanza o durante le competizioni.

    L’EPO e le sostanze simili – che fanno parte della lista delle sostanze proibite “in tutti i casi” dalla WADA, l’agenzia internazionale contro il doping – hanno alcune caratteristiche che ne rendono difficili i controlli: la sua emivita (il tempo in cui la quantità nel sangue si dimezza) è di circa 5 ore, e inizialmente era difficile distinguere l’EPO naturale da quella esogena (ovvero prodotta artificialmente).

    Ci si serviva allora soprattutto di misure indirette, come la densità dei globuli rossi nel sangue (ematocrito, espresso in percentuale) o i livelli di emoglobina. Ma si trattava di misure non univoche, dato che i livelli di emoglobina e di ematocrito variano da atleta ad atleta e sono causati anche da fattori genetici. Nel ciclismo, se un atleta veniva trovato con un ematocrito superiore al 50 per cento veniva sospeso: Marco Pantani, nel 1999, venne squalificato dal Giro d’Italia per un valore di ematocrito del 52 per cento. Nel 2000 i controlli sono molto migliorati grazie a un test creato da un laboratorio francese, che si è dimostrato in grado di rilevare l’EPO esogena nelle urine anche a qualche giorno di distanza.

    Da allora ci sono stati molti casi di doping che hanno fatto molto notizia, soprattutto nel mondo del ciclismo: uno dei casi più celebri fu quello dell’austriaco Bernard Kohl, che arrivò a sorpresa terzo nel Tour de France del 2008, ma venne poi squalificato perché trovato positivo all’EPO. Alcuni atleti, soprattutto dopo essere stati trovati positivi ai controlli, hanno parlato di un uso molto frequente dell’EPO nel mondo del ciclismo o hanno ammesso di averlo usato per gran parte della propria carriera, come fece nel 2010 lo statunitense Floyd Landis, vincitore di un Tour (vittoria poi revocata) nel 2006.

    Come è noto, il doping si evolve, e anche piuttosto velocemente: dal 2007 è utilizzato come farmaco il CERA (Continuous Erythropoietin Receptor Activator), detto “EPO di terza generazione”, una molecola grande circa il doppio dell’eritropoietina e con effetti molto più prolungati. Il suo utilizzo come sostanza dopante è stato quasi immediato ed ha portato a diverse squalifiche recenti, come quelle dei ciclisti italiani Davide Rebellin (medaglia d’argento nel ciclismo su strada a Pechino 2008), Danilo Di Luca (secondo al Giro d’Italia 2009) e Riccardo Riccò (vincitore di due tappe al Tour del 2008).

    L’utilizzo di queste sostanze, oltre a essere vietato, è anche molto rischioso, dato che l’aumento della densità di globuli rossi nel sangue ne aumenta la viscosità: il sangue si coagula più rapidamente, fatto che aumenta le possibilità di infarto e embolie polmonari. L’assunzione di EPO esogena, di per sé, potrebbe causare altri problemi dovuti a reazioni immunitarie, ma lo studio dei suoi effetti non è ancora arrivato a conclusioni certe.


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    Dieci clamorosi casi di doping
    Il ciclista spagnolo Contador è solo l'ultimo campione di una lunga serie


    Il 6 febbraio il TAS, il Tribunale Arbitrale dello Sport, ha squalificato per due anni il ciclista spagnolo Alberto Contador, che era risultato positivo agli esami antidoping nel luglio del 2010. Nelle sue urine era stata trovata una minuscola quantità di clenbuterolo, un farmaco stimolante e anabolizzante. Contador ha sempre negato le accuse e ha spiegato la presenza di clenbuterolo con l’assunzione di carne contaminata. Il caso di Contador non è isolato, né nel ciclismo né nello sport in genere: da Diego Armando Maradona a Marion Jones, da Ben Johnson a Barry Bonds fino al caso dell’atleta della Germania Est Heidi Krieger, che assunse così tante sostante dopanti da doversi sottoporre a un intervento chirurgico per cambiare sesso e diventare uomo. Oggi si chiama Andreas.

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    Diego Maradona
    Diego Armando Maradona, probabilmente il più grande calciatore di tutti i tempi, è stato squalificato due volte per doping. La prima volta nel 1991, quando fu trovato positivo alla cocaina: fu squalificato per due anni e l’episodio segnò la fine della sua carriera al Napoli. La seconda volta durante i mondiali di calcio del 1994, ai quali Maradona era arrivato dopo molte traversie fisiche e tecniche: giocò bene la prima partita, segnando anche un gol, ma fu trovato positivo all’efedrina, una sostanza stimolante, prima della fine del girone di qualificazione. La FIFA espulse Maradona dalla competizione. La foto è del 1985. (Allsport UK/Allsport)

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    Heidi Krieger
    Andreas Krieger è nato nel 1966 a Berlino e fino al 1997 era una donna, Heidi Krieger. Come Heidi Krieger ha gareggiato agli europei di atletica del 1986 e ai Giochi olimpici del 1988 con la nazionale della Germania Est. Come molti atleti suoi connazionali, Krieger era pesantemente dopata. Cominciò ad assumere steroidi all’età di 16 anni e in gran quantità. Soltanto nel 1986 assunse quasi 2.600 milligrammi di steroidi, 1.000 in più di quelli assunti da Ben Johnson alle Olimpiadi del 1988 in un altro clamoroso caso di doping. Le sostanze dopanti assunte per anni trasformarono il suo corpo e le diedero grandi problemi di salute, tanto da costringerla nel 1997 a sottoporsi a un intervento chirurgico, cambiare sesso e diventare uomo. Lo stesso Krieger ha detto che i farmaci assunti sono stati determinanti nel definire la sua identità sessuale. Oggi esiste un premio “Heidi Krieger” che viene assegnato ogni anno in Germania a chi si batte contro il doping. La foto è del 1987. (Tony Duffy/Getty Images)

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    Michelle Smith
    Michelle Smith è un’ex nuotatrice irlandese. Alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 vinse tre medaglie d’oro e una di bronzo. In quell’occasione fu accusata dalla nuotatrice americana Janet Evans di aver assunto sostanze dopanti. Le accuse non vennero mai confermate ma nel 1998 Smith fu condannata per aver manomesso un campione della sua urina preso durante un test anti-doping di routine. Il campione risultava contaminato con alcol e presentava anche una traccia di androstenedione. Venne squalificata per quattro anni e così concluse la sua carriera. Il Comitato Olimpico non revocò le sue medaglie, visto che l’assunzione di sostanze dopanti era successiva alla sua partecipazione alle olimpiadi. Nella foto, Smith esulta per la vittoria ai 400 metri alle Olimpiadi di Atlanta. (Michael Cooper/Allsport)

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    Adrian Mutu
    Adrian Mutu è un calciatore rumeno attualmente in attività. Gioca nel Cesena ma in passato ha militato in club molto più prestigiosi e blasonati, come l’Inter, la Juventus e il Chelsea. Proprio durante la sua esperienza al Chelsea, Mutu fu squalificato per doping. La squadra britannica lo aveva comprato dal Parma nell’agosto del 2003 per 22,5 milioni di euro. Nell’ottobre del 2004 Mutu fu trovato positivo alla cocaina, squalificato per sei mesi mesi e multato per 20.000 euro. Il Chelsea decise di allora di rivalersi contro Mutu per il danno causato alla società dal suo comportamento, e dopo varie sentenze, ricorsi e contro ricorsi Adrian Mutu è stato condannato a pagare una multa da 17 milioni di euro. La foto è del dicembre 2006. (Newpress/Getty Images)

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    Ben Johnson
    Ben Johnson è stato un campione di atletica canadese, e vinse la medaglia d’oro dei 100 metri alle Olimpiadi di Seul del 1988, correndo in 9”79 e stabilendo il nuovo record del mondo. Pochi giorni dopo però i controlli sulle sue urine evidenziarono la presenza di steroidi: Johnson fu qualificato e furono annullate sia la sua vittoria che il record mondiale. Johnson ammise poi di essere stato dopato anche durante i mondiali del 1987, che vinse ottenendo un nuovo record del mondo. Johnson vinse comunque molti altri trofei in carriera, tra cui due medaglie di bronzo alle Olimpiadi del 1984. La foto è del 1988 durante la semifinale dei cento metri alle Olimpiadi di Seul. (RON KUNTZ/AFP/Getty Images)

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    Alberto Contador
    Il ciclista spagnolo Alberto Contador, vincitore di tre Tour de France, una Vuelta e due Giro d’Italia, è risultato positivo a un controllo antidoping durante gli ultimi giorni del Tour del 2010. Contador negli ultimi anni è stato considerato il miglior ciclista al mondo su strada. Gli esami hanno evidenziato la presenza nelle urine di Contador di una piccola quantità di clenbuterolo, una sostanza che aiuta a bruciare grassi e rafforzare i muscoli e la cui assunzione è proibita. Durante il processo Contador ha continuato a gareggiare vincendo tra l’altro un altro Giro d’Italia. Il 6 febbraio 2012 è stato squalificato per due anni. La squalifica è retroattiva, inizia nell’agosto 2010: per questo a Contador sono state revocate le vittorie del Tour de France 2010 e del Giro d’Italia 2011. Nella foto, Contador nella nona tappa del Giro d’Italia, 15 maggio 2011. (LUK BENIES/AFP/Getty Images)

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    Barry Bonds
    Il giocatore di baseball americano Barry Bonds. Iniziò a giocare con i Pittsburgh Pirates nel 1986 e passò ai San Francisco Giants nel 1993, dove rimase fino alla fine della carriera nel 2007. Il 4 agosto dello stesso anno segnò il suo 755esimo Home run, stabilendo un nuovo record. Nel 2003 fu uno dei principali atleti indagati nel caso BALCO, un’azienda accusata di distribuire sostanze dopanti agli atleti. Bonds fu accusato di aver assunto steroidi, come testimonierebbe un notevole miglioramento della sua forma fisica.
    Bonds ammise di aver consumato prodotti dell’azienda su suggerimento del suo allenatore senza sapere che si trattasse di sostanze dopanti e credendole invece balsami o integratori. Nel 2011 però è stato condannato per falsa testimonianza sull’assunzione di steroidi. La foto è del 1991. (Otto Greule Jr./Getty Images)

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    Marion Jones
    L’atleta americana Marion Jones nel 1997 vinse la medaglia d’oro nei 100 metri e nella staffetta 4×100 metri ai Campionati del mondo di atletica leggera di Atene. Alle Olimpiadi di Sydney del 2000 vinse cinque medaglie: tre d’oro (nei 100 e 200 metri e nella staffetta 4×400 metri) e due di bronzo (nel salto in lungo e nella staffetta 4×100 metri). Partecipò anche alle Olimpiadi di Atene del 2004, ma non vinse nulla. Nel 2006 venne trovata positiva all’eritropoietina, un ormone che aumenta il trasporto dell’ossigeno ai tessuti, ma le contro-analisi risultarono negative. Nel 2007 ammise di aver fatto uso di sostanze dopanti dal 1999 e restituì tutte le medaglie vinte a Sydney. Nel 2008 andò in carcere per sei mesi per aver mentito al giudice sull’uso di sostanze dopanti. Dal 2009 al 2011 ha ritentato, senza successo, la carriera sportiva nel basket. La foto è del 2004. (Andy Lyons/Getty Images)

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    Marco Pantani
    Il ciclista italiano Marco Pantani, vincitore di un Giro d’Italia e di un Tour de France, fu escluso dal Giro del 1999 a causa di un valore di ematocrito nel sangue superiore alla soglia consentita. Pantani si trovava all’apice della sua carriera, un anno prima aveva vinto sia il Giro che il Tour: sarà sospeso per 15 giorni, trovandosi costretto a lasciare la gara, e non sarà mai squalificato per doping, per quanto gli alti valori di ematocrito, pericolosi per la salute, segnalassero la possibile assunzione di eritropoietina (EPO). L’episodio segnò la fine della carriera ad altissimi livelli di Pantani, che ebbe poi grandi problemi di depressione e morì il 14 febbraio del 2004 per un’overdose di cocaina. Nella foto, Pantani al Tour de France il 16 luglio 2000. (Tom Able-Green/ALLSPORT)

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    Petr Korda
    Il ceco Petr Korda, è stato un tennista professionista dal 1985 al 2000. Nel 1993 vinse la Grand Slam Cup battendo in finale Pete Sampras; nel 1998 vinse l’Australian Open e nel febbraio dello stesso anno raggiunse il secondo posto nella classifica dell’Association of Tennis Professionals (ATP). Nel dicembre del 1998 l’International Tennis Federation (ITF) annunciò che era risultato positivo al nandrolone, uno steroide anabolizzante, durante il torneo di Wimbledon dello stesso anno. Korda fu privato dei punti per la classifica ATP che si era aggiudicato a Wimbledon e multato di 94.500 dollari, l’equivalente di quanto aveva vinto al torneo. Inizialmente l’ATP decise di non squalificarlo, suscitando molte proteste, ma all’inizio dell’anno successivo ribaltò la decisione: Korda venne sospeso per 12 mesi a partire dal luglio 1999. Terminato il bando, riprese a giocare per pochi mesi e si ritirò definitivamente a 32 anni. (Al Bello /Allsport)



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    Quanti casi di doping ci sono stati alle Olimpiadi?
    Il primo, nel 1968, fu per due bicchieri di birra: un grafico dell'Economist


    In questa edizione delle Olimpiadi, due atleti sono già stati squalificati perché sono stati trovati positivi ai controlli antidoping: un atleta del sollevamento pesi albanese, il 19enne Hysen Pulaku (trovato positivo a uno steroide anabolizzante) e una ginnasta uzbeka, la 20enne Luiza Galiulina (a causa di un diuretico). In totale, nella storia delle Olimpiadi estive, i casi di test antidoping positivi sono stati 85, di 44 nazionalità diverse: l’Economist ha pubblicato un grafico che mostra i casi di doping per ogni edizione e per la nazionalità degli atleti coinvolti.

    I campioni di sangue e di urina che vengono raccolti a Londra verranno conservati per otto anni, in modo da essere disponibili anche nel caso che i controlli diventino più avanzati. Anche i cavalli usati nelle competizioni di equitazione sono testati (alle Olimpiadi di Pechino, nel 2008, sei risultarono positivi). La disciplina in cui si sono verificati più casi, ben trenta in otto edizioni, è il sollevamento pesi. La nazione con più atleti squalificati, nella storia delle Olimpiadi, è la Bulgaria (8 casi) mentre l’Italia ne ha 2. I regolamenti anti-doping furono introdotti dal Comitato Olimpico Internazionale solo nel 1967, e il primo atleta ad essere squalificato, nel 1968, fu il 27enne svedese Hans-Gunnar Liljenwall: gareggiava nel pentathlon, vinse il bronzo, ma fu squalificato perché fu trovato con una quantità eccessiva di alcol in corpo. Lui disse di aver bevuto due birre per calmarsi, prima della gara di pistola, ma dovette restituire la medaglia. Pare che diversi altri atleti avessero assunto tranquillanti prima di quella gara, ma non vennero sanzionati perché i farmaci non erano ancora nella lista delle sostanze proibite.

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    La Figc ha investito 1.5 milioni di euro per la lotta all’Epo e al doping
    La Federcalcio ha analizzato 941 gare per un totale di 2.804 campioni da sottoporre a controllo.



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    La Federcalcio italiana prosegue senza sosta nella sua lotta al doping. Una battaglia senza quartiere con controlli a tappeto, come confermato dai numeri forniti dalla Figc che ha analizzato 941 gare per un totale di 2.804 campioni, prevedendo controlli Epo ed ematici su circa 300 di essi. Un investimento importante di circa un milione e cinquecentomila euro per rendere il calcio ancora più pulito. La Figc, attraverso una nota, ha spiegato che:

    Da sempre in prima linea nella lotta al doping attraverso sistematici controlli nelle proprie competizioni predisposti dalla Commissione Antidoping, la Figc, d’intesa con il Coni ha condiviso il programma di controlli anche per il 2013



    Il programma completo dei controlli è stato così ripartito tra i vari campionati professionistici: Serie A maschile (controllata al 100% delle sue 380 gare); Supercoppa Italiana; Coppa Italia (dai quarti di finale per un totale di 9 gare); serie B maschile (a campione in 235 gare, equivalente al 50% del totale); Lega Pro maschile (a campione per un totale di 168 gare); Primavera (a campione per un totale di 39 gare); Berretti (3 gare della fase finale); serie A femminile (a campione per un totale di 44 gare); serie A maschile calcio a 5 (a campione per un totale di 63 gare).

    Nelle categorie dilettantistiche, comprendenti anche calcio a 5 e calcio femminile, è stata istituita una Commissione particolare presso il Ministero della salute che possa permettere una vigilanza costante. Il tutto sempre attraverso un sistema di individuazione dei calciatori da sottoporre ai test sempre basato sulla ripartizione 50 e 50) tra una metodologia mirata (indicazione da parte del Coni-Nado dei nomi dei calciatori) ed una casuale (individuazione attraverso l’utilizzo di sequenze numeriche impostate dal Coni-Nado). La Federcalcio ha voluto sottolineare l’assoluta professionalità e scientificità dei controlli, spiegando che:

    L’attuazione dei controlli ematici ed Epo risponde a criteri di scientificita’ consolidati da evidenze statistiche. E’ infatti riconosciuto dal mondo scientifico da un lato che l’esercizio e lo sforzo fisico modifichino fisiologicamente i livelli del GH, e dall’altro che l’Epo, nel calcio, astrattamente rivolto al miglioramento del recupero, sia rilevabile solo a breve distanza dall’assunzione e quindi non nell’immediato post gara



    L’aspetto più importante delle analisi effettuate dalla Figc è quello relativo all’attenzione rivolta a combattere il doping aumentando i controlli sui bacini-vivai, ed attuando i test nel corso del campionato Primavera che, fino al 2011, era controllato solo nelle sue fasi finali. Alla consueta attività di educazione diretta agli atleti, la Figc ha istituito dei veri e propri follow up annuali sul tema doping e tutela della salute rivolti agli ‘addetti ai lavori’, referenti sanitari ed amministrativi delle società , introducendo il sistema delle licenze nazionali che impone una serie di adempimenti annuali obbligatori per l’iscrizione ai campionati: tra questi vi è l’obbligo di partecipazione a due incontri sul tema della ‘tutela della salute e della lotta al doping’. Il prossimo 28 febbraio si terra’ inoltre l’incontro del 2013 con le societa’ della Lega di serie A e serie B, il cui programma prevede la trattazione e l’approfondimento di varie tematiche tra cui lo studio della Figc sul passaporto biologico e sulle nuove possibili strade da percorrere per contrastare il fenomeno.





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    Morte Mennea. La condanna al doping: "Una scorciatoia per arrivare al successo"
    L'ex primatista del mondo e le battaglie contro il doping: "E' un business in mano alla criminalità organizzata. Tanti atleti che correvano con me sono morti. E sono morti sospette"
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    Pietro Mennea nel 2006 ha dato vita insieme alla moglie Manuela Olivieri alla "Fondazione Pietro Mennea Onlus" con lo scopo di effettuare donazioni e assistenza sociale a enti caritatevoli o di ricerca medico-scientifica, associazioni culturali e sportive, attraverso progetti specifici e concreti. Lo scopo è anche di carattere culturale, e consiste nel diffondere lo sport e i suoi valori, e promuovere la lotta al doping, tema a cui l'ex primatista del mondo nei 200 è sempre stato sensibile.


    scorciatoia
    — "Il doping è una scorciatoia per arrivare al successo, ma tanti atleti che correvano con me non ci sono più. Si tratta senza dubbio di morti sospette. Che devono far riflettere", le parole di Mennea di qualche anno fa, durante un incontro con alcuni studenti di Scienze motorie e medicina dell'Istituto di anatomia a Careggi (Firenze). "Io mi sono allenato per 20 anni – ha detto Mennea - ho avuto una carriera lunghissima come velocista, ma non mi sono mai neanche strappato. Invece, se avessi fatto uso di steroidi anabolizzanti, mi sarei strappato chissà quante volte. Lo sport deve rimanere l'ultimo baluardo del tessuto sociale per quanto riguarda il rispetto delle regole. Insomma, tra gli atleti deve vincere il più bravo, non il più furbo".

    leggi — Mennea si è anche battuto in prima persona per cercare di arginare il problema: "Purtroppo il doping è diventato un grande business in mano alla criminalità organizzata, dato che viene commerciato in un mercato nero. Che è più lucrativo di quello degli stupefacenti. Sì, perché il grosso del mercato del doping lo troviamo tra gli amatori che affollano le palestre. Mi batto da anni per una legge penale comunitaria che funzioni da deterrente riguardo all'uso di simili sostanze. Oggi in Europa solo cinque stati hanno una legge simile. E io avevo lottato affinché fosse estesa a tutta l'Unione Europea".


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