ARTHUR ASHE

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    Vent’anni senza Arthur Ashe
    La storia e le foto del più grande tennista nero di sempre, raccontata da Gianni Clerici: fu il primo a vincere uno Slam e morì di AIDS il 6 febbraio 1993

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    Arthur Ashe a Wimbledon (Tony Duffy/Getty Images)



    Il 6 febbraio del 1993, esattamente vent’anni fa, morì Arthur Ashe, uno dei più grandi tennisti statunitensi e il primo nero a vincere un torneo del Grande Slam. In tutto ne vinse tre: gli US Open del 1968, gli Australian Open del 1970 e Wimbledon nel 1975. Insieme al francese Yannick Noah, Artur Ashe è l’unico tennista nero ad aver vinto uno Slam (e vinse anche una Coppa Davis, da capitano degli Stati Uniti). Morì di AIDS a 49 anni: aveva contratto l’HIV alla fine degli anni Ottanta in una trasfusione di sangue durante un’operazione al cuore. Oggi è intitolato a lui il campo centrale degli impianti di Flushing Meadows, a New York nel Queens, dove si gioca ogni anno la finale degli US Open. Gianni Clerici, uno dei più grandi giornalisti italiani di tennis, ha ricordato su Repubblica la sua storia.

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    Arthur Ashe con il trofeo di Wimbledon dopo aver battuto il connazionale Jimmy Connors, luglio 1975 (David Ashdown/Keystone/Getty Images)


    È il ventesimo anniversario della morte di Arthur Ashe, tennista americano nero. Mi arrampico su uno scaffale della mia biblioteca, e comincio a cercare. Ritrovo, vergognoso per la smemoria, ben cinque libri su di lui, o di suo pugno. Levels of the Game è di John Mc Phee, uno dei maggiori romanzieri moderni americani, a proposito di un match tra due opposti simboli USA, Clark Graebner e Ashe. Dice il risvolto di copertina “Arthur pensa che Graebner, figlio di un dentista, giochi un conciso e rigido tennis repubblicano. Graebner pensa che Ashe, nato a Richmond, giochi un tennis disinvolto, dentro o fuori, liberale, democratico”. L’ ultimo dei libri su, o di Ashe, è Giorni di Grazia, uscito subito dopo la sua morte, a firma comune di Arthur e Arnold Rampersad, buon giornalista. Narra la vita, e la malattia del tennista. Mi fermerei alla malattia, e cioè sull’ infezione causata da una superficialissima e infetta trasfusione del sangue di un malato di Aids. Malattia che venne annunciata sul giornale USA Today da un corazziale del tennista senza specificarne la causa. Un tipo da tabloid che, mentre lo minacciavo con l’ Olivetti Lettera 22 in pugno quale arma contundente, ebbe il coraggio di giustificarsi: «La nostra professione è di rivelare la verità sui personaggi pubblici». Quando venne contagiato nel 1988, Arthur aveva 45 anni.

    L’ultimo punto della finale contro Jimmy Connors


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    Arthur Ashe nella finale dei campionati universitari NCAA, a Los Angeles, nel giugno del 1965 (AP Photo/Los Angeles Times)
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    Arthur Ashe agli Australian Open, Forest Hills, New York, 31 agosto 1969 (AP Photo/Harry Harris)
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    Arthur Ashe a Wimbledon nel giugno del 1975 (David Ashdown/Keystone/Getty Images)
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    Arthur Ashe nel luglio del 1976 (Allsport /Allsport/Getty Images)
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    Arthur Ashe e il tennista svedese Bjorn Borg con il trofeo del World Championship Tennis – un circuito riservato ai tennisti professionisti – a Dallas, 10 maggio 1975. Il titolo fu vinto da Ashe. (AP Photo)
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    Arthur Ashe con la fidanzata Jeanne Moutoussamy (una fotografa) a New York, pochi giorni prima del loro matrimonio, 16 febbraio 1977 (AP Photo/Carlos Rene Perez)
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    Arthur Ashe a Wimbledon (Tony Duffy/Getty Images)
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    Arthur Ashe al Queen’s Club di Londra, nel 1970 (John Minihan/Express/Getty Images)
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    Da sinistra: gli americani Arthur Ashe e Cliff Richey e i tedeschi Christian Kuhnke e Wilhelm Bungert con la Coppa Davis prima dei Challenge Round a Cleveland, 28 agosto 1970 (AP Photo/Julian C. Wilson)
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    Arthur Ashe contro il connazionale Dennis Ralston al Madison Square Garden di New York, 22 febbraio 1971 (AP Photo/John Lent)
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    Arthur Ashe dopo aver perso un punto al tie-break nella partita contro l’australiano Ken Rosewall ai Campionati Indoor di Philadelphia, 12 febbraio 1972. Rosewall vinse anche il match. (AP Photo/Bill Ingraham)
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    Arthur Ashe nel 1975 (AP Photo)
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    Arthur Ashe con la coppa del World Championship of Tennis, un circuito di tennis per soli professionisti, a Dallas, vinta dopo aver sconfitto lo svedese Bjorn Borg, Dallas, Texas, 11 maggio 1975. Insieme a lui l’ex governatore del Texas John Connally. (AP Photo/Greg Smith)
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    Arthur Ashe stringe la mano a Jimmy Connors dopo averlo battuto nella finale di Wimbledon, 5 luglio 1975 (AP Photo)
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    Arthur Ashe con il trofeo di Wimbledon dopo aver sconfitto il connazionale Jimmy Connors, 5 luglio 1975 (AP Photo)
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    Arthur Ashe nella finale a Wimbledon contro il connazionale Jimmy Connors, nel luglio del 1975 (AP photo)
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    Arthur Ashe con la Dewar Cup ricevuta per il suo contribuito al tennis a New York, 26 agosto 1975 (AP Photo/Dave Pickoff)
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    Arthur Ashe si allena a Londra per il torneo di Wimbledon, 19 giugno 1979 (AP Photo/Press Association)
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    Il matrimonio di Arthur Ashe con la fotografa Jeanne Moutoussamy, 20 febbraio 1977 (AP Photo)
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    Arthur Ashe il giorno del matrimonio con Jeanne Moutoussamy, New York, 20 febbraio 1977 (AP Photo/Ray Stubblebine)
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    Arthur Ashe a Newport, in Rhode Island, nel luglio del 1978 (AP Photo/Dave Tenenbaum)
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    Il capitano della nazionale americana Arthur Ashe, il tennista americano McEnroe (alla sua destra) e il capitano della nazionale francese Jean-Paul Loth con la Coppa Davis prima della finale, 25 novembre 1982 (AP Photo/Michel Lipchitz)
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    La nazionale americana composta da Eliot Teltscher, Gene Mayer, John McEnroe e Peter Fleming mentre il capitano Arthur Ashe solleva la Coppa Davis dopo aver battuto la Francia nella finale, Grénoble, 28 novembre 1982 (AP Photo/Michel Lipchitz)



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    Arthur Ashe alla conferenza stampa in cui ha annunciato di avere l’AIDS, New York, aprile 1992 (AP Photo/Marty Lederhandler)
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    Arthur Ashe ospite del programma Good Morning America pochi giorni dopo aver annunciato di avere l’AIDS, New York, aprile 1992. (AP Photo)
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    Arthur Ashe parla a un incontro sull’AIDS dell’Organizzazione mondiale della sanità, primo dicembre 1992 (HAI DO/AFP/Getty Images)
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    Arthur Ashe con Bill Murray a New York, 15 dicembre 1992 (AP Photo/Ed Bailey)
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    Jeanne, la vedova di Arthur Ashe, riceve dal presidente statunitense Bill Clinton la Medaglia presidenziale della libertà – la più alta onorificenza civile americana – consegnata postuma al marito, Washington DC, 20 giugno 1993 (ROBERT GIROUX/AFP/Getty Images)




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    "Fu proprio l'atteggiamento di mio padre a farmi capire che l'affrancamento di noi neri non era venuto con la fine della guerra di secessione, né con le leggi successive. Era in corso. La mia trisavola era stata venduta per una balla di tabacco, mio nonno era stato meno libero di mio papà, che era meno libero di me, ma non se ne lagnava. Io sarei stato il primo nero ammesso in uno sport di bianchi."

    Arthur Ashe


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    Ashe con il trofeo di Wimbledon dopo aver battuto il connazionale Jimmy Connors, luglio 1975 (David Ashdown/Keystone/Getty Images)

    Arthur Robert Ashe, Jr. (Richmond, 10 luglio 1943 – New York, 6 febbraio 1993) è stato un tennista statunitense.

    Durante la giovane età Ashe era basso e poco coordinato. Ma da quando iniziò a frequentare la scuola si diede alla pratica di varie discipline sportive, tra le quali il tennis, la pallacanestro e il football americano. Nel tennis vinse il titolo statale, mentre nel football aiutò la sua squadra ad arrivare al titolo cittadino, giocando come Wide receiver.
    Ashe iniziò ad attirare l'attenzione degli appassionati di tennis dopo che vinse un premio tennistico a UCLA nel 1963; nello stesso anno divenne il primo afroamericano ad essere selezionato per giocare nella squadra statunitense in Coppa Davis.
    Nel 1965 Ashe vinse il titolo individuale NCAA e diede un importante contributo alla vittoria di UCLA del titolo a squadre NCAA. Con questa carriera universitaria costellata di successi, Ashe ascese facilmente ad essere considerato uno dei migliori giocatori dell'intero panorama mondiale, grazie anche al suo passaggio tra i professionisti nel 1969.

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    Campionati Indoor di Philadelphia, 12 febbraio 1972. Rosewall vinse anche il match. (AP Photo/Bill Ingraham)

    A partire dal 1969 era opinione comune che Ashe fosse il miglior giocatore maschile statunitense. Egli vinse il primo Us Open dell'era open e aiutò gli Stati Uniti a vincere nello stesso anno la Coppa Davis. Dato che il tennis pro non stava ricevendo una importanza mediatica commensurabile alla crescente popolarità dello sport in generale, Ashe fu una delle figure chiave nella fondazione dell'Association of Tennis Professionals (ATP).

    In questo anno Ashe dovette superare un'altra prova, quando gli fu impedito dal governo di Johannesburg di giocare gli Open organizzati in Sudafrica. Ashe decise di usare questo caso internazionale per avviare una campagna di denuncia nei confronti dell'Apartheid arrivando a chiedere l'espulsione della federazione sudafricana dal circuito tennistico professionale.
    L'anno successivo aggiunse, nel frattempo, al suo palmares un secondo titolo del Grande Slam, l'Australian Open.
    Nel 1975, dopo alcuni anni di risultati di non altissimo livello, Ashe giocò la migliore stagione della sua carriera, vincendo il torneo più prestigioso del mondo, Wimbledon, sconfiggendo inaspettatamente in finale Jimmy Connors.

    Rimane anche attualmente il solo giocatore di colore ad aver vinto il singolare maschile a Wimbledon, all'US Open o all'Australian Open e uno dei due tennisti di colore ad aver vinto un torneo singolare maschile del Grande Slam insieme a Yannich Noah che vinse il Roland Garros nel 1983.
    Ashe giocò per altri anni, ma dopo essere stato colpito da un infarto nel 1979, si ritirò nel 1980.
    Nella sua autobiografia pubblicata nel 1979 Jack Kramer ha inserito Ashe al ventunesimo posto della classifica dei migliori tennisti di tutti i tempi.
    Dopo il suo ritiro Ashe assunse tanti altri compiti come scrivere per il TIME, fare il commentatore per la ABC Sport, fondare la National Junior Tennis League ed essere il capitano della squadra statunitense di Coppa Davis. Nel 1983 Ashe subì un secondo attacco di cuore. Senza la sorpresa di nessuno nel 1985 fu nominato nella Tennis Hall of Fame.

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    La vita di Ashe subì una svolta tragica nel 1988 quando scoprì di aver contratto il virus HIV durante una trasfusione di sangue subita durante una delle due operazioni che subì al cuore. Lui e sua moglie mantennero segreta la notizia della malattia sino all'8 aprile 1992 quando USA Today riportò la notizia del suo grave stato di salute.
    Negli ultimi anni della sua vita Ashe prestò molta attenzione alla diffusione dell'AIDS nel mondo. Due mesi prima di morire fondò la Arthur Ashe Institute for Urban Health per aiutare le persone dotate di un'assicurazione medica insufficiente alla propria salute; questa fondazione fece sì che Ashe fosse nominato sportivo dell'anno dal magazine di Sports Illustrated. Spese anche buona parte dei suoi ultimi anni nello scrivere le sue memorie, Days of Grace, finendo il manoscritto soltanto una settimana prima della sua morte.
    Ashe morì per le complicazioni insorte in seguito all'AIDS il 6 febbraio 1993.
    A Flushing Meadows, dove si giocano gli US Open, il campo centrale è stato intitolato alla sua memoria.


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    finale a Wimbledon contro il connazionale Jimmy Connors, nel luglio del 1975 (AP photo)


    MATCH POINT CON LA VITA

    Washington - L' autobiografia s' intitola Days of grace, giorni di grazia: Arthur Ashe la terminò sul letto di morte, ai primi dello scorso febbraio, e Arthur Rampersad, l' eminente letterato di Princeton, l' ha pubblicata questa settimana presso la casa editrice Knopf. Non è soltanto il libro di memorie dell' atleta nero più amato e rispettato della storia americana; è anche una straordinaria riflessione sul mondo dello sport, un manifesto politico, e una lezione di vita. E' il testamento di un figlio del ghetto del profondo sud diventato eroe popolare, di uno dei grandi protagonisti dell' American dream, persuaso di svolgere una funzione sociale. Ed è una ferma denuncia della "arrogante avidità" di tanti campioni, della corruzione di tanti impresari, della cieca alterazione dei valori umani e sportivi dell' America - e dell' Europa - contemporanea. Il messaggio di Arthur Ashe è lapidario: proprio perchè ha avuto tanto, l' idolo del tennis, o del baseball, della pallacanestro o del calcio deve restituire quanto più può alla comunità. Days of grace si apre con l' annuncio di Arthur Ashe, da lui dato nella primavera del ' 92, di essere ammalato di Aids: Usa Today sta per pubblicare la notizia, ed egli ritiene di doverla anticipare. E si chiude con una straziante lettera aperta alla figlia Camera di 7 anni: "lungo il cammino della vita" scrive il campione "tu cadrai, come tutti: rialzati, ferita ma più saggia, e continua... io non sarò con te quando avrai bisogno di me... ma non mi rimproverare.... ti aiuterò col mio ricordo". E tra questo inizio e questa fine, la testimonianza di un uomo che in quasi mezzo secolo - morì a 49 anni - ha cercato di condividere coi familiari, gli amici, il suo prossimo, soprattutto gli altri figli del ghetto, "i giorni di grazia", frutto del suo primato nello sport. Giorni insperati ed esaltanti, impiegati "non nella caccia immorale di un potere nudo e vendicativo", dedicati non al proprio egoismo, ma vissuti per stabilire un modello per i giovani, per lasciare un' impronta sulla società. "L' Aids" dice Arthur Ashe "non è stato il peso più assillante della mia esistenza, lo è stato la mia negritudine".


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    Il matrimonio di Arthur Ashe con la fotografa Jeanne Moutoussamy, 20 febbraio 1977 (AP Photo)

    E forse per questo, egli richiama al loro dovere civico, prima ancora dei bianchi, i campioni neri come lui, "Magic" Johnson, anch' egli ammalato di Aids, e Wilt Chamberlain, due eroi del basketball. Con le loro storie di conquiste sessuali - Chamberlain si vantò di essere stato a letto con 20 mila donne - "hanno danneggiato la mia razza" afferma Ashe. "I neri americani hanno combattuto per decenni la tesi razzista secondo cui siamo primitivi... E Johnson e Chamberlain, uomini con una laurea di enorme ricchezza personale noti in tutto il mondo, hanno fatto del loro meglio per confermare lo stereotipo". Ad Ashe, che difende però il suo diritto di continuare a giocare sebbene sieropositivo, Johnson risponde: "non sono orgoglioso della vita che ho condotto... ho raccontato tutto nella speranza di dissuadere i giovani da un comportamento come il mio, per prevenire l' Aids". Il libro è una carrellata sull' America della segregazione e dei diritti civili. Arthur Ashe nasce a Richmond, la capitale confederata della guerra di secessione, nella famiglia di una guardia forestale. A sei anni è orfano, a otto, dopo la scuola, aiuta il padre che per stargli vicino è divenuto custode di un parco pubblico, a dieci gioca a tennis. La disciplina di ferro inculcatagli dal genitore dà presto ottimi frutti. Il ragazzo nero vince un torneo dopo l' altro, arriva in nazionale. Il paese è in tumulto, ma egli non ha tempo per le dimostrazioni nè la guerra del Vietnam, viaggia tra Parigi e Londra, è una sorta di ambasciatore delle minoranze.

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    Arthur Ashe stringe la mano a Jimmy Connors dopo averlo battuto nella finale di Wimbledon, 5 luglio 1975 (AP Photo)

    Nessuno ha mai visto un giovane della sua razza in questo sport di bianchi, così riservato e così ligio: Life gli dedica la copertina, lo proclama il nuovo Jesse Owens, il re nero delle Olimpiadi del ' 36 a Berlino. Gli Anni Settanta vedono il suo trionfo, conquista il titolo Usa nel ' 75, lo nominano capitano della squadra. Un grave difetto cardiaco, lo stesso che ha ucciso la madre, lo ferma nel ' 79: Arthur Ashe è costretto a ritirarsi. Ma ormai è assurto a simbolo dell' integrazione, e interpreta la sua parte con estrema dignità. Produce articoli sportivi, costruisce campi di tennis nei ghetti, insegna a giocare ai bambini neri, scrive una storia dello sport. Felicemente sposato, diventa padre nell' 86. Ha già contratto l' Aids a causa di una trasfusione di sangue infetto, ma ancora non lo sa: per sua fortuna, moglie e figlia non risulteranno sieropositive. Nell' 88, i medici compiono la tragica scoperta, e da quel momento Arthur Ashe s' investe di una triplice missione: risanare dove possibile lo sport, aiutare il ghetto, proporsi a esempio per l' America. Per la prima volta, il campione gentiluomo fa politica: accarezza l' idea di candidarsi deputato per il partito democratico, polemizza col tribuno nero Jesse Jackson che gli rimprovera un' eccessiva modestia, predica il dialogo non la rivolta contro la razza padrona. Nell' autoconfessione, Arthur Ashe tenta di spiegare il perchè di questa metamorfosi. "Fino a che punto" si chiede "ho lanciato le mie crociate contro l' apartheid per liberarmi dal rimorso di non aver partecipato al movimento di Martin Luther King? Mentre il sangue dei miei fratelli neri scorreva nelle strade di Biloxi, Memphis e Birmingham, io giocavo a tennis, vestito dell' uniforme bianca immacolata, sferrando colpi eleganti sui campi levigati della California e dell' Europa".

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    Newport, in Rhode Island, nel luglio del 1978 (AP Photo/Dave Tenenbaum)


    E ancora: "io sono cresciuto in un' epoca in cui i negri non parlavano, e ho evitato per tutta la mia vita ogni scontro con la legge... ma la segregazione mi ha impresso un marchio indelebile che si cancellerà soltanto con la morte". Come in una catarsi, Arthur Ashe si fa arrestare più volte davanti alla Casa Bianca. E ai giovani atleti propone il modello di due giganti dello sport dalle mani pulite, Bill Russell, il primo nero a emergere nella pallacanestro, e Jackie Robinson, il primo a emergere nel baseball. Geloso della propria intimità, Arthur Ashe nasconde la sua mortale malattia. Uscirà allo scoperto dopo Magic Johnson, e contribuirà a segnare una svolta nella lotta contro l' aids. Il mondo resta sconvolto alla notizia della condanna dei due idoli dello sport, e i tifosi creano una fondazione a suo nome per finanziare le ricerche mediche. Sottolinea Ashe in "Days of grace": "non ho mai usato droghe, non ho mai tradito mia moglie, non ho mai avuto rapporti omosessuali... ma non sono amaro, il mio destino non mi fa paura". La sua ultima battaglia è a favore dell' istruzione sessuale nelle scuole: "non c' è spazio per il puritanesimo né la vergogna: i ragazzi sessualmente attivi o in procinto di diventarlo devono sapere a cosa vanno incontro". E il suo ultimo appello è all' onestà e all' etica, nei rapporti tra uomo e donna, nella società, nella politica. "Non mi sono mai chiesto perchè mi sia toccato l' aids" conclude Arthur Ashe "come non mi sono mai chiesto perchè mi sia toccato vincere il torneo di Wimbledon: ho pensato che fosse la volontà di Dio".

    di ENNIO CARETTO
    19 giugno 1993, 33 sez. CULTURA- repubblica.it



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    ... con la coppa del World Championship of Tennis, un circuito di tennis per soli professionisti, a Dallas, vinta dopo aver sconfitto lo svedese Bjorn Borg, Dallas, Texas, 11 maggio 1975. Insieme a lui l’ex governatore del Texas John Connally. (AP Photo/Greg Smith)





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    Arthur Ashe
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    Dati biografici
    Nazionalità 20px-Flag_of_the_United_States.svg Stati Uniti d'America
    Altezza 185 cm
    Peso 73 kg
    Tennis 25px-Tennis_pictogram.svg

    Dati agonistici
    Ritirato 1980
    Carriera
    Singolare1
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    Vittorie/sconfitte 818 - 260
    Titoli vinti 33
    Miglior ranking 2 (10 maggio 1976)
    Risultati nei tornei del Grande Slam
    Australian Open V (1970)
    Roland Garros QF (1970, 1971)
    Wimbledon V (1975)
    US Open V (1968)
    Doppio1
    Vittorie/sconfitte 323 - 176
    Titoli vinti 14
    Miglior ranking 15° (30 agosto 1977)
    Risultati nei tornei del Grande Slam
    Australian Open V (1977)
    Roland Garros V (1971)
    Wimbledon F (1971)
    US Open F (1968)

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    Arthur Robert Ashe, Jr. (Richmond, 10 luglio 1943 – New York, 6 febbraio 1993) è stato un tennista statunitense.
    Vincitore di tre Slam, tra cui l'edizione del 1975 di Wimbledon, Ashe è anche ricordato per il suo grande contributo per il volontariato e l'aiuto dei bisognosi.





    <b>Biografia

    Durante la giovane età Ashe era basso e poco coordinato. Ma da quando iniziò a frequentare la scuola si diede alla pratica di varie discipline sportive, tra le quali il tennis, la pallacanestro e il football americano. Nel tennis vinse il titolo statale, mentre nel football aiutò la sua squadra ad arrivare al titolo cittadino, giocando come Wide receiver.
    Ashe iniziò ad attirare l'attenzione degli appassionati di tennis dopo che vinse un premio tennistico a UCLA nel 1963; nello stesso anno divenne il primo afroamericano ad essere selezionato per giocare nella squadra statunitense in Coppa Davis.
    Nel 1965 Ashe vinse il titolo individuale NCAA e diede un importante contributo alla vittoria di UCLA del titolo a squadre NCAA. Con questa carriera universitaria costellata di successi, Ashe ascese facilmente ad essere considerato uno dei migliori giocatori dell'intero panorama mondiale, grazie anche al suo passaggio tra i professionisti nel 1969.
    A partire dal 1969 era opinione comune che Ashe fosse il miglior giocatore maschile statunitense. Egli vinse il primo Us Open dell'era open e aiutò gli Stati Uniti a vincere nello stesso anno la Coppa Davis. Dato che il tennis pro non stava ricevendo una importanza mediatica commensurabile alla crescente popolarità dello sport in generale, Ashe fu una delle figure chiave nella fondazione dell'Association of Tennis Professionals (ATP).
    Arthur-Ashe-9190544-2-402
    In questo anno Ashe dovette superare un'altra prova, quando gli fu impedito dal governo di Johannesburg di giocare gli Open organizzati in Sudafrica. Ashe decise di usare questo caso internazionale per avviare una campagna di denuncia nei confronti dell'Apartheid arrivando a chiedere l'espulsione della federazione sudafricana dal circuito tennistico professionale.
    L'anno successivo aggiunse, nel frattempo, al suo palmares un secondo titolo del Grande Slam, l'Australian Open.
    Nel 1975, dopo alcuni anni di risultati di non altissimo livello, Ashe giocò la migliore stagione della sua carriera, vincendo il torneo più prestigioso del mondo, Wimbledon, sconfiggendo inaspettatamente in finale Jimmy Connors.
    Rimane anche attualmente il solo giocatore di colore ad aver vinto il singolare maschile a Wimbledon, all'US Open o all'Australian Open e uno dei due tennisti di colore ad aver vinto un torneo singolare maschile del Grande Slam insieme a Yannich Noah che vinse il Roland Garros nel 1983.
    Ashe giocò per altri anni, ma dopo essere stato colpito da un infarto nel 1979, si ritirò nel 1980.
    Nella sua autobiografia pubblicata nel 1979 Jack Kramer ha inserito Ashe al ventunesimo posto della classifica dei migliori tennisti di tutti i tempi.

    800px-C9186-21Reagan-Ashe
    Ashe nel 1982 alla Casa Bianca assieme a Ronald Reagan



    Dopo il suo ritiro Ashe assunse tanti altri compiti come scrivere per il TIME, fare il commentatore per la ABC Sport, fondare la National Junior Tennis League ed essere il capitano della squadra statunitense di Coppa Davis. Nel 1983 Ashe subì un secondo attacco di cuore. Senza la sorpresa di nessuno nel 1985 fu nominato nella Tennis Hall of Fame.
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    La vita di Ashe subì una svolta tragica nel 1988 quando scoprì di aver contratto il virus HIV durante una trasfusione di sangue subita durante una delle due operazioni che subì al cuore. Lui e sua moglie mantennero segreta la notizia della malattia sino all'8 aprile 1992 quando USA Today riportò la notizia del suo grave stato di salute.
    Negli ultimi anni della sua vita Ashe prestò molta attenzione alla diffusione dell'AIDS nel mondo. Due mesi prima di morire fondò la Arthur Ashe Institute for Urban Health per aiutare le persone dotate di un'assicurazione medica insufficiente alla propria salute; questa fondazione fece sì che Ashe fosse nominato sportivo dell'anno dal magazine di Sports Illustrated. Spese anche buona parte dei suoi ultimi anni nello scrivere le sue memorie, Days of Grace, finendo il manoscritto soltanto una settimana prima della sua morte.

    AAshe-family


    Ashe morì per le complicazioni insorte in seguito all'AIDS il 6 febbraio 1993.
    A Flushing Meadows, dove si giocano gli US Open, il campo centrale è stato intitolato alla sua memoria.


    Onorificenze
    80px-Presidential_Medal_of_Freedom_%28ribbon%29Presidential Medal of Freedom

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    Finali di singolare nei tornei del Grande Slam
    Vittorie (3)
    Anno Torneo del Grande Slam Avversario in finale Punteggio
    1968 US Open Tom Okker 14–12, 5–7, 6–3, 3–6, 6–3
    1970 Australian Open Dick Crealy 6–4, 9–7, 6–2
    1975 Wimbledon Jimmy Connors 6–1, 6–1, 5–7, 6–4
    Sconfitte (4)
    Anno Torneo del Grande Slam Avversario in finale Punteggio
    1966 Australian Open Roy Emerson 6–4, 6–8, 6–2, 6–3
    1967 Australian Open Roy Emerson 6–4, 6–1, 6–4
    1971 Australian Open Ken Rosewall 6–1, 7–5, 6–3
    1972 US Open Ilie Năstase 3–6, 6–3, 6–7, 6–4, 6–3

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    Arthur Ashe nella copertina di un giornale con scopo di raccogliere fondi per curare i malati di cuore (1979)




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