Napoli

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    Società Sportiva Calcio Napoli
    Calcio 25px-Football_pictogram.svg



    Detentore della Coppa Italia

    140px-S.S.C._Napoli_logo.svg



    Azzurri, Partenopei
    Segni distintivi
    Uniformi di gara
    divise-napoli-2012-2013


    Casa Trasferta Terza divisa

    Colori sociali Azzurro 20px-600px_Azzurro_con_N_cerchiata

    Simboli Ciuccio

    Dati societari
    Città 20px-CoA_Citt%C3%A0_di_Napoli.svg Napoli

    Paese 19px-Flag_of_Italy.svg Italia

    Confederazione
    UEFA

    Federazione
    FIGC

    Campionato Serie A

    Fondazione 1926

    Rifondazione 2004

    Presidente Aurelio De Laurentiis

    Allenatore Walter Mazzarri

    Stadio San Paolo
    (60.240 posti)
    Sito web www.sscnapoli.it

    Palmarès


    20px-Scudetto.svgScudetti 2
    Titoli nazionali 1 Campionato di Serie B

    Trofei nazionali

    20px-Coccarda_Coppa_Italia.svg 4 Coppe Italia
    20px-Supercoppaitaliana 1 Supercoppe italiane

    Trofei internazionali

    20px-Coppauefa1 Coppe UEFA/Europa League
    1 Coppa delle Alpi
    1 Coppa di Lega Italo-Inglese

    30px-Soccerball_current_event.svgStagione in corso

    Società Sportiva Calcio Napoli

    « Il Napoli non è una squadra di calcio, ma lo stato d'animo di una città. »


    La Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A., abbreviata in SSC Napoli e nota come Napoli, è una società calcistica italiana della città di Napoli. Fondata il 1º agosto 1926 su iniziativa dell'industriale napoletano Giorgio Ascarelli con il nome di Associazione Calcio Napoli, assunse poi l'attuale denominazione nel 1964.
    Colori e simboli della Società Sportiva Calcio Napoli hanno significati legati alla storia della città. Il colore sociale è l'azzurro, mentre nell'immaginario collettivo la squadra è detta "il Ciuccio". Gioca le partite interne allo stadio San Paolo, inaugurato nel 1959.
    Milita nella Serie A, la massima serie del campionato italiano. Con un palmarès che comprende due scudetti (1986-1987 e 1989-1990), quattro Coppe Italia (1961-1962, 1975-1976, 1986-1987 e 2011-2012), una Supercoppa Italiana (1990) e una Coppa UEFA (1988-1989), oltre ad una Coppa delle Alpi (1966) e una Coppa di Lega Italo-Inglese (1976), il Napoli è la squadra del Meridione più titolata a livello nazionale ed internazionale, nonché, con 71 partecipazioni, quella più presente nei campionati di massima serie.
    Secondo quanto emerso da un sondaggio della società Demos & Pi condotto nel settembre 2012, è la quarta squadra italiana per numero di tifosi dietro Juventus, Inter e Milan e in assoluto la più seguita nel Sud Italia. Nel 2012 il rapporto annuale della Deloitte & Touche sul mondo del calcio colloca il club al 5º posto in Italia per fatturato e al 20º posto a livello europeo.
    Il Napoli è anche uno dei membri associati dell'ECA (Associazione dei Club Europei), organizzazione nata in sostituzione del soppresso G-14 e costituita dai principali club calcistici del continente, riuniti in consorzio al fine di ottenere una tutela comune dei diritti sportivi, legali e televisivi di fronte alla FIFA.

    Storia

    Dalle origini al secondo dopoguerra
    Sebbene all'inizio del XX secolo esistessero già tre squadre di football partenopee (l'aristocratica Open Air, il bianconero Helios e la biancoverde Audace), le origini del calcio a Napoli sono fatte risalire al 1904, quando l'inglese William Poths, impiegato nella sede napoletana della Cunard Line, deciso ad importare nel capoluogo partenopeo il popolare football e coadiuvato da soci locali come l'ingegnere Emilio Anatra ed Ernesto Bruschini fondò il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima importante rappresentativa calcistica cittadina, che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club con Amedeo Salsi presidente. I colori sociali erano il blu ed il celeste a strisce e la prima partita di rilievo fu disputata contro l'equipaggio della nave inglese Arabik, che in precedenza aveva sconfitto anche il blasonato Genoa, con il Naples che si impose per 3-2. Fino al 1912 al sodalizio partenopeo venne preclusa la partecipazione al campionato nazionale, al quale erano iscritte solo le società del Nord Italia. In quell'anno la FIGC optò per l'ammissione delle squadre del Centro-Sud alla Prima Categoria, l'allora massimo livello del calcio italiano. Una serie di scissioni e di fusioni portò alla creazione di diverse squadre cittadine, nessuna delle quali riuscì mai a superare le eliminatorie meridionali.

    Napoli1926
    Una formazione del Napoli 1926-1927


    Un giovane industriale napoletano di origine ebraica, Giorgio Ascarelli, con l'intento di riunire i sodalizi cittadini allo scopo di creare un club più competitivo, il 1º agosto 1926 fondò l'Associazione Calcio Napoli, di cui divenne il primo presidente. Due giorni dopo venne fondato il Direttorio Divisioni Superiori, l'antesignano dell'odierna Lega Calcio, cui la neonata società ottenne l'affiliazione, primo club del Centro-Sud insieme ai sodalizi capitolini Alba Audace e Fortitudo Pro Roma.
    La società esordì in massima serie nella Divisione Nazionale 1926-1927. Le prime due stagioni si chiusero con la retrocessione in serie inferiore, ma la FIGC in entrambe le occasioni accordò il ripescaggio per premiare gli sforzi del club partenopeo di recuperare il pesante gap con le società settentrionali. Il Napoli prese parte al primo torneo di massima serie a girone unico, la Serie A 1929-1930. La società scelse come allenatore il mister William Garbutt, vincitore di due scudetti alla guida del Genoa, e grazie al contributo di giocatori come Antonio Vojak e Attila Sallustro raggiunse notevoli risultati, come il doppio terzo posto consecutivo nelle stagioni 1932-1933 e 1933-1934 e la qualificazione alla massima competizione europea dell'epoca, la Coppa Mitropa. Nel 1936 entrò in società il comandante Achille Lauro, armatore di grande successo, che non riuscì tuttavia ad apportare particolari benefici al club partenopeo: nella seconda metà degli anni trenta la qualità della squadra andò declinando, fino a culminare nella retrocessione nella categoria inferiore nel 1941-1942.
    Terminata la seconda guerra mondiale, il Napoli prese parte alla Divisione Nazionale 1945-1946, vincendo il Girone Misto Centro-Sud e riconquistando la massima serie. Tornò in Serie B due anni dopo, retrocessa dalla CAF per illecito sportivo. La panchina venne affidata ad Eraldo Monzeglio, che riportò la squadra in Serie A e avviò un lungo periodo alla guida del club partenopeo. Nonostante i rinforzi apportati alla squadra dal proprietario Achille Lauro, tra i quali spiccavano Bruno Pesaola, Hasse Jeppson e Luís Vinício, il Napoli non andò oltre il quarto posto raggiunto nel 1952-1953 e nel 1957-1958. Nel 1959 venne inaugurato il nuovo stadio San Paolo.

    L'era Ferlaino
    Tornato in Serie B nel 1961, il Napoli venne affidato a Bruno Pesaola, il quale guidò gli azzurri al ritorno in massima serie e alla conquista del primo trofeo della loro storia, la Coppa Italia 1961-1962, divenendo insieme al Vado l'unica società ad aver vinto la Coppa Italia non militando in massima serie. Questo successo, inoltre, offrì al Napoli la possibilità di esordire in una competizione UEFA, la Coppa delle Coppe, nella quale raggiunse i quarti di finale. Il 25 giugno 1964 il club assunse l'attuale denominazione di Società Sportiva Calcio Napoli, diventando contestualmente una società per azioni. Achille Lauro ottenne una quota rilevante delle azioni in virtù dei crediti vantati e garantì al figlio Gioacchino l'ingresso tra i soci, mentre Roberto Fiore venne eletto presidente. Alcuni dei giocatori più rappresentativi dell'epoca furono Dino Zoff, Antonio Juliano, Omar Sívori e José Altafini;] il miglior risultato fu il secondo posto del 1967-1968. Nel frattempo il potere della famiglia Lauro sul club andava scemando: il 18 gennaio 1969 la società, sull'orlo del dissesto finanziario, passò nelle mani del giovane ingegnere Corrado Ferlaino, che avviò la più longeva e vincente presidenza della storia partenopea. Grazie all'acquisto di calciatori come Sergio Clerici, Giuseppe Bruscolotti e Tarcisio Burgnich, il Napoli raggiunse due volte il terzo posto (1970-1971 e 1973-1974) e un secondo posto nel 1974-1975, questi ultimi due piazzamenti ottenuti grazie al calcio totale di Luís Vinício. Nel 1976 il club azzurro vinse la seconda Coppa Italia, superando in finale il Verona. Alterne fortune caratterizzarono la seconda metà degli anni settanta: nonostante l'acquisto del bomber Giuseppe Savoldi, il rendimento in campionato andò peggiorando, culminando con l'undicesimo posto del 1979-1980.

    L'epoca d'oro

    800px-Napoli_1986-87
    Il Napoli campione d'Italia 1986-1987


    Dopo uno scudetto sfiorato nel 1981, con il libero olandese Ruud Krol tra i protagonisti, la svolta si ebbe nell'estate del 1984: il presidente Ferlaino, deciso a portare la società verso grandi traguardi, il 30 giugno 1984 definì l'acquisto del campione argentino Diego Armando Maradona dal Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.
    Sotto la conduzione tecnica di Ottavio Bianchi e grazie all'innesto di altri calciatori di notevole livello, tra cui Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella e Alessandro Renica, nel 1987 il Napoli conquistò il suo primo scudetto, primo club del Meridione a riuscire nell'impresa, vincendo nel contempo anche la terza Coppa Italia.

    SSC_Napoli_-_Coppa_UEFA_1988-1989_-_Maradona%2BFerlaino
    Maradona e Ferlaino con la Coppa UEFA 1988-1989


    Il sodalizio partenopeo si consolidò ai vertici del calcio italiano: forte di nuovi innesti come i brasiliani Careca e Alemão, il Napoli arrivò per due volte consecutive al secondo posto (1987-1988, con il titolo nazionale perso sul filo di lana e con roventi strascichi polemici, e 1988-1989, alle spalle dell'Inter di Giovanni Trapattoni). Nel 1989 ottenne anche il primo alloro internazionale, la Coppa UEFA, superando nella doppia finale i tedeschi dello Stoccarda Nel 1990, con Alberto Bigon allenatore, il club partenopeo conquistò il secondo scudetto, cui fece seguito la vittoria della Supercoppa Italiana, ottenuta superando la Juventus di Maifredi per 5-1. Si chiuse così il primo importante ciclo della storia azzurra, in coincidenza con le vicissitudini personali che nel 1991 costrinsero Maradona a lasciare Napoli e l'Italia.

    Declino e rinascita
    Negli anni immediatamente seguenti il Napoli ottenne discreti risultati, come il quarto posto del 1991-1992 con Claudio Ranieri in panchina e il sesto posto del 1993-1994, allenatore Marcello Lippi. La crisi finanziaria, tuttavia, costrinse il club a privarsi dei suoi uomini migliori: man mano vennero ceduti, tra gli altri, Gianfranco Zola, Daniel Fonseca, Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro. Nei due anni successivi, con Vujadin Boškov in panchina, il Napoli ottenne un settimo e un decimo posto. Raggiunse la finale di Coppa Italia 1996-1997, venendo sconfitto per mano del Vicenza. Fu il canto del cigno: la crisi raggiunse l'apice nel 1997-1998, con l'ultimo posto in classifica e la retrocessione in Serie B dopo 33 anni consecutivi di massima serie. Il club azzurro ritornò in Serie A nel 2000, per poi retrocedere nuovamente dopo appena un anno. I cambiamenti societari, con l'entrata in società di Giorgio Corbelli prima e di Salvatore Naldi poi, non portarono benefici al club, con la squadra che ristagnò a metà classifica nella seconda serie italiana.
    Alla crisi di risultati si aggiunse l'ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell'estate del 2004 al fallimento del club ed alla conseguente perdita del titolo sportivo. Nelle settimane successive l'imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis rilevò il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrisse la squadra, con la denominazione Napoli Soccer, al campionato di terza serie. Soltanto sfiorata nel primo anno, la promozione arrivò nel torneo successivo sotto la guida di Edoardo Reja. Dopo aver riacquisito la denominazione originaria di Società Sportiva Calcio Napoli, volutamente non utilizzata nei due campionati di terza serie, nel 2007 il club partenopeo conseguì l'immediata promozione in Serie A, tornando in massima serie dopo 6 anni di assenza. In seguito alla guida della squadra si avvicendarono l'ex CT della Nazionale Roberto Donadoni[67] e, quindi, Walter Mazzarri: il tecnico toscano dapprima condusse la squadra alla qualificazione diretta in UEFA Europa League, la prima dopo 16 anni, nel 2011 riportò il club nella massima competizione europea, la UEFA Champions League, 21 anni dopo l'ultima partecipazione, quindi il 20 maggio 2012 vinse la quarta Coppa Italia della storia azzurra, 25 anni dopo l'ultima affermazione e in assoluto quasi 22 anni dopo l'ultimo trofeo, battendo in finale la Juventus per 2 a 0 allo Stadio Olimpico di Roma.

    Cronistoria

    Cronistoria della Società Sportiva Calcio Napoli

    • 1904 • Fondazione del Naples Foot-Ball & Cricket Club.
    • 1906 • Cambio denominazione in Naples Foot-Ball Club.
    • 1912 • La componente napoletana si stacca da quella inglese e fonda l'Unione Sportiva Internazionale Napoli.
    • 1912-13 • Naples eliminato nella finale Centro-Meridionale, Internazionale Napoli eliminato nella semifinale Italia Meridionale.
    • 1913-14 • Naples eliminato nella semifinale Italia Meridionale, Internazionale Napoli eliminato nella finale Centro-Meridionale.
    • 1914-15 • I gironi non furono completati.
    • 1915-19 • Attività sospesa per causa bellica.
    • 1919 • Fondazione del Pro Napoli.
    • 1919-20 • Naples e Pro Napoli eliminati nel girone campano, Internazionale Napoli eliminato nelle semifinali interregionali.
    • 1920-21 • Naples eliminato nelle semifinali interregionali, Internazionale Napoli eliminato nel girone finale campano e Pro Napoli eliminato nel girone campano.
    • 1921 • Pro Napoli viene assorbito dall'Internazionale Napoli.
    • 1921-22 • Naples e Internazionale Napoli eliminati nel girone campano.
    • 1922 • Dalla fusione delle due società nasce il Foot-Ball Club Internaples.
    • 1922-23 • Internaples eliminato nelle semifinali Lega Sud.
    • 1923-24 • Internaples eliminato nelle semifinali Lega Sud.
    • 1924-25 • Internaples eliminato nel girone campano.
    • 1925-1926 • Internaples eliminato nella finale Lega Sud.
    • 1º agosto 1926 • Fondazione dell'Associazione Calcio Napoli.
    • 1926-27 • 10º nel Girone A di Divisione Nazionale. Ripescato.
    Fase a gironi di Coppa CONI.
    • 1927-28 • 9º nel Girone A di Divisione Nazionale. Ripescato.
    Fase a gironi di Coppa CONI.
    • 1928-29 • 8º nel Girone B di Divisione Nazionale. Esentato dagli spareggi.
    • 1929-30 • 5º in Serie A.
    • 1930-31 • 6º in Serie A.
    • 1931-32 • 9º in Serie A.
    • 1932-33 • 3º in Serie A.
    • 1933-34 • 3º in Serie A.
    Ottavi di finale di Mitropa Cup.
    • 1934-35 • 7º in Serie A.
    • 1935-36 • 8º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    • 1936-37 • 13º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    • 1937-38 • 10º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    • 1938-39 • 5º in Serie A.
    Sedicesimi di finale di Coppa Italia.
    • 1939-40 • 13º in Serie A.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    • 1940-41 • 7º in Serie A.
    Sedicesimi di finale di Coppa Italia.
    • 1941-42 • 15º in Serie A. Retrocesso in Serie B.
    Sedicesimi di finale di Coppa Italia.
    • 1942-43 • 3º in Serie B.
    Sedicesimi di finale di Coppa Italia.
    • 1943-45 • Attività sospesa per causa bellica.
    • 1945 • 3º nel Campionato Campano di guerra.
    • 1945-46 • 1º nel Campionato misto A e B del Centro-sud. Promosso in Serie A. 5º nel Girone Finale di Divisione Nazionale.
    • 1946-47 • 8º in Serie A.
    • 1947-48 • 21º in Serie A su sentenza della CAF per illecito. Retrocesso in Serie B.
    • 1948-49 • 5º in Serie B.
    • 1949-50 • 1º in Serie B. Promosso in Serie A.
    • 1950-51 • 6º in Serie A.
    • 1951-52 • 6º in Serie A.
    • 1952-53 • 4º in Serie A.
    • 1953-54 • 5º in Serie A.
    • 1954-55 • 6º in Serie A.
    • 1955-56 • 14º in Serie A.
    • 1956-57 • 11º in Serie A.
    • 1957-58 • 4º in Serie A.
    Fase a gironi di Coppa Italia.
    • 1958-59 • 9º in Serie A.
    Quarto turno di Coppa Italia.
    • 1959-60 • 14º in Serie A.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    Contribuisce alla vittoria della Coppa delle Alpi con la rappresentativa italiana.
    • 1960-61 • 17º in Serie A. Retrocesso in Serie B.
    Secondo turno di Coppa Italia.
    Prima fase del Torneo Italia.
    • 1961-62 • 2º in Serie B. Promosso in Serie A.
    Vince la Coppa Italia (1º titolo).
    • 1962-63 • 16º in Serie A. Retrocesso in Serie B.
    Primo turno di Coppa Italia.
    Quarti di finale di Coppa delle Coppe.
    • 1963-64 • 8º in Serie B.
    Secondo turno di Coppa Italia.
    • 25 giugno 1964 • Il club cambia denominazione in Società Sportiva Calcio Napoli e diviene una società per azioni.
    • 1964-65 • 2º in Serie B. Promosso in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    • 1965-66 • 3º in Serie A.
    Secondo turno di Coppa Italia.
    Vince la Coppa delle Alpi (1º titolo).
    Primo turno di Mitropa Cup.
    • 1966-67 • 4º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Ottavi di finale di Coppa delle Fiere.
    • 1967-68 • 2º in Serie A.
    Secondo turno di Coppa Italia.
    Secondo turno di Coppa delle Fiere.
    • 1968-69 • 7º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Sedicesimi di finale di Coppa delle Fiere.
    Fase a gironi della Coppa delle Alpi.
    • 1969-70 • 6º in Serie A.
    Fase a gironi di Coppa Italia.
    Ottavi di finale di Coppa delle Fiere.
    Finalista della Coppa Anglo-Italiana.
    • 1970-71 • 3º in Serie A.
    Semifinalista di Coppa Italia.
    • 1971-72 • 8º in Serie A.
    Finalista di Coppa Italia.
    Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
    • 1972-73 • 9º in Serie A.
    Semifinalista di Coppa Italia.
    • 1973-74 • 3º in Serie A.
    Fase a gironi di Coppa Italia.
    • 1974-75 • 2º in Serie A.
    Semifinalista di Coppa Italia.
    Ottavi di finale di Coppa UEFA.
    • 1975-76 • 5º in Serie A.
    Vince la Coppa Italia (2º titolo).
    Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
    • 1976-77 • 7º in Serie A.
    Semifinalista di Coppa Italia.
    Semifinalista della Coppa delle Coppe.
    Vince la Coppa di Lega Italo-Inglese (1º titolo).
    • 1977-78 • 6º in Serie A.
    Finalista di Coppa Italia.
    • 1978-79 • 6º in Serie A.
    Semifinalista di Coppa Italia.
    Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
    • 1979-80 • 11º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Sedicesimi di finale di Coppa UEFA.
    • 1980-81 • 3º in Serie A.
    Fase a gironi di Coppa Italia.
    • 1981-82 • 4º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
    • 1982-83 • 10º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
    • 1983-84 • 11º in Serie A.
    Fase a gironi di Coppa Italia.
    • 1984-85 • 8º in Serie A.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    • 1985-86 • 3º in Serie A.
    Fase a gironi di Coppa Italia.
    • 1986-87 • Campione d'Italia (1º titolo).
    Vince la Coppa Italia (3º titolo).
    Trentaduesimi di finale di Coppa UEFA.
    • 1987-88 • 2º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Sedicesimi di finale di Coppa dei Campioni.
    • 1988-89 • 2º in Serie A.
    Finalista di Coppa Italia.
    Vince la Coppa UEFA (1º titolo).
    • 1989-90 • Campione d'Italia (2º titolo).
    Semifinalista di Coppa Italia.
    Ottavi di finale di Coppa UEFA.

    • 1990-91 • 8º in Serie A.
    Vince la Supercoppa Italiana (1º titolo).
    Semifinalista di Coppa Italia.
    Ottavi di finale di Coppa dei Campioni.
    • 1991-92 • 4º in Serie A.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    • 1992-93 • 11º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Sedicesimi di finale di Coppa UEFA.
    • 1993-94 • 6º in Serie A.
    Secondo turno di Coppa Italia.
    • 1994-95 • 7º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Ottavi di finale di Coppa UEFA.
    • 1995-96 • 12º in Serie A.
    Secondo turno di Coppa Italia.
    • 1996-97 • 13º in Serie A.
    Finalista di Coppa Italia.
    • 1997-98 • 18º in Serie A. Retrocesso in Serie B.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    • 1998-99 • 9º in Serie B.
    Primo turno di Coppa Italia.
    • 1999-00 • 2º in Serie B. Promosso in Serie A.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.

    • 2000-01 • 16º in Serie A. Retrocesso in Serie B.
    Secondo turno di Coppa Italia.
    • 2001-02 • 5º in Serie B.
    Fase a gironi di Coppa Italia.
    • 2002-03 • 16º in Serie B.
    Fase a gironi di Coppa Italia.
    • 2003-04 • 14º in Serie B.
    Primo turno di Coppa Italia.
    • 30 luglio 2004 • La VII sezione del Tribunale di Napoli dichiara il fallimento della Società Sportiva Calcio Napoli.
    • 6 settembre 2004 • Nasce il Napoli Soccer che ne rileva il titolo sportivo e viene iscritto alla Serie C1.
    • 2004-05 • 3º in Serie C1 girone B. Finalista nei playoff.
    • 2005-06 • 1º in Serie C1 girone B. Promosso in Serie B.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    Ottavi di finale di Coppa Italia Serie C.
    Finalista di Supercoppa di Serie C1.
    • 24 maggio 2006 • Il club torna alla denominazione Società Sportiva Calcio Napoli.
    • 2006-07 • 2º in Serie B. Promosso in Serie A.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    • 2007-08 • 8º in Serie A.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    • 2008-09 • 12º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Terzo turno della Coppa Intertoto.
    Primo turno di Coppa UEFA.
    • 2009-10 • 6º in Serie A.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    • 2010-11 • 3º in Serie A.
    Quarti di finale di Coppa Italia.
    Sedicesimi di finale di Europa League.
    • 2011-12 • 5º in Serie A.
    Vince la Coppa Italia (4º titolo).
    Ottavi di finale di Champions League.
    • 2012-13 • In corso Serie A.
    Finalista in Supercoppa Italiana.
    Ottavi di finale di Coppa Italia.
    In corso in Europa League.

    Colori e simboli

    Colori sociali

    Al momento della fondazione fu adottata una maglia di colore azzurro, con colletto celeste e pantaloncini bianchi.
    Da allora l'azzurro è rimasto nella maglia fino ad oggi, mentre è aumentata la presenza del bianco.
    Nel 1965-1966 il presidente azzurro Roberto Fiore, per scaramanzia, decise di cambiare i colori della maglia: in quella stagione il Napoli giocò con una maglia bianca con fascia trasversale azzurra. La stagione successiva la maglia ritornò quella tradizionale. Dal 1981 comparve sulle maglie il nome dello sponsor principale.
    La stagione 2002-2003, disputata in Serie B, fu la seconda ed ultima stagione nella quale i partenopei non utilizzarono la divisa azzurra. In quell'occasione lo sponsor tecnico Diadora vestì gli azzurri con una maglia a strisce verticali bianco-azzurre, in stile Argentina.
    Numeri ritirati
    • Maglia N° 10 - Diego Armando Maradona
    Il Napoli nell'estate del 2000 ritirò la maglia numero 10 appartenuta a Diego Armando Maradona dal 1984 al 1991, come tributo alla sua classe e al notevole contributo offerto in sette stagioni con la casacca partenopea. Nell'ordine, gli ultimi ad indossare la 10 azzurra con l'avvento della numerazione fissa furono Fausto Pizzi (nel 1995-1996), Beto (nel 1996-1997), Igor Protti (nel 1997-1998, ultimo calciatore a giocare e siglare un gol con la 10 in Serie A) e Claudio Bellucci (1998-1999 e 1999-2000, in Serie B).
    Tuttavia, per motivi regolamentari, il numero venne ristampato sulle maglie azzurre dal 2004 al 2006 in Serie C1, torneo dove vige la vecchia numerazione dall'1 all'11. L'ultimo calciatore ad indossare e siglare un gol con questa maglia in una gara ufficiale fu Mariano Bogliacino nella gara casalinga del 18 maggio 2006 contro lo Spezia, valevole per la finale di ritorno della Supercoppa di C1; primato che gli appartiene anche per l'ultima apparizione in campionato, il 12 maggio 2006 nella gara in casa del Lanciano. Per quel che concerne esclusivamente il campionato, invece, va al calciatore argentino Sosa il primato di essere stato l'ultimo ad indossare la 10 al San Paolo e contemporaneamente a segnare, nella gara contro il Frosinone del 30 aprile 2006.
    Stemma
    Il primo stemma del Napoli, nel 1926, era costituito da un ovale con al centro un cavallo bianco poggiato su un pallone da calcio e contornato dalle iniziali della denominazione di allora della società partenopea: "A.C.N." (Associazione Calcio Napoli), il tutto su sfondo celeste. Fu lo stemma della società partenopea per un solo anno: infatti, complice probabilmente la pochezza espressa dalla squadra nella stagione d'esordio, il club adottò uno stemma di forma circolare con una N color oro su sfondo azzurro e corona esterna color oro.
    Lo stemma variò di nuovo nel 1964, in concomitanza con il cambio di denominazione in Società Sportiva Calcio Napoli: la N venne rimpicciolita per far posto alla sigla SSC Napoli ai suoi piedi. Nel 1980 la corona divenne bianca e lungo essa venne disposta, in senso circolare, la denominazione della società scritta per esteso. Sensibili i cambiamenti (perlopiù cromatici) apportati nel 2002: la corona divenne blu scuro, con la scritta societaria e la N centrale colorate di bianco.
    In seguito al fallimento, la scritta societaria venne eliminata dalla corona – ora di colore blu notte – e rimpiazzata con una didascalia riportante la nuova denominazione societaria (Napoli Soccer). Riacquisita la vecchia denominazione, la didascalia venne rimossa e la corona riacquistò il colore blu.

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    Lo stemma dal 1º agosto 1926 al 1927.
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    Lo stemma dal 1928 fino al 25 giugno 1964.
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    Lo stemma dal 1980 al 2002.
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    Lo stemma dal 6 settembre 2004 al 23 maggio 2006.
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    Lo stemma attuale, in vigore dal 23 maggio 2006.



    Strutture

    Stadi


    StadioPartenopeo
    Lo stadio Partenopeo fu la "casa" azzurra dal 1930 al 1942.


    Le società calcistiche cittadine che precedettero la fondazione del Napoli utilizzarono diversi campi da gioco. Il Naples giocò dal 1904 al 1912 in via Campegna, a Fuorigrotta, quindi si trasferì ad Agnano, mentre l'Internapoli giocava a Bagnoli. La sede di Agnano fu confermata nel 1922, quando le due società si fusero per dare vita all'Internaples.
    Il primo campo da gioco utilizzato dal Napoli fu lo Stadio Militare dell'Arenaccia: voluto da Alberico Albricci, fu inaugurato nel 1923 e assegnato nel 1926 al neonato club partenopeo. Nel 1929 il presidente Giorgio Ascarelli commissionò la costruzione di un nuovo stadio situato nel "Rione Luzzatti", nei pressi della Stazione Centrale. Progettato da Amedeo D'Albora, l'impianto, inizialmente denominato Stadio Vesuvio, poteva contenere 20.000 spettatori e venne inaugurato il 23 febbraio 1930 con la partita tra azzurri e Juventus, terminata 2-2. Poco tempo dopo Ascarelli venne a mancare e lo stadio gli fu intitolato a furor di popolo, ma in seguito le leggi razziali imposero un ulteriore cambio di nome in Stadio Partenopeo. Rinnovato e ampliato in occasione dei Mondiali 1934, l'impianto fu completamente raso al suolo dai bombardamenti alleati nel corso della seconda guerra mondiale.

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    Lo stadio San Paolo ospita le partite interne del Napoli dal 1959.


    Il club si trasferì quindi allo stadio Arturo Collana del Vomero, già provvisoriamente utilizzato ai tempi dei lavori di ristrutturazione del precedente impianto. Rinominato per breve tempo Stadio della Liberazione nel dopoguerra, era tuttavia inadeguato alle esigenze del club: emblematica la situazione nella quale venne giocata Napoli-Juventus (4-3 il risultato finale) del 20 aprile 1958, con il pubblico schierato sul limitare delle linee di gioco.
    Venne così progettato un nuovo impianto nel quartiere di Fuorigrotta. Inizialmente battezzato Stadio del Sole, venne denominato stadio San Paolo per celebrare la tradizione secondo la quale San Paolo, in viaggio verso Roma, avrebbe attraccato in quest'area dell'attuale Napoli. Venne inaugurato il 6 dicembre 1959, curiosamente in una partita contro la Juventus (2-1 per i partenopei) come in occasione dell'inaugurazione del Vesuvio 29 anni prima. Il progetto iniziale prevedeva un solo anello ma in seguito ne venne aggiunto un secondo, situato sotto il livello stradale. Parzialmente riammodernato in vista degli Europei 1980, in occasione dei Mondiali 1990 venne dotato dell'attuale copertura e del terzo anello che portò il numero di posti a 76.824. In seguito, problemi logistici hanno imposto la chiusura del terzo anello con la riduzione della capienza a 60.240 posti, che ne fanno il terzo stadio d'Italia per capienza dopo lo Stadio Giuseppe Meazza di Milano e lo Stadio Olimpico di Roma. Con una pista di atletica leggera a 8 corsie e palestre di pugilato, fitness, lotta libera e arti marziali orientali, il San Paolo rappresenta anche il principale impianto polisportivo della città.
    Sedi
    Si riporta di seguito l'elenco delle sedi ufficiali utilizzate dalla Società Sportiva Calcio Napoli nel corso della sua storia.
    • 1945 Piazza Quattro Giornate (Stadio Arturo Collana)
    • 1966 Via Massimo Stanzione, 14
    • 1967 Via Chiatamone, 57
    • 1970 Via Petrarca, 141
    • 1972 Via Caravaggio, 112
    • 1973 Via Crispi, 4 (palazzo ex Sacro Cuore)
    • 1977 Via Vicinale Paradiso, 70 (Centro Paradiso di Soccavo)
    • 1985 Piazza dei Martiri, 30
    • 1991 Via Vicinale Paradiso, 70 (Centro Paradiso di Soccavo)
    • 2004 Via Jacopo De Gennaro (Stadio San Paolo)
    • 2004 Via Alcide De Gasperi, 33
    • 2006 Strada Statale Domitiana Km 35,300 – Castel Volturno (CE) (Centro Tecnico)
    Società
    Il Napoli è una società per azioni dal 25 giugno 1964, allorquando il proprietario dell'allora Associazione Calcio Napoli, Achille Lauro, coadiuvato da altri soci come Antonio Corcione, Luigi Scuotto e Roberto Fiore, costituì la Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A. con capitale sociale di 120 milioni di lire.
    Il 99,8% delle azioni della società partenopea è attualmente controllato dalla società di produzione cinematografica Filmauro S.r.l., mentre il restante 0,2% appartiene ad Aurelio De Laurentiis, presidente del CdA. Il capitale della controllante Filmauro, a sua volta, è intestato per il 90% alla fiduciaria Romafides del gruppo UniCredit (il cui compito istituzionale è quello di coprire il reale possessore, Aurelio De Laurentiis, e di offrire una serie di servizi di gestione per suo conto) e per il restante 10% alla cittadina svizzera Jacqueline Baudit, consorte dello stesso De Laurentiis.
    Il bilancio d'esercizio al 30 giugno 2011 si è chiuso con un utile netto di 4,2 milioni di euro, in aumento rispetto all'utile registrato l'anno precedente (343mila euro). Il valore della produzione si è attestato a 131 milioni di euro con la quota maggiore di ricavi (58,4 milioni) proveniente dai diritti televisivi, oltre a 27,2 milioni di ricavi da sponsor e 22 milioni di ricavi da stadio.

    Organigramma societario
    Aggiornato al 25 agosto 2012.


    Staff dell'area amministrativa
    • Presidente: Aurelio De Laurentiis
    • Vicepresidente: Jacqueline Marie Baudit
    • Vicepresidente: Edoardo De Laurentiis
    • Consigliere delegato: Andrea Chiavelli
    • Head of operations, sales & marketing: Alessandro Formisano
    • Direttore amministrativo: Laura Belli
    • Direttore sportivo: Riccardo Bigon
    • Direttore area comunicazione: Nicola Lombardo
    • Direttore processi amministrativi e compliance: Antonio Saracino
    • Segretario sportivo: Alberto Vallefuoco
    • Addetto stampa: Guido Baldari
    • Team manager: Giuseppe Santoro
    • Responsabile settore scouting: Maurizio Micheli
    • Coordinatore settore scouting: Marco Zunino
    • Osservatore: Leonardo Mantovani


    Sponsor
    Elenco degli sponsor tecnici e ufficiali della Società Sportiva Calcio Napoli

    Sponsor ufficiali
    • 1981-1982: Snaidero
    • 1982-1983: Cirio
    • 1983-1984: Latte Berna
    • 1984-1985: Cirio
    • 1985-1988: Buitoni
    • 1988-1991: Mars
    • 1991-1994: Voiello
    • 1994-1996: Record Cucine
    • 1996-1997: Centrale latte di Napoli
    • 1997-1999: Polenghi
    • 1999-2003: Peroni
    • 2003-2004: Russo-Cicciano
    • 2004-2005: Mandi
    • 2005-2011: Lete
    • 2011-oggi: Lete - MSC Crociere


    Fornitori tecnici
    • 1978-1980: Puma
    • 1980-1984: NR (Ennerre)
    • 1984-1985: Linea Time
    • 1985-1991: NR (Ennerre)
    • 1991-1994: Umbro
    • 1994-1997: Lotto
    • 1997-2000: Nike
    • 2000-2003: Diadora
    • 2003-2004: Legea
    • 2004-2006: Kappa
    • 2006-2009: Diadora
    • 2009-oggi: Macron

    Impegno nel sociale
    Il Napoli è una società attiva nel campo sociale, distintasi per il sostegno fornito a monteplici iniziative benefiche.
    Attraverso la partecipazione diretta dei propri tesserati, il club azzurro ha patrocinato iniziative a sostegno delle strutture ospedaliere cittadine, oltre a iniziative di sensibilizzazione contro la violenza nello sport e la povertà infantile. Con l'appoggio all'associazione cittadina Scugnizzi, che opera nel penitenziario minorile di Nisida, il Napoli sostiene svariati progetti volti al reinserimento sociale dei giovani detenuti una volta scontata la loro pena.
    Tramite raccolte di fondi sostenute direttamente e indirettamente dai propri calciatori, il Napoli ha fornito il proprio appoggio a istituzioni come la Robert F. Kennedy Foundation, Telethon, la Fondazione San Raffaele e la Fondazione Stefano Borgonovo.
    Il club partenopeo si è inoltre impegnato con diverse iniziative a sostegno delle vittime del terremoto dell'Aquila del 2009, dalla devoluzione degli incassi delle partite alla raccolta fondi per la costruzione di un centro polisportivo antisismico nel capoluogo abruzzese.

    Il Napoli nella cultura popolare
    Essendo uno dei club più seguiti del paese, il Napoli si è spesso distinto non solo in ambito calcistico ma anche nella cultura partenopea e italiana. La partita di spareggio Napoli-Lazio del 23 giugno 1929, valida per l'ammissione al primo campionato di Serie A a girone unico, fu il primo incontro di campionato a essere trasmesso in una rudimentale "radiocronaca" (non si può parlare di radiocronaca vera e propria, in quanto quest'ultima venne introdotta in Italia solo qualche anno dopo); infatti il Mezzogiorno sportivo, quotidiano di Napoli, aveva inviato allo stadio di Milano (dove si disputò lo spareggio) un giornalista, che durante la partita telefonava alla redazione descrivendo le varie azioni di gioco; il contenuto della telefonata veniva poi trascritto dal giornalista Michele Buonanno che inviava i dispacci a un altro giornalista, Felice Scandone, che ne leggeva il contenuto da un balcone, informando così la folla in trepidante attesa dell'andamento dello spareggio. La partita, per la cronaca, terminò 2-2 ed entrambe le squadre vennero ammesse al primo torneo di massima serie a girone unico.
    Il Napoli è entrato a far parte anche della musica popolare. Sono state dedicate alla squadra partenopea numerose canzoni come I ragazzi della curva B di Nino D'Angelo, La favola più bella, Forza Napoli (Gigi D'Alessio e Benito Carbone). Riferimenti al Napoli si trovano in vari film, come ad esempio in Quel ragazzo della curva B (film commedia del 1987), in cui Nino D'Angelo recita la parte di Nino, un tifoso azzurro che si è messo nei guai con la camorra. Un altro film che ha preso spunto dai sostenitori del Ciuccio è Tifosi, dove Nino D'Angelo recita la parte del tifoso partenopeo e ladruncolo Gennaro, mentre altri riferimenti cinematografici si trovano nel comico-demenziale Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento, con protagonista Alvaro Vitali nel ruolo del giocatore azzurro Paulo Roberto Cotechiño e del suo sosia. In questi film appaiono, nel ruolo di se stessi, anche giocatori del Napoli come Andrea Carnevale, Giuseppe Bruscolotti, Bruno Giordano (in Quel ragazzo della curva B) e Diego Armando Maradona (Tifosi). Il Napoli appare anche nel film biografico su Diego Armando Maradona, Maradona, la mano di Dio (2007).
    Presidenti e allenatori
    Si riporta di seguito l'elenco dei presidenti, degli allenatori e dei direttori tecnici del Napoli dalla fondazione del club ad oggi.
    Presidenti

    I presidenti della S.S.C. Napoli
    • 1926 – 1927: Giorgio Ascarelli
    • 1927 – 1928: Gustavo Zinzaro
    • 1928 – 1929: Giovanni Maresca di Serracapriola
    • 1929 – 1930: Giorgio Ascarelli
    • 1930 – 1931: Giovanni Maresca di Serracapriola
    • 1931 – 1932: Eugenio Coppola
    • 1932 – 1936: Vincenzo Savarese
    • 1936 – 1940: Achille Lauro
    • 1940 – 1941: Tommaso Leonetti
    • 1941 – 1943: Luigi Piscitelli
    • 1943 – 1945: Annibale Fienga
    • 1945 – 1946: Vincenzo Savarese
    • 1946 – 1948: Pasquale Russo
    • 1948 – 1951: Egidio Musollino
    • 1951 – 1952: Alfonso Cuomo
    • 1952 – 1954: Achille Lauro
    • 1954 – 1963: Alfonso Cuomo
    • 1963 – 1964: Luigi Scuotto
    • 1964 – 1967: Roberto Fiore
    • 1967 – 1968: Gioacchino Lauro
    • 1968 – 1969: Antonio Corcione
    • 1969 – 1971: Corrado Ferlaino
    • 1971 – 1972: Ettore Sacchi
    • 1972 – 1983: Corrado Ferlaino
    • 1983: Marino Brancaccio
    • 1983 – 1993: Corrado Ferlaino
    • 1993 – 1995: Ellenio Gallo
    • 1995 – 1996: Vincenzo Schiano di Colella (onorario)[114]
    • 1997 – 1998: Gian Marco Innocenti (amministratore unico)[114]
    • 1998 – 2000: Federico Scalingi (amministratore unico)
    • 2000 – 2002: Giorgio Corbelli
    • 2002 – 2004: Salvatore Naldi
    • 2004: Paolo Bellamio (amministratore unico)
    • 2004: Nicola Rascio (curatore fallimentare)
    • 2004 – oggi: Aurelio De Laurentiis


    Allenatori e direttori tecnici

    Gli allenatori e i DT della S.S.C. Napoli
    • 1926 – 1927: Anton Kreutzer
    • 1927: Bino Skasa
    • 1927 – 1928: Giovanni Terrile, Ferenc Molnár e Rolf Steiger (commissione tecnica)
    • 1928: Otto Fischer
    • 1928 – 1929: Giovanni Terrile
    • 1929 – 1935: William Garbutt
    • 1935 – 1936: Károly Csapkay
    • 1936 – 1938: Angelo Mattea
    • 1938: Eugen Payer
    • 1938 – 1939: Paolo Iodice
    • 1939 – 1940: Adolfo Baloncieri
    • 1940 – 1943: Antonio Vojak
    • 1943: Paulo Innocenti
    • 1945 – 1947: Raffaele Sansone
    • 1947 – 1948: Giovanni Vecchina
    • 1948: Arnaldo Sentimenti
    • 1948 – 1949: Felice Borel
    • 1949: Luigi De Manes (interim)
    • 1949: Vittorio Mosele
    • 1949 – 1956: Eraldo Monzeglio
    • 1956 – 1959: Amedeo Amadei
    • 1959: Annibale Frossi
    • 1959 – 1961: Amedeo Amadei
    • 1961: Attila Sallustro
    • 1961 – 1962: Fioravante Baldi
    • 1962: Bruno Pesaola
    • 1962 – 1963: Bruno Pesaola con Eraldo Monzeglio (D.T.)
    • 1963 – 1964: Roberto Lerici
    • 1964: Giovanni Molino
    • 1964 – 1968: Bruno Pesaola
    • 1968 – 1969: Giuseppe Chiappella
    • 1969: Egidio Di Costanzo
    • 1969 – 1973: Giuseppe Chiappella
    • 1973 – 1976: Luís Vinício
    • 1976: Alberto Delfrati e Rosario Rivellino
    • 1976 – 1977: Bruno Pesaola
    • 1977 – 1978: Gianni Di Marzio
    • 1978 – 1980: Luís Vinício
    • 1980: Angelo Sormani
    • 1980 – 1982: Rino Marchesi
    • 1982: Massimo Giacomini
    • 1982 – 1983: Gennaro Rambone con Bruno Pesaola (D.T.)
    • 1983 – 1984: Pietro Santin
    • 1984 – 1985: Rino Marchesi
    • 1985 – 1989: Ottavio Bianchi
    • 1989 – 1991: Alberto Bigon
    • 1991 – 1992: Claudio Ranieri
    • 1992 – 1993: Ottavio Bianchi
    • 1993 – 1994: Marcello Lippi
    • 1994: Vincenzo Guerini
    • 1994 – 1996: Vujadin Boškov (D.T.)
    • 1996 – 1997: Luigi Simoni
    • 1997: Vincenzo Montefusco
    • 1997: Bortolo Mutti
    • 1997: Carlo Mazzone
    • 1997 – 1998: Giovanni Galeone
    • 1998: Vincenzo Montefusco
    • 1998 – 1999: Renzo Ulivieri
    • 1999: Vincenzo Montefusco
    • 1999 – 2000: Walter Novellino
    • 2000: Zdeněk Zeman
    • 2000 – 2001: Emiliano Mondonico
    • 2001 – 2002: Luigi De Canio
    • 2002: Franco Colomba
    • 2002: Sergio Buso (interim)
    • 2002 – 2003: Franco Scoglio
    • 2003: Franco Colomba
    • 2003: Andrea Agostinelli
    • 2003 – 2004: Luigi Simoni
    • 2004 – 2005: Giampiero Ventura
    • 2005 – 2009: Edoardo Reja
    • 2009: Roberto Donadoni
    • 2009 – oggi: Walter Mazzarri


    Giocatori celebri


    Vojak
    Antonio Vojak, massimo cannoniere partenopeo in Serie A.


    La prima stella del Napoli fu Attila Sallustro, attaccante nato ad Asunción ma italiano d'adozione. Cresciuto nelle giovanili dell'Internaples, fece parte della rosa azzurra a partire dalla stagione d'esordio in Divisione Nazionale, rimanendovi fino al 1937. Disputò 265 partite arricchite da 110 gol (di cui 108 in campionato, record per la società partenopea) e insieme a Marcello Mihalich fu il primo calciatore del Napoli a giocare in Nazionale, esordendo con gol nell'amichevole contro il Portogallo del 1º dicembre 1929. Il notevole rendimento agonistico gli valse anche un premio da parte della società, una Fiat 508 Balilla da 9.000 lire, poiché il calciatore, per volontà paterna, non percepiva alcun compenso per le prestazioni sportive. Distratto dalla dolce vita al di fuori del campo di gioco, il suo rendimento andò via via peggiorando, finché il club azzurro decise di venderlo alla Salernitana. I propositi di intitolargli lo stadio San Paolo, come Milano fece con Giuseppe Meazza, non hanno avuto seguito.
    In coppia con Sallustro, altro protagonista azzurro negli anni trenta fu Antonio Vojak, prelevato dalla Juventus nel 1929 in vista del primo torneo di Serie A a girone unico. Nato a Pola, fu costretto a mutare il cognome in Vogliani in virtù dell'italianizzazione forzata e delle leggi antislave imposte dal regime fascista. I 103 gol realizzati nelle sei stagioni in maglia azzurra ne fanno tuttora il massimo cannoniere partenopeo in Serie A. Terzo pilastro del Napoli di William Garbutt fu il laterale Enrico Colombari, acquistato nel 1930 dal Torino per l'allora ragguardevole cifra di 250.000 lire e per questo motivo ribattezzato quarto di milione o 'o Banco 'e Napule. Illuminò il gioco azzurro per sette stagioni e 213 partite.

    Amadeo_Amadei
    Amedeo Amadei, recordman di reti in Nazionale da calciatore del Napoli.


    Primo fuoriclasse partenopeo nel dopoguerra, Amedeo Amadei venne acquistato dal Napoli di Egidio Musolino appena ritornato in A, nel 1950. Già centravanti della Roma, dell'Inter e della Nazionale, il fornaretto militò per sei stagioni in azzurro, realizzando 47 reti in 171 partite, quindi assunse la guida tecnica del club partenopeo. Con 4 reti realizzate in Nazionale all'epoca della militanza in riva al Golfo, è tuttora il calciatore del Napoli più prolifico con la maglia della selezione azzurra.

    HasseJeppson
    Hasse Jeppson: il suo trasferimento al Napoli destò enorme scalpore.


    A quest'epoca risale anche il secondo colpo di mercato azzurro, vent'anni dopo l'acquisto di Colombari: Hasse Jeppson, poderoso attaccante svedese dell'Atalanta, viene acquistato da Achille Lauro nel 1952 per l'enorme cifra di 105 milioni di lire vincendo la concorrenza dell'Inter, cosicché il calciatore nordico ereditò proprio da Colombari il soprannome di 'o Banco 'e Napule. Amante della musica, intelligente e freddo, disputò quattro stagioni in maglia azzurra, firmando 52 reti in 112 partite. Gli alterchi con l'allenatore Eraldo Monzeglio e gli infortuni a catena ne limitarono il rendimento, finché la società non gli concesse la lista gratuita e si trasferì al Torino. Lo sostituì il possente centravanti brasiliano Luís Vinício, proveniente dal Botafogo. Soprannominato il leone per le sue qualità fisiche e la sua determinazione, fu portato a Napoli nel 1955 con l'intento di schierarlo in coppia con Jeppson, ma il tandem durò una sola stagione. Vinício disputò cinque stagioni in maglia azzurra, realizzando 70 reti in 152 partite, dopodiché, ritenuto ormai al tramonto, sulla soglia dei trent'anni venne ceduto al Bologna: qualche anno dopo, con la maglia del Vicenza, vinse la classifica cannonieri con 25 reti
    Altro calciatore particolarmente rappresentativo in quest'epoca fu Bruno Pesaola, argentino di Buenos Aires, portato in Italia dalla Roma, transitato al Novara e trasferitosi nel 1952 al Napoli per 30 milioni di lire dopo essere giunto nel capoluogo campano in viaggio di nozze con la moglie Ornella, Miss Novara. Piccolo di statura e rapido in progressione, il petisso si destreggiava soprattutto nel ruolo di ala sinistra. In maglia azzurra disputò 240 partite impreziosite da 27 gol e durante la militanza napoletana debuttò nella Nazionale italiana come oriundo Lasciò il club partenopeo nel 1960, per poi ritornarvi come allenatore. Nel 2009 la città di Napoli gli conferì la cittadinanza onoraria.

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    José Altafini


    Esempio raro di calciatore nato, cresciuto e impostosi nel Napoli, Antonio Juliano esordì in maglia azzurra nel 1962 dopo aver completato la trafila delle giovanili. Nel ruolo di regista-cursore fu uno dei pilastri della squadra partenopea, che in quegli anni arrivò al secondo posto (miglior risultato di sempre fino a quel momento) e per tre volte al terzo posto, vincendo anche una Coppa Italia. Positiva anche la sua carriera in Nazionale, con cui collezionò 18 presenze vincendo il Campionato Europeo 1968 e ottenendo un secondo posto al Mondiale 1970. Lasciò il Napoli nel 1978, dopo sedici stagioni (di cui dodici trascorse da capitano) e 505 partite tra campionato e coppe (secondo azzurro di sempre), per trasferirsi al Bologna, salvo poi tornare nel club partenopeo in veste di dirigente.

    OmarSivori
    Omar Sívori, El Cabezón


    Il talento emergente di Juliano fu accompagnato dall'acquisizione, nel 1965, di due tra i calciatori più importanti e rappresentativi dell'epoca: gli oriundi José Altafini e Omar Sívori. Sívori, costretto a lasciare la Juventus (dove aveva realizzato 170 reti in 257 partite) a causa degli screzi con Heriberto Herrera, stava per trasferirsi al Varese, quando l'intercessione diretta di Achille Lauro presso gli Agnelli aprì al calciatore le porte del club azzurro. Indisciplinato e dal carattere turbolento, disputò quattro stagioni in chiaroscuro caratterizzate da 12 reti in 63 partite. L'espulsione ricevuta nel dicembre 1968 in una partita proprio contro la Juventus, cui seguì una squalifica di sei turni, lo convinse a mettere fine alla sua carriera.
    Altafini, dal canto suo, fu prelevato dal Milan, con la cui maglia aveva vinto due scudetti e una Coppa dei Campioni, per 300 milioni di lire e insieme a Sívori e Juliano costituì la colonna del Napoli più competitivo mai visto fino a quei tempi. Rimase in maglia azzurra sette stagioni, caratterizzate da 97 gol (quarto cannoniere azzurro di sempre) in 179 partite, quindi si trasferì alla Juventus, dove vinse altri due scudetti. Il club torinese fu anche la destinazione di Dino Zoff, che rinnovò la tradizione degli importanti portieri azzurri come Giuseppe Cavanna e Ottavio Bugatti. Acquistato nel 1967 dal Mantova sotto la presidenza di Gioacchino Lauro, militò in azzurro per cinque stagioni, collezionando 143 presenze e diventando punto di riferimento di una difesa tra le meno battute d'Italia. Approdò alla Juventus quando si era ormai affermato anche in Nazionale.
    Giuseppe Savoldi, classico centravanti di peso, fu il primo acquisto rilevante della presidenza di Corrado Ferlaino, che lo prelevò nel 1975 dal Bologna per la cifra record di 2 miliardi di lire, che suscitò notevole scalpore quando non indignazione nell'opinione pubblica. Pur male assistito da una squadra di non elevato valore, l'attaccante bergamasco realizzò 77 reti (sesto cannoniere azzurro di sempre e primo cannoniere italiano del dopoguerra) in 118 partite, quindi fece ritorno al Bologna, nel 1979. L'anno seguente giunse a Napoli uno dei calciatori più apprezzati della storia azzurra: il libero olandese Ruud Krol. Già protagonista nell'Ajax del calcio totale, con la cui maglia vinse sei titoli nazionali e tre Coppe dei Campioni, venne prelevato dai partenopei all'età di 31 anni da una squadra canadese, dove era approdato da pochi mesi. Militò in maglia azzurra per quattro stagioni, particolarmente apprezzato per lo stile di gioco elegante e per il lancio preciso.

    Maradona_1985
    Diego Maradona, decisivo nei principali successi partenopei.



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    Careca, protagonista nell'epoca d'oro del Napoli.


    Il 1984 vide la partenza di Krol e contestualmente l'arrivo del calciatore più importante della storia partenopea, Diego Armando Maradona. Eletto miglior calciatore argentino di sempre e universalmente riconosciuto come uno dei più talentuosi calciatori di tutti i tempi, venne prelevato nell'estate di quell'anno dagli spagnoli del Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.
    Recitò un ruolo decisivo nelle vittorie del club azzurro, il cui palmarès è quasi per intero riconducibile (ad eccezione di tre Coppe Italia e di altri trofei minori) al suo periodo di militanza in maglia partenopea: divenne capitano della squadra e nel giro di sette stagioni condusse il club alla vittoria di due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa UEFA e una Supercoppa Italiana. Nel Napoli giocò complessivamente 259 partite impreziosite da 115 reti (81 in A, 29 in Coppa Italia e 5 nelle competizioni europee) che fanno di lui il massimo cannoniere della storia partenopea e una sorta di icona popolare per la città di Napoli, da lui lasciata nel 1991 a seguito di gravi vicissitudini personali. È tuttora l'unico calciatore del Napoli ad aver vinto la classifica cannonieri in Serie A (1987-1988, 15 reti). Nel 2000 il club partenopeo ritirò in suo onore la maglia numero 10.
    Maradona venne coadiuvato, nel corso dell'esperienza partenopea, da una serie di calciatori di notevole livello. Tra questi Ciro Ferrara, cresciuto nel settore giovanile partenopeo e importante elemento del reparto arretrato partenopeo. Militò per 10 stagioni in maglia azzurra, collezionando 323 presenze (quarto azzurro di sempre) prima di essere ceduto alla Juventus, nel 1994. Nel reparto avanzato si alternarono al fianco di Maradona, tra gli altri, Bruno Giordano e il brasiliano Careca, che insieme al trequartista argentino costituirono il celebre trio d'attacco Ma.Gi.Ca.. Giordano venne prelevato dalla Lazio nel 1985 e rimase in maglia azzurra per tre stagioni prima di essere ceduto all'Ascoli. Careca, centravanti agile e di grande potenza, salito alla ribalta durante il Mondiale 1986 in Messico, venne acquistato nel 1987 dal São Paulo per 2 milioni di dollari e divenne rapidamente un elemento fondamentale della formazione azzurra. Militò in riva al Golfo per sei stagioni, caratterizzate da 96 gol (quinto cannoniere azzurro della storia), quindi nel 1993 si trasferì in Giappone.

    Il Napoli e le Nazionali di calcio
    Il Napoli e la Nazionale italiana


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    Marcello Mihalich fu, insieme ad Attila Sallustro, il primo calciatore del Napoli a giocare in Nazionale.


    All'11 settembre 2012 sono 42 i calciatori del Napoli ad aver ricevuto la convocazione nella Nazionale maggiore italiana, 31 dei quali hanno effettivamente collezionato almeno una presenza. Il recordman di presenze è Fernando De Napoli (49), mentre il primato delle reti va ad Amedeo Amadei (4).
    I primi calciatori azzurri a militare in Nazionale furono Marcello Mihalich ed il Veltro Attila Sallustro, che debuttarono il 1º dicembre 1929 contro il Portogallo. La partita terminò 6-1 e tre gol furono realizzati dai due azzurri (due da Mihalic, che divenne anche il primo a segnare in Nazionale, ed uno da Sallustro). Nessuno dei due, tuttavia, fu convocato per il Mondiale 1934, al contrario di Giuseppe Cavanna, portiere azzurro che si laureò campione del mondo come secondo di Gianpiero Combi. Al Mondiale 1938 il Napoli non ebbe alcun rappresentante.

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    Fernando De Napoli, recordman di presenze in Nazionale da calciatore del Napoli.


    Il rapporto tra Napoli e Nazionale si rinnovò nella seconda metà degli anni sessanta con l'approdo in azzurro di due importanti calciatori partenopei: Antonio Juliano e Dino Zoff, che portarono l'Italia alla vittoria del suo primo titolo europeo nel 1968 e al secondo posto nel Mondiale 1970. Lo stesso Juliano partecipò anche al Mondiale 1966 e al Mondiale 1974, mentre Mauro Bellugi prese parte all'Europeo del 1980.
    Il periodo con più napoletani in Nazionale coincise con quello del Napoli di Maradona. A rappresentare il sodalizio partenopeo nelle spedizioni azzurre al Mondiale 1986, all'Europeo 1988 e al Mondiale 1990 si alternarono Salvatore Bagni, Fernando De Napoli, Ciro Ferrara, Giovanni Francini, Francesco Romano e Andrea Carnevale, mentre Luca Fusi e Massimo Crippa vestirono la maglia della Nazionale in alcune amichevoli. Dopo quel periodo nessun giocatore del Napoli fu più chiamato per la fase finale di un Europeo o un Mondiale, ma solo per gare di qualificazione alle stesse competizioni, oppure amichevoli (Ciro Ferrara, Gianfranco Zola, Fernando De Napoli ed ultimo Angelo Carbone, convocato nell'ottobre del 1992).
    Il declino del club interruppe il rapporto tra partenopei e Nazionale; per 15 anni nessun calciatore del Napoli fu convocato in azzurro. Spezzò il digiuno delle convocazioni Paolo Cannavaro il 13 ottobre 2007, convocato per l'amichevole contro il Sudafrica, senza tuttavia fare ingresso in campo. Fu l'esterno destro Christian Maggio, convocato per l'amichevole contro la Grecia del 19 novembre 2008, a far terminare il lungo periodo di 16 anni in cui nessun calciatore del Napoli era sceso in campo la maglia della Nazionale, subentrando nel corso del match a Mauro Germán Camoranesi: l'ultimo calciatore del Napoli a disputare una gara con la maglia della selezione nazionale italiana era stato Fernando De Napoli il 25 marzo 1992 nell'amichevole contro la Germania. Per quanto concerne le presenze in gare valevoli per competizioni ufficiali, il digiuno terminò il 5 settembre 2009 con la presenza in campo di Fabio Quagliarella nella partita contro la Georgia, valida per le qualificazioni al Mondiale 2010.
    Lo stesso Quagliarella, insieme a Christian Maggio e Morgan De Sanctis, venne poi convocato per il Mondiale 2010, 20 anni dopo l'ultima volta che il club partenopeo aveva avuto suoi rappresentanti tra le file azzurre nella fase finale della massima competizione internazionale; nel corso della manifestazione sudafricana, inoltre, l'attaccante stabiese divenne il primo calciatore nella storia del Napoli ad andare a segno con la maglia della Nazionale in Coppa del Mondo, realizzando ai danni della Slovacchia il gol che fissò il risultato sul definitivo 3-2 per la nazionale mitteleuropea.
    I giocatori del Napoli nelle varie spedizioni azzurre
    Competizione Calciatori
    Coppa Internazionale 1931-1932
    Colombari, Sallustro, Vojak

    Mondiale 1934
    Cavanna

    Coppa Internazionale 1948-1953
    Bugatti, Amadei

    Mondiale 1950
    Casari

    Coppa Internazionale 1954-60
    Bugatti

    Mondiale 1966
    Juliano

    Europeo 1968
    Juliano, Zoff

    Mondiale 1970
    Juliano, Zoff

    Mondiale 1974
    Juliano

    Europeo 1980
    Bellugi

    Mondiale 1986
    Bagni

    Europeo 1988
    Ferrara, Francini, De Napoli, Romano

    Olimpiade 1988
    Giuliani, Ferrara, Crippa, Carnevale

    Mondiale 1990
    Ferrara, De Napoli, Carnevale

    Olimpiade 1992
    Ferrante

    Olimpiade 1996
    Pecchia

    Olimpiade 2008
    Russotto

    Mondiale 2010
    De Sanctis, Maggio, Quagliarella

    Europeo 2012
    De Sanctis, Maggio

    I campioni del mondo e continentali del Napoli
    Si riporta di seguito l'elenco dei calciatori vincitori di competizioni ufficiali con le proprie Nazionali durante il periodo di militanza al Napoli.
    Mondiali 1934 - Italia
    • Giuseppe Cavanna (0 presenze)[137]
    Mondiali 1986 - Argentina
    • Diego Maradona (7 presenze – 5 reti) Europei 1968 - Italia
    • Antonio Juliano (2 presenze)
    • Dino Zoff (3 presenze)
    Copa América 1989 - Brasile
    • Alemão (5 presenze)
    Copa América 2011 - Uruguay
    • Edinson Cavani (3 presenze)
    • Walter Gargano (2 presenze)
    Palmarès
    Competizioni nazionali
    • Campionato italiano: 2
    1986-1987, 1989-1990
    • Coppa Italia: 4
    1961-1962, 1975-1976, 1986-1987, 2011-2012
    • Supercoppa italiana: 1
    1990
    Competizioni internazionali
    • Coppa UEFA: 1
    1988-1989
    Competizioni minori
    • Coppa delle Alpi: 1
    1966
    • Coppa di Lega Italo-Inglese: 1
    1976
    Altri piazzamenti e partecipazioni
    • Serie B: 1
    1949-1950
    • Serie C1 - Girone B: 1
    2005-2006
    Competizioni giovanili
    Primavera
    • Campionato Primavera: 1
    1978-1979
    • Coppa Italia Primavera: 1
    1996-1997
    • Torneo di Viareggio: 1
    1975
    Berretti
    • Campionato Nazionale "Berretti" (LNP-A): 1
    2010-2011
    • Campionato Nazionale "Berretti" (C1-C2): 1
    2004-2005
    Allievi
    • Campionati Allievi Nazionali: 4
    1983-1984, 1987-1988, 1989-1990, 1996-1997
    • Torneo Città di Arco: 2
    1992, 1997
    • Coppa Gaetano Scirea: 2
    2001, 2006
    Giovanissimi
    • Coppa Giovanissimi Professionisti: 1
    2004-2005
    • Viareggio Junior Cup: 1
    2011
    Statistiche e record
    Partecipazioni ai campionati
    Campionati nazionali
    Livello Categoria Partecipazioni Debutto Ultima stagione
    1° Divisione Nazionale 4 1926-1927
    1945-1946

    Serie A 67 1929-1930
    2012-2013

    2° Serie B 12 1942-1943
    2006-2007

    3° Serie C1 2 2004-2005
    2005-2006

    In 84 stagioni sportive a partire dalla fondazione della società nel 1926, compresi 4 tornei di Divisione Nazionale (A).

    Serie A
    Il Napoli ha partecipato a 70 campionati di massima serie, 66 dei quali di Serie A a girone unico. In tali stagioni è salito 13 volte sul podio:
    • 2 primi posti (1986-1987 e 1989-1990)
    • 4 secondi posti (1967-1968, 1974-1975, 1987-1988, 1988-1989)
    • 7 terzi posti (1933-1934, 1965-1966, 1970-1971, 1973-1974, 1980-1981, 1985-1986, 2010-2011)
    o Non viene conteggiato il terzo posto a pari merito con il Bologna nella stagione 1932-1933 perché, a parità di punti, la squadra felsinea aveva un migliore quoziente reti degli azzurri.
    Serie B
    Il Napoli ha partecipato a 12 campionati di Serie B ottenendo 5 promozioni:
    • 1 per vittoria del campionato (1949-1950)
    • 4 per piazzamento utile (1961-1962, 1964-1965, 1999-2000, 2006-2007)
    Serie C
    Il Napoli ha partecipato a 2 campionati di Serie C1 ottenendo 1 promozione:
    • 1 per vittoria del girone B (2005-2006)
    Coppa Italia
    Il Napoli ha partecipato a 62 edizioni della Coppa Italia. È arrivato in finale in 8 occasioni:
    • 4 finali vinte (1961-1962, 1975-1976, 1986-1987, 2011-2012 )
    • 4 finali perse (1971-1972, 1977-1978, 1988-1989, 1996-1997)
    Supercoppa Italiana
    Il Napoli ha partecipato a 2 edizioni della Supercoppa Italiana:
    • 1 finale vinta (1990)
    • 1 finale persa (2012)
    Nota: aggiornamento alla fine della stagione 2011-2012.
    Il Napoli nelle competizioni internazionali
    Competizione Partecipazioni Debutto Ultima apparizione
    UEFA Champions League
    ex Coppa dei Campioni d'Europa 3 1987-1988
    2011-2012

    UEFA Europa League
    ex Coppa UEFA 15 1971-1972
    2012-2013

    Coppa delle Coppe UEFA
    2 1962-1963
    1976-1977

    Coppa delle Fiere
    4 1966-1967
    1969-1970

    Coppa Mitropa
    ex Coppa dell'Europa Centrale 2 1934
    1966

    Coppa delle Alpi
    3 1960
    1969

    Coppa Torneo Italia 1 1961
    Coppa Anglo-Italiana
    1 1970

    Coppa di Lega Italo-Inglese
    1 1976
    Coppa Intertoto
    1 2008

    L'esordio del Napoli in una competizione internazionale ebbe luogo con la partecipazione alla Coppa dell'Europa Centrale 1934, il massimo trofeo europeo dell'epoca. Il debutto in una competizione UEFA, invece, avvenne nel 1962 con la partecipazione alla Coppa delle Coppe.
    Complessivamente, il Napoli ha all'attivo 21 partecipazioni a competizioni europee UEFA, in cui ha disputato 105 partite (14 in Coppa dei Campioni/UEFA Champions League, 72 in Coppa UEFA/UEFA Europa League, 17 in Coppa delle Coppe e 2 in Coppa Intertoto) ed ha vinto una Coppa UEFA (1989).
    Il Napoli ha partecipato inoltre alle seguenti competizioni internazionali non UEFA: Coppa delle Fiere (considerata l'antesignana della Coppa UEFA), Mitropa Cup, Coppa delle Alpi, Torneo Anglo-Italiano, Coppa di Lega Italo-Inglese e Coppa Torneo Italia. Tra queste ha vinto una Coppa delle Alpi (1966) e una Coppa di Lega Italo-Inglese (1976).

    Statistiche di squadra
    Il Napoli esordì in massima serie (allora denominata Divisione Nazionale) il 3 ottobre 1926. Quella appena trascorsa (2011-2012) è stata dunque la sua 84ª stagione sportiva; ha partecipato a 70 campionati di massima serie (4 di Divisione Nazionale e 66 di Serie A propriamente detta), 12 di Serie B e 2 di Serie C1. Nel corso delle 70 stagioni in massima serie il Napoli ha vinto 2 volte il campionato, giungendo al secondo posto in 4 occasioni e per 7 volte al terzo. In 84 stagioni sportive, la società si è dunque piazzata sul podio nel 15,6% dei casi.
    La vittoria in campionato con il maggior scarto fu un 8-1 contro la Pro Patria, nella Serie A 1955-1956. La sconfitta con il maggior scarto fu invece uno 0-11 subìto dal Torino nel campionato federale 1927-1928.
    Il Napoli e il Vado sono le uniche squadre che hanno vinto la Coppa Italia non militando in massima serie (1961-1962). Sempre per quanto riguarda la Coppa Italia, il Napoli detiene il recodo di vittorie consecutive (20), e insieme alla Fiorentina, è l'unica squadra ad aver vinto la Coppa Italia vincendo tutte le partite (13 su 13; accadde nella stagione 1986-1987). Il Napoli inoltre condivide con Torino (1942-1943), Juventus (1959-1960 e 1994-1995), Lazio (1999-2000) e Inter (2009-2010) il primato di aver vinto sul campo nella stessa stagione Scudetto e Coppa Italia (1986-1987).
    Il Napoli vanta inoltre, in coabitazione con Bologna (1931-1932) e Juventus (1932-1933), il record dei punti (33 su 34) ottenuti nelle gare interne in un campionato a 18 squadre con 2 punti per vittoria (16 vittorie ed 1 pareggio in 17 partite), realizzato nel torneo 1989-1990. L'unica squadra che riuscì a ottenere punti al S. Paolo in quella stagione fu la Sampdoria, che pareggiò 1-1.

    Statistiche individuali
    Il giocatore che detiene il record di presenze in campionato è Antonio Juliano, con 394 presenze (355 in Serie A). Il primato per quanto concerne la sola Serie A va invece a Giuseppe Bruscolotti, con 387 presenze; quest'ultimo detiene anche il record di presenze complessive tra campionato e coppe (511).
    Il giocatore che ha segnato più gol in assoluto in maglia azzurra è Diego Armando Maradona, con 115 reti in totale, di cui 81 in Serie A.
    Il record di gol in campionato appartiene ad Attila Sallustro, con 104 reti, mentre il giocatore con più reti in Serie A è Antonio Vojak, con 102 reti.
    Il record di gol in un singolo campionato appartiene ad Edinson Cavani, con 26 reti nella stagione 2010-2011.
    Il record di gol in una singola partita ufficiale appartiene a Daniel Fonseca con 5 reti in Valencia-Napoli 1-5, gara di andata dei trentaduesimi di finale di Coppa UEFA stagione 1992-1993.
    Il record di presenze nelle competizioni europee è di Antonio Juliano con 39 presenze, mentre quello di reti appartiene ad Edinson Cavani con 19 gol.
    Il record di presenze nelle coppe nazionali è di Giuseppe Bruscolotti con 96 presenze, mentre quello di reti appartiene a Diego Armando Maradona con 29 gol.

    Record di presenze nel Napoli

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    1. Giuseppe Bruscolotti - 511 (16 stagioni)
    2. Antonio Juliano - 505 (16 stagioni)
    3. Moreno Ferrario - 396 (11 stagioni)
    4. Ciro Ferrara - 323 (10 stagioni)
    5. Bruno Gramaglia - 275 (11 stagioni)
    6. Carlo Buscaglia - 273 (10 stagioni)
    7. Attila Sallustro - 265 (11 stagioni)
    8. Dino Panzanato - 262 (9 stagioni)
    9. Ottavio Bugatti - 261 (8 stagioni)
    10. Mario Zurlini - 260 (10 stagioni)




    Record di gol nel Napoli
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    1. Diego Armando Maradona - 115 (7 stagioni)
    2. Attila Sallustro - 110 (11 stagioni)
    3. Antonio Vojak - 103 (6 stagioni)
    4. José Altafini - 97 (7 stagioni)
    5. Careca - 96 (6 stagioni)
    6. Edinson Cavani - 88 (3 stagioni)
    7. Giuseppe Savoldi - 77 (4 stagioni)
    8. Luís Vinício - 70 (5 stagioni)
    9. Cané - 70 (10 stagioni)
    10. Marek Hamšík - 66 (6 stagioni)



    Settore giovanile
    Il Settore giovanile si occupa di gestire tutte le squadre iscritte dalla SSC Napoli ai campionati giovanili della FIGC e ai vari tornei nazionali e internazionali. L'obiettivo di questo settore è quello di formare e valorizzare i giovani tesserati della SSC Napoli affinché possano essere lanciati nel mondo del calcio professionistico, costituendo anche un serbatoio di talenti dal quale la prima squadra possa attingere.
    Storia
    Le origini del settore giovanile del Napoli risalgono all'inizio degli anni venti, quando il Naples e l'Internazionale Napoli non si erano ancora fuse. Fu il presidente dell'Internazionale, Emilio Reale, ad avere l'idea di organizzare un settore giovanile, nel quale giocò le sue prime partite in azzurro il futuro campione del Napoli

    Attila Sallustro, allora undicenne.

    Sallustro
    Attila Sallustro crebbe nelle giovanili dell'Internaples.


    Il campo delle giovanili si trovava nella villa comunale a via Caracciolo. Nella stagione 1962-1963 la federazione decise di creare un campionato nazionale giovanile (il "Campionato Primavera") a cui il Napoli partecipò fin dalla prima edizione con alterne fortune. Nei primi anni sessanta militava nelle giovanili il mediano Antonio Juliano, il quale avrebbe ben presto esordito in prima squadra diventando in seguito il secondo giocatore con più presenze in maglia azzurra tra campionato e coppe (505).
    Negli anni settanta/ottanta, il settore giovanile riuscì ad affermare singoli giocatori creando formazioni in grado di raggiungere ottimi piazzamenti nelle competizioni di categoria. Vinse il Torneo di Viareggio nel 1975 e il Campionato Primavera nel 1978-1979. La rosa campione d'Italia Primavera, allenata da Mario Corso, comprendeva giocatori che avrebbero poi debuttato in prima squadra come Raffaele Di Fusco, Luigi Caffarelli, Gaetano Musella, Costanzo Celestini e Giuseppe Volpecina; alcuni di questi avrebbero vinto poi il primo scudetto del Napoli nella stagione 1986-1987.

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    Fabio Cannavaro, campione del mondo e Pallone d'oro 2006, prodotto del vivaio partenopeo.


    Nell'epoca post-Maradona il Napoli visse un momento di profonda crisi ed anche il settore giovanile venne trascurato; nonostante ciò, nei primissimi anni novanta, le giovanili del Napoli portarono al debutto in Serie A giocatori di talento, tra i quali spiccava il (futuro) campione del mondo e Pallone d'oro 2006 Fabio Cannavaro; il periodo di crisi aveva portato alla sua cessione per motivi economici, dieci anni prima del duplice riconoscimento.
    Nonostante il trend negativo del sodalizio azzurro, il settore giovanile si impose nella Coppa Italia Primavera del 1997 e conquistò lo Scudetto Allievi. In questi anni fu anche costruito, nel quartiere di Marianella, un centro sportivo che, nei piani dei dirigenti, avrebbe dovuto essere all'avanguardia a livello di formazione giovanile. La struttura – però – sarà consegnata al totale degrado fino alla sua chiusura.
    Col fallimento della SSC Napoli nel 2004, il settore giovanile fu totalmente smembrato. Quando la società venne rilevata da De Laurentiis, si decise di investire sui giovani per poter contare sull'apporto dei talenti locali; i risultati furono subito ottimi, con un titolo Berretti di Serie C vinto al primo anno. Il lavoro del direttore Santoro e del suo staff diede ulteriori frutti portando al ritorno di alcuni azzurrini nel giro delle nazionali giovanili. Nel 2010 gli azzurrini parteciparono al Torneo di Viareggio dopo 7 anni di assenza.

    Organico attuale e campi di gioco
    Il settore giovanile in origine condivise il Centro Paradiso di Soccavo con la prima squadra, in attesa del pianificato trasferimento all'interno di una struttura specifica situata a Marianella. Complice anche la crisi economica della società, questo centro sportivo non fu mai completato e cadde presto in disuso. Dopo il fallimento, per gli incontri delle formazioni giovanili sono stati utilizzati vari impianti situati nella provincia di Napoli, in particolar modo a Marano di Napoli e a Cercola.
    L'organico attuale delle giovanili azzurre comprende sette formazioni: Primavera, Allievi Nazionali, Giovanissimi Nazionali, Berretti, le selezioni regionali di Allievi e Giovanissimi e il team Esordienti. La squadra Primavera, per i propri allenamenti, condivide il Centro Tecnico di Castel Volturno con la prima squadra, in attesa della realizzazione di una "cittadella dello sport" in grado di accogliere l'intero settore
    giovanile.
    Tifoseria

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    Tifosi azzurri allo Stadio San Paolo.


    Il Napoli è attualmente la quarta squadra italiana per numero di tifosi. Notevole è il seguito che da sempre la squadra ha in paesi esteri e principalmente in quelli dove è più forte il tasso di immigrati dall'Italia: i Napoli Club fuori dai confini nazionali si contano a centinaia anche nelle località più remote. A livello internazionale si stima un seguito complessivo di circa sei milioni di tifosi.
    Il tifoso medio del Napoli non appartiene a una classe specifica: secondo il giornalista sportivo Mimmo Carratelli, il tifo azzurro «confonde e compatta genti diversissime, i napoletani dei quartieri-bene e quelli dei rioni popolari. Il Napoli è «la squadra di tutti» ».
    La tifoseria del Napoli è stata più volte colpita da provvedimenti restrittivi. Nella stagione 2007-2008 ai tifosi è stata vietata la trasferta per nove volte, e nel 2008-2009, a seguito di presunti incidenti presso la Stazione di Napoli Centrale e presso lo Stadio Olimpico di Roma, il divieto di trasferta è stato comminato per tutta la stagione.
    Storia
    Le origini del tifo organizzato a Napoli risalgono agli anni sessanta. Nel 1972 nacque il gruppo degli Ultras della Curva B (poi CUCB, Commando Ultras Curva B), fondato da Gennaro Montuori; questi ultimi furono i primi a realizzare imponenti scenografie all'interno dello stadio San Paolo. Successivamente diedero alle stampe un proprio giornale e produssero una trasmissione televisiva dedicata al Napoli che viene tuttora trasmessa sulle emittenti locali partenopee; nel corso degli anni, inoltre, diedero vita a diverse iniziative contro la violenza negli stadi, tra le quali l'esposizione dello striscione «La violenza ci divide, il tifo ci affratella». Nel 1986 gli ultras della Curva B fondarono un gruppo di tifose, le Ultrà Girls. Negli anni ottanta nacque anche un altro gruppo di tifose, denominato Ladies Napoli, formato per lo più da docenti. A partire dagli anni '90, il tifo in curva B è profondamente cambiato: Gennaro Montuori (detto Palummella), forse a causa della morte del fratello, lasciò il mondo del tifo causando lo scioglimento del suo gruppo (il CUCB) e dei gruppi minori ad esso collegati. Attualmente i maggiori gruppi della curva B sono i Fedayn E.A.M. 1979 e gli Ultras Napoli. I Fedayn, fondati nel 1979, condividono la mentalità dei tifosi della curva A: proprio per questa comunanza di ideali ci sono stati dei tentativi da parte dei gruppi della curva A di convincere i Fedayn a traslocare nella loro curva. Il loro slogan è E.A.M. (Estranei Alla Massa). Gli Ultras Napoli sono invece formati per lo più da tifosi che non facevano parte del CUCB in quanto non ne condividevano l'ideologia filosocietaria. Oltre a questi, sono presenti i Tifosi del nostro ideale (ex Masseria Cardone) e gli Area Nord (prima entrambi nella A).
    La Curva A è invece occupata da numerosi gruppi: Mastiffs, Vecchi Lions, Teste Matte (formata per lo più da tifosi provenienti dai Quartieri Spagnoli), Sud, Bronx, Brigata Carolina, Rione Sanità, Fossato Flegreo. La curva A è quella maggiormente violenta e contestatrice; per questo non è in buoni rapporti con la curva B, più pacifica e folkloristica. Tentativi di riconciliazione tra le due curve sono falliti.

    Gemellaggi

    800px-GemellaggioNapGenoaLa festa per la contemporanea promozione in Serie A di Napoli e Genoa, nel 2007.


    Il gemellaggio tra i supporters del Napoli e quelli del Genoa è uno dei più antichi che il calcio italiano possa vantare: ebbe inizio il 16 maggio 1982 in seguito al pareggio per 2-2 tra le due squadre nell'ultima giornata della Serie A 1981-1982, risultato che consentì al Genoa di salvarsi e condannò contestualmente il Milan alla seconda retrocessione in Serie B della sua storia. Il rapporto venne poi ulteriormente consolidato all'ultima giornata di campionato della Serie B 2006-2007 quando, con il pareggio per 0-0 a Genova, entrambe le squadre ottennero la promozione in Serie A. Lo storico gemellaggio tra le due tifoserie è stato anche omaggiato e sostenuto da iniziative commerciali.
    Esiste, inoltre, una forte amicizia con i supporter dell'Ancona e vi sono buoni rapporti con le tifoserie di Palermo e Catania. Una simpatia è nata anche con alcuni gruppi della tifoseria rumena dell'Universitatea Craiova, rinsaldata in seguito all'eliminazione dei rivali dello Steaua Bucarest dall'Europa League proprio per mano del Napoli.
    Rivalità
    I tifosi azzurri hanno cattivi rapporti soprattutto con le squadre del Nord. Storica è la rivalità col Verona, mentre rivalità con Inter, Juventus e Milan nacquero nella seconda metà degli anni ottanta, con gli azzurri che sfidavano la "Triade del Nord" per contenderle il titolo di Campione d'Italia.
    L'ostilità degli ultras con i tifosi della Lazio nasce dal gemellaggio che legava negli anni ottanta napoletani e "cugini" romanisti, gemellaggio poi infranto dopo il gesto dell'ombrello di Salvatore Bagni del 25 ottobre 1987 e dopo il quale nasce la rivalità coi giallorossi. Esistono inoltre rivalità con Sampdoria, Reggina e anche con l'Atalanta, Avellino, Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Lecce, Salernitana, Udinese. Altre rivalità minori con Foggia, Perugia, Pisa, Pistoiese, Ternana e Vicenza.

    I derby
    A differenza di quanto si verifica in altre metropoli italiane come Genova, Milano, Roma e Torino, il Napoli è l'unica espressione calcistica di alto livello del capoluogo campano e pertanto non vi è un derby nel senso stretto del termine. Ciononostante, i partenopei sono co-protagonisti di due particolari derby in Italia:
    • Derby della Campania, termine che fa riferimento alle sfide degli azzurri con le altre squadre campane, in particolare con Avellino e Salernitana.
    • Derby del Sole (chiamato anche Derby del Sud), all'apice della popolarità negli anni settanta e ottanta, che vede protagonisti i partenopei e la Roma, ossia i primi due sodalizi dell'Italia centro-meridionale ad essere stati ammessi alla Lega Calcio, all'epoca denominata Direttorio Divisioni Superiori, nella stagione 1926-1927.

    Organico 2012-2013
    Rosa

    Rosa e numerazione aggiornate al 6 dicembre 2012.
    N. Ruolo Giocatore
    1 P Morgan De Sanctis
    2 D Gianluca Grava
    3 D Bruno Uvini
    4 C Marco Donadel
    5 D Miguel Ángel Britos
    6 D Salvatore Aronica
    7 A Edinson Cavani
    8 C Andrea Dossena
    9 A Eduardo Vargas
    11 C Christian Maggio
    13 C Omar El Kaddouri
    14 D Hugo Campagnaro
    15 P Roberto Colombo
    16 C Giandomenico Mesto
    17 C Marek Hamšík
    18 C Juan Camilo Zúñiga
    19 A Goran Pandev
    20 C Blerim Džemaili
    21 D Federico Fernández
    22 P Antonio Rosati
    24 A Lorenzo Insigne
    28 D Paolo Cannavaro
    42 A Roberto Insigne
    55 D Alessandro Gamberini
    85 C Valon Behrami
    88 C Gökhan Inler
    94 C Giuseppe Fornito
    D Leandro Rinaudo


    Staff tecnico

    Staff 2012-2013 dell'area sportiva
    • Allenatore: Walter Mazzarri
    • Allenatore in seconda: Nicolò Frustalupi
    • Assistente tecnico: Enzo Concina
    • Preparatore dei portieri: Nunzio Papale
    • Preparatori atletici: Giuseppe Pondrelli e Corrado Saccone
    • Responsabile sanitario: dr. Alfonso De Nicola
    • Fisiatra: dr. Enrico D'Andrea
    • Medico dello sport: dr. Raffaele Canonico
    • Riabilitatore: Rosario D'Onofrio
    • Fisioterapisti: Giovanni D'Avino e Agostino Santaniello
    • Massaggiatore: Marco Di Lullo
    • Responsabile settore giovanile: Francesco Barresi
    • Allenatore squadra Primavera: Giampaolo Saurini
    • Allenatore squadra Allievi Nazionali: Nicola Liguori

    Riconoscimenti

    100px-MeritoSportivo1 Stella d'oro al merito sportivo CONI: 1974


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    Storia della Società Sportiva Calcio Napoli
    Dal Naples al Napoli


    Il calcio salì all'onore delle cronache napoletane dal 1896, anno in cui il Campo di Marte, all'epoca sede destinata alle corse dei cavalli nella città partenopea, fu teatro di una partita di calcio fra la squadra del Circolo Italia, club di canottieri e velisti, ed una formazione mista degli altri circoli nautici cittadini. Tra il 1901 ed il 1903 vennero fondate tre compagini: l'aristocratica Open Air, istituita dal Marchese Michele Ruffo della Scaletta, da Alfonso Parise e Alfredo Reiclin, e dai fratelli Costa, Verusio, D'Andria e Panagia; l'Helios di Matteo Giovinetti con casacche a scacchi bianco-neri; l'Audace di Gustavo Romano, di Pepèn Cangiullo e dei fratelli De Giuli, con maglie biancoverdi. Questi sodalizi, tuttavia, avevano un seguito limitato. L'affermazione a livello popolare del football a Napoli risalì, invece, al 1904, quando ad opera dell'inglese James Poths, impiegato nella sede locale della Cunard Line, e dell'ingegnere napoletano Emilio Anatra, venne fondato il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima importante squadra calcistica cittadina, il quale, nel 1906, mutò il proprio nome in Naples Foot-Ball Club. La prima partita dei blucelesti venne giocata contro i marinai-giocatori della nave Arabik, che pochi giorni prima avevano battuto a Genova la blasonata squadra del Genoa per 3-0. Il Naples si impose per 3-2 con le reti di Mc Pherson, Scarfoglio e Chaudoir.
    Fino al 1912 il Naples non partecipò al Campionato nazionale di Prima Categoria al quale erano iscritte solo squadre del Nord Italia. Nei primi anni vinse comunque alcune competizioni minori fra le quali la Coppa Lipton, conquistata battendo il Palermo per 2-1, la Coppa Salsi, conquistata sconfiggendo altre squadre campane, e la Coppa Noli da Costa.
    Nel 1911 la componente napoletana si distaccò da quella inglese dando vita all'Unione Sportiva Internazionale Napoli. L'anno successivo la F.I.G.C., in seguito all'approvazione del progetto Valvassori-Faroppa all'Assemblea Federale dell'estate 1912, decise di ammettere al campionato di Prima Categoria (allora la massima serie) le squadre del centro-sud. Le due squadre partenopee si affrontarono in un acceso derby nella semifinale centro-sud. Il Naples ne uscì vincitore grazie a due vittorie per 2-1 e 3-2. Perse poi la finale centro-sud contro la Lazio.
    Nella stagione successiva l'Internazionale si prese la rivincita eliminando il Naples sempre nella semifinale centrosud, per disputare poi la finale centro-sud nella quale si affermò nuovamente la Lazio.
    Nel 1919, dopo la sospensione dovuta alla guerra, il campionato riprese. Rispetto all'ultimo torneo disputato, aumentò notevolmente il numero delle squadre della Campania. Le squadre campane partecipanti al campionato passarono dalle due sole iscritte nel 1914-1915 (il Naples e l'Internazionale) ad un novero maggiore nel 1919-1920 (Puteolana, Bagnolese, Pro Napoli ecc.). Negli anni dal 1919 al 1922, caratterizzati dal dominio della Puteolana in ambito regionale (nel 1921-22 la squadra puteolana raggiunse addirittura la Finale di Lega Sud perdendola contro la Fortitudo di Roma), il Naples e l'Internazionale non brillarono particolarmente raggiungendo al massimo le semifinali interregionali. Nel 1919-20 fu l'Internazionale a qualificarsi alla fase interregionale, chiudendo il gironcino a tre con squadre laziali e toscane come fanalino di coda, mentre nel 1920-21 fu il Naples a compiere l'impresa di qualificarsi alle Semifinali, approfittando in tal caso della squalifica della Puteolana prima sul campo ma squalificata e tolta dalla classifica per il tesseramento irregolare di alcuni giocatori.
    Nel 1922 le due compagini attuarono una nuova fusione, resa necessaria da esigenze di carattere finanziario, e diedero così vita al Foot-Ball Club Internazionale-Naples, meglio noto come FBC Internaples. Nel frattempo, la Puteolana, finalista della Lega Sud nella stagione precedente, non si iscrisse al Campionato di Prima Divisione 1922-23, ma ciò non bastò all'Internaples per riconquistare il dominio regionale, venendo in quei anni il Campionato Campano e quello centro-meridionale dominato dal Savoia di Torre Annunziata (che nel 1924 raggiunse addirittura la Finalissima contro il Genoa venendo eliminata con onore per 3-1 e 1-1). Nelle stagioni 1922-23 e 1923-24 l'Internaples venne eliminato nelle Semifinali di Lega Sud, mentre nel 1924-25 venne eliminato addirittura nel girone campano dal solito Savoia e dalla sorpresa Cavese.

    220px-LetteraTifosoInternaples
    Lettera di un tifoso napoletano al settimanale Tutti Gli Sports sulla finale di Roma



    PresidenteAscarelli
    Nell'estate del 1925, tuttavia, il Savoia non riuscì ad iscriversi alla Prima Divisione, e l'Internaples, rinforzato dagli arrivi dell'allenatore Carcano e da un giovane Giovanni Ferrari dall'Alessandria, voluti dal nuovo presidente Ascarelli, riuscì a riconquistare il primato regionale laureandosi Campione di Campania lasciandosi alle spalle la Bagnolese e accedendo così alle Semifinali di Lega Sud. Vinto anche il Girone di Semifinale, affrontò nella Finale di Lega Sud l'Alba di Roma, vincitrice dell'altro girone di semifinale dopo un acceso testa a testa con la Bagnolese. La gara di andata, disputata a Roma, fu disastrosa e l'Internaples venne travolto 6-1; ciò, tuttavia, non comprometteva la qualificazione alla Finalissima per lo scudetto, in quanto, non valendo la differenza reti (o il risultato aggregato) a parità di punti (o di vittorie), all'Internaples sarebbe bastata una vittoria a Napoli anche con il minimo scarto per costringere l'Alba alla bella in campo neutro. Al ritorno l'Internaples riuscì a portarsi in vantaggio, raggiungendo momentaneamente l'Alba in testa alla classifica (2 punti a testa), ma l'Alba riuscì a pareggiare, chiudendo il discorso qualificazione e laureandosi campione del Sud con 3 punti contro il solo punto dell'Internaples. Vi fu un'invasione di campo da parte dei tifosi partenopei al termine dell'incontro, che portò a pesanti sanzioni: il campo dell'Internaples (l'Arenaccia) fu squalificato per parecchi mesi, per cui il Napoli dovette trasferirsi sul campo della Bagnolese, e l'allenatore Carcano e l'attaccante Ferrari, constatato il clima agitato, decisero di lasciare la squadra.

    Gli anni venti: Ascarelli, Sallustro e Vojak

    Napoli1926
    Il Napoli 1926-27


    Sallustro
    Attila Sallustro


    Prima del 1926 le imprese più importanti del calcio campano erano legate al Savoia di Torre Annunziata che aveva addirittura sfiorato il titolo nazionale fermandosi solo nella finale disputata nel 1924 contro il Genoa.
    Giorgio Ascarelli, giovane industriale napoletano e presidente dell'Internaples, si era reso conto che ormai il football stava diventando un fenomeno che avrebbe appassionato le folle come null'altro fino ad allora. Il 1º agosto 1926 l'assemblea dei soci dell'Internaples decise di cambiare il nome della società costituendo l'Associazione Calcio Napoli. Giorgio Ascarelli fu il primo presidente della storia del club. A spingere il presidente a cambiare denominazione alla società fu probabilmente il fatto che il nome Internaples era sgradito al regime fascista in quanto il termine "Internazionale" ricordava l'Internazionale comunista (nemica politica del regime) mentre il regime fascista osteggiava i termini stranieri, per cui Ascarelli ritenne opportuno cambiare il termine anglofono Naples con il vero nome della città (Napoli). Nel frattempo, con l'approvazione della Carta di Viareggio, il Napoli ottenne l'ammissione al nuovo campionato di massima serie unificato tra Nord e Sud, la Divisione Nazionale, ufficialmente in virtù del primo posto conquistato dall'Internaples nel Campionato Campano, ma anche per il raggiungimento della Finale di Lega Sud. Insieme al Napoli, ottennero l'ammissione alla Divisione Nazionale gestita dal Direttorio Divisioni Superiori, l'antesignano dell'odierna Lega Calcio, anche i sodalizi capitolini Alba Roma e Fortitudo Pro Roma (prima e seconda classificata nel Campionato laziale). Stante il divario tra Nord e Sud, delle 20 squadre partecipanti alla Divisione Nazionale 1926-1927, solo 3 provenivano dal Sud contro le 17 del Nord.
    Nella nuova squadra si distinse ben presto il giovane, proveniente dalle giovanili dell'Internaples, Attila Sallustro, soprannominato "il Veltro". Sallustro proveniva da un'agiata famiglia e suo padre - quando seppe che avrebbe giocato a calcio in Italia - gli impose l'obbligo di non guadagnare nulla dall'attività sportiva. Sallustro mantenne la promessa fin che fu possibile; il Napoli lo gratificò regalandogli una lussuosa vettura, una Fiat 508 Balilla, cosa che all'epoca (1931-32) destò un enorme scalpore.
    La prima stagione azzurra nella Divisione Nazionale fu di estrema pochezza: un solo punto raccolto in tutta la stagione, ma Ascarelli riuscì a convincere i dirigenti nazionali a non rinunciare al patrimonio che il Napoli e Napoli rappresentavano per il calcio italiano e la società partenopea venne ripescata insieme alle altre retrocesse. Nel frattempo i sostenitori della squadra decisero - viste le modeste prestazioni dei ragazzi in maglia azzurra - di togliere dallo stemma della società l'originario cavallo rampante sostituendolo con un modesto somaro: da allora "'o ciucciariello" divenne per Napoli e per il mondo del calcio l'emblema della squadra partenopea. Nella Coppa CONI 1927, torneo di consolazione per le escluse dal girone finale a 6 squadre per l'assegnazione dello scudetto, il Napoli ottenne finalmente la sua prima vittoria superando l'Alba, perdendo contemporaneamente l'allenatore austriaco Kreuzer, che aveva giurato che alla prima vittoria se ne sarebbe tornato a Vienna direttamente a piedi.
    Ascarelli, in vista della stagione successiva, rinforzò la squadra in modo da evitare la retrocessione nella categoria inferiore. Il campo, tuttavia, gli diede nuovamente torto: alla fine del girone d'andata il Napoli era in zona retrocessione e, nonostante un più discreto girone di ritorno, gli azzurri non riuscirono a salvarsi, chiudendo terzultimi. Ciononostante, la FIGC volle ripagare i segnali di miglioramento della società partenopea, accordandole il 18 marzo, appena due settimane dopo la fine dei due gironi eliminatori (e addirittura prima dell'inizio della Coppa CONI e del girone finale a 8 squadre per l'assegnazione dello scudetto), un secondo ripescaggio nella massima serie (annullando tutte le retrocessioni).
    Il campionato fu allargato a 16 squadre per girone, per un totale di 32 squadre, in modo da rendere la Divisione Nazionale 1928-1929 un torneo di qualificazione alle due serie a girone unico in cui la Divisione Nazionale sarebbe stata suddivisa: le migliori otto di ogni girone avrebbero partecipato alla Divisione Nazionale Serie A, quelle classificate tra la nona e la quattordicesima posizione sarebbero state declassate nella Divisione Nazionale Serie B, mentre le ultime due classificate di ogni girone sarebbero dovute retrocedere addirittura in terza serie, sostituite dalle vincitrici dei quattro gironi di Prima Divisione. Puntando a entrare nel novero delle 16 elette che avrebbero partecipato al primo campionato di Serie A a girone unico, il Napoli si rinforzò e, trascinato dalle 22 reti del bomber Sallustro, si classificò a fine stagione ottavo a pari merito con la Lazio; fu quindi necessario uno spareggio tra le due compagini per conquistare l'ultimo posto in palio per la Serie A che finì in parità per due a due.

    Vojak
    Antonio Vojak


    Lo spareggio si sarebbe dovuto ripetere, ma non venne disputato poiché Ascarelli riuscì a convincere l'allora Presidente della FIGC, Leandro Arpinati, ad allargare il campionato di Serie A a diciotto squadre in modo che anche le none classificate potessero accedervi.
    Alla vigilia del primo campionato di Serie A a girone unico il Napoli si rinforzò ingaggiando Vojak (vincitore di uno scudetto con la Juventus nel 1925-1926) e il "mister" William Garbutt, classico allenatore inglese che aveva vinto due scudetti con il Genoa nel 1922-1923 e nel 1923-1924.
    Fu edificato - finalmente - uno stadio vero, il "Vesuvio", in grado di accogliere le migliaia di sostenitori della squadra. Ascarelli morì in giovane età senza poter raggiungere i traguardi ambiziosi che si era prefissato. Lo stadio gli fu intitolato a furore di popolo ma le leggi razziali gli tolsero anche quella "soddisfazione postuma".
    Grazie ai già citati acquisti, la squadra per la prima volta non rischiò la retrocessione chiudendo il torneo al quinto posto.

    Gli anni trenta
    I due terzi posti e la Coppa Europa (1930-1935)

    Nella stagione successiva il Napoli giocò un ottimo girone d'andata, che concluse al secondo posto dietro la Juve, poi nel girone di ritorno, complice la chiamata alle armi di Sallustro, venne meno e concluse il campionato al sesto posto. In quella stagione il Napoli si era rinforzato ingaggiando all'incredibile cifra di 250.000 lire il calciatore Colombari, da allora soprannominato "banco e' Napule" dai tifosi partenopei. La stagione successiva la squadra si classificò soltanto nona, ma in compenso Sallustro venne convocato per la seconda e ultima volta in nazionale, insieme ai suoi compagni di squadra Vojak e Colombari; la società premiò Sallustro per le sue prestazioni regalandogli un'auto Balilla.

    594px-Napoli_Roma-Bu
    Nel 1934, in preparazione ai mondiali, venne organizzata una partita nella quale una rappresentativa del Napoli e dell'AS Roma affrontò il Budapest.


    Il campionato 1932-1933, invece, fu il primo in cui gli azzurri sfiorarono lo scudetto. Formidabile fu la coppia d'attacco: Sallustro segnò diciannove reti e Vojak ventidue; Il Napoli arrivò terzo a pari merito col Bologna. Nella stagione successiva gli azzurri disputarono un altro ottimo campionato arrivando ancora terzi e qualificandosi per la prima volta alla Coppa Europa, la massima competizione europea di quei tempi.
    Al primo turno il Napoli incontrò l'Admira Wien: gli azzurri riuscirono nell'impresa di pareggiare 0-0 nella gara d'andata in trasferta, ma sprecarono il doppio vantaggio iniziale nella gara di ritorno a Napoli facendosi rimontare dagli avversari (risultato finale 2-2) e nella bella vennero travolti per 5-0. In campionato, nonostante l'arrivo di Sentimenti II e del Campione del Mondo 1930 Stabile, la squadra deluse classificandosi soltanto settima e a fine stagione Garbutt lasciò la squadra.
    Il ridimensionamento (1935-1940)
    Il 15 marzo 1936 la società fu rilevata dall'armatore Achille Lauro che, per risanare il bilancio, fu costretto a cedere i calciatori più importanti: partirono così giocatori importanti come Colombari, Ferraris II, Vojak, Vincenzi, Gravisi e Cavanna, mentre Sallustro da un paio di campionati segnava sempre meno reti, e molti trovarono la causa della sua improvvisa scarsa vena realizzativa nella sua frequentazione con Lucy D'Albert, famosa soubrette dell'epoca, che poi diventò sua moglie. Al termine del campionato 1936-1937 anche Sallustro venne ceduto alla Salernitana.
    In vista della stagione 1938-1939 Lauro acquistò l'attaccante Italo Romagnoli, il mediano Piccinni e la mezzala Gramaglia; gli azzurri disputarono un buon campionato, concluso al quinto posto in classifica. Nella stagione successiva la squadra partenopea allenata da Adolfo Baloncieri disputò un torneo deludente e la retrocessione in B fu evitata solo grazie a un miglior quoziente reti rispetto al Liguria. Lauro, al termine della stagione, si dimise, lasciando in compenso il bilancio della società in pareggio, e Gaetano Del Pezzo diventò presidente della Società.

    Anteguerra e dopoguerra: gli anni quaranta
    La retrocessione e la guerra (1940-45)

    Nella stagione 1940-1941 il Napoli si classificò settimo a pari merito col Torino. La stagione successiva il Napoli chiuse al 15º posto e retrocedette in Serie B per la prima volta nella sua storia. Nella stagione 1942-1943 il Napoli arrivò terzo in serie B, ma non bastò per tornare in Serie A. Nel frattempo lo Stadio Arturo Collana del Vomero divenne la nuova "casa" dei partenopei.
    A causa delle difficoltà incontrate durante lo svolgersi degli eventi bellici la società fu costretta a cessare le attività nel 1943. L'anno successivo allo scioglimento, nel 1944, nacquero due distinte società: la Società Sportiva Napoli, promossa dal giornalista Arturo Collana, e la Società Polisportiva Napoli, fondata dal dott. Gigino Scuotto, dalla cui fusione nel gennaio 1945 si costituì l'Associazione Polisportiva Napoli, con presidente Pasquale Russo. La società riprese finalmente la denominazione di A.C. Napoli nel 1947.

    Tra A e B (1945-50)
    Nel 1945, a seguito delle notevoli difficoltà logistiche conseguenti la guerra appena terminata, il campionato di massima serie venne suddiviso in due gironi: al primo parteciparono le squadre di Serie A del Nord e nel secondo le squadre di Serie A e B del Centro-Sud. Il Napoli, nonostante fosse una squadra di Serie B, riuscì a vincere il proprio girone a pari merito col Bari, qualificandosi per il girone finale a otto squadre. Nel Girone Nazionale arrivò quinto alle spalle di Torino, Juventus, Milan e Inter.
    In quel Napoli militava l'attaccante albanese Riza Lushta, che ebbe un periodo di appannamento durante il quale si diffuse in città il detto: "Quanno segna Lushta se ne care 'o stadio" (Quando segnerà Lushta cadrà lo stadio). Si narra che quando Lushta interruppe il suo digiuno una parte di tribuna ebbe un cedimento, per fortuna senza gravi conseguenze.
    Nella stagione successiva il campionato di Serie A tornò al girone unico e il Napoli venne ammesso insieme al Bari in serie A in quanto le due formazioni, nonostante fossero squadre di Serie B, erano riuscite a qualificarsi al girone finale. Vennero acquistati Dante Di Benedetti, ex giocatore della Roma che, poi in seguito a un infortunio occorsogli in vista della convocazione in nazionale venne trasferito al Bari, e vari giocatori di secondo piano come Spartano, Nespolo e Santamaria. Il Napoli ottenne un buon ottavo posto.
    Nella stagione successiva, nonostante gli acquisti di Naim Krieziu, ala albanese campione d'Italia con la Roma nel 1942 e pagato ben 16 milioni, e Roberto La Paz, il primo giocatore nero a giocare in Serie A, la squadra disputò un campionato disastroso, concluso al quartultimo posto e con la retrocessione in B. Ad aggravare ulteriormente la situazione fu la scoperta da parte della federazione di un tentativo di combine nella partita vinta contro il Bologna, che costò al Napoli il declassamento all'ultimo posto in classifica del campionato 1947/48 e la conferma della retrocessione (già raggiunta sul campo) in Serie B.
    Ci vollero due anni per riconquistare la categoria: dopo un nono posto nel 1948-1949, agli azzurri vinsero il torneo 1949-1950 con Eraldo Monzeglio in panchina, tornando così in massima serie.

    Gli anni cinquanta
    "O banco e Napule"


    Jep
    Hasse Jeppson


    Tornato in serie A, in vista della stagione 1950-1951 il Napoli si rinforzò prelevando dalla Roma Amedeo Amadei, che militò in maglia azzurra per sei stagioni, segnando in totale quarantasette reti. Nelle due successive stagioni il Napoli arrivò consecutivamente sesto in classifica. Il presidente Lauro, per la stagione 1952-1953, acquistò dall'Atalanta il centroavanti svedese Hasse Jeppson.
    Jeppson si era messo in mostra ai mondiali del 1950, svolti in Brasile. Sembrava dovesse andare all'Inter, ma per l'allora stratosferica cifra di centocinque milioni di lire fu ingaggiato dal Napoli, nel quale disputò quattro campionati. L'enorme cifra pagata per il suo acquisto portò i tifosi partenopei a coniare per lui il soprannome di "'o Banco 'e Napule".

    Pesaola
    Bruno Pesaola


    La squadra venne ulteriormente rinforzata con gli acquisti di Giancarlo Vitali dalla Fiorentina e del "petisso" Pesaola dal Novara. L'inizio non fu tuttavia dei migliori e dopo le tre sconfitte contro Lazio, Inter e Fiorentina, Lauro cercò di addossare tutte le responsabilità sull'allenatore Monzeglio, accusandolo di aver voluto lui acquistare Jeppson; Monzeglio, furioso, rassegnò le dimissioni, costringendo Lauro a rifiutarle e a chiedergli scusa pubblicamente; la squadra si riprese e, trascinata dalle 14 reti di Jeppson, conquistò un buon quarto posto (1952-1953), dietro Inter, Juventus e Milan. Nella stagione successiva Jeppson migliorò ancora il suo record di reti segnate in una stagione, raggiungendo quota 20, ma nonostante ciò la squadra si classificò soltanto quinta (1953-1954), mentre nella stagione successiva si piazzò sesta (1954-1955). A questo punto l'Inter tornò alla carica tentando di convincere Lauro a cederle Jeppson e, di fronte alla volontà del giocatori di trasferirsi alla società neroazzurra, Lauro gli diede prima via libera al trasferimento, ma poiché era un bomber al quale non poteva rinunciare, inviò il suo autista all'aeroporto a fermare la partenza dell'asso e lo fece ritornare alla flotta, dove lo convinse a restare al Napoli, "punendolo" però per aver avuto l'idea di lasciare la squadra riducendogli l'ingaggio. Jeppson restò per altre due stagioni al Napoli, segnando in totale 52 reti in 112 partite disputate in azzurro.

    437px-Vinicio
    "'o Lione" Luís Vinício


    Nel 1955 arrivò dal Brasile, via Lazio, Luís Vinício (subito ribattezzato dai tifosi 'o Lione per la grinta che lo caratterizzava) che in coppia con Jeppson diede vita alla coppia "H-V" che fu schierata per la prima volta in campo nella partita contro la Pro Patria (quinta giornata), vinta per 8-1 dagli azzurri con tripletta di Vinício e doppietta di Jeppson. I due, nonostante la fama, non diedero al Napoli i frutti sperati, anche perché poche furono le occasioni nelle quali vennero schierati insieme in formazione. Dopo una serie di risultati negativi, tra cui una sconfitta contro l'Inter, Monzeglio venne esonerato e sostituito da Amadei, che schierò poche volte i due insieme in formazione, e solo nelle ultime giornate. Il Napoli in quella stagione deluse arrivando solo quattordicesimo in classifica, nonostante i sedici gol di Vinicio e le 8 reti di Jeppson.
    La stagione 1956-1957 vide la fine definitiva del tandem Jeppson-Vinício, con la cessione del primo al Torino. In campionato i miglioramenti rispetto alla stagione precedente fruttarono solo un undicesimo posto. Tra le poche "imprese" del Napoli di quegli anni ci furono le due vittorie contro la Juventus nella stagione 1957-1958: all'andata a Torino finì 3-1 per il Napoli grazie alle parate fenomenali di Bugatti, sceso in campo con trentotto gradi di febbre. Charles dopo la partita disse "Ci fosse stato un altro portiere al posto di Bugatti, fra i pali della porta del Napoli, avremmo vinto 7-3". Al ritorno, il Napoli realizzò un'altra impresa vincendo 4-3. In quella stagione gli azzurri arrivarono quarti in campionato dietro a Juventus, Fiorentina e Padova.

    L'inaugurazione del San Paolo

    Per la stagione 1958-1959 fu ingaggiato per far coppia con Vinício il brasiliano Emanuele Del Vecchio. Neanche questa coppia, come quella Jeppson-Vinício, funzionò. Del Vecchio marcò tredici gol, Vinício sette: il Napoli arrivò al nono posto.
    Nella stagione successiva il Napoli lasciò l'ormai angusto stadio del Vomero e il 6 dicembre 1959 inaugurò il nuovo stadio San Paolo di Fuorigrotta nella partita che oppose gli azzurri alla Juventus, terminata con la vittoria del Napoli per 2-1.
    Questo fu però l’unico avvenimento di notevole importanza in quell’anno, poiché il resto della stagione della compagine partenopea fu poco più che anonimo e il risultato finale fu solo un quattordicesimo posto. A giugno lasciarono la squadra Vinício e Pesaola.

    Gli anni sessanta
    Una nuova retrocessione

    Nel 1960 quando Vinício sembrava a fine carriera ed ormai in decadenza, il Napoli cedette il brasiliano al Bologna; a smentire quella "decadenza" ci pensò Vinício stesso, vincendo la classifica dei marcatori, ben 6 anni dopo, con la maglia del Vicenza. Nella stagione 1960-1961 dopo un buon avvio - (8 punti in 5 partite) - il Napoli crollò e retrocedette nuovamente in serie B, concludendo il campionato al penultimo posto. Furono inutili i tentativi di Lauro di risollevare la squadra ingaggiando addirittura uno psicanalista o esonerando l'allenatore Amadei e il direttore tecnico Cesarini dopo una clamorosa sconfitta per 4-0 contro la Juventus; nemmeno l'ingaggio come allenatore del direttore dello Stadio San Paolo ed ex campione del Napoli Sallustro bastò per risollevare una situazione ormai compromessa ed evitare la retrocessione.

    1962: La prima Coppa Italia

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    Il Napoli vincitore della Coppa Italia 1961-1962


    Per ritornare in A, Lauro pretese di costruire una formazione in grado di competere con le migliori: "un grande Napoli per una grande Napoli" fu il suo slogan, ma il campo gli diede inizialmente torto; la squadra non sembrava essere in grado di raggiungere la meta della promozione, e alla fine del girone di andata annaspava negli ultimi posti, rischiando la C. Il 29 gennaio Lauro, per risollevare la squadra, provò allora a cambiare allenatore e scelse come nuovo coach Bruno Pesaola, allora allenatore della Scafatese in terza serie; quest'ultimo era già stato un calciatore del Napoli ai tempi di Jeppson e Vinicio e da "Mister" rimase famoso anche per il suo immancabile cappotto di cammello e per la sagacia tattica. Con lui in panchina il Napoli risalì la china fino a raggiungere la promozione.
    La stagione si chiuse trionfalmente con la conquista della Coppa Italia, ottenuta battendo in finale la SPAL. Il Napoli passò subito in vantaggio con Gianni Corelli al 12º; la SPAL pareggiò al 15º con Micheli ma Pierluigi Ronzon al 79º siglò il definitivo vantaggio partenopeo, regalando così agli azzurri il primo trofeo della loro storia. Il Napoli resta tuttora l’unica squadra nella storia del calcio italiano ad aver vinto la Coppa Italia militando in serie B.

    Canè e l'altalena A-B

    Nel 1962-1963 il Napoli della Coppa Italia venne confermato quasi in blocco, con il solo innesto di Faustino Jarbas Canè, prelevato dall'Olaria di Rio de Janeiro, e di Rosa dalla Juventus (in prestito annuale); dalle giovanili vennero inoltre integrati in prima squadra i giovani Juliano, Montefusco e Pomarici. In campionato la squadra non ingranò ma in Coppa delle Coppe eliminò sia i gallesi del Bangor City che l'Újpesti TE (Ungheria) qualificandosi così ai quarti di finale. Intanto, dopo la gara di San Siro contro il Milan, ben quattro azzurri (Pontel, Molino, Rivellino e Tomeazzi) furono squalificati per un mese causa doping. In Coppa alla bella contro l'OFK Belgrado debuttò Antonio Juliano, giovanissimo centrocampista che per i successivi diciotto anni fu l’indiscussa bandiera del Napoli, ma nulla evitò il 3-1 e l'eliminazione. In campionato le cose non andarono meglio: al termine della partita persa 0-2 in casa contro il Modena il Napoli venne di nuovo retrocesso.
    Nella stagione successiva il Napoli, sotto la guida di Roberto Lerici, non ottenne grandi successi. A nulla servì la sostituzione del tecnico con il suo secondo Molino: alla fine fu solo ottavo posto. Il 25 giugno 1964 la società assunse la denominazione Società Sportiva Calcio Napoli, che conserva tuttora, con Roberto Fiore presidente effettivo e Achille Lauro presidente onorario con il 40% delle azioni.
    Per il campionato 1964-1965 tornò in panchina Pesaola, il tecnico della Coppa Italia. La stagione fu quantomeno strana: in casa il Napoli non rendeva, mentre in trasferta dilagava, Canè si trasformò in goleador e gli azzurri tornarono in A.

    Gli oriundi: Sívori ed Altafini

    Per lo spregiudicato armatore Achille Lauro il Napoli era un fiore all’occhiello da mostrare con orgoglio, specie in periodo elettorale; per costruire una buona squadra in vista del campionato di A 1965-1966 prelevò Omar Sívori della Juventus (90 milioni) e José Altafini dal Milan (280 milioni); al loro fianco cominciò a mettersi in evidenza Juliano, che aveva debuttato quando la squadra era ancora in Serie B.
    I risultati furono lusinghieri: in campionato il Napoli arrivò terzo a soli cinque punti dall'Inter campione (50 punti contro i 45 degli azzurri), con Altafini capocannoniere della squadra con quattordici gol, mentre in estate la squadra si aggiudicò la Coppa delle Alpi.

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    José Altafini


    Nel 1966-1967 il Napoli ripeté gli ottimi risultati dell'anno passato, conquistando 44 punti e arrivando quarto con Altafini di nuovo mattatore, questa volta con sedici reti. Nello stesso anno la squadra partenopea partecipò alla sua prima Coppa delle Fiere: venne eliminato agli ottavi di finale dal Burnley FC.
    Alla vigilia del campionato 1967-1968 arrivò dal Mantova il portiere Dino Zoff, subito soprannominato l'angelo azzurro. Nonostante la società attraversasse un periodo di crisi economica, in campionato i partenopei arrivarono vicini allo scudetto, piazzandosi al secondo posto con nove punti di distacco dal Milan campione.
    Il giocattolo tuttavia si ruppe nella stagione successiva: Pesaola lasciò la squadra per la Fiorentina e venne sostituito come allenatore da Beppe Chiappella; a peggiorare la situazione accadde anche una rissa durante Napoli-Juventus 2-1 del 1 dicembre 1969, in seguito alla quale Sívori, per aver insultato l'allenatore bianconero Heriberto Herrera, fu squalificato per sei giornate; in seguito alla squalifica, Sívori prese la decisione di ritirarsi dal calcio giocato. La squadra si piazzò a metà classifica, mentre a metà stagione Ferlaino riuscì a comprare la società beffando Lauro.

    La presidenza Ferlaino

    Il periodo di potere della famiglia Lauro era ormai al termine: nel 1969, con grande abilità e poca spesa Corrado Ferlaino assunse la presidenza della società ridotta però sull’orlo del dissesto finanziario. Nei suoi primi anni di dirigenza, pur dimostrando carattere e testardaggine fuori dal comune, Ferlaino non poté garantire al Napoli la possibilità di lottare per grandi traguardi badando nei primi anni di presidenza in fase di calciomercato alla cessione di pezzi pregiati come Zoff, Altafini e Claudio Sala (ceduto senza aver potuto dimostrare pienamente il proprio valore, ad appena un anno dal suo acquisto), e all'acquisto di giocatori di prima scelta ma sul viale del tramonto come Nielsen, Hamrin, Sormani e Clerici.

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    Antonio Juliano


    Il pubblico comunque ripagava la società garantendole grandi incassi e questo fattore fu determinante per invertire la rotta.

    Gli anni settanta

    I primi anni settanta


    Nel 1970-1971 arrivò a Napoli il brasiliano Angelo Benedicto Sormani soprannominato il Pelé bianco. Sulla panchina della compagine partenopea rimase Beppe Chiappella, arrivato due anni prima. Sormani formò con Altafini un attacco solidissimo ed il Napoli giunse a giocarsi lo scudetto con Inter e Milan, ma a fine campionato il bottino fu solo un terzo posto. Decisivo fu lo scontro diretto a San Siro contro l'Inter alla fine Campione a poche giornate dal termine: il Napoli chiuse il primo tempo in vantaggio per 1-0, scavalcando virtualmente in classifica proprio i neroazzurri, ma nell'intervallo i giocatori dell'Inter si recarono dall'arbitro minacciandolo di picchiarlo se avessero perso; memore delle minacce, nel secondo tempo l'arbitro concesse un rigore inesistente (come rivelò poi la moviola) all'Inter, consentendole di pareggiare, e fischiò poi una serie di punizioni a senso unico che permisero ai neroazzurri di ribaltare il punteggio imponendosi per 2-1.
    La stagione successiva vide una piccola crisi del Napoli, dovuta ad alcuni problemi societari. La compagine partenopea arrivò soltanto all'ottavo posto. Ferlaino decise quindi di svecchiare la squadra (pensando comunque anche al bilancio), con la cessione di giocatori del calibro di Dino Zoff ed José Altafini alla Juventus.
    L'acquisto che rivoluzionò positivamente l'ambiente azzurro, fu però legato al leone Luís Vinício, che ritornò a Napoli in veste di allenatore.
    Vinício e il calcio totale

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    Napoli 1974-75


    All'arrivo del nuovo tecnico la società cominciò ad investire acquistando giocatori di ottimo livello (come gli attaccanti Sergio Clerici e Giorgio Braglia), mantenendo campioni come Juliano e valorizzando poi alcuni giovani talenti (Bruscolotti, Vavassori, La Palma, Salvatore Esposito ed altri). Vinício, primo in Italia, volle sperimentare una squadra in grado di giocare il cosiddetto calcio totale proposto dagli olandesi ai Mondiali del 1974. La squadra fu rivoluzionata ed i risultati non si fecero attendere: la stagione si chiuse al terzo posto alle spalle della Lazio di Chinaglia e della Juventus, anche se la lentezza del libero Zurlini non consentì a Vinicio di applicare la cosiddetta "difesa a zona".
    Nel 1974-1975 il Napoli, sempre guidato da Vinício, arrivò ad un passo dallo scudetto. L'acquisto di Tarcisio Burgnich dall'Inter, schierato da Vinicio come libero, permise all'allenatore brasiliano di applicare finalmente la sua prediletta difesa a zona, e i risultati non si fecero attendere: nelle prime dieci giornate la squadra era ancora imbattuta e in corsa per lo scudetto. Eliminata dalla Coppa UEFA dal Banik Ostrava a pochi giorni dallo scontro diretto al San Paolo contro la Juventus, la squadra, ancora stanca dalla trasferta in Cecoslovacchia, venne incredibilmente travolta dai bianconeri che espugnarono il San Paolo per 6-2. In seguito alla clamorosa debacle, Vinicio decise di schierare il Napoli con un atteggiamento più prudente, grazie al quale la squadra partenopea poté ritornare in corsa per lo scudetto. Alla 25ª giornata, giorno della partita di ritorno a Torino, solo due punti separavano i bianconeri dagli azzurri: la Juventus si portò in vantaggio con Causio, Juliano pareggiò e poi si fece parare il possibile gol del vantaggio da Zoff; quando la partita sembrava essere destinata a finire in parità, a due minuti dal termine l'ex Altafini, da allora soprannominato dai napoletani Core ‘ngrato, portò in vantaggio la sua Juventus, condannando il Napoli alla sconfitta e permettendo alla Juventus di portarsi a +4 dai partenopei a cinque giornate dal termine. Alla fine del campionato appena due punti separarono gli azzurri dalla Juventus, arrivata prima. Decisive furono le due sconfitte negli scontri diretti e l'incapacità di vincere in trasferta (fuori dal San Paolo solo una vittoria conquistata all'ultima giornata).
    Con "Mister due miliardi" è di nuovo Coppa Italia
    Il colpo di mercato che ingigantì le speranze di gloria dei tifosi azzurri arrivò nell'estate del 1975 quando per l’allora stratosferica cifra di due miliardi di lire fu ingaggiato dal Bologna il centravanti Beppe Savoldi detto BeppeGoal o anche mister due miliardi.

    Savoldi
    Giuseppe Savoldi


    La squadra, reduce dall'amaro secondo posto, non fece meglio nella stagione successiva, arrivando solo al quinto posto. Però riuscì a conquistare la sua seconda Coppa Italia battendo in finale per 4 a 0 l’Hellas Verona all'Olimpico di Roma; poi, battendo il Southampton, il Napoli si aggiudicò anche la Coppa di Lega Italo-Inglese.
    Nella stagione successiva l'obiettivo del raggiungimento della finale di Coppa delle Coppe (allenatore Pesaola) fallì dopo una sconfitta per 2-0 nella semifinale di ritorno contro l'Anderlecht, con la direzione di gara dell'arbitro Matthewson pesantemente contestata dagli azzurri. La gara d’andata era finita 1-0 per il Napoli grazie a una rete di Bruscolotti. In campionato gli azzurri raggiunsero un modesto settimo posto e subirono anche la penalizzazione di un punto in classifica per cumulo di squalifiche del campo.

    Un finale in calando


    Dopo un doppio sesto posto nelle stagioni 1977-1978 e 1978-79, Savoldi lasciò il Napoli che precipitò all'undicesimo posto nel 1979-1980; la sostituzione del ritrovato Vinício con Sormani non riuscì a fermare la crisi.

    Gli anni ottanta
    L’inizio degli anni ottanta fu segnato dalla riapertura delle frontiere ai giocatori stranieri.


    Lucianocastellini
    Luciano Castellini


    Il Napoli, tradizionalmente, aveva avuto nelle sue file ottimi giocatori non italiani (Sallustro, Jeppson, Sívori, Altafini, Hamrin, Cané, Clerici); per mantenere viva la tradizione fu ingaggiato dal Vancouver il libero Ruud Krol, già campione d’Europa con l’Ajax e pilastro difensivo della grande Olanda dei primi anni settanta.

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    Ruud Krol


    Nella stagione 1980-1981, in un'annata resa drammatica dal sisma che il 23 novembre 1980 scosse la città, la squadra, guidata da Rino Marchesi, sfiorò il titolo conquistando il terzo posto finale. Dopo un inizio poco promettente, a causa anche del rendimento pessimo della difesa che incassò nelle prime giornate parecchi gol, l'allenatore Marchesi prese le contromisure adeguate, spostando Marangon in mediana e aggiungendo in difesa Marino, permettendo così a Krol di esprimere tutta la sua classe. Il punto di svolta della stagione fu la partita contro la Roma al San Paolo il 19 ottobre che il Napoli vinse addirittura 4-0. Imbattuto dalla 11ª alla 25ª giornata, dopo la vittoria sul Torino al Comunale, a cinque giornate dal termine, il Napoli si portò in testa alla classifica insieme alla Juventus e con la prospettiva di usufruire di un calendario favorevole. Inaspettatamente, però, nel turno successivo il Perugia - ultimo in classifica - passò al San Paolo per 1-0 con autogol di Ferrario nei primi minuti. Per tutto il resto della gara gli azzurri si gettarono generosamente all'attacco, ma pali, traverse e la notevole prestazione del portiere umbro Malizia sbarrarono al Napoli ogni possibilità di giungere quantomeno al pareggio. Nonostante tutto, la squadra affrontò l'incontro decisivo con la Juventus con due punti di svantaggio e con la teorica possibilità di sfruttare il turno casalingo per riagguantare la vetta a una giornata dal termine. Ancora una volta un'autorete (Guidetti) condannò gli azzurri alla sconfitta e al definitivo addio alle velleità tricolori.
    Nella stagione successiva il tentativo di puntare allo scudetto rinforzando ulteriormente la squadra fu compromesso dai contrasti tra Ferlaino e il direttore generale ed ex calciatore Juliano: l'acquisto da parte di Ferlaino del 76% delle azioni della società suscitò, infatti, il risentimento di Juliano, che tergiversò dapprima sul rinnovo dei contratti di Marchesi e Corso e poi, di fronte alla reazione del Presidente, presentò le dimissioni, che vennero accettate da Ferlaino. Le lotte in seno alla società compromisero dunque il campionato del Napoli, insieme al potenziamento non adeguato della squadra (i nuovi arrivati, come Palanca e Criscimanni, non si dimostrarono all'altezza), al rendimento non sempre esaltante di Krol, e ai pettegolezzi che circolavano sulla squadra, ma, nonostante tutto, il Napoli concluse il campionato al quarto posto. Lo Scudetto restò lontano da Napoli nonostante Krol e Claudio Pellegrini, capocannoniere del Napoli in entrambe le stagioni con il medesimo numero di gol (11).
    Nonostante l’arrivo di altri stranieri di valore quali Ramón Díaz prima e José Dirceu poi, nei due campionati successivi la retrocessione in serie B fu evitata in extremis.

    Il biennio 1984-1986
    Nella stagione successiva arrivò dalla Fiorentina Daniel Bertoni, argentino e campione del mondo che prese uno dei due posti riservati agli stranieri e lasciati liberi da Krol e Dirceu, ceduti rispettivamente a Cannes ed Ascoli.

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    Diego Armando Maradona


    Il presidente Ferlaino, deciso a portare la società verso grandi traguardi, il 30 giugno 1984 definì l'acquisto del campione argentino Diego Armando Maradona dal Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire. Il fuoriclasse di Lanús, tuttora considerato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, venne presentato il 5 luglio successivo in uno stadio San Paolo gremito in ogni ordine di posti. La prima stagione del Napoli di Maradona, dopo un girone di andata mediocre, fu conclusa con una posizione di centro classifica solo nelle ultime giornate di campionato.
    La squadra venne gradualmente ricostruita: furono ingaggiati Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella e Alessandro Renica. In panchina Rino Marchesi lasciò il testimone ad Ottavio Bianchi, che da giocatore militò per cinque stagioni in maglia azzurra. I cambiamenti coinvolsero anche la dirigenza, con l'addio di Antonio Juliano e l'ingresso in società di Italo Allodi, già dirigente di Inter, Juventus e Fiorentina. Dal vivaio emergevano giovani talenti, uno su tutti Ciro Ferrara, che debuttò in prima squadra proprio nel 1985-1986. La stagione finì col Napoli al terzo posto, alle spalle di Juventus e Roma.

    Il primo scudetto e la terza Coppa Italia

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    Il Napoli Campione d'Italia 1987 e vincitore della Coppa Italia 1986-1987


    La stagione del primo scudetto fu quella del 1986-1987. Vennero ingaggiati il terzino Giuseppe Volpecina, il regista Francesco Romano e l'attaccante Andrea Carnevale, mentre Maradona era appena tornato dal trionfale mondiale messicano. Così come aveva fatto per l'Argentina, Maradona condusse il Napoli alla vittoria del campionato.
    Il campionato prese il via il 14 settembre, con il Napoli che si impose a Brescia (0-1) con rete di Maradona. Inizialmente i partenopei si limitarono ad inseguire la Juventus, che tentò la fuga. Il 9 novembre, nello scontro diretto giocato a Torino con le due squadre appaiate in testa, gli azzurri s'imposero per 3-1 con reti di Ferrario, Giordano e Volpecina. Il Napoli balzò così in testa alla classifica e mantenne il primo posto fino alla fine del girone d'andata, resistendo anche al blitz dell'Inter, che agganciò i partenopei alla quattordicesima (con il Napoli che subì la prima sconfitta stagionale per mano della Fiorentina), per poi sciupare tutto perdendo a Verona l'11 gennaio.
    Il Napoli iniziò con passo spedito il girone di ritorno, vincendo quattro gare di fila e staccando il folto gruppo delle inseguitrici, che comprendeva ora anche Roma e Milan. All'inizio di aprile i partenopei ebbero un leggero calo - pareggio ad Empoli e sconfitta a Verona - che permise all'Inter di avvicinarsi: i punti di distanza tra napoletani e milanesi rimasero due fino alle ultime giornate. Il 3 maggio, alla terzultima di campionato, i nerazzurri meneghini caddero ad Ascoli mentre gli azzurri impattavano 1-1 a Como. A questo punto era sufficiente un pareggio per conquistare lo scudetto: il 10 maggio 1987, alla penultima giornata, il Napoli conquistò matematicamente il suo primo titolo nazionale grazie all'1-1 al San Paolo contro la Fiorentina (reti di Carnevale e Roberto Baggio), che permise agli azzurri di mantenere il vantaggio di quattro punti su Inter e Juventus a una giornata dal termine, un distacco che non poteva più essere colmato. I tifosi festeggiarono lo storico trionfo riversandosi nelle strade della città. Uno striscione esposto in Curva B recitava: La storia ha voluto una data, 10 maggio 1987.

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    10 maggio 1987: il San Paolo in festa per la conquista del primo scudetto dei partenopei


    La squadra vinse anche la sua terza Coppa Italia 1986-1987, conquistata vincendo tutte le gare, comprese le due finali disputate contro l'Atalanta. L'accoppiata scudetto/coppa era un'impresa che fino a quel momento era riuscita solo al Grande Torino ed alla Juventus.
    La rosa Campione d’Italia comprendeva: Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Carnevale, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano; Volpecina, Caffarelli, Sola, Muro, Bigliardi, Di Fusco, Puzone, Sola, Miano, Filardi, Celestini, Carannante; Allenatore: Ottavio Bianchi.

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    I tifosi azzurri allo stadio festeggiano il primo storico tricolore del Napoli


    Il campionato 1987-1988 iniziò sotto i migliori auspici, anche grazie all'innesto del centravanti brasiliano Careca acquistato dal San Paolo: cinque vittorie nelle prime cinque gare diedero subito l'impressione che il Napoli volesse rifarsi dal deludente esordio in Coppa dei Campioni con l'eliminazione al primo turno contro il Real Madrid, 2-0 per le merengues in Spagna e 1-1 nel ritorno al San Paolo, vincendo un altro scudetto. Nel corso della stagione il primato azzurro sembrava non entrare mai in discussione, e la conquista del titolo apparve addirittura più agevole rispetto alla stagione precedente. Al termine del girone d'andata, i partenopei erano primi in classifica con uno score di undici vittorie, tre pareggi ed una sconfitta; il Napoli accelerò ancora: altre sette vittorie consecutive. Poi, nel finale, ci fu il crollo: nelle ultime cinque giornate, il Napoli conquistò un solo punto, perdendo quattro gare di fila, tra le quali lo scontro diretto con il Milan (2-3 al San Paolo) che segnò il sorpasso rossonero sugli azzurri e la conquista da parte del Diavolo del primo scudetto dell'era-Berlusconi.
    Il finale di campionato degli azzurri provocò roventi polemiche all'interno della società , con lo spogliatoio del Napoli che si spaccò e si passò così dalle critiche alle "epurazioni": Claudio Garella, ceduto all'Udinese, Moreno Ferrario, ceduto alla Roma, Salvatore Bagni, ceduto all'Avellino, e Bruno Giordano, ceduto all'Ascoli, vennero messi alla porta; restarono gli unici a pagare per lo scudetto perso a vantaggio dei rossoneri di Arrigo Sacchi.
    Il trio MA.GI.CA.

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    La MA.GI.CA.: Careca, Maradona e Giordano


    Il MA.GI.CA. era il tridente di attacco del Napoli alla fine della stagione 1987-1988. Il tridente era composto da Diego Armando Maradona, Antonio Careca, e Bruno Giordano. Tale soprannome nacque dopo la partita Ascoli-Napoli del 31 gennaio 1988, finita 3-1 per i partenopei; in quella gara andarono a segno, nell'ordine, Maradona (su rigore), Giordano e Careca.

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    Salvatore Bagni


    In quella stagione, il tridente collezionò complessivamente 97 presenze (Maradona 37, Careca 33, Giordano 27) e segnò 47 reti (Maradona 21, Careca 18, Giordano 8).

    Coppa UEFA e secondo scudetto

    Finita in modo burrascoso la stagione 1987-1988, per quella successiva la squadra cambiò radicalmente: per sostituire i giocatori allontanati, il Napoli ricorse a diversi acquisti, tra cui quello di Giuliano Giuliani, di Luca Fusi e del forte centrocampista brasiliano Alemão dell'Atletico Madrid, già compagno di Careca nella Seleção. Entrarono a far parte della dirigenza azzurra Luciano Moggi e Giorgio Perinetti.
    Il campionato 1988-1989 regalò belle soddisfazioni al Napoli, come il 5-3 esterno alla Juventus (che rimase l'ultima vittoria azzurra in casa juventina fino al 31 ottobre 2009[76]), il 4-1 al Milan ed il clamoroso 8-2 al Pescara. Lo scudetto di quell'anno, tuttavia, andò all'Inter "dei record" di Giovanni Trapattoni, una delle migliori formazioni della storia neroazzurra. Fin dalle prime giornate, il campionato fu monopolizzato dai nerazzurri e le altre squadre di vertice sembrarono puntare più decisamente alle competizioni europee.
    In Coppa UEFA, gli azzurri partirono subito col piede giusto, eliminando i greci del Paok Salonicco (1-0 ed 1-1), i tedeschi orientali del Lokomotive Lipsia (2-0 ed 1-1) ed i francesi del Bordeaux (0-0 e 0-1). Le sfide più interessanti cominciarono però dai quarti di finale, con il Napoli che si trovò di fronte alla Juventus: dopo lo 0-2 subito nella gara d'andata a Torino, un secco 3-0 al ritorno ribaltò il risultato a favore del Napoli, che passò grazie ad un gol segnato da Renica allo scadere dei tempi supplementari. La semifinale oppose al Napoli i tedeschi del Bayern Monaco. Al San Paolo, che fece registrare il tutto esaurito, il Napoli vinse per 2-0, con gol di Careca e Carnevale ed ipotecò la finale. Al ritorno, una doppietta di Careca (2-2 il finale) spianò la strada per la finalissima contro un'altra tedesca, lo Stoccarda di Jürgen Klinsmann.
    « Stoccarda, 17 maggio 1989, secondo anniversario dello scudetto, mercoledì. La città della Mercedes e della Porsche è invasa da ogni tipo di carretta targata Napoli. Treni, aerei, auto, pullman riversano in quell'oasi di opulenza industriale e di emigrazione italiana, il più fantastico ma più diseredato popolo del mondo del calcio. In 30.000 al Neckerstadion nella magica notte della Coppa UEFA »
    (Salvatore Biazzo, La magia di Stoccarda, Ed. RAI 1996)

    Coppa UEFA 1989
    Napoli, Stadio San Paolo, 3 maggio 1989
    Napoli - Stoccarda 2-1
    Marcatori: 17’ p.t. Gaudino (S), 23’ s.t. Maradona (N) (rigore), 42’ s.t. Careca (N)
    NAPOLI: Giuliani; Renica, Ferrara, Francini, Corradini (Crippa 46'); Alemao, Fusi, De Napoli; Careca, Maradona, Carnevale. Allenatore: Bianchi.
    STOCCARDA: Immel; Allgower, N.Schmaler, Hartmann; Schafer, Katanec, Sigurvinnson, Schroder; Walter (Zietsch 70'), Klinsmann, Gaudino. Allenatore: Haan
    Arbitro: Germanakos (Grecia)
    Stoccarda, Neckarstadion, 17 maggio 1989
    Stoccarda - Napoli 3-3
    Marcatori: 18’ Alemao (N), 27' Klinsmann (S), 39’ Ferrara (N), 62' Careca (N), 70° De Napoli aut. (S), 89' O. Schmaler
    STOCCARDA: Immel; Allgower, N.Schmaler, Hartmann; Schafer, Katanec, Sigurvinnson, Schroder; Walter (O. Schmaler 77), Klinsmann, Gaudino. Allenatore: Haan
    NAPOLI: Giuliani; Renica, Ferrara, Francini, Corradini; Alemao (Carannante 30'), Fusi, De Napoli; Careca (Bigliardi 70'), Maradona, Carnevale. Allenatore: Bianchi.
    Nella gara d'andata, i tedeschi gelarono il San Paolo con la rete di Maurizio Gaudino (per ironia della sorte, figlio di napoletani emigrati in Germania), ma le reti di Maradona prima e di Careca (allo scadere) poi, fissarono il punteggio sul 2-1. Il ritorno a Stoccarda, con oltre 30.000 tifosi azzurri al seguito, fu un trionfo: segnò Alemão, pareggiò Klinsmann, poi Ciro Ferrara e Careca chiusero la partita. Ininfluenti i due gol tedeschi che fissarono il risultato finale sul 3-3, con il Napoli che vinse così la Coppa UEFA 1989, suo primo trofeo internazionale.
    La stagione 1989-1990 si aprì subito con una notizia clamorosa: Ottavio Bianchi lasciò la panchina azzurra, sostituito da Albertino Bigon. Maradona prolungò la sua permanenza in Argentina e non rientrò in tempo utile per giocare le prime partite di campionato, a causa di problemi con la società cui si diceva avesse chiesto la cessione: voci subito smentite ma mai in modo del tutto convincente. Tornò in campo solo il 17 settembre 1989, alla quinta di campionato contro la Fiorentina al San Paolo. La squadra intanto acquistava nuovi giocatori, come Massimo Mauro dalla Juventus e il giovane fantasista sardo Gianfranco Zola.

    Bigon
    Albertino Bigon, allenatore del secondo scudetto azzurro.


    In campionato i partenopei partirono subito col piede giusto: sedici risultati utili consecutivi nelle prime 16 gare, tuttora serie record nella storia del club. La sconfitta arrivò solo all'ultima d'andata, un pesante 0-3 in casa della Lazio. ma non destò preoccupazioni. Un piccolo calo di rendimento avvicinò l'Inter ed il Milan, ma la squadra riuscì a gestire il vantaggio di due punti fino allo scontro diretto: a San Siro i rossoneri vinsero 3-0 e raggiunsero il Napoli in testa alla classifica. Due settimane dopo, gli azzurri persero di nuovo a San Siro, stavolta contro l'Inter (3-1), e si ritrovarono due punti indietro. Molti cominciarono a temere il ritorno degli "spettri" del 1988, ma il Napoli non demorse e recuperò prima un punto (Milan sconfitto a Torino dalla Juventus ed azzurri che pareggiarono a Lecce), poi però venne battuto dalla Sampdoria (2-1 al 90º) mentre il Milan cadeva nel derby contro l'Inter. Quando i giochi a poche giornate dalla fine sembravano ormai fatti, avvenne il celebre caso della monetina di Bergamo: sul punteggio di 0-0 tra Atalanta e Napoli, una monetina lanciata dai tifosi nerazzurri colpì alla testa il centrocampista partenopeo Alemão, costringendolo ad abbandonare il campo. Il giudice sportivo assegnò il 2-0 a tavolino al Napoli, mentre il Milan venne bloccato sullo 0-0 dal Bologna e venne così raggiunto dagli azzurri a tre giornate dalla fine. Alla penultima giornata, il definitivo sorpasso: rossoneri sconfitti a Verona per 2-1 e Napoli vittorioso 4-2 sul campo del Bologna. Nell'ultima giornata, al San Paolo contro la Lazio, bastava un pareggio per laurearsi campioni: un gol di Marco Baroni dopo appena sette minuti chiuse in fretta la partita e regalò al Napoli il secondo scudetto.

    La Supercoppa e gli ultimi trionfi

    La stagione 1990-1991 cominciò con la vittoria nella Supercoppa italiana, ottenuta battendo la Juventus di Maifredi per 5-1. Il campionato, invece, cominciò male con un solo punto ottenuto nelle prime tre partite. L'inizio in Coppa dei Campioni sembrò favorevole al Napoli, che ottenne una convincente doppia vittoria sugli ungheresi dello Újpesti Dózsa, squadra che aveva già incontrato nella Coppa delle Coppe del 1963, quando si chiamava Újpesti TE. Al secondo turno però gli azzurri vennero eliminati dallo Spartak Mosca ai rigori, dopo un doppio 0-0. La crisi continuò per tutto l'anno, e il Napoli chiuse la stagione con un modesto settimo posto.
    Si chiuse così il primo importante ciclo del Napoli, in coincidenza con il declino di Maradona a seguito delle vicende personali che lo costrinsero a lasciare Napoli e l'Italia in modo amaro. Dal 1991, dopo che il fuoriclasse argentino lasciò Napoli, la squadra si avviò verso un lento ma costante declino.

    Gli anni della crisi

    Inizialmente, con il nuovo tecnico Claudio Ranieri e grazie all'apporto di giocatori del calibro di Zola, Ferrara, Careca e il nuovo arrivato Laurent Blanc, ottenne un discreto quarto posto nella stagione 1991-1992.
    Ranieri venne confermato. La campagna acquisti portò in azzurro giocatori come Daniel Fonseca e Roberto Policano. In Coppa UEFA il Napoli superò il primo turno, con un 5-1 esterno contro il Valencia con Fonseca autore di tutti e cinque gol dei partenopei. Il Paris Saint Germain eliminò però gli azzurri nel turno successivo, grazie ad una doppietta di George Weah nell'andata a Fuorigrotta. In campionato la squadra andò in crisi e dopo un 1-5 contro il Milan Ranieri venne esonerato. Al suo posto ritornò Ottavio Bianchi, che non poté far altro che condurre la squadra ad una tranquilla salvezza.
    La squadra venne quindi svecchiata e subì molti cambiamenti: Bianchi diventò General Manager e scelse come tecnico Marcello Lippi. Pilastri della squadra come Careca e Gianfranco Zola lasciarono la squadra mentre molti giovani promettenti, come Fabio Cannavaro e Fabio Pecchia, divennero protagonisti. Dopo un primo periodo di crisi, Lippi decide di puntare tutto sulle forze fresche e la stagione 1993-1994 finì con un buon sesto posto e la soddisfazione di aver sconfitto il Milan, prossimo a laurearsi campione d'Italia e d'Europa, grazie ad una rete di Paolo Di Canio che realizzò anche il gol all'ultima giornata che valse la qualificazione alla Coppa UEFA.
    Lippi a fine stagione lasciò il Napoli con destinazione Juventus, e con lui anche Ciro Ferrara, bandiera e capitano del Napoli. Al posto dell'allenatore viareggino arriva Vincenzo Guerini e il Napoli in campo si affidò ad André Cruz, Alain Boghossian e all'ex numero dieci del Torino Benny Carbone, arrivato via Roma con Grossi e ben 18 miliardi, nell'affare che portò in terra capitolina Daniel Fonseca. Ma la stagione cominciò male: Guerini venne licenziato dopo un 5-1 subito contro la Lazio ed al suo posto arrivò Vujadin Boškov. L'eccentrico allenatore slavo portò i partenopei al settimo posto, sfiorando la qualificazione alla Coppa UEFA.

    La crisi peggiora

    A partire dal 1995 con la cessione di giocatori come Benito Carbone (all'Inter) e di Fabio Cannavaro (al Parma), iniziò il declino. La retrocessione venne sfiorata e il Napoli si salvò solo alla terz'ultima giornata, vincendo contro la Sampdoria 1-0, grazie ad un rigore nei minuti finali di Arturo Di Napoli. Boškov lascia la squadra a fine anno.
    Nella stagione 1996-1997, la formazione azzurra allenata da Gigi Simoni fu la rivelazione della prima parte del campionato: alla sosta natalizia era al secondo posto a pari merito con il Vicenza e dietro alla Juventus; nel girone di ritorno, tuttavia, la squadra crollò (3 vittorie in 17 gare) e, dopo l'esonero di Simoni sostituito da Vincenzo Montefusco, allenatore della Primavera, arrivò solo dodicesima. Notevole fu il cammino in Coppa Italia.
    Eliminati il Monza, il Pescara (entrambe per 0-1), la Lazio (1-0 ed 1-1) nei quarti e l'Inter (doppio 1-1 e vittoria ai rigori) in semifinale, il Napoli arrivò in finale contro il Vicenza. Nell'andata al San Paolo gli azzurri si imposero per 1-0 con rete di Fabio Pecchia, ma la gara di ritorno al Romeo Menti di Vicenza terminò 1-0 per i veneti dopo i 90 minuti regolamentari e, nei tempi supplementari, complice l'espulsione di Nicola Caccia, i biancorossi realizzarono altri due gol negli ultimi tre minuti che gli valsero il trofeo e l'accesso alla Coppa delle Coppe 1997-1998.

    In Serie B dopo 33 anni

    Nonostante l'acquisto di giocatori come Claudio Bellucci e Igor Protti (capocannoniere della Serie A 1995-1996), nella stagione 1997-1998 la crisi degli anni precedenti arrivò al culmine. Durante l'anno si succedettero sulla panchina del Napoli ben quattro allenatori (nell'ordine: Mutti, Mazzone, Galeone, Montefusco) e tre direttori tecnici (nell'ordine: Ottavio Bianchi, Salvatore Bagni e Antonio Juliano), e in campo ben quaranta calciatori (fra cui l'ormai anziano Giuseppe Giannini, Reynald Pedros, Aljoša Asanović, William Prunier, José Luis Calderón, Massimiliano Allegri), ma nessuno di loro riuscì a evitare la débâcle azzurra: con un bottino di soli quattordici punti - peggior prestazione di sempre in Serie A - il Napoli retrocedette in Serie B dopo 33 anni consecutivi di permanenza nella massima serie.
    Il primo anno in cadetteria fu mediocre; la squadra allenata da Renzo Ulivieri annoverava nell'organico giocatori "blasonati" ma sul viale del tramonto come Igor Shalimov e Roberto Murgita e non riuscì mai ad inserirsi nella lotta per la promozione. A gennaio arrivò l'attaccante Stefan Schwoch, ma la stagione era ormai compromessa e il Napoli chiuse il torneo a metà classifica.
    Il ritorno in A avvenne solo l'anno dopo, stagione 1999-2000, grazie all'oculata gestione del nuovo allenatore Novellino e alle ottime prestazioni di Stefan Schwoch, che con 22 reti realizzate eguagliò il record di gol messi a segno in una singola stagione con la maglia azzurra, detenuto fino a quel momento da Antonio Vojak. Quell'anno il Napoli aveva nel proprio organico elementi di sicuro avvenire, come Massimo Oddo, Matuzalem, Roberto Stellone e Luciano Galletti. Il 7 luglio 2000 entrò in società l'imprenditore romagnolo Giorgio Corbelli, che affiancò Ferlaino alla guida del club ricoprendo la carica di presidente.

    L'ultima retrocessione

    Nonostante i meriti e l'affetto dei tifosi, i due protagonisti del ritorno in A (Novellino e Schwoch) non ottennero la riconferma: il tecnico passò al Piacenza, mentre l'attaccante venne ceduto al Torino. Il Napoli si affidò al tecnico boemo Zdeněk Zeman, esonerato dopo sei partite e sostituito con Emiliano Mondonico. Nonostante alcune prestigiose vittorie (6-2 alla Reggina, 2-1 in casa dei campioni d'Italia in carica della Lazio e l'1-0 all'Inter) e la presenza in squadra di calciatori come Edmundo, Amauri (arrivati entrambi nel mercato di gennaio), Matuzalem, Marek Jankulovski, Nicola Amoruso e Claudio Bellucci, il Napoli non riuscì ad evitare l'immediato ritorno in serie cadetta.
    Nel campionato successivo di serie B arrivò come allenatore Luigi De Canio. La squadra era competitiva e fra le favorite per la promozione: lottò fino all'ultima giornata per ritornare in Serie A, riuscendo a risalire dai bassifondi della classifica fino ai primi posti, inanellando una serie lunghissima di risultati utili consecutivi; ma nella partita decisiva, in casa contro la Reggina, ottenne solo un pareggio (1-1): la stagione finì col Napoli quinto, con la massima serie soltanto sfiorata.
    Il 22 giugno 2002 Giorgio Corbelli cedette le sue quote societarie all'industriale alberghiero Salvatore Naldi, che affidò la squadra all'allenatore Franco Colomba. Il mediocre rendimento della squadra, che si ritrovò anche al penultimo posto in classifica, portò all'esonero del tecnico e all'ingaggio di Franco Scoglio, che lasciò l'incarico di CT della Libia. La squadra risalì timidamente la classifica, ma poi andò di nuovo in crisi ed in panchina venne richiamato Colomba, che riuscì nell'intento di salvare la squadra da una clamorosa retrocessione in C1 solo all'ultima giornata con un pareggio a Messina.
    Nella stagione 2003-2004 le difficoltà finanziarie impedirono l'adeguato potenziamento della squadra: l'allenatore Andrea Agostinelli venne esonerato in corso d'opera per far posto al rientrante Luigi Simoni, ma il risultato fu un mediocre quattordicesimo posto.

    Il fallimento e la rinascita

    Alla crisi di risultati si aggiunse l'ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell'estate del 2004 al fallimento del club ed alla conseguente perdita del titolo sportivo.. Dopo gli ultimi mesi di vita passati tra amministrazioni controllate e ricapitalizzazioni, molti sono gli imprenditori che, senza successo, provano a riportare il calcio a Napoli. nel mese di agosto è però l'imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis a rilevare il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrivere la squadra, con la denominazione Napoli Soccer, al campionato di Serie C1. Nel ruolo di Direttore Generale della neonata società venne scelto Pierpaolo Marino, già dirigente azzurro nella seconda metà degli anni ottanta.
    La società prese parte alla Serie C1 2004-2005. In quella stagione la squadra - costretta anche ad una campagna acquisti effettuata in tempi ristretti - terminò il girone di andata a due punti dalla zona play-off. Con gli acquisti di calciatori di buon livello come Emanuele Calaiò, Inácio Piá e Marco Capparella ed in seguito all'esonero del tecnico Giampiero Ventura (cui subentra Edoardo Reja), il Napoli arrivò terzo alla fine del campionato, ma perse la finale play-off contro l'Avellino, pareggiando 0-0 in casa e perdendo 2-1 ad Avellino. L'intera estate venne vissuta con la speranza, rivelatasi poi vana, di un ripescaggio in cadetteria.
    Nella stagione 2005-06, il Napoli, grazie anche agli acquisti di Gennaro Iezzo, Rubén Maldonado e Mariano Bogliacino, ebbe un ottimo avvio sia in campionato che in Coppa Italia, competizione nella quale venne eliminato solo agli ottavi di finale dalla Roma (prima aveva eliminato Pescara, Reggina e Piacenza). Gli azzurri vennero promossi nella serie cadetta con un notevole distacco sulle inseguitrici, con quattro giornate d'anticipo sulla fine della stagione regolare con Emanuele Calaiò che si mise in evidenza segnando diciotto reti.

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    Emanuele Calaiò, protagonista nella doppia promozione dalla C1 alla A.


    Al termine della stagione, il 23 maggio 2006, il presidente De Laurentiis, mantenendo la promessa fatta all'atto della sua acquisizione del titolo sportivo dalle mani del tribunale, restituì al club la denominazione originaria di Società Sportiva Calcio Napoli, volutamente non utilizzata nei due campionati di terza serie.
    L'ultimo atto della stagione fu la finale di Supercoppa di Serie C1 persa contro lo Spezia: nella doppia finale prevalse la squadra ligure grazie allo 0-0 interno nella gara d'andata e all'1-1 al "San Paolo".
    Nel campionato 2006-07 l'obiettivo fu il salto di categoria in un torneo interessante e difficile, a causa della presenza di squadre di ottimo valore, prima fra tutte la Juventus (retrocessa in serie cadetta in seguito a Calciopoli).
    Per puntare alla promozione vennero acquistati calciatori di valore come Paolo Cannavaro (fratello minore di Fabio Cannavaro) e Samuele Dalla Bona e giocatori di sicura affidabilità come Maurizio Domizzi, Christian Bucchi (capocannoniere della Serie B 2005-2006), il giovane difensore austriaco György Garics ed il trequartista Roberto De Zerbi.
    In campionato la squadra si mantenne costantemente nelle prime tre posizioni; infine, registrata la promozione della Juventus, il Napoli giunse al confronto diretto dell'ultima giornata, in casa del Genoa, secondo in classifica e con un punto di vantaggio proprio sui liguri. Il pareggio a reti bianche di Marassi e il concomitante pareggio del Piacenza (unica squadra che era ancora in gioco per eventuali play-off), fu sufficiente a garantire sia al Napoli che al Genoa la promozione diretta, festeggiata insieme dalle due tifoserie (gemellate dal 1982) da troppo tempo lontane dal massimo palcoscenico calcistico nazionale.

    Il ritorno in Serie A


    Per il ritorno in Serie A, il Napoli modificò leggermente la propria politica gestionale, puntando ancor di più, rispetto al passato, su giovani talenti che consentissero con basse spese di avere buoni rendimenti immediati e futuri - in primis l'attaccante argentino Ezequiel Lavezzi, il centrocampista slovacco Marek Hamšík e il mediano uruguaiano Walter Gargano - affiancandoli a giocatori di esperienza come Manuele Blasi, Marcelo Zalayeta e Matteo Contini; in panchina venne confermato Reja, che divenne uno dei tecnici più longevi della storia del club. Nel mercato di gennaio, poi, vennero acquistati Daniele Mannini e Fabiano Santacroce dal Brescia, Michele Pazienza dalla Fiorentina e Nicolas Navarro dall'Argentinos Juniors. In campionato, il Napoli superò squadre importanti come Inter, Milan e Juventus e chiuse all'ottavo posto con 50 punti, centrando la qualificazione per l'Intertoto dopo quasi 14 anni dall'ultima partecipazione in una competizione europea. In Coppa Italia gli azzurri vennero eliminati dalla Lazio agli ottavi di finale (3-2 in totale: 2-1 a Roma e 1-1 a Napoli). Il capocannoniere azzurro in campionato fu il ventenne centrocampista Marek Hamšík con 9 reti.

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    Marek Hamšík


    Di nuovo in Europa: dall'Intertoto all'Europa League

    In vista della stagione successiva, Pierpaolo Marino mise a segno cinque acquisti: Leandro Rinaudo dal Palermo, Christian Maggio dalla Sampdoria, Germán Denis dall'Independiente, Salvatore Aronica dalla Reggina, Andrea Russotto arrivato con la formula del prestito con diritto di riscatto dal Bellinzona e confermò per il quarto anno di fila Reja come allenatore. Nel mercato di gennaio venne invece messo a segno l'acquisto di Jesús Dátolo dal Boca Juniors, mentre dalla lista degli svincolati viene ingaggiato il portiere Luca Bucci.
    Superati i greci del Panionios in Intertoto (arrivata alla sua ultima edizione) e gli albanesi del Vllaznia nei preliminari di UEFA, il Napoli si qualificò per il tabellone principale, dove venne eliminato dal Benfica al primo turno. In Coppa Italia la squadra uscì ai calci di rigore contro la Juventus nei quarti di finale. In campionato gli azzurri partirono con notevole slancio (20 punti nelle prime 9 giornate) e chiusero il girone di andata al quinto posto, ma un clamoroso tracollo portò la squadra a tre mesi e mezzo senza vittorie; ne fece le spese il tecnico Reja, esonerato dopo più di 4 anni di militanza sulla panchina azzurra e sostituito dall'ex CT della Nazionale Roberto Donadoni. Il Napoli raccolse appena 13 punti nel girone di ritorno, chiudendo il campionato al 12º posto con 46 punti. Marek Hamšík si confermò capocannoniere dei partenopei con 9 reti.


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    La società partenopea decise di voltare pagina e intervenne con decisione sul mercato: arrivarono Fabio Quagliarella, Luca Cigarini, Hugo Campagnaro, Juan Camilo Zúñiga, Morgan De Sanctis e l'attaccante austriaco Erwin Hoffer. Sul fronte partenze, le cessioni più rilevanti furono quelle di Daniele Mannini (passato in comproprietà alla Sampdoria nell'ambito dell'operazione Campagnaro), Manuele Blasi e Marcelo Zalayeta, ceduti in prestito rispettivamente a Palermo e Bologna.
    L'inizio di campionato sembrò però ricalcare il rendimento mediocre della stagione precedente, e così venne rivoluzionata la struttura societaria: il 28 settembre 2009 si interruppe consensualmente, dopo 5 anni, con il DG Pierpaolo Marino, colui che aveva affiancato De Laurentiis fin dai primissimi -difficili- giorni di vita della nuova società, nonostante il contratto rinnovato solo pochi mesi prima. Stessa sorte toccò a Roberto Donadoni, sollevato dall'incarico il 6 ottobre 2009 dopo aver raccolto 7 punti in 7 partite e sostituito con Walter Mazzarri. Contemporaneamente, dalla Reggina arrivò il Direttore Sportivo Riccardo Bigon, figlio di Alberto, allenatore del secondo scudetto azzurro. Sotto la guida del tecnico toscano il Napoli inanellò una serie di 15 risultati utili consecutivi, tra cui le vittorie in casa di Fiorentina e Juventus, che permisero ai partenopei di chiudere il girone d'andata al terzo posto, eventualità che non si verificava dalla stagione 1991-1992. Nonostante una leggera flessione nel girone di ritorno, il Napoli chiuse il torneo al 6º posto con 59 punti, miglior risultato dalla stagione 1993-1994 e record di punti in massima serie con i 3 punti per vittoria, garantendosi così l'accesso diretto all'Europa League. Per il terzo campionato consecutivo, Marek Hamšík fu il capocannoniere della squadra (12 gol).
    Il ritorno in Champions e la quarta Coppa Italia
    Nella stagione seguente, confermato Mazzarri alla guida tecnica, il Napoli puntò sulla conferma dell'ossatura della squadra cui venne aggiunto l'attaccante uruguaiano Edinson Cavani, proveniente dal Palermo, con la conseguente cessione di Fabio Quagliarella alla Juve, con conseguenti polemiche dei tifosi sia verso la società che verso il giocatore, reo di aver accettato la corte di uno storico nemico. Cavani però si rese protagonista di una stagione dal notevole rendimento, caratterizzata da 26 gol in campionato (battuto il precedente record di Antonio Vojak) e 33 complessivi in stagione, che contribuirono a mantenere la squadra azzurra costantemente ai vertici della classifica; il Napoli è comunemente designato come principale avversario del Milan nella lotta-scudetto, e l'inseguimento dura fino al finale di campionato, che la squadra conclude al terzo posto (70 punti, nuovo record con i 3 punti per vittoria) e alla conseguente partecipazione diretta in UEFA Champions League, competizione dalla quale i partenopei mancavano da 21 anni..
    Nella stagione 2011-2012 - in vista della quale gli azzurri acquistano, tra gli altri, il centrocampista svizzero Gökhan Inler, proveniente dall'Udinese - il Napoli chiude il campionato al quinto posto. Notevole il rendimento offerto nelle coppe, con gli azzurri che accedono agli ottavi di Champions League dopo aver eliminato il Manchester City nella fase a gironi, cedendo solo di fronte ai futuri campioni del Chelsea; la stagione è caratterizzata soprattutto dalla vittoria della Coppa Italia, la quarta della storia del Napoli, a 22 anni dall'ultimo trofeo e primo alloro della presidenza De Laurentiis e in assoluto del dopo-Maradona: il club partenopeo se l'aggiudica superando per 2 a 0 l'ancora imbattuta Juventus campione d'Italia nella finale unica giocata il 20 maggio 2012 allo Stadio Olimpico di Roma.




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