LA STORIA DEL TEMPO

....inventata dall'uomo

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  1. Lussy60
     
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    Una stanza in penombra, la luce accesa ad illuminare le pagine di un libro aperto. In un silenzio rasserenante, il ticchettio stanco di un pendolo.

    “Tempus fugit” leggo nella placca di metallo affissa sopra il quadrante e tutto lo spazio che mi circonda adesso è come se iniziasse a muoversi prima lentamente e poi, quasi subito in maniera veloce. Sono fermo, seduto, eppure dentro di me qualcosa inizia a scorrere… Io sento il tempo!



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    “Che cosa è dunque il tempo?” Si interrogava ne Le Confessioni S. Agostino. “Se nessuno me ne chiede lo so bene – diceva - : ma se volessi darne spiegazione a chi me ne chiede, non lo so”.



    I nostri antenati avevano come riferimento la ciclicità della natura. La notte stellata dava un senso al mattino trascorso e l’alba indicava che un nuovo giorno era nato col sorgere del sole.

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    Il tempo nell’uomo è stato da sempre una misura fondamentale per dividere ciò che è stato da ciò che è, per capire quando e come scandire e organizzare la vita. In molte civiltà, soprattutto orientali, permane ancora la concezione della ciclicità: quella dell’Eterno Ritorno.




    L’universo periodicamente si rigenera: ciclo dopo ciclo, spiegavano gli Stoici, gli eventi sono destinati a ripetersi: rivedremo le stesse persone, gli stessi eventi si ripeteranno.




    Questo si contrappone alla rappresentazione mentale del tempo lineare che abbiamo in occidente, che scorre solo in avanti, demarcando il passato dal presente. Molti scienziati come Newton o filosofi come Zenone, Platone, Aristotele, Kant, Bergson e molti altri, hanno cercato di dare una risposta.


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    “I temporalisti - scrive Elisa Paganini - credono che il divenire del tempo, cioè il divenire da passato a presente a futuro, sia una caratteristica degli eventi e necessiti di una specifica descrizione concettuale.




    Gli atemporalisti credono invece che il divenire del tempo sia imputabile a predisposizioni psicologiche degli esseri umani e pertanto non sia inerente agli eventi, i quali non divengono, ma sono da sempre in determinate relazioni fra loro”.




    Il tempo non è uguale per tutti, diceva Einstein, ma dipende dallo stato di moto dell’osservatore. Relativizzare il tempo significa metterlo in relazione con lo spazio che ci circonda. Ed ecco che in letteratura le speculazioni di filosofi e studiosi, sono materia primissima e preziosa per molti scrittori che iniziano a rappresentare non più il reale concreto, ciò che è veramente presente. Non si vuole più tenere conto del tempo inteso come misura per coordinare la narrazione, ma si utilizza la sensazione che la dimensione temporale suscita nella coscienza, o meglio nella soggettività cognitiva.


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    Nasce la letteratura di Joyce con il suo Ulysses girovago per le strade di Dublino, di Woolf con Mrs. Dalloway. Nel vagabondo delle stelle di Jack London il protagonista con una tecnica insolita di meditazione, riesce a vagare non solo tra i suoi ricordi reali del passato, ma anche viaggiare attraverso vite parallele, vite che si sviluppano in luoghi e tempi sempre diversi.

    Nella Recherche di Proust, il sapore di una madeleine (dolce tipico francese), risveglia nel protagonista i ricordi di quand’era bambino, quando a Combray trascorreva le sue giornate in compagnia della famiglia.

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    Al di là degli orologi che a molti servono soltanto come accessorio per ostentare la propria appartenenza a questo tempo modaiolo, più che tentare di dare una definizione specifica sul tempo e la sua misura, conviene che ognuno di noi si soffermi sull’aspetto qualitativo del tempo ed investa quante più energie affinché lo scorrere sia quanto più denso di contenuti possibili.

    Lo stesso Seneca denunciava la scarsa consapevolezza dalla maggior parte delle persone sul valore del tempo: ”gran parte del nostro tempo ci sfugge mentre siamo impegnati a fare nulla o a farlo male,quando non ci rendiamo conto che mentre il tempo passa moriamo sempre un po’, perché infatti tutti i giorni che abbiamo già vissuto sono alle nostre spalle e sono già morti”. Vivere pienamente il quotidiano, il momento, l’attimo fugace, significa anche gestire e pianificare il proprio tempo in maniera cosciente e utile per la propria evoluzione.

    Donato Dell'Orzo

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    Tutto il mondo viene considerato come un enorme flusso perenne: nessuna cosa è mai la stessa, tutto si trasforma ed è in una continua evoluzione.

    Per questi motivi, Eraclito identifica la forma dell’Essere nel Divenire, dacché ogni cosa è soggetta al tempo e alla sua relativa trasformazione. Egli sostiene che solo il cambiamento e il movimento siano reali e che l'identità delle cose uguali a se stesse sia illusoria: per Eraclito tutto scorre:

    « Tutto scorre, non ci si può immergere due volte nello stesso fiume »




     
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