LA STORIA DEL TEMPO

....inventata dall'uomo

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    ... L’UOMO ED IL TEMPO …

    …Il tempo fugge, ci sfugge e a volte sembra che la nostra giornata, la nostra vita sia una continua rincorsa ad esso. Gli attimi sono come lampi che si susseguono mentre i nostri gesti sono le lancette di un grandissimo orologio che ci circonda. Le emozioni sono il quadrante di questo enorme orologio, sono il colore della sabbia della enorme clessidra nella quale scorrono granelli di attimi che rincorrono l’un l’altro. Noi ingranaggi di questo orologio, attimi del tempo che volge all’infinito … dobbiamo soltanto respirare attimi di quel tempo lasciando che esso ci avvolga e noi diventiamo parte di esso. La felicità dell’uomo consiste nel suo divenire “tempo” ed espandersi verso l’infinito divenendo eternità … .
    (Claudio)



    L'uomo che aveva paura del tempo

    L'uomo che aveva paura del tempo sapeva bene che non sarebbe riuscito a cancellarlo.
    Tanto meno a dominarlo. A rallentarne la corsa.

    Pensò, allora, che fosse assolutamente necessario stare sempre in guardia e organizzare una strenua difesa.
    Perchè - era sicuro - il tempo congiurava contro di lui.
    Lo percepiva ogni volta che lo specchio brizzolato gli restituiva il volto di una ruga.
    Oppure quando, lo sguardo distolto da sè, scorgeva un nido dischiuso, che non gli apparteneva.

    Allora, prima di tutto, si armò di quanto potesse tornargli utile nel caso di uno scontro corpo a corpo.
    Poi, si mise a osservare attentamente i segni che il tempo lasciava qua e là.
    Li contò. Li confrontò con le linee incise sul palmo delle proprie mani.
    Quindi, li distribuì in bell'ordine lungo i due fili di un pallottoliere.
    Con i suoi anni a fare da spartiacque.
    Infine, con disappunto, prese nota del poco che sarebbe scomparso prima di lui.
    Del troppo che sarebbe sopravvissuto.

    In quell'istante gli fu chiaro il da farsi.
    Rinchiudersi nella pausa che avrebbe frantumato il tempo.
    Sostituendo la fretta con l'attesa.
    Trasformati in un sogno, che non fosse un desiderio nè un presagio, le parole e le emozioni, le aurore e i tramonti, il cielo e la notte, le onde e i boschi, il silenzio e i rumori, i numeri e le geometrie.

    Il trasloco nel limbo rarefatto fu agevole e lieve. Impercettibile a occhio nudo.
    Gli bastò schiacciare un interruttore, per spegnere ogni tensione.
    Anche il vuoto si svuotò.

    Così, come su una scacchiera, iniziarono a muoversi, in lento monologo, cose e persone: ombre dotate di un destino estraneo alla propria volontà.
    A tutti vennero assegnati percorsi e canovacci a termine, materie e pensieri senza possibilità di scacco matto.

    L'uomo che aveva paura del tempo non si è mai accorto che, intanto, come luci di un prisma, le sue pedine conducevano una duplice esistenza.
    Quella che (non) è servita ai suoi scopi.
    E l'anello di una catena resistente a ogni invenzione.


    Dal Web



    Edited by gheagabry1 - 4/1/2020, 12:46
     
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  2. gheagabry
     
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    "Vedo che sull'orologio sono le undici di sera. Dov'è qui il tempo? Sta nell'orologio? Si dice: il tempo viene esperito nel movimento delle lancette dell'orologio. Ma com'è allora, se l'orologio si è arrestato? Anche in tal caso, con l'arrestarsi dell'orologio, il tempo non è affatto svanito. Solo, non posso dire più che ora è."
    (M.Heidegger)



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    IL CONCETTO DEL TEMPO

    La spazialità e la temporalità sono per la scienza l'inaggirabile, la sua condizione necessaria affinché ogni fenomeno possa essere rappresentato, misurato e calcolato.
    Ma dal sapere che cosa sia lo spazio e il tempo essa si allontana misteriosamente. Secondo Heidegger, la scienza non può dirci che cos'è il tempo. Essa si interroga sulla sua misurazione: nell'atteggiamento scientifico naturale il tempo è un che di misurato e da misurare. La scienza "tiene conto" del tempo. E il suo domandare circa il tempo diviene la questione di "come" tenerne conto e in rapporto a che cosa.

    L'atteggiamento scientifico-naturale dice nell'esperienza quotidiana:<< Ora sono le 10>>. Mediante uno strumento, l'orologio, si misura l'"ora", l'"adesso". Ma la scienza ignora cosa sia l'"ora" e l'"adesso".
    In ogni sua misurazione il tempo stesso, il suo fenomeno, deve essere già dato, assunto e accettato, presupposto.
    Heidegger vuole così sottolineare che esso è già in qualche modo noto all'uomo, prima che questi voglia misurarlo, e che l'esistenza umana sta in un enigmatico rapporto con il tempo.

    Come cosa d'uso, essa ha la strana proprietà di "andare", le sue lancette compiono un movimento che ritorna regolarmente e così facendo intersecano delle cifre. Per noi esso è un "cronometro", misura il tempo, attraverso di esso si fa l'esperienza del tempo.
    Heidegger fa vari esempi. Uno di questi è particolarmente importante:<<poniamo il caso che con un orologio giungiamo nella foresta vergine da un appartenente alla tribù negra, che non ha mai visto un orologio, e gli mostriamo questa cosa. Vedendone il movimento, egli penserà che questa cosa sia viva. Per lui questa cosa non è un orologio, un cronometro. Certo ciò non significa che a quest'uomo sia estraneo il rapporto con il tempo.>>

    "I movimenti della natura che noi determiniamo dal punto di vista spazio-temporale, non corrono "nel tempo" come "in" una cerniera, ma come tali sono completamente liberi dal tempo; si incontrano solo "nel" tempo, nella misura in cui il loro essere viene svelato nella sua pura natura. Si incontrano "nel" tempo che noi stessi siamo"
    L'uomo dunque non ha il tempo nel senso del possesso o dell'oggettivazione. L'esserci umano "è" il tempo nel senso che si temporalizza: in quanto poter-essere si protende nel tempo, essendo già sempre proiettato, oltre ogni presente e ogni passato. Il tempo è il senso del suo essere in quanto sostiene e rende possibile la "motilità" della sua esistenza. Il tempo ci è stato "dato" come nostro modo d'essere, come la condizione di possibilità del nostro essere-nel-mondo ed esprime il nostro esserci nella sua finitezza e nella sua totalità.
    (multimania.it)




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    Il tempo è ciò che accade quando non accade nient’altro.
    (Richard Feynman)


    Si fa presto a dire tempo. Perché proprio il concetto più pervasivo dell’indagine umana, la parte integrante della nostra realtà e della nostra quotidianità, resta uno dei misteri più insondabili. Da sempre. Tempus fugit, dicevano i latini. E infatti il tempo fugge e ci sfugge, nonostante l’uomo cerchi di afferrarne l’essenza. Indagandolo, misurandolo, spezzettandolo in ore, giorni e mesi: l’idea del tempo, infatti, è il risultato dell’intrecciarsi di una molteplicità di storie. Da quella dell’astronomia a quella della fisica, della biologia e della psicologia, da quella religiosa a quella delle invenzioni tecniche. E poi l’arte, la musica, la poesia, l’economia, la storia: il tempo le pervade, oggetto di indagine e soggetto, burattinaio che si fa beffe di calcoli e indagini filosofiche.

    Edited by gheagabry1 - 4/1/2020, 12:44
     
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    Una stanza in penombra, la luce accesa ad illuminare le pagine di un libro aperto. In un silenzio rasserenante, il ticchettio stanco di un pendolo.

    “Tempus fugit” leggo nella placca di metallo affissa sopra il quadrante e tutto lo spazio che mi circonda adesso è come se iniziasse a muoversi prima lentamente e poi, quasi subito in maniera veloce. Sono fermo, seduto, eppure dentro di me qualcosa inizia a scorrere… Io sento il tempo!



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    “Che cosa è dunque il tempo?” Si interrogava ne Le Confessioni S. Agostino. “Se nessuno me ne chiede lo so bene – diceva - : ma se volessi darne spiegazione a chi me ne chiede, non lo so”.



    I nostri antenati avevano come riferimento la ciclicità della natura. La notte stellata dava un senso al mattino trascorso e l’alba indicava che un nuovo giorno era nato col sorgere del sole.

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    Il tempo nell’uomo è stato da sempre una misura fondamentale per dividere ciò che è stato da ciò che è, per capire quando e come scandire e organizzare la vita. In molte civiltà, soprattutto orientali, permane ancora la concezione della ciclicità: quella dell’Eterno Ritorno.




    L’universo periodicamente si rigenera: ciclo dopo ciclo, spiegavano gli Stoici, gli eventi sono destinati a ripetersi: rivedremo le stesse persone, gli stessi eventi si ripeteranno.




    Questo si contrappone alla rappresentazione mentale del tempo lineare che abbiamo in occidente, che scorre solo in avanti, demarcando il passato dal presente. Molti scienziati come Newton o filosofi come Zenone, Platone, Aristotele, Kant, Bergson e molti altri, hanno cercato di dare una risposta.


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    “I temporalisti - scrive Elisa Paganini - credono che il divenire del tempo, cioè il divenire da passato a presente a futuro, sia una caratteristica degli eventi e necessiti di una specifica descrizione concettuale.




    Gli atemporalisti credono invece che il divenire del tempo sia imputabile a predisposizioni psicologiche degli esseri umani e pertanto non sia inerente agli eventi, i quali non divengono, ma sono da sempre in determinate relazioni fra loro”.




    Il tempo non è uguale per tutti, diceva Einstein, ma dipende dallo stato di moto dell’osservatore. Relativizzare il tempo significa metterlo in relazione con lo spazio che ci circonda. Ed ecco che in letteratura le speculazioni di filosofi e studiosi, sono materia primissima e preziosa per molti scrittori che iniziano a rappresentare non più il reale concreto, ciò che è veramente presente. Non si vuole più tenere conto del tempo inteso come misura per coordinare la narrazione, ma si utilizza la sensazione che la dimensione temporale suscita nella coscienza, o meglio nella soggettività cognitiva.


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    Nasce la letteratura di Joyce con il suo Ulysses girovago per le strade di Dublino, di Woolf con Mrs. Dalloway. Nel vagabondo delle stelle di Jack London il protagonista con una tecnica insolita di meditazione, riesce a vagare non solo tra i suoi ricordi reali del passato, ma anche viaggiare attraverso vite parallele, vite che si sviluppano in luoghi e tempi sempre diversi.

    Nella Recherche di Proust, il sapore di una madeleine (dolce tipico francese), risveglia nel protagonista i ricordi di quand’era bambino, quando a Combray trascorreva le sue giornate in compagnia della famiglia.

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    Al di là degli orologi che a molti servono soltanto come accessorio per ostentare la propria appartenenza a questo tempo modaiolo, più che tentare di dare una definizione specifica sul tempo e la sua misura, conviene che ognuno di noi si soffermi sull’aspetto qualitativo del tempo ed investa quante più energie affinché lo scorrere sia quanto più denso di contenuti possibili.

    Lo stesso Seneca denunciava la scarsa consapevolezza dalla maggior parte delle persone sul valore del tempo: ”gran parte del nostro tempo ci sfugge mentre siamo impegnati a fare nulla o a farlo male,quando non ci rendiamo conto che mentre il tempo passa moriamo sempre un po’, perché infatti tutti i giorni che abbiamo già vissuto sono alle nostre spalle e sono già morti”. Vivere pienamente il quotidiano, il momento, l’attimo fugace, significa anche gestire e pianificare il proprio tempo in maniera cosciente e utile per la propria evoluzione.

    Donato Dell'Orzo

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    Tutto il mondo viene considerato come un enorme flusso perenne: nessuna cosa è mai la stessa, tutto si trasforma ed è in una continua evoluzione.

    Per questi motivi, Eraclito identifica la forma dell’Essere nel Divenire, dacché ogni cosa è soggetta al tempo e alla sua relativa trasformazione. Egli sostiene che solo il cambiamento e il movimento siano reali e che l'identità delle cose uguali a se stesse sia illusoria: per Eraclito tutto scorre:

    « Tutto scorre, non ci si può immergere due volte nello stesso fiume »




     
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    Custodi del tempo

    Orologi della Great Western Railway in riparazione. La Great Western Railway fu una compagnia ferroviaria che collegava Londra con il sud-ovest e il sud-est dell’Inghilterra: venne fondata nel 1833 e chiuse nel 1947. Era soprannominata in molti modi, tra cui God’s Wonderful Railway (meravigliosa ferrovia di Dio) e anche Holiday Line (ferrovia delle vacanze), perché molti suoi passeggeri erano diretti nelle località balneari del sud.



    Edited by gheagabry1 - 4/1/2020, 12:31
     
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    CONFRONTO CON LA STORIA
    Un «orologio» di 2000 anni

    Da un reperto ripescato nei mari della Grecia gli orologiai di Hublot hanno creato un segnatempo in soli quattro esemplari



    Astrolabio, misura tempo, oppure un primo esempio di calcolatore analogico? Questo non lo potevano sapere i pescatori di spugne che in una giornata di tempesta del 1901 ormeggiarono, per ripararsi, sulle coste di Antikythera, una piccola isola a nord di Creta. La mattina seguente, col mare calmo, si tuffarono per riprendere il lavoro. Ma li attendeva una grande sorpresa: le acque avevamo smosso la sabbia a una quarantina di metri di profondità, facendo emergere la sagoma di una nave affondata tra il I e II secolo a.C. Nelle stive del relitto furono ripescate anfore, statue di marmo e bronzi di fattura pregevole. Venne anche recuperato uno strano blocco rettangolare di bronzo, di circa 30 per 15 centimetri. All’interno, seppure incrostato, si intravedeva uno strano meccanismo a forma di croce, mentre attorno furono raccolti decine di frammenti pietrificati di ruote più piccole: in tutto 82 pezzi. Il materiale finì assieme agli altri reperti al Museo di Atene. L’anno successivo, un archeologo greco, esaminandoli con maggiore attenzione, notò che ingranaggi e ruote dentate facevano parte di un complesso meccanismo a orologeria. Poi il reperto, rimasto in fondo al mare per duemila anni, venne dimenticato negli scantinati per un altro mezzo secolo. Solo nel 1951 Derek de Solla Price, professore di storia della scienza dell’Università di Yale nel Connecticut, riprese a studiare il meccanismo. Grazie alle 2000 iscrizioni poste sul reperto, capì che si trattava di un calcolatore astronomico. Ci vollero una ventina d’anni per coglierne il funzionamento e realizzare un primo modello seguendo i canoni dell’orologeria. E qui termina la prima parte della storia.

    Antikythera, il reperto ritrovato assieme ad altri 82 frammentiAl passaggio del millennio si apre un capitolo nuovo per il meccanismo di Antikythera. Entra in scena la maison svizzera Hublot o meglio il suo numero uno, Jean Claude Biver, che ci spiega: «Siamo rimasti stupiti dal reperto millenario e dai suoi strani meccanismi. Così abbiamo pensato ci fosse qualcosa da imparare da Archimede, a cui può essere attribuita l’invenzione di questa incredibile macchina da calcolo». Nel 2008 i mastri orologiai della manifattura Hublot, guidati da Mathias Buttet, direttore R&d, assieme agli esperti del Museo archeologico di Atene decidono di iniziare un ambizioso progetto: realizzare un meccanismo da polso seguendo le orme del famoso reperto. Gli orologiai hanno aiutato gli archeologi a capire meglio alcuni ruotismi, mentre gli scienziati hanno rivelato soluzioni tecniche dimenticate, come gli ingranaggi a cicli non lineari.
    «Per una volta abbiamo lavorato non su un progetto rivolto al futuro - dice ancora Biver - ma che ci ha fatto tornare dal futuro». La sfida è stata quella di integrare il cuore di un orologio reinterpretando e rispettando la doppia visualizzazione fronte-retro del reperto originale. In pratica si è trattato di realizzare in pochi centimetri cubi quello che i meccanici dell’antichità avevano sviluppato in dimensioni superiori, senza perdere la leggibilità delle indic azioni. Tante le difficoltà superate, perché il meccanismo di Antikythera non era un orologio segna-ore. Si trattava invece di un cosmografo e selenografo, in grado di descrivere con grande precisione i complessi movimenti di pianeti e Luna. Indicava infatti diversi cicli astronomici, da quello metonico (dall’astronomo greco Metone) che rappresenta un periodo di 19 anni (235 lunazioni), al callippico con un ciclo di 76 anni (940 lunazioni).

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    Fasi di studio
    Nelle prime tre foto da sinistra, la riproduzione al computer del meccanismo di Antikythera: queste elaborazioni sono servite per tracciare i disegni e le specifiche tecniche per realizzare il montaggio finale (ultima a destra). Hublot ha prodotto solo quattro movimenti, che si trovano al Musée des Arts et Métiers di Parigi, al Museo archeologico di Atene, nella sede svizzera di Hublot a disposizione dei mastri orologiai. L’ultimo verrà venduto all’asta a favore dello stesso Museo

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    Il team Hublot è riuscito nell’impresa e dopo quattro anni di lavoro e un investimento di 3 milioni di euro, ha prodotto quattro movimenti. Unici nel loro genere. Il primo si trova al Musée des Arts et Métiers di Parigi, il secondo è esposto al Museo archeologico di Atene. Il terzo verrà venduto all’asta per raccogliere fondi per la salvaguardia del reperto originale; il quarto, infine, è conservato nella sede svizzera di Hublot, accanto agli orologiai che l’hanno realizzato. Sono ancora tanti i misteri che accompagnano questa strana «macchina del tempo, fuori dal tempo», un meccanismo che appare troppo evoluto per le conoscenze tecniche di duemila anni fa. Non abbiamo la certezza assoluta di chi l’abbia costruito e del perché. Qualcuno ipotizza, vista la complessa natura delle ruote dentate e dei sofisticati calcoli necessari per costruirla, che ci possa essere l’intervento di entità extraterrestri. Ma la lezione più importante del progetto è che i nostri antenati sapevano molto di più di quanto crediamo. «Il meccanismo di Antikythera dimostra che il loro genio non aveva limiti - conclude Biver -. Peccato che nei secoli la loro conoscenza sia stata nascosta alla civiltà». Una cosa è certa: se fosse venuto alla luce prima, sarebbero profondamente cambiate le tecniche costruttive degli orologi.


    Umberto Torelli

     
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    Scoperto in Scozia il calendario
    più antico del mondo


    Una serie di ampie fosse allineate secondo il ciclo lunare permetteva alle popolazioni del Mesolitico di seguire lo scorrere del tempo e delle stagioni

    di Roff Smith




    Un gruppo di archeologi ha scoperto in Scozia quello che ritengono il calendario lunare più antico del mondo: una serie di 12 ampie fosse progettate per imitare le diverse fasi della Luna. Le fosse si allineano perfettamente durante il soltizio invernale: una circostanza che avrebbe permesso ai cacciatori-raccoglitori della Gran Bratagna mesolitica di seguire con accuratezza i vari passaggi delle stagioni e del ciclo lunare.

    Risalenti a circa 10.000 anni fa, queste enigmatiche fosse situate nell'Aberdeenshire rappresentano di gran lunga il più antico "calendario" finora scoperto, precedendo di alcune migliaia di anni i monumenti mesopotamici dell'Età del Bronzo che hanno detenuto fino ad oggi questo primato.

    "Quello che pensiamo di aver trovato qui è un momento molto importante di quella che potrebbe essere il primo tentativo di codificazione del tempo, forse l'inizio della storia stessa", dice Vincent Gaffney, professore di archeologia del paesaggio alla Birmingham University, nonché responsabile del team che ha studiato le fosse e ne ha rivelato lo scopo.

    Le fosse sono scavate in modo da ricordare le varie fasi della Luna: "Sono tutte disposte lungo un arco lungo 50 metri", dice Gaffney. "Quella che rappresenta la Luna piena è grande e di forma circolare, ampia circa due metri di diametro".

    Ma l'aspetto più affascinante è che quest'arco sia allineato perfettamente con una gola nel paesaggio dove, 10.000 anni fa, sorgeva il Sole durante il Solstizio d'inverno.

    Si tratta di un aspetto importante, dice Gaffney, perché non solo costituisce una prova ulteriore dello scopo per cui furono scavate queste fosse, ma anche perché, in mancanza di una sorta di calibrazione con l'anno solare, un calendario basato su 12 mesi lunari non sarebbe stato in sincronia con il Sole, diventando privo di senso.

    "Posizionare il calendario nel paesaggio in quel modo avrebbe consentito alle persone che lo costruirono di ricalibrare i mesi lunari ogni inverno, in modo da allineare il loro calendario con l'anno solare".

    E questo è proprio ciò che avrebbero fatto, dal momento che le testimonianze geofisiche indicano che le fosse furono riscavate e "ristrutturate" anche centinaia di volte nel corso dei millenni successivi, finché, circa 4.000 anni fa, il calendario venne abbandonato.

    Tenere il conto del tempo e delle stagioni avrebbe rivestito un enorme significato per le società di cacciatori-raccoglitori della Gran Bretagna mesolitica, per ragioni di ordine culturale ed economico: sia che servissero a rafforzare la percezione del potere degli sciamani e la loro capacità di predirre o far accedere determinati eventi astronomici, sia a sapere quando la selvaggina avrebbe iniziato a migrare o i salmoni a risalire il Dee River.

    "La Dee Valley, in cui si trovano le fosse, fu un importante crocevia e punto d'incontro per molto tempo", conferma l'archeologo Simon Fitch, non coinvolto nello studio.

    Le fosse furono individuate per la prima volta nel 2004 grazie a un rilevamento aereo, ma solo recentemente, quando grazie alla più avanzata tecnologia di remote-sensing e a software sviluppati appositamente si è potuta accertare la posizione dell'alba e del tramonto nel paesaggio di 10.000 anni fa, è stato possibile attribuire agli scavi un preciso significato.

    "Questa scoperta ci fa capire come le società dell'Età della Pietra fossero ben più sofisticate di quanto si pensasse, soprattutto alle latitudini settentrionali, che fino a oggi hanno rappresentato un vero enigma per gli archeologi", dice il geofisico Richard Bates della University of St. Andrews, che ha lavorato attivamente al progetto.

    "Ciò dimostra che la gente di queste parti aveva il bisogno e i mezzi per calcolare il tempo attraverso gli anni e le stagioni, nonché le conoscenze per correggere il calendario lunare in base all'anno solare", dice Bates. "È un momento fondamentale nella storia del tempo".



    national geographic (18 luglio 2013)

    Edited by gheagabry1 - 4/1/2020, 12:21
     
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    L’orologio atomico che sarà preciso fino alla fine del mondo


    itterbio

    Questo orologio atomico segna l’ora più precisa del mondo. E lo farà fino alla fine dell’universo. Si tratta degli orologi atomici di nuova generazione che, adottando il laser, sono capaci di essere ancora più esatti dei loro predecessori. Possono sbagliare di un secondo nell’arco di milioni di anni. Il risultato, reso pubblico sulla rivista Science, è stato ottenuto negli Stati Uniti grazie ai ricercatori del National Institute of Standards and Technology (Nist). Al risultato finale hanno lavorato anche due ricercatori italiani, che rispondono ai nomi di Marco Schioppo e Marco Pizzocaro.

    La nuova sensazionale ‘scoperta’ si configura come un passo importante nell’evoluzione della prossima generazione di orologi atomici in fase di sviluppo in tutto il mondo e può costituire un forte impatto nella vita di tutti i giorni poiché misurare con estrema precisione il tempo è cruciale per altre misure, dalla navigazione satellitare alla gravità terrestre, fino ai campi magnetici e alla temperatura.

    Nessun orologio al mondo è in grado di misurare il tempo con più precisione di un orologio atomico e ora questa tecnologia è diventata ancora più ‘millimetrica’ in termini di preci. Basati su atomi di itterbio, i nuovi orologi sono 10 volte più stabili rispetto ai precedenti e ‘agiscono’ in termini comportamentali come pendoli che potrebbero oscillare avanti e indietro con un tempismo perfetto, senza mai sbagliare, per una durata paragonabile all’età dell’universo, ossia 13,7 miliardi di anni.

    Gli orologi atomici, spiegano gli esperti, tengono il tempo non usando gli impulsi elettrici (che guidano il ticchettio dei secondi), come fanno gli orologi elettronici, ma utilizzano i cambiamenti dell’attività degli atomi.
    Nei nuovi orologi sperimentali, i ricercatori del Nist misurano i cambiamenti negli atomi con una strategia nuova, il laser, che offre l’opportunità di ridurre ‘l’instabilità’ degli orologi atomici o le oscillazioni dei ticchettii.

    Di conseguenza minore è l’instabilità, più l’orologio è preciso. Gli orologi di itterbio realizzati presso il Nist sono due e ognuno si basa su circa 10.000 atomi raffreddati a 10 milionesimi di gradi sopra lo zero assoluto e intrappolati in un reticolo ottico (una serie di pozzi fatti di luce laser). Un altro laser provoca una transizione tra i due livelli energetici negli atomi producendo in questo modo 518 miliardi di ticchettii al secondo.

    www.orologiecronografi.com/

     
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  8. gheagabry
     
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    "Il mondo sensibile è da sempre e per sempre
    un’ immagine temporale del mondo delle idee …
    il tempo è anche un elemento che consente di dare
    un senso ordinale al cosmo."
    (Platone)


    LO GNOMONE


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    Duomo di Firenze



    L’uomo primitivo aveva la necessità di conoscere la durata della notte per sapere quanto tempo doveva aspettare prima di riprendere l’attività alla luce del giorno. Se doveva uscire per una battuta di caccia sentiva il bisogno di capire quando fare rientro prima di essere sorpreso dal buio oppure quando da cacciatore divenne agricoltore, aveva l’esigenza di conoscere l’alternanza delle stagioni.
    Le sue uniche certezze provenivano dai fenomeni astronomici e la sua prima considerazione fu che ad un periodo di luce seguiva inevitabilmente un periodo di buio. Questa misurazione bastò fino a quando l’uomo non divenne sedentario e capì che senza riuscire a sapere i cambiamenti stagionali era impossibile seminare e ottenere buoni raccolti.
    L’uomo si accorse invece che la Luna scandiva il passare del tempo con altrettanta regolarità dell’alternarsi della luce e
    del buio. Dal cielo, con lo spostamento delle stelle si poteva comprendere le variazioni delle stagioni, ogni costellazione si sposta nell'arco del cielo a seconda della rotazione della terra intorno al sole.
    Non esiste una misurazione del tempo unica per tutti i popoli, nell'osservazione delle stelle si nota chegli astri hanno moti diversi e quindi di durata variabile, e non tutte le popolazioni hanno preso come punto di riferimento lo stesso corpo celeste, questo dipende se si era nell'emisfero settentrionale e meridianale e inoltre i pianeti utilizzati come strumento di misura hanno tempi che non coincidono fra di loro.
    I cicli naturali fondamentali sui quali si è iniziato a misurare il tempo sono l’alternanza del giorno e della notte (ogni giorno), la lunazione (ogni mese) e il succedersi delle stagioni (ogni anno). Osservando questi cicli periodici l’uomo ha definito una serie di intervalli sia per suddividere il giorno (ore, minuti e secondi) che per raggruppare i giorni (settimane e decadi) e gli anni (lustri, decenni, secoli e millenni).




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    Uno gnomone è costituito da un’asta verticale, la cui ombra si proietta su una superficie piana. Un palo, una colonna, un obelisco la cui ombra permette di misurare la posizione del Sole in cielo. Lo gnomone, nella sua semplicita' tecnologica, e' sicuramente lo strumento astronomico piu' antico e diffuso.

    Visto che la lunghezza e la direzione dell’ombra cambiano nel corso della giornata, è possibile considerarla per determinare la suddivisione temporale. In origine l’uomo si è servito certamente della propria ombra per misurare il tempo nei vari momenti del giorno. Con dei sassi delimitava l’ombra e successivamente, ponendo i piedi uno davanti all’altro, misurava quanti passi fosse lunga e così sapeva quanto tempo lo separava dal tramonto. Teneva conto però che a parità di ora l’ombra variava di lunghezza a seconda delle stagioni. Il giorno in cui a mezzogiorno si proiettava l’ombra più lunga corrispondeva al solstizio d’inverno (intorno al 21 dicembre). Il solstizio d’estate, invece, era caratterizzato dalla proiezione più corta.

    Secondo lo scrittore greco Diogene Laerzio, l’inventore dello gnomone sarebbe stato il filosofo greco Anassimandro (610-546 a. C.), che per primo ne avrebbe fatto uso in Grecia. Secondo altri il merito della scoperta spetterebbe ad Anassimene (586-528 a. C.), suo discepolo. A detta di Erodoto invece sarebbero stati i Babilonesi, i Caldei o gli Egizi ad usarlo per primi.
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    Antiche leggende cinesi tramandano che lo gnomone fosse già in uso sotto l’imperatore Yao (2400 a. C.).
    Si ipotizza che a Stonehenge, gli antichi Britanni si servivano invece delle pietre verticali per prevedere i movimenti del Sole e della Luna in relazione alla Terra: è certo però che oggi tra le pietre di quel luogo è possibile cogliere particolari fenomeni celesti, come l’alba, il tramonto, il sorgere e tramontare della Luna al solstizio d’inverno e d’estate.
    Quando Ottaviano Augusto conquistò l’Egitto, gli obelischi (dal greco ‘obeliskos’, diminutivo in senso scherzoso della parola ‘obelòs’, spiedo), consacrati al dio Sole, cominciarono a lasciare la Valle del Nilo e ad abbellire le piazze di Roma. Dai racconti di Plinio il Vecchio sappiamo che intorno al 510 a. C. un obelisco monumentale fu trasferito fino al Campo Marzio per servire da meridiana. Questo monolite di 22 metri di altezza, che arrivò a Roma da Eliopoli (era stato eretto da Psamnetico II nel VII secolo a. C.), su ordine di Augusto, nel 10 a.C., indicava le ore per mezzo di un semicerchio graduato tracciato al suolo nella zona dell’AraPacis. Si trattava di un’ampia superficie di circa 110 m x 60 m pavimentata con lastre di marmo, che indicava le ore per mezzo di un semicerchio graduato. Dal 1794 l’obelisco decora Piazza Montecitorio, dove fu collocato su ordine di Pio VI.

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    San Miniato
    Fu ben presto chiaro che l'accuratezza della misura poteva essere aumentata usando pali sempre piu' alti, cioe' aumentando l'altezza dello gnomone. Poiche' il Sole e' una sorgente estesa che sottende un angolo di circa 1/2 grado in cielo, l'ombra del vertice dello gnomone non e' nitida, ma sfuma in una penombra mal definita.
    Purtroppo il contrasto tra ombra, penombra e superficie illuminata diminuisce rapidamente con l'aumentare dell'altezza dello gnomone e pone un serio limite all'accuratezza che, per questa via, si puo' ottenere. Il modo piu' efficace per aumentare il contrasto era di sostituire l'ombra con la luce e cioe' di usare un foro gnomonico al posto del palo, come e' stato fatto in S. Maria del Fiore e negli altri gnomoni rinascimentali. Se il diametro del foro e' all'incirca 1/1000 dell'altezza dello gnomone si ottiene sul pavimento un'immagine abbastanza nitida del Sole, molto piu' luminosa della superficie circostante, ma circondata, anche in questo caso, da un alone soffuso di penombra. L'immagine stenopeica, cosi' come il vertice dell'ombra del palo si muovono continuamente da Ovest verso Est a causa del moto apparente diurno del Sole ed a questo movimento regolare si sovrappone un tremolio, sempre presente, dovuto alla turbolenza atmosferica, innescata dalle differenze di temperatura nell'aria a varie altezze, fuori e dentro l'edificio.
    Il Duomo di Firenze lo ospita, fin dalla sua costruzione, un grande strumento astronomico, uno gnomone che, con i suoi 90 metri di altezza, e' il piu' grande del suo genere e che, con alterne vicende, e' stato utilizzato in programmi scientifici per oltre 300 anni. In S. Maria del Fiore il foro gnomonico e' stato realizzato con una tavoletta di bronzo (la bronzina) recante un'apertura centrale di un paio di centimetri di diametro e posta orizzontalmente all'interno della finestra meridionale del tamburo di cupola, a 90 metri dal pavimento.
    L'altezza dello gnomone e' tale che i raggi del Sole, passanti per il foro, colpiscono il pavimento della chiesa solo dalla fine di Maggio alla fine di Luglio e per pochi minuti prima e dopo il mezzogiorno. In questo periodo l'immagine solare si forma sul pavimento della Cappella della Croce, a sinistra dell'altare maggiore, dove si trovano, sotto la protezione di lastre di ottone, una linea meridiana finemente graduata e due marmi circolari, uno dentro l'altro, che funzionano da contrassegni solstiziali. Il maggiore, con un diametro di circa 90 centimetri, ha le stesse dimensioni dell'immagine solare al solstizio d'estate.
    Lo Gnomone nel Duomo di Firenze è stato ideato nel 1475 da Paolo Dal Pozzo Toscanelli detto anche ''novello Tolomeo'', restaurato dal Padre gesuita Leonardo Ximenes nel 1754 è stato progettato per individuare il momento esatto del solstizio e determinare la durata dell'anno solare.[/color]

    Edited by gheagabry1 - 4/1/2020, 12:14
     
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    "Norimberga nel corso della storia ha sempre giocato un ruolo importante all’interno della Germania, con note straordinarie, accattivanti e ambigue, tra manifestazioni di grandezza e momenti tragici.
    Grazie alla protezione della sua fortezza, fin dal Medioevo l’artigianato si sviluppò e fiorì tanto da raggiungere elevante punte di specializzazione e da assicurare a buona parte della popolazione un tenore di vita superiore rispetto a quello del resto del paese.
    Fu in quel periodo che si affermò il mercato dei giocattoli (le bambole di Norimberga erano conosciute in tutta la Germania) e i cittadini più ricchi, oltre a coltivare le arti tra cui soprattutto il canto, iniziarono a portare i primi orologi da tasca, le cosiddette “uova di Norimberga”.
    Norimberga era infatti un centro specializzato nella meccanica di precisione e i cittadini più ricchi potevano addirittura permettersi di avere un orologio portatile, una novità assoluta per l’epoca."

     
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