JOE BASTIANICH ... “un cuoco a New York”

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  1. giuliascardone
     
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    Joe Bastianich: Mamma cucina ancora per me




    Bastianich e Batali


    "Da lei ho imparato i trucchi del mestiere" dice il guru del gusto e giudice di MasterChef. E ai concorrenti del talent show culinario consiglia...




    UNA TESTA FREDDA. Mario Batali, chef di fama, nonché socio e amico, è così che ama definire Joe Bastianich. Insieme sono i Simpson e Bruckheimer (due celebri produttori hollywoodiani, copyright Jay McInerney) della ristorazione americana. Con Bastianich nel ruolo di Bruckheimer. Un tempo era conosciuto come, appunto, il partner di Batali e figlio della chef Lidia Bastianich, celebre per uno show tv culinario. Da qualche anno però questo 43enne elegante e riservato ha iniziato a risplendere di luce propria. Complice la popolarità raggiunta in tv come giudice in MasterChef Usa e oggi in MasterChef Italia, dove divide il ruolo con i due superchef Bruno Barbieri e Carlo Cracco. E grazie anche ai suoi traguardi imprenditoriali costruiti con lucida razionalità: dalla sede di Eataly a Manhattan, la nuova Disneyland per foodie più esigenti, all'impero di ristoranti italian style aperti in società prima con la mamma, poi con Mario Batali. Senza mai dimenticare la sua vera passione: il vino.


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    Nel 1997 Joe Bastianich infatti è tornato nella terra d'origine dei genitori e ha acquistato un vigneto nel Collio, in Friuli, dove ha prodotto "Vespa", il suo primo "Tocai vintage". Insomma, ne ha fatta di strada da quei tre anni passati a Wall Street per un apprendistato alla Merrill Lynch. Oggi il pubblico italiano lo sta scoprendo per il suo ruolo in MasterChef: un mix di passionalità e riservatezza per nulla studiata. Basta parlargli. Lui prima di registrare, mentre aggiusta il nodo della cravatta, se la ride: Perché, cosa si aspettava?

    Lo sa che a prima vista appare scostante?
    Davvero? Invece sono tranquillo. Guardi, non crede? (risata)








    Prima e dopo


    In realtà la trovo anche molto dimagrito. Negli Usa la sua trasformazione fisica ha fatto scalpore.
    Ero in sovrappeso e con gravi problemi di apnea del sonno. Ho semplicemente deciso di cominciare a correre. E di mangiare seguendo regole base: colazione abbondante, cena leggera. Cose banali, che però mi hanno cambiato la vita.


    Perché ha accettato di fare il giudice nell'edizione italiana di MasterChef?
    Perché nella mia vita la cultura gastronomica italiana ha sempre avuto un ruolo enorme. Il cibo è fondamentale. D'altronde vengo da una famiglia di rifugiati emigrati dall'Istria negli Usa: il mangiare per loro è legato alla prosperità, al successo nella vita. Però devo ammettere che non è stato facile fare il giudice in questa edizione, se non altro per la lingua. Mi sono dovuto preparare molto. Perché una cosa è parlare come seconda lingua l'italiano orecchiato dai miei, altro è intervenire in una tv italiana come protagonista. Siccome sono un uomo preciso, ci tenevo a non commettere troppi errori.



    Che differenze ha trovato con la versione americana?
    Prima di tutto, l'Italia è un paese di grandi ricette e di grandi prodotti. Già questo fa la differenza. Lo si vede in ogni aspetto del programma. Negli Usa, invece, la cucina rappresenta un po' una novità. Se parli del pomodoro come ingrediente nobile di un piatto, da noi puoi farlo. Un italiano si mette a ridere: per lui è ovvio. Voi usate i pomodori ogni giorno, in ogni casa. Fanno parte della vostra vita quotidiana. Diciamo che siete fortunati. Inoltre noi non abbiamo una sola cucina, ma una varietà enorme: dal cinese al texano, al malese.


    E i concorrenti italiani come sono?
    Negli Usa ho incontrato un melting pot, e anche più improvvisazione. Qui invece maggiore cultura gastronomica e preparazione. Persone per le quali arrivare alla fine della gara non è solo una sfida culinaria ma anche un modo per raccontarsi e cambiare la vita. Soprattutto, lo ripeto, mi ha colpito che così tanta gente abbia passione per il cibo. E competenza.


    C'è qualche cuoco italiano che stima particolarmente?
    Sicuramente Gennaro Esposito: i suoi piatti hanno grande personalità. Poi Massimo Bottura: la sua pasta e fagioli è un mix di follia ed ecletticità. Fuori dall'Italia, amo i danesi: fanno una cucina intellettuale con prodotti buoni e semplicissimi. Da qualche tempo ho anche una passione per lo street food. A Singapore, per esempio, ho individuato alcuni indirizzi molto buoni.


    Invece chi non le piace? Confessi.
    Ferran Adria per me è un grande bluff, e il fatto che la cucina molecolare sia sparita è solo un buon segno. Adesso per fortuna c'è un ritorno al fondamentalismo, ai prodotti autoctoni, alla semplicità.


    In questa trasmissione ha lavorato al fianco di Bruno Barbieri e Carlo Cracco, due grandi. Lei come si considera?
    Mi sono trovato davvero bene con loro. C'è stato uno scambio continuo. Inoltre ci siamo anche molto divertiti. Io credo di essere più che altro uno chef-manager. Insomma, resto soprattutto un amante dei vini. Da mia madre Lidia ho imparato i trucchi del mestiere, la passione per il cibo. Ma ancora oggi lei cucina per me e io… mangio.


    Ci svela la formula dei suoi oltre 18 ristoranti di successo?
    Sì: fare una cucina italiana buona e semplice. Con un piccolissimo trucco: adattarla al gusto degli americani.


    (di Angela Frenda )





    Fonte:iodonna.it,bastianich.com,web
     
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