Info sul ghiacciaio del Dosdè

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  1. LaFra86
     
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    Salve a tutti,
    Sto facendo uno studio la cui scadenza si avvicina e cerco info un po' ovunque.

    Non so chi si ricorda che anni fa Levissima si era mossa attivamente per la preservazione della caratteristiche naturali delle cime del Dosdè orientale.
    Praticamente aveva inserito degli impianti volti a far si che i ghiacciai si preservassero.

    Il problema è che mi servirebbero dati odierni,
    girano sulla rete ma non so dove.

    Magari qualcuno di voi può aiutarmi.
    ;)
     
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  2. gheagabry
     
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    non sapendo precisamente cosa ti necessita ...ti ho messo alcuni articoli che ho trovato, spero ti siano utili

    ciao e buon lavoro



    foscagno_fonte



    VALDISOTTO, Sondrio — Oltre 2,5 milioni di metri cubi di acqua rilasciati nei torrenti di alta quota in seguito alla fusione del ghiaccio e della neve che ricoprono il ghiacciaio Dosdè Orientale, e assenza di permafrost alpino, collante delle rocce delle nostre montagne, dalla vetta di Cima Piazzi. Questi i risultati dei due progetti di ricerca scientifica, intrapresi sul ghiacciaio Dosdè Orientale Gruppo Piazzi Campo, dall’azienda Levissima e dal team dell’Università degli Studi di Milano, guidato dal professor Claudio Smiraglia, ricercatore del Comitato EvK2Cnr. Gli studi condotti negli ultimi mesi erano volti a monitorare due importanti indicatori climatici: il manto nevoso e il permafrost.
    I ricercatori, guidati Claudio Smiraglia, glaciologo di fama internazionale dell’Università degli Studi di Milano e ricercatore del Comitato EvK2Cnr, e assistiti dalle guide alpine “Alta Valtellina”, hanno monitorato durante il 2011 l’evoluzione del manto nevoso e le variazioni di spessore del ghiacciaio. Ne è risultato che il ghiacciaio ha perso spessore per fusione di neve e ghiaccio ed ha riversato nei torrenti e nei fiumi sottostanti ben 2,6 milioni di metri cubi di acqua.
    Si è conclusa inoltre, la sperimentazione avviata nel 2010 con l’obiettivo di studiare un settore ancora poco noto della criosfera: il permafrost. I ricercatori sono riusciti a misurare così la “febbre” delle rocce di Cima Piazzi e a verificare sulla vetta più alta del Gruppo e simbolo di Levissima, l’assenza di permafrost superficiale, o ghiaccio “nascosto” nella roccia e nel suolo: si tratta di risultati di estrema valenza scientifica da correlare alla variabile stagionale e alle particolari condizioni climatiche. Protagonista delle ricerche è stato il Ghiacciaio Dosdè Orientale appartenente al Gruppo Dosdé-Piazzi, in alta Valtellina: un ghiacciaio ormai considerato un vero e proprio “laboratorio a cielo aperto” per lo studio e le ricerche sulla criosfera. I risultati ottenuti dai due progetti di ricerca vanno così ad aggiungersi a quelli ottenuti con le sperimentazioni realizzate negli anni precedenti e costituiscono un database di estrema importanza per tutta la comunità scientifica.


    Nella primavera e nell’estate 2011 i ricercatori dell’Università hanno condotto alcuni studi per misurare la copertura nevosa nel bacino Piazzi-Dosdè. Per le verifiche sul campo, si sono avvalsi di una sofisticata strumentazione detta georadar utile per rilevare gli spessori del manto nevoso su vaste superfici. Su un’area campione, estesa qualche chilometro quadrato, sono state così effettuati rilievi geofisici utilizzando onde elettromagnetiche: le onde attraversano il manto nevoso, vengono riflesse dal substrato di roccia o dal ghiaccio del ghiacciaio, e poi ritornano allo strumento che le ha generate e qui vengono registrate. Contemporaneamente sono anche state realizzate alcune trincee nivologiche, scavi effettuati nella neve sino a raggiungere il ghiaccio di ghiacciaio. Un volta raggiunto il ghiaccio vengono misurati spessori, densità, temperatura e caratteristiche dei cristalli dei diversi strati di neve.
    Associando i valori di spessore misurati con il georadar ai valori di densità rilevati con le trincee, è stato quantificato lo spessore equivalente in acqua del manto nevoso del Ghiacciaio Dosdé, detto SWE – snow water equivalent – risultato pari a 1.4 milioni di metri cubi di acqua. I ricercatori hanno inoltre verificato che, durante l’estate 2011, non solo tutta la neve che copriva il ghiacciaio si è sciolta, ma è stato intaccato anche il ghiaccio sottostante per una perdita pari a 1,2 milioni di metri cubi di acqua.
    “Il rilascio idrico del Ghiacciaio Dosdè, conseguente alla fusione di neve e ghiaccio, è stato così pari a 2,6 milioni di metri cubi di acqua – afferma Smiraglia -. Di per sé il dato è positivo, perché la quantità di acqua proveniente dalla fusione ha contribuito a mantenere attivi i torrenti di alta e media montagna durante l’estate, ma, in un quadro complessivo di evoluzione dell’ambiente montano, rilasci così intensi di acqua destano anche una certa preoccupazione. Infatti, tutta le neve precipitata d’inverno si è sciolta durante l’estate. Se questo fenomeno non fosse solo relativo alla stagione ma si rivelasse come strutturale, ripetendosi anche nei prossimi anni, il Ghiacciaio Dosdè Orientale potrebbe ridursi drammaticamente e avvicinarsi all’estinzione”.
    Per quanto riguarda il permafrost invece, nell’estate 2011 la strumentazione, già utilizzata nel 2010, è stata implementata con nuovi termometri inseriti nella roccia a diverse profondità per misurare la “febbre” della roccia di Cima Piazzi. Otto nuovi sensori termici sono stati localizzati sui versanti Nord e Sud nella roccia dalla superficie sino ad una profondità di circa mezzo metro (più precisamente 0.5 cm, 10 cm, 30 cm, 55 cm), per misurarne con continuità la temperatura. Gli otto sensori sono stati collegati a data logger per la registrazione dei valori medi, minimi e massimi delle temperature della roccia sulla vetta durante tutta la stagione estiva.
    La spedizione quest’anno è stata guidata da Claudia Mihalcea, una giovane glaciologa che ha coordinato il team di tecnici per l’installazione dei nuovi sensori. “Siamo orgogliosi che questa spedizione sia stata guidata da una giovane ricercatrice che ha potuto completare la sua formazione negli ultimi due anni grazie anche alla borsa di studio che abbiamo messo a disposizione – ha dichiara Daniela Murelli -. Questo aspetto rappresenta un ulteriore segnale di quanto la nostra azienda sia attenta e sensibile a tematiche così attuali e alla ricerca scientifica che giorno dopo giorno ci aiuta a capire cosa succede all’ambiente che ci circonda”.


    Le temperature massime orarie registrate sul versante Nord di Cima Piazzi sono risultate comprese fra +9,24°C (a 0.5 cm di profondità) e +4,27 °C (a 55 cm di profondità). Sul versante Sud le massime orarie sono risultate maggiori e pari a +24,2°C (a 0.5 cm ) e +9,74 °C (a 55 cm). Le minime termiche orarie rilevate sul versante Nord sono risultate comprese fra -4,8 °C (0.5 cm) e -1,3 °C (55 cm), mentre sul versante Sud sono stati rilevati minimi di -5,11 °C (0.5 cm) e + 1,26 °C (55 cm). Su entrambi i versanti, Nord e Sud, le minime termiche assolute si rilevano alla superficie (0,5 cm), mentre lo strato profondo (0,55 cm) mantiene una maggiore stabilità termica e valori di temperatura minimi meno estremi rispetti alla superficie.
    I risultati dimostrano chiaramente che la differente esposizione Nord/Sud gioca un ruolo chiave nel determinare un diverso riscaldamento superficiale e profondo della roccia. Lo strato superficiale è quello maggiormente interessato dalle intense variazioni termiche che risultano numerose fino ad una profondità di 10 cm. Questo strato quindi è quello che più facilmente risente degli effetti dei cicli di gelo e disgelo e può andare incontro a disgregazione, frammentandosi e producendo detriti rocciosi che ricadono sui versanti sottostanti talora anche in forma di frane.
    I ricercatori hanno inoltre rilevato che nella roccia anche a quote elevate (3400 metri) sino a circa mezzo metro di profondità le temperature non restano costantemente al di sotto di 0°C e non vi è permafrost superficiale. Il gelo negli strati più superficiali è quindi solo un fenomeno stagionale legato all’inverno. “La presenza di permafrost continuo superficiale – conclude Smiraglia -, cioè presente anche in estate, garantirebbe una maggiore stabilità dei versanti, dove questo ghiaccio nascosto può agire da collante per le rocce, ma le condizioni termiche attuali non consentono il mantenersi di condizioni di gelo perenne nella stagione estiva”.

    (montagna.it)






    VALDISOTTO, Sondrio — Oltre 2,5 milioni di metri cubi di acqua rilasciati nei torrenti di alta quota in seguito alla fusione del ghiaccio e della neve che ricoprono il ghiacciaio Dosdè Orientale, e assenza di permafrost alpino, collante delle rocce delle nostre montagne, dalla vetta di Cima Piazzi. Questi i risultati dei due progetti di ricerca scientifica, intrapresi sul ghiacciaio Dosdè Orientale Gruppo Piazzi Campo, dall’azienda Levissima e dal team dell’Università degli Studi di Milano, guidato dal professor Claudio Smiraglia, ricercatore del Comitato EvK2Cnr. Gli studi condotti negli ultimi mesi erano volti a monitorare due importanti indicatori climatici: il manto nevoso e il permafrost.
    I ricercatori, guidati Claudio Smiraglia, glaciologo di fama internazionale dell’Università degli Studi di Milano e ricercatore del Comitato EvK2Cnr, e assistiti dalle guide alpine “Alta Valtellina”, hanno monitorato durante il 2011 l’evoluzione del manto nevoso e le variazioni di spessore del ghiacciaio. Ne è risultato che il ghiacciaio ha perso spessore per fusione di neve e ghiaccio ed ha riversato nei torrenti e nei fiumi sottostanti ben 2,6 milioni di metri cubi di acqua.
    Si è conclusa inoltre, la sperimentazione avviata nel 2010 con l’obiettivo di studiare un settore ancora poco noto della criosfera: il permafrost. I ricercatori sono riusciti a misurare così la “febbre” delle rocce di Cima Piazzi e a verificare sulla vetta più alta del Gruppo e simbolo di Levissima, l’assenza di permafrost superficiale, o ghiaccio “nascosto” nella roccia e nel suolo: si tratta di risultati di estrema valenza scientifica da correlare alla variabile stagionale e alle particolari condizioni climatiche. Protagonista delle ricerche è stato il Ghiacciaio Dosdè Orientale appartenente al Gruppo Dosdé-Piazzi, in alta Valtellina: un ghiacciaio ormai considerato un vero e proprio “laboratorio a cielo aperto” per lo studio e le ricerche sulla criosfera. I risultati ottenuti dai due progetti di ricerca vanno così ad aggiungersi a quelli ottenuti con le sperimentazioni realizzate negli anni precedenti e costituiscono un database di estrema importanza per tutta la comunità scientifica.


    Nella primavera e nell’estate 2011 i ricercatori dell’Università hanno condotto alcuni studi per misurare la copertura nevosa nel bacino Piazzi-Dosdè. Per le verifiche sul campo, si sono avvalsi di una sofisticata strumentazione detta georadar utile per rilevare gli spessori del manto nevoso su vaste superfici. Su un’area campione, estesa qualche chilometro quadrato, sono state così effettuati rilievi geofisici utilizzando onde elettromagnetiche: le onde attraversano il manto nevoso, vengono riflesse dal substrato di roccia o dal ghiaccio del ghiacciaio, e poi ritornano allo strumento che le ha generate e qui vengono registrate. Contemporaneamente sono anche state realizzate alcune trincee nivologiche, scavi effettuati nella neve sino a raggiungere il ghiaccio di ghiacciaio. Un volta raggiunto il ghiaccio vengono misurati spessori, densità, temperatura e caratteristiche dei cristalli dei diversi strati di neve.
    Associando i valori di spessore misurati con il georadar ai valori di densità rilevati con le trincee, è stato quantificato lo spessore equivalente in acqua del manto nevoso del Ghiacciaio Dosdé, detto SWE – snow water equivalent – risultato pari a 1.4 milioni di metri cubi di acqua. I ricercatori hanno inoltre verificato che, durante l’estate 2011, non solo tutta la neve che copriva il ghiacciaio si è sciolta, ma è stato intaccato anche il ghiaccio sottostante per una perdita pari a 1,2 milioni di metri cubi di acqua.
    “Il rilascio idrico del Ghiacciaio Dosdè, conseguente alla fusione di neve e ghiaccio, è stato così pari a 2,6 milioni di metri cubi di acqua – afferma Smiraglia -. Di per sé il dato è positivo, perché la quantità di acqua proveniente dalla fusione ha contribuito a mantenere attivi i torrenti di alta e media montagna durante l’estate, ma, in un quadro complessivo di evoluzione dell’ambiente montano, rilasci così intensi di acqua destano anche una certa preoccupazione. Infatti, tutta le neve precipitata d’inverno si è sciolta durante l’estate. Se questo fenomeno non fosse solo relativo alla stagione ma si rivelasse come strutturale, ripetendosi anche nei prossimi anni, il Ghiacciaio Dosdè Orientale potrebbe ridursi drammaticamente e avvicinarsi all’estinzione”.
    Per quanto riguarda il permafrost invece, nell’estate 2011 la strumentazione, già utilizzata nel 2010, è stata implementata con nuovi termometri inseriti nella roccia a diverse profondità per misurare la “febbre” della roccia di Cima Piazzi. Otto nuovi sensori termici sono stati localizzati sui versanti Nord e Sud nella roccia dalla superficie sino ad una profondità di circa mezzo metro (più precisamente 0.5 cm, 10 cm, 30 cm, 55 cm), per misurarne con continuità la temperatura. Gli otto sensori sono stati collegati a data logger per la registrazione dei valori medi, minimi e massimi delle temperature della roccia sulla vetta durante tutta la stagione estiva.
    La spedizione quest’anno è stata guidata da Claudia Mihalcea, una giovane glaciologa che ha coordinato il team di tecnici per l’installazione dei nuovi sensori. “Siamo orgogliosi che questa spedizione sia stata guidata da una giovane ricercatrice che ha potuto completare la sua formazione negli ultimi due anni grazie anche alla borsa di studio che abbiamo messo a disposizione – ha dichiara Daniela Murelli -. Questo aspetto rappresenta un ulteriore segnale di quanto la nostra azienda sia attenta e sensibile a tematiche così attuali e alla ricerca scientifica che giorno dopo giorno ci aiuta a capire cosa succede all’ambiente che ci circonda”.


    Le temperature massime orarie registrate sul versante Nord di Cima Piazzi sono risultate comprese fra +9,24°C (a 0.5 cm di profondità) e +4,27 °C (a 55 cm di profondità). Sul versante Sud le massime orarie sono risultate maggiori e pari a +24,2°C (a 0.5 cm ) e +9,74 °C (a 55 cm). Le minime termiche orarie rilevate sul versante Nord sono risultate comprese fra -4,8 °C (0.5 cm) e -1,3 °C (55 cm), mentre sul versante Sud sono stati rilevati minimi di -5,11 °C (0.5 cm) e + 1,26 °C (55 cm). Su entrambi i versanti, Nord e Sud, le minime termiche assolute si rilevano alla superficie (0,5 cm), mentre lo strato profondo (0,55 cm) mantiene una maggiore stabilità termica e valori di temperatura minimi meno estremi rispetti alla superficie.
    I risultati dimostrano chiaramente che la differente esposizione Nord/Sud gioca un ruolo chiave nel determinare un diverso riscaldamento superficiale e profondo della roccia. Lo strato superficiale è quello maggiormente interessato dalle intense variazioni termiche che risultano numerose fino ad una profondità di 10 cm. Questo strato quindi è quello che più facilmente risente degli effetti dei cicli di gelo e disgelo e può andare incontro a disgregazione, frammentandosi e producendo detriti rocciosi che ricadono sui versanti sottostanti talora anche in forma di frane.
    I ricercatori hanno inoltre rilevato che nella roccia anche a quote elevate (3400 metri) sino a circa mezzo metro di profondità le temperature non restano costantemente al di sotto di 0°C e non vi è permafrost superficiale. Il gelo negli strati più superficiali è quindi solo un fenomeno stagionale legato all’inverno. “La presenza di permafrost continuo superficiale – conclude Smiraglia -, cioè presente anche in estate, garantirebbe una maggiore stabilità dei versanti, dove questo ghiaccio nascosto può agire da collante per le rocce, ma le condizioni termiche attuali non consentono il mantenersi di condizioni di gelo perenne nella stagione estiva”.
    (arnoga.eu)







    Levissima, l’acqua della Valtellina simbolo di purezza e alta montagna, affianca l’alpinista Marco Confortola nella sua prossima scalata sulle vette dell’Himalaya, a oltre ottomila metri d’altezza.

    Confortola, chiamato “il cacciatore di ottomila” per la sua passione per il mondo verticale, continua ad allenarsi con grande dedizione e determinazione per raggiungere le cime più alte del mondo; solo ottima resistenza fisica e mentale garantiscono, infatti, spedizioni di successo.

    “Grazie a questa spedizione manterrò l’impegno di tenere ancora una volta alto il nome della Valtellina nelle lontane terre della catena himalayana”, afferma Marco Confortola. “Sono orgoglioso di aver ricevuto il sostegno di un’importante realtà aziendale della mia terra d’origine, la Valtellina, e di iniziare così una collaborazione con Levissima.” conclude Marco.

    Questa spedizione rappresenta l’inizio di una collaborazione tra l’azienda e l’alpinista, da sempre accomunati dall’attenzione e dalla passione per la montagna e in particolare per la Valtellina, terra di origine di entrambi. Marco Confortola e Levissima, seppur con approcci differenti, sono entrambi impegnati nello studio e nell’esplorazione della montagna con il desiderio di custodirne la bellezza e le risorse che offre.

    Levissima, oltre a studiare e preservare i ghiacciai della Valtellina, sosterrà quindi l’alpinista Marco Confortola nella sua prossima emozionante scalata in alta quota, che avrà inizio il 2 aprile sulle vette himalayane. L’alpinista valtellinese, che ha già al suo attivo una lunga serie di esplorazioni sul Tetto del Mondo, tra cui l’ascesa all’Everest, tenterà questa nuova scalata rigorosamente senza utilizzare ossigeno supplementare.

    In Valtellina e precisamente sul ghiacciaio Dosdè Orientale del Gruppo Piazzi Campo è presente una delle fonti Levissima. È qui che l’azienda dal 2007 ha intrapreso un progetto di ricerca scientifica con l’Università degli Studi di Milano con l’obiettivo di prendersi cura della risorsa ACQUA studiando prima il ghiaccio di superficie, visibile a occhio nudo, per poi passare all’analisi del permafrost, il ghiaccio nascosto nella roccia e nel suolo, fino allo studio della neve che riveste il ghiacciaio.

    Levissima è una delle acque minerali del Gruppo Sanpellegrino, riconosciuta come archetipo dell’acqua e simbolo di purezza, da sempre impegnata nella tutela della fonte da cui ha origine e nella salvaguardia della risorsa acqua.

    Sanpellegrino è la più grande realtà nel campo del beverage in Italia, grazie ad un ricco portafoglio di acque minerali, aperitivi analcolici, bibite e tè freddi. I suoi prodotti sono presenti in oltre 120 paesi attraverso filiali e distributori sparsi nei cinque continenti.

    Parte del Gruppo Nestlé – azienda leader a livello mondiale in Nutrizione, Salute e Benessere – Sanpellegrino è da sempre impegnata nella valorizzazione dell’acqua, bene primario per il Pianeta, e lavora con responsabilità e passione per garantire a questa risorsa un futuro di qualità.
    (.ilnord.com)







    Come stanno le nostre montagne?
    Levissima e l’Università degli Studi di Milano rivelano l’impatto
    dei cambiamenti climatici sull’evoluzione delle nostre montagne.

    Milano, 15 Dicembre 2011 – 2,6 milioni di metri cubi di acqua rilasciati nei torrenti di alta quota in seguito alla fusione del ghiaccio e della neve che ricoprono il ghiacciaio Dosdè Orientale; assenza di permafrost alpino, collante delle rocce delle nostre montagne, dalla vetta di Cima Piazzi. Questi i risultati dei due progetti di ricerca scientifica, intrapresi sul ghiacciaio Dosdè Orientale Gruppo Piazzi Campo, da Levissima – Gruppo Sanpellegrino – e l’Università degli Studi di Milano per lo studio di due importanti indicatori climatici: il MANTO NEVOSO e il PERMAFROST.



    I ricercatori guidati dal Prof. Claudio Smiraglia dell’Università degli Studi di Milano, assistiti dalle guide alpine “Alta Valtellina”, hanno monitorato durante il 2011 l’evoluzione del manto nevoso e le variazioni di spessore del ghiacciaio. Ne è risultato che il ghiacciaio ha perso spessore (per fusione di neve e ghiaccio) ed ha riversato nei torrenti e nei fiumi sottostanti ben 2,6 milioni di metri cubi di acqua.

    Si è conclusa inoltre, la sperimentazione avviata nel 2010 con l’obiettivo di studiare un settore ancora poco noto della criosfera: il permafrost. I ricercatori sono riusciti a misurare così la “febbre” delle rocce di Cima Piazzi e a verificare sulla vetta più alta del Gruppo e simbolo di Levissima, l’assenza di permafrost superficiale, o ghiaccio “nascosto” nella roccia e nel suolo: si tratta di risultati di estrema valenza scientifica da correlare alla variabile stagionale e alle particolari condizioni climatiche.



    Protagonista delle ricerche è stato il Ghiacciaio Dosdè Orientale appartenente al Gruppo Dosdé-Piazzi, in alta Valtellina (Lombardia): un ghiacciaio ormai considerato un vero e proprio “laboratorio a cielo aperto” per lo studio e le ricerche sulla criosfera - l’insieme dei ghiacci del Pianeta - e dove sono presenti le fonti dell’acqua minerale Levissima. Infatti, da ormai quattro anni, l’azienda collabora con i ricercatori dell’Università per monitorare i cambiamenti dell’ambiente montano e in particolare di questo ghiacciaio. I risultati ottenuti dai due progetti di ricerca vanno così ad aggiungersi a quelli ottenuti con le sperimentazioni realizzate negli anni precedenti e costituiscono un database di estrema importanza per tutta la comunità scientifica.



    “Siamo orgogliosi di aver contribuito anche quest’anno alla ricerca e in particolare allo studio dell’acqua in tutte le sue forme grazie alla continua e preziosa collaborazione con l’Università degli Studi di Milano”- afferma Daniela Murelli, direttore CSR del Gruppo Sanpellegrino. “Il progetto di ricerca che Levissima sostiene da ormai 4 anni rappresenta per il nostro Gruppo un esempio concreto dell’attenzione quotidiana agli effetti dei cambiamenti climatici sull’ambiente e, in particolare, sulla risorsa acqua. Continuare in questo percorso di sostenibilità sociale e ambientale significa per Levissima dedicarsi alla sua vera anima, il ghiacciaio, origine della sua purezza e delle sue fonti”.



    LO STUDIO SUL MANTO NEVOSO
    Siamo abituati a vederla come un manto soffice che ricopre le nostre montagne, donandogli quel senso di magico e incantato legato alla stagione invernale. Oltre a tutto questo, la NEVE è un elemento naturale importantissimo e tutt’altro che trascurabile quando parliamo di ambiente, di cambiamenti climatici e di sopravvivenza dei ghiacciai. Lo dimostrano i risultati della ricerca scientifica che Levissima ha svolto in collaborazione con i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano con l’obiettivo di studiare proprio l’evoluzione stagionale della neve, simbolo di purezza e risorsa idrica fondamentale delle nostre montagne.


    Nella primavera e nell’estate 2011 i ricercatori dell’Università hanno condotto alcuni studi per misurare la copertura nevosa nel bacino Piazzi-Dosdè. Per le verifiche sul campo, si sono avvalsi di una sofisticata strumentazione detta georadar utile per rilevare gli spessori del manto nevoso su vaste superfici. Su un’area campione, estesa qualche chilometro quadrato, sono state così effettuati rilievi geofisici utilizzando onde elettromagnetiche: le onde attraversano il manto nevoso, vengono riflesse dal substrato di roccia o dal ghiaccio del ghiacciaio, e poi ritornano allo strumento che le ha generate e qui vengono registrate.

    Contemporaneamente sono anche state realizzate alcune trincee nivologiche, scavi effettuati nella neve sino a raggiungere il ghiaccio di ghiacciaio. Un volta raggiunto il ghiaccio vengono misurati spessori, densità, temperatura e caratteristiche dei cristalli dei diversi strati di neve.

    Associando i valori di spessore misurati con il georadar ai valori di densità rilevati con le trincee, è stato quantificato lo spessore equivalente in acqua del manto nevoso del Ghiacciaio Dosdé, detto SWE - snow water equivalent - risultato pari a 1.4 milioni di metri cubi di acqua.

    I ricercatori hanno inoltre verificato che, durante l’estate 2011, non solo tutta la neve che copriva il ghiacciaio si è sciolta, ma è stato intaccato anche il ghiaccio sottostante per una perdita pari a 1,2 milioni di metri cubi di acqua.

    “Il rilascio idrico del Ghiacciaio Dosdè, conseguente alla fusione di neve e ghiaccio, è stato così pari a 2,6 milioni di metri cubi di acqua” afferma il prof. Claudio Smiraglia.“Di per sé il dato è positivo, perché la quantità di acqua proveniente dalla fusione ha contribuito a mantenere attivi i torrenti di alta e media montagna durante l’estate; ma, in un quadro complessivo di evoluzione dell’ambiente montano, rilasci così intensi di acqua destano anche una certa preoccupazione. Infatti, tutta le neve precipitata d’inverno si è sciolta durante l’estate. Se questo fenomeno non fosse solo relativo alla stagione ma si rivelasse come strutturale, ripetendosi anche nei prossimi anni, il Ghiacciaio Dosdè Orientale potrebbe ridursi drammaticamente e avvicinarsi all’estinzione”.



    LO STUDIO SUL PERMAFROST

    Nell’estate 2011 la strumentazione, già utilizzata nel 2010, è stata implementata con nuovi termometri inseriti nella roccia a diverse profondità per misurare la “febbre” della roccia di Cima Piazzi. Otto nuovi sensori termici sono stati localizzati sui versanti Nord e Sud nella roccia dalla superficie sino ad una profondità di circa mezzo metro (più precisamente 0.5 cm, 10 cm, 30 cm, 55 cm), per misurarne con continuità la temperatura. Gli otto sensori sono stati collegati a data logger per la registrazione dei valori medi, minimi e massimi delle temperature della roccia sulla vetta durante tutta la stagione estiva.

    La spedizione quest’anno è stata guidata da Claudia Mihalcea, una giovane glaciologa che ha coordinato il team di tecnici per l’installazione dei nuovi sensori. “Siamo orgogliosi che questa spedizione sia stata guidata da una giovane ricercatrice che ha potuto completare la sua formazione negli ultimi due anni grazie anche alla borsa di studio che abbiamo messo a disposizione”, dichiara Daniela Murelli. “Questo aspetto rappresenta un ulteriore segnale di quanto la nostra azienda sia attenta e sensibile a tematiche così attuali e alla ricerca scientifica che giorno dopo giorno ci aiuta a capire cosa succede all’ambiente che ci circonda”.

    Le temperature massime orarie registrate sul versante Nord di Cima Piazzi sono risultate comprese fra +9,24°C (a 0.5 cm di profondità) e +4,27 °C (a 55 cm di profondità). Sul versante Sud le massime orarie sono risultate maggiori e pari a +24,2°C (a 0.5 cm ) e +9,74 °C (a 55 cm).

    Le minime termiche orarie rilevate sul versante Nord sono risultate comprese fra -4,8 °C (0.5 cm) e -1,3 °C (55 cm), mentre sul versante Sud sono stati rilevati minimi di -5,11 °C (0.5 cm) e + 1,26 °C (55 cm).

    Su entrambi i versanti, Nord e Sud, le minime termiche assolute si rilevano alla superficie (0,5 cm), mentre lo strato profondo (0,55 cm) mantiene una maggiore stabilità termica e valori di temperatura minimi meno estremi rispetti alla superficie.

    I risultati dimostrano chiaramente che la differente esposizione Nord/Sud gioca un ruolo chiave nel determinare un diverso riscaldamento superficiale e profondo della roccia. Lo strato superficiale è quello maggiormente interessato dalle intense variazioni termiche che risultano numerose fino ad una profondità di 10 cm. Questo strato quindi è quello che più facilmente risente degli effetti dei cicli di gelo e disgelo e può andare incontro a disgregazione, frammentandosi e producendo detriti rocciosi che ricadono sui versanti sottostanti talora anche in forma di frane.

    I ricercatori hanno inoltre rilevato che nella roccia anche a quote elevate (3400 m) sino a circa mezzo metro di profondità le temperature non restano costantemente al di sotto di 0°C e non vi è permafrost superficiale. Il gelo negli strati più superficiali è quindi solo un fenomeno stagionale legato all’inverno. “La presenza di permafrost continuo superficiale, cioè presente anche in estate, garantirebbe una maggiore stabilità dei versanti, dove questo ghiaccio nascosto può agire da collante per le rocce, ma le condizioni termiche attuali non consentono il mantenersi di condizioni di gelo perenne nella stagione estiva”, conclude il prof. Claudio Smiraglia.

    Le iniziative sono state svolte anche grazie alla preziosa collaborazione del Comune di Valdisotto e della Provincia di Sondrio. Il Ghiacciaio Dosdè Orientale, infatti, non è solo una preziosa risorsa idrica ed un attendibile indicatore climatico, ma è anche un bene ambientale tutelato, essendo localizzato in un SIC (Sito di Importanza Comunitaria). Lo studio è stato svolto anche con la preziosa collaborazione scientifica del Prof. Mauro Guglielmin dell’Università dell’INSUBRIA.

    Levissima, una delle acque minerali di Sanpellegrino, è leader a valore del settore delle acque minerali in bottiglia grazie alla più ampia gamma di formati presenti sul mercato in grado di rispondere alle differenti esigenze dei consumatori. Levissima è riconosciuta come archetipo dell’acqua e simbolo di purezza, da sempre impegnata nella tutela della fonte da cui ha origine e nella salvaguardia della risorsa acqua. Sanpellegrino è la più grande realtà nel campo del beverage in Italia, grazie ad un ricco portafoglio di acque minerali, aperitivi analcolici, bibite e tè freddi. I suoi prodotti sono presenti in oltre 120 paesi attraverso filiali e distributori sparsi nei cinque continenti. Parte del Gruppo Nestlé - azienda leader a livello mondiale in Nutrizione, Salute e Benessere – Sanpellegrino è da sempre impegnata nella valorizzazione dell’acqua, bene primario per il Pianeta, e lavora con responsabilità e passione per garantire a questa risorsa un futuro di qualità.
    (newsroomfromitaly.myblog)
     
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  3. LaFra86
     
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    Grazie!!!!!
    ottimo, torno dalle vacanze e trovo tutto questo materiale!!
    Wow!!

    Adesso devo inserire tutti i dati in excel, lo scopo è quello di far notare i miglioramenti ambientali che ha generato la scelta di Levissima di prendersi cura delle cime del Dosdè.

    Grazie ancora,
    come ho dei risultati li posterò.

    CIAO!!!
     
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2 replies since 16/8/2012, 11:26   407 views
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