MOSTRE PITTURA e SCULTURA

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    ANGELO CIGNAROLI

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    FINO AL 6 gennaio 2013


    TORINO - Angelo Cignaroli ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione di una iconografia topografica del Piemonte sabaudo. La mostra ci restituisce l'aspetto di un territorio riscoperto anche grazie alle memorie di viaggiatori ed esploratori.

    Cresciuto nella bottega del padre, il noto paesaggista Vittorio Amedeo (Torino 1730-1800), Angelo Cignaroli (1767-1841) ereditò nel 1792 la carica di regio pittore di “paesaggi e boscarecce”. A differenza del padre, dedito soprattutto alla realizzazione di paesaggi arcadici e ideali, Angelo si specializzò nell’esecuzione di vedute dal vero di medie dimensioni di residenze reali e di città, villaggi e siti appartenenti al Regno di Sardegna. A queste si affiancano alcune precoci vedute alpine, rivolte soprattutto al massiccio del Monte Bianco e ai suoi ghiacciai, oggetto allora di esplorazioni scientifiche da parte dello svizzero De Saussure.

    Angelo Cignaroli ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione e nell’affermazione di una iconografia topografica del Piemonte, fino ad allora affidata prevalentemente alle incisioni di artisti come Sclopis di Borgostura o Bagetti, anch’essi documentati in mostra. La sua produzione – che, come dimostra l’esistenza di numerose repliche di alcuni dipinti, incontrò notevole successo tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento – è in grado oggi di restituirci l’aspetto, spesso perduto, di un territorio piemontese che veniva allora riscoperto anche grazie alle memorie di viaggiatori ed esploratori stranieri e alla pubblicazione delle prime guide.

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    Nonostante ciò, Angelo Cignaroli è stato oggetto solo di esposizioni parziali e collaterali, finalizzate perlopiù alla riproposizione iconografica delle residenze reali.
    La mostra, curata da Vittorio Natale, permetterà quindi per la prima volta di far conoscere a un vasto pubblico l’ampia produzione di vedute piemontesi e alpine di Angelo Cignaroli.
    Verrà esposto un numero considerevole di dipinti appartenenti a collezioni private, e come tali meno accessibili al pubblico o totalmente inedite, ma verranno richiesti anche significativi prestiti a istituzioni pubbliche torinesi.
    L’insieme, introdotto da una sezione dedicata anche all’attività squisitamente vedutistica del padre Vittorio Amedeo, permetterà per la prima volta di apprezzare pienamente la vastità, la qualità e l’interesse documentario delle perlustrazioni condotte sul paesaggio piemontese da Angelo Cignaroli fra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento.



    INFO

    Museo Accorsi, Via Po, 55 TORINO.
    Da martedi' a domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00.
    Per informazioni 011.837.688 int.3


    Edited by gheagabry - 18/10/2012, 13:13
     
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    Suggestioni del '900: Un viaggio nella collezione Pieraccini

    Mostre | dal 31 LUG 2011 ore 18:00 al 30 SET 2012 ore 19:30
    Viareggio (LU)


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    L’Assessorato alla Cultura del Comune di Viareggio - Lucca - inaugura, domenica 31 luglio 2011 alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Lorenzo Viani, il nuovo allestimento della collezione Giovanni e Vera Pieraccini dal titolo Suggestioni del Novecento. Un viaggio nella collezione Pieraccini a cura di Alessandra Belluomini Pucci, direttore della GAMC.


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    Artisti italiani e dell’Europa occidentale attivi fra la fine del XIX secolo fino ad arrivare ai nostri giorni caratterizzano il nuovo allestimento della prestigiosa collezione che Giovanni e Vera Pieraccini hanno donato al Comune di Viareggio. La raccolta riflette la loro intera vita caratterizzata da incontri, amicizie, viaggi, e, in particolare, la naturale predilezione per l’arte in ogni sua forma a e specificatamente per quella contemporanea. A partire dalla fine dell’Ottocento fino ai nostri giorni è possibile ammirare dipinti, grafiche, sculture di autori italiani e stranieri, tra i quali Pissarro, Boldini, Signorini, Ensor, Soffici, Severini, Kirchner, Grosz, Carrà, Dix, Chagall, Leger, Guttuso, De Chirico, Casorati, De Pisis, Rosai, Archipenko, Arp, Corpora, Capogrossi, Vedova, Scanavino. Insieme a questi grandi nomi sono presenti, nella collezione permanente, gli artisti Versiliesi più importanti; tra tutti Lorenzo Viani, indiscusso protagonista dell’Espressionismo europeo. Il nuovo allestimento della donazione Pieraccini corrisponde alla rinnovata immagine grafica della GAMC finalizzata ad una nuova filosofia diretta alla promozione, alla diffusione dell’arte e, in particolare, al confronto tra diverse generazioni di artisti. L’iniziativa è stata realizzata grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.

    La mostra rimarrà in esposizione fino al 30 settembre 2012.



    INFO

    Orario di visita:

    luglio –agosto dal martedì alla domenica ore 18/23
    settembre – giugno dal martedì alla domenica ore 15.30/19.30
    Lunedì chiuso
    La mattina su prenotazione per gruppi e scolaresche

    Biglietto:
    intero 3 €, ridotto 1,50 € riservato a persone oltre i 65 anni di età, disabili, militari e appartenenti alle forze dell’ordine, studenti con esibizione di tesserino, soci Coop
    Gratuito per i ragazzi fino ai 14 anni di età , accompagnatori e guide turistiche Regione Toscana possessori di Edumusei card, membri ICOM La biglietteria è aperta fino a trenta minuti prima della chiusura


    Contatti organizzatori:
    Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Lorenzo Viani
    Palazzo delle Muse, Piazza Mazzini - 55049 Viareggio - Lucca
    Telefono: 0584 581118
    Email: [email protected]
    Web: www.gamc.it


    Fonte:eventi.saimicadove.it
     
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    CAPOLAVORI DELLA TERRA DI MEZZO


    FINO AL 30 novembre


    AVELLINO - Attraverso circa 80 opere, dipinti e sculture provenienti da tutto il territorio in una ragionata successione cronologica dal Medioevo al barocco.
    Da sempre il territorio irpino è stato terra di transiti, di passaggi obbligati e di migrazione di popolazioni. Lungo i valichi che collegano la Campania alla Puglia si è, dunque, sviluppata fin dall’antichità la viabilità, passando dai primitivi tratturi, alle strade romane ed alla vie medievali, lungo cui si incontravano transumanza ed eserciti, commerci e fermenti culturali..Sabato 28 aprile, nell’ex Carcere Borbonico di Avellino, è stata inaugurata la mostra “Capolavori della terra di mezzo. Opere d’Arte dal Medioevo al Barocco”.




    Il progetto, promosso dalla Provincia di Avellino, in partenariato con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, i Comuni di Avellino, Ariano Irpino, Mercogliano e Sant’Angelo dei Lombardi, le Diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia, di Avellino, di Nola, le Arcidiocesi di Benevento e Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, l’Abbazia Territoriale di Montevergine e l’A.IR. Autoservizi Irpini S.p.A., cofinanziato dall’Assessorato al Turismo e Beni Culturali della Regione Campania, rientra tra gli eventi promozionali di risonanza nazionale ed internazionale, improntato al “racconto” della Campania attraverso una moderna attività di promozione e valorizzazione del patrimonio culturale campano.




    La mostra offre la possibilità di intraprendere un ideale viaggio nella storia, nell’arte e nel territorio dell’Irpinia, in un contesto espositivo omogeneo, di grande rilievo architettonico quale è l’ex Carcere Borbonico, presentando al grande pubblico un vero e proprio patrimonio d’arte misconosciuto che, studiato per l’occasione dai più eminenti cultori di storia dell’arte meridionale, ha rivelato interessanti novità documentarie e critiche.
    L’esposizione corre sul filo della narrazione, in una ragionata successione cronologica, dall’età medievale al tardo barocco, raccontando per immagini, colori ed emozioni, attraverso 75 opere di artisti noti come il Fanzago, il Solimena, il Guarino, il Borghese, il Curia, o meno noti come il Cenatiempo, il D’Amato, il Ricciardi, o personalità riconosciute ma non individuate come il Maestro di Fontanarosa, il Maestro di Gesualdo, il Maestro dell’Agro Nolano, la storia dell’arte irpina così come inserita nell’ambito di quella meridionale ed italiana.




    Le opere in mostra provengono da molti paesi della provincia e in gran parte da edifici religiosi considerato che, fin dal Medioevo, periodo in cui la chiesa è l’unica forma di “museo pubblico”, il clero è il principale committente di opere d’arte. Le immagini in esposizione sono di grande suggestione ed impatto iconico, connesse all’uomo, alla sua memoria, al suo sentimento religioso, alla sua sfera emozionale e devozionale. Allo stesso tempo esse raccontano la microstoria - i committenti, il paese, la grazia ricevuta – e la storia dell’Italia e dell’Europa – le dominazioni che si sono succedute, l’influenza politica della Chiesa, la Riforma, la Controriforma – in una successione espositiva che scandisce i periodi e le vicende storiche.




    Obiettivo del progetto è promuovere la valorizzazione dell’Irpinia attraverso la conoscenza del patrimonio storico-artistico del territorio, un’area geografica definita dai Longobardi terra del latte e del miele, denominata di mezzo per la funzione strategica avuta nei secoli come collegamento tra il mar Tirreno e le sponde adriatiche, percorso obbligato per uomini e armenti, per eserciti e pellegrini.
    La mostra è uno degli eventi progettati per far conoscere ed apprezzare il territorio irpino, rilanciando l’interesse per un turismo di qualità, individuando itinerari culturali e religiosi, di devozione e arte, da suggerire ai visitatori che oltre ad avvicinarsi alla bellezza vogliano arricchire di significato spirituale la conoscenza di una provincia ricca di suggestivi luoghi d’arte, di fede, di bellezze naturali. L’incremento della domanda turistica sicuramente solleciterà lo sviluppo delle attività di settore, un potenziale ancora poco incrementato che potrebbe rappresentare una risorsa importante nella svolta economica della provincia irpina.




    A corredo della mostra è stato realizzato il catalogo delle opere edito dalla casa editrice Consorzio Arte’m- net - Prismi editrice politecnica, che fornirà, mediante saggi e schede critiche redatte da esperti del settore ed illustri storici dell’arte di fama internazionale, un utile strumento di consultazione, documentazione e riflessione sull’argomento.





    INFO

    Info Evento
    Complesso Monumentale ex Carcere Borbonico
    28 aprile - 30 novembre 2012
    Orari di apertura:
    Dal martedi al sabato ore 10.00 | 13.00
    Martedì e giovedì ore 15.30 |18.15
    sabato 15.30 | 18.45
    chiuso il lunedì

    info e prenotazioni 0825 790733

    www. capolavoridellaterradimezzo.it
     
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    Bagliori dorati.
    Il Gotico internazionale a Firenze 1375-1440


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    FINO A 4 NOVEMBRE

    Le sale del primo piano della Galleria degli Uffizi ospiteranno dal prossimo 19 giugno fino al 4 novembre 2012 un’importante esposizione che vuole ricostruire il panorama dell'arte fiorentina nel periodo mirabile e cruciale che approssimativamente va dal 1375 al 1440. Per restituire il clima colto e prezioso di quella lunga stagione, verranno esposti accanto a dipinti celebrati da secoli altri pregevolissimi ma finora poco conosciuti al grande pubblico, così come sculture lignee e marmoree, codici miniati, lavori d'arte sacra e profana: creazioni tutte di sommo pregio e di assoluta rilevanza storica, provenienti da prestigiose istituzioni museali pubbliche, nonché da collezioni private italiane e straniere.
    Secondando la cronologia, il percorso prenderà le mosse dalle opere degli interpreti massimi dell’ultima fase della tradizione trecentesca. E si ammireranno opere di Agnolo Gaddi, Spinello Aretino, Antonio Veneziano, Gherardo Starnina e Lorenzo Monaco. Artista, quest’ultimo, che dopo la morte dello Starnina rimane il maggior pittore fiorentino a proporre del gotico estremo una variante personalissima, estranea perfino al naturalismo raffinato di Gentile da Fabriano; testimone lirico di quegli anni, lui pure presente in mostra con tavole famose per la loro bellezza struggente.

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    Si vedranno i lavori di artefici operosi a Firenze fra Trecento e Quattrocento, animati da una disposizione culturale volta all’osservanza della recente tradizione artistica tardo trecentesca e nel contempo però interessata alle dirompenti novità della nuova dottrina umanistica, con i fervidi recuperi dell’antico che suggeriva. Opere che staranno lì a rappresentare, al più alto livello, pittori meritevoli di una più diffusa conoscenza: Lippo d’Andrea, Mariotto di Cristofano, Giovanni Toscani, Ventura di Moro, Francesco d’Antonio e Arcangelo di Cola. Insieme, però, si sperimenteranno le virtù poetiche di Lorenzo Ghiberti, personalità fra le più eminenti del tardogotico fiorentino, nel cui cantiere per la prima porta del Battistero, durante la fase iniziale della sua attività, s’erano formati quasi tutti gli artisti di spicco operosi a Firenze. E lì accanto sarà dato osservare la maniera soave del Beato Angelico, artista emblematico – insieme a Michelozzo – di una linea espressiva che aspirava a coniugare l’eredità del linguaggio artistico del recente passato con quanto d’inedito stava maturando in città con Brunelleschi e Masaccio. Linea che aveva il conforto di alcuni grandi umanisti, che orbitavano intorno a Cosimo il Vecchio de’ Medici. Un periodo artistico particolare, articolato e variegato quello illustrato dalla mostra.

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    “Mentre le proposte artistiche innovative si facevano strada non senza fatica (si pensi anche soltanto alle tribolazioni di Brunelleschi scultore, architetto e ingegnere), linee preesistenti e coesistenti di creativita trovavano tranquillamente il gradimento di committenti pubblici e privati d’eccellenza, procedendo senza “rotture”, ma con affinamenti e sviluppi di nobili esperienze tramandate e reinterpretate. Una pluralita di artisti e di stili fu il composito e mirabile effetto di una mappa di committenze altrettanto varia” (Cristina Acidini). Infine “la mostra si chiuda con la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, che – appena restaurata e, anzi, presentata in anteprima dopo l’intervento – si offre al visitatore come sintesi mirabile della complessità intellettuale e spirituale d’una speciale stagione dell’arte fiorentina, quando rigore matematico e sperticate fantasie convissero; intersecandosi talora” (Antonio Natali). La mostra - a cura di Antonio Natali, Enrica Neri Lusanna, Angelo Tartuferi così come il catalogo edito da Giunti - è stata promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria degli Uffizi, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.



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    INFO

    FIRENZE - Galleria degli Uffizi

    Prezzo biglietto
    intero: € 11.00; ridotto: € 5.50 per i cittadini dell’U.E. tra i 18 ed i 25 anni. Gratuità del biglietto per i cittadini dell’U.E. sotto i 18 e sopra i 65 anni
    Orario - Martedì – Domenica ore 8.15 - 18.50; la biglietteria chiude alle 18.05. Chiuso il lunedì
    Servizio didattico per le scuole
    Visita guidate per le scolaresche solo su prenotazione
    Costo di € 3.00 ad alunno.

    Info e prenotazioni: Firenze Musei 055.294883
    Servizio visite guidate
    Info e prenotazioni: Firenze Musei 055.290383
    [email protected]
    Sito web
    www.unannoadarte.it
     
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    SAN FRANCESCO NELLA SUA VALLE

    fino al al 4.11.12


    Antonio Aquili detto Antoniazzo Romano, San Francesco riceve le stimmate, tempera su tavola, cm 173 x 61, fine settimo inizi ottavo decennio del XV secolo, Rieti, Museo Civico.
    Margarito D’Arezzo, San Francesco, tempera su tavola, cm 128 x 52, 1270-1275 circa, Arezzo, Museo Statale d’Arte Medievale e Moderna



    Quando, probabilmente nel 1209 secondo le fonti agiografiche, San Francesco arrivò per la prima volta a Rieti durante le sue predicazioni, cominciò la storia di quella che verrà poi chiamata la Valle Santa, con la creazione dei conventi posti sulle montagne che fanno corona alla conca reatina e che sono stati da lui fondati. Patria d’elezione per il Santo d’Assisi, Rieti da quel momento sarà una meta costante nei suoi viaggi, fra Greccio, Fonte Colombo, Poggio Bustone e il Santuario della Foresta, luoghi che ricordano momenti topici della vita di Francesco. Il primo Presepio della Cristianità, la Regola definitiva dell'Ordine e, probabilmente, il Cantico delle Creature, sono i tre segni che San Francesco ha donato alla Valle Reatina e che si possono fortemente percepire visitando questi luoghi ameni.

    Sono questi i motivi per cui Rieti è la sede della mostra, ideata da Anna Imponente e da Gianfranco Formichetti, che è stata aperta lo scorso mese di giugno e che fino al 4 novembre ci guiderà alla scoperta artistica della figura di San Francesco attraverso i secoli, per promuovere la conoscenza iconografica ed artistica della sua figura, ma soprattutto per valorizzare l’importanza del territorio reatino come luogo prescelto dal Santo durante le sue predicazioni. La Valle Santa ha sicuramente tutte quelle caratteristiche naturalistiche che riportano immediato il pensiero all’amore per Sora Nostra Matre Terra che San Francesco predicava, con le sue oasi faunistiche, la sua aria pulita, le sue alte montagne ed i suoi fiumi incontaminati, ragioni in più per una visita in questo lembo d’Italia che merita di essere scoperto ed apprezzato per diversi aspetti. La mostra diviene così un ottimo motivo per raggiungere Rieti e scoprire attraverso un centinaio di opere l’evoluzione dell’arte che a preso a soggetto il Santo, dal XIII secolo fino alla nostra contemporaneità, con nomi di grande importanza e di alto spessore artistico, grazie a prestiti da importanti istituzioni.


    Trophime Bigot detto Candlelight Master, San Francesco d’Assisi in preghiera, olio su tela, cm 100 x 140, 1630-1634, Roma, Museo Francescano dell’Istituto

    Divisa in tre sedi, tutte vicine e facilmente visitabili a piedi, la mostra si dipana attraverso la prima sezione nel Museo Civico, proseguendo attraverso il Salone delle Udienze del palazzo papale della Curia, per concludersi negli spazi espositivi della Fondazione Varrone in Palazzo Potenziani. Nella prima sezione si incontrano opere di grandi artisti provenienti da tutta Italia che rappresentano i vari momenti storico-artistici, dal Medioevo con Cimabue e Margarito d’Arezzo, al Rinascimento con Antoniazzo Romano, Correggio e Tiziano, il Barocco presente con Pietro da Cortona, Annibale Carracci, passando all’Ottocento di Domenico Morelli e il Novecento con Cambellotti e Wildt, fino a raggiungere i nostri giorni con la lettura che danno di San Francesco Mimmo Paladino e Norberto.

    Con la seconda sezione nell’antico Palazzo Papale- la costruzione si attesta alla fine del Duecento- la mostra si inoltra nel territorio reatino con una selezione di opere sul Santo provenienti da diversi luoghi della Valle, fra le quali si enumerano opere pregevoli di pittori secenteschi come Vincenzo Manenti e Bartolomeo Manfredi, al quale è stata di recente attribuita la tela della chiesa di San Pietro a Leonessa, storico centro sul versante settentrionale del monte Terminillo. A riprova della forza del pensiero di San Francesco, in questa sezione si possono ammirare anche opere di artisti contemporanei che decorano chiese del territorio umbro-laziale e che perpetuano la tradizione religiosa ed artistica delle piccole parrocchiali del centro Italia. L’ultima parte della mostra, nel medievale palazzo Potenziani, raccoglie oggetti preziosi ed importanti a sottolineare la grande devozione che c’è sempre stata intorno al Santo, anche prima della sua morte, avvenuta nel 1226. Codici preziosi come il Salterio diurno della fine del Trecento, incisioni, stampe, abiti o utensili come il ferro da ostie con monogramma di Cristo del XIII-XIV secolo: testimonianze concrete della forza del movimento francescano nel territorio reatino.


    Salterio diurno, Codice membranaceo con inserti in pergamena e carta, coperti in legno rivestito di cuoio, borchie e angoli in metallo, bandelle di chiusura in cuoio e metallo, cm 61 x 39, fine XIV secolo (rielaborazione di Frate Francesco da Brandeglio 1739), Provincia Romana dei Santi Apostoli Pietro e Paolo dei frati minori, Rieti, santuario francescano di Fontecolombo

    A corollario della mostra sono previsti due itinerari turistici sul francescanesimo, uno nella città di Rieti e l’altro attraverso il “Cammino di Francesco”, per ripercorrere i passi del poverello di Assisi attraverso il territorio, scoprendo la natura che caratterizza la Valle. Non poteva mancare uno sguardo alle nuove piattaforme di comunicazione: attraverso una applicazione per iPad, ideata dalla Soprintendenza BSAE del Lazio, è possibile consultare l’elenco di tutte le opere in mostra, le informazioni per conoscerle meglio e quelle per raggiungere le varie sedi con i servizi che si possono trovare in loco. L’APP ha inoltre la possibilità di essere integrata con il lettore di codici QR specifico per le schede della Soprintendenza del Lazio, così da permettere una conoscenza più approfondita delle opere visitabili in mostra attraverso canali autorizzati. Sono inoltre disponibili due applicazioni gratuite per iPhone, iPad e iPod touch dedicate alla mostra, con traduzione dei contenuti in varie lingue, e con suggerimenti sui punti di interesse per approfondire il percorso, corredate con immagini e testi in italiano ed inglese.

    Nel mese di ottobre è in programma una serie di conferenze dedicate ad alcuni dei capolavori esposti in mostra e che vedranno la presenza di importanti storici dell’arte ed esperti di francescanesimo. Già da settembre, però, la città sarà sede di una interessante rassegna cinematografica su San Francesco, dal cinema muto ai nostri giorni. ( Elisabetta Morici, artearti.net)




    INFO

    RIETI - Sedi e orari della mostra:
    • Museo Civico di Rieti, Sezione Storico Artistica, Palazzo Comunale, p.zza Vittorio Emanuele II, 1
    • Museo dei Beni Ecclesiastici della Diocesi di Rieti, Palazzo Papale, via Cintia, 83
    • Sala Mostre Fondazione Varrone, via dei Crispolti, 24
    Orari: Martedì-Domenica, ore 10.00-19.00 (ultima entrata ore 17.00)
     
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    Da Vermeer a Pablo autunno mostre al top
    A Vicenza storia del ritratto -


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    Ritratto di Olga in poltrona' dal Museo Picasso di Parigi

    Vermeer, Picasso, Kandinsky, Paul Klee, Guttuso, Carrà, ma anche il Divisionismo, il meglio del '900 italiano, cinque secoli di storia del ritratto, chi piu' ne ha più ne metta. La nuova stagione di mostre sembra non conoscere crisi e, magari a fronte di una diminuzione nel numero, punta alla qualità e alla capacità attrattiva con rassegne che, in alcuni casi, per la loro eccezionalità, sono un richiamo anche per l'esigente turismo culturale internazionale. Si comincia prestissimo, il 29 agosto, a Venezia, con la tredicesima edizione della Biennale Architettura. Intitolata Common Ground, la Mostra Internazionale di Architettura diretta da David Chipperfield presenterà al Padiglione Centrale ai Giardini dell'Arsenale 66 progetti realizzati da architetti, fotografi, artisti, critici e studiosi selezionati nel segno della condivisione delle differenze. Inoltre la Biennale Architettura vedrà la partecipazione (negli storici Padiglioni ai Giardini, all'Arsenale e nel centro storico) di 55 paesi, tra cui per la prima volta figurano l'Angola, la Repubblica del Kosovo, il Kuwait e il Perù.

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    'Gabriel Metsu Man Writing a Letter' dalla National Gallery of Ireland, Dublino. Per la prima volta arriva in Italia, a Roma, una mostra dedicata a Johannes Vermeer, dal 27 settembre al 20 gennaio 2013, alle Scuderie del Quirinale


    L'8 settembre sarà la volta di due rassegne, una alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo (Parma) dedicata al grande pittore inglese Graham Sutherland, amico-rivale di Francis Bacon, tra i capiscuola della pittura britannica contemporanea. L'altra, invece, a Palazzo Te di Mantova, sarà incentrata sulle grandi opere progettate da Luigi Nervi, a partire proprio dalle Cartiere Burgo, la 'fabbrica sospesa', costruita nella capoluogo lombardo. Il 20 settembre, ecco uno degli eventi più attesi, 'Picasso. Capolavori dal Museo Nazionale Picasso di Parigi', che porterà a Palazzo Reale oltre 200 opere del genio spagnolo, molte delle quali per la prima volta in Italia. Curata da Anne Baldessari, l'importante esposizione è una sorta di excursus cronologico sulla produzione dell'artista, dal periodo blu e quello rosa alla ricerca africana al Cubismo Sintetico e Classico, dal Surrealismo al tema della guerra. Innumerevoli i capolavori allestiti, come 'La Celestina' (1904), 'Uomo con il mandolino' (1911), 'Ritratto di Olga' (1918), 'Due donne che corrono sulla spiaggia' (1922), 'Paul come Arlecchino' (1924), 'Ritratto di Dora Maar' e 'La supplicante' (1937).


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    Johannes Vermeer 'A Lady Standing at a Virginal'

    Dopo una settimana, il 27 settembre nelle romane Scuderie del Quirinale prende il via 'Vermeer. Il secolo d'oro dell'arte olandesé, che per la prima volta porterà in Italia una selezione di dipinti straordinari. Pittore poco prolifico, le opere di Vermeer conosciute nel mondo sono 37, distribuite in 15 collezioni diverse, nessuna delle quali in Italia. Di queste, sono solo 26 quelle che possono essere spostate, fatto che ha sempre reso molto difficile la realizzazione di mostre a lui dedicate. E' quindi evidente l'eccezionalità dell'evento espositivo delle Scuderie, di sicuro richiamo per gli appassionati di tutto il mondo. Ancora un'altra settimana, e il 6 ottobre sia apre a Vicenza, nella restaurata Basilica Palladiana, 'Raffaello Verso Picasso.

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    Il ritratto di Dora Maar di Pablo Picasso



    La grande storia del ritratto e della figura'. La mostra riunirà, accomunati sul tema della figura e del ritratto, opere capitali di Botticelli, Mantegna, Antonello da Messina, Tiziano, Caravaggio, Velazquez, Van Gogh, Gauguin, Cezanne, Bacon, Freud e altri ancora. In tutto cento capolavori, prestiti eccezionali dalle maggiori collezioni pubbliche e private del mondo. Intanto a Venezia si potranno ammirare le meravigliose vedute settecentesche di Francesco Guardi (dal 29 settembre al Museo Correr) e a Roma (dal 29 settembre) gli scatti struggenti di Robert Doisneau, l'autore del famoso 'Bacio all'Hotel de la Villé, che racconta la vita parigina. Sempre nella capitale, dal 5 ottobre, il Complesso del Vittoriano ospiterà un'attesa antologica di Renato Guttuso, mentre il 7 alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna prende il via 'Paul Klee e l'Italià, un'indagine che approfondirà il poco indagato rapporto tra il grande artista tedesco e il Belpaese.


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    'Johannes Vermeer Girl with a Red Hat' di Johannes Vermeer

    A Ferrara, ecco dal 13 ottobre 'Boldini, Previati e de Pisis. Due secoli di grande arte a Ferrara', che riunirà negli spazi espositivi di Palazzo dei Diamanti un'ottantina tra dipinti, sculture e opere su carta. E ancora di pittura italiana si parlerà a Bassano del Grappa, dove dal 20 ottobre al Museo Civico si svolgerà 'Novecento italiano. Passione e collezionismo' con opere di Balla, Boccioni, Carrà, Burri, Campigli, De Chirico, Morandi, Fontana, Guttuso, Afro, ma anche Manzù, Martini, Schifano e molti altri. E se a Pisa si potrà invece vedere il genio di Kandinsky (dal 13 ottobre), con un approfondimento sulla prima fase russa, al Maxxi di Roma dal 18 ci sarà 'L'Italia di Le Corbusier'. Mentre a Milano una rassegna dedicata al Divisionismo inaugurerà il 19 ottobre il nuovo spazio Gam Manzoni - Centro Studi per l'Arte Moderna e Contemporanea.
    (Nicoletta Castagni)





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    Pisa – “WASSILY KANDINSKY. Dalla Russia all’Europa”



    Un'altra mostra d'eccezione per Palazzo Blu: ad ottobre infatti sarà il pittore russo Wassily Kandinsky ad inaugurare il ciclo di esposizioni dedicato alla nascita dell'astrattismo.
    Non c'è ancora certezza nelle date ma la mostra inizierà nella prima metà di ottobre e proseguirà fino a fine gennaio/inizio febbraio 2013.“




    „La mostra, che conterrà circa 50 opere del pittore russo, sarà organizzata in collaborazione tra Palazzo Blu, Provincia e Comune di Pisa, un connubio che ha fatto in modo che la città diventasse uno dei centri propulsori di arte e cultura che hanno riconoscibilità sia nazionale che internazionale
    I quadri che verranno esposti provengono sia dal museo di San Pietroburgo, il più grande museo della Russia, che dai musei "provinciali", termine che in Russia assume una valenza decisamente più ampia e che va riferito ad intere regioni lontanissime l'una dall'altra.
    La mostra vuole rendere conto di come nell'autore siano riusciti a convivere molti aspetti artistici e culturali, diversi influssi, dal simbolismo russo, all'arte folkloristica, dalla tradizionale contadina, al mondo sciamanico, fino alle avanguardie russa e tedesca.“




    „L'esposizione ripercorrerà il ventennio fra il 1901 - anno in cui Kandinsky abbandona gli studi giuridici ed etnografici che lo avevano portato a conoscere le tradizioni delle popolazioni originarie dello sterminato Impero Russo e decide di dedicarsi alla pittura - e il 1922 quando lascia definitivamente la Russia Sovietica, che pure aveva sostenuto nei primi anni della rivoluzione, e accetta l'incarico offertogli da Walter Gropius di dividere con Paul Klee l'insegnamento al Bauhaus in Germania. Aperta da un'affascinante e sorprendente sezione dedicata alle radici visive e concettuali dell'opera di Kandinsky con rari oggetti appartenenti alla tradizione dello sciamanesimo, la mostra guiderà il visitatore dai suoi primi dipinti nati in atmosfera simbolista, alle opere del periodo di Murnau (affiancate da selezionati quadri di Gabriele Munter, Alexej Jawlensky, Marianne Werefkin e Arnold Schonberg), fino alle grandi tele dei pochi anni in cui Kandinsky divenne il punto di unione fra le avanguardie occidentali, raccolte intorno a Der Blaue Reiter, e i maggiori protagonisti dell'avanguardia russa.“






    INFO

    Luogo: Palazzo Blu
    Curatori: Eugenia Petrova
    Enti promotori: Fondazione Palazzo Blu
    Città: Pisa
    Data inizio: 13 Ottobre 2012
    Data fine: 03 Febbraio 2013
    Telefono per informazioni: +39 02 36755700

    Sito ufficiale www.palazzoblu.org/
     
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    ALESSANDRO PAGANI





    Si inaugura domenica 19 agosto 2012, alle ore 21, presso l’antico Teatro Delfino di Zuccarello la mostra personale di Alessandro Pagani La mostra chiude la prima edizione del neonato progetto che vede impegnato lo storico borgo di Zuccarello in un programma di Residenza d’artista curato dal critico Nicola Davide Angerame.


    Il Progetto di Artist in Residence di Zuccarello, nasce da una collaborazione tra la Fondazione e il critico d’arte Nicola Davide Angerame, con lo scopo di selezionare artisti professionisti emergenti e mid-career invitandoli a passare un periodo di studio e di lavoro tra le mura del Borgo Antico di Zuccarello. La storia, la bellezza e la natura di questo antico snodo di commerci ispireranno i pensieri e la ricerca che ciascun artista invitato porta avanti. Da questa interazione con il luogo, gli artisti sono chiamati a creare opere in loco. A termine di questa esperienza, viene organizzata una mostra personale dell’artista nel Teatro cittadino, curata da Nicola D. Angerame. Una delle opere sarà donata dall’artista alla Fondazione, per la nascente collezione d’arte di Zuccarello. ”Questa iniziativa presa dal Comune di Zuccarello”, spiega Angerame, “si basa sulla volonta’ di offrire cultura alta ai cittadini e ai visitatori, approfittando del progetto di residence per constituire una collezione d’arte che rimarra’ nel tempo a testimonianza della lungimiranza con la quale l’Amministrazione del borgo ha saputo inserirsi in uno dei trend internazionali di maggiore successo, che stanno segnando l’attivita’ artistica e culturale delle grandi metropoli mondiali”.




    Il primo artista invitato è Alessandro Pagani (Milano 1973). Per lui si tratta di rintracciare un’emozione estetica dentro un flusso di immagini che “scorrono” come un flusso di coscienza. All’interno di esso lo stile del fotorealismo accoglie l’elemento della “defigurazione” dei volti dei personaggi. La pittura di Pagani mette in scena il “rimosso” ed esalta il mostruoso, il perturbante, dentro scene che mantengono ed esaltano la tensione compositiva dei registi da lui ammirati. La mostra presenta lavori recenti e storici di Alessandro Pagani (Milano 1973), in una selezione che tratta uno dei temi fondamentali della sua poetica: la violenza.


    ALESSANDRO PAGANI Untitled (Van Dyck V) – 2012 – olio su tela – 115x95cm
    Ispirato dalla storia e dal paesaggio che circonda il borgo medievale, l’artista ha prodotto opere d’arte in loco e selezionato serie di opere recenti e meno recenti in linea con le ispirazioni tratte dal suo permanere in un luogo carico di suggestioni come Zuccarello. Il titolo della mostra “Nature violente” indica due tipi distinti e uguali di violenza: quella che sottende allo stato selvaggio e romantico del mondo naturale (prevalentemente montano e boschivo, i preferiti da Pagani) e quella a cui fa capo la natura umana intesa come temperamento, personalità. Pagani la ritrova nei personaggi della storia e della cultura, che diventano i protagonisti di una inquieta narratività alimentata da gallerie di volti, a volte defigurati, che ci inquietano per la loro perenne condizione di esseri minacciosi. In questa mostra si notano paesaggi immersi nelle nebbie, come il trittico intitolato Tales (2007), dove al lato di una foresta di conifere immersa nell’oscurità nebbiosa di una sera d’inverno fa capolino il ritratto di colui che è il signore di questi luoghi: l’orso. Ma non basta. Allo sguardo minaccioso che assume questo vero e proprio ritratto d’orso si affianca dal lato opposto, come in un gioco di rimandi temporali, il teschio stesso dell’orso in questione. Come a chiudere un ciclo, come se la violenza della natura non si arrestasse ma conoscesse diverse tappe, sempre più mortifere. Il senso di minaccia che trasuda da questo trittico si ritrova anche in Marat, lungo dipinmto altro trittico in cui protagonista è il bosco brumoso e ostile, luogo di misteri e di malefici, romanticamente immerso nella propria maestà ostile all’uomo, una natura che supera l’umano e diventa dimensione metafisica, dove abita la trascendenza e dove la sagoma di un antico campanile chiesastico batte il tempo alla decadenza fisica dell’uomo ranicchiato dentro una catacomba-caverna, umile avanzo di una natura che opera la distruzione senza badare alle umane vicende. In Tales (Vanitas), del 2008, Pagani stavolta mette al centro un cielo plumbeo e nemboso, gravido di tempesta, e vi introduce una figura distinta di nobiluomo europeo, colto da un dipinto di Van Dyck, che potrebbe essere il degno ritratto di un uomo della modernità, di Cartesio padre di quel razionalismo moderno di cui siamo figli. Misurato nella posa, sereno e padrone di sé, il protagonista di questa vanitas (genere atto a ricordare lo status mortale e la finitezza dell’umano) sembra padrone di una realtà che Pagani ci indica come invece tutt’altro che pacificata. I teschi, umano e animale che si vedono sul lato sinistro, stanno lì come il monito imperituro: nulla può l’eroe vandychiano contro il Tempo e la dissoluzione ch’esso porta con sé.

    Il monito si rinnova nella natura violenta, questa volta dell’essere umano, in un altro trittico del 2008, The Draughtsman’s Contract, nel quale Pagani riflette sulla natura umana attraverso il capolavoro di Peter Greenaway, I misteri del giardino di Compton House, che mette al centro la malvagità femminile: ambientato nella pacifica campagna inglese, nel 1694, il film pluripremiato narra di come Mrs. Herbert, moglie di un ricco proprietario terriero, usi l’ignaro paesaggista di successo Mr. Neville per perseguire il suo piano uxoricida finalizzato alla presa del potere sulle ricchezze e i possedimenti di Compton House. Il trittico di Pagani prende in esame le figure di Mrs. Herbert, di Neville e del notaio complice della donna. Solo che a queste figure si sovrappongono l’autoritratto di Van Dyck da giovane e il ritratto che il pittore fiammingo realizza di una giovane nobildonna, tanto bella quanto fredda e impassibile come una potenziale assassina.



    In dialogo con il suggestivo luogo espositivo, il teatro antico di Zuccarello, Pagani porta in mostra una serie di lavori che si presentano come un teatro delle maschere. Il grande ritratto di Murray Abraham (2009) mette in evidenza la maestria tecnica dell’artista, il quale dedica il ritratto a uno dei suoi più amati attori/personaggi. Un teatro delle maschere si impadronisce della fantasia di Pagani, che in tele come Marat o Lezione di anatomia (2007), crea un dialogo tra la pittura antica, da cui sono tratte le scene, ed il gusto post-moderno di citare il già detto per farlo diventare qualcosa d’altro. Svuotando l’interiorità di Marat o degli apprendisti medici ritratti nelle due tele in questione, Pagani ottiene una pittura di gusci vuoti, di fantasmi che attraversano l’oscurità del tempo e delle pittura per giungere a noi come personaggi di film horror, presenze inquietanti e minacciose: perturbanti. E perturbanti sono i ritratti di Aguirre (2012) e di Ilaria del Carretto (2012) che Pagani tratta secondo la tecnica della defigurazione messa a punto nelle ultime serie di dipinti. Una tecnica che usa la pittura come se fosse del vetriolo, capace di sfigurare i connotati dei personaggi, pur mantenendone i tratti distintivi, in un gioco “acrobatico” tra figurazione e astrazione, tra realismo ed espressionismo, che ammanta di una esuberante e disperata vitalità i volti dei personaggi ritratti. Pagani li sceglie tra i suoi eroi cinematografici. Aguirre (Klaus Kinski) è il protagonista dell’omonimo film di Werner Herzog, uno dei massimi interpreti della violenza della natura (anche di quella umana). Conquistadores in cerca dell’Eldorado, Aguirre è il prototipo della brama umana di ricchezza e fama. Nell’addentrarsi cocciutamente in una foresta senza fine, Aguirre perderà i suoi uomini ed infine la propria ragion, annientato dalla forza primigenia di una natura che lo domina.


    ALESSANDRO PAGANI Untitled (Van Dyck III) – 2011 – olio su tela – 42×60
    La defigurazione, che è un tratto originale della pittura di Pagani, nasce dal suo amore per la storia del cinema, specie quello di Serie B degli anni Settanta. Dal suo interesse/impersonificazione con il personaggio del Dr. Phibes (magistralmente interpretato da Vincent Price negli anni Settanta). Pagani, che si diverte a ritrarre un Vincent Price nelle vesti del Dottor Phibes (la proiezione del film appare sullo sfondo della mostra a dichiarare un’appartenenza: quella del pittore alla propria immaginazione de-formata da una cultura profonda del cinema horror di serie B), “trucida” i suoi personaggi proprio come fa Phibes, che per vendetta sfigura le proprie vittime dopo avere assassinate. Vicino ma lontano alla pittura di Francis Bacon, Alessandro Pagani elabora scene di film di Peter Greenaway o di Wim Wenders, defigurandole dentro contesti che restano integri e creando così magie percettive. Ma queste serie non fanno parta, per questione di spazi, di questa mostra. Si tratta comunque di dipinti carichi suspense, all’interno di uno sviluppo narrativo filmico che viene decostruito dalla pittura. Per Pagani si tratta di rintracciare un’emozione estetica dentro un flusso di immagini che “scorrono” come un flusso di coscienza. All’interno di esso lo stile del fotorealismo accoglie l’elemento della “defigurazione” dei volti dei personagg (come avviene anche per Ilaria del Carretto). La pittura di Pagani mette in scena il “rimosso” ed esalta il mostruoso, il perturbante, dentro scene che mantengono ed esaltano la tensione compositiva dei registi e dei personaggi da lui ammirati, amati e odiati. “Non direi che il cinema è evasione – dichiara Pagani – ma piuttosto una iper-realtà. Spesso mi trovo a confondere la mia memoria personale con quella cinematografica”.

    Con questa pletora di mostri ed eroi, Pagani costruisce una propria narrazione, tracciando le tappe di un percorso favoloso che non ha un inizio o una fine definiti, ma è popolato dai personaggi inventati dal cinema e dalla letteratura, i quali coesistono nella memoria dell’artista come la serie dei busti degli imperatori romani nella Galleria degli Uffizi, tutti coevi come statue di marmo, malgrado in vita si siano succeduti, spesso senza mai incontrarsi.



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    PICASSO A MILANO

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    Dal 20 settembre al 6 gennaio a Palazzo Reale in mostra oltre 250 capolavori - molti dei quali mai usciti dal musee national Picasso di Parigi - tra dipinti, sculture, fotografie, disegni, libri illustrati e stampe. La rassegna rappresenta un vero e proprio excursus cronologico sulla produzione di Picasso, mettendo a confronto le tecniche e i mezzi espressivi con i quali l'artista si e' cimentato nella sua lunga carriera.
    Inoltre, sarà allestita una sorta di “mostra nella mostra”: un’esposizione della documentazione storica del 1953, quando sempre al Palazzo reale di Milano, e per la prima volta in Italia, fu esposto Guernica, forse il più celebre capolavoro di Picasso.



    “Quella che inaugureremo a settembre sarà la terza mostra di Picasso realizzata a Milano, dopo quella, storica del 1953 e dopo quella del 2001 – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Stefano Boeri –. La prima, quando ancora Picasso era in vita, è stata realizzata nell’immediato dopoguerra e ha visto la straordinaria esposizione di Guernica in Sala delle Cariatidi. La seconda, realizzata anch'essa in un momento storico-politico particolarmente drammatico qual è stato quello che ha seguito l'attentato alle Twin Towers, ha visto nelle sale di Palazzo Reale la prima retrospettiva di un Picasso già storicizzato. Ora, con questa grande antologica che copre tutte le fasi più significative della sua produzione artistica, Milano celebra il ritorno del grande artista, dedicando alla storica esposizione del '53 e a 'Guernica' un focus nella stessa Sala delle Cariatidi, con immagini, lettere e carteggi originali. La mostra che realizzeremo – ha concluso l'assessore – sarà sicuramente un elemento di grande risonanza anche in molti altri ambiti della cultura milanese”.

    La mostra è curata da Anne Baldassari, riconosciuta a livello internazionale fra i più importanti studiosi di Pablo Picasso e direttrice del Musée National Picasso di Parigi, dove è conservata la più grande collezione al mondo delle opere dell’artista spagnolo.



    Con oltre duecento opere – molte delle quali mai uscite dal museo parigino – tra dipinti, sculture, fotografie, disegni, libri illustrati e stampe, la mostra rappresenta un vero e proprio excursus cronologico sulla produzione di Picasso, mettendo a confronto le tecniche e i mezzi espressivi con i quali l’autore si è cimentato nella sua lunga carriera.

    L’antologica di Milano presenta, tra i tanti capolavori, le opere che permettono di ripercorrere la storia dell’arte attraverso l’evoluzione del linguaggio artistico di questo indiscusso maestro del XX secolo: capolavori come “La Celestina” (1904), “Uomo con il mandolino” (1911), “Ritratto di Olga” (1918), “Due donne che corrono sulla spiaggia” (1922), ”Paul come Arlecchino” (1924), “Ritratto di Dora Maar” e “La supplicante” (1937). Il percorso espositivo prevederà una sezione di approfondimento dedicata alla mostra di Picasso realizzata a Palazzo Reale nel 1953.



    INFO

    ORARIO: lunedì, martedì e mercoledì: 8.30-19.30; giovedì, venerdì, sabato e domenica: 9.30-22.30
    COSTO: Da 7 a 9 euro
    ZONA: Duomo
    SITO: www.mostrapicasso.it/la-mostra/
    DAL: 20/09/2012
    AL: 06/01/2013
     
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    L’impressionnisme et la mode

    Affiche

    La moda della seconda metà del XIX secolo nei dipinti degli impressionisti: è il tema dell'esposizione 'L'impressionisme e la modé che si è appena aperta al Museo d'Orsay di Parigi, in partenariato con il Metropolitan di New York e l'Art Institute di Chicago.

    "L'apporto rivoluzionario degli impressionisti non si limita alla pittura di paesaggio - spiega la curatrice, Gloria Groom, conservatrice all'Art Institute di Chicago -. Furono testimoni sensibili dei mutamenti urbani e del comportamento dei cittadini, rappresentando l'uomo 'moderno' nella sua quotidianità". In mostra - fino al 20 gennaio - ci sono una sessantina di capolavori di Manet, Monet, Degas, Renoir, messi a confronto con abiti e accessori del tempo (in gran parte prestati dal museo Galliera, il museo della moda della città di Parigi).

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    L'obiettivo è ricostruire il panorama della moda femminile (si nota, per esempio, la progressiva scomparsa della crinolina) e maschile (meno vario) del tempo. Ci sono anche foto, disegni, incisioni, giornali di moda tra cui 'La derniere Mode', un rivista redatta dal poeta e scrittore Stephane Mallarmé.
    (ansa)

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    INFO

    25/09/2012 - 20/01/2013

    Musée d’Orsay

    1 rue de la Légion d’Honneur

    www.musee-orsay.fr

    Orario 9.30-18 G 9.30-21.45 chiuso Lunedì
     
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    VERMEER E GLI ALTRI.
    LA PITTURA OLANDESE A ROMA

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    Per la prima volta a Roma una rassegna su Johannes Vermeer, massimo esponente della pittura olandese del XVII secolo. La mostra delle Scuderie del Quirinale include, infatti, una preziosa selezione di opere di Johannes Vermeer - rarissime e distribuite nei musei di tutto il mondo, nessuna in Italia - e all'incirca cinquanta opere degli artisti olandesi suoi contemporanei. Il visitatore può, quindi, non solo familiarizzare con questo genio artistico dalla vita ancora oggi avvolta dal mistero, a cominciare dalla sua data di nascita tuttora sconosciuta, ma anche comprendere come l'opera del maestro di Delft si sia rapportata con gli altri artisti attivi nella sua città natale e nei vicini centri di fermento culturale quali Amsterdam, Haarlem e Leida. Oltre a capolavori del maestro, celebri e incantevoli come la stradina, oggi ad Amsterdam, la mostra esporrà opere di Carel Fabritius, uno degli artisti più famosi dell'epoca, morto nell'esplosione della polveriera che nel 1654 distrusse grande parte della città di Delft, Pieter de Hooch e Emmanuel de Witte, insieme ad artisti celebrati al tempo ma oggi da noi meno conosciuti tra cui Gerard ter Borch, Gerrit Dou, Nicolaes Maes, Gabriël Metsu, Frans van Mieris, Jacob Ochtervelt e Jan Steen e tanti altri maestri raffinati e sorprendenti. Il carattere specifico dei quadri di Vermeer e dei suoi contemporanei riflette la cultura medio-borghese dell'Olanda del XVII secolo. I soggetti casalinghi e il forte senso di realismo caratteristico del loro stile, affascinava i collezionisti privati dell'epoca, per lo più mercanti, panettieri, birrai, che esponevano i quadri nelle loro abitazioni chiedendo sempre nuovi soggetti.

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    Nello stesso periodo in Italia, al contrario, grandi committenze istituzionali, come la Chiesa e le corti principesche, richiedevano forme d'arte pubblica e di grande formato: assai diverse, dunque dalla pittura intima e ricca di sfumature di Vermeer che affrontava per lo più temi incentrati sul privato. La famiglia, i gesti e i momenti della vita quotidiana, la lettura e la scrittura (soprattutto la corrispondenza privata), il corteggiamento, la musica e lo studio della scienza, e poi le vedute della città, gli squarci di un mondo silente e operoso, luminosi di ironia e di assorta tenerezza. Questi i temi vermeeriani. In anni recenti l'arte olandese è stata abbondantemente e universalmente studiata e diverse rassegne espositive le sono state dedicate in Inghilterra, Olanda, Germania, Giappone, Spagna e Stati Uniti, tutte memorabili ma lontane, nel tempo e nello spazio. Sebbene gli intenditori e i cultori d'arte in Italia siano oggi perfettamente al corrente delle virtù e della varietà della pittura olandese rispetto a quanto non lo fossero le generazioni precedenti, mancava ancora una rassegna veramente esaustiva su quel felice periodo artistico che fu il XVII secolo, sia per l'estrema difficoltà a reperirne le opere rare e preziosissime, conservate assai gelosamente da pochi musei e raffinati collezionisti, sia per la loro fragilità. Oggi, le Scuderie del Quirinale sono orgogliose di poter offrire questa mostra e il suo catalogo che aiuteranno a comprendere e conoscere la pittura olandese e questo grande, indiscusso e assoluto maestro.


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    ELENCO OPERE

    Sala 1

    Johannes Vermeer (1632-1675)
    La stradina, 1658 circa
    Amsterdam, Rijksmuseum
    Gift of H.W.A. Deterding, London

    Jan van der Heyden (1637-1712)
    Veduta del Municipio nuovo di Amsterdam, 1667
    Firenze, Galleria degli Uffizi

    Sala 2

    Hendrick van Vliet (1611 circa-1675)
    Interno della Nieuwe Kerk a Delft, con la tomba di Guglielmo il Taciturno, 1660 circa
    Delft, Stedelijk Museum Het Prinsenhof Delft, Collection of the Cultural Heritage Agency of the Netherlands

    Emanuel de Witte (1617 circa-1692)
    Interno di chiesa gotica con motivi della Oude Kerk di Amsterdam, 1656
    Collezione privata

    Anthonie De Lorme (1605/1610 [?]-1673)
    Cappella della Laurenskerk a Rotterdam con la tomba dell'Ammiraglio Witte de With, 1667
    Collezione privata

    Emanuel de Witte (1617 circa-1692)
    Interno della Nieuwe Kerk a Delft con la tomba di Guglielmo il Taciturno, 1656
    Lille, Palais des Beaux-Arts

    Daniel Vosmaer (1622-1669/1670)
    Veduta di Delft da una loggia immaginaria, 1663
    Delft, Stedelijk Museum het Prinsenhof Collection of the Cultural Heritage Agency of the Netherlands

    Daniel Vosmaer (1622-1669/1670)
    Veduta di una città olandese (forse Delft), 1660-1662 circa
    New York, The Frances Lehman Loeb Art Center, Poughkeepsie, Vassar College
    Purchase, Agnes Rindge Claffin Fund., 1962.2

    Egbert van der Poel (1621-1664)
    Veduta di Delft con l'esplosione del 1654, 1654
    Londra, Johnny Van Haeften Ltd.

    Jan van der Heyden (1637-1712)
    Il canale Oude Delft e la Oude Kerk a Delft, 1675
    Oslo, The National Museum of Art Architecture and Design


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    Sala 3

    Felice Ficherelli, detto il Riposo (1605-1660)
    Santa Prassede
    Collezione privata

    Johannes Vermeer (1632-1675)
    Santa Prassede, 1655
    The Barbara Piasecka Johnson Collection Foundation

    Sala 4

    Nicolaes Maes (1634-1693)
    Il tamburino disobbediente, 1655 circa
    Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza

    Jacob van Loo (1614-1670)
    Compagnia musicale, 1665-1666
    Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza

    Adrian van Ostade (1610-1685)
    Due uomini che fumano e bevono, 1666
    Montpellier Agglomération, Musée Fabre
    Lascito di Antoine Valedau

    Gabriel Metsu (1629-1667)
    Il suonatore di violoncello, 1658-1660
    Londra, The Royal Collection Concesso in prestito da Sua Maestà la Regina Elisabetta II
    Royal Collection Trust (c) HM Queen Elisabeth II 2012

    Pieter de Hooch (1629 - 1684)
    Due soldati e una cameriera con un trombettiere, 1654-1655 circa
    Zurigo, Kunsthaus
    The Betty and David M. Koetser Foundation

    Gerard ter Borch (1617 - 1681)
    Ufficiale che scrive una lettera, 1658-1659 circa
    Filadelfia, Philadelphia Museum of Art
    The William L. Elkins Collection, 1942

    Gerard ter Borch (1617-1681)
    Donna che sigilla una lettera, 1659 circa
    Collezione privata

    Pieter de Hooch (1629-1684)
    La visita, 1657 circa
    New York, The Metropolitan Museum of Art
    H.O. Havemeyer Collection, lascito della signora H.O. Havemeyer, 1929

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    Sala 5

    Pieter de Hooch (1629-1684)
    Giocatori di carte in una stanza illuminata dal sole
    Londra, The Royal Collection
    Concesso in prestito da Sua Maestà la Regina Elisabetta II
    Royal Collection Trust (c) HM Queen Elisabeth II 2012

    Johannes Vermeer (1632-1675)
    Giovane donna con bicchiere di vino, 1659-1660 circa*
    Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-Museum
    Kunstmuseum des Landes Niedersachsen
    * l’opera Ragazza con bicchiere di vino sarà esposta in mostra a partire dal giorno 4 ottobre.

    Gerard ter Borch (1617-1681)
    Curiosità, 1660-1662 circa
    New York, The Metropolitan Museum of Art The Jules Bache Collection, 1949

    Pieter de Hooch (1629-1684)
    Ritratto di famiglia in cortile a Delft, 1658 circa
    Vienna, Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste

    Pieter de Hooch (1629-1684)
    Donna con bambina in cortile, 1658-1660
    Washington D.C., National Gallery of Art
    Widener Collection

    Pieter de Hooch (1629-1684)
    La camera da letto, 1658 - 1660
    Washington, National Gallery of Art
    Widener Collection

    Sala 6

    Carel Fabritius (1622-1654)
    Autoritratto, 1649-1650 circa
    Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen - Alte Pinakothek

    Michiel Sweerts (1618-1664)
    Ritratto di fanciullo con cappello, 1658-1660 circa
    New York, Collezione privata

    Johannes Vermeer (1632-1675)
    Ragazza con il cappello rosso, 1665 - 1667
    Washington, National Gallery of Art
    Andrew W. Mellon Collection

    Carel Fabritius (1622-1654)
    Donna con orecchino di perla, 1654
    Hannover, Niedersächsischen Landesmuseum

    Michiel van Musscher (1645-1705)
    Artista nel suo atelier, 1665 circa
    Vienna, Liechtenstein Museum
    The Princely Collections

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    Sala 7

    Godfried Schalcken (1643-1706)
    Concerto di famiglia, 1668-1670 circa
    Londra, The Royal Collection
    Concesso in prestito da Sua Maestà la Regina Elisabetta II
    Royal Collection Trust (c) HM Queen Elisabeth II 2012

    Gerrit Dou (1613-1675)
    Donna al clavicordo
    Londra, Dulwich Picture Gallery
    per concessione dei Trustees of Dulwich Picture Gallery

    Hendrick van der Burch (1627-1665 circa)
    Donna con un bambino che fa le bolle di sapone in giardino, 1660 circa
    Zurigo, Kunsthaus
    The Betty and David M. Koetser Foundation

    Caspar Netscher (1635/36-1684)
    Compagnia musicale, 1665
    Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen - Alte Pinakothek

    Johannes Vermeer
    La suonatrice di liuto, 1662 - 1663
    New York, The Metropolitan Museum of Art
    Lascito di Collis P. Huntington, 1900

    Eglon van der Neer (1635/1636-1703)
    Giovane donna che tiene un piatto con un limone, 1665
    Vienna, Liechtenstein Museum
    The Princely Collections

    Sala 8 a

    Gerard ter Borch (1617-1681)
    Donna che beve vino, 1656-1657 circa
    New York, Collezione privata

    Jacob Ochtervelt (1634-1682)
    Il Pescivendolo, 1663
    L'Aia, Koninklijk Kabinet van Schilderijen Mauritshuis

    Frans van Mieris (1635-1681)
    Donna che dà da mangiare a un pappagallo, 1663
    New York, Collezione privata

    Gerrit Dou (1613-1675)
    Astronomo alla luce di una candela, 1650 circa
    Vienna, Liechtenstein Museum
    The Princely Collections

    Quirijin van Brekelenkam (1622 circa-1669)
    Conversazione sentimentale, 1661-1662 circa
    New York, The Metropolitan Museum of Art
    The Friedsman Collection
    Bequest of Michael Friedsman, 1931

    Frans van Mieris (1635-1681)
    La visita del dottore, 1657
    Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie

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    Sala 8b

    Gabriel Metsu (1629-1667)
    Donna che dà una frittella a un cane, 1659-1661
    Collezione privata

    Johannes Vermeer (1632-1675)
    Giovane donna seduta al virginale, 1670-1672 circa
    New York, Collezione privata

    Gabriel Metsu (1629-1667)
    Donna che scrive una lettera, 1662-1664
    New York, Collezione privata

    Frans van Mieris (1635-1681)
    Giovane donna con perle, 1658
    Montpellier Agglomération, Musée Fabre
    Bequest of Anthonie Valedau, 1836

    Pieter Janssens Elinga (1623-ante1682)
    Interno con gentiluomo, donna che legge e cameriera, 1670 circa
    Francoforte sul Meno, Städelsches Kunstinstitut und Städtische Galerie

    Eglon van der Neer (1635/1636-1703)
    Donna che suona la tiorba in un interno, 1675
    New York, Collezione privata

    Sala 9

    Jacob Ochtervelt (1634-1682)
    Il concerto, 1669-1670
    Kassel, Museumslandschaft Hessen Kassel
    Gemäldegalerie Alte Meister

    Johannes Vermeer (1632-1675)
    Giovane donna in piedi al virginale, 1670-1672 circa
    Londra, The National Gallery
    Bought, 1892

    Jan Verkolje (1650-1693)
    Coppia elegante con strumenti musicali in un interno, 1674
    New York, Mrs. Taubman

    Gabriel Metsu (1629-1667)
    Donna che legge una lettera, 1664-1666
    presented Sir Alfred and Lady Beit, 1987 (Beit Collection)
    Dublino, National Gallery of Ireland Collection

    Gabriel Metsu (1629-1667)
    Uomo che scrive una lettera, 1664-1666
    presented Sir Alfred and Lady Beit, 1987 (Beit Collection)
    Dublino, National Gallery of Ireland Collection

    Sala 10

    Cornelis de Man (1621-1706)
    Giocatori di scacchi, 1670 circa
    Budapest, Szépmüvészeti Múzeum

    Ludolf de Jongh
    Il bicchiere rifiutato, 1662-1664
    Londra, The National Gallery
    Lascito Salting, 1910

    Johannes Vermeer (1632-1675)
    Allegoria della Fede, 1670 -1672 circa
    New York, The Metropolitan Museum of Art
    The Friedsam Collection, lascito di Michael Friedsam, 1931


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    INFO

    27 settembre 2012 – 20 gennaio 2013

    https://www.scuderiequirinale.it/categorie/mostra-003
     
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    BOHEMES




    Al Grand Palais di Parigi, Boheme, un'esposizione «sull'apporto fondamentale dei popoli nomadi alla costruzione dell'identità europea e alla trasformazione dello statuto sociale dell'artista».
    In mostra ci sono oltre 200 opere di artisti, da Leonardo da Vinci a Turner, Corot, Manet, Van Gogh e Matisse, ma anche poeti (Baudelaire, Rimbaud, Verlaine) e musicisti (dalle musiche tzigane all'opera di Giacomo Puccini).
    «Credo che l'attualità che conosciamo oggi non sia mai cessata – dice il curatore, Sylvain Amic, direttore del Museo delle Belle Arti di Rouen -. In tutte le epoche questo tema ha sempre occupato l'attualità tra leggi e sentimenti di rifiuto della figura del 'bohemien'. C'è un divorzio tra l'accettezione delle immagini e il rifiuto della realtà».
    E aggiunge: «Quando ho cominciato a lavorare su questa esposizione, nel 2009, l'ex presidente Nicolas Sarkozy non aveva ancora fatto il famoso discorso di Grenoble (sulla sicurezza, ndr.), e le espulsioni di massa dei Rom non erano ancora cominciate. L'esposizione ha continuato a avanzare in torale libertà rispetto agli eventi politici».
    I 'bohemien', continua Amic, sono sempre d'attualità «perchè rappresentano ai nostri occhi l'incarnazione della libertà e il desiderio di libertà si esprime in modo differente secondo le epoche e ha sempre affascinato gli artisti e spaventato i governanti».
    L'esposizione, aperta fino al 14 gennaio, con la bella scenografia di Robert Carsen, è un viaggio attraverso quattro secoli: si apre con un opera di Laszlo Moholy-Nagy, pittore e fotografo ungherese esponente del Bauhaus che ha fatto un lavoro sugli tzigani a Berlino e si conclude nel 1937 (il genocidio) e il lavoro di Otto Muller che ha vissuto in contatto diretto con i Rom e li ha rappresentati.
    Tra questi due momenti «chiave» il percorso espositivo si sviluppa come un flash back dal 1493 con un disegno di Leonardo da Vinci fino al periodo moderno e si mostra come il bohemien sia apparso nelle arti e abbia attraversato tutte le mode, le scuole, i paesi, e in ogni epoca abbia alimentato l'immaginazione degli artisti.
    (articolotre.com)


    Bohémien, i beat dell'Ottocento

    Degas, Van Gogh, Puccini: rigetto e fascinazione per l'arte zingara


    PARIGI - Barba incolta e pipa in bocca nell'autoritratto del 1846, Gustave Courbet (il pittore dell'Origine del mondo) scrisse pochi anni dopo una specie di «manifesto del bohémien» nella lettera all'amico Francis Wey: «Nella nostra società così civile bisogna che io conduca una vita da selvaggio, bisogna che io mi liberi dei governi. È il popolo a godere delle mie simpatie; devo rivolgermi direttamente a lui, per trarne ispirazione e sostentamento. Ecco perché ho appena dato inizio alla mia nuova, grande vita vagabonda e indipendente del bohémien».




    Era fatta: vivere ai margini, preferire l'arte e la libertà alla carriera e al guadagno diventava non solo una scelta o un destino ma un atteggiamento estetico, l'adesione consapevole a un preciso stile di vita. Nasceva una categoria esistenziale e artistica che ha prodotto un po' di ciarpame autoindulgente, tanti capolavori - dalle opere di Puccini e Leoncavallo alle poesie dei «Maledetti», dai Van Gogh ispirati dall'assenzio ai romanzi della beat generation - e una mitologia della bellezza nella trasandatezza genialmente sintetizzata ormai 12 anni fa da David Brooks nella sua formula «bobo» («bourgeois-bohème»): ho i soldi di un ricco e triste borghese, mi agghindo da affascinante zingaro.
    Con supremo gesto «bobo», il Grand Palais di Parigi ospita da ieri (e fino al 14 gennaio) una grande mostra dedicata alle «Bohèmes». Il tempio di vetro e acciaio della borghesia trionfante, che nel 1900 accoglieva la prima Esposizione universale, propone un appassionante viaggio nelle tante bohème (ecco spiegato il plurale) che si susseguono in Francia e nel mondo dal Quattrocento a oggi.



    La bohème reale, innanzitutto, quella che dà origine al mito, molti secoli prima dei cabaret di Montmartre: nel 1421 nella città di Arras arrivano bizzarri stranieri ai quali viene dato il nome di «Egyptiens», egiziani (in realtà giungono dai Balcani e ancora prima dall'India del Nord, ma quell'appellativo rimane e darà in inglese «Gypsy»). Entrano in Francia grazie a un salvacondotto fornito da Sigismondo, re di Boemia, e per alcune centinaia di anni il termine bohémiens servirà a indicare, in francese, non artisti scapigliati ma il popolo che oggi chiamiamo Rom; tra i più importanti e antichi degli oltre 200 dipinti dell'esposizione, un disegno di Leonardo da Vinci (1493) mostra un signore attorniato da quattro tzigani. I bohémiens sono gli zingari che attraversano l'Europa con le carovane, che non hanno patrimonio né terre, che irritano e attraggono i cittadini con la loro libertà e l'amore per la musica e la danza.

    Comincia a crearsi così quello stereotipo romantico dello zingaro, del bohémien pieno di verve e sensualità che produrrà un personaggio come Esmeralda nel romanzo Notre-Dame de Paris di Victor Hugo (1831).
    «Sono rappresentazioni fantasiose - dice il commissario dell'esposizione, Sylvain Amic -, e lo sottolineiamo all'inizio della mostra. I veri bohémiens, i Rom, non assomigliano ai personaggi dipinti dagli artisti successivi. Nei loro confronti oscilliamo continuamente tra fascinazione, repressione e rigetto. Quanto alla vita da bohème, quelli che la vivono veramente non la teorizzano e quelli che la dipingono l'hanno raramente vissuta. Ma al di là dell'artificio, si tratta di un vero mito moderno, che attraversa la musica, il cinema, la letteratura, la fotografia».

    Per non parlare del turismo: milioni di persone arrivano ogni anno a Parigi nella speranza di passare almeno qualche giorno e qualche notte secondo i quattro comandamenti della vita da bohème enunciati nel film Moulin Rouge (2001) di Baz Luhrmann: «Libertà, Bellezza, Verità, Amore».

    La saldatura tra la bohème reale dei Rom e quella artistica dei giovani parigini arriva a metà Ottocento, quando il giornalista Félix Pyat coglie il mutamento in corso: è finita l'era dei cortigiani di regime, degli artisti che si mettono sotto la protezione del principe o del mecenate. «La mania attuale dei giovani artisti di volere vivere fuori del loro tempo - scrive Pyat -, secondo altre idee e altri costumi, li isola dal mondo, li rende estranei e bizzarri, li mette al di fuori della legge, al bando della società; sono i bohémiens (cioè gli zingari) di oggi».
    In Les Roulottes Vincent Van Gogh descrive nel 1888 il campo nomadi di Arles, e risale più o meno alla stessa epoca Chaussures , sorta di incrocio tra una natura morta e un autoritratto, nel quale l'artista dipinge le proprie scarpe sfondate: espressione di povertà - a Van Gogh capitò di dare alcune sue opere in cambio di un po' di caffè - e sogno di un nomadismo bohème. A metà Ottocento lo stile di vita «zingaresco» era talmente alla moda e popolare che le Scene della vita bohème e le vicende del loro autore Henri Murger ispirarono sia Giacomo Puccini sia Leoncavallo: la mostra espone la partitura originale del quarto atto (la morte di Mimì) della Bohème di Puccini, consacrazione definitiva e planetaria di una nozione e uno stile di vita.
    Dopo l'epopea di Montmartre e poi di Montparnasse, dei locali «Le Chat Noir», «Le Lapin Agile» e il «Cafè de la Nouvelle Athènes» in place Pigalle, dove Edgar Degas ambienterà il suo L'assenzio, la mostra finisce tristemente, con le fotografie dell'esposizione sull'arte degenerata organizzata da Jospeh Goebbels a Monaco nel 1937.

    È il momento in cui i destini dei Rom, i veri, originari bohémiens, e degli artisti, i loro emuli di maniera, tornano a incrociarsi. Come esempio perfetto dell'arte da colpire e cancellare, i nazisti mostrano le opere di Otto Mueller, che tra il 1924 e il 1929 aveva frequentato gli zingari dei Balcani ricavando da quell'esperienza una sorta di manifesto contro la vita cittadina e in favore dello stato di natura. Di lì a poco gli zingari saranno mandati nei campi di concentramento (e circa mezzo milione vi troveranno la morte). «Il 1937 è il momento della condanna di un popolo e della sua rappresentazione - spiega il curatore Amic -. Gli tzigani vengono sterminati, e gli artisti che hanno subito il loro fascino (come Otto Pankok, Emil Nolde, August Sander, László Moholy-Nagy) condannati a non dipingere più».

    La bohème sembra a quel punto finita, ma il suo mito è destinato a risorgere oltre Atlantico, nella California degli anni Cinquanta: la ribellione al conformismo, il sogno più o meno velleitario di una vita meno grigia e inquadrata sono motori che non si fermano mai. In Francia i campi dei bohémiens di oggi vengono smantellati, dalla destra di Sarkozy come dalla sinistra di Hollande, ma il Grand Palais dedica agli antenati e ai loro scimmiottatori di immenso talento una delle mostre più importanti dell'autunno: la secolare storia di rigetto e fascinazione continua.

    Stefano Montefiori



    INFO

    Press contact: Florence Le Moing - [email protected] - [email protected]

    Galeries nationales (Grand palais, Champs-Elysées)
    3, avenue du Général Eisenhower 75008 Paris
    Opening hours: Thursday, Saturday, noon – 8 PM Friday, noon – 9:30 PM Sunday, noon – 7 PM
    Admission fee Full rate €24.00 — Concessions €12.00


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    Sculpture by the sea,
    la più grande esposizione d'arte all'aperto del mondo


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    Dal 18 ottobre al 4 novembre si svolge lungo la spettacolare passeggiata sul mare di Sydney che va da Bondi Beach a Tamarama Beach la sedicesima edizione di Sculpture by the sea, la più grande esposizione d’arte all’aperto del mondo. Ogni anno questi due chilometri di costa si trasformano in una grande galleria d’arte contemporanea a libero accesso, ospitando più di cento artisti da ogni parte del mondo con le loro opere temporanee visitate da decine di migliaia di visitatori.

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    BONJUOR, Mensieur CANALETTO



    Il vedutismo veneziano non ha mai riscosso particolare successo presso i francesi. Le opere di Canaletto e Guardi nei musei d’Oltralpe sono rare, così come le esposizioni dedicate alla loro scuola negli ultimi decenni. Pare, dunque, una singolare coincidenza che, grazie a due grandi mostre in contemporanea, proprio Parigi sia diventata la capitale universale di Canaletto, pittore da sempre amato, collezionato e studiato soprattutto dagli inglesi ancor più che dagli italiani. Che non si tratti di caso, bensì di un attento progetto di turismo culturale, poco importa. Certo è che chi ha la fortuna di visitare le mostre che il Musée Jacquemart-André e il Musée Maillol gli dedicano rispettivamente fino al 12 gennaio e al 10 febbraio, avrà modo di approfondire, come non era mai stato possibile, il rapporto di Antonio Canal (1697-1768), ma anche di Francesco Guardi (1712-1793) con la città di Venezia.



    Le due esposizioni hanno approcci diversi ma complementari. Per meglio godere di questa cornucopia di vedute della Serenissima, è forse meglio partire dall’affascinante museo di Boulevard Haussmann, dove Bozena Anna Kowalczyk, curatrice della rassegna dedicata appunto a Canaletto-Guardi, ha riunito una cinquantina di opere non solo per ripercorrere l’avventura stilistica dei due maestri, ma anche per abbozzare la storia del vedutismo locale. L’intento della mostra, e anche il messaggio più riuscito, è comunque quello di proporre un inedito confronto tra i due pittori che da sempre si contendono i favori e l’apprezzamento dei collezionisti internazionali.

    Per garantire questo parallelo, che per i fautori dell’uno o dell’altro a tratti appare come una sfida, la curatrice è riuscita a ottenere prestiti straordinari, primi fra tutti gli otto capolavori della Royal Collection della regina Elisabetta, che possiede la più importante raccolta di pitture e disegni di Canaletto, e quindi decine di altre opere provenienti dai più noti musei del mondo. A parte la piccola necessaria parentesi introduttiva, che comprende splendide tele dei «precursori» van Wittel e Carlevarijs, il percorso si snoda privilegiando non tanto la cronologia quanto i paralleli. Il risultato, oltre che accattivante per il pubblico anche meno preparato, aiuta a comprendere non solo le differenze ma soprattutto le affinità tra i due artisti che, nonostante la comunione dei temi, non ebbero forse mai l’occasione di conoscersi. Protagonista dell’intera mostra rimane comunque Canaletto.



    La sala con le quattro versioni della veduta di Piazza San Marco verso Est suggerisce infatti inedite riflessioni. Le commoventi tele flou del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid e quella del Museo di Palm Beach, dipinte dal giovane Canaletto tra il 1722 e il 1723, appese accanto alla stessa veduta eseguita da Guardi sessant’anni più tardi, non possono che sottolineare come quest’ultimo abbia imparato un’antica lezione piuttosto che inventato uno stile. Ma i paragoni non sempre vanno a vantaggio del più anziano e rivelano piuttosto delle sorprese, come nel caso delle due vedute di Campo Santi Giovanni e Paolo. La prima, di Canaletto, arrivata in prestito dalla Royal Collection di Londra proprio per esser confrontata con la versione del Louvre realizzata da Guardi trent’anni più tardi, si rivela splendida e inconfondibile ma, dopo un attento esame, appare meno fedele nella prospettiva e caricata di un’impossibile luce proveniente da Nord. La tela di Guardi, pur essendo copiata forse dall’opera custodita dal console Smith, si avvale invece di una sorprendente verità prospettica, oltre che di una straordinaria percezione atmosferica che gli consente di superare l’originale del suo maestro. Certo è che Guardi iniziò a dipingere vedute dopo che Canaletto partì nel 1746 per Londra e che molte delle sue innumerevoli Venezie sono ispirate se non addirittura mutuate dalle celebri incisioni e dai disegni del suo rivale.

    Sfortunatamente per Canaletto, al suo definitivo ritorno da Londra nel 1755, lo stile di Guardi, più agile e soprattutto più libero e pittoresco, legato allo stato d’animo e non allo stato di fatto, era diventato di moda. A poco valse la tardiva nomina come professore di prospettiva all’Accademia, ormai gli stranieri preferivano affidarsi al pennello fantasioso e leggero di Guardi che, a sua insaputa, aveva gettato le basi per la moderna pittura di paesaggio.



    Nell’ultima sezione della rassegna, Bozena Anna Kowalczyk affronta il tema dei capricci, un genere che comprende improvvisazioni, colte fantasie riferite a luoghi e architetture immaginarie o trasposte, come nell’emblematico caso delle rovine del Colosseo suggerite nello sfondo del delizioso capriccio proveniente dalla Royal Collection. Maestro indiscusso dei capricci è da sempre considerato Guardi ma qui, ancora una volta, alcune precoci tele dipinte da Canaletto prima che diventasse vedutista, dimostrano che il grande punto di riferimento di Guardi è stato proprio lui.

    Passando alla mostra del Museo Maillol, l’incalzante carrellata di vedute curata da Annalisa Scarpa ci riporta attraverso la Venezia di Canaletto ricreando la topografia della città dei Dogi. È come visitare la città a bordo di una gondola: si ammirano chiese e palazzi del Canal Grande, sorprendenti isole e scorci di laguna provenienti dai musei russi, ripercorrendo con puntualità il cammino artistico e professionale dell’artista prima della sua partenza per Londra. Cresciuto presso il padre come decoratore teatrale di scenografie barocche, Canaletto divenne autore di vedute solo attorno al 1723 per accontentare i turisti del Grand Tour. La sua fortuna è legata all’incontro con Joseph Smith, il raffinato conoscitore e collezionista inglese che fu poi console presso la Serenissima a partire dal 1744. Per soddisfare l’esigente clientela inglese che Smith gli procacciava, Canaletto iniziò a dipingere vedute sempre più precise e prospettiche, ricche di vivaci particolari e di inconfondibili figure tracciate con pochi colpi di pennello ma in grado di rendere vive anche le architetture più fredde e scenografiche.

    Canaletto era riuscito ad affinare la tecnica e ovviamente i risultati, utilizzando la camera ottica, empirica ma efficace scatola in legno dotata di lenti e specchi, che consentiva di eseguire rapidamente suggestivi scorci e ardite prospettive. Con questo strumento, già usato da van Wittel, Canaletto tracciava così sulla tela con grande velocità vedute impeccabili, quasi fotografiche. In una sala del museo è in esposizione e in uso un’autentica camera ottica che consente al pubblico di capire come è stato possibile per Canaletto realizzare in pochi anni un così gran numero di dipinti simili e perfetti. Per alcune vedute prese dall’acqua, come il Molo di San Marco della Pinacoteca di Brera o la Chiesa di San Geremia del Principe del Liechtenstein, Canaletto ha probabilmente utilizzato una barca ancorata, dotata di camera ottica, trasformata in atelier di pittura, proprio come farà Claude Monet nel 1870 dipingendo en plein air sur l’eau.




    Una parte dell’esposizione è dedicata ai disegni e alle acqueforti del maestro tra cui, oltre a rari e preziosi fogli di schizzi preparatori, è esposto il celebre quaderno di disegni del Gabinetto dei disegni e delle stampe delle Gallerie dell’Accademia. Un’inestimabile quantità di schizzi e commenti, sfogliabile elettronicamente, che ci testimonia il metodo con il quale Canaletto preparava e sentiva le sue indimenticabili vedute.

    Giovanna Poletti, corriere




    Da: Fino al 14 gennaio 2013 Fino al 10 febbraio 2013
    Location: Musée Jacquemart-André e Fondation Dina Vierny-Musée Maillol
    Città: Parigi
     
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    MICHELANGELO e LA CAPPELLA SISTINA

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    In un ironico schizzo a margine di un sonetto, Michelangelo rappresenta se stesso intento nella complicata posizione di leggere col capo rivolto verso l'alto. Una emozionante testimonianza di quella che era stata l'ardua prova ininterrotta di Michelangelo per ben quattro anni. "Dal 1508 al 1512, salvo brevi intervalli, Michelangelo dipinse in piedi o sdraiato, ma sempre con la testa rovesciata verso l'alto - racconta Pina Ragionieri, direttrice della Casa Buonarroti - posizione faticosa e innaturale, tanto che, per alcuni mesi dopo la fine dell'opera, dovette mettere al di sopra del capo tutto ciò che aveva necessità di leggere o di guardare con attenzione". Ed è così che è stata concepita la decorazione della Volta della Cappella Sistina, inaugurando "un concetto spaziale ed estetico che segnò nella storia dell'arte un punto fermo
    destinato a spazzar via tanto passato", per dirla con la Ragionieri.

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    E per ricordare questo evento, esattamente a cinquecento anni dalla benedizione di papa Giulio II, da quel 31 ottobre del 1512, proprio la Casa Buonarroti, con l'organizzazione dell'associazione Metamorfosi presieduta da Pietro Folena, espone i disegni preparatori autografi di Michelangelo per la Cappella Sistina in una mostra visitabile alla Camera dei Deputati dal 31 ottobre al 7 dicembre. Un tuffo al cuore per gli appassionati di storia dell'arte, scoprire gli studi sapienti, le prove già virtuose e piene di pathos plastico eseguite tra matita e carboncino dal Buonarroti, accostate alle riproduzioni degli affreschi finali della Sistina.
    La mostra offre l'occasione speciale per una conoscenza ravvicinata della genesi di un capolavoro al centro di una serie di celebrazioni per l'importante anniversario. Ancora una volta la Casa Buonarroti sfodera delle chicche straordinarie per comprendere in profondità l'estro di Michelangelo.

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    I disegni illustrano la potenza visionaria che Michelangelo apportò in questa impresa: "Ancora si discute sui margini di libertà che Michelangelo poté utilizzare per il complicato programma iconografico da lui adottato per la Volta - commenta Pina Ragionieri curatrice della mostra - appare però molto probabile che abbia chiesto aiuto e consiglio ai teologi della corte papale. Certamente questa grandiosa rappresentazione non suscitò le violente reazioni che accompagneranno, in un'atmosfera ormai da Controriforma, la gestazione e l'inaugurazione del Giudizio finale".
    Il percorso espositivo ripercorre cronologicamente le tappe della Cappella Sistina. Si comincia dalla Volta, committenza che registrò subito un vero e proprio rifiuto da parte del Buonarroti, derivante dal dover abbandonare il rapporto, a lui tanto congeniale, col marmo per un'avventura pittorica che in tali dimensioni non aveva ancora mai affrontato. "Il 10 maggio del 1508 Michelangelo riceveva un primo acconto e cominciava a lavorare - racconta Ragionieri - aveva allora trentatré anni. Si trattò dapprima soltanto di disegni e di cartoni, giacché è documentato che l'apprestamento dei ponteggi e l'esecuzione dell'“arriccio” avvennero tra l'11 maggio e il 27 luglio, data del pagamento per queste opere preliminari. Il lavoro a fresco fu poi portato avanti senza interruzioni fino a metà della Volta (1510), per poi essere ripreso e, come vedremo, concluso due anni dopo".

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    Passo passo si segue l'evoluzione della drammaticità delle figure che affollano la portentosa architettura dipinta scandendo la Volta in tre grandi fasce: dai riquadri centrali di varie dimensioni con nove scene tratte dalla Genesi (dove spicca la Creazione di Adamo), ai lati con scene più piccole, dove giovani Ignudi tengono tra le mani medaglioni che simulano il bronzo, con altre storie bibliche, più in basso, siedono su troni i Profeti e le Sibille, cioè i Veggenti che preannunciarono la venuta di Cristo, e nella terza fascia, composta dai triangoli e dalle lunette, stanno gli Antenati di Cristo, fino ai pennacchi laterali, con gli episodi della lotta di Israele contro i nemici del popolo ebraico. E si arriva, poi, al brusco salto estetico del Giudizio finale, che tornerà ad impegnare Michelangelo nella Cappella Sistina nel 1536 quando l'artista, ormai sessantunenne, affronta la parete dietro l'altare per il lavoro affidatogli da Clemente VII, e confermato dal suo successore, Paolo III.

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    Le opere i mostra evocano questa rivoluzione: "Nel Giudizio appare evidente l'abbandono di ogni forma di illusionismo - conclude Ragionieri -sono del tutto assenti le possenti scansioni della Volta, e l'azzurra forza del fondo di lapislazzuli nega e abolisce le serene conquiste prospettiche del Quattrocento. Nell'immensa scena, i corpi galleggiano pesantemente in aria a forza di muscoli, con un moto rotatorio ininterrotto e lento, e senza l'aiuto delle ali, eliminate persino negli angeli, con grave scandalo dei contemporanei, ormai convinti dall'etica controriformistica".



    INFO -

    "Michelangelo e la Cappella Sistina nei Disegni Autografi della Casa Buonarroti", dal 31 ottobre al 7 dicembre 2012, Camera Dei Deputati Palazzo San Macuto, ingresso libero da Via del Seminario, 76. Roma
    Orari: dal lunedì al venerdì: dalle 10:00 alle 20:00. (ultimo ingresso alle 19:00), sabato: dalle 10:00 alle 13:00 (ultimo ingresso alle 12:00), mercoledì 31 ottobre: dalle 14:00 alle 20:00 (ultimo ingresso alle 19:00). Chiuso le domeniche e giovedì 1 novembre
    Informazioni: www.camera.it 2.
     
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