OLIMPIADI curiosità

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  1. gheagabry
     
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    Il tiro alla fune alle Olimpiadi


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    Dal 27 luglio al 12 agosto si terranno le Olimpiadi di Londra 2012, che diventerà così l’unica città al mondo ad aver ospitato tre edizioni – 1908, 1948, 2012 – dei giochi olimpici estivi. Sul tema delle Olimpiadi, il blog dedicato del New York Times ha pubblicato qualche giorno fa un elenco di dieci discipline che sono state disputate alle scorse edizioni delle Olimpiadi, ma che ora non lo sono più.

    12 ore di bicicletta
    Una gara effettuata una volta sola, nel 1896, e che consisteva, come vuole il nome, in una sfida di resistenza della lunghezza di mezza giornata, con inizio alle 7 del mattino e fine alle 7 di sera. Il vincitore dell’unica edizione fu l’austriaco Adolf Schmal, che fece 180 chilometri in 12 ore. AL traguardo arrivarono in due.

    Softball

    La variante femminile del baseball praticata alle Olimpiadi dal 1996 al 2008: dopo l’ultima edizione venne eliminata insieme al baseball, escluso perché i giocatori migliori durante il periodo estivo sono impegnati nel campionato statunitense. Rispetto al baseball, il softball si gioca con una palla più grossa, che viene lanciata facendo roteare i braccio e lasciando la pallina al di sotto del livello dell’anca.

    Cricket

    Non più alle Olimpiadi dal 1900, questa disciplina dovrebbe presto ritornare tra quelle olimpiche in una versione leggermente modificata e resa più veloce, il Twenty20, che rende possibile alle partite svolgersi in poche ore e non in diversi giorni, come nella versione tradizionale.

    Canottaggio “16 con”

    Ovvero una sfida in cui gareggiavano imbarcazioni con un equipaggio di 16 vogatori, più un timoniere: venne disputata solo nel 1906.

    200 metri stile libero a ostacoli

    Praticata solo nell’edizione del 1900, era una strana gara di nuoto in cui alla velocità dei 200 metri stile libero si univa la fatica di dover superare tre ostacoli, due da arrampicare e uno da superare sott’acqua.

    2000 metri sprint di tandem

    Era una gara di tandem che presentava qualche problema di sicurezza per la stabilità delle biciclette a due posti, ma venne disputata dal 1906 al 1972.

    Lancio del giavellotto con entrambe le mani

    Praticato soltanto nell’edizione del 1908. A differenza di quel che si può pensare, non si trattava di lanciare il giavellotto tenendolo con entrambe le mani (cosa abbastanza complessa), bensì di lanciarlo una volta con la destra e una volta con la sinistra. Il risultato era calcolato sommando i due lanci ed era una disciplina perfetta per i lanciatori ambidestri.

    Duello con la pistola

    Praticato una volta sola, durante l’edizione dei Giochi Olimpici intermedi del 1906 (organizzata eccezionalmente per celebrare il decimo anniversario della ripresa della tradizione olimpica), e distinto in due gare a distanze variabili, 20 e 30 metri. I duelli non si tenevano uno contro l’altro, ma si sparava contro una sagoma posta alla distanza stabilita.

    Corsa campestre

    Praticata nelle edizioni tra il 1912 e il 1924 e tolta dall’elenco delle discipline olimpica a causa della gara del 1924. Il New York Times cita un brano del libro “The Complete Book of the Olympics”, in cui si descrive quella gara:

    Gli atleti barcollavano sul percorso, uno dopo l’altro. Sulle strade accanto si assisteva a scene terrificanti, visto che molti dei concorrenti avevano preso dei colpi di sole e vomitavano. Ore dopo la fine della gara la Croce Rossa e gli addetti si aggiravano ancora ai bordi della strada, per cercare i corridori dispersi.


    Tiro alla fune
    Praticato tra il 1900 e il 1920. Questa disciplina è ancora considerata disciplina olimpica, ma non fa più parte del calendario delle gare dall’edizione di Anversa, nel 1920, quando la squadra italiana conquistò il bronzo. Ogni due anni la Federazione Internazionale di Tiro alla Fune (TWIF) organizza ancora i mondiali della disciplina, ma il New York Times propone di reintegrarla del programma con una piccola variazione. A sfidarsi dovrebbero essere squadre composte da atleti che fanno sport diversi e le gare dovrebbero svolgersi l’ultimo giorno dei giochi. Rappresenterebbero molto bene l’ideale olimpico, e sarebbe anche divertente, sostiene il quotidiano.



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    Stranezze da Olimpiadi



    Le Olimpiadi di Pechino saranno ricordate anche per episodi curiosi e strane coincidenze. L'8 è stato il simbolo più ricorrente. Si dice che i cinesi siano molto legati a questo numero: Il numero 8 rappresenta la giustizia, l'equità, la coerenza ed è segno di fortuna, prosperità e abbondanza: non è un caso che assomigli ad una bilancia rovesciata, con i due piatti alle estremità. In Cina 8 si dice "pa" ed equivale ai nostri "soldi" o "denaro": possedere un numero telefonico o una targa con molti 8 è segno di grande fortuna e successo. Ecco perchè i cinesi amano questo numero, a differenza del suo sottomultiplo, il 4, che è porterebbe sfortuna. I 44 gatti di una nota canzone in Cina verrebbero sterminati all'istante. Molto meglio un 88 o un multiplo di 8, come il 16 ad esempio, che per la cabala napoletana simboleggia il fondoschiena...sarà una coincidenza? L' 8 insomma è un numero magico, ancestrale, che nasconde un significato molto importante. Le Olimpiadi di Pechino, guarda caso, hanno avuto inizio l'8 agosto 2008 alle ore 8 e 08. Una data scelta appositamente dagli organizzatori per fare in modo che l'evento si svolgesse sotto i migliori auspici. Una data fatidica che ha creato molte aspettative sulle Olimpiadi e non solo. Molte mamme hanno, infatti, deciso di partorire col cesareo proprio in questo giorno..per non parlare delle coppie che si sono giurate amore eterno o di chi ha deciso di comprare casa. Per fortuna che famiglie di 8 figli sono"impossibili" da gestire: ecco perchè molti si fermano prima. Ma se si deve scegliere tra avere più di tre figli, meglio 5 che 4. Passando ad altre stranezze, devo segnalare un video che è stato trasmesso prima dell'inizio delle Olimpiadi e che ha fatto discutere molto: si tratta di un filmato promozionale del CIO realizzato per le Olimpiadi che vede come protagonisti, tra gli altri, Gebrselassie, Vanessa Ferrari, Federer, la Manaudou, Liu Xiang, Yao Ming e Tyson Gay. Tutti atleti che hanno deluso le aspettative e non sono riusciti a vincere alcuna medaglia. Solo la russa Isinbayeva è riuscita a sfatare il tabu vincendo l'oro nel salto con l'asta: suo il record mondiale dei 5, 05 metri. Altri episodi "atipici": il terribile incidente occorso a Janos Baranya nel sollevamento pesi dove il braccio è ceduto sotto la forza del manubrio, lo svenimento in apnea di Hiromi Kobayashi durante il nuoto sincronizzato e l'espulsione a vita di Angel Valodia Matos, reo di aver dato un calcio all'arbitro durante la gara di Taekwondo.
     
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  3. gheagabry
     
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    LE MEDAGLIE OLIMPICHE

    Fin dalla prima edizione dei Giochi moderni si è consolidata la tradizione di assegnare ai vincitori delle varie gare olimpiche in programma una speciale medaglia coniata per l'occasione, inizialmente solo in argento e bronzo per i primi due classificati e solo successivamente allargata anche ai terzi classificati con l'introduzione della medaglia in oro per i vincitori.
    E' interessante notare come le medaglie olimpiche del CIO delle prime edizioni presentarono una variegata tipologia nel disegno, nelle forme e nelle rappresentazioni che furono adottate per la loro realizzazione, mentre a partire dall'edizione del 1928 ad Amsterdam il disegno e la forma delle decorazioni sono rimaste praticamente inalterate per lungo tempo, con minime variazioni soltanto nelle iscrizioni del dritto e - soprattutto - nelle raffigurazioni del rovescio. Questo fino alla recente edizione di Sydney del 2000 e, ancora di più, per quella di Atene del 2004, nelle quali il disegno generale ha invece subito una sostanziale modifica. Le attuali medaglie olimpiche di Pechino 2008, anche se hanno ripreso il disegno generale da quelle di Atene del 2004, presentano però una soluzione decisamente innovativa nel verso, che riporta un inserto circolare in giada di vari colori.

    Giochi olimpici di Atene 1896



    Giochi olimpici di Parigi 1900




    Giochi olimpici di Saint Louis 1904




    Giochi olimpici di Londra 1908



    Giochi olimpici di Stoccolma 1912




    Giochi olimpici di Anversa 1920




    Giochi olimpici di Parigi 1924





    Giochi olimpici di Amsterdam 1928





    Giochi olimpici di Los Angeles 1932


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    Giochi olimpici di Berlino 1936


    riproduzione

    Giochi olimpici di Londra 1948


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    Giochi olimpici di Helsinki 1952


    riproduzione

    Giochi olimpici di Melbourne 1956


    riproduzione


    Giochi olimpici di Roma 1960




    Giochi olimpici di Tokyo 1964


    riproduzione



    Giochi olimpici di Città del Messico 1968


    riproduzione



    Giochi olimpici di Monaco di Baviera 1972



    riproduzione


    Giochi olimpici di Montreal 1976




    Giochi olimpici di Mosca 1980




    Giochi olimpici di Los Angeles 1984





    Giochi olimpici di Seoul 1988
    Giochi olimpici di Barcellona 1992



    Giochi olimpici di Atlanta 1996




    Giochi olimpici di Sydney 2000






    Giochi olimpici di Atene 2004





    Giochi olimpici di Beijing 2008






    Giochi olimpici di Londra 2012






    iagiforum.info

    le riproduzioni da collezioniartistiche.com

    Edited by gheagabry - 9/6/2012, 21:23
     
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    COME SONO CAMBIATE LE CITTÀ CHE HANNO OSPITATO LE OLIMPIADI

    Londra ha avuto un’importante ristrutturazione in preparazione ai Giochi del 2012. Ma come sono cambiate negli anni le altre città che hanno ospitato il più grande evento sportivo del mondo?
    Di Oliver Pickup

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    Quattro anni fa, la capitale cinese ha stupito il mondo con 31 nuove strutture inaugurate per i Giochi Olimpici. Ha ispirato gli sportivi e le sportive del Paese, che hanno fatto vincere alla Cina ben 51 medaglie d’oro. Inoltre, sono stati battuti ben 38 record mondiali e 120 olimpionici. Lo Stadio Nazionale – chiamato anche il Nido d’Uccello – è un monumento alla dedizione cinese e, insieme ad altre strutture, rappresenta un punto di riferimento con cui tutti i Giochi Olimpici dovranno confrontarsi.

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    ATENE

    I greci hanno investito 12 miliardi di euro nella loro capitale per ospitare i Giochi, ma non sono stati lungimiranti. Le 22 strutture costruite sono state per lo più abbandonate alla fine dei Giochi del 2004 e i nuovi stadi sono ora in disuso e derelitti, pieni di spazzatura e graffiti. Ad ogni modo, ci sono stati dei miglioramenti – la metropolitana ammodernata, un tram sul lungomare, strade migliorate e un nuovo aeroporto.

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    SYDNEY200
    Terreni incolti, orribili stabilimenti industriali e mattatoi sono stati convertiti in funzionali strutture sportive per i Giochi Olimpici di 12 anni fa. Il totale di medaglie australiane è passato da 41 a 58 quando Sydney ha ospitato l’evento, ed è rimasto oltre i livelli pre-Sydney ad Atene, con 49 medaglie. L’immagine dell’Australia è stata immensamente migliorata dai Giochi e nel 2009 la città ha ospitato i World Masters Games, in cui 28.000 atleti maturi hanno gareggiato in 28 sport diversi in 72 strutture, nel corso di due settimane.

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    ATLANTA1996
    L’evento del 1996, tenutosi ad Atlanta, la ‘capitale’ del turismo degli Stati meridionali d’America, è stato spesso criticato come oppressivamente commerciale, ma il suo retaggio è tangibile. Atlanta si gode ancora lo status di città olimpica e i suoi anelli olimpici sono onnipresenti. Il Centennial Olympic Park ospita milioni di visitatori ogni anno e vi si tengono molteplici eventi, fra cui una serie di concerti pop durante l’estate e l’annuale concerto per l’Independence Day, con uno spettacolo di fuochi d’artificio.

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    Barcellona 1992

    La città costiera spagnola si è trasformata per l’evento del 1992 e gli atleti nazionali hanno intascato più medaglie (22) di quante ne avessero conseguite in tutti i precedenti Giochi Olimpici messi insieme. Come previsto dal grande programma di rigenerazione è stato costruito il Villaggio Olimpico, e installati 3 km di spiagge. La trasformazione di Barcellona ha dato il via al boom commerciale e turistico della Spagna.

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    Seoul 1988

    La città sud-coreana è stata forse una scelta controversa, ma i Giochi hanno fruttato un enorme utile di 220 milioni di euro. Quattro anni prima, il totale di medaglie della Corea del Sud era stato di 19; a Seoul, è salito a 33. Non c’è dubbio che l’evento sia stato un successo da ogni punto di vista, incluso il commercio e il turismo per questo paese precedentemente isolato. Inoltre, uno dei lasciti di Seoul al Movimento Olimpico è stato una nuova bandiera olimpica.

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    Los Angeles 1984
    Le Olimpiadi di LA hanno fruttato la cifra astronomica di 162 milioni di euro. Gli incassi sono andati in parte ai programmi giovanili locali, ma la fetta più grande è andata alla Commissione Olimpica degli Stati Uniti, che tuttora la sta usando per gli interessi olimpici degli USA. Inoltre, ha permesso alla fondazione LA84 di impegnare oltre 149 milioni di euro per aiutare due milioni di ragazzi e ragazze e più di 1000 organizzazioni sportive giovanili in tutta la California del Sud.

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    Mosca 1980
    È l’unica volta nella storia delle Olimpiadi in cui una città dell’Europa dell’Est ha avuto l’onore di ospitare i Giochi. Con un grande effetto positivo: lo sviluppo urbano della capitale russa ha scongelato i sentimenti dell’occidente nei confronti di quel Paese. Le strutture costruite all’epoca sono tuttora in uso e la campagna fallita per ospitare i Giochi del 2012 era centrata sulla riutilizzazione di quegli edifici.

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    Montreal 1976
    I Giochi Olimpici sono stati un disastro finanziario per Montreal e la città si è indebitata per 30 anni dopo la fine dei Giochi. Nel dicembre 2006 i costi dello Stadio Olimpico sono stati finalmente ripagati – la spesa totale (incluse le riparazioni, le ristrutturazioni, la costruzione, gli interessi e l’inflazione) è arrivata a più di 1 miliardo di euro. Nonostante l’enorme costo, lo stadio non ha ancora un inquilino importante.

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    Monaco 1972
    Dopo l’evento di Monaco del 1972, lo Stadio Olimpico è diventato il quartier generale della squadra di calcio FC Bayern München. Negli anni ’90 ci si è trasferita la squadra rivale, il TSV 1860 München. Queste due squadre hanno convissuto all’Olympiastadion fino al 2005. Da allora ospita un evento annuale di snowboard air e style.

     
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    LE DONNE ALLE OLIMPIADI

    Le donne furono ammesse per la prima volta a partecipare alle gare olimpiche nel 1900 a Parigi, ma solo per il tennis e per il golf. Paradossale il fatto che tra i più fieri avversari della partecipazione delle donne alle gare ci fu proprio de Coubertin che sosteneva che il ruolo delle donne nei giochi olimpici è quello di premiare i vincitori.
    Bisognerebbe quindi ricordare quelle di Atene del 1896 come le prime Olimpiadi moderne, ma solo per gli uomini.
    Ma per fortuna l’atletica femminile ha radici lontane, molti autori e storici sostengono che in Grecia le ragazze si esercitavano non solo nel gioco della palla, nella corsa e nei salti, ma anche nel disco e nel giavellotto.
    Il processo che ha permesso la partecipazione delle donne a pieno diritto alle gare è stato comunque piuttosto lungo e lento. Solo nel 1928, alle Olimpiadi di Amsterdam le donne hanno potuto partecipare alle gare di atletica leggera. Ed è stato solo nel 1984 alle Olimpiadi di Los
    Angeles, che le donne sono state ammesse alla gara della maratona.

    Da allora, il numero di ragazze e di donne che partecipano alle attività sportive per dilettanti, agonistiche ed olimpiche è aumentato Enormemente.
    Finalmente, ma solo nel 1998, il CIO ha dichiarato che tutte le nuove discipline olimpiche dovranno essere aperte indistintamente sia alle donne che agli uomini.
    A Pechino le atlete italiane hanno vinto lo stesso numero di medaglie d’oro degli uomini.


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    Ai giochi olimpici di Parigi del 1900 le donne parteciparono per la prima volta
    e la tennista Charlotte Cooper vinse la medaglia d'oro.

     
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    Otis Davis alle Olimpiadi di Roma

    Lo statunitense Otis Davis (a sinistra) e il tedesco Carl Kaufmann tagliano il traguardo dei 400 metri alle Olimpiadi di Roma, 6 settembre 1960. Davis vinse stabilendo il nuovo record mondiale di allora con 44,9 secondi. Ai Giochi olimpici di Roma vinse la medaglia d’oro anche nella staffetta 4×400 metri. Davis nacque a Tuscaloosa, in Alabama, il 12 luglio del 1932 e oggi ha compiuto 80 anni.

    www.ilpost.it/

     
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    Londra 2012, alto maledetto
    Vlasic out come la Di Martino


    Annuncio della croata sul suo sito: "Non sono in grado di arrivare ai Giochi al top e non mi interessa saltare sotto il mio abituale livello". Pochi giorni fa era toccato all'azzurra annunciare il ritiro


    Blanka Vlasic non parteciperà ai Giochi olimpici di Londra. È stata la stessa atleta croata, medaglia d'argento nel salto in alto a Pechino 2008, e due volte campionessa del mondo, ad annunciare ufficialmente la decisione sul proprio sito. "Ho rimandato la decisione sulla mia partecipazione ai Giochi di Londra nella speranza di cominciare ad avere un po' di vento a favore - spiega la Vlasic, alle prese con un problema al piede sinistro -. Ma il tempo sta finendo e l'unica cosa di cui ho bisogno adesso è proprio il tempo». Poi ammette di essere comunque in continuo miglioramento: «In questo momento la mia situazione di salute sta migliorando e i miei allenamenti sono ogni giorno più complessi - aggiunge -.

    Tuttavia, non sarò in grado di arrivare al top in tempo per le Olimpiadi. Non mi interessa saltare sotto il mio abituale livello, quindi la cosa migliore è restare a casa e completare il processo di recupero". La Vlasic fu costretta a saltare anche i Giochi di Atene 2004 per un problema alla tiroide che la costrinse ai box per gran parte della stagione successiva.

    COME ANTONIETTA — Solo mercoledì scorso la gara del salto in alto aveva perso un'altra attesa protagonista, con la rinuncia dell'azzurra Antonietta Di Martino, costretta anche lei a dare forfait per un infortunio. Il rammarico a questo punto è doppio, visto che la Di Martino, già in odore di podio abitualmente, senza la Vlasic avrebbe potuto puntare al massimo risultato
     
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  8. gheagabry
     
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    LA TORCIA OLIMPICA

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    BERLINO 1936



    Le origini della fiamma olimpica risalgono ai Giochi Olimpici che si svolgevano nella Grecia antica e di cui erano il simbolo più importante. La fiamma commemorava il furto del fuoco perpretato da Prometeo ai danni del dio Zeus, ed era permanentemente accesa sull'altare del tempio di Hestia (Vesta per i Romani). Durante i giochi olimpici, che erano dedicati a Zeus, altri fuochi venivano accesi nel suo tempio e in quello dedicato alla moglie Hera, che i Romani chiamarono Giunone. La moderna fiamma olimpica si accende nel luogo dove era edificato il tempio di Hera.

    Nei giochi olimpici dell'era moderna non si utilizzò la fiamma olimpica fino alle olimpiadi del 1928 di Amsterdam, quando un impiegato dell'Ente per l'energia elettrica accese la fiamma nella Torre Maratona dello Stadio Olimpico di Amsterdam.

    La consuetudine di portare il fuoco da Olimpia fino alla sede dei giochi, attraverso ad una folta schiera di tedofori, è stata introdotta con le Olimpiadi di Berlino nel 1936. Hitler, attraverso l'organizzazione dei Giochi Olimpici, intendeva circondare con un'aureola di misticismo il suo regime e, secondo la sua visione, il legame con gli Antichi Greci era il modo migliore per illustrare la sua convinzione che la Grecia classica era un precursore ariano del III Reich.

    Sebbene la maggior parte del tempo la torcia olimpica venga trasportata a piedi dai tedofori, essa ha viaggiato su molti mezzi. Ha viaggiato in nave, la prima volta nel 1948, per attraversare la Manica ed è stata trasportata in aereo, per la prima volta nel 1952 per raggiungere Helsinki.
    Molto particolare il mezzo utilizzato nel 1976, quando la fiamma olimpica è stata trasformata in un segnale radio: da Atene, questo segnale, è stato trasmesso via satellite in Canada dove è stato utilizzato per accendere un laser che a sua volta ha acceso la fiamma olimpica.




    Di seguito alcuni numeri sulla torcia olimpica:


    Giochi Olimpici .......Anno ..........Giorni .....Km ......Tedofori

    Berlino ...................1936 ...........8 ....3.422 .....3.422
    Londra ..................1948 ..........13 .....7.870 .....3.372
    Helsinki .................1952 .........20 .....3.365 ......1.416
    Melbourne .............1956 ..........21 ....20.470 .....3.118
    Roma ...................1960 ..........14 .....2.750 .....1.529
    Tokyo ..................1964 ..........51 ....20.065 .......870
    Città del Messico ...1968 ..........51 .....13.620 .....2.778
    Monaco di Baviera .1972 ..........30 ......5.532 .....6.000
    Montreal .............1976 ...........5 .........775 .......1.214
    Mosca ................1980 ...........31 .......4.915 ......5.000
    Los Angeles .........1984 ..........83 .....15.000 ......3.636
    Seul ..................1988 ..........26 .....15.250 .......1.467
    Barcellona ...........1992 ..........51 .......6.307 ......10.448
    Atlanta ..............1996 .........112 ......29.016 .....13.267
    Sydney .............2000 .........127 .....27.000 .....13.300
    Atene ..............2004 .........142 .....86.000 ......3.600
    Pechino ............2008 .........130 ....137.000 .....21.880



    48londra

    LONDRA 1948





    52helsinki

    HELSINKI 1952




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    MERLBOURNE 1956




    60roma

    ROMA 1960




    64tokyo

    TOKYO 1964





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    MESSICO 1968




    72monaco

    MONACO 1972






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    MONTREAL 1976




    80mosca

    MOSCA 1980





    84losangeles

    LOS ANGELES 1984





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    SEUL 1988






    barcellona92

    BARCELLONA 1992






    atlanta96

    ATLANTA 1996







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    SIDNEY 2000







    atene04

    ATENE 2004








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    PECHINO 2008





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    LONDRA 2012



    Edited by gheagabry - 18/7/2012, 00:39
     
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    Curiosità sulle Olimpiadi: fatti strani ma veri


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    Nel 1952, durante una maratona, gli atleti Zatopek e Jansson si ritrovarono entrambi in testa alla corsa. Al ventitreismo km venne dato loro mezzo limone. Zatopek consigliò a Jansson di non mangiarlo perché gli avrebbe fatto male. Lo svedese non seguì il consiglio e si mangiò il limone. Dopo soli 500 metri, ebbe un malore e abbandonò la gara. E la vittoria andò al cecoslovacco.

    Nel 1964 nel quartetto polacco che disputava la staffetta 4x100 c'era un'atleta particolarmente brava che portò la squadra alla vittoria: si chiamava Eva Klobukowska.
    Tre anni dopo, esami clinici, dimostrarono che la Klobukowska era in realtà un uomo: fu ovviamente squalificata o meglio... squalificato.


    Nel 1980, la squadra italiana di tiro a volo fu controllata come di rito all'arrivo al villaggio olimpico. Uno dei cani del servizio antidroga si mise ad abbaiare contro la valigia dell'atleta emiliano Garagnani. Caos totale, fino a quando fu scoperto il contenuto della valigia: un bel prosciutto!

    Nel 1992 a Barcellona durante la semifinale dei 400 metri piani, il britannico Derek Redmond si ruppe il tendine d’Achille (come gli era già successo a Seoul) e scoppiò a piangere in pista. Il padre allora gli si avvicinò e lo accompagnò mano nella mano fino al traguardo.

    Nel 1996 sei atleti delle Isole Comore corsero la mezzofondo con dei sandaletti di gomma: non avevano i soldi per permettersi delle vere scarpe da corsa.
    Un volontario dei Giochi se ne accorse e rovistando nel magazzino degli attrezzi, riuscì a trovare 6 paia di scarpe chiodate e gliene fece dono.


    Fonte:focusjunior.it
     
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    Curiosità sulle Olimpiadi: aneddoti divertenti


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    Lorna Johnstone, un'amazzone inglese, ha partecipato alle Olimpiadi di Berlino nel 1972 all’età di 72 anni. Era quasi bisnonna! Si classificò dodicesima, ma comunque fu la prima della squadra britannica.

    Alle Olimpiadi di Parigi nel 1900 Ernest Hoppenberg, un nuotatore tedesco, concluse con successo i 200 metri dorso ma... venne salvato mentre rischiava di annegare, soffocato dalla dentiera!

    Siso Kanakuri detiene il record della maratona più lunga: 55 anni! Nel 1912 durante le Olimpiadi a Stoccolma, l'atleta giapponese, subito dopo la partenza, scomparve senza lasciar traccia. Fu scovato nel 1962 da un giornalista svedese a cui raccontò di aver abbandonato la gara a metà strada, trovando ospitalità presso una famiglia svedese per poi rientrare in nave (e sotto mentite spoglie) in patria. Nel 1967 ritornò a Stoccolma per tagliare il traguardo nello Stadio Olimpico! La sua maratona si concluse così dopo 55 anni!

    Nel 1952, il francese Jean Boiteaux vinse l'oro dei 400 stile libero. Finita la gara, suo padre si gettò in acqua (completamente vestito) per abbracciarlo. Prima della finale, il giovane Jean aveva fatto promettere a suo padre di lasciargli sposare l'amata se avesse vinto.

    Il pugile Leon Spinks non amava correre e fare gli allenamenti: per questo si spruzzava acqua sul viso per simulare il sudore e risparmiarsi la fatica. Nonostante la pigrizia riuscì a vincere ugualmente l'oro nella categoria mediomassimi alle Olimpiadi del 1976.

    Fonte:focusjunior.it
     
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    (Keystone/Getty Images)



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    1948. Il corridore H. J. Bignall passa la torcia a Fred Prevett. Londra, Regno Unito
    (Central Press/Getty Images)


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    Giugno 1952. La torcia in Jutland, Danimarca, per le olimpiadi di Helsinki.
    (Keystone/Hulton Archive/Getty Images)


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    1956. Ron Clarke a Melbourne, Australia (Getty Images)



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    Ottobre1968. Norma Enriqueta, allora 20enne, l’atleta messicana che fu la prima donna ad accendere il braciere olimpico, durante la cerimonia di apertura delle olimpiadi a Città del Messico.
    (AFP/AFP/Getty Images)

    Il braciere olimpico, la torcia e la staffetta sono tre elementi con una storia e una tradizione diversa. L’unico che ha un riscontro nelle narrazioni antiche dei giochi olimpici greci è il braciere, visto l’immaginario simbolico associato al fuoco dagli antichi greci. La tradizione della fiamma olimpica sul luogo dove si svolgono le manifestazioni è stata reintrodotta con le olimpiadi di Amsterdam del 1928.


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    Giugno 2000. Minnie Alderson per le Olimpiadi di Sydney, nel parco nazionale di Kakadu, Australia.
    (Adam Pretty/ALLSPORT)



    La staffetta per portare la fiamma nel luogo delle olimpiadi, utilizzando una torcia, è stata invece introdotta da Carl Diem, l’organizzatore principale dei giochi di Berlino nel 1936. Per la prima volta venne fatta una staffetta dalla Grecia a Berlino, evento che due anni dopo, nel 1938, fu il soggetto di uno dei più celebri film della propaganda nazista, Olympia di Leni Riefenstahl. Da allora, non sempre la fiamma olimpica è stata materialmente trasportata utilizzando una torcia e con una staffetta: in alcuni casi si sono scelti percorsi simbolici o soluzioni più elaborate, come quando la fiamma venne “trasformata” in un segnale radio per parte del viaggio verso il Canada, per le olimpiadi del 1976.
    Quando la fiamma viene trasportata a mano, la torcia usata nella staffetta viene disegnata appositamente per ogni edizione dalla nazione ospitante. In questa edizione i tedofori, ovvero quelli che portano la torcia per periodi più o meno lunghi durante la staffetta, saranno diverse migliaia. Saranno personalità celebri o meno celebri dello sport, della società e della cultura; tradizionalmente, l’ultimo tedoforo, ovvero quello che accende il braciere olimpico, viene tenuto segreto fino a poco prima della cerimonia.

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    Giugno 1996. Carla McGhee con Bill Clinton lasciano la casa bianca con la torcia olimpica. Washington DC, Stati Uniti.
    (JAMAL A. WILSON/AFP/Getty Images)



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    Giugno 2000. La biologa marina Wendy Craig-Duncan per le Olimpiadi di Sydney. Queensland, Australia.
    (Adam Pretty/ALLSPORT)



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    Luglio 2000. Phyllis Brophy nelle caverne di Naracoorte per le Olimpiadi di Sydney, Australia.
    (Tony Lewis/ALLSPORT)



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    Luglio 2003. Il papa Giovanni Paolo II a Castelgandofo, Italia.
    (VINCENZO PINTO/AFP/Getty Images)


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    Giugno 2004. Yang Chen sulla Grande Muraglia cinese durante il percorso della torcia per i giochi di Atene. Pechino, Cina.
    (Todd Warshaw/Getty Images)


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    Giugno 2004. Heidi Hetzer con Benoit Vervier davanti ai resti del muro di Berlino durante il percorso della torcia olimpica per le olimpiadi di Atene. Berlino, Germania. (TODD WARSHAW/AFP/Getty Images)

     
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  12. gheagabry
     
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    «...i Giochi sono la sede di incontro fraterno tra tutti i popoli ... il giorno in cui sarà accettato dal mondo, un gran passo sarà stato fatto per la causa della pace»
    (Pierre de Coubertin)



    STORIA DEI CERCHI OLIMPICI









    I cinque cerchi sono il simbolo più noto ed immediato delle olimpiadi, e vengono universalmente associati ai cinque continenti.

    Sono intrecciati tra loro per simboleggiare l'unione dei popoli attraverso lo spirito olimpico e l'incontro tra atleti provenienti da tutto il mondo durante i Giochi Olimpici. Inizialmente i cerchi erano disposti in modo diverso da quello attuale, in una sequenza orizzontale, come anelli di una catena.

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    Ogni cerchio ha un diverso colore: blu, giallo, nero, verde, rosso. Pierre de Coubertin scelse questi cinque colori, più il bianco dello sfondo, perché all'epoca erano i colori utilizzati in tutte le bandiere del mondo. In questo modo la bandiera olimpica, raffigurante i cinque cerchi in campo bianco, avrebbe rappresentato tutte le nazioni del mondo.
    Secondo l'interpretazione ufficiale del CIO, i cinque colori più il bianco dello sfondo assieme simboleggiano tutti i paesi del mondo, mentre non c'è alcuna associazione tra i singoli colori e i cinque continenti. Nell'opinione pubblica si è però ormai consolidata l'idea che ogni cerchio e il suo colore rappresentino un continente, secondo il seguente abbinamento convenzionale: BLU per l'Europa, GIALLO per l'Asia, NERO per l'Africa,VERDE per l'Oceania e ROSSO per l'America.

    I cinque cerchi apparvero per la prima volta nel 1913, nell'intestazione di una lettera scritta da De Coubertin. Li aveva disegnati e colorati lui stesso. Sempre quell'anno, il nuovo simbolo venne descritto nel numero di agosto della Rivista Olimpica.
    I cinque cerchi e la bandiera olimpica (un'altra idea di De Coubertin) furono presentati ufficialmente al Congresso Olimpico di Parigi nel 1914. Gli ideali di universalità e fratellanza simboleggiati dai cinque cerchi erano una proposta molto innovativa per l'epoca, l'inizio del XX secolo, in un clima mondiale sempre più teso e segnato da forti nazionalismi.
    Pochi mesi dopo scoppiò la prima guerra mondiale. Il conflitto impedì lo svolgimento delle Olimpiadi del 1916, e quindi si dovette aspettare fino al 1920 per vedere sventolare la bandiera coi cinque cerchi in uno stadio olimpico.


    I cinque cerchi comparvero per la prima volta sulle medaglie olimpiche nell'Olimpiade del 1924 a Parigi, ma non divenne un uso consolidato nelle Olimpiadi estive fino al 1976 a Montreal. Nella storia delle Olimpiadi invernali, invece, le medaglie hanno sempre avuto l'effige dei cinque cerchi.
    Seguendo il crescente successo di pubblico delle Olimpiadi, aumentarono anche le applicazioni del simbolo dei cinque cerchi. Nel 1924 apparvero i primi souvenir con i cerchi olimpici, nell'Olimpiade invernale del 1928 il primo manifesto con la bandiera olimpica e nell'edizione estiva dello stesso anno i primi francobolli con i cinque cerchi.

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    Attualmente l'uso dei cinque cerchi è strettamente regolamentato dal CIO. Di regola possono essere usati come parte dei loghi e dei segni distintivi dei Comitati Olimpici nazionali (il CONI in Italia), delle Comitati Organizzatori dei Giochi Olimpici e dalla città di Losanna, in Svizzera, che, in quanto sede del CIO, può fregiarsi del titolo di "città olimpica".




    dal web
     
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    Cerimonie olimpiche


    ROMA 1960

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    (AP Photo)



    TOKYO 1964

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    (AP Photo/MC)


    MESSICO 1968

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    (AP Photo)



    MONTREAL 1976

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    (AP Photo)



    MOSCA 1980

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    (AP Photo)



    LOS ANGELES 1984

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    (AP Photo/Eric Risberg)

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    (AP Photo)

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    (AP Photo/Dave Tenenbaum)



    SEOUL 1988

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    (AP Photo/Mark Duncan)



    BARCELLONA 1992


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    (MICHEL GANGNE/AFP/Getty Images)




    ATLANTA 1996

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    (AP Photo/John Bazemore)

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    (PASCAL GUYOT/AFP/Getty Images)




    SIDNEY 2000

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    (Adam Pretty /Allsport)





    ATENE 2004

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    (Phil Cole/Getty Images)




    PECHINO 2008

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    (Clive Rose/Getty Images)

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    (CHRISTOPHE SIMON/AFP/Getty Images)

     
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    LE MASCOTTE



    A partire dalla preistoria, ogni epoca, ogni luogo ed ogni popolo ha sempre avuto idoli, simboli e… mascotte. Perché, in sostanza, che cos’è una mascotte?

    Nell’accezione moderna, la mascotte è quella persona o quell’oggetto che si ritiene possa portare fortuna. E, partendo dal suo valore intrinseco, a prescindere da come sia stato chiamato nel corso dei secoli, si può risalire all’origine di questo feticcio: il paleolitico appunto e le sue due forme d’arte più rappresentative, le pitture rupestri e le veneri paleolitiche. Nelle prime le immagini più ricorrenti erano quelle degli animali maggiormente cacciati, soprattutto il bisonte con una valenza non solo grafico-rappresentativa, ma anche fortemente simbolica. Sì, perché la rappresentazione dell’animale cacciato era di buon auspicio, e la cura nei dettagli dimostra, in realtà, la nascita di un culto legato all’animale-guida. Era, di fatto, la prima mascotte della storia.

    Una storia che è proseguita soprattutto attraverso i totem e gli animali-guida appunto delle tribù. Gli uomini hanno sempre ammirato le bestie selvagge cui hanno dato la caccia. La grazia e il potere dei grandi felini, la velocità e la resistenza del lupo, l’intelligenza della volpe e l’incredibile forza dell’orso. E l’assunzione di queste figure a livello totemico stava ad indicare la speranza e la credenza che le loro caratteristiche venissero trasmesse a tutta la tribù: dall’aquila dell’Impero Romano ai Totem indiani.

    Ma quand’è che queste creature hanno perso i loro riferimenti magico-religiosi per assumere quelli più pagani, tipici della mascotte, come la intendiamo oggi, cioè un feticcio giocoso e, spesso, commerciale? Quando è nato – infine – il termine? L’”inventore” fu, nel 1867, il francese Edmond Audran che mandò in scena un’operetta intitolata appunto La Mascotte. Ma l’origine della parola resta dubbia: sembrerebbe provenire dal provenzale masca (strega), di derivazione a sua volta longobarda e già presente nel famoso editto di Rotari del 643 con l’espressione “Stria quae est masca”. Vocabolo che a sua volta potrebbe derivare dal galloromanzo masca, mascata, cioè guancia colorita, inganno della guancia: maschera, più semplicemente.

    A questo punto i rimandi logico-semantici sono innumerevoli: dalle streghe, agli sciamani che si mascheravano da animali per invocare lo spirito guida e via dicendo. Ma è stata proprio l’operetta di Audran ad associare in modo indissolubile quella parola a tutti quegli oggetti cui noi oggi ci riferiamo come mascotte.

    La storia la racconta il figlio del celebre operettista. “Mio zio, capitano di lungo corso, regalò a sua sorella, mia madre, un ninnolo proveniente dall’Italia che lui stesso chiamava Mascotte. Una specie di feticcio fiorentino. Mio padre, che a quel tempo era maestro di Cappella nella chiesa di Saint Joseph, scorse quel ninnolo poggiato sul tavolo di lavoro di mia madre. Ne restò così affascinato che lo prese per esaminarlo meglio. Immediatamente mia madre, che aveva visto tutto, gli gridò col suo delizioso accento del sud ‘Santa madre, Edmond, non toccare la mia mascotte’. Mio padre, stupito, le chiese il perché; al che lei le rispose ‘Quell’oggetto porta fortuna, ma bisogna che nessuno lo tocchi, altrimenti perderà il suo potere’. Poco a poco quel ninnolo nella fantasia di mio padre assunse i connotati di una donna, una donna che portava fortuna senza saperlo. Questa donna per mantenere i suoi poteri non doveva essere toccata da nessuno e grazie agli sforzi delle persone che la circondavano, tutti interessati ai suoi poteri, restò pura”.

    Questa è infatti la storia dell’operetta, che – neanche a dirlo - portò incredibilmente fortuna al suo autore (ebbe più di 500 repliche in 2 anni) e anche alla parola stessa, che, da quel momento, entrò nell’uso comune.
    Oggi la parola mascotte rimanda direttamente ad un ambito ludico-sportivo. Sono infatti “mascotte” per antonomasia quelle dei giochi Olimpici, dei Mondiali di calcio e, più in generale, di tutti gli sport americani.

    (Gilberto Trombetta)







    LE MASCOTTE OLIMPICHE

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    Quanto sono belle le mascotte, piccoli oggetti o gadgets che vengono inventati partendo da semplici presupposti come l’essere apprezzabili e utilizzate in tutto il mondo, tenendo sempre ben conto dei contesti culturali di appartenenza e che soprattutto esprimano i valori del Movimento Olimpico di partecipazione che sono da sempre lealtà, rispetto e fratellanza.

    La prima mascotte in assoluto a comparire sulla scena delle Olimpiadi in realtà non aveva i crismi dell’ufficialità olimpica: si chiamava Schuss, raffigurava un omino sugli sci e comparve nel 1968, in occasione dei Giochi di Grenoble. Toccò quindi a Waldi, il bassotto Dachshund a strisce “olimpiche” scelto per Monaco 1972, l’onore di essere la prima mascotte ufficiale nella storia dei Giochi Olimpici.
    Riguardo ai loro “utilizzi”, sorprendentemente Schuss non diventò mai un “peluche” e Waldi non diventò mai una “spilla” (forse l’oggetto legato alla mascotte più scambiato al giorno d’oggi).

    Da quel momento, in ogni caso, la mascotte è diventata un elemento simbolico fondamentale per l’immagine dei Giochi. Fra Olimpiadi invernali ed estive, sono state presenti in 18 edizioni (compreso Schuss): dal 1968 in poi, infatti, solo Sapporo ‘72 non la ebbe. Neve e Gliz sono state la diciannovesima mascotte.
    Immaginando una sintesi di tutte le mascotte, sarebbe sicuramente zoomorfa: per grafici, designer, cartoonist, illustratori e creativi, il mondo animale è stato la fonte primaria di ispirazione, anche perché spesso la fauna è l’elemento distintivo e caratterizzante di un territorio, oltre a piacere molto al pubblico dei bambini e a costituire facilmente veicolo di valori puliti.

    La flessibilità del mondo animale inoltre ben si presta alle varie applicazioni del merchandising sia esso bidimensionale come la pubblicità o volumetrico come il gadget.
    In ben 12 edizioni su 19 sono state quindi animali: due cani (Waldi a Monaco ‘72 e Kobi a Barcellona ’92), un castoro (Amik a Montreal ‘76), un procione (Roni a Lake Placid ’80), tre orsetti (Misha a Mosca ’80 e Hidy e Howdy a Calgary 1988), un lupo (Vucko a Sarajevo 1984), un aquilotto (Sam a Los Angeles 1984), una tigre (Hodori a Seul ’88), ben 4 civette (Sukki, Nokki, Lekki e Tsukki a Nagano ‘98). Sidney 2000 e Salt Lake 2002, infine, hanno schierato due squadre composte l’una da un ornitorinco (Syd), un kookaburra (Ollie) e un’echidna (Millie), l’altra da un coyote (Copper), un orso bruno (Coal) e un leprotto (Powder).

    Negli altri casi si sono alternati soggetti antropomorfi (il già citato Schuss a Grenoble ’68, i due fanciulli in costume tipico Haakon e Kristin a Lillehammer ‘94 e le recenti “bambole greche” Phevos e Athena ad Atene 2004) e di ispirazione varia, come Schneemann (il pupazzo di neve di Innsbruck ’76), Magique (il folletto di Albertville ’92) e Izzy (l’essere di fantasia di Atlanta ’96).

    La prima volta che le mascotte si presentarono in coppia risale al 1988 con Hidy e Howdy, i due orsetti polari di Calgary: lo zoo di Calgary sponsorizzò la gara per trovare loro un nome (maschio e femmina), raccogliendo moltissime proposte.
    In generale la mascotte “multipla” è comunque una tendenza recente, che però ha preso sempre più piede: a Lillehammer ’94 con Haakon e Kristin (impersonificati poi anche da veri fanciulli norvegesi); a Nagano ’98 con le civette Sukki, Nokki, Lekki e Tsukki (all’inizio poco considerate poi amate alla follia dai giapponesi); a Sydney 2000 con Syd, Ollie e Millie (a simboleggiare i tre elementi acqua, aria e terra); a Salt Lake 2002 con Powder, Copper e Coal (a richiamare i tre valori olimpici citius, altius, fortius), ad Atene, con Phevos e Athena (ispirati dalle antiche bambole degli Dei greci Apollo e Atena) e infine Neve e Gilz a Torino 2006, rispettivamente un fiocco di neve e un cubetto di ghiaccio.

    Infine un’ultima curiosità: fra le mascotte, la palma del nome più lungo la vince sicuramente l’orsetto Misha (Mosca ’80), che in realtà risponde al nome di Mikhail Potapych Toptygin, affibiatogli dal suo creatore, l’illustratore di libri per bambini Victor Chizikov.
    (Ilaria Simeoni)



    PECHINO 2008




    I cinque personaggi sono il pesce “Beibei”, il panda “Jingjing”, la fiamma olimpica “Huanhuan”, l'antilope “Yingying” e la rondine “Nini”. La Cina è la prima ad aver presentato e disegnato un numero così alto di mascotte, proposte circa un anno fa, per simbolizzare amicizia, fortuna e pace.

    I colori sono ripresi dai cerchi olimpici come pure il numero deciso.
    Nella cultura cinese, oltre ad essere importante la ripetizione (chi è stato in Cina, avrà sicuramente notato che è facile che l'occhio cada su una serie che riporta bis o tris di numeri uguali, targhe, numeri di telefono etc ... ) un numero ben augurante è l'8. La creazione di 8 personaggi, dal punto di vista creativo sarebbe risultato un lungo lavoro, 4 avrebbero indicato il numero infausto poiché simbolo della morte, 5 invece rappresentano il giusto compromesso tra equilibrio riprendendo allo stesso tempo il simbolo dei Giochi Olimpici.
    Nella cultura asiatica dei personaggi, principalmente nel paese del Sol Levante, avere un arco di figure mito o simboli di riferimento è contemplato quotidianamente. Molti si ricorderanno infatti delle squadre di super eroi nei manga o cartoon giapponesi, con numero variante da 3 a 5, ognuna con personaggi dalle diverse qualità ed un colore che spesso stereotipava un carattere.
    Lo studio ed il messaggio ricercato ha voluto non solo riprendere quello che è lo stile di comunicazione contemporaneo in Cina, ma l'intento creativo nella ricerca dei nomi ha voluto che ogni parte iniziale potesse permettere di comporre una frase di senso compiuto, infatti facendo un'operazione d'assemblaggio risulta “Benvenuti a Pechino” - “ Beijing huan ying ni”.
    (dal web)



    Edited by gheagabry - 27/7/2012, 00:03
     
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  15. gheagabry
     
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    Quale campione olimpico ha vinto anche un Nobel?


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    L'atleta, diplomatico, accademico e politico britannico Philip Noel-Baker (1889 – 1982) è a tutt'oggi l'unico uomo ad aver vinto sia una medaglia olimpica che il prestigioso riconoscimento conferito dall'Accademia Svedese.

    Nel 1912, alle Olimpiadi di Stoccolma, si qualificò nei 1.500 metri (sopra, quarto da sinistra), disciplina in cui vinse l'argento nei successivi giochi di Antwerp, in Belgio. Fece anche parte della squadra olimpica inglese ai giochi di Parigi del 1924, i cui exploit sono narrati nel film del 1982 Momenti di gloria.

    Nel 1959, grazie al suo impegno a favore del disarmo mondiale, Philip Noel-Baker ricevette il Premio Nobel per la Pace.




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16 replies since 2/6/2012, 17:38   4202 views
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