LA STORIA delle SALSE

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  1. gheagabry
     
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    La storia delle SALSE





    La parola salsa deriva dal latino "salsus" (salato), perchè è sempre stato il sale il condimento base di ogni cucina.
    Già in Mesopotamia nel III millennio a.C., poi in tutto il Meditteraneo, era diffuso l'impiego di salse per condire quasi tutte le preparazioni. Presso gli antichi Romani era famoso il garum , ma spezie ed erbe aromatiche (senape, coriandolo, cumino, aneto, timo, aglio, zafferano o pepe) venivano frequentemente utilizzate, come è riportato in Apicio, per salse e intingoli che costituivano una parte molto importante nella cucina romana. Si legge in Ateneo che tutti amavano i condimenti e che senza di questi nessuno avrebbero mangiato volentieri carne e pesce. Era importante, per la buona riuscita di un banchetto, conoscere le salse e quindi le spezie e, soprattutto, era importante saperle accompagnare ai cibi. Si legge, a questo proposito, in Orazio che non bastava, al mercato, prendere dal costoso banco dei pescivendoli tutti i pesci se non si conosceva la salsa che li avrebbe poi accompagnati.
    Le salse modificavano il sapore dei cibi, li rendevano più gustosi anche se non si poteva certo dire che il loro odore fosse altrettanto invitante. Plauto infatti dice che l’odore che si sprigionava dalle salse era analogo a quello che derivava dalla mescolanza del sudore e degli unguenti.
    Abbondante pepe e vino rendevano più saporite le biete insipide, e il solo pepe era consigliato per accompagnare un beccafico così come, ancora il pepe, veniva utilizzato per condire un pollo fatto a pezzi e cucinato in casseruola con brodo bollente.
    Plinio ricorda che la menta fresca, il cui aroma stimolava l’appetito, veniva unita in ugual misura alla lattuga per accompagnare piatti di pesce o di uova.
    Nel ‘300 Guillaume Tirel contribuì ad esaltarne la preparazione nel più antico libro di cucina francese: “Le Viandier”.
    Successivamente, sembra che i cuochi fiorentini arrivati alla corte di Francia con Caterina de' Medici (XVI sec.), arricchirono la varietà delle salse anche con il probabile antenato della besciamella: “lo bianco mangiare”.
    Sempre presso la corte di Francia, i cuochi spagnoli al seguito di Anna d'Austria (XVII sec.), portarono la salsa spagnola o bruna. Le salse possono essere sia calde che fredde. Talleyrand, principale esponente politico francese durante il Congresso di Vienna (1814), di fronte ai rappresentanti della Gran Bretagna, massima potenza della coalizione vincitrice, si consolava affermando: " L'Inghilterra ha tre salse e 360 religioni, la francia a tre religioni e 360 salse". Le calde, utilizzate sopratutto nei ricettari “professionali”, elencano fra le più importanti le così dette “salse madri”: la besciamella, la vellutata o bianca, la spagnola o bruna, e la salsa di pomodoro. Da queste originano tutte le altre, battezzate da Escoffier "les grandeurs” dell'arte culinaria francese, rappresentano una versione aristocratica degli intingoli della cucina popolare. Le salse fredde, che hanno contribuito ad arricchire i sapori della cucina casalinga, si può dire che derivano quasi tutte dalla maionese, chiamata anche “salsa condottiera”.
    (taccuinistorici)








    La MAIONESE



    Chi fu l’ideatore di questa brillante preparazione de cuisine? Perché ci sono tante leggende e aneddoti che la circondano? E, cosa rilevante, come mai fece fatica a piegare il gusto degli italiani?
    Uova, olio di semi, limone e… sale: sono gli ingredienti della salsa maionese, una delle chicche più succulente della cucina. Spesso e volentieri menzionata come maionese – quasi il vocabolo “salsa” palesi un superfluo ammennicolo. Compare in svariate preparazioni dell’art culinaire: dagli antipasti ai piatti di mezzo, dai fantasiosi canapés ai contorni più smaliziati. Per quanto concerne la sua origine se ne sono scritte di tutti i colori. A lungo serpeggiò l’idea che fosse nata per errore, e in fin dei conti non sarebbe uno sproposito, poiché in gastronomia parecchie ricette sono nate in modo fortuito. Uno degli aneddoti che le fanno da corona, narra di un’improvvisata maionese creata da un maldestro fornaio. Costui, intento a sbattere le uova per un impasto, fece scivolare sullo stesso un po’ di olio, imbastendo una salsa cremosa.
    Fra tutte le storie che aleggiano attorno all’epica maionese questa è senz’altro la più bizzarra.
    Ma la “biografia” culinaria della maionese non si esaurisce così presto, perché altri pettegolezzi la riguardano.
    Tra i tanti uno, che indicherebbe il ‘600 come l’epoca verosimile in cui nacque la maionese. Il nome potrebbe essere riconducibile a Carlo di Lorena – duca di Mayenne. Il nobile – alla vigilia della tenzone con Enrico IV – volle deliziare la sua cena con una salsa fredda (poi battezzata mayonnaise). È verosimile che cedette alla seduzione del cibo presagendo le sorti infauste della battaglia. E la sensazione del patrizio era fondata: il fato, infatti, diede ragione alle truppe di Enrico IV. Alcuni studiosi di gastronomia sono inclini a pensare che mayonnaise sia una modifica di bayonnaise, nome derivato dalla città francese di Bayonne ai piedi dei Pirenei. E non è finita! Un’altra novella asserisce che la sauce fu ideata dal cuoco del duca di Richelieu, nella seconda metà del 1700, in occasione di un banchetto sbalorditivo.

    Nel 1756, anche se alcuni storici dicono che già nel Secolo XVI era presente nella cucina dei minorchini, quando il Duca di Richelieu, nipote del famoso cardinale, si appropriò di Mahón togliendo il dominio agli inglesi.
    Esistono diverse versioni sul momento e sul modo in cui il Duca, che diventò poi Generale di divisione, provò la famosa salsa. Alcuni dicono che, dopo la conquista, Richelieu offrì un grande banchetto per celebrare la vittoria. Il suo chef di campo cercava di preparare una salsa di crema ed uova quando, visto che non riusciva ad ottenere nessun risultato, decise di ricorrere alla miscela di olio di oliva ed uova che aveva visto preparare sull'isola. Il successo fu totale e la salsa fu chiamata Mahonnaise, in ricordo di Mahón.
    Per lo storico Mascaró Pasarius, tuttavia, fu un cuoco di Mahón che servì al Duca di Richelieu, generale capo delle forze di sbarco, un'improvvisata salsa fatta con uova ed olio. L'aristocratico restò così soddisfatto che quando tornò in Francia la incorporò alla cucina del suo paese.
    Un'altra delle teorie attribuisce la scoperta di questa salsa all'amante occasionale del Duca, un'illustre dama minorchina che ossequiava con questa salsa i loro incontri clandestini. Il risultato è lo stesso che nei casi precedenti, anche se secondo questa versione, il nome che Richelieu promise di dare alla squisita salsa, si doveva alla condizione di 'mahonese' (abitante di Mahón) della dama.

    La maionese, come ora si conosce, è un'emulsione di due elementi di combinazione molto difficile: l'olio e l'uovo. Solo se si mescolano intensamente, con un frullatore o a mano, si ottiene questa deliziosa salsa che così tanto piaceva al Duca di Richelieu. Il modo in cui la conobbe e divulgò poi nel suo paese, dal quale divenne famosa in tutto il mondo, continuerà ad alimentare numerose fantasie.
    Relativamente all’iter culinario della Nostra, va rammentato che proliferò celermente nelle cucine europee, mentre faticò a prender piede in Italia. La cucina del bel Paese ha sempre storto il naso dinnanzi a spume, vellutate e creme. Le portate, nella stragrande maggioranza dei casi, sono presentate senza “la carezza” delle sauces. E così la maionese fu scansata a spada tratta dai menu nostrani. Ciò nonostante, con il trascorrere del tempo, grazie agli antipasti freddi che contemplavano l’uso della sauce mayonnaise, i palati italiani iniziarono ad apprezzarla. In modo particolare, con lo zampino dell’insalata russa – un hors d'oeuvre onnipresente. Ora la maionese è un ingrediente immancabile, e soprattutto di ampio consumo.



    E' buffo come "impazzisce" la maionese: ad un certo punto scatta qualcosa e via, non c'è più nulla da fare... le diverse componenti si rifiutano di unirsi in quella crema deliziosa e morbida che fa la gioia dei palati e resta una mesta sostanza fatta di grumi e chiazze. Immangiabile!
    (Enrico Votio Del Refettiero)

     
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  2. gheagabry
     
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    La storia del KETCHUP





    I fast food sono un elemento caratteristico dello stile di vita e dell’alimentazione statunitense, tra i più popolari in tutto il mondo. Dan Jurafsky fa notare però su Slate che la maggior parte dei tipici cibi da fast food non è autenticamente statunitense ma è originaria di un altro tipo di cucina. Gli hamburger – come indica la parola stessa – erano un piatto tipico della città tedesca di Amburgo e furono importati negli Stati Uniti dagli immigrati tedeschi nel XIX secolo. Le patatine fritte, note in inglese come french fries, sono di origine franco-belga. Il ketchup è cinese.
    Ketchup è una parola del dialetto del Fujian, una regione della costa sud-orientale della Cina, e significava originariamente «salsa di pesce». È da questo dialetto che proviene anche la parola tè. Jurafsky racconta che l’immigrazione dal Fujian negli Stati Uniti è molto aumentata negli ultimi anni, e ora è facile trovare lungo tutta la East Coast cibi tipici della zona, come il vino rosso ottenuto dalla fermentazione del riso.
    La storia di questo vino rosso è legata a quella del ketchup, ma mentre il vino è rimasto lo stesso nel corso dei secoli il ketchup si è notevolmente trasformato.
    La storia del ketchup inizia più di 500 anni fa, quando il Fujian era il centro marittimo più importante della Cina. I suoi cantieri costruivano navi che salpavano dai suoi porti verso la Persia, il Madagascar e i centri più importanti dell’Asia. Navigando lungo il fiume Mekong, il più importante dell’Indocina, i marinai cinesi scoprirono una salsa di pesce cucinata dai pescatori khmer e vietnamiti: un liquido dal sapore pungente e dal color caramello a base di acciughe salate e fermentate. La salsa viene ancora oggi preparata in Vietnam, col in nome di nuoc mam, e in Thailanda, dove si chiama nam pla. I marinai cinesi le diedero il nome di ke-tchup, che nel dialetto hokkien – quello del Fujian e di Taiwan – significa «salsa di pesce conservato».
    I marinai del Fujian esportarono il ke-tchup in Malesia, nelle Filippine e in Indonesia, dove la parola kecap significa ancora oggi salsa. Molti cinesi si stabilirono in questi Paesi introducendo anche il riso rosso fermentato, che veniva usato per cucinare stufati e brasati. Col tempo iniziarono a trasformare il riso rosso in arrak, un liquore ottenuto distillando il riso insieme alla melassa e al vino di palma da dattero. Il risultato era una sorta di rum, tant’è che l’arrak viene anche chiamato rum orientale. A Giava e Sumatra vennero aperte fabbriche gestite da cinesi per produrre la salsa di pesce e l’arrak.
    Nel 1600 i mercanti olandesi e britannici arrivarono nell’Asia sudorientale in cerca di spezie, tessuti pregiati e porcellana: scoprirono anche l’arrak e la salsa di pesce, che iniziarono a comprare in grandi quantità dai mercanti cinesi. Il Batavia arrak, distillato in Indonesia, venne inizialmente usato per produrre il punch, una bevanda diffusa tra i marinai britannici della Compagnia delle Indie orientali all’inizio del XVII secolo e poi introdotta in Europa. Oltre all’arrak, i marinai europei iniziarono a consumare anche la salsa di pesce, abituandosi al sapore pungente così diverso da quello dei loro cibi nazionali. Nel XVIII secolo la diffusione e il consumo in Europa di ke-tchup e arrak aumentò sempre di più diventando una notevole fonte di profitto per i mercanti britannici. Per ridurre le spese di importazione, in Regno Unito e negli Stati Uniti molti si ingegnarono a produrre il ke-tchup in casa; nei libri di cucina iniziarono a diffondersi ricette che prevedevano anche variazioni decisive rispetto agli ingredienti originali. La prima testimonianza scritta riguardo il ketchup è del 1690, mentre la prima ricetta apparve nel 1727 nel Compleat Housewife di Eliza Smith e prevedeva acciughe, scalogno, aceto, vino bianco, spezie (chiodi di garofano, zenzero, macis, noce moscata), pepe e scorza di limone.
    In Regno Unito se ne diffuse una variante con i funghi: nel tempo divennero un ingrediente fondamentale tanto che dal 1750 al 1850 la parola ketchup indicò qualsiasi salsa scura fatta coi funghi. Successivamente vennero aggiunte anche le noci, come nella versione preparata dalla famiglia di Jane Austen, stando a quanto riportato nel libro da cucina della sua amica Martha Lloyd. Soltanto nel XIX secolo si iniziò ad aggiungere – probabilmente in Gran Bretagna – il pomodoro. Questa variante veniva chiamata tomato ketchup e la prima ricetta in proposito venne elaborata nel 1801 da Sandy Addison e venne in seguito stampata nel libro di cucina Sugar House Book.
    Nella metà dell’Ottocento le acciughe vennero definitivamente abbandonate mentre il tomato ketchup divenne sempre più popolare negli Stati Uniti, tanto che le persone lo mangiavano senza problemi quando invece evitavano i pomodori freschi, ritenuti da molti velenosi. Inizialmente il tomato ketchup veniva prodotto in casa o venduto da contadini locali. Il primo a imbottigliarlo e a distribuirla a livello nazionale fu Jonas Yerks, nel 1837. Heinz, la più importante e famosa azienda produttrice di ketchup al mondo, iniziò a produrlo nel 1876, accompagnandolo con una pubblicità che diceva: «Finalmente un sollievo per le madri e le altre donne nella casa!», alludendo al lungo processo necessario per cuocerlo in casa.
    La ricetta del tomato ketchup cambiò ulteriormente dopo che nel 1906 Harvey W. Wiley, fondatore della Food and Drug Administration, l’autorità che controlla cibi e farmaci negli Stati Uniti, vietò l’uso del benzoato di sodio – impiegato come conservante nella salsa – dichiarandolo dannoso per la salute. Henry J. Heinz allora inventò una nuova ricetta per eliminare il conservante: impiegò pomodori maturi – anziché acerbi come spesso accadeva – e aumentò la quantità di zucchero, aceto e cipolle. La salsa divenne più densa e dolce. La variante di Heinz si impose presto fra tutte le altre e secondo molti studiosi le sue nuove caratteristiche contribuirono a far diventare il tomato ketchup il condimento più diffuso negli Stati Uniti, in una versione rimasta più o meno invariate rispetto a oggi.
    (ilpost.it)


    Il Ketchup ancora oggi è consumato in tutto il mondo nelle molte varianti e gusti: all’aragosta, alla pesca, alla noce, alla birra, ai funghi, ma la ricetta probabilmente più sublime è quella alla banana, prodotta nei Caraibi.

    Quante volte vi siete spaccati il braccio nel tentativo di far uscire l'ultimo goccio di ketchup dalla sua bottiglietta? Spesso la battaglia è persa, e i vostri hamburger e patatine fritte restano "orfani" della salsa rossa. Ma ora la rivoluzione arriva dal Mit di Boston, dove un team di ricercatori ha inventato LiquidGlide, una bottiglia dal vetro super-scivoloso che permette la fuoriuscita agevole del ketchup dalla bottiglietta. LiquiGlide è un rivestimento per bottiglie, assolutamente atossico - anche se per ora non è dato conoscere le sostanze di cui è composto - che rende le superfici su cui è applicato particolarmente scorrevoli. Le salse, a questo punto, scendono dal contenitore con la stessa facilità di un gelato sciolto...«LiquiGlide è una superficie unica perché è una sorta di liquido strutturato» spiega il suo ideatore Dave Smith «è rigido come un solido, ma lubrificato come un liquido». Funziona con vari tipi di packaging, vetro e plastica in primis, e può essere applicato in vari modi: si può anche spruzzare all'interno di una bottiglia. È realizzato con materiali atossici approvati dalla Food and Drug Administration. Prima di dedicarsi alle salse, il team di Smith lavorava a rivestimenti anticongelamento e tecnologie per evitare la formazione di intoppi all'interno di oleodotti e gasdotti. Ma anche il nuovo settore di ricerca ha applicazioni importanti «se tutti i contenitori alimentari ne fossero dotati risparmieremmo milioni di tonnellate di cibo».


    L'impiego di buoni pomodori deve essere basilare, aggiungendo poi spezie quali peperoncino, cannella, pepe, chiodi di garofano, aceto di vino, barbabietole, zucchero, etc., purché in piccola percentuale, ed in modo che vadano ad esaltare il gusto della salsa di pomodoro, che deve essere ottima, e comunque protagonista del gusto, seppur arricchito.
    L'impiego delle spezie deve servire ad esaltare la salsa di pomodoro, non a confonderne il gusto per mascherare ingredienti dalla bassa qualità.
    Da un punto di vista dietetico, un ketchup degno di tale nome, prodotto con ingredienti freschi, genuini, ben proporzionati tra loro, è in grado di essere facilmente digeribile ed esaltare il cibo cui la salsa viene abbinata.
    Inoltre la caratteristica peculiare del ketchup è la quasi completa assenza di grassi che differenzia questa salsa da quelle bianche come la maionese. Dal punto di vista calorico il ketchup non appare come alimento pesante anche perché le uniche sostanze che ne determinano un certo aumento in termini energetici sono lo zucchero o il glucosio, utilizzati generalmente in dosi molto basse per dolcificare lievemente la salsa. Inoltre lo si consuma in quantità non certo elevate, ma va fatta attenzione più che altro ai cibi a cui viene abbinato (patatine, hamburger, ecc.).



    ..la ricetta..




    Ingredienti

    aceto rosso: 100 ml
    aglio: 2 spicchi
    alloro: 2 foglie
    cannella: 1 pezzo
    carote: 1
    chiodi di garofano: 5
    cipolle: 1 piccola
    maizena: 1 cucchiaino
    olio: 100 ml
    polpa di pomodori: 800 gr
    sale: 1 cucchiaino
    sedano: 1 gambo
    senape: 1 cucchiaino
    timo: qb
    zenzero fresco: 2 cm
    zucchero: 100 gr
    Ricetta e preparazione


    Prendete un tegame e mettete l’olio, aggiungete le carote, il sedano, l’aglio e la cipolla e cuoceteli per 5 minuti circa, poi aggiungete il pomodoro, zenzero, timo e chiodi di garofano, alloro e cannella e proseguite la cottura per 20 minuti.
    Aggiungete l’aceto, la senape e la maizena sciolta in un pochino di acqua, unite sale e zucchero, mescolate e cuocete a fuoco dolce per un’ora e mezza. A cottura ultimata passate la salsa con il passaverdure e poi frullatela con il minipimer.

    Consigli

    Il ketchup lo potete servire al momento e conservare in frigo oppure farlo diventare una conserva, lo mettete nei barattolini di vetro e poi li fate bollire per 20 minuti per sterilizzarli.




    la Salsa Rubra



    Precursore del moderno Ketchup, la salsa rubra non è altro che la discendente del famoso ketchup.
    In Italia fu chiamata rubra (nome latino) a causa dell'allora duce Mussolini, che non amava i vocaboli stranieri.
    Per non contrariare il Duce, poco amante delle parole straniere, la Cirio indisse un concorso per trovare un nome italico al ketchup: in finale arrivarono Rubra e Vesuvio. Vinse il latinissimo Rubra, vocabolo con il quale ancora oggi si chiama la salsa rossa.
    La salsa rossa o rubra in Italia, è una preparazione tipica del Piemonte che accompagna egregiamente, il bollito misto alla Piemontese, composto da almeno sette tagli di bovino e cinque d'accompagnamento, e servito con non meno di quattro salse diverse, una delle quali è appunto la salsa rossa o rubra.

    Ingredienti

    Aceto di vino rosso q.b.
    Aglio 2 spicchi
    Basilico
    qualche foglia
    Carote 1
    Cipolle 1
    Olio extravergine d'oliva 6 cucchiai
    Peperoncino in polvere q.b.
    Peperoni 1/2 rosso
    Pomodori 8 ben maturi
    Sedano 1 gambo
    Zucchero

    Lavare e poi sbollentare i pomodori. Spellateli, togliete i semi interni e poi tagliateli a dadi.
    Tritate gli altri odori e metteteli a soffriggere con 4 cucchiai di olio a fuoco dolce, insieme al peperoncino finché si imbiondiranno, dopodichè unite i pomodori, l’aceto, lo zucchero e il sale. Fate cuocere a fuoco basso fino a quando la consistenza della salsa sarà ben densa, e poi frullate o passate al passaverdura il tutto.
    Amalgamate bene la salsa aggiungendo due cucchiai di olio, aggiustatela di sale e lasciatela riposare prima di servirla.



     
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    grazie Gabry
     
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